Sherryl Woods
All'ombra delle magnolie
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Catching Fireflies Mira Books © 2012 Sherryl Woods Traduzione di Fabio Pacini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance agosto 2013 Questo volume è stato stampato nel luglio 2013 presso ELCOGRAF S.p.A. stabilimento di Cles (TN) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 121 dello 02/08/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Il nuovo anno scolastico era iniziato da appena sei settimane e Laura Reed, insegnante di inglese della scuola superiore di Serenity, aveva già colto dei segnali di potenziale pericolo da parte di una delle sue allieve. Nell'ultima settimana, Misty Dawson non era venuta a lezione. Stando al registro delle presenze, era a scuola, ma, quando arrivava l'ora di inglese, spariva dal radar. «Hai avuto Misty in classe oggi?» chiese a Nancy Logan, che insegnava storia e attualità. «In prima fila e al centro» rispose Nancy. «Vorrei avere una dozzina di studenti come lei. È attenta, intelligente, sempre preparata. Perché? Non dirmi che ha saltato di nuovo inglese?» Laura annuì. «Purtroppo sì. È una cosa che non capisco. È una delle mie allieve migliori. L'ho inserita nel corso avanzato e il primo test che ha fatto è stato eccellente. Non ha difficoltà nello studio e questo rende la situazione ancora più frustrante. È come se, ogni giorno alla terza ora, svanisse nel nulla.» L'insegnante di educazione fisica, Cal Maddox, che era entrato per prendere una bottiglia d'acqua dal frigorifero, le raggiunse al lungo tavolo rettangolare situato al centro della sala insegnanti. «Scusa se mi intrometto, ma non ho potuto fare a meno di sentire quello che dicevi e mi sto chiedendo se non sia il caso di parlarne con Betty» inter5
venne, riferendosi alla direttrice della scuola. «Quando un allievo fa delle assenze ingiustificate, deve essere informata.» Il pensiero di portare la faccenda all'attenzione di Betty fece correre un brivido lungo la schiena di Laura. Rivolgersi a lei avrebbe significato trasformare in un problema capitale una questione per la quale magari esisteva una soluzione molto semplice. Cal avrebbe dovuto saperlo meglio di tutti. Alcuni anni prima, Betty lo aveva accusato di aver violato il codice di condotta morale previsto per gli insegnanti, scatenando un putiferio che si era risolto in favore di Cal solo dopo l'intervento del consiglio scolastico. Lo guardò negli occhi e scosse la testa. «Non ancora» confessò. «Lo so, le regole prevedono altrimenti, ma in questo momento, più del fatto che Misty salti le lezioni, mi interessa capire perché le salta e perché soltanto le mie.» Cal aggrottò la fronte. «Sei sicura che siano soltanto le tue?» «Hai sentito Nancy, no? Con lei, Misty è sempre in classe. Ho chiesto agli altri insegnanti, i quali mi hanno detto che ha avuto una frequenza pressoché completa. Aveva cominciato bene anche con me, poi ha perso qualche lezione qua e là, ma la settimana scorsa non si è neanche presentata in aula. Questo mi dice che nella mia classe succede qualcosa che non le va a genio. Oppure che ha dei problemi con qualcuno dei suoi compagni.» «Io non sono un grande fan di Betty» iniziò Cal in tono ragionevole, «ma...» «Immagino che questo sia un understatement» lo interruppe Laura, abbozzando un microscopico sorriso al ricordo del futile motivo con cui Betty aveva tentato di farlo licenziare alcuni anni prima, quando Cal aveva iniziato a frequentare la madre divorziata di uno dei ragazzi che allenava nella squadra di baseball. La comunità nella sua quasi totale interezza e il consiglio scolastico avevano preso le 6
parti di Cal. Adesso lui e Maddie erano felicemente sposati e avevano messo al mondo due bambini. Il figlio che li aveva fatti incontrare era passato al professionismo e giocava con successo negli Atlanta Bravers. «Senza dubbio» convenne Cal, ricambiando il sorriso. «Tuttavia, resto dell'idea che, quando si presentano situazioni di questo genere, lei debba essere informata. D'accordo, è una fanatica delle regole, incluse alcune che esistono solo nella sua testa, ma, a dispetto delle nostre differenze di opinione, so che vuole bene ai ragazzi. Se Misty si trovasse nei guai, cercherebbe prima di tutto di aiutarla, senza emettere giudizi.» «Questo lo so anch'io» ammise Laura, sia pure con una certa riluttanza. «Ti prometto che, se non riuscirò a risolvere la questione direttamente con Misty, andrò da lei. In linea generale, però, preferirei evitare. Non voglio che Misty venga sospesa soltanto perché Betty ha deciso di farne un esempio per gli altri.» Lanciò un'occhiata a Cal. «Tu conosci il suo stile. Ha fatto così anche con la tua figliastra, no?» Cal non riuscì a trattenere una smorfia. «Oh, sì. È piombata addosso a Katie come una furia subito dopo l'inizio dell'anno. La poverina si è beccata una settimana di sospensione e poi anche la punizione di sua madre, che l'ha messa agli arresti domiciliari per un mese. Credo che le sia passata la voglia di marinare la scuola.» «Allora sai cosa intendo» disse Laura, cercando la sua comprensione. «Sì, però so anche che Katie si meritava la punizione che ha ricevuto» ribatté lui. Laura sospirò. «A un certo livello mi rendo conto che hai ragione, però ho la sensazione che sotto questa storia ci sia dell'altro e voglio capire cosa.» Sapeva per esperienza diretta quali danni poteva arrecare un giudizio affrettato alla fragile psiche di un'adolescente. Se quando era una stu7
dentessa, una delle professoresse non si fosse schierata dalla sua parte, Laura avrebbe abbandonato la scuola. Era stato proprio il suo esempio a spingerla ad abbracciare la carriera dell'insegnamento. Guardò Cal negli occhi e ripeté convinta: «Ti garantisco che non lascerò passare troppo tempo prima di rivolgermi a Betty». «Okay» annuì Cal. «E stasera io parlerò con Katie. Forse saprà dirmi qualcosa. Frequenta anche lei il corso avanzato, no?» «Sì» confermò Laura. «E con ottimo profitto.» Cal esitò, l'espressione pensosa. «A questo punto, mi viene da domandarmi se la sospensione di Katie sia stata solo una coincidenza. Potrebbe esserci una specie di scommessa tra le ragazze, che fanno a gara tra loro per vedere chi riesce a marinare la scuola senza farsi beccare.» «In effetti, ero rimasta scioccata dal comportamento di Katie, ma non l'avrei mai messo in relazione con quello che sta succedendo a Misty» disse Laura, intrigata da quella possibilità. «Credi davvero che si tratti di questo?» Cal scrollò le spalle. «A quell'età i ragazzi hanno la tendenza ad agire senza preoccuparsi delle conseguenze e non sarebbe la prima volta che i grandi mettono alla prova gli studenti più giovani, sfidandoli a tentare qualche impresa folle. Normalmente, però, capita alla fine dell'anno, quando le promozioni sono ormai decise e la disciplina si allenta un po'.» Laura scosse la testa. «È un atteggiamento che mi aspetto dai soliti agitatori, non da allieve modello come Katie e Misty.» «Farò quello che posso per aiutarti ad andare a fondo della questione» assicurò Cal. «I ragazzi vedono e sentono cose che a noi sfuggono. Se Katie ha delle informazioni, te lo farò sapere. Nello spogliatoio girano parecchi pettegolezzi, per cui cercherò di rizzare le antenne.» 8
Laura annuì. «Grazie, Cal. Lo apprezzo molto.» «Terrò gli occhi aperti anch'io» promise Nancy. «Qualunque informazione sarà benvenuta. So che non posso evitare di parlare a Betty in eterno» disse Laura. «Adesso vado a fare un giro in cerca di Misty. Quella che ha tutte le risposte è lei. Se devo, lunedì mattina andrò a tirarla fuori da una delle lezioni alle quali partecipa.» Si augurava di tutto cuore di riuscire a risolvere la faccenda prima che una brillante studentessa si cacciasse in un guaio che avrebbe potuto compromettere il suo futuro, esattamente come aveva fatto Vicki Kincaid con lei, impedendole di commettere il secondo più grande errore della sua vita. Misty Dawson aveva aspettato il suono della campanella, poi, per la seconda volta quel giorno, era andata a nascondersi sulle scale. Era lì da pochi minuti, quando Katie Townsend aprì la porta, si lasciò sfuggire un sospiro e la raggiunse, sedendosi al suo fianco sul primo gradino. «Ti farai buttare fuori dalla scuola se non la pianti» disse, dandole una spintarella con la spalla. «E tu?» ribatté Misty. «Sei stata già sospesa per aver saltato due lezioni a causa mia. C'è il rischio che la prossima volta ti espellano.» «Sapevo che ti avrei trovata qui, perché adesso hai matematica e non ci vuoi andare. Io ho solo l'ora di approfondimento e ho detto all'insegnante che dovevo usare il bagno.» Katie alzò il pass che le avevano dato e guardò con preoccupazione l'amica. «Non puoi continuare a saltare le lezioni soltanto perché Annabelle è una stronza. La signorina Reed e il signor Jamieson finiranno per accorgersene.» «Il signor Jamieson non controlla mai le presenze» replicò Misty. «E dubito che sia consapevole di quello che gli succede attorno. Basta che tu mi avverta quando ci sa9
ranno i test e finché continuerò a fare quelli filerà tutto liscio.» «A matematica non siamo più insieme» protestò Katie. «Eravamo in troppi e, per fare i corsi avanzati, hanno dovuto dividere la classe in due gruppi, ricordi? Quando lui effettuerà i test, li svolgeremo in giorni diversi e io non potrò avvertirti.» «Ci penserò quando succederà» perseverò Misty. «Be', la signorina Reed non è né cieca né stupida» disse Katie. «Se ne accorgerà di sicuro. Perché non le racconti cosa sta succedendo, Misty? È una tipa in gamba. Sono convinta che capirebbe. Potrebbe persino darti una mano.» Misty scosse la testa. «Non posso correre il rischio, Katie. Non sappiamo come reagirà la signorina Reed e qualunque intervento esterno servirebbe solo a peggiorare la situazione con Annabelle, che è già abbastanza brutta di suo.» Lanciò un'occhiata implorante a Katie. «Sai che ho ragione. Sai quanto può diventare cattiva Annabelle. E sua madre è una specie di grizzly che conta sulla sua bambina per entrare nel mondo dello spettacolo. La signora Litchfield direbbe a tutti che è colpa mia, che devo aver fatto qualcosa di spaventoso per indurre la sua preziosa figlioletta a reagire in modo così orribile.» «Io penso che la signorina Reed crederebbe a te» ribatté Katie, mantenendo fermamente la propria posizione. «Altrimenti parla con tua madre e tuo padre e lascia che se ne occupino loro.» Katie faceva sembrare tutto molto semplice, come se il mondo intero non aspettasse altro che di lanciarsi in difesa di Misty. Invece, in quel periodo, nella sua vita non c'era niente di semplice. «Non posso, Katie» disse in tono rassegnato. «I miei genitori si rivolgono a malapena la parola. Mamma è furiosa con papà e non riesce a pensare a niente altro. Si comporta come se ritenesse che, fintanto che la casa è perfettamente 10
in ordine e Jake e io facciamo i bravi, papà cambierà idea riguardo al divorzio.» Katie annuì, un'espressione di comprensione negli occhi. «So cosa vuole dire. Avevo solo sei anni quando i miei hanno divorziato, per cui non capivo tutto, però mi ricordo che c'erano un sacco di liti e che mia madre piangeva di continuo. Quando mio padre se n'è andato, non ero per niente contenta, anche se dopo la situazione è migliorata. Poi, quando mia madre ha iniziato a uscire con Cal, a casa è tornata la tranquillità, anche prima che si sposassero.» Misty sospirò. «Non sai quanto vorrei che uno come lui arrivasse e facesse perdere la testa a mia madre. Però non accadrà. Lei resterà aggrappata a mio padre con le unghie e con i denti, anche se si capisce lontano un miglio che tra di loro è finita. Secondo me, non lo ama più. Ha soltanto paura di perderlo.» Rimasero sedute in silenzio per un paio di minuti, poi Katie le lanciò uno sguardo interrogativo. «E se accennassi qualcosa al mio patrigno? So per certo che ti aiuterebbe.» Misty sbarrò gli occhi, allarmata. «Mister Maddox? Neanche per idea. Lascia perdere, Katie. È un problema mio. Mi inventerò qualcosa.» «Devi fare presto, Misty. A un certo punto ti beccheranno. Guarda cosa è capitato a me. Mamma e Cal sono stati ancora più duri della signora Donovan. Non avevo mai visto mamma più furiosa di così. Mi ha persino obbligata a lavare l'intero spogliatoio del suo centro benessere e, credimi, è stato uno schifo. Le donne sono veramente disordinate, perfino in un posto di classe come quello.» «A dire il vero, a me l'idea di una sospensione non dispiace del tutto» ammise Misty con una punta di nostalgia nella voce. Ormai faceva fatica a ricordare il periodo in cui venire a scuola era stato un piacere, equamente diviso tra 11
la gioia di imparare e la compagnia delle amiche. Adesso si trovava con le amiche soltanto il pomeriggio da Wharton's e anche lì sempre con la tensione addosso nel timore che arrivasse Annabelle. Katie rialzò la testa, scioccata. «Non puoi dire sul serio. Tu adori la scuola! Con i tuoi voti, hai la strada spianata per una borsa di studio. La sospensione risulterà sul tuo libretto. Rischi di rovinarti il futuro. Me lo hanno spiegato in cento modi diversi.» «Lo so. Volevo dire solo che a volte mi sembra meglio che restare qui, nascosta sulle scale, durante le lezioni di inglese e matematica. Non posso nemmeno andare più a pranzo nella caffetteria.» Misty scosse tristemente la testa. «Vorrei tanto capire per quale motivo Annabelle mi odia così tanto. È bella. Ha una voce incredibile, che un giorno di questi la porterà a partecipare ad American Idol, come ha detto Travis McDonald alla radio il 4 luglio. E, come se non bastasse, esce con il ragazzo più popolare della scuola.» Katie la osservò, incredula. «Dai, Misty, non posso credere che tu sia ingenua fino a questo punto. Tutto questo casino succede proprio perché il super fusto Greg Bennett, la star della nostra scuola, si è fissato con te. Se gli dessi il segnale di via libera, mollerebbe Annabelle senza pensarci due volte. E lei lo sa.» «Ma io non ho alcuna intenzione di uscire con lui» ribatté Misty con voce carica di frustrazione. «L'ho respinto. Annabelle sa anche questo. Non è colpa mia se lui non riesce ad accettare un no per risposta. Anzi, dovrebbe dimostrarle che razza di serpente è: sta con lei e contemporaneamente mi chiede di uscire.» «Il ragazzo più popolare della scuola» ripeté Katie con enfasi. «Annabelle sente di avere diritto al meglio. E poiché non può prendersela con lui senza rischiare di perderlo, se la prende con te.» 12
«Può darsi» borbottò Misty con un'alzata di spalle. «Però non la capisco. Se fossi al posto suo e scoprissi che lui si fila un'altra ragazza, gli darei il benservito seduta stante.» «Perché sei intelligente e hai una dignità» concluse Katie con ammirevole lealtà. Misty si lasciò sfuggire un pesante sospiro. «Magari fosse vero.» Lei aveva ogni giorno di più la sensazione che la sua esistenza stesse andando a pezzi e che Annabelle Litchfield avesse potere di vita o di morte sulla sua persona. Dopo aver schivato l'ennesimo tentativo della sua infermiera di organizzargli un appuntamento, il pediatra J.C. Fullerton stava riflettendo sulla tendenza degli abitanti di Serenity a ficcare il naso nella vita degli altri, quando la porta del suo studio si aprì di una decina di centimetri. «Posso entrare?» chiese Misty Dawson con fare esitante. «In sala d'aspetto non c'era nessuno, però le luci erano accese, la porta socchiusa, per cui ho pensato che lei fosse ancora qui.» «Certo. Accomodati» la invitò lui, osservando con attenzione la giovane. Spesso, quelle visite fuori orario erano foriere di guai. In presenza di una sedicenne, la prima cosa che veniva in mente era una gravidanza indesiderata. «Tutto a posto?» chiese. Misty si sedette cautamente sul bordo della sedia dall'altra parte della scrivania, i libri di scuola posati in grembo. «Non proprio.» Trasse un profondo respiro, poi, tutto d'un fiato, disse: «Lei potrebbe scrivermi una giustificazione per non andare a scuola?». Nel corso degli anni, J.C. aveva imparto a restare impassibile di fronte a tutto quello che gli dicevano i pazienti. Gli adolescenti, in particolare, erano molto delicati e una parola sbagliata detta nel momento sbagliato poteva farli 13
chiudere in un impenetrabile mutismo. Di solito, la tecnica migliore era starli a sentire e porre domande con la massima prudenza. Studiò Misty con rinnovata attenzione. Era un po' pallida e dava chiari segni di nervosismo, ma a parte questo sembrava sana come quando l'aveva vista per la tradizionale visita medica all'inizio dell'anno scolastico. I lunghi capelli biondi erano lucidi, gli occhi azzurri luminosi e limpidi. L'aspetto, però, poteva ingannare. «Non ti senti bene?» chiese, procedendo a piccoli passi. «Non esattamente.» Lui la prese in parola. «Allora qual è il problema? È successo qualcosa a scuola?» «È successo che non posso andarci più, okay?» ribatté lei, subito sulla difensiva. «Ho bisogno di una giustificazione per farlo e ho pensato che una nota del medico fosse la cosa più convincente. Non potrebbe scrivere che soffro di un disturbo estremamente contagioso?» Lui sostenne il suo sguardo. «Hai un disturbo estremamente contagioso?» «No, ma...» «Allora sai che non posso farlo» spiegò lui con gentile fermezza. «Parlami, Misty. Cosa sta succedendo, veramente?» «Non voglio andarci più, tutto qui» ripeté testardamente lei. Le antenne di J.C. iniziarono a vibrare. Aveva già visto situazioni di quel genere, studenti modello che tutto a un tratto non volevano più saperne di andare a scuola. Lo aveva visto molto da vicino e in modo fin troppo personale. Immediatamente, prese la decisione di scoprire cosa passasse per la testa di quella giovane ragazza. «C'è una ragione specifica per la quale non vorresti più andare a scuola, Misty?» indagò educatamente. «Stando a tua madre, studi con ottimo profitto, e segui anche dei cor14
si avanzati in diverse materie, non è così?» Lei scrollò le spalle. «Non ha importanza. Non voglio tornarci più.» «E cosa farai dopo?» chiese lui con ragionevolezza. «Se non ricordo male, durante la visita di inizio anno mi avevi detto che ti piacerebbe fare la giornalista televisiva. Per riuscirci, avrai bisogno di un diploma di maturità e di una laurea. Eri tutta eccitata al pensiero di poter avere una borsa di studio.» «Come ha detto, sono intelligente. Prenderò il diploma e poi andrò a frequentare l'università lontano da Serenity. Magari non in una delle università della Ivy League come avevo sperato, ma andrà bene lo stesso. Posso farcela» affermò lei con sincerità. «Per favore, dottor Fullerton. Lei deve aiutarmi.» Lui vide il turbamento in fondo ai suoi occhi. «Mi stai chiedendo una cosa che non posso fare, Misty. Perché invece non mi racconti cosa ti sta capitando? Forse, per quello, potrei esserti veramente di aiuto.» Gli occhi di Misty si riempirono di lacrime, ma questo non le impedì di alzarsi e di battere in ritirata verso la porta, la delusione dipinta sul volto. «Scusi per il disturbo» bofonchiò. «Misty, aspetta. Discutiamone» la implorò lui, rifiutandosi di recitare la parte del solito adulto che non tenta nemmeno di capire. Fisicamente, Misty stava bene, ma era chiaro come il sole che c'era qualcosa che non andava. Il fatto che fosse venuta nel suo studio lo gravava di una responsabilità alla quale non aveva intenzione di sottrarsi. «Non fa niente. Avevo messo in conto che sarebbe potuta finire così.» Misty lo fissò negli occhi con un'espressione che gli procurò una stretta al cuore. «Non dirà niente a mia madre, vero? Non mi ha visitata, non mi ha prescritto nessuna medicina, quindi non è tenuto a dirle che sono stata qui.» 15
J.C. era diviso. Tecnicamente, aveva ragione lei, però lui non era sicuro di doverle promettere che avrebbe mantenuto il silenzio quando era evidente che si trovava in difficoltà. «E se facessimo un patto?» chiese alla fine. Lei strinse sospettosamente gli occhi. «Che genere di patto?» «Scegliti un adulto... preferibilmente tua madre o tuo padre, ma qualunque adulto del quale ti fidi andrà bene... raccontagli quello che ti sta succedendo e io non dirò niente di questa visita.» Lei scosse subito la testa. «Non è una questione della quale posso parlare in giro» insistette. Lui liquidò la scusa con un'alzata di spalle. «Il patto è questo. Prendere o lasciare» replicò, senza cedere di un millimetro. «E questa persona dovrà farmi sapere che ti ha parlato. Non ho bisogno di sapere cosa le hai raccontato. Quella parte può restare confidenziale, però voglio avere la certezza che ti sei confidata con qualcuno che è in grado di aiutarti.» Con sua sorpresa, le labbra di Misty si curvarono in un accenno di sorriso. «Come ho fatto a pensare che con lei sarebbe stato facile?» chiese con un sospiro. «È colpa dei lecca lecca e degli orsacchiotti che abbondano qui dentro» rispose lui. «Le persone mi prendono per un morbidone.» «Non hanno idea di quanto sbaglino» ribatté lei con una punta di ammirazione nella voce. «Quanto tempo ho prima che si metta a cantare?» Lui ci pensò su, soppesando i rischi di un'attesa contro il valore di offrirle l'opportunità di cercare da sola l'aiuto del quale aveva bisogno. «Ventiquattro ore mi sembra un termine ragionevole. A quest'ora domani.» «E se per allora non ricevesse nessuna chiamata? Cosa 16
succederà? Partiranno le sirene di allarme in tutta la città? Il capo della polizia verrà a prendermi e mi trascinerà in carcere?» Lui sorrise. «Nulla di così drammatico. Aspettati solo di vedermi apparire a casa tua verso l'ora di cena per fare quattro chiacchiere con i tuoi genitori.» La guardò dritto negli occhi. «Allora, abbiamo un patto?» «Preferirei avere una giustificazione» disse lei con sincero rimpianto, «però sì, credo che abbiamo un patto.» Seguendola con lo sguardo mentre usciva, J.C. si augurò di aver fatto la cosa giusta. Se gli avesse dato l'impressione di essere anche solo leggermente depressa, non le avrebbe offerto la possibilità di affrontare la situazione per conto suo. L'istinto gli diceva che Misty aveva bisogno soltanto di una piccola spinta. E l'esperienza gli aveva insegnato che la sensazione di controllo che ne derivava poteva diventare un'ottima medicina per combattere l'origine dei suoi mali. Questo voleva dire che avrebbe trascorso le prossime ventiquattro ore pregando che il suo istinto non lo avesse tradito.
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All'ombra delle magnolie di Sherryl Woods Quando Misty Dawson inizia a fare assenze a scuola, la sua insegnante Laura Reed capisce che c'è qualcosa che non va. Confrontandosi con J.C. Fullerton, scopre che Misty ha seri problemi di relazione. La vicenda riporta in superficie avvenimenti del passato sia di Laura che di J. C., che si sentono così ancora più vicini.
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