Sherryl Woods
I segreti delle magnolie
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Foto di copertina: Gettyimages/Fotolia rielaborata da Air Studio Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Feels Like Family Mira Books © 2007 Sherryl Woods Traduzione: Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance agosto 2009 HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico quindicinale n. 59 del 21/8/2009 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 72 del 6/2/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Per essere una donna che si vantava di essere sempre razionale ed efficiente, in quel momento Helen Decatur aveva una reazione anomala. Era fuori di sĂŠ; aveva perso tutto il suo proverbiale sangue freddo e aveva voglia di prendere a sberle diversi esemplari maschili del South Carolina. Non poteva dimostrare che il giudice, l'avvocato che rappresentava la parte avversa e il quasi ex marito della sua cliente fossero in combutta per privare la donna di quello che meritava per i trent'anni che aveva dedicato alla famiglia. Tuttavia le era chiaro che i continui aggiornamenti delle udienze servivano per fiaccare Caroline Holliday in maniera che finisse per accontentarsi di una miseria rispetto a quello che le doveva il marito. Helen aveva letto la rassegnazione nello sguardo di Caroline quando il giudice aveva concesso all'avvocato di Brad Holliday di rimandare l'udienza per l'ennesima volta, sostenendo di non aver mai ricevuto i documenti che Helen aveva presentato in tribunale da settimane. Helen aveva prodotto la ricevuta firmata del corriere che aveva consegnato all'avvocato una copia dell'incartamento lo stesso giorno in cui lei l'aveva protocollato in cancelleria, ma il giudice Rockingham 5
non si era lasciato dissuadere e aveva acconsentito alla richiesta della parte avversa. Indispettita, Helen era stata costretta ad accettare la decisione, pensando che avrebbe potuto sfruttare il tempo a sua disposizione per prendere maggiori informazioni sulla situazione finanziaria di Brad. Il suo istinto di squalo del tribunale le suggeriva che chi forniva la propria dichiarazione dei redditi con tale rapidità, e corredata da prove esaurienti delle sue entrate, spesso nascondeva la fetta più consistente dei suoi introiti. Se il sorriso strafottente di Brad la irritava, l'espressione ansiosa di Jimmy Bob, il suo avvocato, la divertiva. Sapeva che il suo avversario era sulle spine; conoscendola bene, temeva le sue ritorsioni se fosse stata provocata. Jimmy Bob non l'avrebbe mai sfidata di sua spontanea volontà, perché conosceva i propri limiti. Spinto da un cliente, poteva azzardarsi a correre qualche rischio, come ora. Jimmy Bob aveva avuto Helen come avversaria così spesso che lei sapeva ormai cos'aspettarsi da lui. Bravo oratore, ammaliava tutti con la sua parlantina sciolta e si trovava spesso a lavorare sul filo del rasoio, in bilico tra legalità e frode, perché non era tanto bravo da cercare di vincere le cause solo basandosi sulla propria intelligenza. «Mi dispiace tanto, ma le assicuro che non riusciranno a scantonare per sempre. Prima o poi tutti i nodi vengono al pettine» disse alla sua cliente raccogliendo le carte sparse sul tavolo. «Invece ce la faranno» osservò Caroline stancamente. «Brad non ha nessuna fretta. È troppo impegnato a trangugiare pasticche di Viagra come fossero noccioline e ad andare a letto con tutte le donne che incontra, per preoccuparsi di ottene6
re al più presto il divorzio. Anzi, così ha un'ottima scusa per evitare d'impegnarsi con un'altra. In questo momento si trova in un limbo, una dimensione perfetta per lui, perché ha la libertà di fare quello che vuole senza conseguenze.» «Posso farle una domanda personale? Ma che ha visto in un uomo del genere?» esclamò Helen. Era una domanda che ultimamente faceva sempre più spesso alle sue clienti. Com'era possibile che delle donne belle e intelligenti finissero per sposare uomini indegni? Aveva maturato la convinzione che il matrimonio fosse semplicemente da evitare. Le sue amiche sostenevano che fosse diventata cinica perché le erano passati per le mani troppi brutti casi di divorzio. Non poteva negarlo, però non aveva neanche prove sufficienti della validità del vincolo del matrimonio. Poteva contare sulle dita di una mano le unioni felici che aveva visto coi suoi occhi. La sua amica e socia, Maddie Maddox, era una donna felicemente sposata, però aveva avuto un primo marito che poteva essere definito solo attingendo a piene mani a una fraseologia decisamente scurrile. L'altra amica del cuore, Dana Sue Sullivan, si era appena riconciliata con il suo ex marito, e anche la scettica Helen doveva ammettere che la loro unione era destinata a durare perché i due erano più innamorati che mai. «Brad non è stato sempre così» disse Caroline con un'espressione nostalgica. «Quando ci siamo conosciuti era affettuoso. Era un bravo padre e un marito eccezionale. Fino a qualche mese fa le avrei detto che avevamo un matrimonio felice.» Quello che la sua cliente le raccontò non era cosa nuova. Ne aveva sentite diverse versioni, se7
condo quella che era stata la causa scatenante della crisi. Brad aveva avuto un cancro alla prostata che l'aveva fatto sentire minacciato nella sua virilità. Da quando aveva scoperto di essere malato aveva cercato di dimostrare di essere ancora un uomo, andando a letto con diverse donne, sempre più giovani, anche se sua moglie era stata al suo fianco per aiutarlo a superare il difficile periodo della cura. Uscita dal tribunale, Helen si sentiva ancora più cinica e sfiduciata del solito. Avrebbe dato chissà cosa per poter andare a Oasi di relax, il centro benessere che aveva aperto insieme alle sue due migliori amiche, Maddie e Dana Sue. Avrebbe voluto passarvi almeno un'ora a sfogarsi correndo sul tapis roulant, ma doveva per forza tornare subito in studio perché aveva l'agenda fitta di appuntamenti. Di solito sarebbe stata contenta di avere tanto lavoro ma ultimamente si chiedeva sempre più spesso per cosa si affannasse tanto. Cosa voleva dimostrare? Aveva una brillante carriera, un sostanzioso conto in banca, una bella casa e una società avviata con le amiche. Però non aveva mai tempo di godersi la casa e non si era creata la famiglia che aveva sempre sognato. Il suo ruolo era quello di zia per i figli di Maddie, Tyler, Kyle, Katie e Jessica Lynn, e per la figlia di Dana Sue, Annie. Era tutta colpa sua, lo sapeva benissimo. Era sempre stata troppo concentrata sul lavoro, troppo motivata a livello professionale più che personale. I suoi clienti erano la sua preoccupazione principale e non le lasciavano il tempo di dedicarsi a cercare con impegno la sua anima gemella. Gradualmente i casi di divorzio erano diventati 8
sempre più la sua specialità, perché i suoi successi in tribunale le avevano creato la fama di essere un avvocato esperto e senza scrupoli. Più dedicava gran parte della sua giornata ad aiutare i suoi clienti a uscire con meno danni possibili da un matrimonio fallito, e meno era propensa a mettere in gioco i sentimenti per cercare un compagno con cui instaurare un legame stabile ed eventualmente convolare a nozze, visto che non c'erano garanzie della solidità di un'unione. Appena arrivò nel suo studio legale, una villetta in una strada secondaria vicino al centro di Serenity, la sua segretaria, Barb Dixon, le porse una pila di foglietti di messaggi e indicò con un cenno del capo la porta del suo ufficio. Barb aveva quasi sessant'anni e lavorava per Helen sin da quando aveva aperto lo studio legale. Vedova con tre figli che aveva allevato da sola, era paziente e comprensiva coi clienti, nonché strenuamente leale nei confronti di Helen. Era forse l'unica persona al mondo che si permettesse di tanto in tanto di richiamare Helen al dovere. «Il tuo appuntamento delle due ti aspetta da quasi un'ora» la rimproverò. «E quello delle tre sta per arrivare.» Helen si sporse sopra la spalla di Barb per controllare l'agenda su cui la segretaria scriveva tutti gli appuntamenti della settimana. Quando vide il nome dell'aiuto cuoca di Dana Sue guardò Barb con aria perplessa. «Karen Ames? La conosco piuttosto bene. Lavora nel ristorante di Dana Sue. Cosa ci fa qui?» «Non lo so. Mi ha solo detto che doveva parlarti con urgenza, ma non voleva disturbarti a casa. La cliente con cui dovevi vederti alle due ha an9
nullato il suo appuntamento, perciò ho chiamato la Ames e l'ho inserita. Se riesci a tagliare corto, magari puoi recuperare un po' di tempo.» «Va bene, allora vado subito. Quando arriva la signora Hendricks chiedile scusa per il ritardo e offrile un caffè.» Barb annuì e Helen entrò in ufficio, una stanza elegante arredata con mobili antichi e pareti di un rilassante pesca chiaro. Karen era seduta sul bordo della poltroncina di fronte alla scrivania, con la schiena rigida. Nonostante Helen sapesse che aveva circa venticinque anni e due figli piccoli, sembrava un'adolescente, coi capelli biondi legati in una coda di cavallo e i grandi occhi azzurri sgranati. «Mi scusi per averla fatta aspettare» le disse Helen. «Ero a un'udienza che è iniziata in ritardo ed è durata più del previsto.» «Non fa niente» rispose Karen. «Anzi, la ringrazio per avermi dato subito un appuntamento.» «Tutto merito della mia segretaria, devo dire» ammise Helen. «Cosa posso fare per lei?» «Ho paura che Dana Sue voglia licenziarmi» la informò Karen con le lacrime agli occhi e l'espressione mortificata. «Non so come fare, signorina Decatur. Ho due figli e il mio ex marito non mi versa gli alimenti da un anno. Se dovessi perdere l'impiego finiremmo in mezzo a una strada. Sono già in ritardo con l'affitto e il padrone di casa ha minacciato di sfrattarci.» Helen provò una stretta al cuore per la compassione, guardando il visetto pallido della donna angosciata che le sedeva di fronte. Era chiaro che Karen era disperata. «Sa che io e Dana Sue siamo molto amiche, ol10
tre che socie a Oasi di relax» esordì. «Come mai si è rivolta a me? Non posso rappresentarla se volesse fare causa a Dana Sue per non essere licenziata. Però posso consigliarle dei colleghi altrettanto validi» le fece notare. «No, io sono venuta da lei per avere un consiglio, proprio perché voi due siete amiche. So di aver deluso Dana Sue e di essere mancata spesso al lavoro, ma solo perché ho avuto tantissimi problemi con i miei figli. Prima hanno preso la varicella, poi la babysitter è sparita da un giorno altro. Purtroppo devo pensare alle loro esigenze prima che al lavoro, e il mio rendimento ne ha risentito.» «È perfettamente comprensibile che i figli siano la sua priorità» annuì Helen. «Però se perdessi il lavoro resterei anche senza casa.» «Faremo di tutto perché ciò non accada» la rassicurò Helen. «Ha parlato con Dana Sue e le ha spiegato i suoi guai finanziari?» Karen scosse la testa. «Mi vergogno. Secondo me non è professionale farsi influenzare dai propri problemi personali sul lavoro, per cui non ne ho fatto parola né con Dana Sue né con Erik. Io dico sempre la verità quando avverto perché non posso andare al lavoro, però a loro tutte le emergenze che ho per i figli possono sembrare solo scuse. Sono problemi miei, che sta a me risolvere. Mi sono assunta l'impegno di lavorare al ristorante e Dana Sue ha tutto il diritto di pretendere che io lo rispetti. Non può contare su molto personale, e già siamo oberati di lavoro quando ci sono anch'io, per cui mi rendo conto che le mie assenze le creano diversi problemi. Ho cercato un'altra babysitter ma è difficile trovare qualcuno dispo11
sto a occuparsi dei bambini quando io non ci sono, considerati i miei orari di lavoro. L'asilo arriva solo fino a metà pomeriggio, e comunque non potevo certo portarceli quando avevano la varicella.» S'interruppe e incurvò le spalle, mortificata. «Ero brava finché non ho cominciato ad avere problemi. Lo chieda a Erik e a Dana Sue. Mi piace lavorare nel ristorante Da Sullivan. Dana Sue mi ha dato un'occasione fantastica quando lavoravo alla tavola calda dove ci siamo conosciute e si è offerta di assumermi. Mi dispiace tanto deluderla dopo tutto quello che ha fatto per me.» «Non tutto è perduto» la rincuorò Helen. «So per certo che Dana Sue la stima molto. Però ha anche bisogno di poter contare su collaboratori costanti e affidabili. La professionalità non basta per lavorare in un ristorante, ci vuole anche la continuità.» «Lo so, ed è per questo che mi sono rivolta a lei. Può darmi qualche consiglio? Come posso affrontare la situazione, secondo lei?» Helen rifletté. Non era un'esperta di diritto del lavoro, però era sicura quasi al cento per cento che Dana Sue avesse il diritto di licenziare una dipendente assenteista. Tuttavia, conoscendo Dana Sue, era altrettanto certa che la sua amica non avrebbe mai mandato via una persona che stava attraversando un momento di difficoltà. Da Sullivan era un ristorante rinomato per la sua cucina genuina e curata proprio perché per Dana Sue i suoi collaboratori erano pochi e fidati, e li considerava come la sua famiglia. Anzi, era proprio uno dei motivi per cui, nonostante il successo, era sempre stata riluttante a espandersi, sia con un ristorante più grande sia aprendo un secondo loca12
le a Charleston, che era una grande città e avrebbe ampliato il suo bacino d'utenza. «Perché non combiniamo un appuntamento con Dana Sue e cerchiamo di giungere a un accordo e trovare qualche soluzione praticabile?» le propose Helen. «Dana Sue è una persona sensibile e comprensiva. Non credo proprio che sia contenta di licenziarla. Mi ha sempre parlato in termini lusinghieri di lei e ha lodato la sua efficienza ma anche la sua creatività. E poi chi meglio di Dana Sue può capire le sue esigenze?» puntualizzò. «Dopotutto anche lei ha attraversato un momento difficile e ha avuto una crisi familiare. Forse potrei riuscire a negoziare un compromesso e convincere Dana Sue a concederle un periodo di aspettativa, per permetterle di avere il tempo di sistemare le cose a casa senza perdere il posto.» «Sarebbe l'ideale» annuì Karen, riconoscente. «Purtroppo non risolve il problema di come trovare una babysitter affidabile» precisò Helen. «Però io e Dana Sue conosciamo tantissime persone e possiamo spargere la voce, magari anche a Oasi di relax. Ci sarà pur qualcuno disposto a dedicare del tempo ai suoi figli.» Lei la fissò con un barlume di speranza nello sguardo, che però si spense subito, come se si aspettasse già di non riuscire a risolvere tutti i suoi problemi. «Mi dispiace di metterla in una posizione scomoda nei confronti della sua amica.» «Assolutamente no. Non è come se fosse venuta da me per citare in giudizio Dana Sue per averla licenziata senza giusta causa. In tal caso non potrei aiutarla» puntualizzò Helen. «Qui si tratta solo di organizzare un incontro pacato per ragio13
nare insieme e risolvere il problema nella maniera ottimale per entrambe. Dovrà essere diretta e sincera con Dana Sue, è l'unico modo per collaborare con lei a trovare una soluzione che soddisfi le vostre esigenze.» Karen annuì, poi la guardò timida e incerta. «Non ho idea di quanto sia il suo onorario, ma le giuro che la pagherò appena potrò» concluse. «Cerco sempre di pagare le bollette entro la scadenza, e ho saltato solo un mese d'affitto, che però ho recuperato il mese successivo. Tuttavia il proprietario è andato su tutte le furie e io sono convinta che non aspetti altro che un secondo ritardo per potermi sbattere fuori e far pagare una somma maggiore al prossimo inquilino.» «Non si preoccupi del mio compenso» minimizzò Helen. «Come le ho detto, sarà solo una chiacchierata informale tra amiche.» Commossa dalla sua gentilezza e disponibilità, Karen si asciugò rapidamente una lacrima. «Non so come ringraziarla, signorina Decatur.» «Se vuoi, chiamami pure Helen e dammi del tu. È molto più naturale.» «Certo... Helen» annuì Karen con un sorriso timido. «Grazie ancora.» «Farò del mio meglio affinché l'incontro sia proficuo sia per te sia per Dana Sue» la rassicurò lei. Era quasi sicura che non ci sarebbero stati problemi a organizzare un appuntamento, una volta che avesse parlato con Dana Sue dei problemi di Karen. Le entrate del ristorante erano tali che avrebbe potuto sicuramente assumere un collaboratore part time per sostituire Karen quando era impegnata coi figli. Alla peggio, Helen stessa a14
vrebbe potuto dare una mano a Dana Sue in cucina, com'era già successo quando l'amica era stata impegnata in ospedale con la figlia. Nonostante il suo mondo fosse molto lontano da quello dei fornelli, la divertiva spignattare; inoltre trovava stimolante collaborare con Erik. Forse era l'unico uomo del pianeta che non era intimidito da lei. Per quanto a volte fosse frustrante trovarsi davanti qualcuno che non era pronto a scattare al suo minimo ordine e le tenesse testa, Helen si rilassava quando doveva sgombrare la mente dopo un'intensa giornata di lavoro tra le scartoffie o in aula, alle prese con casi delicati, e limitarsi ad affettare e tagliare a cubetti, o mescolare i sughi obbedendo alle indicazioni di Erik. «Domani che orari hai?» chiese a Karen. «Sempre che la mia babysitter si presenti, dovrei andare al ristorante alle dieci per cominciare a preparare il pranzo, e restare fino alle sette in modo da coprire anche l'inizio dell'ora di cena.» Helen annuì. «Va bene, fammi controllare che impegni ha Dana Sue domani, poi ti richiamo per fissare un appuntamento. Risolveremo tutto, Karen, te lo prometto» la rassicurò. Helen era decisa ad aiutare Karen a salvare il posto di lavoro, anche a costo di sobbarcarsi ad alcuni dei suoi turni. E, già che c'era, avrebbe fatto qualcosa per obbligare quel buono a nulla del suo ex marito a versarle gli alimenti arretrati. Benché Karen non gliel'avesse chiesto, non c'era cosa che desse più piacere a Helen di mettere alle strette un marito che ignorava le esigenze della famiglia, e costringerlo a rispettare i suoi obblighi. Karen uscì dallo studio di Helen decisamente 15
sollevata. Si era tolta almeno in parte il peso dell'angoscia che l'aveva spinta a telefonare per chiedere un appuntamento a Helen. Almeno non era più disperata come prima. Aveva preso informazioni su Helen e aveva saputo che era una seria professionista e che s'impegnava per difendere i diritti dei suoi clienti, oltre a essere un'inguaribile perfezionista. Quando tornò a casa, un appartamentino in uno stabile squallido, andò a bussare alla porta dell'anziana vicina, Frances Wingate, che le aveva fatto il piacere di tenerle i bambini per un paio d'ore. Non avrebbe osato chiederle di passare più tempo con la vivace Daisy, che aveva cinque anni, e il piccolo Mack, di tre. Per un'oretta Mack poteva fare un sonnellino e Daisy disegnare coi pastelli o sfogliare qualche libro per bambini, ma Frances non sarebbe riuscita a intrattenerli per un pomeriggio intero. Mentre aspettava che la vicina aprisse, Karen poteva già sentire il piccolo che piangeva. Appena Frances la fece entrare, vide che Daisy stava rimproverando il fratellino che aveva strappato il suo disegno. Karen si scusò con Frances, con aria contrita, ma la vicina rispose con un sorriso, per nulla irritata. Le spiegò che i bambini erano stati buoni e che la scaramuccia era scoppiata da pochi minuti, quando Mack, appena sveglio, si era diretto subito verso il tavolino dove la sorellina stava disegnando e le aveva preso il foglio con tale impeto che si era strappato. Daisy si era arrabbiata perché era il disegno che stava facendo per la mamma. Karen si scusò ma Frances le ripeté che alla sua 16
età aveva sin troppa tranquillità a casa e che le piacevano i bambini, come le aveva già detto quando Karen le aveva chiesto di badare ai figli perché aveva un appuntamento importante per un problema di lavoro. Frances offrì ai piccoli un bicchiere di latte e dei biscotti appena sfornati, e Karen spiegò a Daisy che il fratellino non intendeva strapparle il disegno di proposito. Aveva un principio di mal di testa, che cercò d'ignorare mentre prendeva in braccio Mack che piangeva inconsolabile. Frances accese il televisore e i due bambini si misero a fare merenda davanti ai cartoni. Un altro motivo per cui erano contenti di andare da Frances era il fatto che la vicina aveva la televisione satellitare, che Karen non poteva permettersi, per cui potevano guardare tanti canali con programmi per bambini. Quando i due furono sistemati, Frances invitò Karen a prendere un tè con lei in cucina. Benché il suo appartamento fosse piccolo come quello di Karen, era più accogliente e curato. Maestra elementare in pensione, Frances era una vecchietta energica e indipendente, ancora molto attiva. Andava spesso in biblioteca a prendere in prestito dei libri, faceva la volontaria in parrocchia e fino a poco tempo prima anche in ospedale, anche se aveva dovuto smettere perché preferiva evitare di compiere il lungo tragitto in macchina. «Hai l'aria preoccupata» osservò, mentre serviva il tè a Karen. «Il tuo appuntamento non è andato bene?» «Veramente è andato meglio di quanto mi aspettassi» rispose lei. «Però l'incontro decisivo sarà domani, con l'avvocato che sono andata a tro17
vare oggi e la proprietaria del ristorante, perché il legale, che tra l'altro è una donna, mi ha consigliato di cercare insieme un accordo. L'ho vista molto fiduciosa. Secondo lei si potrà trovare una soluzione, anche se io non sono così ottimista.» «Hai paura che Dana Sue Sullivan ti licenzi?» esclamò Frances, allibita. «Non potrei biasimarla se lo facesse.» «Non mi sembra possibile.» Frances scosse la testa. «Dana Sue è una persona molto comprensiva e sensibile. Non sarebbe da lei licenziarti solo perché stai attraversando un momento difficile. Sapevi che sono stata la sua insegnante alle elementari? Era una piccola peste. Conoscevo bene anche i genitori. Se pensi che possa aiutarti, le parlo, se vuoi.» «L'unica soluzione per me sarebbe trovare una babysitter di cui possa fidarmi, in modo da riprendere l'orario di lavoro completo.» Frances la guardò con rammarico. «Vorrei tanto darti una mano, però non credo di farcela. Potrei badare a Daisy per qualche ora, ma Mack ha bisogno di una persona più energica. Sono troppo vecchia per correre dietro a un bambino di tre anni» si scusò. «Oltretutto uno tanto vivace!» annuì Karen. «Ti capisco. Ci sono giorni in cui non riesco neanch'io a stargli dietro. Però non preoccuparti, ti sono grata per quello che fai. Se posso affidarteli per un paio d'ore di tanto in tanto per me è già un grande aiuto. Non potrei mai pretendere che te ne occupassi tutto il giorno in pianta stabile.» «Hai avuto notizie del padre? Ti ha versato gli assegni di mantenimento arretrati?» Karen scosse la testa. «Preferisco non pensare a 18
quel farabutto, o mi avveleno il sangue» borbottò. Ogni volta che pensava a Ray, che l'aveva abbandonata con due bambini piccoli e si era disinteressato di loro, provava un istinto omicida. «Devo concentrarmi su come fare a conservare il posto di lavoro e a non perdere la casa.» «Stai tranquilla, comunque, perché se mai il padrone di casa dovesse sfrattarti, ti ospiterei volentieri. Non temere, non finirete in mezzo a una strada.» «Sei troppo buona, Frances, non potrei mai approfittare di tanta generosità!» protestò Karen. «Perché no? Gli amici servono proprio a darsi una mano nel momento del bisogno. Non potrei fare da babysitter ai bambini tutto il giorno, ma puoi sicuramente contare sul mio appartamento. Non resterai senza un tetto sopra la testa!» Karen la guardò stupefatta e commossa per la sua generosità. Pur sperando di non dover mai arrivare a tanto, l'offerta di Frances di trasferirsi coi bambini a casa sua era il gesto più altruistico e gentile che le fosse mai stato fatto. Se poi aggiungeva la disponibilità di Helen Decatur di aiutarla a mantenere il lavoro nel ristorante Da Sullivan, forse poteva vedere un raggio di sole che squarciava il cielo nero che incombeva su di lei. Una giornata cominciata all'insegna della disperazione si era trasformata in un momento di speranza in un futuro migliore.
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Neve sul lago di Susan Wiggs Sophie Bellamy, avvocato specializzato in diritto internazionale, ha dedicato la sua vita ad aiutare le popolazioni bisognose. Ma quando è vittima di un tentato rapimento da parte di un gruppo di terroristi, realizza improvvisamente di aver trascurato quello che ha di più prezioso: i propri figli. Accompagnata dai rimorsi, fa ritorno nella cornice idilliaca di Avalon, una località nei pressi di Willow Lake. Complice una nevicata eccezionale, Sophie scopre che anche la vita di paese può riservare imprevisti e sorprese, inclusa un’irresistibile attrazione per Noah Shepherd, giovane e aitante veterinario.
Come magnolie in fiore di Sherryl Woods A Serenity Natale non è solo un giorno di festa. È senso di attesa, luci colorate, regali da incartare: un tempo incantato, soffuso d’amore e speranza. Jeanette e Tom sono tra i pochi che non ne subiscono il fascino. È quindi per ironia della sorte che, proprio loro, siano incaricati di pensare con un certo anticipo ai preparativi di quest’anno. Anche se lei ha paura di innamorarsi e lui è un single convinto, non rimangono indifferenti l’uno all’altra. Tuttavia, frenati dal loro scetticismo sentimentale, oppongono resistenza al reciproco interesse. Saranno i loro amici, e in particolare le tre Magnolie Maddie, Helen e Dana Sue a sbloccare la situazione, includendoli tra le “vittime” della magia natalizia.
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