Irs131 l'ultima carta

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JACQUELINE NAVIN

L'ULTIMA CARTA


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Sleeping Beauty Harlequin Historical © 2001 Jacqueline Lepore Navin Traduzione di Elisabetta Frattini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici agosto 2002 Seconda edizione I Romanzi Storici Harlequin Mondadori maggio 2014 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano I ROMANZI STORICI HARLEQUIN MONDADORI ISSN 1828 - 2660 Periodico mensile n. 131 del 15/05/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 212 del 28/03/2006 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Northumberland, Inghilterra, 1852 Adam Mannion fermò il cavallo subito dopo la curva e, sbalordito, rimase immobile a guardare l'edificio che si ergeva davanti ai suoi occhi. Dunque quello era Rathford Manor? Il suo cavallo, un castrone che aveva comperato da poco, dotato più di energia che di buonsenso, scartò da un lato, come se anche lui avesse percepito l'improvvisa sensazione di gelo che la costruzione sembrava trasmettere. «Accidenti, bello mio» mormorò Adam e, tirando le redini, richiamò l'animale all'ubbidienza. Il castrone si irrigidì muovendo nervosamente le orecchie e continuando, come il suo cavaliere, a osservare il maniero. Adam Mannion era un uomo pragmatico. In trentadue anni non aveva mai visto nulla che lo portasse a credere nell'esistenza di forze che non appartenessero al regno del mondo fisico, tranne, forse, per quanto riguardava l'inconfondibile sensazione che, giocando a carte, provava ogni volta che la fortuna incominciava a sorridergli. In quel frangente, tuttavia, si trovava pienamente d'accordo con il cavallo: anche lui, come l'animale, avvertiva una sensazione sgradevole. Quel posto sembrava morto. 5


Tutto faceva supporre che fosse disabitato. Nel giardino non si muoveva anima viva; nessuno uscì dalle scuderie per dargli il benvenuto. Gli arbusti, che un tempo dovevano essere stati piantati per ingentilire la facciata nobile dell'edificio, erano cresciuti a dismisura assumendo un aspetto decisamente trascurato. Sulle pietre crescevano muschio e licheni che, come un drappo funebre, coprivano le mura. La maggior parte delle finestre aveva le imposte chiuse, nonostante fosse una bella giornata e il clima addirittura mite. «La Bella Addormentata del Northumberland» bofonchiò Adam lasciandosi sfuggire una risatina divertita. Be', lui non era certo un Principe Azzurro, deciso ad affrontare muri ricoperti di spine pur di trarre in salvo la principessa. Era stata la prospettiva di mettere le mani su una vera fortuna a portarlo fin lì, in quell'angolo sperduto dell'Inghilterra, dove i venti gelidi provenienti dal mare del Nord sferzavano le brughiere desolate. In realtà avrebbe preferito di gran lunga trascorrere l'estate in Cornovaglia con i suoi amici, o magari nel sud della Francia, oppure in Italia come erano soliti fare i suoi compagni di baldorie più facoltosi. Il problema era che lui non era ricco ed era esattamente quello il motivo che l'aveva spinto fin lì. Aveva bisogno di denaro, e per entrare in possesso della cifra che gli serviva era anche disposto a sposarsi con la famigerata Bella Addormentata del Northumberland. Il cavallo nitrì come per deriderlo e Adam annuì con fare serio. «Sono perfettamente d'accordo con te, amico mio: sono tutte sciocchezze» dichiarò scuotendo la testa e spingendo i talloni nei fianchi dell'animale. «Dobbiamo esorcizzare questo posto. L'atmosfera sinistra che vi regna non mi piace neanche un po'.» Tuttavia il suo umore non cambiò mentre avanzava 6


attraverso l'erba alta e le erbacce che ricoprivano il prato a terrazze. Aveva la sensazione di trovarsi in un cimitero avvolto nella nebbia, di notte. Ogni parte del suo corpo era all'erta, come se si aspettasse che qualcosa di terribile potesse succedere da un momento all'altro. Arrivato davanti alla scalinata che dava accesso alla residenza, smontò da cavallo. Si tolse la polvere dai pantaloni e si aggiustò la sciarpa di seta, poi rise di quella meticolosità che non gli era consona. Sebbene controvoglia, dovette ammettere di essere nervoso. Quando fu davanti al portone sollevò il pesante battiporta verderame, poi lo lasciò ricadere sulla figura grottesca del battente di ferro. Il rumore sordo riecheggiò a lungo nell'aria senza che succedesse niente. Adam bussò di nuovo e rimase ad aspettare. Osservando la figura grottesca del battente, rifletté sulla situazione a dir poco imbarazzante in cui si trovava. Forse le informazioni che aveva ricevuto erano inesatte. Oppure era stato vittima di uno scherzo di cattivo gusto. Quel pensiero lo colpì come uno schiaffo. In realtà i suoi amici del cuore erano dei furfanti buontemponi da cui c'era da aspettarsi di tutto. Se davvero si fosse trattato di uno scherzo, ora i suoi compagni di baldoria erano sicuramente riuniti al White che ridevano a crepapelle alle sue spalle, all'idea che avesse affrontato un viaggio così lungo per niente. La Bella Addormentata? Adam aveva sentito storie fantastiche sulla bellezza della donna che abitava il maniero, sul fascino e sulla grazia che la contraddistinguevano e, soprattutto, sulla sua fortuna. Una fortuna di cui aveva un disperato bisogno. Denaro, bellezza, una fanciulla incline a voler rimanere segregata in campagna e che perciò non avrebbe ostacolato lo stile di vita libertino che lui con7


duceva in città. Era tutto troppo perfetto. Com'era stato sciocco a credere a una favola di quel genere. E sì che non era uno sprovveduto e che sapeva bene che la perfezione non fa parte della vita terrena. Lasciandosi sfuggire un sospiro, ammise di essere caduto nella trappola come un pollo. Tanto peggio. Se si rimetteva subito in marcia sarebbe riuscito a raggiungere la locanda del vicino villaggio di Strathmere prima di notte. Si era appena voltato quando sentì la porta aprirsi dietro le sue spalle. Girandosi sui tacchi vide una figura avvolta dall'oscurità. Era una donna. Una creatura minuta e fragile, probabilmente una domestica. «Che cosa volete?» gli chiese. L'impudenza della ragazza, associata al malumore che lo tormentava, mandò Adam su tutte le furie. Con fare arrogante dichiarò: «Voglio vedere la padrona di casa, Lady Helena Rathford». Alle sue parole seguì un silenzio di breve durata. «Chi siete?» La ragazza si interruppe, poi, in un tono più arrendevole, si corresse: «Chi devo annunciare?». La sua dizione colta non sembrava affatto quella di una serva, tuttavia Adam non conosceva quell'angolo di Inghilterra dove era possibile che la gente del volgo non parlasse un dialetto particolare, come succedeva in altre regioni. «Il signor Adam Mannion» dichiarò incrociando le braccia sul petto in attesa che la ragazza lo facesse entrare. Poi, dal momento che la domestica non sembrava avere nessuna intenzione di muoversi, la esortò: «Avanti, vai a chiamare Lady Helena. Non mi piace aspettare». Era forse un po' tonta? Il suo tono deciso chiarì subito che la sua supposizione era errata. «Che cosa volete da lei?» «Non credo che siano affari tuoi, ragazza.» 8


«Lady Helena non vuole essere disturbata. Andate via.» Con grande stupore di Adam, la porta incominciò a chiudersi. Due furono i motivi che lo spinsero ad agire: il primo riguardava l'irritazione provocata dall'essere congedato in malo modo da una serva e il secondo la certezza acquisita dell'esistenza di una Lady Helena Rathford. Quando aveva visto le pessime condizioni della residenza, aveva dubitato che qualcuno ci abitasse. Prima che la ragazza riuscisse a chiudere il pesante portone in legno di quercia, Adam incuneò nell'angusto varco un piede, protetto unicamente da una calzatura lucidissima, di fattura pregiata. Con malcelata soddisfazione, notò che l'impertinente domestica sembrava confusa. Aveva occhi azzurri bellissimi con sfumature verdi che conferivano all'iride un colore turchese. Atteggiando le labbra al suo sorriso più accattivante, le spiegò: «Ho deciso che preferisco aspettare all'interno». La donna era più alta di quanto aveva immaginato in un primo momento, forse perché si era presentata con le spalle curve. Ora le aveva raddrizzate e gli stava indirizzando uno sguardo risentito e allo stesso tempo sfacciato. I lunghi capelli biondi erano legati in una crocchia disordinata. Un paio di ciocche si erano sciolte e le erano ricadute sul viso, nascondendolo all'attento esame di Adam. Oltre a ciò, il buio in cui era immersa l'entrata gli impediva di farsi un'idea più precisa della persona che gli stava davanti. Riusciva a distinguere solo che era molto magra, praticamente scarna, che aveva un bel naso dritto e un mento dal taglio deciso in un viso dall'aria fragile. Quasi controvoglia ammise che era una ragazza attraente. Ad Adam piacevano le donne e riconosceva la bellezza e il fascino quando li vedeva. Tuttavia l'attrazione fisica che provava nei confronti di quella 9


domestica lo infastidiva. Era evidente che la ragazza era una bisbetica mentre di solito a lui piacevano le donne accomodanti, dalle forme generose. La ragazza si ritirò nell'ombra ordinandogli: «Andatevene da qui immediatamente, prima che chiami il mio padrone». «Chiamalo pure, avanti. Sarò lieto di poter parlare con lui.» Adam si intrufolò nell'entrata. A quella piccola idiota doveva proprio mancare una rotella. Si ripromise di discutere del caso con Lady Helena quando, o meglio se, fosse riuscito a parlarle. «Dove sei sparita? Perché ti nascondi?» «Non mi sto nascondendo, sfacciato che non siete altro. Andatevene da questa casa. Subito!» «Dunque sarei io a essere sfacciato? Come osi esprimerti in questo modo con le persone al di sopra del tuo rango? Il tuo comportamento è inaccettabile.» Per tutta risposta la ragazza si lasciò sfuggire un moto di impazienza. A quel punto Adam non ci vide più. La piccola bisbetica aveva passato il segno. Non aveva ancora idea di cosa le avrebbe fatto non appena l'avesse raggiunta, ma era pronto ad agire. Non aveva mai maltrattato una donna in alcun modo, però in quel frangente ne aveva una gran voglia. «Dove sei?» La sua domanda non ottenne risposta. Forse la giovane donna si era spaventata dopo essersi resa conto di aver ecceduto ed era scappata a nascondersi. Risoluto, Adam decise che sarebbe andato da solo alla ricerca del padrone di casa. Si fermò dopo aver fatto qualche passo, accorgendosi solo in quel momento di ciò che lo circondava. Facendo scorrere lo sguardo tutt'intorno a sé si lasciò sfuggire un'esclamazione di aperto apprezzamento. L'entrata era in pratica una rotonda con il soffitto a cupola. Tutt'intorno si potevano ammirare opere d'ar10


te di splendida fattura e proporzioni, principalmente lavori in rilievo in stile neoclassico. Marmi, legno e alabastro bianco decoravano le pareti interne. Adam avanzò con estrema lentezza, sfiorando prima questo, poi quell'oggetto d'arte, impressionato da ciò che vedeva. Alla fine sorrise. Non osò sfregarsi le mani davanti a tanta opulenza, come avrebbe sicuramente fatto se fosse stato sicuro di essere solo. Tutta quella ricchezza lo mandava in estasi. Era arrivato nel posto giusto. «Siete ancora qui?» «Potrei farti la stessa domanda» replicò lui voltandosi di scatto alla ricerca della ragazza, nascosta in qualche angolo buio. In quel luogo enorme dove ogni suono rimbombava, la sua voce sembrava irreale, quasi quella di un fantasma. All'improvviso un'altra voce riecheggiò sotto la cupola. «Lady Helena? Che cosa succede? Chi c'è con voi?» «Lady Helena!» esclamò Adam. «Siete qui?» Il bisbigliare fitto fitto delle due donne lo condusse verso l'angolo buio in cui si nascondevano. «Lady Helena?» chiese in tono incalzante. Un lampo di luce sorprese tutti: un uomo li stava raggiungendo proveniente da dietro le spalle di Adam. Reggeva una lampada a olio in una mano grande e forte. La sua corporatura massiccia, così come i capelli arruffati e le sopracciglia foltissime, lo facevano assomigliare a un orso. «Helena, che diavolo sta succedendo qui?» volle sapere. Adam si voltò di nuovo verso le due donne che ora riusciva a distinguere meglio, grazie all'illuminazione. La ragazza lo guardava con gli occhi sbarrati. I suoi lineamenti, alla luce della lampada, erano a dir poco sorprendenti per la loro finezza. Adam notò che sembrava spaventata. Be', ne aveva ben donde dal 11


momento che l'uomo appena comparso doveva essere il padrone di casa. Senza dubbio il suo comportamento inaccettabile le sarebbe costato una bella strigliata. Adam la fulminò con lo sguardo prima di prendere in considerazione l'altra donna che, secondo le sue deduzioni, doveva essere Lady Helena. Stupito si ritrovò a incrociare lo sguardo di una vecchia, la cui profonda irritazione era deducibile dal modo in cui sporgeva le labbra carnose. Era molto piccola e teneva i capelli rossi e ribelli nascosti sotto una cuffia. Parecchie rughe le solcavano il viso ricoperto di efelidi. Dalla sua età e dall'evidente origine irlandese dedusse che non si trattava della donna che lui cercava. Non era Lady Helena. Un dubbio atroce lo spinse a voltarsi di nuovo verso la ragazza. Nel frattempo Helena era impallidita intuendo che l'ospite indesiderato aveva finalmente capito chi si trovava di fronte e aveva increspato le labbra in un sorriso, dapprima sorpreso, poi preoccupato e forse anche un po' deluso. Per quale motivo dovrei sentirmi ferita?, si chiese imputando subito dopo quel momento di debolezza alla vanità femminile della quale non era ancora riuscita a sbarazzarsi completamente. In effetti l'intruso era un uomo decisamente affascinante con i capelli neri, gli occhi scuri e gli abiti costosi. Un perfetto damerino londinese, non c'erano dubbi. Nonostante si sforzasse di apparire sdegnata e risentita, non riuscì a scacciare le sensazioni decisamente piacevoli che la sua presenza aveva risvegliato in lei. Dal momento in cui aveva aperto la porta e posato gli occhi su di lui, era stata assalita da una vaga agitazione della quale non riusciva a liberarsi. Era facile intuire per quale motivo si trovasse lì. 12


Non era richiesta una mente particolarmente brillante per dedurre che un'unica e sola ragione poteva spingere un uomo ad attraversare l'Inghilterra per raggiungere quelle lande fredde e desolate alla sua ricerca. Si trattava dell'ennesimo cacciatore di dote, pronto a prodigarsi in parole dolci e lodi melense pur di ottenere ciò che gli stava a cuore. Non era il primo e non sarebbe stato nemmeno l'ultimo. Tuttavia bisognava ammettere che il signor Mannion era diverso dagli altri. Non sembrava il tipo subdolo e sornione convinto di poterla conquistare con qualche semplice complimento. Nemmeno le sue maniere impeccabili riuscivano a celare il lato indomito del carattere. Gli occhi scuri con cui la fissava incredulo tradivano i pensieri tutt'altro che lusinghieri che stava formulando su di lei. Il viso dall'ossatura forte, con la mascella quadrata e il naso dritto dal taglio orgoglioso, gli conferiva un aspetto autorevole. Forse non poteva essere considerato bello, ma sicuramente virile e pieno di fascino. L'increspatura sensuale delle sue labbra svelava l'intensità dei pensieri che affollavano la sua mente. Imbarazzata, Helena si sfiorò i capelli scarmigliati chiedendosi se il suo viso fosse impolverato. L'improvvisa preoccupazione che l'aveva colta riguardo il suo aspetto la indispettì. Era da molto tempo ormai che non badava più a certe cose. Maledizione a lui!, imprecò tra sé lasciando cadere la mano lungo il fianco. Non è altro che un imbroglione camuffato in abiti eleganti. «Padre!» esclamò in tono deciso. «Non permettete a quest'uomo di entrare nella nostra casa, vi prego.» George Rathford indirizzò un'occhiata confusa alla figlia. «Ma è già entrato, bambina mia.» «Potete vedere anche voi che non sono in condizio13


ni di ricevere nessuno» protestò Helena. «Guardatemi! Stavamo pulendo le cantine.» Adam si rivolse a Lord Rathford producendosi in un inchino. «Mio signore, sono onorato di fare la vostra conoscenza. Sono Adam Mannion, al vostro servizio.» Helena lo osservò con occhio critico inchinarsi davanti a suo padre. Anche mentre si produceva in quel gesto di sottomissione, la sua testa manteneva un'angolatura arrogante, come se in lui ci fosse una certa riluttanza a umiliarsi davanti a un Pari del regno; dietro alle parole cortesi si nascondeva un animo ribelle. Con un sorriso di trionfo dipinto sulle labbra, Helena aspettò la replica di suo padre. Se perfino lei era riuscita a intuire subito le intenzioni di Adam Mannion, sicuramente suo padre era stato più veloce. George Rathford aveva una vera avversione nei confronti degli imbroglioni. «Sono qui per parlare con vostra figlia.» Lord Rathford lo interruppe: «Mia figlia? Helena, conosci quest'uomo?». «No, padre. Cercavo di convincerlo ad andarsene quando ci avete raggiunto.» Spostando l'attenzione su Adam, il vecchio lord tuonò: «Maledizione, è troppo buio qui dentro! Perché le imposte sono chiuse? Non riesco neanche a vedere quest'uomo in faccia». Fu la donna irlandese a rispondere. «La luce del sole forma molto pulviscolo, signore. Le stanze rimangono più pulite al buio.» «Maledizione» imprecò di nuovo Lord Rathford guardando Adam. «Dunque volete vedere mia figlia.» «Se è possibile» rispose lui. Helena osservò suo padre mordicchiarsi un labbro. Lo faceva sempre quando rifletteva. I suoi occhi appannati la fissarono per un istante, poi tornarono a 14


posarsi sull'intruso. «Non mi sembra che la ragazza voglia vedervi.» «L'ho notato, signore.» «Le donne sanno essere difficili, Mannion. Siete un esperto in fatto di donne?» Helena era esterrefatta. Suo padre non si stava comportando come lei aveva previsto, al contrario sembrava quasi divertito. Adam si rilassò. «Non abbastanza, temo» fu la sua risposta intelligente. «Ah, e chi lo è?» Lord Rathford fece un'altra pausa, prendendo tempo per studiare l'uomo che si trovava di fronte. «Dal momento che avete affrontato un viaggio così lungo e che Helena non sembra disposta a ricevervi, perché non venite nel mio studio? Stavo per bere un goccetto e un po' di compagnia non mi dispiacerebbe, senza contare che anche voi avrete bisogno di bagnarvi la gola.» Helena non riusciva a credere alle sue orecchie. «Padre!» Adam si fermò a lanciarle un'occhiata di trionfo prima di seguire il vecchio lord. I suoi occhi scuri brillavano sotto le folte ciglia che li frangiavano. «Temo che ora dovrete aspettare il vostro turno, Lady Helena.» Detto ciò, si lasciò condurre da Lord Rathford, attraverso una porta di legno massiccio, in quella che si rivelò essere una stupenda biblioteca. Helena osservò Kimberly. Gli occhi della domestica irlandese erano sottili come fessure. Helena temeva quello sguardo, così come temeva Kimberly. Per peggiorare la situazione, la domestica la esortò in tono autoritario: «Venite subito di sopra con me».

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La locanda incantata Margo Maguire Inghilterra, 1886 - Samuel Temple è deciso a trovare una spiegazione scientifica ai misteriosi fenomeni che si verificano nella locanda di Lily. Ma poi, di fronte alla potente, irresistibile attrazione che la giovane suscita in lui, inizia a chiedersi se in quel luogo non agiscano davvero delle forze soprannaturali.

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