Susan Mallery
IL BACIO DELLO SCEICCO
Liz Fielding
LA PRINCIPESSA DEL DESERTO
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Sheik and the Christmas Bride Chosen as the Sheikh's Wife Silhouette Special Edition Harlequin Mills & Boon Promo/Anthologies © 2007 Susan Macias Redmond © 2008 Liz Fielding Traduzione di Raffaella Fontana Traduzione di Daniela Alidori Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly ottobre 2012 Questo volume è stato stampato nel settembre 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390 Periodico quindicinale n. 2480 del 16/10/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Il bacio dello sceicco
Prologo «Non si può andare avanti così» annunciò re Mukhtar di El Deharia camminando avanti e indietro nei suoi appartamenti a palazzo. Sua sorella, la principessa Lina, lo osservava pensando che quelle stanze erano talmente grandi che andare avanti e indietro nel senso della lunghezza sarebbe stato impossibile, meglio percorrerle in larghezza. Ah, era una bella fatica fare il re! Mukhtar si voltò improvvisamente verso di lei. «Non vedo cosa ci sia di divertente! Ho tre figli in età da matrimonio. Non uno, tre! E credi che almeno uno di loro sia interessato a prendere moglie e mettere al mondo degli eredi? No! Sono troppo presi dal lavoro. Come ho fatto ad avere degli stacanovisti simili? Non potrebbero invece ingravidare una donna, anche una qualsiasi? A quel punto almeno potremmo costringerli a sposarsi!» Lina scoppiò a ridere. «Ti lamenti del fatto che i tuoi figli non siano dei playboy? Dimmi, fratellino, quali altri problemi ti angustiano? Ci 5
sono troppi soldi nei forzieri di stato? La tua gente ti ama troppo? La corona è troppo pensante?» «Ti prendi gioco di me» la accusò lui. «In qualità di sorella non è solo un diritto, ma un mio preciso dovere. Qualcuno deve pur farlo.» Lui la fulminò con lo sguardo, ma Lina non si lasciò intimidire. Era dura farsi mettere in soggezione da qualcuno dopo averlo visto a letto col morbillo. «La faccenda è della massima serietà. Ho bisogno di eredi. A quest'ora dovrei avere dozzine di nipotini e invece non ne ho neanche uno. Qadir rappresenta il nostro Paese nel mondo. As'ad si occupa di mantenere viva la nostra economia e Kateb vive nel deserto, secondo le leggi tradizionali del nostro popolo.» Il sovrano fece una smorfia. «Kateb è sempre stato la pecora nera della famiglia» gli fece presente Lina. «Nessuno dei miei figli è una pecora!» tuonò il sovrano. «Kateb è forte e coraggioso come un leone!» «D'accordo, allora è il leone nero della famiglia.» «Donna, bada a come parli! Sei qui per divertirti, oppure hai qualche suggerimento da darmi?» «Un suggerimento ce l'avrei, ma non sono certa che ti piacerà.» 6
«Sentiamo» fece lui raccogliendo le braccia. Non si poteva certo dire che fosse un gesto di apertura, ma Lina era abituata ai modi autoritari del fratello. Il fatto che lui le avesse chiesto un consiglio era già un passo avanti e non si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di dire la sua. «Sono in contatto con il principe Hassan di Bahania» annunciò. «Per quale motivo?» «Ci metteremo la metà del tempo se eviterai di interrompermi ogni tre parole» sospirò lei. Mukhtar inarcò un sopracciglio ma non fiatò. Probabilmente stava solo cercando di proteggerla dalle insidie del mondo, pensò Lina. Il fatto, però, era che aveva quarantatré anni e sapeva badare a se stessa. Per giunta l'insidia rappresentata dall'affascinante sovrano sarebbe stata benaccetta. Il suo matrimonio era finito tragicamente qualche anno prima con un terribile incidente stradale in cui suo marito aveva perso la vita. L'intenzione era stata quella di risposarsi e creare una nuova famiglia, ma alla fine non era successo. Da una parte era stata molto impegnata a fare da madre ai figli di Mukhtar e poi c'erano gli impegni di palazzo, così alla fine non aveva mai trovato il tempo... o l'uomo giusto per ricominciare. Fino all'incontro con Hassan. Il sovrano dello stato limitrofo era più vecchio di lei, ma pieno di energia e con fascino da vendere. Era l'unico uomo che avesse risvegliato il suo interesse in 7
anni. Il problema era stabilire se la cosa fosse reciproca o meno. Naturalmente aveva incontrato il sovrano svariate volte in occasione di eventi ufficiali, ma solo di recente gli aveva potuto parlare per più di cinque minuti a quattr'occhi. «Anche lui ha dei figli ed è riuscito a sposarli tutti.» Il fratello le parve improvvisamente interessato. «Come ha fatto?» «Si è immischiato.» «Vuoi dire che...» «Che ha ficcato il naso nelle loro vite private, creando i presupposti perché i figli incontrassero delle ragazze selezionate da lui personalmente.» «Sono il sovrano di El Deharia» fece il fratello. «Sarebbe disdicevole!» Lina trattenne il sorriso, immaginando come sarebbe andata a finire. «Certo, lo sarebbe.» «Tuttavia, potresti darmi una mano tu. Conosci molto bene i miei figli.» Lo sguardo del sovrano divenne una fessura. «Avevi previsto tutto, vero?» «Diciamo che ho steso un breve elenco con i nomi di alcune ragazze che mi farebbe molto piacere presentare ai miei nipoti.» Finalmente il re si abbandonò a un mezzo sorriso. «D'accordo, continua.»
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1 Il Principe As'ad di El Deharia si aspettava che la sua vita filasse liscia come l'olio; era proprio in quell'ottica che sceglieva il personale e, la maggior parte delle volte, tutto procedeva senza intoppi. Adorava il suo lavoro a palazzo e le responsabilità non gli pensavano. Il Paese era in piena crescita, ma per ottenere tali risultati, occorrevano dedizione e impegno. Molti dei suoi ex compagni di università ritenevano che dovesse approfittare della propria posizione per godersi la vita, ma lui non era d'accordo. Non aveva tempo per la mondanità e il suo unico debole era l'affetto per zia Lina, il che spiegava perché avesse acconsentito a riceverla anche senza appuntamento, decisione che, come avrebbe scoperto col tempo, era destinata a procurargli parecchi grattacapi. «As'ad!» esclamò la donna entrando come una furia, «devi seguirmi immediatamente.» As'ad salvò il lavoro sul computer e poi guardò la donna. «Cosa c'è che non va?» La zia, solitamente posata e con i nervi sem9
pre sotto controllo, era fuori di sé per l'agitazione. «C'è un problema all'orfanotrofio. Uno dei leader delle tribù del deserto è arrivato poco fa con la pretesa di portarsi via tre sorelline. Le piccole non ne vogliono sapere, gli insegnanti hanno preso le loro difese e una suora minaccia di buttarsi giù dalla finestra se non interverrai.» As'ad si alzò. «Perché proprio io?» «Sei un leader equanime e carismatico» rispose Lina senza guardarlo negli occhi, «era normale rivolgersi a te.» La zia si stava prendendo gioco di lui, pensò As'ad guardando la donna che gli aveva fatto da madre. Lina adorava fare di testa sua e talvolta calcava un tantino la mano pur di spuntarla. As'ad si domandava se non fosse quello il caso. «Ti prego» ripeté la donna mordicchiandosi il labbro inferiore. Le sceneggiate lo lasciavano indifferente, una sincera richiesta di aiuto no. «Prendiamo la mia macchina.» Un quarto d'ora dopo i due arrivarono alla scuola e As'ad si pentì amaramente di avere ceduto all'insistenza della zia: una quindicina di allievi piangevano disperatamente mentre alcuni insegnanti cercavano di consolarli. Il capo di una delle tribù del deserto e la sua scorta discutevano animatamente, mentre una donna minuta e dai capelli del colore del fuoco 10
era in piedi tra loro e tre bambine in lacrime. As'ad lanciò un'occhiata alla zia. «Non mi pare che qualcuno minacci di buttarsi giù dalla finestra.» «La situazione si è leggermente calmata» rispose la donna, «eppure mi pare evidente che il problema non è stato risolto.» Il principe guardò nuovamente la donna davanti alle bambine. «Non mi sembra neanche una suora» mormorò quindi osservando i lunghi capelli rossi e l'espressione determinata del volto. «Kayleen insegna nella scuola, il che è quasi come essere una suora.» «Hai mentito» concluse lui, ma Lina si scrollò di dosso quell'accusa agitando vagamente una mano. «Diciamo che ho un tantino accentuato le cose.» «Per tua fortuna le leggi sono cambiate e la menzogna non è più punita con la morte.» «Mi vuoi troppo bene per lasciare che mi succeda qualcosa» rispose Lina stringendosi nelle spalle. Ed era vero, pensò As'ad entrando nella stanza. «Tahir» esordì con un cenno di saluto, «non capita spesso di vederti in città. Conti di fermarti a lungo?» Tahir era visibilmente furioso, ma conosceva l'etichetta, così si inchinò. «Principe As'ad. Finalmente qualcuno di ragionevole! Intendevo 11
fare una toccata e fuga, ma questa, questa donna...» e così dicendo indicò la ragazza dai capelli rossi, «ha deciso di immischiarsi. Ero venuto per dimostrare l'ospitalità della gente del deserto, ma lei non capisce e non fa che mettermi il bastone tra le ruote.» La voce dell'uomo tremava di rabbia e di sdegno. Ovviamente non era abituato a vedersi contraddire da un rappresentante dell'altro sesso. As'ad sospirò: non sarebbe stato facile trovare una soluzione. «Mi opporrò alla tua volontà fino alla morte, non ho scelta!» tuonò l'insegnante. «Quello che vuoi fare è disumano e crudele e io non lo permetterò.» Si voltò verso As'ad con sguardo infuocato. «Nemmeno lei riuscirà a fermarmi.» Le tre bambine le si stringevano intorno. Erano ovviamente sorelle, bionde di capelli e dai lineamenti molto simili, tutte e tre molto carine, pensò distrattamente As'ad. Da grandi sarebbero diventate delle donne molto belle e avrebbero procurato non pochi grattacapi al padre, se solo lo avessero avuto. «E lei chi è?» chiese alla donna con tono stentoreo. Il suo primo compito era quello di affermare la propria posizione e predominanza. «Kayleen James. Insegno in questa scuola.» Poi aprì la bocca per aggiungere qualcos'altro, ma As'ad scosse la testa. «Sono io a fare le domande, qui» affermò, «e lei risponderà.» 12
«Ma...» Lui scosse nuovamente la testa. «Signorina James, sono il principe As'ad, questo nome le dice niente?» La ragazza guardò prima lui e poi la zia, quindi di nuovo lui. «Sì» rispose pacatamente, «lei governa il Paese, o qualcosa del genere.» «Proprio così. Lei ha un permesso di soggiorno?» La donna annuì. «Il permesso in questione è stato rilasciato dal mio ufficio. Le consiglio di evitare gesti o azioni che potrebbero portarmi a rivalutare la mia decisione di accoglierla nella mia terra.» Il suo viso e il suo collo erano punteggiati da finissime efelidi che a causa del suo pallore ora erano persino più visibili. «Mi sta per caso minacciando?» sibilò. «Faccia pure! Cos'ha intenzione di fare, di deportarmi se non permetterò a quel bruto di rapire queste bambine? Lo sa cosa le aspetterebbe?» I suoi occhi erano immensi, tendenti al verde più che all'azzurro, pensò As'ad, ma poi si riempirono di lacrime, e a quel punto il colore dominante divenne il blu. As'ad avrebbe preferito di gran lunga trovarsi altrove. Si voltò verso Tahir. «Amico mio» riprese, «cosa ti porta qui?» Tahir indicò le bambine. «Loro. Il padre era originario del mio villaggio, era uno dei nostri. Abbiamo appreso della sua morte solo di re13
cente. Anche la loro mamma è scomparsa, sono quindi venuto per riportarle al villaggio.» Kayleen fece un passo verso l'uomo. «Dove intende separarle e utilizzarle come serve.» Tahir si strinse nelle spalle. «Sono bambine, non valgono granché. Ciononostante alcune famiglie si sono offerte di prenderle con loro. Saranno trattate bene. Onoreremo la memoria del padre e io darò così prova del mio onore.» Kayleen sollevò il mento con aria di sfida. «Mai!» annunciò. «Non le porterai con te. Fanno parte della stessa famiglia, hanno il diritto di restare insieme, hanno il diritto di avere una vita normale.» As'ad pensò con rimpianto al suo efficientissimo ufficio e ai problemi di facile risoluzione che lo aspettavano lì, ad esempio lo sviluppo economico della nazione. «Lina, stai con le bambine» ordinò. «Lei, signorina, venga con me.» Kayleen non era certa di essere in grado di seguirlo. Tremava da capo a piedi e non aveva fiato. Stava per aprire la bocca per informare il principe che non era interessata a una conversazione in privato, quando la principessa Lina le andò incontro con un sorriso rassicurante. «Fa' come ti ha detto» le disse. «Starò io con le bambine. Sono al sicuro.» Poi le sfiorò un braccio. «As'ad è un uomo giusto, ti starà a sentire. Parlagli apertamente, Kayleen. Riesci a 14
dare il meglio di te quando ti appassioni a una causa.» Prima che Kayleen potesse comprendere il senso di quelle parole, il principe As'ad si incamminò e lei si ritrovò a seguirlo. Entrarono insieme in una classe vuota, lui richiuse la porta, si voltò e si mise a scrutarla. «Cominci dall'inizio, signorina. Voglio sapere cosa sta succedendo.» Kayleen batté le palpebre un paio di volte. Fino a quel momento non lo aveva davvero guardato, ma adesso che si trovavano uno di fronte all'altro fu costretta a sollevare la testa per fissarlo negli occhi. Era alto e con le spalle larghe, i capelli erano scuri. Per qualche strano motivo quell'uomo la rendeva nervosa, del resto non aveva molta esperienza con gli uomini e la cosa le stava bene così. «Stavo facendo lezione» esordì lentamente, trovando difficile sostenere lo sguardo scuro di lui tanto quanto guardare altrove, «quando Pepper – la più piccola delle sorelline – è entrata di corsa nella mia classe gridando che un uomo cattivo voleva portarla via. Sono uscita, e nell'ingresso ho trovato quell'individuo che stringeva Dana e Nadine.» L'indignazione le dava forza. «Le tratteneva con la forza. Quando ha visto Pepper, ha affidato le altre due a uno dei suoi scagnozzi ed è andato ad acciuffarla. Ha solo otto anni! Le bambine gridavano e piangevano e lui ha cercato di trascinarle via.» 15
Il seguito era un po' confuso. «Ho iniziato a gridare anch'io, poi sono riuscita a bloccargli la strada e forse l'ho aggredito.» Se ne vergognava: non era da lei ricorrere alla violenza. Quante volte si era ripetuta che occorreva accettare la vita per quello che era, ed eventualmente cercare di cambiarla con la preghiera, il dialogo e dando sempre il meglio di sé? Kayleen ne era profondamente convinta, ma a volte un calcio nel posto giusto faceva miracoli. Un angolo della bocca di As'ad si inclinò verso l'alto. «Ha aggredito Tahir?» «Gli ho dato un calcio.» «E poi cos'è successo?» «I suoi uomini mi hanno immobilizzato. Ovviamente non mi ha fatto piacere, ma almeno le bambine erano libere. Urlavamo tutte talmente forte che le altre maestre ci hanno raggiunto in corridoio.» Poi si raddrizzò sulla schiena. Doveva ancora spiegare ad As'ad il motivo per cui non poteva permettere a quell'uomo di portarsi via le sorelline. «Non può consentirgli di farlo. È sbagliato sotto tutti i punti di vista. Le piccole hanno bisogno l'una dell'altra. E hanno bisogno di me.» «Lei è semplicemente un'insegnante.» «Tecnicamente, ma in realtà siamo molto unite. Anch'io vivo qui all'orfanotrofio. Ogni sera leggo loro la fiaba della buonanotte. Sono così piccole. Dana, la maggiore, ha solo undici anni. È molto sveglia e divertente e da grande 16
vuole fare il medico. Nadine ha nove anni, ha un talento per la danza. È atletica e molto dolce. La piccola Pepper la mamma non se la ricorda nemmeno. Ha bisogno delle sorelle. Devono restare insieme.» «Sarebbero nello stesso villaggio» le fece presente lui. «Ma non nella stessa casa.» Doveva riuscire a farlo ragionare. «Tahir parla delle bambine come se si trattasse di una mercanzia di scarso valore. Non sarebbe meglio se restassero qui assieme, dove sono amate davvero, dove potrebbero crescere in contatto con il loro passato? Ha idea di cosa succederebbe se finissero al villaggio?» «Niente» rispose As'ad con tono piatto, come a sfidarla a parlar male della sua gente. «È una questione di onore. Sarebbero protette e chiunque provasse a torcere loro un capello pagherebbe con la vita.» D'accordo, la cosa le fece sentire un tantino meglio, ma non bastava. «Come la mettiamo col fatto che non riceveranno un'istruzione? Non avranno nessuna possibilità. Sono figlie di un'americana.» «Ma il padre era originario di El Deharia. Anche lui era orfano ed è cresciuto al villaggio di Tahir. Intendono onorare la sua memoria occupandosi delle bambine.» «Le useranno come serve.» As'ad esitò un attimo. 17
«Sì, probabilmente è quello che accadrebbe.» «In tal caso non le avranno.» «La decisione non spetta a lei.» «Ma può spettare a lei» gli fece notare, sentendo crescere dentro di sé la voglia di assestare anche a lui un bel calcio nelle zone basse. Amava El Deharia. Quel luogo le toglieva il fiato ogni volta che andava nel deserto. Adorava l'ospitalità della sua gente, il blu incredibile del cielo, eppure era convinta che fosse una società troppo patriarcale. «Ha dei figli, principe As'ad?» «No.» «Delle sorelle?» «Cinque fratelli.» «Se avesse una sorella, vorrebbe vederla diventare una serva? Avrebbe voluto che uno dei suoi fratelli fosse strappato alla sua famiglia?» «Le bambine non sono sue sorelle.» «Infatti, sono più come figlie per me. Sono qui da qualche mese. La loro mamma ha perso la vita più di un anno fa e sono state portate nella capitale dal padre. Quando anche lui è morto, sono finite all'orfanotrofio. Sono io quella che ha trascorso tutte queste notti al loro fianco, mentre loro piangevano schiacciate dal dolore. Sono io quella che le spinge a mangiare e che promette loro che tutto si aggiusterà.» Si raddrizzò sulla schiena sfoderando tutto il suo metro e sessantasette di statura. «Lei ha parlato dell'onore di Tahir, ebbene le do la mia 18
parola che con me staranno bene. Se deciderà di affidarle a quell'uomo, allora significa che la mia parola non vale niente. È abbastanza crudele da distruggere i sogni e le speranze di quelle bambine già tanto provate dalla vita?» As'ad iniziava ad avere mal di testa. Kayleen James si era espressa molto bene e, in circostanze normali, avrebbe accolto la sua richiesta, ma le cose non erano così semplici. «Tahir è a capo di un clan molto potente» cominciò a spiegare, «contrariarlo su una questione di così poco conto sarebbe sciocco.» «Di così poco conto? Perché si tratta di tre bambine? Lo ammetta, è così! Se si fosse trattato di maschietti, sarebbe stato un altro paio di maniche.» «Il sesso dei bambini in questione è irrilevante. Il punto è che il gesto di Tahir è magnanimo e ne va del suo onore. Offenderlo avrebbe delle serie conseguenze politiche.» «Stiamo parlando della vita di quelle bambine. Cosa c'entra la politica?» La porta si aprì e apparve Lina. «Le ha portate via?» gridò Kayleen. «Certo che no. Sono tornate nelle rispettive classi mentre Tahir e i suoi uomini bevono un tè con la direttrice.» Lina si voltò verso As'ad e proseguì: «Cosa hai deciso?». «Non ti lascerò mai più entrare nel mio ufficio senza aver fissato un appuntamento, ecco cosa ho deciso.» 19
Lina sorrise. «Non potresti mai rifiutarmi niente, As'ad. E la cosa è reciproca.» As'ad trattenne a stento uno sbuffo. E così sua zia si era schierata. Ovvio: aveva sempre avuto un cuore grande e generoso. Era uno dei motivi per cui le si era tanto affezionato dopo la morte di sua madre. In quel momento, tuttavia, trovava la cosa davvero sconveniente. «Tahir è un uomo potente. Sarebbe assurdo inimicarselo.» La risposta di Lina lo sorprese. «Sono perfettamente d'accordo con te.» «Principessa, la prego» gridò Kayleen. «Conosce le bambine. Meritano di più.» Lina le sfiorò un braccio. «E l'avranno. As'ad ha ragione. Tahir non dovrebbe andarsene pensando che la sua nobile offerta è stata rifiutata. Kayleen, forse a te sembra il contrario, ma ti assicuro che le sue motivazioni sono valide.» Kayleen sembrava poco convinta, ma annuì comunque. Lina si voltò verso As'ad. «L'unico modo per preservare l'onore di Tahir, è che le bambine siano affidate a qualcuno più potente di lui che sia pronto a onorare la memoria del padre.» «Certo, sarebbe la soluzione migliore» rispose soprapensiero lui, «ma chi...» «Tu.» As'ad fissò la zia a bocca aperta. «Vuoi che mi faccia carico di tre orfanelle?» Era una richiesta assurda e impossibile: tipica di sua zia! 20
«A palazzo hai centinaia di stanze. Cosa cambia se una sarà messa a disposizione delle bambine? Non saresti tu a occuparti di loro, sarebbero semplicemente sotto la tua protezione. E poi chissà, magari Sua Maestà sarebbe contento di avere la compagnia di tre quasinipoti.» L'idea non era male, dovette ammettere As'ad. I tentativi del padre a convincere lui o i suoi fratelli a prender moglie stavano diventando insopportabili. As'ad sapeva che era suo dovere sposarsi e mettere al mondo degli eredi, eppure aveva sempre rifuggito ogni coinvolgimento sentimentale. Forse perché sapeva che le emozioni erano in grado di infiacchire un uomo. Glielo aveva insegnato suo padre la notte in cui la regina era scomparsa e quando As'ad gli aveva chiesto perché un re non piange mai, lui gli aveva spiegato che soccombere davanti alle emozioni non era degno di un vero uomo. As'ad aveva imparato la lezione, ma adesso che non era per nulla interessato al matrimonio si vedeva costretto a sopportare un monarca frustrato e senza eredi. «Ma chi si occuperebbe delle bambine? Sono troppo piccole per arrangiarsi da sole.» «Prendi una bambinaia. Assumi Kayleen» suggerì Lina stringendosi nelle spalle. «Aspetti un attimo. Io un lavoro ce l'ho già. Insegno in questa scuola.» Lina la guardò. «Non avevi forse detto che 21
intendevi offrire alle bambine un avvenire migliore? Che sacrifici sei disposta a fare a tal fine?» L'ultima cosa che As'ad desiderava era adottare tre bambine che non conosceva nemmeno. Certo, un giorno avrebbe creato una famiglia ma nella sua mente il concetto era decisamente vago e perlopiù implicava un figlio maschio. Eppure era una buona soluzione. Tahir non si sarebbe opposto e per un po' suo padre lo avrebbe lasciato in pace. Non poteva certo pretendere che si cercasse moglie mentre si abituava a una nuova famiglia. Guardò Kayleen. «Lei sarebbe interamente responsabile del benessere delle piccole, io non sono interessato a quello che fanno.» «Non ho ancora detto di essere d'accordo.» «Eppure si era detta pronta a tutto pur di non separare le sorelline.» «Sarebbe una soluzione perfetta» intervenne Lina. «Pensaci, avrebbero accesso alle migliori università al mondo.» «Può funzionare» disse Kayleen mordendosi un labbro. «Ma mi deve promettere che non saranno mai date in sposa a chicchessia per motivi politici.» «La sua diffidenza è un insulto nei miei confronti.» Non si poteva certo dire che a quella donna mancasse il fegato, ma forse era arrivato il momento di mettere bene in chiaro chi comandava in quella stanza. 22
«Non la conosco nemmeno» gli fece presente lei. «Sono il principe As'ad di El Deharia. È tutto quello che ha bisogno di sapere.» Lina le sorrise. «Ed è un uomo molto buono, Kayleen.» As'ad era irritato dal fatto che la zia si fosse sentita in dovere di perorare la sua causa. Ah, le donne! Procuravano solo guai. Kayleen lo guardò negli occhi. «Deve promettere di essere un buon padre, di anteporre il loro benessere al suo. Le amerà e vorrà vederle sposate a un uomo di cui siano innamorate.» Perché le donne erano sempre così ossessionate dall'amore, si chiese, un sentimento tanto sfuggente e privo di valore! «Sarò un buon padre. Mi occuperò di loro e farò in modo che godano dei privilegi concessi alle figlie di un principe.» Kayleen aggrottò la fronte. «Non è quello che le ho chiesto.» «Ma è tutto quello che ho da offrire.» Kayleen esitò un attimo. «Deve promettere che non si sposeranno per interesse.» Che preoccupazioni inutili, pensò, quindi annuì. «Potranno scegliersi il marito.» «E andare all'università, non fare da serve.» «Le ho già detto che saranno trattate come principesse, signorina James. Lei sta mettendo a dura prova la mia pazienza.» Kayleen resse il suo sguardo. 23
«Non ho paura di lei.» «Me n'ero accorto. Lei sarà responsabile delle bambine e si prenderà cura di loro. Abbiamo finito adesso?» La ragazza gli sorrise e i suoi occhi scintillarono in un modo che lo portò a chiedersi cos'altro potesse avere in serbo per lui. «Non ne sarei tanto sicura, As'ad» gli disse, «a dire il vero io ho la sensazione che questo sia solo l'inizio.»
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