K4_TI PREGO NON SPOGLIARTI

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Tutto inizia‌ con un bacio. Una collana fresca, dolce e maliziosa, dove vivere storie d’amore romantiche e sexy, come un bacio a fior di labbra.

Buona lettura!


Leah Ashton Fan dei lieti fine, Leah legge romanzi d'amore da tutta la vita. Scrivere è arrivato un po' dopo, ma ha sempre sognato di farlo un giorno. Vive a Perth con l'uomo della sua vita, due meravigliosi cani e il gatto piÚ furbo del mondo. Di giorno lavora in un negozio di informatica, di notte si considera fortunata di poter scrivere i libri che vorrebbe leggere e di condividere le storie a lieto fine dei suoi personaggi con i suoi lettori.


Leah Ashton

TI PREGO NON SPOGLIARTI


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Girl Less Ordinary Harlequin Mills & Boon Romance © 2012 Leah Ashton Traduzione di Alessia Di Giovanni Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Kiss maggio 2013 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY KISS ISSN 2282 - 0868 Periodico mensile n. 4 del 24/05/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 433 del 22/11/2012 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo

Fremantle, Western Australia Tredici anni prima Eleanor Cartwright guardò la finestra della camera da letto di Jake Donner, gli scuri di alluminio leggermente sghembi che battevano nella leggera brezza, ma non ebbe alcun ripensamento. Certo era nervosa, ma immaginava fosse normale visto che stava per fare una dichiarazione d'amore. Comunque fosse, non aveva scelta. «Dovresti dirglielo, tesoro. L'amore non dovrebbe restare segreto.» Quando, un paio di mesi prima, la madre le aveva detto così, non le aveva badato. Forse si era persino messa a ridere. «Non lo amo, mamma. Non scherziamo... Siamo solo amici.» E la madre, come al solito, aveva alzato le sopracciglia con presunzione e aveva scosso lentamente la testa. E aveva fatto sentire Eleanor come se avesse dodici anni, non sedici. «Va be', mamma. Comunque sta per partire. Non c'è motivo di dirglielo.» E, forse, non c'era neanche adesso. Ma quel dettaglio non aveva più importanza. 5


Era da ventinove giorni esatti che molte cose non avevano più importanza. Prese un profondo respiro. Poteva farcela. Non poteva permette che Jake lasciasse Fremantle, e lei, senza che sapesse quali erano i suoi sentimenti per lui. Una gelida folata di brezza notturna la fece rabbrividire e cominciò ad arrampicarsi. Dalla stanza di Jake non proveniva alcun suono. La cosa non la sorprese, dato che erano le tre del mattino. Inoltre Jake dormiva sempre come un sasso. Il suo letto era proprio sotto la finestra così, in punta di piedi, la aprì. Gli infissi, così come la casa, erano vecchi, e infatti cigolarono rumorosamente. «Jake?» disse, sperando che il suono lo avesse svegliato. Non ebbe fortuna. Si aggrappò al bordo della finestra e si sollevò per appollaiarsi sul davanzale. Si sarebbe tesa verso di lui per svegliarlo dolcemente. Ma, non appena si mosse in avanti, il vetro sbatté e Jake si mise a urlare. Spaventata, lei ricadde sul letto finendo poi a terra... e sopra di lui. Gli occhiali le erano scivolati dalla faccia ma, anche così, colse la confusione sul viso di Jake nella luce della luna. «Che accidente succede? Eleanor?» Lei annuì, incapace di parlare. E per due ragioni: l'impatto con il tappeto consumato e vedere Jake in boxer. Lui si alzò e si allontanò. Un secondo dopo accese la luce. Eleanor guardò la lampadina spoglia, facendo del suo meglio per respirare e pensare allo stesso tempo. «Eleanor...» ripeté. «Cosa ci fai qui?» Jake tornò da lei, le tese una mano e la aiutò ad alzarsi. Incontrò il suo sguardo confuso. «Perché hai ancora l'uniforme della scuola?» Eleanor guardò la sua camicia bianca sgualcita e la gonna di 6


tartan lunga fino al ginocchio. Non badava mai a quello che indossava. Quel giorno, quella settimana... l'ultimo mese era stato tutto confuso. «Non riuscivo a dormire.» «Così hai deciso di entrare dalla mia finestra?» Eleanor lo guardò senza parlare. Jake sospirò e si grattò la pancia con fare assente. Quella pancia era cambiata parecchio dai loro giri alla spiaggia, la scorsa estate. Ora era più soda, più magra... i fianchi più delineati proprio sopra il basso elastico dei boxer... Seguendo il suo sguardo, Jake li agganciò con un dito e se li sollevò leggermente. Ma non sembrava in imbarazzo. Non lo era mai. Al contrario di Eleanor, che era sempre un fascio di nervi. Aveva i capelli scuri scompigliati, ma era sempre bello. Davvero bello. Eleanor sapeva di non esserlo altrettanto ma, almeno, si era lavata il viso dalle lacrime. Inoltre la madre le ripeteva sempre che il suo aspetto non contava. Importava solo com'era dentro. «Volevo parlarti» gli sussurrò. Lui distolse lo sguardo. «Di tua madre?» «No» gli rispose. E lui sembrò... sollevato? Da quando la madre era stata investita, un mese prima, non si erano più visti. I primi giorni era uscita solo per il funerale e aveva passato il resto del tempo a dormire, cercando conforto all'insostenibile senso di perdita che provava. Quando poi era tornata a scuola, si era ritrovata da sola. Jake aveva già finito i suoi esami così, per la prima volta da quattro anni, era andata e tornata da scuola senza di lui. Non aveva voluto compagnia, neppure quella di Jake. Ma ora sì. Ora aveva bisogno di lui. Jake passò il peso da un piede all'altro, come un atleta olimpico ai blocchi di partenza pronto a scattare. 7


Quasi come se volesse che se ne andasse. No, si disse Eleanor. Probabilmente si sbagliava. Jake c'era sempre stato per lei. Si sedette sul bordo del letto. Ritrovò gli occhiali tra le lenzuola aggrovigliate e li inforcò con mani tremanti. Lui la guardava cauto. Non stava andando come si aspettava. «Volevo parlarti prima che tu partissi.» «Il mio volo è lunedì, Eleanor. Tra due giorni. Giorni in cui potevi benissimo bussare alla mia porta mentre io non... sai... dormivo.» Lei strinse gli occhi. «Non pensavo ti dispiacesse.» Ma, a quanto pareva, era così. Jake incrociò le braccia. Non era certo l'atteggiamento di chi era pronto ad ascoltare una dichiarazione d'amore. Ma lei non si sarebbe fermata. Era arrivata fin lì e, se Jake si comportava in modo strano, faceva poca differenza. Non era stupida. Aveva visto come lui la guardava, a volte. Non se l'era immaginato. Era cambiato qualcosa tra loro. Ne era sicura. Forse doveva solo usare una strategia diversa. Attraversò la stanza prima che l'ansia la bloccasse. Mentre si avvicinava, Jake sgranò gli occhi, però non si mosse. Eleanor si fermò a pochi centimetri da lui e fu costretta ad alzare la testa per guardarlo negli occhi. Pensò se toccarlo. Le sue compagne di scuola lo facevano sempre con i loro fidanzati: gli passavano il braccio attorno alle spalle a pranzo o alla fermata dell'autobus. Ma lei non era una di quelle ragazze e non sapeva cosa fare. «Ti amo» disse velocemente, frustrata. Finì per essere un mugugno ma lui ne udì ogni parola, infatti si allontanò da lei. Non era la reazione che Eleanor aspettava. E le si contrasse lo stomaco. 8


«No che non mi ami» le disse. Come se fosse un dato di fatto. «Sì» insistette lei, esprimendosi più chiaramente, adesso. «Sì, che ti amo.» Lui scosse la testa. «Sei solo confusa per...» «Per la morte di mia mamma? No. Lo sapevo anche prima. È stata una sua idea che te lo dicessi.» Jake si allontanò di qualche altro passo. Le voltò la schiena, appoggiando le mani sulla scrivania su cui c'era una tastiera, un hard driver, dei dischetti e altra roba di cui Eleanor non sapeva neanche il nome. Sapeva che avrebbe dovuto piangere, invece si sentiva stranamente calma. Aveva voglia di andarsene, camminare lungo il recinto che separava le loro case e passare attraverso i tre listelli mancanti che avevano usato per anni. Rifugiarsi nella sua stanza. Avrebbe potuto tornare l'indomani, fingere di essersi sbagliata e le cose sarebbero tornate normali. Ma Jake stava per partire e le cose non sarebbero mai tornate normali. «E penso» proseguì con il cuore che martellava. «Penso che anche tu mi ami.» A quelle parole lui si voltò e si fermò proprio di fronte a lei. «Devi andare, Eleanor. Tuo padre sarà preoccupato.» No, non era preoccupato. Il padre non si sarebbe accorto neppure se fosse andata in giro nuda per Port Beach. Jake era così vicino... Le piacevano le sue spalle larghe. E anche il suo petto. Alcune loro compagne glielo avevano fatto notare, ma lui non le aveva degnate di uno sguardo. A scuola era considerato un secchione, ma il ragazzo senza maglietta in piedi davanti a lei in quel momento, nella sua stanza da letto, non aveva niente del secchione. Era il suo migliore amico. Il ragazzo che la faceva ridere e 9


la aiutava in matematica, che lei detestava, e che lei aiutava con l'inglese, che lui detestava. Erano una squadra. Lo amava. E doveva sapere se lui la ricambiava. «Eleanor... per favore, devi andare...» Ma, prima che lui finisse la frase, lei lo baciò. O, almeno, ci provò. Si alzò in punta di piedi chiudendo gli occhi, si tese in avanti ma riuscì a baciargli solo una guancia. La sua guancia. Fu allora che capì quello che avrebbe dovuto capire fin dalla sua prima reazione. Le persone che ti amavano non ti rispondevano con: "No che non mi ami". E di certo non si sottraevano se li baciavi. «No. Non posso farlo. Io...» Un gelido terrore di umiliazione la lasciò impietrita. Cosa stava dicendo? Eleanor lo sentì appena sopra la vocina che le riecheggiava in testa. Stupida. Stupida. Stupida. Come poteva credere che Jake la amasse? Perché cavolo avrebbe dovuto? Non era carina. Non era una strafiga come lui. Non indossava gli abiti giusti come le ragazze più popolari a scuola. Non sapeva come flirtare o come baciare un ragazzo. Era chiaro! Doveva andarsene. Non avrebbe dovuto neppure andare lì. In silenzio si allontanò da lui e salì sul letto. Era quasi fuori quando si accorse che lui non aveva detto una parola. Dio, e lei che sperava che la fermasse! Lo guardò da sopra una spalla mentre scavalcava con la gonna arruffata attorno ai fianchi. Ma non le importava. Tanto Jake non l'avrebbe neppure notato. Lui la stava guardando. I suoi occhi erano pieni di... cosa? Rammarico? No, era solo una sua illusione. Sapeva cos'era. Pietà. Ma lei non voleva la sua pietà. 10


Perciò saltò a terra e camminò, anche se avrebbe voluto correre, verso casa. Senza voltarsi indietro. Più tardi, fissando il soffitto della sua stanza dopo aver versato tutte le lacrime che aveva, riuscì a cogliere l'unico lato positivo di quel terribile pasticcio. Era un'altra cosa che aveva imparato dalla madre. Lei era assolutamente convinta che si potesse trovare qualcosa di buono in tutto. Eleanor era certa che avrebbe trovato un lato positivo persino nella sua morte prematura. Ma in quello che era successo con Jake? Sì, c'era un lato positivo: non l'avrebbe visto mai più.

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Sydney, New South Wales Oggi Era un'imboscata. Bella e buona. Lo sapeva Jake Donner. E lo sapevano i membri del consiglio di amministrazione. Da quanto la pianificavano? Ore, giorni, settimane? «No» disse. Era l'unica risposta possibile. «Non c'è altra scelta, Jake» replicò Cynthia George, ex chief executive di una delle più importanti banche australiane e membro del consiglio di amministrazione dell'Armada. Lo studiò con espressione inflessibile e Jake si ricordò perché aveva insistito tanto per assumerla. Lui si strinse nelle spalle. «Trovati un altro.» Riappoggiò la schiena alla morbida poltrona di pelle e finse indifferenza nonostante la tensione che provava. Fu tentato di alzarsi e misurare a grandi passi la sala riunioni dell'Armada Software, ma si trattenne. Non gli era mai capitata una situazione del genere. Solitamente durante quegli incontri si limitava ad ascoltare gli interventi più interessanti e si distraeva durante gli altri, congratulandosi con se stesso per aver deciso, qualche anno prima, di delegare ad altre persone quelle noiose riunioni. Ora 12


aveva il ventotto per cento della società, un intraprendente amministratore delegato, che come gli altri lo fissava dall'altra parte del tavolo di mogano, e un consiglio di amministrazione composto dai rappresentanti delle selezionatissime aziende che avevano investito nell'Armada. Tutti ottimi motivi per lasciare agli esperti la gestione del suo business mentre lui si dedicava a quello in cui era davvero bravo: creare software. E, fino a un minuto fa, era sempre filato tutto liscio. Dall'altra parte dell'enorme tavolo il direttore finanziario gli passò un fascio di fogli rilegati. «Allora non ci resta che questo: ridurre il nostro Fte del venti per cento.» Ovvero licenziare del personale. In una società con più di duemila impiegati solo in quel grattacielo, erano bazzecole. «Questa è l'ultima delle soluzioni.» L'uomo annuì. «D'accordo.» Accennò alla slide di presentazione che stava ancora passando sullo schermo lcd sulla parete opposta. «Allora non resta che la proposta del consiglio.» Jake non si disturbò a guardare le figure e i grafici multicolori che scorrevano sul televisore. Li conosceva bene: le vendite calavano e i costi crescevano. L'Australia aveva resistito alla crisi finanziaria globale meglio di altri paesi, ma l'Armada non ne era uscita incolume. Era un fatto innegabile. La soluzione che il consiglio gli aveva proposto, però, era assurda. «Sono sicuro che l'uscita del nostro primo smartphone aumenterà significativamente le entrate» replicò Jake. E ne era davvero convinto. Certo, ora non navigavano in buone acque, ma pensava che, come sempre, i suoi manager avrebbero trovato una brillante soluzione a quello che riteneva fosse solo un problema temporaneo. La loro ansia però era allarmante. 13


Così gli avevano proposto di diventare il nuovo volto dell'Armada. No, neanche tra mille anni! «Mi pare una soluzione un po' drastica» commentò. Cynthia sorrise per niente divertita. «Esagerato! Che sarà mai qualche intervista in TV e in radio e qualche conferenza! L'Armada ha bisogno di un volto che la rappresenti e tu sei perfetto.» Jake scosse la testa. «Per dieci anni è stata la qualità dei nostri prodotti a parlare per noi. Dubito seriamente che spingere un nerd smanettone sotto i riflettori sarà di qualche aiuto.» Cynthia sbuffò e il suono quasi rimbombò nella sala silenziosa. «Un nerd smanettone? Un famoso e riservatissimo milionario, vorrai dire! Al secondo posto nella lista della rivista Headline delle persone più affascinanti d'Australia. Al primo posto di quella di Lipstick degli scapoli d'oro. La pubblicità per il nuovo telefono crescerà in modo esponenziale se sarai tu il volto del prodotto.» Jake sprofondò ancora di più nella poltrona di pelle, stendendo le gambe sotto il tavolo. Non voleva né comparire su quelle riviste patinate né avere a che fare con i giornalisti. Quel discorso non aveva senso. Era una totale sciocchezza! Lui non era un soggetto interessante. Non costituiva uno scoop. Era così strano se voleva stare lontano dalla giungla metropolitana di Sydney? Se preferiva vendere l'anima al diavolo piuttosto che indossare giacca e cravatta e chiacchierare di argomenti superficiali con persone superficiali? A quanto pareva sì. A chi interessava se lui preferiva lavorare sul divano del suo salotto? Se preferiva infilarsi degli spilli negli occhi piuttosto di partecipare a qualche occasione mondana? Se preferiva che 14


la sua vita privata restasse tale per questo non rilasciava mai interviste? Be', stando alle dieci paia di occhi che lo fissavano in quel momento e all'enorme esperienza dei suoi consiglieri, interessava a molta gente. Un sacco di gente. Così cedette, pur fingendo un atteggiamento calmo e casuale. Appoggiò le sneaker sul parquet e spinse indietro la sedia, alzandosi in piedi di scatto. La sedia continuò il suo viaggio finché sbatté debolmente contro il muro, mentre Jake camminava davanti alla parete di finestre della sala. «In un mercato saturo, Jake, avere un buon prodotto non basta» intervenne la direttrice del settore marketing e comunicazione, una donna alta, elegante, con i capelli scuri. «Sfortunatamente le prime analisi di mercato indicano che il telefono dell'Armada non desta molto interesse tra i consumatori. I nostri competitor statunitensi e giapponesi hanno il monopolio del mercato: la gente vuole un brand che conosce, malgrado il nostro telefono sia qualitativamente superiore.» Lui si fermò. «E cosa posso farci io? Perché pensate che la mia faccia aiuterebbe a vendere il nostro telefono?» La donna sorrise. «I risultati delle nostre proiezioni sono ottimi. Una campagna promozionale con il tuo nome e la tua foto aumenterebbe significatamene l'appeal del marchio e sensibilizzerebbe i consumatori. Contiamo di quadruplicare l'interesse nel nostro prodotto.» Jake si grattò la fronte nell'inutile sforzo di cancellare le rughe crescenti. Aveva la mascella serrata e i denti stretti. «Il consiglio vuole che procediamo con la campagna Jake Donner» disse Cynthia implacabile. «Se ti rifiuti, saremo costretti a iniziare la riorganizzazione della società» rincarò la dose il direttore finanziario. E per riorganizzazione intendeva la riduzione del personale, ovviamente. «Sarà una campagna brevissima, Jake. Un mese di disagio 15


per te per un guadagno potenziale di dieci milioni di dollari.» L'intero consiglio mormorò. Erano tutti d'accordo. Sì, quella era un'imboscata bella e buona. Un mese di disagio... Come poteva farcela? Un mese nel pacchetto dorato che l'ufficio marketing gli avrebbe confezionato su misura? Un mese in posa a dire cose stabilite da altri e utili a salvare l'Armada da quella crisi finanziaria? Un mese per risparmiare migliaia di posti di lavoro? Messa così non sembrava un sacrificio. Non era più l'unico proprietario della società ma, in fondo al cuore, la considerava ancora sua. L'Armada e i suoi dipendenti erano una sua responsabilità. Non aveva scelta. Con riluttanza Jake gemette qualcosa che Cynthia interpretò come una risposta affermativa. Be', cosa si aspettavano? Che saltasse di gioia? E una frase del tutto casuale gli attraversò la mente: Oddio, speriamo solo che mi risparmino giacca e cravatta. Ella Cartwright attese pazientemente fuori dalla doppia porta della sala riunioni, seduta in un basso divano di pelle. I tacchi neri non ticchettavano nervosamente sul pavimento, non si torceva le dita in grembo e non aveva posto una miriade domande su Jake Donner alla segretaria che l'aveva accompagnata fin lì, al ventiseiesimo piano. Quelle erano cose che poteva controllare. Le farfalle che le volavano nello stomaco no. Quelle non poteva controllarle. Poco male. Non se ne sarebbe accorto nessuno. Finalmente le porte si aprirono e, poco a poco, uscì una parata di manager in eleganti abiti di sartoria. Ella si alzò ben prima di intravedere la giacca sportiva rossa che spiccava sulla massa di freddi neri, grigio e blu. Per un fugace momento permise a se stessa di sentirsi orgo16


gliosa, riconoscendo la giacca che aveva scelto personalmente quando aveva rinnovato il guardaroba di Cynthia. Con i capelli a spazzola, il trucco impeccabile e il completo che le donavano di più, quella donna era una pubblicità vivente della Picture Perfect, la sua società di consulenza di immagine da ormai cinque anni. Ma, se il look di Cynthia aveva avuto bisogno di un restyling, non si poteva dire altrettanto delle sue capacità di convincimento. Lo aveva dimostrato quando Ella aveva tentato di rifiutare la sua inaspettata richiesta. Occuparsi di Jake Donner? Neanche tra milioni di anni! Ma come faceva a dire di no alla sua cliente numero uno senza una buona ragione? O, meglio, senza raccontarle la vera ragione per cui voleva rifiutare? Era impossibile. Inoltre Cynthia glielo aveva chiesto come favore personale. E, dato che metà dei suoi clienti lo erano diventati grazie al suo passaparola, un favore glielo doveva. Inoltre, a essere obiettiva... anche se l'obiettività era un concetto ridicolo quando c'era di mezzo lui... avere come cliente il famoso Jake Donner sarebbe stato davvero un colpo da maestra. Gli affari le andavano bene, ma con il fondatore dell'Armada tra i suoi assistiti si sarebbe fatta una straordinaria pubblicità. Il fatto che con Jake avesse avuto l'esperienza più umiliante della sua vita, era del tutto irrilevante. Ed eccola lì, apparentemente tranquilla, pochi istanti prima di rivedere Jake Donner dopo tredici anni. Dire che si sentiva male sarebbe stato un eufemismo. «Ella!» la chiamò Cynthia, incontrando il suo sguardo con la solita franchezza. «Vieni. Ho chiesto a Jake di trattenersi quale minuto.» Dietro Ella un ding annunciò l'arrivo dell'ascensore e dopo qualche secondo l'atrio si svuotò, lasciandole sole. 17


«Com'è andata la riunione?» si informò Ella. La donna rispose sollevando semplicemente le sopracciglia. Be', cosa si aspettava? Jake era l'uomo più riservato di Sydney. E stava per essere pompato su tutti i media australiani e internazionali. Non sarebbe stato di buon umore... E, quando l'avesse vista, la situazione sarebbe solo peggiorata. Era certa che volesse che il suo passato restasse segreto tanto quanto lo voleva lei. Con un profondo respiro, Ella raddrizzò le spalle e cercò mentalmente di rilassarsi intanto che l'altra riapriva la porta della sala riunioni. Poteva farcela. Era Ella Cartwright. Sicura, capace, di successo. Jake Donner era un cliente come gli altri. Prese un altro profondo respiro. Non sei più una ragazzina. Probabilmente non si ricordava neppure di lei. È un cliente qualsiasi. Si ripeté quella frase ancora e ancora mentre entrava nella sala. Non degnò di uno sguardo né l'enorme tavolo che dominava la sala né la pioggia battente che sfocava il panorama della città. Era troppo occupata a concentrare l'attenzione su una nuca e i capelli un po' troppo lunghi: tutto quello che riusciva a vedere di Jake, che era seduto e dava loro le spalle. Mentre si avvicinavano, lui non si mosse. «Bella mossa, Cynthia» le disse con tono calmo ma non piano. Ella batté le palpebre, prendendosi un attimo per assorbire quella voce familiare ma completamente sconosciuta. Aveva diciassette anni l'ultima volta che l'aveva sentita ed era già profonda e adulta. Ora, però, era diversa. In un modo che non riusciva a spiegare. Più importante, in un certo senso. E per qualche ragione rabbrividì. «Ciò implicherebbe che io ho vinto e tu hai perso. Invece a 18


vincere è solo l'Armada» gli rispose Cynthia. Lui rise, ma non si voltò. «Non ci sono garanzie che funzionerà, Cynthia. Penso che abbiate tutti sovrastimato il mio appeal sulle persone.» Ella represse una risata di sorpresa. Jake non poteva esserne davvero convinto! Nonostante tutti i suoi sforzi, e si era sforzata parecchio, quando si era trasferita a Sydney quasi dieci anni prima, era stato impossibile non sentire parlare di lui. Poteva anche essere la prima volta che stavano faccia a faccia, ma Jake aveva permeato il suo mondo nei modi più inopportuni. La sua vita appartata faceva gola ai media; il suo nome campeggiava nei più seri articoli di analisi finanziaria come nei più infimi rotocalchi di gossip. Ed era sempre legato a frasi come Il visionario di Internet o Il profeta del web. Persino Il Bill Gates della sua generazione. Solo in quel momento Ella si accorse che Cynthia stava parlando. La stava presentando. Mentre la sedia cominciava a girare, Ella deglutì, poi abbassò brevemente le palpebre così, quando gli occhi azzurro ghiaccio di Jake si incatenarono ai suoi, lei sarebbe stata pronta. Più o meno. «Buongiorno» lo salutò. «Sono Ella Cartwright, proprietaria della Picture Perfect. Sarò la sua consulente di immagine per la durata della campagna.» Bene. Sembrava molto professionale e, persino, naturale. Poteva farcela. Ella avanzò verso di lui con la mano tesa proprio come avrebbe fatto con qualunque altro cliente. Cosa che lui era. Il momento passò. Non successe niente. Aveva commesso un errore tattico, fingendo di non cono19


scerlo? Era un rischio. Che aveva deciso di correre dopo un fine settimana passato a prepararsi... stressarsi in vista di quell'incontro. Il suo piano era semplice: affrontarlo con faccia tosta e sperare per il meglio. L'alternativa non era neanche concepibile. L'espressione di Jake era indecifrabile e il silenzio calò nella stanza. Ostinatamente Ella continuò a tenere la mano dov'era, lo sguardo fisso su di lui. Non che non volesse ritrarla. Avrebbe voluto disperatamente abbassare gli occhi sul pavimento. Avrebbe voluto inarcare le spalle. Avrebbe voluto incrociare le braccia e formare uno scudo impenetrabile. E, cosa più importante, avrebbe voluto fuggire via alla massima velocità, tacchi permettendo. Fuori da quella stanza e lontano, lontanissimo. Ma non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non più. La ragazzina che Jake conosceva un tempo lo avrebbe fatto. Sì, sicuramente. Non aveva altra scelta che guardarlo, così lo fece e studiò il suo viso che, nonostante tutte le foto che aveva visto, la sorprese. Era così diverso dal ragazzo che ricordava. Era tutto di più. Più grosso, con i muscoli più delineati attraverso il fine tessuto della t-shirt. Più affascinante. L'accenno di dolcezza del suo viso era stato spazzato via dai marcati tratti dell'età, dalla linea dura della mascella e dalle guance incavate. I suoi capelli erano più scuri, non aveva più delle ciocche striate di biondo, ora erano del colore del caffè espresso. Una volta pensava che fosse carino. Magnifico. Ma la definizione non gli si adattava più. Tremendamente affascinante era molto più calzante. Alla fine abbassò la mano. Se la passò su un fianco e sul fine tessuto di lana della gonna aderente. Annuì, un movimento veloce e abile. «Be', allora. Credo che 20


il nostro primo passo sarà discutere dell'importanza di una buona prima impressione.» Parlò di nuovo in modo assolutamente normale. Riuscì persino a sorridere, anche se forse il suo sorriso era un po' troppo tirato. Adesso leggeva chiaramente l'espressione di Jake: accorta e circospetta, seguita da una leggera confusione. «È questo il tuo consiglio da esperta, Ella?» Lei trattenne il respiro, certa che Jake stesse per dire che si conoscevano già. Rivelare di punto in bianco un passato che lei aveva impiegato anni per nascondere... e oltretutto di fronte alla sua cliente numero uno. Poi ebbe un'ispirazione. Doveva parlare con Jake. Da sola. «Sì» rispose. «Ma non preoccuparti» aggiunse voltandosi verso Cynthia. «Lo trasformerò da arcigno in cortese in men che non si dica.» Con la coda dell'occhio a Ella parve di vedere Jake restare a bocca aperta. Fece per parlare, ma lei lo interruppe. «In realtà, Cynthia, ti dispiace lasciarci soli per qualche minuto? So che questo avrebbe dovuto essere solo un breve incontro di presentazione ma, sai com'è, meglio cominciare subito. C'è chiaramente molto lavoro da fare.» La donna sogghignò. «Come vuoi» le disse, passando lo sguardo da Ella a Jake e poi di nuovo a lei. «Buona fortuna» le sussurrò prima di uscire. «Non preoccuparti, non è sempre così intrattabile. Ha solo bisogno di tempo per abituarsi al suo nuovo ruolo.» Magari fosse stata davvero quella la ragione per cui lui la stava perforando con gli occhi! Ma Ella si limitò a sorridere come se fosse una donna di estrema sicurezza che non si preoccupava minimamente di restare sola in una stanza con Jake Donner. E, non appena la porta si richiuse, successe proprio quello. Restarono soli. 21


L'istante dopo lui si alzò. Poi, all'improvviso, si fermò davanti a lei, un po' troppo vicino. Così vicino che lei avvertì il suo fresco profumo di pulito, non di colonia, qualcos'altro. Forse un detersivo. Un profumo innocente e amichevole che non giustificava la reazione che le stava provocando. Il sangue le pompò nelle vene e le venne la pelle d'oca. Poi un calore le scese nel ventre e la sensazione la turbò. Insomma, non poteva farle ancora quell'effetto dopo tutti quegli anni! Non aveva imparato nel peggiore dei modi possibili quale errore fosse desiderare Jake Donner? Lui aspettò prima di parlare per quella che le parve un'eternità. Aveva capito che era tesa, nonostante lei non avesse fatto niente, neanche battuto le ciglia, per tradirsi? Finalmente lui parlò. «Cosa diavolo succede, Eleanor?»

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1 La migliore delle ex di A. CARSON Kate Anderson, sei un'ex reginetta e un'ex moglie, ma non sarai mai un'ex del sesso! Ecco perché alla festa con i suoi vecchi compagni di scuola si presenterà con l'uomo più eccitante e canaglia che abbia mai conosciuto, Memphis. Il suo corpo sarà ancora stropicciato a dovere.

2 In un letto di diamanti di N. MARSH Ruby Seaborn ha bisogno di soldi per evitare il crollo delle gioiellerie di famiglia ed è disposta a tutto, anche a scendere a patti con il diavolo, che ha un nome preciso, Jax Maroney. Lui, infatti, ha bisogno di rifarsi una reputazione, e per questo non rifiuterà un accordo.

3 Quando il cioccolato non basta... di N. HARRINGTON Profumo intenso di cioccolato, praline che ti si sciolgono in bocca, Max Treveleyn è già conquistato! Il maestro pasticciere che ha realizzato quelle sublimi prelibatezze si chiama Daisy Flynn, un bocconcino niente male. Lui ha da farle una proposta molto allettante...

4 Ti prego non spogliarti di L. ASHTON Ella Cartwright non ha dubbi, è lei la migliore, il modello a cui tutti si ispirano. Ora, un suo vecchio compagno di liceo, Jake Donner, ha bisogno di un consulente d'immagine e ha pienamente ragione! Qui serve una mano dal cielo, ma anche un completo firmato!


DAL 30 LUGLIO

5 Pazzo viaggio per due di A. ANDREWS Per Sadie sarà un lungo viaggio: la jeep le farà rivoltare lo stomaco come una frittella; dovrà mangiare solo ortaggi per non perdere la linea faticosamente raggiunta e in più dovrà passare notte e giorno con quel sexy ed eccitante di Kent senza nemmeno sfiorarlo, dato che lui la ignora.

6 La dea dell'amore di S. NARAYANAN È ufficiale: Riya non ha mai dimenticato Dhruv! Altrimenti non si spiegherebbe perché il suo corpo si sia risvegliato alla sua sola presenza. Piccolo dettaglio: lui l'ha già scaricata una volta e lei non vuole ripetere l'esperienza. Riya, se facessi una doccia gelata?

7 Il testimone cerca la sua sposa di F. HARPER Damien Stone questo è il tuo sesto matrimonio... Non sarebbe ora di fare la parte dello sposo? Potrebbe rifarsi con la damigella d'onore. No, impossibile, è quell'eccentrica e vulcanica di Zoe St. James, che tra l'altro non le toglie gli occhi di dosso. Quando finirà questa tortura?

8 L'uomo giusto (non) aspetta di N. LOGAN Aimee si è innamorata a prima vista del suo salvatore, Sam, che ha due occhi che potrebbero sciogliere tutta la calotta polare. E dire che la situazione non è delle più felici, dato che è sull'orlo di un precipizio, con la sola cintura di sicurezza che la separa dal fondo del burrone.


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OMBRE SU NEW YORK UN MIX DI MISTERO, STORIA E PASSIONE.

“QUESTA SERIE HA TUTTO:

sensualità e mistero, personaggi affascinanti e un’ambientazione storica incantevole. Leggerla è un piacere.” Booklist

“Non vedi l’ora che esca il successivo.” Amazon Reviews

Un nuovo HISTORICAL CRIME della serie dedicata alle indagini di Francesca Cahill, dama dell’Alta Società con la passione per il mistero. Caso dopo caso, questa Sherlock Holmes bella e raffinata cattura le lettrici per gli intrecci gialli ben costruiti e l’affascinante setting storico.

In libreria e nei migliori supermercati dal 28 maggio

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