Passione d’estate C. George - E. Power - A. Blake - M. Reid
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: A Venetian Passion The Italian's Passion A Mother for His Daughter The Salvatore Marriage Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Tender Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2005 Catherine George © 2004 Elizabeth Power © 2005 Ally Blake © 2003 Michelle Reid Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni gennaio 2007; marzo 2005; maggio 2007; giugno 2005 Seconda edizione Harmony Maxi giugno 2010 Questo volume è stato impresso nel maggio 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY MAXI ISSN 2036 - 3230 Periodico trimestrale n. 8 del 30/6/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 121 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Passione veneziana Pagina 161
Di nuovo per sempre Pagina 325
Offerta d’amore Pagina 485
Come il sole sul fiume
Passione veneziana
1 Il volo da Londra era puntuale. Meno male!, fu la magra consolazione di Domenico Chiesa. Fremette, sulle spine. Se non fosse stato Lorenzo Forlì in persona, il presidente della nota catena di alberghi della Forlì Group, a chiedergli di accogliere all'aeroporto una nuova ospite, lui avrebbe delegato qualcun altro. Impaziente, passò in rassegna i passeggeri che affollavano il terminal Marco Polo di Venezia; c'erano parecchie donne giovani con i capelli biondi, ma nessuna viaggiava sola. Finalmente intercettò una figura solitaria che trascinava dietro di sé un piccolo trolley. Poteva essere lei. Un cappello bianco ed enormi occhiali da sole le nascondevano il viso; a ogni modo era giovane, minuta e la coda di capelli che ondeggiava sulle sue spalle era decisamente bionda! «Signorina Green?» l'apostrofò Domenico. «Sì?» La donna si volse adagio verso di lui. «Benvenuta a Venezia. Sono Domenico Chiesa, della Forlì Group» si presentò con un inchino appena accennato. «Il signor Lorenzo Forlì mi ha chiesto di venire a prenderla all'aeroporto.» 9
«Davvero? Molto gentile da parte sua» si compiacque l'altra. Ancora più gentile da parte mia, borbottò lui tra sé, sempre più seccato. «Da questa parte, prego.» La precedette, sbrigativo, verso una biglietteria vicino all'uscita. «Le occorre un biglietto per il vaporetto. L'Aligaluna numero uno parte tra pochi minuti.» Le consegnò anche una cartina su cui era evidenziato il percorso per il suo hotel. «Non le sarà difficile trovare la Locanda Verona, signorina Green.» «Grazie di tutto, arrivederci» si congedò la donna. «Mi dispiace, purtroppo non...» Domenico smise di parlare, sbalordito; la signorina Green si stava già dirigendo verso la banchina. Rimase a fissarla con un certo disappunto. Voleva scusarsi di non poterla accompagnare, ma, a quanto sembrava, lei non se lo aspettava nemmeno, o forse semplicemente non gradiva la sua compagnia. Aveva dovuto sospendere il lavoro per andare ad accoglierla all'aeroporto, le aveva prenotato l'albergo e, come di dovere, le aveva fornito le informazioni necessarie; e lei, invece, riservava tutta la sua gratitudine a Lorenzo Forlì che si era limitato a impartire ordini dal suo quartiere generale. A Firenze. La signorina Laura Green era molto scortese. Ignara di aver offeso il suo ospite, Laura conquistò un piccolo spazio lungo la ringhiera del vaporetto per godere del meraviglioso panorama. L'imbarcazione si mosse lenta lungo il Canal Grande, sul quale si affacciavano antichi e fragili edifici che sembravano appoggiarsi gli uni agli altri per sostenersi. Stupefacente!, commentò, estasiata. Era il suo primo viaggio a Venezia, eppure la città le appariva così 10
stranamente familiare, come se ci fosse già stata. La sua eccitazione crebbe quando scorse, in lontananza, la famosa torre campanaria svettare su Piazza San Marco, alta, assieme al leone che si ergeva sulla sua colonna. Attraversò la piazza ammirando con rispetto reverenziale la stravaganza orientale della Basilica; non vedeva l'ora di esplorare quel tesoro nascosto! In quel momento, però, la sua priorità era trovare la Locanda Verona. Cartina alla mano, Laura si fece strada tra la folla di turisti e la moltitudine di piccioni che passeggiava indisturbata sul selciato della piazza; secondo il percorso tracciato dal signor Chiesa, il suo albergo era situato oltre una rete di strette stradine e un susseguirsi di ponti che attraversavano il Canale. Dopo aver sbagliato direzione solo un paio di volte, alla fine individuò il ponte che faceva al caso suo e approdò davanti al proprio albergo. La Locanda Verona era una piccola pensione con pareti color ocra e tipiche finestre veneziane, ma, più importante di qualsiasi altra cosa, almeno per lei, i suoi prezzi erano sorprendentemente abbordabili, nonostante la sua posizione centrale. La donna alla reception l'accolse con un sorriso amichevole. In un inglese corretto si presentò come Maddalena Rossi, la moglie del proprietario, e, assolte le formalità d'obbligo, condusse l'ospite nella sua stanza, all'ultimo piano. «Non è molto grande, ma ha il bagno privato, signorina Green» le disse. «Spero che si trovi bene.» «Sarà sicuramente così» le assicurò Laura, guardandosi attorno. 11
Travi di legno a vista rivestivano il soffitto a volta, la stampa di un Botticelli faceva bella mostra di sé sopra il letto e un paio di portefinestre, strette e smaltate, si aprivano su un giardino pensile e, oltre a esso, il Canale. «La vista è magnifica!» Trattenne il respiro per l'emozione. «Mille grazie, davvero!» La signora Rossi le ricordò che il vitto non era compreso nel prezzo dell'albergo. «Ci sono molti ristoranti e locali, qui attorno. Alla reception troverà tutte le indicazioni necessarie.» Dopo la telefonata alla madre per comunicarle il suo arrivo, Laura si occupò delle valigie. Fece una rapida doccia, pettinò i capelli in una treccia morbida, indossò un semplice abito nero e lasciò l'albergo non senza aver informato la signora Rossi della sua destinazione. Con gli occhi che le brillavano per l'emozione, uscì nella calda sera e ripercorse la strada a ritroso attraverso le pittoresche calle fino a Piazza San Marco. La sua meta era il Café Florian, dove, da quanto sapeva, era possibile sedersi e ascoltare un'orchestra al prezzo di un caffè. Un cameriere la guidò a un tavolino all'aperto; nel poco italiano scolastico che aveva ripassato durante il viaggio, Laura ordinò una cena piuttosto parca. Più tardi, forse, avrebbe fatto follie; quella era la sua prima sera a Venezia e non intendeva badare a spese. Per il momento, tuttavia, desiderava solo rimanere lì, seduta nella magnificenza della piazza inondata di luce ad ascoltare le conversazioni multilingue che si mescolavano alla musica. Osservò, affascinata, lo spettacolo itinerante delle 12
persone che si godevano la passeggiata serale: le coppie che si scambiavano effusioni, i gruppi numerosi che si attardavano a parlare, i molti bambini che facevano parte della scena. Colse ogni minimo particolare con immenso piacere, tanto assorbita da quella vivace sfilata da non registrare il suono del proprio nome. «Signorina Green?» ripeté una voce rauca e profonda. «Buonasera.» Laura si voltò di scatto per sorprendere lo sguardo di Domenico Chiesa fisso sul suo viso. «Buonasera» ricambiò il saluto. «Sono passato al suo albergo, la signora Rossi mi ha detto che l'avrei trovata qui. Spero sia tutto di suo gradimento.» Le sorrise con un calore e un fascino assai lontani dall'atteggiamento scontroso che aveva mostrato all'aeroporto. Ora che aveva tempo da dedicargli, Laura scoprì che Domenico Chiesa ne valeva la pena: spalle ampie, fianchi stretti, capelli scuri ondulati di un taglio perfetto come l'abito che indossava. E, senza gli occhiali scuri, i suoi occhi a mandorla rilucevano come due acquemarine sorprendentemente azzurre. «Mi scusi, non l'ho sentita arrivare» si giustificò. «E io l'ho spaventata. Per farmi perdonare, posso offrirle del vino o un caffè?» Laura esitò qualche istante. In fondo, perché no?, rimuginò tra sé. Inoltre, nessuna donna dotata di buonsenso avrebbe rifiutato una simile compagnia maschile in un contesto del genere: la luna, la musica... «Grazie, gradirei un caffè macchiato» accettò volentieri. «Dunque, signorina Green...» Domenico si sedette 13
al suo tavolino e si occupò delle ordinazioni. «Qual è la sua prima impressione di Venezia?» Lei lasciò vagare lo sguardo per la piazza. «Ho visto spesso Venezia nei documentari televisivi, ma... dal vivo è tanto bella da togliere il respiro.» «Sono felice che le piaccia.» «Se non mi piacesse, sarei davvero incontentabile!» Sorseggiò il proprio caffè. «Un amico mi ha consigliato di fare la prima sosta qui, al Café Florian.» «Ottima scelta» concordò lui. «Ma, per favore, mi chiami Domenico.» «D'accordo. Io sono Laura.» «Desideri altro caffè?» le chiese lui all'improvviso. «Era delizioso, ma no... grazie.» «Allora un bicchiere di vino bianco» le propose Domenico, convincente. Di nuovo Laura non ebbe modo di rifiutare. Probabilmente lui eseguiva solo le istruzioni di Lorenzo Forlì, ricordò tra sé. Era al corrente, infatti, che Lorenzo aveva incaricato un proprio dipendente di occuparsi del suo soggiorno a Venezia. «Cin cin!» brindò Domenico. «Conosci bene il signor Forlì?» «L'ho incontrato un paio di volte da un'amica... Lui è sposato con la sorella. Ma tu... vivi a Venezia?» «Da quando sono nato. E la signorina Green, invece?» «La mia famiglia abita in campagna, in un paesino del Gloucestershire, ma io lavoro e abito a Londra.» «E che cosa fai, Laura?» Domenico ascoltò con lusinghiera attenzione la descrizione che lei fece del proprio lavoro: impiegata nel settore marketing in una banca di Londra. 14
«Tu dove lavori?» Ora toccava a lei fare domande. «Oh, io lavoro qui, in un albergo. Infatti» aggiunse, «il dovere mi chiama» disse con un certo rammarico. «Prima, però, permettimi di riaccompagnarti in albergo.» Laura scosse il capo: gli aveva già detto sì troppe volte, quella sera. «Grazie, ma vorrei fermarmi qui ancora un po' ad ascoltare l'orchestra» declinò l'offerta gentilmente. «Allora, buonanotte!» replicò Domenico, asciutto, senza insistere oltre. «Buonanotte.» Laura lo vide allontanarsi, divertita da quel suo fare sostenuto e in un certo qual modo arrogante. Lo seguì con lo sguardo fino a quando scomparve dalla sua visuale. Di nuovo sola, scoprì di non riuscire più a godersi la serata come prima. «Il conto, per favore» domandò al cameriere. «È già stato tutto pagato, signorina» la informò l'altro. Colta alla sprovvista, Laura gli elargì una lauta mancia, gli augurò la buonanotte e ritornò lentamente al proprio albergo. La mattina successiva si svegliò di buon'ora. Era a Venezia!, esultò dalla gioia. Sgattaiolò fuori dal letto e si stiracchiò davanti alle finestre, osservando il panorama. Per prima cosa, la colazione; la cena della sera precedente era stata tutt'altro che abbondante e... gliel'aveva offerta Domenico, le venne in mente a un tratto. In agenda aveva un giro di ricognizione dei negozi prima di fare acquisti. 15
Armata di cappello e occhiali da sole, si avventurò per le gioiellerie di Piazza San Marco e le boutique di abiti griffati poco distanti. Non mancò il tour alle famose Mercerie, che la condusse fino al Ponte di Rialto. Gironzolò senza meta per i colorati mercatini alimentari, incantata dai richiami della miriade di bancarelle. Quando, però, i suoi piedi incominciarono a lamentarsi, Laura perse tutto il suo entusiasmo per lo shopping. Nel caldo del pomeriggio, il ritorno in albergo le sembrò terribilmente lungo. Si ritemprò con una doccia e si concesse un riposino che ben presto si trasformò in una lunga siesta, tanto che, quando si svegliò, era ormai sera. Contrariata con se stessa per aver sprecato tutto quel tempo dormendo, balzò dal letto quando vide una busta sbucare da sotto la porta. Domenico Chiesa la invitava a cena quella sera stessa, lesse Laura sul biglietto, spalancando gli occhi per lo stupore. Sarebbe passato a prenderla alle otto ed era così sicuro che lei avrebbe accettato da non inserire né un indirizzo né un numero telefonico per una sua eventuale risposta. Fischiò in modo poco femminile. Aveva un budget di spesa talmente limitato che l'invito di Domenico non era da rifiutare... Tuttavia, per quanto graziosa fosse la sua stanza, lei non aveva alcuna intenzione di rimanere chiusa lì dentro fino al suo arrivo. Dedicò più tempo del solito al trucco e, memore del consiglio dell'amica Fen, di non perdere l'occasione di affascinare un uomo, scelse con cura l'abito per la sera, un tubino aderente, di seta, color ciliegia. 16
Acconciò i capelli in un nodo tanto elaborato quanto precario e infilò gli orecchini di filigrana dorata. Era pronta. Lasciò alla reception un messaggio per Domenico e uscì dall'albergo. Passeggiò indolente nella sera, cercando di immaginare la sua reazione quando avrebbe scoperto che l'uccellino era volato via. Non molto lontano, a dire il vero, di nuovo al Café Florian per assaporare il mondo passarle accanto fino a quando lui l'avrebbe raggiunta. Se avesse ancora voluto cenare con lei. Con tutta probabilità, si sarebbe offeso non trovandola ad aspettarlo... Ma perché l'aveva invitata a cena? Laura non lo sapeva. All'aeroporto, la signorina Laura Green non vedeva l'ora di salire sul vaporetto, tanto da ignorarlo completamente. L'indifferenza che gli aveva riservato era stata un'esperienza talmente nuova per Domenico che, anziché divertirlo come in altre situazioni, lo aveva irritato moltissimo. Più tardi, quella sera, di punto in bianco aveva piantato in asso un amico per cercarla, per assicurarsi che fosse tutto a posto e... sorrise sornione... per fare una certa impressione su di lei. Quando poi l'aveva scorta, seduta al Café Florian, gli era occorso tutto l'autocontrollo di cui era capace per nascondere la propria meraviglia. Senza il cappello e gli occhiali scuri, aveva scoperto che le sue labbra si piegavano in modo incantevole quando sorrideva, mentre un color ambra scuro sfumava i suoi occhi e si rifletteva sui suoi soffici capelli. 17
Il suo viso aveva una certa personalità per essere definito solo bello, possedeva quel qualcosa che lui trovava irresistibile in una donna. Automaticamente aveva deciso di conquistarla. Poi, Laura gli aveva riservato una seconda sgradevole sorpresa quando non aveva voluto essere accompagnata al suo albergo. La fredda signorina Green era diventata una sfida. Gli occhi di Domenico si accesero per una sorta di eccitazione. Come prima mossa nell'opera di seduzione, l'avrebbe portata a cena all'Harry's Bar, la mecca dei turisti stranieri. E, dopo una prima fase di riscaldamento, le avrebbe inflitto il colpo finale con un romantico giro in gondola alla luce della luna. Entrò alla Locanda Verona con la baldanza di un Cesare pronto a conquistare i Galli. La sua sicurezza scemò nello stesso istante in cui gli comunicarono che la signorina era uscita. «Come?» tuonò, leggendo il messaggio di Laura. Lo sguardo teso, fu tentato di lasciare la signorina Green da sola, seduta al Café Florian tutta la sera. Ma gli bastò vederla perché la sua rabbia evaporasse in un soffio. Sedeva composta assistendo alla parata serale, il colore vibrante del suo vestito, la perfetta acconciatura dei suoi capelli... Li aveva annodati in una pettinatura sexy e instabile, tanto che la carezza di un amante li avrebbe fatti franare sulle spalle. Ciocche ribelli fuoriuscivano sulla nuca, invitando il bacio di un uomo. Scoprì di ingelosirsi degli sguardi ammirati che alcuni le rivolsero. 18
Senza farsi notare, Laura individuò Domenico nello stesso istante in cui comparve sulla piazza. Monitorò il suo incedere dagli angoli degli occhi; attese tuttavia che si avvicinasse al proprio tavolo prima di sollevare il viso verso di lui e accoglierlo con un sorriso appena accennato, formale. «Buonasera.» Domenico le restituì il sorriso. «Non mi hai aspettato» la rimproverò senza nascondere il proprio disappunto. «Ti ho lasciato un messaggio in albergo» si giustificò lei. «Il mio soggiorno a Venezia è troppo breve perché io sprechi il tempo nella mia stanza.» «L'alloggio non ti soddisfa?» «Al contrario, è molto carino. Ma quando ho ricevuto il tuo invito avevo già trascorso tutto il pomeriggio in camera. A letto. Dopo una mattinata in giro senza sosta per negozi, ho dormito più di quanto intendessi fare.» Domenico prese posto accanto a lei. «Dunque hai girato per i negozi. Hai comprato qualcosa?» «Non oggi. Prima voglio dare un'occhiata in giro e poi decidere che cosa acquistare. Il guaio è che ho visto troppe cose che desidero, e ora non ricordo dove ho visto cosa, capisci che cosa intendo dire?» «Credi che il mio inglese non sia adeguato?» si risentì lui. «Al contrario! Credo invece che il tuo inglese sia eccellente» si affrettò a rimediare Laura. «Vorrei io parlare l'italiano così bene!» «Potrei insegnartelo» propose Domenico, malizioso. Su questo non ho dubbi, commentò lei tra sé. E non solo l'italiano, suppongo. «Non mi fermerò così a lungo» tagliò corto. 19
«Dimmi, Laura.» Domenico ruppe il breve silenzio che era seguito tra loro. «C'è qualcuno a Londra che aspetta con ansia il tuo ritorno?» «Vuoi dire un uomo?» «Naturalmente.» Lo sguardo cadde sul suo anulare sinistro. «Non vedo nessun anello, ma tu devi avere senz'altro un fidanzato.» Laura lo guardò negli occhi. «Sei sempre così diretto con le persone che conosci da poco?» «No, ma tu mi interessi molto. Puoi anche non rispondermi, se vuoi.» Lei esitò, riluttante a parlare della propria vita privata con un perfetto estraneo. «Al momento non c'è nessuno» gli rivelò poi d'un fiato. «C'era qualcuno fino a poco tempo fa, un dottore, ma... non era vero amore.» «Ah!» Domenico accennò con il capo, soddisfatto. «Significa che non lo amavi con passione.» L'affermazione scandalosamente personale era però così corretta che Laura non poté fare a meno di annuire. «Il romanticismo non fa per me. Io sono una persona molto pratica.» «Un giorno incontrerai qualcuno che ti farà cambiare idea» le garantì lui. «Andiamo, è ora di cena» la esortò quindi a seguirlo. L'Harry's Bar rispettava gli standard veneziani: pareti perlinate a metà e grandi fotografie in bianco e nero di personaggi stranieri famosi. «Devi assaggiare il primo cocktail che hanno preparato qui» le disse Domenico quando un cameriere servì loro un drink. «Un Bellini? Mmh, favoloso.» Laura centellinò il mix di succo di pesche bianche e prosecco frizzante. 20
«Bene, adesso pensiamo alla cena.» Scegliere tra i diversi piatti non fu cosa facile. Dopo molto discutere, lei optò per un primo piatto sostanzioso, ma rifiutò decisa quando Domenico le propose per dessert una ricca torta al cioccolato, specialità della casa. «Quali sono i tuoi programmi per domani?» si informò lui al momento del caffè. «Vorrei fare acquisti prima di immergermi nella cultura veneziana. Cerco qualcosa di speciale per mia madre, mia sorella, per la mia migliore amica e... qualcosa di economico per i miei colleghi. I consigli per i turisti sono ben accetti e graditi.» Lui la scrutò, pensieroso. «Posso fare di meglio. Domani ti accompagnerò nei negozi dove troverai i tuoi souvenir di Venezia.» «Perché stai facendo tutto questo?» Laura lo interrogò a un tratto. «Non credo che te lo abbia chiesto Lorenzo Forlì.» «È vero» ammise Domenico. «Mi ha chiesto di prenotarti l'albergo, scortarti al vaporetto, accertarmi che tu fossi soddisfatta della tua sistemazione...» Calamitò i suoi occhi verso di lei. «Ho fatto tutto quello che lui mi ha chiesto, ma ora, Laura, farò quello che voglio io.» «In tal caso, devo farti la stessa domanda che tu hai rivolto prima a me.» Sostenne il suo sguardo. «C'è una donna nella tua vita?» «No.» Domenico si strinse nelle spalle. «C'era, ma non più.» «Stessa storia, allora» sospirò lei. «E questo ti rende triste?» «Sollevata, non triste. Conoscevo Edward da anni, 21
ma non così bene come credevo. Non avevo idea che fosse capace di gesti sdolcinati così imbarazzanti.» «Sono molto curioso.» Domenico si piegò verso di lei. «Che cosa ha fatto di tanto tremendo questo romanticone?» «Una sera mi ha invitata fuori a cena. Al posto del salmone che avevo ordinato, il cameriere mi ha servito un anello di diamanti» Laura rabbrividì al ricordo. «Davanti a tutti i commensali, Edward si è inginocchiato e mi ha chiesto di sposarlo.» «Davvero! E tu che cosa hai fatto?» «Non potevo umiliarlo in pubblico! Ho lasciato che mi infilasse l'anello al dito e che mi baciasse tra gli applausi dei presenti.» Sorrise, amara. «Quando gli ho restituito l'anello, in taxi, Edward ha reagito in malo modo alla mia proposta di rimanere amici. Da allora, non ci siamo più visti.» «Non mi sorprende. Quando un uomo è innamorato, non è l'amicizia che desidera da una donna.» Si alzò in piedi di scatto. «Vuoi scusarmi, Laura? Ti lascio sola per un istante.» Lo vide attraversare in fretta la sala da pranzo e confabulare con un cameriere a cui consegnò qualcosa, di nascosto, prima di unirsi di nuovo a lei. «È stata un'ottima cena» lo ringraziò. Si aspettava di ritornare in albergo per la stessa strada; lui, invece, aveva altro in mente. La guidò per viuzze silenziose e poco illuminate e, quando furono in zone che incominciavano a esserle familiari, sostò a mezzo di un ponte ad ammirare il riflesso della luna sull'acqua. «A che cosa pensi?» Domenico le prese la mano. «Penso che per me la tua città è troppo romantica.» 22
«Ah, ma Venezia non è sempre gentile con noi come questa sera» ribatté lui, attirandola più vicino a sé. «Devo... devo tornare in albergo...» «Prima diamoci la buonanotte.» La trattenne per le spalle e la baciò sulle guance. La fissò negli occhi, quindi piegò il capo per catturare le sue labbra in un bacio di inaspettata dolcezza. «Mi... mi avevano avvertito che avrei potuto avere qualche problema con gli uomini italiani» biascicò Laura senza fiato. «Un bacio è un problema?» Ripresero a camminare, mano nella mano. «No, suppongo di no» dichiarò lei, poco convinta. «Sarà un problema per me se adesso non vuoi che ti accompagni domani.» «Oh, no di certo! Trovami dei buoni affari e io dimenticherò il bacio.» «Io non lo farò» sospirò Domenico con una tale teatralità da lasciarla divertita. «Starò sveglio tutta la notte a ripensarci.» «E trascorrerai la tua notte insonne all'hotel in cui lavori?» «No, ho un piccolo appartamento proprio qui, in San Marco. Questa sera, dormirò... o non dormirò... a poca distanza da te, signorina Green.» Portò la sua mano alle labbra. «Ho gradito molto la serata. Passerò a prenderti domani alle nove, faremo colazione insieme. Dormi bene.»
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