MH134_PASSIONI TRAVOLGENTI

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IL LATO OSCURO DELL’AMORE.

Ogni ultimo VENERDÌ del mese, appuntamento fisso con 2 NUOVI ROMANZI!

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Paternity Claim The Mediterranean Prince's Passion The Italian's Love-Child Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2000 Sharon Kendrick © 2004 Sharon Kendrick © 2003 Sharon Kendrick Traduzioni di Giovanna Pozzi, Maria Teresa Delladio e Maura Arduini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony ottobre 2001 Prima edizione Collezione Harmony novembre 2005 Prima edizione Collezione Harmony novembre 2006 Seconda edizione Il Meglio di Harmony novembre 2010 Questo volume è stato impresso nell'ottobre 2010 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) IL MEGLIO DI HARMONY ISSN 1126 - 263X Periodico mensile n. 134 del 16/11/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 777 del 6/12/1997 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano




1 «Dai, apri!» esclamò Isabella con un moto di frustrazione e paura, poi premette di nuovo il campanello, tanto forte e tanto a lungo da svegliare perfino un morto. O, almeno, farsi notare dall'occupante di quell'elegante appartamento londinese. L'eco dello squillo che rimbombava per le scale restò però senza risposta e la mano della giovane donna ricadde avvilita lungo il fianco. Non c'era nessuno in casa. A Isabella non restava che accettare l'amara realtà: doveva andarsene e, se mai avesse trovato di nuovo il coraggio necessario per compiere quel passo, tornare un'altra volta. Invece, quando ormai aveva perso ogni speranza, la porta fu spalancata con forza da un uomo tanto arrabbiato quanto bagnato, che la guardò irritato mentre gocciolava tutt'attorno. Era evidentemente uscito di corsa dalla doccia, come dimostravano i suoi capelli ancora lucidi d'acqua. I suoi occhi neri erano così furiosi da riuscire a spaventare Isabella ancora di più. Nel suo stato, poi, ogni emozione era un vero sconvolgimento. Notò che l'uomo aveva addosso solo un asciugamano blu 9


che si era legato attorno ai fianchi stretti e che terminava sulle cosce muscolose e snelle. Sul viso aveva ancora tracce della schiuma da barba e teneva in mano un rasoio a lama che luccicava minaccioso. Isabella deglutì. Aveva già visto lo splendido corpo di quell'uomo, ma mai tanto scoperto. «Sta forse bruciando la casa?» l'aggredì lui, arrabbiato per quell'intrusione e infastidito dal silenzio di lei. «Ciao, Paulo» lo salutò Isabella, calma, e lui si immobilizzò al suono della sua voce. Guardò intensamente la donna che si trovava inaspettatamente sulla sua soglia, i cui occhi comunicavano una fiduciosa confidenza. Si accorse della bellezza dell'intrusa, ma il piacere di contemplarla fu offuscato dalla considerazione che l'aspetto di lei era fin troppo esotico. La giovane indossava un impermeabile nuovo che nascondeva la sua figura con l'unica eccezione delle caviglie sottili. Il viso era bagnato dalla pioggia del temporale estivo che doveva averla sorpresa, e anche i capelli neri erano bagnati. I grossi occhi marrone dorato erano contornati dalle ciglia più scure e folte che lui avesse mai visto. La bocca era carnosa e non aveva rossetto. E tremava, come se avesse paura o fosse molto nervosa. La donna gli era familiare, sentiva di conoscerla, ma non riusciva a realizzare perché avesse l'impressione che si trovasse nel posto sbagliato. «Salve» la salutò infine senza smettere di osservarla nel tentativo di ricordare chi fosse. «Paulo, ti avevo scritto una lettera per avvertirti che sarei venuta. Non l'hai ricevuta?» chiese allora 10


lei e, non appena ebbe pronunciato una frase intera, la memoria di lui si mise in moto. La giovane donna era di aspetto latino, nonostante parlasse un inglese perfetto; l'ultima volta che l'aveva vista era stata una giornata illuminata dal caldo sole del Sudamerica. Allora era vestita di un leggero abitino di seta che aderiva al suo corpo ancora acerbo sottolineando la forma dei seni appena pronunciati. Paulo ricordava di averla desiderata, ma cercò di dimenticare quel dettaglio. Era naturale che non l'avesse riconosciuta subito! Quel giorno, fradicia della pioggia dell'estate inglese e nascosta da un impermeabile, aveva tutto un altro aspetto. In più, sembrava infreddolita e spaventata. «Isabella! Non ci posso credere!» esclamò, ormai certo, e si chinò per darle un bacio per guancia; il saluto formale e usuale tra i sudamericani, anche se in quell'occasione, con lui seminudo, sembrò un po' fuori luogo. Dal canto suo, lei gli offrì il viso, ma evitò ogni altro contatto e lui le fu grato che non lo abbracciasse. «Entra» la invitò subito dopo. «Sei da sola?» chiese poi. «Da... da sola?» balbettò lei, confusa. «Sì. Sei venuta da sola o c'è anche tuo padre?» «No, no, lui non c'è.» «Perché non mi hai avvertito del tuo arrivo? È stata una vera...» «Sorpresa?» lo interruppe lei. «Lo immagino» ammise poi e considerò che era pronta ad acconsentire a tutto, purché lui l'aiutasse. Se solo lo avesse voluto! Paulo Dantas era un uomo in grado di supe11


rare qualunque ostacolo la vita avesse posto sul suo cammino. «Hai ricevuto la mia lettera?» gli domandò e Paulo annuì a sua volta. La ricordava, era una lettera vaga che lo informava che un giorno lei sarebbe andata in Inghilterra. Lui, però, aveva creduto fosse un progetto ancora in fase di ideazione, non si aspettava certo di trovarla sulla soglia di casa. Non prima che lei avesse finito l'università, almeno. «La tua lettera mi è arrivata un paio di mesi fa» le disse. Isabella ricordava il giorno esatto in cui l'aveva scritta, era stato il giorno in cui aveva avuto la prova della fondatezza dei suoi sospetti, il giorno in cui si era resa conto del guaio in cui si era cacciata. «Non avrei dovuto venire qui all'improvviso, senza annunciarmi prima con più precisione, lo so» ammise. «Ti ho telefonato da una cabina e ho trovato occupato, così ho dedotto che eri in casa e...» Si azzittì, abbattuta. E dire che aveva provato tante volte il discorso che gli avrebbe fatto! Ora che lui era davvero lì ad ascoltarla, non ricordava più le parole. Inoltre la sua nudità la turbava profondamente, rendendole più difficile parlare. Senza contare che quanto aveva da dirgli non riguardava un argomento leggero, da trattare così, sui due piedi. «Ecco, ho creduto di farti una sorpresa gradita» azzardò infine, per togliersi d'impaccio e rimandare a un momento più adatto il vero motivo della sua visita. «Mi hai sorpreso eccome!» tentò di replicare amichevolmente lui, ma a lei non sfuggì che era, ap12


punto, una cortesia un po' troppo forzata. «Se sono arrivata in un momento sbagliato...» «Ecco, non lo nego, ero occupato. Se mi concedi un decina di minuti per finire di radermi e vestirmi, poi sarò tutto per te» le propose lui. «Se preferisci, posso tornare dopo, io...» «Non ti mando certo via dopo che hai fatto un viaggio tanto lungo per venirmi a trovare. No, resta. Muoio dalla curiosità di scoprire cosa mai ha spinto Isabella Fernandes a venire in Inghilterra in modo tanto drammatico.» Le sorrise. Lei impallidì e si sforzò di pensare logicamente. Doveva compiere un passo dopo l'altro. La mossa successiva, prima di stabilire se poteva accettare la sua ospitalità, era di scoprire se erano soli. Quanto aveva da riferirgli, infatti, era assolutamente privato. «C'è anche Eduardo?» chiese allora. Non appena lei pronunciò quel nome, il viso di Paulo si addolcì e si illuminò, il sorriso divenne ancora più spontaneo e radioso. «Sfortunatamente no. I ragazzini di dieci anni preferiscono giocare con i loro amici invece di tenere compagnia al padre. Tornerà più tardi. Una mia...» esitò. «Una mia amica lo accompagna a casa» concluse infine. Isabella si sentì molto sollevata all'idea di avere tempo a disposizione per discutere a quattr'occhi con lui. Si sentì anche piuttosto incuriosita: chi era l'amica di Paulo che riportava a casa il bambino? Paulo, intanto, la osservava e notava tra sé che sembrava molto nervosa e preoccupata. Vederla così era strano e nuovo. Lei era forte e coraggiosa, te13


neva testa alla maggior parte degli uomini, ed era la cavallerizza più agile e aggraziata che lui avesse mai visto. La conosceva da quando era nata, l'aveva vista crescere e diventare donna, malgrado la incontrasse solo una volta all'anno. «Togliti l'impermeabile, è fradicio e tu stai tremando» disse e lei gli ubbidì, ben sapendo che il freddo era solo una della ragioni del tremito che la scuoteva. Sorrise accorgendosi che Paulo doveva essersi abituato alla propria seminudità, e si muoveva a proprio agio come se indossasse un completo. Lei, invece, non riusciva proprio ad abituarsi a quella vista. Con mani tremanti, cominciò ad affannarsi per sbottonare l'impermeabile; Paulo, che la osservava, non l'aiutò, come si fa con i bambini un po' impacciati per stimolarli a cavarsela da soli. Un attimo dopo fu grato di non essere intervenuto perché Isabella era davvero troppo cresciuta per avere bisogno di aiuto a spogliarsi. Ora che l'impermeabile non nascondeva più le sue forme generose era innegabile che fosse cresciuta. In quell'istante, Paulo si ricordò di essere quasi nudo e si sentì un po' imbarazzato. «Non capisco perché tu non abbia comprato un ombrello» disse allora. «Non ti ha avvertita nessuno che in Inghilterra piove e poi piove e infine piove ancora un po'?» Rise. «Lo immaginavo e avevo deciso di comprarne uno all'aeroporto al mio arrivo. Me ne sono dimenticata» ammise lei, consapevole che ripararsi dalla pioggia era stato proprio l'ultimo dei suoi pensieri. 14


Aveva trascorso le ultime settimane in costante lotta con suo padre, a ripetergli fino allo sfinimento che la decisione spettava solo a lei, che si trattava della sua vita, che tante persone lasciavano l'università, non era certo una tragedia. Ricordando l'espressione di suo padre, Isabella rabbrividì. E dire che lui sapeva solo la parte più gradevole dell'intera vicenda! «Vuoi una salvietta per i capelli? E magari uno dei miei maglioni pesanti?» offrì Paulo, premuroso. «No, grazie, sto bene» mentì Isabella, che si sentiva gelata e intirizzita, ma acconsentì a seguirlo lungo il corridoio. Osservò quell'ambiente che rispecchiava l'origine latina del suo proprietario. I muri erano dipinti di un caldo arancione e vi erano appesi disegni e quadri di un pittore brasiliano emergente. Nella sala, due divani enormi erano ricoperti di allegri cuscini colorati e divisi da un tavolino basso sul quale giacevano alla rinfusa giornali e riviste. Sparse tutt'attorno per la stanza, numerose cornici presentavano orgogliose le fotografie di un bambino nei diversi stadi della crescita, il figlio di Paulo. Una poi, ritraeva una bella donna bionda, dall'aspetto un po' freddo, che teneva in braccio il neonato. Isabella sapeva che si trattava della moglie di Paulo, Elizabeth. «Mettiti comoda, io intanto vado a vestirmi. Poi potrei preparare del caffè, che ne dici?» propose lui, indicando la cucina. «Volentieri» accettò Isabella e lui si avviò di sopra a grandi passi. Andò per prima cosa nella stanza da bagno dove finì di radersi, riflettendo che c'era qualcosa di di15


verso nella sua ospite; aveva messo su qualche chilo dall'ultima volta in cui si erano visti, ma non si trattava di quello. Era certo che fosse avvenuto qualche cambiamento importante, qualcosa che non riusciva a definire, che andava al di là dell'improvviso sviluppo che aveva notato lui stesso alcuni mesi prima. Guardandosi nello specchio mentre faceva scorrere la lama del rasoio sul viso, considerò che conosceva Isabella da sempre. I loro padri erano stati amici, tanto legati da rimanere in contatto anche dopo che il padre di Paulo si era trasferito in Inghilterra, la terra della sua nuova moglie. Lui era nato in Brasile ed era stato portato a Londra quando aveva sei anni; suo padre, però, aveva istituito la tradizione di tornare in Brasile una volta all'anno. Una tradizione che Paulo aveva continuato a osservare anche dopo la morte dei suoi genitori e la nascita di suo figlio. E così ogni anno, poco prima dell'esplosione del carnevale, lui ed Eduardo andavano al ranch dei Fernandes, dove soggiornavano per un paio di settimane. Pertanto, poteva ben affermare di avere visto crescere Isabella. Un processo che aveva osservato di volta in volta con grande interesse e tenerezza. L'aveva vista trasformarsi da bambina in adolescente cocciuta e melanconica, per poi sbocciare in una vera bellezza a diciassette anni. Era troppo giovane per lui, perfino a diciannove anni era una bambina rispetto a lui che ne aveva dieci in più, era già vedovo e aveva un figlio. Ma a vent'anni Isabella era tanto fresca e attraente da rappresentare un vero pericolo per lui, e a dire 16


il vero i suoi sensi erano rimasti molto turbati da lei nel corso dell'ultima visita. Ricordava di averla aiutata a scendere da cavallo e per un breve istante l'aveva tenuta tra le braccia. Si era sentito eccitato da quel contatto e lo sguardo di lei, che era subito arrossita, lo aveva avvertito che anche lui non le era indifferente. Da quel momento, Paulo si era scoperto a desiderarla furiosamente e a lottare contro quel desiderio che la sua coscienza non gli permetteva di soddisfare. Lo stesso desiderio che provava anche quel giorno, da quando l'aveva rivista. Era consapevole che il suo rapporto con Isabella era mutato dall'istante in cui lui l'aveva desiderata la prima volta. Ecco cosa c'era di diverso, considerò vestendosi. Isabella, intanto, passeggiava nervosamente per il salotto, preparandosi mentalmente alla difficile confessione che avrebbe dovuto affrontare. Si sforzava di essere calma e forte e di trovare le parole adatte. Paulo, io sono... No, scartò l'esordio troppo diretto. «Ho bisogno del tuo aiuto, io...» tentò di nuovo, interrompendosi quando lo sentì arrivare. Lo guardò, grata che si fosse vestito. Indossava dei jeans e una maglietta e sul mento aveva un segno rosso che attirò la sua attenzione. «Che cosa c'è?» chiese allora lui, notando che lei lo fissava. «Ti sei tagliato» lo informò Isabella. «Dove?» «Qui sotto» gli indicò lei, sfiorandogli la pelle appena rasata, morbida e profumata di dopobarba. Paulo si guardò allo specchio provando un senso di 17


fastidio. Non ricordava l'ultima volta che gli era successo di tagliarsi radendosi: gli era forse tremata la mano? «Non è grave. Caffè?» cambiò subito argomento. «Volentieri. Da quando sono partita, non ne ho più bevuto uno decente» tentò di scherzare lei, ma il peso che sentiva dentro di sé le impedì di sorridere. «Lo immagino» annuì lui e posò il vassoio sul tavolino, per poi prendere posto su uno dei divani. A Isabella non sfuggì che si muoveva con un'agilità felina, con la grazia e la sinuosità di un gatto. A casa era proprio così che lo chiamavano, gato, che in portoghese, oltre all'animale, sta anche a indicare un uomo bello e sensuale. Bellezza e sensualità erano qualità che Paulo innegabilmente possedeva in abbondanza. Era alto e scuro, aveva ereditato gli aspetti più belli del papà brasiliano e della madre inglese. Aveva un viso molto particolare, con zigomi tanto pronunciati da essere quasi arroganti, tanto perfetti da sembrare scolpiti; le labbra carnose tradivano la sua natura passionale. Ringraziando, Isabella accettò la tazza di caffè che lui le porgeva. Paulo si accorse che lei gli aveva dedicato un sorriso forzato e che si era come irrigidita. Si domandò cosa mai avesse. «Come sta tuo padre?» le chiese allora, tanto per rompere il ghiaccio. «Lui sta bene, grazie. Mi ha pregato di salutarti» rispose lei, costretta a posare la tazza senza averne bevuto nemmeno un sorso. Le mani le tremavano troppo per riuscire a portarla alle labbra. 18


«Ricambia con i miei più calorosi saluti, quando lo senti» reagì Paulo, senza perdere d'occhio i movimenti bruschi di lei, né le forme femminili che la maglietta tesa lasciava indovinare. Isabella si chiese se la sua immaginazione le avesse giocato un tiro mancino o se lui davvero sembrava attratto dal suo seno. Si chiese se, per caso, non avesse già scoperto il suo segreto. Si rispose subito che non era possibile, non aveva certo potuto intuire la verità. Il ventre era ancora piatto: il suo corpo non segnalava ancora la gravidanza, forse solo il seno che era diventato appena più pieno. L'unico altro cambiamento in lei erano gli attacchi di nausea che potevano sorprenderla in qualunque momento. «Immagino ti chiederai cosa ci faccio qui» iniziò, tentando di sorridergli. Finalmente, pensò lui. «Ecco, ammetto di essere abbastanza incuriosito» minimizzò però, ricordandole pratico che, di solito, non si affronta un viaggio simile solo per fare un saluto. «Vitória de Conquista è lontana» sospirò infine. Isabella non poté che trovarsi d'accordo; guardò fuori della finestra che offriva la vista di un cielo grigio, gonfio di nuvole. A casa, la temperatura era molto più piacevole e nell'aria si sentiva il profumo salato del mare. «E poi, scusa, non dovresti essere impegnata con lo studio? È quasi periodo di esami» aggiunse Paulo, pensoso. «Per quanto riguarda i miei studi, ecco, li ho lasciati» cominciò allora Isabella. «Come mai?» si stupì lui. «Perché? È essenziale 19


per il tuo futuro prepararti a ciò che vuoi fare. Non capisco cosa possa esserci di più importante al momento» insistette. Isabella stava quasi per ribattere che desiderava da sempre viaggiare, vedere il mondo da un'altra prospettiva rispetto a quella in cui era cresciuta, ma preferì tacere il suo sogno. Tanto, ormai, era diventato irrealizzabile. «Io... sono dovuta andare via» disse, piuttosto vaga. Paulo la guardò preoccupato. Il nervosismo di lei era evidente, perciò le si avvicinò, ansioso. «Cosa c'è, Bella? Che cosa è successo?» le domandò, premuroso. Lei sentì che era arrivato il momento di confidarsi, di dirgli tutto. Eppure, le mancò la forza. «Niente. Solo che me ne sono andata» affermò in modo poco credibile. «Ci sarà pure una ragione. E credo che una spiegazione tu me la debba» le fece notare Paulo, severo, come con lei non era mai stato. «Allora, Isabella? Sto aspettando» la spronò. Diglielo, le consigliò una vocina, ma lei non le diede retta. «Mi annoiavo» mentì invece. «Ti annoiavi?» ripeté lui, incredulo e irritato. «Ecco, diciamo che non sopportavo più lo stress» corresse lei. «Stress? Che stress può mai avere una bella ragazza di vent'anni? Si tratta di un uomo?» chiese Paulo, spazientito. «No. Non c'è nessun uomo» affermò Isabella, ed era la verità. «Insomma! Non è da te comportarti in modo tanto leggero e avventato. Non posso credere che una 20


giovane donna con il tuo carattere possa gettare tutto alle ortiche solo perché si annoia. Non ci credo» le disse, perentorio. «E poi pensaci, querida, non c'è niente che ti annoierà di più di qualche stupido lavoro ripetitivo a cui sarai condannata se lasci gli studi e affronti il mondo senza una preparazione adeguata» aggiunse. A un tratto, Isabella sentì che non avrebbe potuto dirgli la verità. Non in quel momento, probabilmente nemmeno quando lui si fosse calmato. Forse mai. Perché non avrebbe potuto sopportare che lui la disprezzasse, non lui che lei adorava da quando era al mondo. «Avrei dovuto immaginare che non avresti approvato» si lamentò. «E come farai a mantenerti? Ti farai foraggiare da tuo padre?» «No, certo che no. Farò quello che posso, qualcosa troverò. Sono giovane e forte, parlo inglese e portoghese, ci so fare con i bambini, so cucinare» elencò lei, fiera. «Un curriculum invidiabile» commentò lui. Isabella non si accorse del senso ironico di quelle parole. «Allora posso contare su una tua raccomandazione per ottenere un impiego?» gli domandò infatti ingenuamente, e speranzosa. «No. Quello che farò, invece, sarà di provare a farti cambiare idea.» Lui la guardò con tenerezza. «Vai a casa, Bella. Completa i tuoi studi e torna quando avrai finito, se vuoi. Allora, te lo prometto, ti aiuterò a trovare lavoro» le assicurò. Isabella abbassò lo sguardo al suolo e sembrò studiare le proprie mani per alcuni secondi. 21


«Probabilmente hai ragione» disse infine in un sussurro, sempre senza osare guardarlo negli occhi. «Riprenderai a studiare?» domandò lui, diretto. «Ci penserò... Io... devo proprio andare adesso» mentì lei dopo avere guardato l'orologio, fingendo di stupirsi che fosse già tanto tardi. «Non andrai da nessuna parte, sei appena arrivata. Resta, Eddie sarà a casa tra poco.» «No, preferisco di no, magari un altro giorno.» «Dove soggiorni?» «Qui in fondo alla strada, al Merton.» Lei si alzò. «Al Merton» ripeté lui, pensoso, poi l'accompagnò alla porta verso la quale Isabella si stava già dirigendo. Mentre erano in corridoio, udirono inequivocabile il suono di una chiave che girava nella serratura e Paulo si sentì colpevole quando la porta si spalancò e davanti a loro apparve Judy. Così bionda e così elegante, con un'espressione un po' irritata. Accanto a lei Eduardo, che si accorse subito di Isabella. Il ragazzino le corse incontro per abbracciarla e cominciò a parlarle in portoghese, raccontandole in pochi secondi tutto ciò che era successo in mesi. «Cosa fai qui? Perché papà non mi ha detto che arrivavi?» chiese poi. «Perché nemmeno il papà lo sapeva» rispose Paulo e spiegò al figlio che lei era arrivata di sorpresa. «Ti fermi da noi? Bella, ti prego, fermati da noi» chiese Eddie, guardandola implorante. «Non posso» lo deluse Isabella, anche se era molto legata a lui; lo conosceva da quando era nato, gli aveva insegnato ad andare a cavallo, lo aiutava a 22


non dimenticare il portoghese. E, soprattutto, gli voleva molto bene. «Non mi fermerò a Londra, voglio viaggiare e vedere più che posso del paese» gli spiegò. «È una conversazione strettamente privata o possono partecipare anch'io?» chiese secca la donna vestita in modo impeccabile. «Scusa. Judy, questa è Isabella Fernandes, è venuta dal Brasile per visitare l'Inghilterra. Isabella, questa è Judy Jacob, è...» «Sono la sua fidanzata» concluse Judy per lui. «Piacere di conoscerti.» Isabella le offrì la mano, sforzandosi di sorridere. Paulo guardò Judy, pregandola silenziosamente di cooperare. «Isabella è una vecchia amica di famiglia...» cominciò a spiegare. «Tanto vecchia non direi» commentò Judy, brusca. «I nostri genitori erano amici e io la conosco da quando è nata.» «Che bello» disse allora la fidanzata in modo poco convincente. «Mi dispiace di interrompere la commovente rimpatriata, tesoro, ma è ora di prepararsi, lo spettacolo comincia alle...» «Io stavo giusto andando via» dichiarò allora in fretta Isabella, senza lasciar finire la donna che aveva appena chiamato Paulo tesoro, nomignolo che per lei era stato come una pugnalata. «Piacere di averti conosciuta, Judy. Arrivederci, Paulo. Ciao, Eddie.» Si piegò a baciare il piccolo. «Sì, ma quando ci rivediamo?» chiese il ragazzino con aria triste e delusa. «Mi terrò in contatto» assicurò lei, che aveva e23


sattamente l'intenzione opposta, e sentì che Paulo si era accorto che mentiva. Eppure... no, non sarebbe tornata. Era evidente che nella sua vita non c'era spazio per lei, che fosse incinta o no non importava. Quando era arrivata, nutriva una debolissima speranza di poter essere per Paulo più di un'amica. Quella speranza era svanita non appena aveva visto Judy: la nuova fidanzata che era quasi l'esatta copia della moglie morta. La fidanzata che lo chiamava tesoro e che aveva una chiave del suo appartamento. Del resto, cosa mai si era aspettata? Lei arrivava di sorpresa, gli confidava di essere scappata di casa, incinta e sola al mondo, e lui l'accoglieva tra le sue braccia e risolveva tutti i suoi problemi? La realtà era ben altra e a lei non restava che andarsene, senza nemmeno il tradizionale bacio sulle guance, per non irritare Judy ancora di più. Chiuse in fretta la porta dietro di sé e si chiese dove sarebbe andata.

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