Maya Banks
Unica regola: sedurre
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Enticed by His Forgotten Lover Wanted by Her Lost Love Tempted by Her Innocent Kiss Harlequin Desire © 2011 Maya Banks © 2011 Maya Banks © 2012 Maya Banks Traduzioni di Lucilla Negro Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Harmony Destiny settembre 2012, ottobre 2012, novembre 2012 Seconda edizione myLit giugno 2014 Questo volume è stato stampato nel maggio 2014 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 9 dello 07/06/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Ricordi di letto
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Rafael de Luca si era trovato in situazioni peggiori in passato e, senza dubbio, avrebbe affrontato anche di peggio in futuro. Poteva farcela. Non si sarebbe fatto mettere in crisi da nessuna di quelle persone. Non avrebbero mai saputo che aveva perso la memoria e che non aveva la minima idea di chi fossero o del perché si conoscessero. Stringendo i denti, perlustrò la sala affollata, sorseggiando un vino annacquato per camuffare il suo disagio. Non sapeva neanche lui come avesse fatto a resistere così a lungo. La testa gli pulsava violentemente e a ogni sorso che mandava giù gli risultava sempre più difficile trattenersi dal rimettere. «Stai andando alla grande, Rafe» mormorò Devon Carter, comparendo al suo fianco. «Sei qui ormai da un bel po'. Volendo, potresti anche andar via. Nessuno sospetta nulla.» Rafael si voltò verso i suoi tre amici, Devon, Ryan Beardsley e Cameron Hollingsworth, che lo sorvegliavano e proteggevano come angeli custodi. Erano andati a trovarlo in ospedale, dopo l'incidente che gli aveva lasciato un buco nero nella memoria, e per fortuna non lo avevano trattato con commiserazione. Non lo avrebbe sopportato. Al contrario, avevano cercato di sdrammatizzare la situazione prendendolo in giro, con quel loro solito finto cinismo 7
dietro il quale si nascondeva un affetto di lunga data. «Mi hanno detto che non sono mai tra i primi ad abbandonare una festa» ribatté Rafe, accostando di nuovo il bicchiere alle labbra. Non appena l'aroma del vino gli sfiorò le narici, lo abbassò subito, cambiando idea. Che cosa non avrebbe dato per un analgesico. Normalmente, rifiutava qualsiasi farmaco. Detestava lo stato di torpore in cui lo lasciavano i calmanti, ma in quel momento sarebbe stato contento di perdere i sensi per qualche ora e svegliarsi, magari, senza quel terribile dolore alle tempie. Le labbra di Cam si torsero in una smorfia. «Chi se ne frega di quello che fai abitualmente. È la tua festa. Di' a tutti che...» Ryan sollevò la mano, bloccandolo. «Sono degli importanti uomini d'affari, Cam. Li vogliamo o no i loro soldi?» L'amico scrutò la sala con occhi stretti. «A che mi servono delle guardie del corpo? Ho già voi tre» biascicò Rafael, in tono scherzosamente seccato, ma in fondo era contento di avere delle persone di cui potersi fidare. A nessun altro, a parte loro, aveva raccontato della perdita della memoria. Devon si protese di scatto verso di lui e gli sussurrò all'orecchio: «L'uomo che si sta avvicinando è Quenton Ramsey terzo. Sua moglie si chiama Marcy. Ha già dato la conferma per l'accordo di Moon Island». Rafael annuì e, staccandosi dal trio, sorrise alla coppia che si avvicinava. Bisognava fare in modo che nessuno dei loro potenziali investitori si allarmasse. Rafael e i suoi soci tenevano molto a quella piccola isola di fronte al Texas, nella baia di Galveston. Il terreno era già suo. Ora si doveva solo costruire l'albergo e fare felici gli investitori. «Quenton, Marcy, che piacere rivedervi. Posso dirle che stasera è un vero splendore, Marcy? Quenton è un uomo fortunato.» Le guance dell'anziana donna arrossirono al complimento, mentre Rafael le prendeva la mano e l'accostava 8
alle labbra. Chinò il capo, ossequioso, e finse di interessarsi alla conversazione, ma avvertì uno strano formicolio alla nuca e frenò l'impulso di grattarsi. Tenne la testa bassa, come se pendesse dalle loro labbra, ma con gli occhi passò rapidamente in rivista la sala, alla ricerca dell'origine di quel fastidio. Sulle prime, il suo sguardo passò oltre, poi tornò indietro e si posò sulla donna che gli stava esattamente di fronte, sul lato opposto della sala, e lo fissava implacabile. Lui rispose a quello sguardo fermo con la medesima insistenza e, per qualche istante, si tennero incatenati con gli occhi. Era difficile capire il potere di quel magnetismo. Di solito preferiva le bionde, alte, dalle gambe lunghe e la carnagione chiara. Quella donna, invece, era minuta, la pelle olivastra, con una cascata di riccioli neri e gli occhi ugualmente scuri. Continuava a fissarlo con sguardo severo, come se lo avesse già ispezionato da cima a fondo e lo trovasse in qualche modo carente. Non gli sembrava di averla mai vista in vita sua. O, invece, sì? Imprecò contro il vuoto di memoria. Non ricordava nulla delle quattro settimane precedenti l'incidente, avvenuto alcuni mesi prima, e aveva enormi buchi anche nella memoria antecedente. Amnesia selettiva, gli avevano detto. Nessuno soffriva di amnesia, a parte le donne isteriche delle telenovela. Il medico aveva ipotizzato una causa di origine psicologica, che frenava l'accesso a determinati ricordi. L'idea non gli era piaciuta affatto. Non era un pazzo. Chi diavolo poteva mai desiderare di non rammentare più nulla? Si ricordava di Dev, Cam e Ryan. Di ogni istante dell'ultimo decennio. Degli anni di università, dei loro successi lavorativi. Si ricordava della maggior parte delle persone che lavoravano per lui. Non di tutte, però, il che gli comportava un certo carico di stress in ufficio. Soprat9
tutto ora che stava cercando di chiudere un contratto per la costruzione di un complesso alberghiero su un'isola che avrebbe fruttato a lui e ai suoi soci fior di quattrini. Gli rodeva non ricordare la metà almeno dei loro investitori e non poteva permettersi di perdere nessuno in quella fase delle operazioni. La donna, intanto, non gli staccava gli occhi di dosso; però restava lì dov'era, senza accennare ad avvicinarsi. Lo sguardo, nel frattempo, era diventato ancora più glaciale. «Scusate» disse ai Ramsey e, con un sorriso si svincolò dal gruppetto, muovendosi discretamente in direzione della donna misteriosa. Le guardie del corpo lo seguirono, ma lui le ignorò. Erano una seccatura a cui Rafael non era abituato, ma sapevano tenersi alla giusta distanza, per fortuna. Mentre si avvicinava, la donna continuava a guardarlo dritto negli occhi, senza nemmeno sforzarsi di accennare un sorriso, il mento sollevato con aria di sfida. C'era qualcosa in quell'espressione battagliera che lo intrigava... Le si fermò davanti e, per un istante, rimase immobile a esaminare i tratti delicati del suo viso, chiedendosi se quello fosse o no il loro primo incontro. «Ci conosciamo?» le domandò con la voce più carezzevole che gli riuscì di modulare, sapendo che funzionava con le donne. I casi erano due. Lei sarebbe scoppiata a ridere, negando che si fossero mai visti, o avrebbe clamorosamente mentito, rivelandogli che erano persino andati a letto insieme. Il che era impossibile, considerato che non era il suo tipo. Rafael posò lo sguardo sul suo generoso decolleté, enfatizzato dal vestito da cocktail stile impero che da sotto i seni le scendeva in morbide volute fino alle ginocchia. Non fece nulla di ciò che aveva ipotizzato. Quando spostò nuovamente lo sguardo sul suo viso, vide che aveva gli occhi lampeggianti di rabbia. 10
«Se ci conosciamo?» La sua voce era poco più che un bisbiglio, ma lui sentì ogni singola parola colpirlo con la violenza di una scudisciata. «Sei proprio un bastardo!» Prima che potesse elaborare lo shock di quella reazione, la misteriosa mora gli si scagliò contro, colpendolo in viso. Rafael barcollò all'indietro, tenendosi il naso. «Figlio di...» Prima che potesse chiederle se fosse impazzita, una delle guardie del corpo si mise tra di loro e, nella foga, diede accidentalmente uno spintone alla donna che perse l'equilibrio e si piegò su un ginocchio, portandosi automaticamente la mano fra le pieghe del vestito. Fu allora, mentre si cingeva il ventre, che lui capì. Il vestito morbido nascondeva una gravidanza. La guardia si precipitò verso di lei per sollevarla maldestramente. «No!» gridò Rafael. «È incinta. Sta' attento a non farle male.» L'uomo indietreggiò, puntando il suo sguardo sgomento su di lui. La donna non perse tempo. Si alzò in piedi di fretta e corse via, i tacchi tintinnando sul pavimento di marmo. Rafael la guardò attonito, senza dire una parola. Non era rabbia ciò che le aveva visto negli occhi quando lo aveva colpito, bensì delusione, dolore. In qualche modo, l'aveva fatta soffrire. Ma, maledizione, non ricordava né come né perché. Dimenticando il violento pulsare alle tempie, le corse dietro, per la hall dell'albergo e giù per le scale che portavano in strada. Sui gradini vide due scarpe argentate scintillare sotto la luna. Si piegò a raccoglierle e corrugò la fronte. Una donna incinta inerpicata su quei trampoli? E se avesse preso una storta? Se fosse caduta? Perché diavolo era corsa via così? Era evidente che cercasse un confronto con lui, ma alla prima occasione se l'era data a gambe levate. 11
«Che sta succedendo, Rafe?» gli chiese Cam, sopraggiungendo di corsa. In effetti, l'intero staff della sicurezza, compresi Cam, Ryan e Devon lo avevano seguito fuori, per strada, nell'aria fredda d'autunno. Gli si erano tutti radunati intorno e lo scrutavano preoccupati. Rafael sbuffò e consegnò quel paio di sandali eleganti a Ramon, il capo della sicurezza. «Trova la donna che portava queste scarpe.» «Che ci faccio, poi?» chiese Ramon. «Nulla. Me ne occuperò io.» A quella risposta si beccò una serie di sguardi accigliati. «Non mi piace, Rafe» pronunciò Ryan. «La faccenda mi puzza. È possibile che la notizia della tua perdita di memoria sia trapelata in qualche maniera nell'ambiente giornalistico. Ci sono un sacco di modi con cui una donna ti potrebbe incastrare, considerata la situazione.» «È vero» condivise Rafael. «Ma c'era qualcosa in lei...» «La conosci?» insorse Cam con quel suo piglio imperioso capace di intimidire tante persone. «Non lo so. Ma intendo scoprirlo.» Bryony Morgan uscì dalla doccia, si avvolse un asciugamano a turbante attorno alla testa e indossò un accappatoio. Neppure una doccia calda era riuscita a rilassarla, a placare il battito concitato del suo cuore. Non era ancora riuscita a smaltire la rabbia. Ci conosciamo? La domanda continuò a rimbombarle nella mente, finché non le venne voglia di lanciare qualcosa. Preferibilmente addosso a lui. Come aveva potuto essere così stupida? Eppure, non era la tipica sprovveduta che perdeva la testa per il belloccio di turno. Aveva resistito a tanti uomini dotati di fascino e intelligenza in vita sua. Ma dal primo momento in cui Rafael de Luca aveva messo piede sulla sua isola, era scattata la magia tra di loro. Lui rappresentava la perfezione assoluta, in quegli im12
peccabili abiti sartoriali che indossava anche in spiaggia. Abiti che lei era riuscita ben presto a strappargli di dosso... Quando era ripartito dall'isola, il suo pilota non l'aveva neppure riconosciuto, tanto era cambiato. Da uomo d'affari tutto d'un pezzo si era trasformato in un tipo disinvolto, rilassato, gioviale. E innamorato. Chiuse gli occhi contro l'ondata di dolore che la travolse. Era chiaro che i suoi sentimenti non erano autentici. Era arrivato. Aveva adocchiato la sua preda. L'aveva conquistata. E lei era stata troppo ingenua e troppo innamorata... e ci era cascata come una pera cotta. Ciò, però, non significava che gli avrebbe permesso di infierire ancora. Non sapeva come, ma gli avrebbe impedito di trasformare la terra che gli aveva venduto in un enorme mecca per i turisti, in un parco giochi per oziosi ricchi. Le ci era voluto un gran coraggio per presentarsi alla sua festa, quella sera; ma una volta che ne aveva scoperto lo scopo – una riunione dei potenziali investitori interessati al progetto che minacciava di snaturare la sua isola – si era decisa ad avere un confronto con lui. Proprio lì, in mezzo a tutta quella gente. Voleva vedere se avesse avuto il coraggio di mentire davanti a tutti. Mai e poi mai avrebbe immaginato che lui potesse negare di conoscerla. D'altra parte, quale modo migliore per screditarla pubblicamente che dipingerla come una povera scema? O come una pazza esaltata, nemica del progresso? Che cantonata aveva preso con quell'uomo. Emise un sospiro e scosse la testa. Che fine aveva fatto il servizio in camera, per la miseria? Era un po' che lo aveva chiamato. Inspirò ed espirò lentamente. Doveva darsi una calmata, altrimenti le sarebbero esplose le coronarie. Non faceva bene al bambino tutto quel nervosismo. 13
Si pettinò e asciugò i capelli. Aveva appena finito quando bussarono alla porta. «Si mangia, finalmente!» esclamò, sfilando dalla presa la spina dell'asciugacapelli. Si precipitò alla porta e la spalancò. Ma non vide nessun carrello, né alcun membro del personale dell'hotel. Davanti a lei c'era Rafael, con i suoi sandali argentati appesi al dito. Indietreggiò e provò a richiudere la porta, ma lui infilò prontamente un piede tra stipite e battente. Quindi, si spinse dentro con forza e le si piazzò davanti. Detestava quanto la facesse sentire piccola e vulnerabile. Oh, a dire il vero, non era sempre stato così. Un tempo le piaceva quando l'abbracciava, cingendole il corpo così piccolo rispetto al suo. Si sentiva protetta, coccolata. «Vattene o chiamo la sicurezza» sibilò a denti stretti. «Accomodati» replicò lui, senza scomporsi. «Ma dal momento che l'albergo è mio, non sarà facile farmi sbattere fuori.» Bryony restrinse gli occhi. «Chiamo la polizia, allora. Potrai anche essere il pezzo grosso qui, ma non puoi entrare con la forza in camera mia.» «Sono venuto a riportarti i sandali» soggiunse, inarcando un sopracciglio con aria impudente. «È forse un reato?» «Suvvia, Rafael, smettila con questi giochetti. Non è da te. Ma, forse, ti avevo sopravvalutato. Dopo quello che mi hai detto alla festa... "Ci conosciamo?" Che vigliaccata.» L'istinto fu quello di colpirlo, ma si trattenne, naturalmente. Lui dovette, però, intuire l'intenzione, perché indietreggiò di un passo. Lei avanzò. Non era disposta, neppure per un istante, a lasciargli credere di avere lui la situazione in mano. «La sai una cosa? Non ti facevo così meschino. Hai giocato, lo so. E io sono stata una stupida a cascarci. Ma da qui a nasconderti, a evitarmi... Tutto questo mi fa veramente male.» 14
Gli premette un dito contro il petto, ignorando il suo sguardo sconcertato. «Inoltre, non pensare di farla franca con la mia terra. Anche se mi dovesse costare fino all'ultimo centesimo, ti darò battaglia. C'è un accordo verbale tra di noi e, cascasse il mondo, lo rispetterai.» Rafael batté le palpebre, poi sembrò sul punto di dire qualcosa. Lei incrociò le braccia sul petto, così arrabbiata che voleva prenderlo a calci. «Che cosa credevi? Che mi sarei andata a nascondere da qualche parte, dopo aver scoperto che non mi amavi e che eri venuto a letto con me solo perché ti vendessi il terreno? Ah, ti sbagli» si infervorò. Rafael reagì come se lo avesse colpito di nuovo. Impallidì e lo sguardo si fece freddo, duro. Se non fosse stata così in collera, forse si sarebbe spaventata. Ma Mamaw le aveva sempre detto che, quando uno è arrabbiato, la prima cosa che perde è il buon senso. «Stai cercando di insinuare che siamo andati a letto insieme?» Il suo tono era così minaccioso che, di nuovo, avrebbe dovuto intimorirla. Ma Bryony era ormai ben oltre la fase della paura. «Non so neppure come ti chiami.» Quelle parole furono peggio di una pugnalata. Aveva capito da un pezzo perché Rafael si fosse avvicinato a lei, perché l'avesse sedotta e le avesse riempito la testa di fandonie. Ma la colpa era anche un po' sua. Si era lasciata abbindolare senza problemi. Ma il fatto che fosse lì, ancora una volta, a negare categoricamente di conoscerla le lacerava il cuore. «Vattene» pronunciò in tono faticosamente controllato. Accidenti alle lacrime. Se non se ne fosse andato immediatamente, non sapeva quanto ancora sarebbe riuscita a trattenerle. Lui piegò il capo da un lato e la scrutò, la fronte increspata. Poi, con suo stupore, allungò una mano e le asciugò una lacrima all'angolo dell'occhio. «Sei sconvolta.» Santo cielo, quell'uomo era fuori di testa. Doveva solo 15
sperare che il loro bambino non prendesse da lui. Le venne quasi da ridere. Non poteva neppure augurarsi che prendesse dalla mamma, date le circostanze. Tutti e due i genitori si stavano comportando come due perfetti idioti. «Fuori di qui.» Ma invece di andarsene, lui le chiuse il mento nella mano e glielo sollevò, in modo da guardarla dritta negli occhi. Poi, le accarezzò la guancia umida di pianto, in un gesto di una tenerezza infinita, quanto inattesa. «Non è possibile che siamo andati a letto insieme. Oltre al fatto che non sei il mio tipo, come avrei potuto dimenticare un fatto del genere?» Bryony schiuse la bocca, sgomenta, e non pensò più alle lacrime. Con uno strattone, si svincolò dalla sua presa e abbandonò l'idea di cacciarlo dalla stanza. Poteva pure restarci, se voleva. Se ne sarebbe andata lei. Si strinse nell'accappatoio e, girandogli attorno, si slanciò verso il corridoio, non prima però che lui le chiudesse la mano attorno al polso e l'attirasse violentemente al suo petto. «Vuoi negare che sia successo? Mi sono inventata tutto? Le settimane trascorse insieme, o che mi hai mollata senza dirmi una parola, senza farti più sentire?» La sua voce era tinta di sarcasmo, ma anche di un dolore profondo che avrebbe sperato non fosse così evidente. Era stata ingannata, usata. Non era il caso che si lasciasse umiliare ulteriormente, ora. Rafael si irrigidì e chiuse gli occhi. Poi mosse un passo all'indietro e lei pensò che, finalmente, stesse per fare quello che gli aveva chiesto e se ne andasse. «Io non mi ricordo di te» proferì con voce roca. «Non mi ricordo nulla di te, di noi, di... quello.» Le indicò la pancia. La voce sfumò sull'ultima parola e qualcosa in quel suo sbigottimento la bloccò. Incrociò le braccia sul petto e deglutì forte. «Non ti ricordi» scandì lentamente. 16
Rafael si passò una mano fra i capelli e sospirò. «Ho avuto... un incidente. Diversi mesi fa. Non mi ricordo di te. Se quel che dici è vero, ci siamo conosciuti nel periodo che ora, nella mia memoria, non è altro che un grosso buco nero.»
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