Ostaggio di piacere

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SARAH RODI Ostaggio di piacere

Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: One Night with Her Viking Warrior Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2022 Sarah Rodi Traduzione di Giuliano Acunzoli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises ULC. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

© 2023 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction aprile 2023

Questo volume è stato stampato nel marzo 2023 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100%

I GRANDI STORICI SEDUCTION

ISSN 2240 - 1644

Periodico mensile n. 156 del 21/04/2023

Direttore responsabile: Sabrina Annoni

Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano

HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano

Dedica
A mia suocera Jane, per il sostegno e la comprensione che mi offre e per i suoi modi allegri e divertenti.

Ryestone Keep, Inghilterra IX secolo d.C.

I norreni stavano arrivando.

Immobile sulle mura, Lady Rebekah non riusciva a distogliere lo sguardo dalla flotta di navi con le prue a testa di drago e gli stendardi corvini che risalivano il fiume, puntando verso di loro come un'inarrestabile marea nera. Le campane della chiesa risuonavano per tutta fortezza di Ryestone Keep, avvisando la folla terrorizzata di uomini, donne e bambini che erano sotto attacco.

Già da un po' la popolazione del borgo sassone si preparava il meglio possibile per l'arrivo di quel giorno. Tutti avevano sentito i racconti delle barbare razzie perpetrate dai pirati del nord e sapevano che non sarebbe occorso molto tempo prima che trovassero il modo di spingersi all'interno sfruttando il corso del fiume. Adesso, sembrava proprio che la resa dei conti incombesse cupamente su di loro.

Rebekah sapeva fin troppo bene di cosa erano capaci i norreni, dato che da bambina li aveva visti personalmente all'opera – un oscuro ricordo che non l'avrebbe più lascia-

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ta e per il quale non poteva concedere perdono. Era colpa di quei barbari se aveva perso i genitori. Quei pagani erano più mostri che uomini. Incendiavano tutto ciò che vedevano, indifferenti ai monasteri e alle abitazioni dei sassoni, e ogni cosa che toccavano sembrava avvizzire e morire.

Le nuvole del tardo pomeriggio si stavano scurendo, minacciando un forte temporale, e Rebekah percepì il momento in cui le lunghe navi e i guerrieri che trasportavano toccarono il suolo sassone – se ne accorse dal tremore delle gambe e da quello che cominciò a scuotere il terreno. Poi vide le fiamme serpeggianti delle loro torce levarsi alte, segnalando l'avanzata dei razziatori tra la manciata di fattorie appena fuori le mura del borgo fortificato. Erano sempre più vicini e lei si decise ad abbandonare il suo punto d'osservazione sui bastioni.

Scese di corsa la scala che portava in cortile e gridò alle donne e ai bambini di entrare nel maniero e cercar rifugio nel salone dei banchetti. Lord Atol di Ryestone aveva mandato tutti gli uomini in grado di combattere sulle mura e lei non poteva star lì senza far nulla. Intendeva prote ggere quegli innocenti al meglio delle sue capacità.

Non si era mai sentita a casa a Ryestone Keep. Dopo la morte dei suoi genitori, suo zio, il potente Cynerik, era diventato il suo custode e l'aveva portata in quel maniero. Anche se era sempre stata trattata bene, almeno fino alla morte di Cynerik avvenuta qualche anno prima, quel luogo non era mai riuscito a ricordarle la calda atmosfera familiare in cui era cresciuta. E tuttavia, in quel momento era pronta a tutto pur di proteggere le mura e gli abitanti del villaggio dall'orda pagana che li stava attaccando.

Dopo aver fatto entrare anche gli ultimi fuggitivi, chiu-

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se il pesante portone di quercia e vi si appoggiò per riprendere fiato. Sapeva usare una spada e uno scudo. Se poteva aiutare gli armigeri a difendere il borgo, doveva combattere. Bisognava impedire che i norreni si aprissero un varco tra le mura. Se fosse accaduto, come li avrebbero respinti? Quale sarebbe stato il destino dei coraggiosi combattenti sassoni e delle donne e bambini che si nascondevano nel salone?

Sua figlia...

Si precipitò verso il ponte levatoio sotto la pioggia adesso battente e vide le grandi porte della fortezza aprirsi per far uscire Lord Atol e la cavalleria. Intendevano a ffrontare in campo aperto le forze pagane, composte da una novantina di guerrieri. Gli arcieri sulle mura presero la mira e scoccarono un nugolo di frecce incendiarie, ma i barbari continuarono ad avanzare come dei cinghiali alla carica, impegnando a testa bassa i cavalieri sassoni.

Rebekah non aveva mai visto un simile scontro – il raggelante cozzare delle spade, gli sbuffi e i ruggiti degli uomini mentre colpivano con le asce e le mazze chiodate, le urla di dolore che non si sarebbe più scordata. I pagani sembravano fuori di senno per quant'erano feroci e motivati. Era una battaglia sanguinosa, brutale e spietata. E con suo orrore, vide quei rozzi pagani dall 'aspetto animalesco cominciare a scalare le torreggianti mura merlate. Gli armigeri cercavano di respingerli, tre contro uno, mantenendo per adesso il controllo della fortezza, ma per quanto? Le fiamme cominciavano a lambire le porte di legno dell'unico ingresso e il terrore minacciò di travolgerla mentre osservava la scena nauseante davanti ai suoi occhi. Perché con la paura che le faceva galoppare il cuore nel petto, c'era anche la consapevolezza che i sassoni di Rye-

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stone Keep sarebbero presto stati alla mercé dell'orda norrena.

Cercò nella mischia il condottiero che comandava i guerrieri pagani. Lo individuò facilmente, visto che era l'uomo più muscoloso che avesse mai visto. Impugnava una grande spada e lo scudo, un elmetto di ferro gli riparava la testa, nascondendo gli occhi, e lunghi capelli scuri attorcigliati come corde gli incorniciavano il volto. La sua figura possente gridava al pericolo e ogni affondo era letale e spietato. Combatteva con una tale potenza e abilità che lei lo guardò con fascino morboso mentre attaccava Lord Atol, disarmandolo con facilità e costringendo il l oro regnante sassone ad arretrare per salvarsi la vita.

L'ariete dei pagani cominciò ad abbattersi contro le porte in fiamme mentre un tuono assordante si riverberava in tutta la fortezza, riecheggiando il battito impazzito del suo cuore. Per un attimo, si chiese se lasciar morire Atol... Lei e la gente di Ryestone meritavano un regnante migliore e Gytha un padre migliore. Si sarebbero finalmente liberati di lui, ponendo fine alla tirannia. E tuttavia, quando vide il formidabile guerriero norreno spedire a terra il loro lord, si disse che doveva intervenire – cercare di porre fine alla battaglia e fermare il pagano che stava per passare a fil di spada il loro regnante, assumendo il pieno controllo della fortezza.

Corse a prendere la bandiera bianca, poi salì sulle mura e prese a sventolarla, sperando senza troppa convinzione che i razziatori vedessero la sua disperata supplica e si mostrassero clementi.

«Stǫðva! Enda! » ruggì Rædan.

Strinse forte l'elsa della spada, con il corpo possente pa-

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ralizzato dalla sorpresa. Non pensava di vederla lassù, sulle mura della fortezza.

Rebekah.

Quando aveva alzato lo sguardo, vedendola agitare freneticamente quella ridicola bandiera, era rimasto senza fiato e per un attimo aveva provato un tuffo al cuore. Era stato come venir colpito dal martello di Thor, un tuono poderoso che era risuonato con forza nel torace.

Aveva silenziosamente giurato agli dei che se mai l'avesse rivista, non avrebbe provato altro che un vago disprezzo, giusto il rimpianto di una gioventù felice. Ma naturalmente gli dei non erano così clementi.

La chioma di lei, vibrante come il fuoco, mostrava ancora quella particolare sfumatura ramato scuro, ma non le cadeva più sulle spalle fluente come un tempo. Era raccolta, o forse domata, in una treccia che scivolava sul collo lungo e sinuoso, lasciando intendere che non era più libera. Indossava una veste squisitamente ricamata che esaltava il verde intenso dei suoi occhi, puntati in quel momento sul sassone sconfitto – il suo prezioso lord era in pericolo, e questo la spingeva ad agitare la bandiera della resa con forza disperata. Avrebbe dovuto aspettarsi quella reazione, il fatto che cercasse d'impedirgli di uccidere l'uomo a cui era legata, perché gli aveva già mostrato a chi andava la sua lealtà. E tuttavia, lui non era pronto per la grande amarezza che gli strinse il cuore e premette rabbiosamente lo stivale sul collo dell'avversario a terra.

«Fermate l'attacco» gridò fieramente ai suoi guerrieri.

In genere, nulla gli avrebbe impedito di saccheggiare una fortezza sassone. Ai norreni non importava nulla delle regole di una battaglia. Si era lanciato nel cuore della mischia molte volte, guidato dagli oscuri ricordi e dal desi-

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derio di crearsi un nome, di fare la Storia. E conquistare Ryestone Keep significava tutto per lui. Aveva immaginato una grande battaglia, con il clangore delle armi che si protraeva fino a notte fonda in uno sfoggio di forza e strategia, ma vedere di nuovo Rebekah l'aveva fermato sui suoi passi insanguinati. Tutt'attorno a loro, gli armigeri sassoni gettavano le armi a terra in segno evidente di sconfitta.

Quando aveva incontrato lo sguardo dell'uomo ai suoi piedi, si aspettava di vedere paura e reminiscenza negli occhi di Atol. La consapevolezza, seppur vaga, che l'orrendo crimine di cui si era macchiato stava per essere vendicato. Ma non vide nulla, come se neppure un ricordo gli tormentasse la coscienza. Invece di implorare perdono, quel nobile lo implorava di risparmiargli la vita.

Un moto di cruda rabbia e disprezzo lo assalì. Come poteva il suo nemico non ricordare nulla, quando lui si era svegliato nel cuore della notte per anni coperto di sudore mentre sognava la peggior mattina della sua vita – quella in cui era stato separato da tutto ciò che conosceva e amava a questo mondo?

Voleva schiacciare quel lord sassone come l'insetto che era, ma l'amaro sapore dell'insoddisfazione gli riempì la bocca. Anche se Atol gli aveva distrutto la vita e intendeva vendicarsi, offrirgli un'onorevole morte in battaglia sembrava troppo comodo.

Consapevole degli sguardi puntati su di lui, soprattutto quello di Rebekah, lo rimise brutalmente in piedi. Provò piacere mentre gli legava strettamente le mani e lo imbavagliava. Voleva umiliare quel potente lord, sottrargli tutto ciò a cui teneva, fargli patire le sue stesse sofferenze. Un piano cominciò a formarsi nella sua mente. I suoi uo-

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mini avevano l'incarico di riportare a Nedergaard tutte le ricchezze saccheggiate, ma lui puntava adesso a un premio particolare, solo suo.

Dapprima avrebbe privato Lord Atol della libertà, poi si sarebbe preso la sua consorte.

Posò la spada sul torace dell'ostaggio e lo spinse in avanti. «Segnala alle tue guardie di aprire il portone» tuonò. Quando i sassoni obbedirono, fece cenno ai suoi luogotenenti, Erik e Arne, di seguirlo e ordinò a tutti gli altri di aspettare, mantenere le posizioni e tenere d'occhio i prigionieri.

Storse le labbra per l'ironia di vedere le grandi porte di legno di Ryestone Keep aprirsi lentamente, accogliendolo di nuovo tra quelle mura. Mentre attraversava il cortile puntando verso il vecchio maniero di pietra, una miriade di ricordi gli riempì la mente, perché un tempo quel luogo era stato casa sua. In un'altra vita, quand'era un uomo diverso. In un periodo in cui aveva trovato la felicità prima che gli venisse strappata crudelmente dalle mani. Quella fortezza rappresentava il suo passato: sbagliava, dunque, a volerla radere al suolo? A distruggerla insieme a tutto ciò che rappresentava?

Con passo deciso si diresse verso il salone dei banchetti, dove le donne e i bambini s'assiepavano cercando di confortarsi a vicenda dopo il caos della battaglia. Da giovane, era intimorito dalle dimensioni di quel luogo. Non era cambiato da allora, ma mentre tutti gli occhi si posavano su di lui e il suo ostaggio, con grida soffocate di sgomento che echeggiavano nella grande sala, si accorse che molte facce erano diverse. Provò rimorso per aver recato loro tanta angoscia, per essere entrato a casa loro con tanta brutalità – in fin dei conti, un tempo faceva parte di

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quella gente – ma lo soppresse subito. Da tempo aveva imparato a schiacciare senza pietà qualsiasi emozione.

La folla si aprì per lui e sospinse il lord sassone in avanti. Si concesse un attimo per crogiolarsi nella sua vittoria, poiché adesso controllava le vite di tutti loro. Il giorno del giusto castigo a cui spesso aveva pensato era finalmente giunto.

In fondo alla sala pensava di trovare Lord Cynerik, ma invece vide solo Rebekah davanti al grande trono di legno. Aspettava che si avvicinasse e lui restò impressionato dal suo coraggio. Si chiese se, prendendo Atol come ostaggio, aveva messo lei al comando. Dov'era suo zio?

«Non avvicinatevi oltre» ordinò Rebekah, gli occhi accesi mentre alzava una mano per fermare la sua avanzata.

Era persino più bella di come la ricordava, nonostante i capelli gocciolanti per la pioggia e l'abito fradicio. Nobile di nascita, aveva sempre avuto potere su di lui. E in quel momento sembrava pronta a combattere: indossava bracciali e stivali di cuoio e impugnava la spada con la mano destra. Sapeva come usarla? Intendeva sfidarlo anche dopo averlo riconosciuto? L'idea suscitò un lampo d'inaspettato desiderio che si raccolse nell'inguine.

Ma nonostante il sangue che le scorreva nelle vene, non c'era nulla di nobile in quella donna. Doveva sempre ricordarlo, nonostante l'aspetto accattivante. Dopo quanto tempo dalla sua cacciata Rebekah era finita nel letto di Atol? Si era sempre chiesto se il rango e la ricchezza del lord sassone non potessero darle alla testa e il voltafaccia nei suoi confronti l'aveva colpito in profondità, ferendo il suo cuore e il suo orgoglio. Persino adesso continuava a esserne ferito.

Si fermò davanti a lei e la tensione che riempiva l'aria

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divenne così spessa da poterla tagliare con la sua spada. Una morsa gli strinse il cuore vedendola così vicina. Da nnazione, non voleva sentirsi di nuovo attratto da Rebekah. Si odiava per questo... perché il tradimento di quella donna era stato il peggiore di tutti.

«Sono la Lady di Ryestone Keep» affermò Rebekah con tono piatto, desiderando che le ginocchia smettessero di tremare e che la sua voce suonasse più sicura di come si sentiva in realtà.

«Non c'è bisogno di presentarvi. So bene chi siete. La fama della vostra bellezza leggendaria vi precede.»

Lei strinse la spada di suo padre, augurandosi che le desse la forza necessaria.

«Vi chiedo di deporre le armi e sarete ben ricompensati» annunciò. «Si direbbe che avete preso un nostro osta ggio» aggiunse, indicando Lord Atol. «E io sono disposta a trattare.»

In qualunque altra situazione sarebbe stata felice di vedere il suo tirannico signore in catene, ma adesso doveva fare i conti con un nemico ancora più temibile.

«Non siete in posizione di trattare» replicò Rædan. «Abbiamo vinto la battaglia. Cosa c'impedisce di prendere quello che vogliamo? »

Una rabbia improvvisa pervase Rebekah. Come aveva osato attaccarli quel pagano? E come poteva ragionare con un uomo così selvaggio? Tuttavia sapeva di doverci provare, per il bene degli abitanti del villaggio e soprattutto della sua amata figlia.

«Sono certa di potervi offrire molto più di ciò che riuscirete a rubare e saccheggiare. E non dovrete neppure combattere per averlo.»

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«Ah.

Dunque è così?»

Il norreno mosse un passo avanti, torreggiando su di lei e facendola arretrare. Non aveva mai visto un uomo così intimidatorio, così forte e in totale controllo. Indossava indumenti da guerriero e una pelle di lupo, portava le armi di un assassino e tuttavia, anche se il suo volto era coperto per metà di metallo brunito e la mascella nascosta da una folta barba scura, c'era qualcosa di familiare nella piega della sua bocca, nel tono della voce.

«La battaglia è finita. Nessun altro dovrebbe morire oggi» replicò Rebekah, alzando il mento.

Con un rapido gesto, il braccio libero e muscoloso del pagano si alzò per rimuovere l'elmo e mostrarle il volto. Lei annaspò, guardandolo a bocca aperta. Gli occhi grigi di lui incontrarono i suoi e la travolgente sorpresa che la riempì – com'era possibile? – le strinse la gola in una morsa. Il cuore parve fermarsi per un attimo... e poi un sussulto di consapevolezza le fece scorrere impetuosamente il sangue nelle vene.

Solo un uomo aveva degli occhi così, ma era scomparso otto inverni prima. Era uscito dalla sua vita senza neppure salutarla.

Non poteva essere lui, giusto?

Rædan, il suo Rædan, era morto. Lord Atol le aveva dato l'annuncio di persona.

E tuttavia, con la stessa certezza con cui sapeva che il sole sarebbe sorto l'indomani, capì di stare guardando il giovane che pensava di non rivedere mai più. Rædan era vivo!

Scosse piano la testa, incredula. Era cambiato, anzi era tanto diverso dal ragazzo che conosceva da faticare a riconoscerlo. Il volto era quello di un uomo, ma nonostante

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la profonda cicatrice che gli segnava il sopracciglio destro, gli schizzi di fango e il sangue che lo imbrattavano, i suoi tratti mostravano l'aspra bellezza di sempre.

Il fisico però era molto più muscoloso e imponente di un tempo e la pelle nuda degli avambracci era coperta di tatuaggi scuri. Restò meravigliata dalla lunghezza dei capelli, umidi di pioggia e raccolti in una coda formata da tante trecce, e tuttavia, nonostante tutto questo, era certa che fosse lui. L'aveva riconosciuto subito.

Le tremavano le mani e le ginocchia, tant'era sgomenta. Lanciò un'occhiata al volto di Atol, cercando disperatamente qualche segno che anche lui l'avesse riconosciuto, che potesse confermarle ciò che vedeva. Ma non c'era nulla negli occhi del suo signore, neppure un barlume di consapevolezza. Si limitava ad annaspare sotto la stretta di Rædan, temendo senza dubbio per la propria vita.

«Voi ... dovete essere colui che chiamano lo Spettro, il Dragone, il Rinato » balbettò, riportando l'attenzione sul norreno con una voce che suonò irreale persino alle sue orecchie. Era solo una vana speranza? Stava immaginando tutto solo per l'assurdo desiderio di rivedere l'uomo a cui un tempo teneva più di qualunque cosa al mondo? La continua pena che le dava pensare a lui l 'aveva portata fino a quel punto? «Mi chiedo da dove vengano questi nomi.»

«Sono certo che conoscete la leggenda» replicò Rædan inclinando la testa. «Il fatto che compia razzie nei vostri regni in cerca della mia anima perduta.»

Sì, aveva sentito i barbari racconti della distruzione e devastazione che quel pagano si lasciava dietro. Ma invece di scacciare l'assurda nozione che il guerriero davanti a lei fosse l'unico uomo che aveva mai amato, quella voce

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peculiare s'insinuò nel suo cuore. Era più profonda, dive rsa da come la ricordava, con un tono ruvido e rugginoso ma comunque capace di richiamarle alla mente un'estate di tanti anni prima. Da sola nella fortezza di suo zio, ancora in lutto per la morte dei suoi genitori, il suo unico piacere era stato passare il tempo con i cavalli delle scuderie... fino a quando aveva incontrato Rædan.

D'istinto si voltò per guardare Gytha, nascosta nella folla, e si rese conto di dover tenere la testa sulle spalle. Ancora non sapeva cosa voleva no i norreni e doveva mostrarsi forte, per sua figlia e la sua gente.

«Ho sentito tante storie sulla vostra brutalità. Voi siete un uomo che si comporta come crede e prende ciò che vuole senza alcuna remora.»

Ma com'era possibile che il giovane che un tempo conosceva fosse diventato il fiero guerriero davanti a lei?

Dopotutto, Rædan era solo un aiuto stalliere. Un sassone. Non aveva idea che sapesse combattere. E mai poteva immaginare di vederlo alla testa di un'armata, soprattutto di vichinghi.

«Spero che troviate ciò che state cercando e che sia valsa la pena spargere tutto questo sangue» aggiunse a denti stretti.

L'ultima volta che si erano visti, erano appena diventati amanti. Era stata la miglior notte di tutta la sua vita, ma aveva anche cambiato la sua esistenza. Sapeva che Rædan non poteva permettersi di pagare il prezzo della sposa e quindi chiedere la sua mano, ma era disposta ad aspettarlo. E intendeva convincere suo zio a permetterle di sposarsi per amore.

Se quell'uomo era davvero chi pensava che fosse, le aveva fatto credere di tenere a lei – per poi sparire all'im-

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provviso dalla sua vita. L'aveva pianto, certa che fosse morto, e adesso era torna to? Un groppo le strinse la gola per le lacrime che sapeva di non poter versare.

Ma Rædan non avrebbe assalito Lord Atol oppure Ryestone, sapendo che era la sua casa. Lei aveva patito le conseguenze dell'attacco dei norreni per tutta la vita e trascorso gli ultimi anni temendo il loro ritorno. Il fatto che fosse diventato uno di loro non aveva senso; disprezzava tutto ciò per cui combatteva quest'uomo.

Sedette sul trono di legno, bisognosa all 'improvviso di sostegno perché le gambe le stavano cedendo.

«Bene» disse, schiarendosi la voce e lisciandosi la gonna con le mani. «Che cosa cercate qui?» A parte la distruzione e lo spargimento di sangue. «Cosa chiedete per lasciare queste sponde?» Sapeva benissimo che nulla avrebbe potuto impedire al suo sguardo di cercare quello di lui, ma provò comunque un tuffo al cuore quando i loro occhi restarono incatenati.

Vide la polvere d'antimonio nera che i guerrieri norreni usavano per colorire gli angoli degli occhi e si ritrovò a cercare qualche indizio sul suo passato. La pelle abbronzata indicava una vita trascorsa all'esterno, i muscoli si dovevano forse alle fatiche fisiche... Dov'era stato in tutti quegli anni?

«Posso offrirvi un tributo. Una quantità concordata di oro e argento per lasciare Ryestone e non fare più ritorno.»

Dopo la scomparsa di Rædan, avvenuta da un giorno all'altro senza alcuna spiegazione, lei aveva implorato suo zio di cercarlo, dicendogli che si preoccupava per il suo amico. Sapeva che qualcosa non andava, non lo credeva capace di abbandonarla in quel modo. Ma poi era arrivata

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la notizia della sua cattura e allora dovette credere a ciò che Atol raccontava: che dopo aver rubato dell'argento da Cynerik, lui era fuggito ma solo per venire scoperto e ucciso per il crimine che aveva commesso. Il padre di Rædan rifiutò di crederci e lo stesso valeva per lei, almeno all'inizio, ma poi suo zio le confermò che quell'argento mancava davvero.

Eppure, se tutto questo corrispondeva al vero, adesso non si sarebbe trovato davanti a lei come un norreno, un fiero combattente che uccideva per divertimento e sottraeva ai sassoni il loro oro, le loro terre – e le loro mogli.

«Sapevo che alla fine vi sareste offerta di comprarci per salvare il vostro regno e il vostro amante dalla distruzione. Ci contavo» replicò lui cupamente.

«Molti vichinghi, norreni o danesi, sono stati pagati per lasciare in pace i borghi sassoni. »

«E a quanto è servito?» replicò lui con scherno, sebbene continuasse a rivolgersi a lei con un'insolita educazione. «Perché non mi fate un'offerta che non posso rifiutare?» aggiunse allargando le braccia, le labbra piegate in un duro sorriso.

Un lampo le attraversò gli occhi per la sfida. «Molto bene. Vi darò cinquecento libbre d'oro e cento libbre d'argento.» Quant'era assurdo, si disse istericamente, che si stesse offrendo di pagarlo per andarsene quando otto anni prima avrebbe speso quella somma e anche di più per cercarlo e riportarlo da lei.

Rædan fischiò piano. «Volete proprio mandarci via.»

«Sì, a dire il vero» rispose Rebekah. Ma non prima di aver ottenuto qualche risposta.

«Oppure sono le nostre terre che cercate?» gli chiese,

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studiandolo con occhi socchiusi, pallida e bellissima.

Rædan emise un lungo, lento sospiro. La voce fin troppo familiare di lei sembrava aleggiargli attorno, come una nebbia che lo avvolgeva provando a cancellare il passato e tutti i suoi aberranti, indicibili ricordi.

Davvero Rebekah intendeva offrirgli delle terre su cui aveva vissuto e lavorato e dalle quali era stato bandito anni prima? Chiuse a pugno le mani che teneva ai fianchi. Greggi di pecore brucavano adesso i campi dove lui e suo padre possedevano un tempo una piccola fattoria. Aveva sentito che il suo vecchio genitore era morto non molto dopo la sua cacciata, e che la loro casa era stata rasa al suolo. L'avevano sepolto nelle loro terre? Anche se adesso viveva al di là del mare, una parte di lui continuava a bramare la loro vecchia dimora e il periodo felice trascorso con suo padre. Non gli era stato neppure concesso un momento per dirgli addio. E non aveva neppure potuto piangerlo, cosa per cui chiedeva vendetta. Una nuova furia lo assalì e tornò a giurare a se stesso che avrebbe distrutto la vita del Lord e della Lady di Ryestone proprio come loro avevano distrutto la sua.

La notte che aveva trascorso con Rebekah era stata incredibile, indimenticabile. Ma dopo che lei aveva lasciato il suo letto, era stato svegliato di prima mattina da uomini armati penetrati con la forza in casa sua. L'avevano bendato e costretto a seguirli fino al fiume, per poi spogliarlo, bastonarlo e incatenarlo su una nave. Qualcuno degli armigeri sassoni che giacevano morti o sconfitti aveva partecipato a quel pestaggio? In tal caso, la loro fine era più che meritata. Per quanto riguardava Rebekah... non era certo di che ruolo avesse giocato nella sua rovina, ma sapeva di non potersi fidare di lei.

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«Di che terre parlate, lady?» domandò.

Si era resa conto di chi si ritrovava davanti? L'aveva sentita tirare bruscamente il fiato mentre si toglieva l'elmo, ma senza fare alcun commento. Se l'aveva riconosciuto, lo nascondeva bene. Tuttavia Rebekah era sempre stata brava a fingere, visto che l'aveva già ingannato una volta.

Anche così, qualcosa gli diceva che sapeva bene a chi si stava rivolgendo, perché sembrava avere il cuore in gola. E continuava a mordersi il labbro inferiore, pieno e sensuale, cosa che lo attraeva senza rimedio. Lo aveva fatto anche durante la loro notte e quel ricordo lo riempì d'improvviso desiderio. Strinse i denti, cercando di combatterlo.

«Abbiamo un appezzamento sull'altra sponda del fiume. Si estende fino alla costa. La terra è fertile e comprende anche una piccola baia» offrì lei.

Rædan annuì. «Sono interessato anche alle terre che si estendono lungo il torrente» ribatté. «Quelle dove sorge la vecchia quercia solitaria.»

Rebekah spalancò i bellissimi occhi verdi. Entrambi sapevano che era il luogo dove suo padre aveva seppellito sua madre.

«Può essere vostro» concesse lei lentamente. «Ma dovrete sottostare alle nostre condizioni.»

I suoi occhi vagarono sul volto stoico di lei. Era sempre stata così determinata, oppure gli anni l'avevano cambiata com'era successo a lui? Senza dubbio era un notevole avversario e si ritrovò ad ammirarla per questo.

Scese con lo sguardo sulle generose curve del petto, dei fianchi. Dannazione, la desiderava ancora – e tuttavia apparteneva a un altro uomo. Ma anche lui poteva mostrarsi

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altrettanto determinato quando desiderava qualcosa. «E quali sarebbero queste condi zioni?»

«Posso versare il tributo in oro e argento adesso, ma mi serve qualche rassicurazione. Ritirerete i vostri guerrieri dalla fortezza e libererete i prigionieri, in modo da dimostrare la vostra buona volontà » gli disse. «La concessione dei terreni andrà preparata e registrata. Sarà necessario liberare anche Lord Atol, poiché è l'unico ad avere i titoli per assegnarvi le terre che chiedete.»

Lui s'accigliò. Naturalmente Rebekah voleva riprendersi il suo amante ed era pronta a trattare per riaverlo. L'ira tornò ad annebbiargli lo sguardo.

Quando aveva sentito del fidanzamento, non poteva credere che lei accettasse di legarsi a un uomo come quello. Almeno non prima di constatarlo con i suoi occhi il giorno in cui la nave alla quale era stato venduto aveva risalito il fiume fino a Ryestone , due settimane dopo la sua cacciata, per rimpinguare le provviste in vista di una grande celebrazione alla fortezza. Il suo cuore si era riempito di speranza. Pensava di poter vedere suo padre e chiedergli aiuto, o magari ritrovare Rebekah e convincerla a spiegare allo zio che c'era stato un terribile errore.

Ma poi la felice coppietta era comparsa sul ponte levatoio, presentandosi agli estasiati abitanti del villaggio per annunciare il matrimonio prossimo venturo. E allora, all'improvviso, tutto aveva acquisito un senso. Per questo era stato bandito e venduto. Il dolore che aveva provato allora era stato infinitamente peggiore di quello recato dai suoi aguzzini.

Quel momento gli restava inciso a fuoco nella mente. Sebbene ci provasse, non riusciva a cancellare il ricordo di Rebekah splendida e radiosa nella veste di un profondo

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porpora che indossava. Aveva visto la mano di Atol vagare sulla pelle pallida e nuda del suo braccio, poi cingerla alla vita mentre si chinava per mormorarle qualcosa all'orecchio. In quel momento, aveva capito che tutto ciò che amava era perduto.

Dopo quel giorno non aveva avuto più uno scopo, nessuna ragione per continuare a vivere. Faticava dall'alba al tramonto senza neppure sentire le percosse, senza badare alla fame o al suo corpo dolorante e pieno di lividi. Sopravviveva con una dieta fatta di odio e di vergogna.

Se c'era una cosa che aveva imparato in quegli anni era come sopportare il dolore, come sopprimere i sentimenti e mantenere il controllo, come sfruttare la rabbia per diventare più forte. Tutte conquiste che adesso lo rendevano orgoglioso, quindi era furioso con se stesso per la constatazione di non riuscire a controllare il modo in cui il suo corpo reagiva alla presenza di lei.

Aveva conquistato la fortezza per far provare al Lord e alla Lady di Ryestone l'angoscia di vedere la propria casa minacciata e le proprie terre confiscate – oltre alla pena di venire allontanati per sempre dai propri cari. Da otto lunghi anni pensava a quel momento. E all'improvviso, capì cosa doveva fare.

Scosse la testa. «No, non rilascerò l'ostaggio, altrimenti come potrei assicurarmi che teniate fede alle promesse? A meno che... »

Avrebbe tanto voluto saccheggiare Ryestone, smantellare il regno di Lord Atol e distruggere tutto ciò a cui quel miserabile teneva, per poi lasciare quel luogo per sempre. E invece si ritrovava davanti Rebekah, ancora desiderabile come un tempo, sempre intenta a fingere di non conoscerlo. Strinse le labbra in una linea sottile. Quell 'atteg-

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giamento gli metteva una gran voglia di prenderla lì e adesso, di penetrarla con una sola, dura spinta e farla urlare di piacere, di rinfrescarle la memoria assai labile e ricordarle la notte che avevano trascorso assieme. Tuttavia, si disse, doveva pazientare ancora.

Annuì lentamente. «Me ne andrò con i miei uomini adesso e rilascerò i prigionieri, ma anch'io ho bisogno di qualche certezza. Chiamiamola una sorta di protezione, fino a quando non sarò certo che teniate fede alla parola data.»

Rebekah alzò il mento, come sempre faceva quando lanciava una sfida. «L'oro sarà la vostra certe zza.»

«No. Mi serve qualcosa di più prezioso dell 'oro.»

«Non c'è nulla di più prezioso dell 'oro» sbottò Lord Atol di fianco a lui. A quanto pareva era riuscito a liberarsi del bavaglio.

Rædan gli lanciò una frettolosa occhiata. «Prenderò un ostaggio al posto suo come garanzia, fino a quando lo scambio verrà completato.»

Una smorfia piegò le labbra del nobile. «Chi?»

Rædan era consapevole dello sguardo di Rebekah puntato su di lui. Stringeva così forte i braccioli del trono di legno da farsi venire le nocche bianche, come se sapesse già dove voleva arrivare. Tanto tempo prima, quegli occhi lo guardavano con fervida passione. Adesso erano pieni di paura oppure di odio? Ma in effetti non importava. Non aveva nulla da perdere, non più. E tuttavia, aveva la netta sensazione che la loro reciproca attrazione non fosse mai morta: forse si doveva al rossore che le coloriva le gote, oppure all'affanno con cui la vedeva respirare, come se lottasse per tirare il fiato.

«Qualcuno a cui tieni più di ogni altra cosa, sassone!»

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Lord Atol sbuffò. «Nessuno è così importante per me.»

E come per ribadire con arroganza quell'affermazione, indicò con un cenno del capo una giovane dama. «Suppongo che parli di una donna, in modo da intrattenerti mentre aspetti. Posso suggerirti Lady Mildrethe? È molto bella e senza dubbio si dimostrerà soddisfacente.»

«No, vi supplico, mio signore» piagnucolò la dama, facendosi piccola piccola davanti ai loro occhi.

Rædan la guardò a malapena. «Non è lei che voglio.»

Il presuntuoso intervento di quel nobile, quando in realtà era suo prigioniero e non poteva decidere nulla, lo fece infuriare. Ma Atol non aveva ancora finito con quel folle tentativo di ribadire il suo potere, visto che chiamò a sé un'altra dama con un cenno del capo. Che cosa spingeva quel miserabile a pensare che tutti dovessero inchinarsi al suo cospetto, che potesse trattare le persone come se fossero animali? «E allora, che mi dici di Lady Aswig? È invero una perla rara.»

Con quei lunghi capelli biondi, la dama era una vera bellezza. Ma Rædan non provò... nulla. Non era lei il premio che aveva in mente. «No.»

«Basta così. Andrò io.»

Rebekah.

Un mormorio sgomento si levò nella sala quando lei si alzò dal trono. Ma nessuno era più sorpreso di lui. Chiuse gli occhi per un attimo, assaporando la vittoria, assimilandola nelle profondità del cuore.

«Trascorrerò io la notte col norreno.»

«Niente affatto!» ruggì Lord Atol, lottando per liberarsi. Rædan rafforzò la stretta.

Rebekah si voltò per mormorare qualcosa alle giovani donne e ai bambini che l'attorniavano, i quali protestavano

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a loro volta invitandola a cambiare idea e cercando di trattenerla. Ma lei riuscì a districarsi e si raddrizzò, muovendo quindi verso di lui e il marito con i lussureggianti occhi verdi che sputavano fiamme. «Ovviamente se il norreno mi trova di suo gradimento.»

Rædan le rivolse un freddo sorriso, ma era fin troppo consapevole dell'eccitazione che gli scaldò il sangue all'improvviso, inturgidendo subito il membro. Di suo gradimento? Lei visitava regolarmente i suoi sogni, ma di persona era ancora più bella. Non si vedevano da quand'erano solo due adolescenti e adesso si ritrovava a contemplare una donna mozzafiato cresciuta sia nel corpo sia nello spirito. La bocca gli si seccò all'istante.

«Un nobile sacrificio. Siete molto coraggiosa, lady.»

«Sono disposta a fare tutto ciò che è necessario per salvare la mia gente e il mio signore.» Si voltò verso Atol. «È un piccolo prezzo da pagare per la vostra libertà, milord, non trovate?»

Il miserabile provò di nuovo a liberarsi, poi annuì deciso. «Dannazione, e allora sia» borbottò rabbioso. «Sarà lei a sacrificarsi per me e i miei sudditi. Sarà tua per una notte, barbaro, ma apparterrà a me per il resto della vita. E adesso, liberami!»

Rædan lo studiò con occhi socchiusi. Era davvero un serpente per aver permesso che accadesse una cosa simile: consegnargli la moglie piuttosto che mettere a repentaglio la sua vita.

Lo afferrò e lo sbatté sul trono, tenendolo stretto. E invece di sciogliere i nodi che gli stringevano i polsi, cominciò a legare il lord sassone allo schienale. «Così non ti verrà l'idea di seguirci. Di' ai tuoi uomini di preparare l'oro e l'argento» aggiunse. «E quando te la riporterò doma-

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ni, voglio che le concessioni sui terreni siano pronte e firmate.»

Poi tese il braccio e rimosse la spada dalla mano di Rebekah, aprendole le dita che stringevano l'elsa. «Non avrete bisogno di questa, milady» le disse prima di afferrarla per il gomito.

Lei annaspò, posando su di lui due occhi grandi e sconvolti. Quel contatto l'aveva riempita dello stesso, bruciante calore che gli aveva attraversato tutto il corpo? Cercò di placare l'insolito, rapido battito del cuore mentre la trafi ggeva con lo sguardo, ammonendola a non fare scenate. Non adesso, non ancora...

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Audaci intrighi

EMILY SULLIVAN

REGNO D'ITALIA, 1897 - Dopo aver sopportato cinque interminabili Stagioni, Lottie ne ha abbastanza del ton e delle ingerenze di suo zio. Così, quando lui le pone un ultimatum perché trovi un marito, Lottie escogita un piano. Durante un viaggio in Italia creerà un tale scandalo da renderla persona non grata per ogni possibile pretendente. A intralciare i suoi piani arriva però Alec Gresham. E le notizie che reca con sé non sono delle migliori. Lo zio sta morendo e Lottie deve tornare a casa. Sebbene costretta a capitolare, lei fissa due condizioni apparentemente non scandalose...

Ostaggio di piacere

INGHILTERRA - DANIMARCA, IX SECOLO - Nella sua giovinezza, Rebekah ha condiviso una notte indimenticabile – e proibita – con Rædan, ma lui è scomparso la mattina dopo senza lasciare traccia. Ora è la consorte di un crudele signore sassone, e quando i feroci norreni assediano Ryestone Keep, Rebekah è sconvolta nel vedere Rædan guidare la carica! Questo guerriero vichingo spietato e letale non è l'uomo gentile e sorridente che ricorda... eppure si ritrova di nuovo attratta da lui. Duttile ostaggio nelle sue mani, Rebekah deve decidere se può affidargli la propria vita e rivelargli il segreto che...

Carezze sul marmo

VIOLET CALWIND

FIRENZE, 1469 - Il noto scultore fiorentino Federico Albaresi salva Matilde da una vita di stenti e, accortosi del suo talento di pittrice, la incoraggia a coltivarlo. Divorata dalla febbre artistica, lei scopre un altro tipo di passione, più carnale. Peccato che misteriosamente il cuore di Federico diventi allora di pietra come le sue statue.

Accordo di piacere col vichingo

LUCY MORRIS

ISOLE BRITANNICHE, 913 - Quando Brynhild, in seguito al rapimento della sorella, si accorge di aver bisogno delle abilità di Erik per salvarla, stringe una tregua con il guerriero solitario e raggiunge con lui un accordo: se Erik la aiuterà a trovare Helga, lei lo consiglierà nella ricerca di una moglie, mostrandogli cosa fa fremere di piacere una donna.

Ritratto di una duchessa scandalosa

SCARLETT PECKHAM

INGHILTERRA, 1797 - Pittrice dalle idee radicali, Cornelia Ludgate liquida l'amore e il matrimonio come minacce alla sua libertà. Ma per ottenere la propria eredità deve rivelare di essere già sposata... e con un duca! Rivedersi dopo vent'anni, però, non è facile, con tutte le sensuali conseguenze che ciò comporta.

Gli amanti dell'isola

EVA LEIGH

SCOZIA, 1819 - Per sfuggire ai ricordi di ciò che ha perso, Dominic si reca nella tenuta di un amico su una remota isola scozzese, dove scopre che uno degli ospiti è proprio la donna che ha lasciato all'altare. I due amanti ritrovati si arrendono ben presto all'ardente attrazione mai sopita. Ma la posta in gioco ora è altissima...

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