Megan Hart
Le parole del desiderio
Foto di copertina: Shutterstock Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Switch Spice Books © 2010 Megan Hart Traduzione: Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion marzo 2010 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 29 del 18/3/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 71 del 6/2/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Può capitare che due persone si voltino a guardarsi e, in quell'attimo, tutto cambi. Io entravo, lui usciva. Ci passammo vicino come navi che si incrociano al largo, immemori e noncuranti, allo stesso modo in cui centinaia di estranei si incrociano ogni giorno. Quel momento non durò più del tempo che mi occorse per notare una massa di capelli neri, scomposti, e il lampo scintillante di due occhi scuri. Per prima cosa, il mio cervello registrò com'era vestito, con pantaloni sportivi beige con i tasconi sulle cosce, e una maglietta nera a maniche lunghe. Poi la sua altezza, le sue spalle ampie. E poi... era già andato via. Avevo avuto pochi secondi per notarlo, ma mi erano bastati. Ruotai sulla punta delle scarpe con il tacco a rocchetto e lo seguii con lo sguardo finché la porta di Sogni di carta non si chiuse alle mie spalle. «Vuoi che ti aspetti?» «Eh?» Guardai Kira, che era davanti a me. «Per fare che cosa?» «Vuoi che ti aspetti mentre corri dietro al tizio che ti ha appena fatto una radiografia con gli occhi?» Kira ammiccò e fece un cenno in direzione della porta. Guardai fuori, ma non lo vedevo più, neanche attraverso la vetrina. Conoscevo Kira fin dalla prima superiore, quando facemmo amicizia, accomunate dalla cotta che avevamo entrambe per uno studente dell'ultimo anno, Todd 5
Browning. A quei tempi avevamo molto in comune: capelli orrendi, un gusto ancora più tremendo nell'abbigliamento e una passione smodata per il kajal. Allora eravamo amiche per la pelle, ma ora non ne ero più tanto sicura. Mi voltai verso di lei. «Ma dai! Non lo avevo neanche notato...» «Se lo dici tu.» Kira si allontanò, attratta da una mensola su cui erano in bella mostra dei soprammobili che non erano assolutamente di mio gusto. Sollevò una statuetta, un ranocchio che teneva un cuore rosso tra le zampe, su cui era scritto MAMMA a caratteri cubitali con la porporina rossa. «Che te ne pare? Può andare?» «Carino, ma non mi sembra adatto. Però, forse uno di questi...» Indicai una fila di pagliacci di porcellana. Kira ridacchiò. «Santo Dio! Quelli sì che le farebbero schifo. Ti sfido a regalargliene uno.» Mi unii alla sua risata. Ero andata in negozio a cercare un regalo di compleanno per l'attuale moglie di mio padre, Stella, che non avrebbe ammesso la sua vera età neanche sotto tortura, e ogni anno sosteneva, ammiccando, di compierne ventinove. Sapevo già che non avrei potuto mai comprarle niente che fosse di suo gradimento, ma mi sforzavo ugualmente di trovare a ogni compleanno il regalo perfetto. «Se non fossero troppo cari, ci farei un pensierino. Stella fa collezione di statuine di Limoges, quindi chissà? Forse le piacerebbe un clown di ceramica» pensai ad alta voce, sfiorando una di quelle mostruosità. Kira e Stella si erano viste diverse volte, però non si piacevano. «Sì, forse» borbottò Kira. «Vado a dare un'occhiata alla bigiotteria.» Annuii e continuai la mia ricerca. Miriam Levy, la proprietaria di Sogni di carta, vendeva oggetti da regalo e cartoleria, ma sapevo bene che difficilmente avrei trovato un regalo che potesse piacere a Stella. Avrei potuto comprare qualcosa altrove, o magari darle anche solo un buo6
no acquisto di un negozio di marca. Di sicuro, sarebbe stata più contenta, ma avevo escluso l'idea perché avrebbe visto quanto potevo permettermi di spendere. In realtà, non ero venuta da Miriam per le statuette di porcellana, né perché Sogni di carta era vicinissimo al complesso residenziale di Riverview Manor, dove vivevo. La verità era che andavo sempre da Miriam per il suo assortimento di carta. Pergamena, biglietti di auguri fatti a mano, blocchetti, quaderni, agende e diari, carta da lettere perfetta per scriverci con la stilografica, cartoncino resistente, carta colorata, di varia grana, fogli unici e preziosi su cui scrivere messaggi d'amore, pensieri, inviti, poesie. Da Miriam non si trovavano risme di carta per fotocopie e blocchi di fogli con i buchi per i quaderni ad anello. Niente di così plebeo e dozzinale, ma vere rarità che mi facevano fremere al solo pensiero. Sono una feticista della cartoleria, lo ammetto. Colleziono carta, penne, bigliettini per tutte le occasioni. Spendo in cartoleria e cancelleria più di quanto le altre donne spendano per le scarpe. Mi piace da morire l'odore dell'inchiostro sulla carta preziosa, la sensazione della pergamena tra le dita, ma, soprattutto, mi piace guardare un foglio bianco su cui non è ancora stato scritto niente. Penso sempre che possa succedere qualsiasi cosa negli attimi prima di cominciare a scrivere. Del negozio di Miriam mi piace il fatto che la carta si vende anche sfusa, a fogli, non solo a risma o a pacco. È così che sono riuscita ad accumulare una discreta collezione di fogli di tutti i tipi. Ho anche penne di ogni colore e spessore del tratto, pennini, stilografiche, inchiostri e timbri. Da anni, giro per antiquari, cartolerie, negozi di seconda mano, mercatini, in cerca di fogli e penne originali. Scoprire Sogni di carta era stato un po' come trovare la mia isola del tesoro, il mio paradiso. Compro sempre gli articoli di cartoleria con l'intento di usarli per qualche occasione importante, degna di nota. 7
Immagino con trepidazione di scrivere una lettera d'amore con una penna che si adatti perfettamente al mio palmo e all'impugnatura, fondendosi con la mia mano. Pregusto il momento in cui l'arrotolerò e la legherò con un nastro scarlatto, sigillato con la ceralacca. Compro fogli e biglietti, li adoro, li palpo con libidine, li annuso pregustando il primo segno d'inchiostro... ma non scrivo quasi mai. Anche una lettera d'amore anonima ha bisogno di un destinatario, e io non ho un fidanzato, né un amante segreto, uno spasimante da lusingare, un oggetto del desiderio da sedurre. D'altronde, ormai non scrive più nessuno. I cellulari, la posta elettronica, gli SMS e le chat hanno reso obsolete le lettere. Tuttavia, ritengo che un messaggio scritto a mano abbia un fascino tutto suo, insuperabile, che i moderni mezzi di comunicazione non avranno mai. Un biglietto vergato di proprio pugno è personale, profondo, e non sto parlando di liste della spesa scarabocchiate in fretta dietro uno scontrino o una firma frettolosa in fondo a un biglietto di auguri prestampato. Peccato non avere nessuno a cui scrivere, pensavo, mentre sfioravo il bordo dorato di una carta da lettere filigranata. «Ciao, Paige, come va?» mi salutò cordialmente il nipote di Miriam, Ari, mentre si dirigeva verso il bancone, carico di pacchi. «Ari, tesoro, dovresti fare un'altra consegna» lo chiamò la nonna, affacciandosi alla porta dietro il bancone, coperta da una tenda di fili di perline, e guardandolo da sopra i mezzi occhiali da presbite. «Però sbrigati a tornare, non metterci due ore come l'ultima volta.» Il nipote alzò gli occhi al cielo, ma prese la busta che gli porgeva la nonna e le diede un bacio. «Sì, negriera» brontolò scherzosamente. «Bravo ragazzo» replicò Miriam, sorridendo e dandogli un buffetto. Con un'espressione affettuosa, seguì con lo sguardo il nipote che usciva, poi si voltò verso di me. «Dimmi, Paige, che cosa posso fare per te, oggi?» 8
Era impeccabile, come sempre, senza un capello fuori posto o il rossetto sbavato. A settant'anni, era una signora piena di stile e dignità. «Devo comprare un regalo per la seconda moglie di mio padre.» «Ah.» Miriam inclinò leggermente la testa. «Allora intanto dai un'occhiata, poi, se hai bisogno di aiuto, chiamami.» «Grazie.» Ormai ero una cliente abituale e Miriam sapeva che mi piaceva vagare per il negozio e curiosare senza essere assillata da commessi invadenti. Dopo venti minuti, in cui ero stata distratta da carta da lettere e penne stilografiche preziose, che non potevo permettermi di comprare, Kira mi trovò nella seconda stanza di cui era composto il negozio. «Allora, Indiana Jones, che cosa stai cercando? L'arca perduta?» mi apostrofò. «Capirò che ho trovato il regalo perfetto per Stella quando lo vedrò» sentenziai io, decisa a non farmi abbattere dalla sua ironia. Kira sbuffò. «Perché non andiamo al centro commerciale? Tanto lo sai benissimo che a Stella non importa quello che le regali. Comprale una cosa qualsiasi, poi, se non le piace, la cambierà» dichiarò, pragmatica. «Ma importa a me» obiettai. Kira non capiva quanto fosse importante per me scegliere il regalo giusto, non per fare colpo su Stella, perché nulla avrebbe potuto colpirla favorevolmente, ma almeno non deluderla, dimostrarle che aveva torto sul mio conto. Ecco, questo era ciò che desideravo soprattutto, dimostrarle che si era fatta una opinione sbagliata di me. «A volte sei così testarda che ti spaccherei la testa contro il muro!» brontolò Kira. «Ti aspetto fuori» aggiunse, esasperata, mentre io fissavo la vetrinetta davanti a me. Non dissi niente e non alzai lo sguardo mentre usciva dal negozio. Sapevo che Kira non era la persona giusta per accompagnarmi in quella spedizione, ma avevo ri9
mandato per troppo tempo l'acquisto del regalo di compleanno di Stella. Io e Kira ci eravamo viste di rado dopo che ero andata via dalla nostra città natale e mi ero trasferita ad Harrisburg; anzi, veramente non la vedevo molto neanche prima, ora che eravamo adulte. Quando mi aveva chiamato per chiedermi se avevo voglia di rivederci, non ero riuscita a trovare una scusa plausibile per declinare l'invito senza sembrare scostante o una guastafeste. Comunque non mi sentivo in colpa; non le sarebbe pesato aspettarmi fuori per qualche minuto, fumando una sigaretta, per cui riportai la mia attenzione sul mio compito, decisa a trovare il regalo ideale per Stella. Con il passare del tempo, mi ero accorta che non sarebbe stato l'oggetto di per sé a farmi guadagnare la sua approvazione. Mio padre le regalava tutto ciò che desiderava, e quello che non le dava lui, Stella se lo comprava da sola, perciò per me sarebbe stato impossibile farle un regalo di cui avesse veramente bisogno. Gretchen e Steven, i figli che mio padre aveva avuto dalla prima moglie, se la cavavano con un lavoretto artigianale fatto dai loro bambini, e i due figli di Stella non avevano ancora l'età per preoccuparsene. Insomma, i miei fratellastri non venivano sottoposti allo stesso esame scrupoloso, mentre io ero tenuta a soddisfare aspettative più esigenti. Perciò eccomi qui, a cercare disperatamente il dono giusto. Stella non era cattiva, anche se non si era mai sforzata molto per farmi sentire parte della famiglia come aveva fatto con Gretchen e Steven, e sicuramente non mi teneva in considerazione come i suoi figli, Jeremy e Tyler. Ma i miei fratellastri avevano vissuto tutti con mio padre, io invece no. A un tratto, lo vidi. Era il regalo perfetto per Stella. Presi la scatola dallo scaffale e tolsi il coperchio. Dentro c'era un pacchetto di biglietti celesti, sistemati su una base di velina blu notte. Su ogni biglietto scintillava una S stilizzata circondata da stelline. Le buste erano decorate 10
dallo stesso disegno di stelline, e nella trama della carta c'erano dei sottili fili d'argento per renderla più splendente. Nella scatola c'era anche una penna. La presi e la soppesai. Era troppo leggera per i miei gusti, ma sarebbe stata perfetta per le dita eleganti di Stella, con le unghie curate e laccate. Mi sembrava già di vederla mentre scriveva biglietti di ringraziamento o inviti, disegnando un cuoricino al posto del puntino delle i. «Allora hai finalmente trovato qualcosa!» esclamò Miriam. Le porsi la scatola e lei tolse l'etichetta del prezzo. «Ottima scelta, le piacerà sicuramente.» «Lo spero.» «Riesci sempre a capire che cosa può far piacere a una persona» commentò Miriam con un sorriso, mentre confezionava il pacchetto e ci metteva un bel fiocco. «No, non è vero!» mi schermii. «Invece sì» ribadì lei con fermezza. «Ricordo tutti i miei clienti. Molti vengono qui in cerca di qualcosa che non trovano. Tu, invece, non vai mai via a mani vuote.» «Ciò non significa che io abbia scelto il regalo giusto» obiettai, mentre pagavo. Miriam mi guardò da sopra i mezzi occhiali. «Ah, no?» Fattasi seria, aggiunse: «A volte crediamo di sapere di cos'hanno bisogno gli altri, ma poi scopriamo di aver commesso un errore di valutazione. Per esempio, guarda questo». Mi fece vedere una scatola con il coperchio di plastica trasparente, in cui c'era della carta da lettera molto carina. «L'avevo messa da parte per un cliente abituale, ma alla fine non l'ha comprata. Credevo che gli sarebbe piaciuto, e invece avevo preso un granchio.» «Peggio per lui» borbottai, sporgendomi a guardarla. «Sicuramente qualcuno la prenderà.» Non mi sorprendeva che un uomo non avesse voluto quella carta da lettere. A causa dei fiori dorati stampati in un angolo, era troppo femminile per un uomo. «Magari tu...» insinuò Miriam, fissandomi con il suo sguardo penetrante. 11
Scossi la testa. «Non è il mio genere.» Miriam rise e mise via la scatola. Notai che aveva lo smalto rosso della stessa tonalità del rossetto e pensai, con ammirazione, che mi sarebbe piaciuto essere elegante e curata come lei alla sua età. Io non lo ero neanche da giovane! «Non vuoi vedere niente per te?» mi incalzò. «Ho delle nuove agende con la copertina in pelle e il bordo dorato. Vieni a vedere» mi allettò. Emisi un gemito. «Sei senza cuore!» la rimproverai bonariamente. «Lo sai che se le vedo me ne innamoro e poi non posso uscire di qui senza averne comprata una. Oh... Guarda!» C'era una scatola di raso rosso con una libellula viola e azzurra ricamata sul coperchio, chiuso da un nastro. «Che cos'è?» le chiesi, incuriosita. Accarezzai il coperchio e lo aprii. Dentro, sistemati su un fondo di raso nero, c'erano un piattino di terracotta, una bottiglietta di inchiostro rosso e dei pennelli dal manico di legno. «Un set da calligrafia» rispose Miriam. «È cinese, ma questo è particolare, perché ha anche carta e pennini, non solo inchiostro e pennelli.» Sollevò il fondo della scatola tirando una linguetta e mi mostrò un rotolo di carta avvolto da un nastro rosso e dei pennini di ottone lucente con un sacchettino di raso rosso per riporli. «È bellissimo» mormorai, ammirata. «È perfetto per te, eh?» Guardai il prezzo scritto su un'etichetta adesiva e richiusi il coperchio. «Sì, ma non posso prenderlo.» «No?» Miriam scosse la testa. «Come mai sai sempre che cosa serve agli altri, ma non riconosci di che cos'hai bisogno tu? È un vero peccato, Paige. Dovresti comprartelo.» Calcolai mentalmente che cosa avrei potuto comprare con l'equivalente del costo della scatola e sospirai, poi 12
fissai Miriam con curiosità. «Perché sei tanto convinta che io sappia sempre riconoscere i bisogni altrui? Mi sembra un'affermazione un po' azzardata.» «Sei un'ottima cliente» sentenziò Miriam. «Hai comprato regali e anche cose per te, e ormai ho imparato a conoscerti. Non potrei fare questo lavoro, se non fossi in grado di offrire ai miei clienti ciò che vogliono.» «Volere una cosa non significa automaticamente che tu debba averla per forza.» «Volere una cosa non significa che tu debba negarti il piacere di averla» obiettò Miriam in tono pacato. «Comprati la scatola, te la meriti.» «E che cosa ci scriverei?» «Delle lettere d'amore.» «Non ho nessuno a cui scriverle» replicai, pragmatica. «Mi dispiace tanto, Miriam, ma ora non posso comprarla. Forse un'altra volta.» Miriam sospirò. «Va bene, va bene. Negati il piacere di possedere una cosa bella. Pensi che sia ciò di cui hai bisogno?» «Penso di aver bisogno di pagare le bollette prima di concedermi un piccolo lusso.» «Ah, lo so! Sei concreta, realistica, pratica, non molto romantica...» «E tu riesci a dedurre tutto questo dagli acquisti che faccio?» Miriam scrollò le spalle. «No, lo deduco dagli acquisti che non fai» mi corresse. «Non preoccuparti, quando sarai vecchia, anche tu sarai saggia come me.» «Lo spero.» Risi. «Quello che spero io è di vederti tornare per comprarti la scatola. È fatta apposta per te.» «Ci penserò, te lo prometto.» «Se la comprerai, ti assicuro che troverai qualcosa che valga la pena scrivere con quella carta e quei pennini...»
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