Ps93 piccole voglie 5

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Piccole voglie 5


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Going Down © 2012 Saskia Walker A Taste of Chi © 2012 Alison Tyler My Innocent Indiscretion © 2012 Eva Cassel Versed in Desire © 2011 Anne Calhoun The Devilish Duke © 2012 Alice G. Brilmayer Second Time Around © 2009 Portia Da Costa Tempting the New Guy © 2011 Esperanza Cintrón Soul Strangers © 2008 Lisa Aronson Layover © 2008 Megan Hart Gabriel's Naughty Game © 2012 Madelynne Ellis Mile-High Mistress © 2008 Jasmine Communications, LLC SPICE BRIEFS Traduzione di Eleonora Motta Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion aprile 2014 Seconda edizione Harmony Passion novembre 2014 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 93 del 27/11/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 71 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


IL PADRONE FRANCESE

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UN ALLIEVO IRRESISTIBILE

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GUARDARE NON È PECCATO

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ATTRAZIONE PROIBITA

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LA PROVA SCANDALOSA DEL DUCA

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SEDOTTA DALL'EX

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SENSUALI STRATEGIE IN UFFICIO

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CONOSCENZA CARNALE

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UN PIACEVOLE CONTRATTEMPO

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GIOCHI PER ADULTI

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CONFESSIONI DI UN'AMANTE

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IL PADRONE FRANCESE Saskia Walker


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«Una bella sfida, proprio come piace a me» mormorai, valutando con attenzione la tromba dell'ascensore, piuttosto antiquato, della mia nuova residenza. Quell'insieme di ferro battuto era il congegno più complicato che avessi mai visto. La sera precedente, appena arrivata, avevo preso le scale, permettendo al portiere di caricare tutti i miei bagagli sull'ascensore. Mentre salivo per raggiungere il quarto piano, desiderosa di ambientarmi al più presto, avevo ammirato l'eleganza dell'edificio, una costruzione del diciannovesimo secolo, nel Quindicesimo Arrondissement di Parigi. Ero stata sistemata lì, in un piccolo appartamento, per un periodo di lavoro di sei mesi. L'ascensore era situato al centro del palazzo, mentre le scale di marmo lo circondavano. Era affascinante, tra una rampa e l'altra, gettare un'occhiata verso il basso. Per quanto inquietante, l'apparato di metallo nero era un degno esemplare dell'Art Nouveau. Peccato che la base non fosse altro che una griglia da cui pendevano cavi poco rassicuranti e per niente eleganti. Quella mattina indossavo il mio abito più elegante e i tacchi alti, piuttosto pericolosi per scendere le scale. Mi affacciai dal corrimano di metallo e vidi che l'ascensore era fermo, due piani sotto. «Scende?» Sobbalzai per lo sgomento di non trovarmi più da sola e scoprii che alle mie spalle c'era un uomo. Non so cosa mi 9


sorprese di più, che mi si fosse avvicinato senza che me ne accorgessi, o che sapesse che fossi inglese e avesse usato la mia lingua. Lui era chiaramente francese. Francese e molto attraente. Vestito di nero dalla testa ai piedi – camicia, jeans e giacca di pelle – mi osservava con due occhi azzurri mozzafiato che contrastavano nettamente con la sua carnagione piuttosto scura. Aveva i capelli castani molto corti e la linea decisa della mascella, gli zigomi sporgenti, la fronte spaziosa gli donavano un aspetto distinto e deciso, al tempo stesso. Nonostante i miei tacchi vertiginosi, lui torreggiava su di me. Di certo era un inquilino che mi aveva notato mentre scendeva le scale. Mi aggiustai la gonna, imbarazzata. Lui indicò la porta dell'ascensore. «La gabbia la infastidisce?» Che curioso appellativo. Molto appropriato. «Per niente» mentii. «Stavo osservando quanto fosse particolare e non ero certa di saperlo usare.» «Mi permetta di mostrarglielo.» Posatami una mano sulla schiena, mi sospinse, incoraggiandomi, inconsapevole di come quel breve contatto mi avesse provocato un fremito inatteso. Premette il tasto d'avorio di chiamata, inserito in una base d'ottone lucente. Un cigolio sinistro avvisò che il meccanismo si era messo in moto e la cabina – o, per meglio dire, la gabbia – iniziò a salire. «Molti inquilini non lo usano, ma è piuttosto sicuro, oltre che essere un prezioso oggetto artistico.» Il tono seducente della sua voce catturò la mia attenzione. «Sono assolutamente d'accordo.» Il suo sguardo s'illuminò d'approvazione, mentre l'ascensore si fermava. Lui aprì le porte – esterne e interne – e io lo precedetti nella gabbia. Richiuse le grate e, con l'ennesimo inquietante stridio, l'apparato infernale si mise in moto e prese a scendere verso il pianterreno. Un'ondata di adrenalina mi pervase e mi sentii vacillare. Il mio compagno di viaggio si volse verso di me, mi scrutò 10


dalla testa ai piedi, e curvò le labbra in un sensuale sorrisetto d'apprezzamento. Ebbi l'impressione che mi stesse spogliando con gli occhi, tanto intenso fu il suo esame. Una minuzia tanto rapida e acuta che mi sconvolse. Una mano sul fianco, l'altra aggrappata a una spirale decorativa di metallo, appariva a proprio agio e languido come se fosse pronto a balzarmi addosso. A quel punto, non seppi più se fosse lui a rendermi nervosa o la vista del vuoto sotto la griglia della cabina. Comunque fosse, mentre scendevamo, provai la fastidiosa sensazione di trovarmi sull'orlo di un pericoloso precipizio, in tutti i sensi. Quando i nostri sguardi tornarono a incrociarsi, lui fece un sorrisetto. Avevo soddisfatto le sue aspettative? Spostando il mio laptop da una mano all'altra, cercai di darmi un contegno. Il mio abbigliamento, professionale e serioso, non lasciava dubbi. Tuttavia, ebbi l'impressione che, all'improvviso, fosse diventato troppo aderente e seducente. Forse sarà stato il modo in cui lui ammirava le curve dei miei seni e dei miei fianchi, a suggerirmi una simile considerazione. Mi chiesi come sarebbe stato se quell'uomo, che emanava sex appeal da tutti i pori, mi avesse messo le mani addosso. Ehi, frena, m'imposi imbarazzata. Lo conoscevo appena da qualche minuto e già avevo le gote in fiamme. Considerai che forse era solo la reazione al senso di libertà che provavo nel trovarmi in una città sconosciuta ed esaltante. O, magari, era davvero lui... «L'ascensore è originale?» chiesi, sforzandomi di spezzare la tensione che mi stava pervadendo. «Sì, fu costruito nel Milleottocentonovantanove. Si narra che venne semidistrutto negli Anni Settanta e che si parlò di sostituirlo con un impianto moderno. Per fortuna, il progetto non ebbe seguito. Sarebbe stata una tragedia perderlo.» Un uomo che apprezzava lo stile. Chissà quanti altri pregi nascondeva il mio affascinante coinquilino. Sebbene io, per lavoro, avessi a che fare con diplomatici e membri del governo, era raro incontrare persone tanto intriganti. 11


Quando raggiungemmo il piano terra, lui pose la mano sul chiavistello e fece una breve pausa. Era a un passo da me. Così pericolosamente vicino, che percepii la fragranza della sua colonia, penetrante e muschiata che m'invase i sensi, rendendomi famelica di un suo tocco. «Lei abita sotto di me» constatò. Sotto di lui. Pensai subito al sesso perché era dannatamente sexy. «Se dovessi suonare la musica troppo forte» proseguì, aprendo le porticine, «la prego di avvertirmi.» Rammentai d'aver udito lontane melodie di musica classica la notte precedente, ma la cosa non mi aveva disturbato, anzi. Avevo così scoperto che provenivano dal suo appartamento. «È stato bello prendere sonno con un sottofondo musicale» replicai, uscendo nell'atrio. «Mi fa piacere. Sono un produttore. Lavoro in uno studio durante il giorno ma, a volte, mi porto a casa qualche spezzone per poterlo ascoltare in un ambiente diverso.» Richiuse l'ascensore alle loro spalle. «Le grate devono essere chiuse con accuratezza o non entrerà in funzione, se altri inquilini dovessero chiamarlo.» Ci incamminammo verso le porte a vetri dell'entrata principale. «Allora, proverà nuovamente a salire nella gabbia?» Un sorriso sensuale indugiò sulle sue labbra e gli occhi scintillarono. Era evidente che fosse una domanda insidiosa, dato il modo in cui l'aveva pronunciata. Il sangue prese a scorrermi come un fiume in piena nelle vene, l'anticipazione mi stava sconvolgendo i sensi. «Oh, sì. Questa corsa mi è piaciuta tantissimo. Grazie mille.» Incrociai il suo sguardo e sorrisi appena. Volevo che lui comprendesse che ero interessata. Una single a Parigi non può non pensare d'incontrare persone nuove, benché, a dire la verità, avevo ritenuto che le opportunità si sarebbero presentate tramite il lavoro. 12


Uscendo, salutammo il portiere che troneggiava nella reception, un piccolo ufficio in vetro e legno in un lato dell'atrio. «Posso offrirle un passaggio?» Lui indicò una Mercedes nera, parcheggiata sul lato opposto della strada. «La ringrazio, ma un collega mi attende alla stazione della metro.» Avrei accettato se avessi potuto? Che domande. Certo che sì. Mi tuffai nei suoi intensi occhi azzurri e mi domandai che sensazione avrei provato se la sua bocca sensuale si fosse impossessata della mia. «Au revoir, Jennifer.» Rimasi senza fiato. Segnali d'allarme presero a lampeggiare nella mia mente. «Come sa il mio nome?» «Sono il suo padrone di casa, oltre che coinquilino.» Mi porse la mano. «Armand Lazare.» La potenza della sua stretta mi avvolse tutta, provocandomi una leggera vertigine. Quindi portò le mie dita alle labbra e le baciò. Non appena mi liberai dalla presa, per sorreggermi dovetti aggrapparmi al pilastro di marmo al lato dei gradini. Il mio soggiorno a Parigi stava iniziando nel migliore dei modi. «Au revoir» mormorai, mentre l'osservavo dirigersi verso la sua auto. Impossibile non ammirarlo. Alto e flessuoso come un felino, aveva spalle imponenti e fianchi stretti. Riacquistando una certa stabilità, mi diressi frettolosamente verso la stazione della metro, prima che lui si girasse e notasse la mia goffaggine. Quell'incontro continuò a frullarmi per la testa per l'intera giornata, i momenti nella gabbia con il mio coinquilino mi tormentarono nel profondo, ribollendomi nel sangue. La notte, sdraiata a letto, ascoltai le flebili note della musica proveniente dal piano superiore e, pensando a lui, mi accarezzai fino a raggiungere il delizioso apice del piacere. Il ritmo rock che si mescolava alla melodia classica pareva penetrarmi in profondità, sotto la pelle, alimentando le fiamme dei miei pensieri lascivi. Mi vedevo nella gabbia, appoggiata 13


alla struttura di ferro, con le sue mani su di me. Quando, quella mattina, mi aveva chiesto se stavo scendendo, nella mia mente era comparsa l'immagine di me, in ginocchio davanti a lui, mentre gli slacciavo la cintura dei pantaloni, sotto il suo sguardo intenso. Anche la sua colonia mi aveva inebriata, quando si era avvicinato. Non quanto avrei desiderato... Fissai il soffitto, immaginandolo sopra di me, nudo, eccitato e pronto a prendermi. A tempo di musica, mi accarezzai il clitoride con foga crescente, permettendo che le mie fantasie galoppassero selvagge, lasciando che Armand Lazare mi accendesse i sensi, fino a che non raggiunsi l'estasi. La mattina seguente, Armand stava correndo giù per le scale proprio mentre chiudevo a chiave la porta del mio appartamento. «Buongiorno, Jennie.» «Bonjour, Armand.» Era evidente che stessi sorridendo perché – per caso – ci eravamo nuovamente imbattuti l'uno nell'altro? Indicò l'ascensore. «Osiamo?» Intanto che chiudeva i chiavistelli e volgeva lo sguardo su di me, trassi un respiro profondo, assaporando la sensazione di trovarmi di nuovo con lui in uno spazio così ristretto. Sebbene non si muovesse, sembrava sul punto di assalirmi come una belva predatrice. Era il suo modo spontaneo d'essere, realizzai. «Ti piace il tuo lavoro all'ambasciata?» mi domandò, passando a darmi del tu con nonchalance, mentre scendevamo. Sul momento, la sua domanda mi spiazzò. Conosceva anche ciò che facevo. Dall'ambasciata, con tutta probabilità, era stato informato su chi avrebbe occupato l'appartamento che avevano affittato. Immaginavo cosa gli avessero riferito. Donna, single, addetta all'organizzazione di conferenze ed eventi. Chissà se lui era impegnato... Non l'avevo visto in compagnia di nessuna, ma questo non significava nulla. 14


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