Regole d'amore

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Lucy Gordon

Regole d'amore


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Rinaldo's Inherited Bride Gino's Arranged Bride Harlequin Mills & Boon Tender Romance © 2004 Lucy Gordon © 2004 Lucy Gordon Traduzioni di Paolo Bergaglio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Harmony Serie Jolly gennaio 2005 - febbraio 2005 Questa edizione myLit gennaio 2017 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2016 da CPI, Moravia MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 42 del 19/01/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Una strana ereditĂ



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Mi odiano, lo sento. Certo, Alex immaginava che i due fratelli Farnese – Rinaldo e Roberto – non l'avrebbero accolta a braccia aperte, ma l'atteggiamento di palese ostilità che le manifestarono la sorprese. E dire che avrebbe dovuto trovare con loro un accordo sull'eredità appena ricevuta! Lanciò un'occhiata di sottecchi a Rinaldo. In piedi davanti alla tomba del padre, l'uomo la fissava con aria gelida. Non sarebbe stato facile superare la diffidenza dei due fratelli. Tentò di rassicurarsi dicendosi che quell'espressione glaciale era imputabile anche alla vivida luce del sole italiano, capace di mettere in risalto anche la minima ombra. Forse sto esagerando, rifletté incrociando ancora lo sguardo di Rinaldo. Tagliente come una lama, pensò con un brivido. L'avvocato Isidoro, che seguiva gli affari italiani di Alex, le aveva illustrato l'aspetto fiero e sanguigno dei due fratelli Farnese; e ora che li aveva di fronte poteva notare anche quanto si somigliassero. Erano entrambi alti e longilinei, con brillanti e profondi occhi scuri. Roberto sembrava più giovane di qualche anno e 7


l'espressione del suo viso lo faceva apparire meno rigido, anche grazie ai riccioli che gli incorniciavano il volto. La bocca infantile gli conferiva un'aria indifesa, lasciando intendere anche una certa propensione allo scherzo. Al contrario i lineamenti di Rinaldo – fronte spaziosa e naso aquilino – non sembravano addolcire la sua rigida espressione. Chissà quanti anni aveva?, si domandò Alex. Più o meno quaranta, ipotizzò. Anche a quella distanza riusciva a percepire la forte tensione che sembrava tormentarlo, nonostante l'apparente autocontrollo. A tradirlo erano soprattutto la piega dura della bocca e la postura fiera del mento. Comprese immediatamente che non sarebbe stato facile stabilire un contatto con lui. Ma dopotutto non era lei quella che doveva sentirsi in colpa; era stato il loro padre a ipotecare un terzo della proprietà, prima di perdere la vita in un incidente automobilistico. «Vincente Farnese era un uomo affabile e di compagnia» le stava raccontando Isidoro, «ma per quanto riguardava gli affari, spesso si comportava in modo azzardato. Negli ultimi anni Rinaldo aveva assunto la gestione dell'azienda, ma solo all'apertura del testamento i figli hanno trovato l'amara sorpresa.» «Forse non avrei dovuto partecipare al funerale» osservò Alex. «Mi guardano con disprezzo, mentre io sono qui solo per rassicurarli sul fatto che concederò per primi a loro la possibilità di riscattare l'ipoteca.» «Alex, non dimentichi che la considerano un'usurpatrice, a cui non si sentono in dovere di concedere niente. Ma adesso è meglio andare.» Lei scosse la testa. «No, non ho intenzione di scappare» replicò. «Cosa potrebbero farmi?» Nonostante la reazione coraggiosa, sapeva perfetta8


mente di trovarsi in una situazione difficile. E dire che solo una settimana prima tutto le era sembrato così semplice... Ricordò quando aveva raccontato quella storia a David. Si trovavano a pranzo in un elegante ristorante londinese. «Splendido, Alex» aveva commentato lui, «questa eredità ti permetterà di diventare socia dello studio.» «Certo, e mi renderà la vita più facile» aveva aggiunto lei. Finalmente avrebbe potuto comprare la casa dove lei e David sarebbero andati a vivere dopo il matrimonio. David Edwards infatti faceva parte dei suoi progetti di vita: quarant'anni, affascinante, era a capo del prestigioso studio di commercialisti in cui lei lavorava da otto anni, dopo essersi laureata a pieni voti. In quel lungo periodo Alex era diventata una donna sicura di sé, oltre che una capace professionista, probabilmente anche grazie a David. Si era sentita subito attratta da lui, e credeva che il suo interesse fosse ricambiato, finché lui non aveva annunciato il fidanzamento con la figlia del socio anziano della ditta; la delusione l'aveva spinta a buttarsi a capofitto nel lavoro. Finché le sue capacità e la sua dedizione non le avevano permesso di acquisire prestigio e un notevole peso nell'azienda. Poi il socio anziano era andato in pensione lasciando il posto a David, il quale, non avendo più bisogno della sua influenza nel consiglio di amministrazione, aveva divorziato dalla figlia, sposata in precedenza. La trasformazione di Alex aveva coinvolto anche il suo aspetto esteriore, rendendola una sofisticata donna d'affari. Alta e sottile, portava i capelli biondi tagliati all'ultima moda. Negli ultimi mesi lei e David avevano iniziato a 9


frequentarsi, e allo studio chiunque avrebbe scommesso che nel giro di poco tempo sarebbero diventati gli indiscussi padroni del gruppo. L'eredità italiana era arrivata come la ciliegina sulla torta. «Naturalmente ci vorrà un po' di tempo prima che le cose si sistemino. Sarai coinvolta direttamente nella gestione della proprietà?» aveva indagato lui. «No, ho ereditato solamente il credito dallo zio Enrico. Solo nel caso in cui i fratelli Farnese non riuscissero a restituirmi il denaro potrei rivalermi su un terzo della proprietà. Naturalmente non saprei che farmene e la venderei, ma prima vorrei offrire a loro la possibilità di riscattarla.» «Non hai mai avuto molti contatti con i tuoi parenti italiani, vero?» «Ho incontrato lo zio Enrico un paio di volte. Era il fratello di mia madre, e come lei, aveva un temperamento piuttosto... focoso.» «Completamente diverso dal tuo.» Lei era scoppiata a ridere. «Come avrei potuto permettermi di essere passionale? Bastavano già i melodrammi della mamma. L'adoravo, ma ho sempre giudicato eccessivi i suoi atteggiamenti. Forse proprio per questo ho coltivato il mio lato razionale, in famiglia c'era bisogno di una persona controllata. Lo zio Enrico sottolineava spesso la somiglianza con mio padre, un perfetto inglese. Avevo solo dodici anni quando è morto, ma effettivamente ricordo il suo eccezionale self control.» «Allora hai preso da lui.» Alex aveva annuito. «Preferisco riflettere prima di agire. A sentire mia madre, mi sarebbe bastato visitare l'Italia per avere una vera rivelazione dei sensi. 10


Molto spesso parlavamo italiano, sai? Ho sempre considerato la Toscana un po' come la mia seconda patria. Purtroppo non abbiamo mai potuto andarci insieme, perché si è ammalata. L'ultima volta che ho incontrato lo zio è stato proprio al suo funerale, tre anni fa.» «Sei la sua unica erede?» «No, ci devono essere anche dei lontani cugini cui spettano lasciti minori. Sai, era un uomo ricco e senza figli. Abitava a Firenze e gli piaceva la bella vita. Era molto legato all'amico Vincente Farnese e alcuni anni fa gli aveva prestato un'ingente somma di denaro per risollevare le sorti della sua proprietà, la Belluna. Sono morti insieme nell'incidente automobilistico.» «Ma i figli di Farnese non erano stati messi al corrente dell'ipoteca?» «A quanto sembra no. Andrò a Firenze proprio per cercare un accordo con loro.» «Se non riuscissero a trovare il denaro per rimborsarti, dovrai vendere i tuoi diritti di credito a una terza persona, e i due fratelli potrebbero reagire in maniera spropositata.» «Non esagerare, David» aveva commentato lei sorridendo, «si dimostreranno ragionevoli. Sono sicura che troveremo una soluzione.» «Cosa?» aveva gridato Rinaldo. «Secondo gli avvocati dovrei mostrarmi ragionevole dopo aver scoperto il pasticcio combinato da papà?» «Anch'io non riesco a crederci» aveva mormorato suo fratello Roberto. «Non mi spiego come papà abbia potuto tenercelo nascosto.» Rinaldo si era avvicinato alla finestra, osservando il dolce paesaggio collinare dissolversi nella tenue 11


luce della sera. Era la terra dei suoi avi, e non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo. «Rinaldo, siamo noi gli eredi legali della Belluna e quella donna non riuscirà a portarcela via.» «Oh, sì invece» lo aveva contraddetto l'altro furibondo, «se non saldiamo il debito potrebbe diventare proprietaria di un terzo delle terre. Purtroppo abbiamo investito tutti i nostri soldi nella ristrutturazione dell'azienda. Abbiamo avuto raccolti buoni ma i lavori ci sono costati una fortuna. E dire che papà aveva parlato di una vincita alla lotteria quando mi aveva consegnato l'assegno...» «Eh, già, anch'io gli avevo creduto, almeno fino alla lettura del testamento. Del resto chi poteva immaginare che sarebbe morto così, all'improvviso? Probabilmente era sicuro di risolvere la faccenda a breve termine.» Roberto aveva guardato il fratello perplesso. «A proposito di quella inglese, hai avuto qualche informazione?» «Si chiama Alexandra Dacre, ha trent'anni circa, commercialista di Londra. Sarà la solita, fredda inglese» aveva decretato l'altro con uno sguardo gelido. «Purtroppo non abbiamo altra scelta che liberarci di lei il prima possibile.» «Rinaldo! Non sarai impazzito, per...» «Calmati, Roberto, non sto architettando un omicidio.» Il solo pensiero però gli aveva provocato un involontario sorriso. «Anche se non sarebbe un'idea da scartare a priori... In ogni modo, preferisco ricorrere a mezzi legali.» «Allora saremo costretti a liquidarla con un assegno.» «Con quale denaro? Abbiamo investito tutto nella tenuta e una banca ci applicherebbe tassi altissimi per 12


un prestito.» Dopo un attimo di esitazione, Rinaldo aveva continuato: «Piuttosto, l'avvocato mi ha fatto notare che Alexandra è single, e ha ventilato l'idea che uno di noi potrebbe sposarla». Convinto che il fratello scherzasse, l'altro era scoppiato a ridere, apparendo ancora più giovane dei suoi ventisette anni. «Oh certo, che idea brillante!» «Comunque, dovremo incontrarla. Non penso che oserà presentarsi al funerale di papà» aveva replicato lui. «Adesso vieni, Teresa sta apparecchiando per la cena.» Avevano trovato Teresa – l'anziana domestica di casa – in lacrime, come le succedeva spesso dalla morte di Vincente. Rinaldo le si era avvicinato appoggiandole gentilmente una mano sulla spalla per consolarla. «Teresa, sai che papà non avrebbe sopportato di vederti così.» «Aveva sempre il sorriso sulle labbra» aveva annuito la donna smettendo di lacrimare mentre osservava il posto vuoto a capotavola, «anche quando il raccolto non era buono. E amava scherzare. Vi ricordate le sue battute?» Teresa si era avvicinata a Roberto abbracciandolo con affetto. Era il più emotivo dei due. Rinaldo, invece, era piuttosto ombroso, forse perché le esperienze dolorose della vita lo avevano già segnato. Aveva perso la moglie Maria e il bambino che lei portava in grembo due anni appena dopo il matrimonio; ora il bimbo avrebbe avuto quasi dieci anni e se Maria fosse stata viva, avrebbe probabilmente avuto altri figli per rallegrare l'atmosfera di quella grande casa. Invece gli erano rimasti solo suo fratello Roberto e quell'anziana balia, che lo amava come un figlio. Negli 13


ultimi anni Rinaldo si era particolarmente affezionato anche a Brutus, un grosso cane che Maria aveva adottato. Proprio in quell'istante l'animale era entrato in sala da pranzo e nonostante l'occhiataccia di Teresa, era andato a sdraiarsi sotto il tavolo, ai piedi del padrone. Roberto non aveva dimenticato le parole del fratello. «Allora, Rinaldo, chi di noi due dovrà sacrificarsi e sposare l'inglese?» «Immagino che dovrei farlo io, vero?» Sul suo viso si era dipinta un'espressione beffarda. «Suppongo che, vista la tua irrequietezza, non saresti il marito ideale per un'inglese interessata esclusivamente al denaro.» «Te ne occuperai tu, allora.» «No, grazie tante.» «Dopotutto sei il capofamiglia.» «Se non la smetti di dire stupidaggini ti rovescio il bicchiere di vino in testa» lo aveva minacciato l'altro senza lasciarsi intenerire dal suo sguardo innocente. «Ma dovremo pure reagire in qualche modo!» «Allora cerca di farti venire qualche idea.» «Ne ho già una» aveva replicato Roberto soddisfatto. «Perché non ce la giochiamo a testa o croce? Chi perde dovrà sposarla.» «Quando inizierai a crescere?» «Ehi, sto parlando sul serio! Lasciamo che sia il destino a decidere.» «E va bene, per stasera starò allo scherzo, ma dopo vedi di smetterla con le tue stravaganze.» Roberto aveva estratto una moneta dalla tasca e l'aveva lanciata in aria. «Io scelgo croce, fratellone...» Era rimasto a fissare il dischetto metallico che piroettava nell'aria prima di ricadere sul palmo della 14


sua mano. «Testa!» aveva esclamato trionfante. «Toccherà a te, Rinaldo. L'inglese è tutta tua.» Lui aveva fissato la moneta con aria torva. Poi aveva parlato, in tono grave. «Grazie, ma non sono interessato.» Poi si era alzato, dirigendosi verso la camera da letto. Ne aveva abbastanza della spensieratezza di suo fratello. Quella notte Rinaldo non era riuscito a prendere sonno. Si era alzato dal letto ed era sceso in cortile. La luce della luna rendeva ancora più dolci le colline che circondavano la casa. Quella era la terra dei suoi avi e aveva il dovere di non perderla. Tanti anni prima, sull'erba di un prato, aveva fatto per la prima volta l'amore con una ragazza che profumava di fiori, e dopo le aveva dichiarato il suo amore. «Presto ci sposeremo e rimarremo sempre insieme» le aveva promesso. Maria si era abbandonata a lui con tenerezza e fiducia, donandogli il suo acerbo corpo di ragazza. La loro felicità però era durata poco: meno di due anni dopo il matrimonio Rinaldo aveva dovuto dire addio a lei e al bambino che portava in grembo. Da allora aveva chiuso la porta del proprio cuore. Si era ritrovato a passeggiare per il cortile a occhi chiusi, inalando l'aria profumata dell'estate. Non sopportava l'idea di perdere la Belluna. Non avrebbe permesso a quella inglese di portargliela via. Gli erano tornati alla mente vecchi ricordi, quando papà Vincente giocava con lui e Roberto. Aveva sempre amato quel padre forte e fiducioso nel futuro, fermamente convinto della bontà del suo prossimo. Aveva trasmesso anche ai figli quella convinzione. A 15


un tratto a quelle immagini se ne erano sovrapposte altre, piÚ dolorose. Davanti agli occhi gli era apparsa la faccia dell'anziano genitore, contorta in un ghigno beffardo mentre rideva sul debito che aveva contratto. Lo aveva considerato alla stregua di uno scherzo, rammentò Rinaldo con amarezza. Probabilmente non si era reso conto del pericolo che avrebbe fatto correre alla famiglia e forse era proprio quello il motivo per cui non aveva detto loro niente. Nonostante tutto l'affetto che Rinaldo provava per il padre, in quel momento scoprÏ di essere ancora furioso con lui. L'oscurità della notte aveva lentamente ceduto il passo ai primi chiarori dell'alba. Assorto in quei pensieri amari si era reso conto di aver percorso parecchi chilometri dentro la tenuta. E dopo aver rivolto un cupo pensiero alla donna che avrebbe incontrato l'indomani, si era diretto lentamente verso casa.

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