ROM65 LA PARTITA DELLA VITA

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30-01-2007

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Susan Wiggs

La partita della vita


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Fireside Mira Books © 2009 Susan Wiggs Traduzione di Marina Boagno Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance febbraio 2010 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2010 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 65 del 13/2/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 72 del 6/2/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Aeroporto La Guardia Salone C Cancello 21 Gli occhiali scuri non riuscivano a nascondere niente, in realtà. Quando la gente vede qualcuno con gli occhiali scuri in una nuvolosa giornata invernale, trae la conclusione che quella persona nasconda il fatto di aver bevuto o pianto o di essere stata coinvolta in una rissa. Oppure tutt'e tre le cose insieme. In quasi tutte le circostanze, a Kimberly van Dorn piaceva essere al centro dell'attenzione. La sera precedente, quando aveva indossato il suo abito d'alta moda con uno spacco più che provocante, l'intento era stato quello di attirare più sguardi possibile. Non aveva previsto che la serata sarebbe andata a finire in un modo tanto disastroso. Come avrebbe potuto? Ora, alla fine di un volo lungo e massacrante, continuò a indossare gli occhiali mentre l'aereo atterrava e rullava fino a fermarsi. Classe economica. Non viaggiava mai in classe economica. La sera precedente, però, non c'erano stati posti disponibili in prima classe e lei si era ritrovata nel sedile 29-E, nel mezzo della fila centrale, circondata da sconosciuti. Qualche volta il bisogno di scappare era più forte del bisogno di avere spazio per le gambe. Anche se quella mattina le sue gambe indolenzite avrebbero a5


vuto parecchio da ridire su quel punto. Comunque fosse... chi diavolo aveva concepito la classe economica? Era certa di avere sulla spalla il segno dell'orecchio del suo vicino. Dopo la quarta birra si era appisolato, e la sua testa aveva preso a ciondolare in direzione di Kim. Che cosa c'era di peggio di un uomo con la testa ciondolante? Un uomo con la testa ciondolante e l'alito che sapeva di birra, pensò Kim, arcigna, cercando di scrollarsi di dosso lo strazio dello scomodo volo transcontinentale. Ma i ricordi persistevano, come il dolore alle gambe... il tizio che russava con la testa ciondolante e, dall'altra parte, un anziano signore dalla loquacità incontenibile, che aveva parlato per ore delle sua insonnia. E della sua borsite. E del suo ignobile genero, del suo debole per le patate dolci fritte e il suo scarso gradimento per il film con Jude Law che Kim faceva finta di guardare nella speranza che l'uomo chiudesse la bocca. Ecco perché non volava mai in economica. Eppure quel viaggio da incubo non era la cosa peggiore che le fosse accaduta di recente. Tutt'altro. Si fermò in mezzo al corridoio, aspettando che le persone che occupavano le ventotto file davanti a lei scendessero dall'aereo. L'attesa le parve interminabile. La gente rovistava nei portaoggetti sopra le poltrone e radunava le proprie cose mentre parlava al cellulare. Kim tirò fuori il proprio telefono, indugiando con il pollice sul tasto di accensione. Prima o poi avrebbe dovuto telefonare a sua madre per farle sapere che stava andando a casa. Non in quel momento, però, si disse riponendo il cellulare. Era troppo sfinita per riuscire a dire qualcosa di sensato. Adesso che era arrivata, non aveva poi tutta questa fretta. In realtà era totalmente impreparata ad affrontare un deprimente mattino invernale a New York. Ignorando le occhiate degli altri passeggeri, cercò di comportarsi 6


come se viaggiare con addosso un abito da sera fosse un fatto assolutamente normale per lei e sperò che la gente si limitasse a ipotizzare che fosse vittima di uno smarrimento di bagagli. Se solo fosse stato così semplice... Mentre avanzava lentamente lungo l'angusto corridoio della classe economica, senza dubbio si sentiva una vittima. In più di un senso. Si lasciava dietro una scia di lustrini. C'era una ragione se indumenti come quello erano definiti abiti da sera. L'abito di raso tempestato di lustrini era concepito per essere indossato nella romantica semioscurità di un club privato, a lume di candela. Non nella piena, spietata luce di un sabato mattina. Era buffo, pensò Kim, come anche un vestito d'alta moda comprato da Shantung in Rodeo Drive riuscisse ad apparire pacchiano alla luce del sole. Specialmente se abbinato a un spacco laterale, gambe nude e scarpe coi tacchi a spillo aperte in punta e con lacci incrociati intorno alle caviglie. Solo la sera precedente ogni dettaglio aveva sussurrato classe. Ora quell'abbigliamento gridava squillo. Non c'era da stupirsi se Kim si stava attirando strane occhiate. Ma la sera prima, nel bel mezzo di tutto quanto era successo, Kim non aveva pensato al mattino dopo. Aveva pensato solo ad andare via. Sembrava che fosse passato un milione di anni da quando si era vestita con tanta cura, piena di speranza e ottimismo. Lloyd Johnson, star dei Lakers e più importante cliente dell'agenzia di pubbliche relazioni per cui Kim lavorava, era all'apice della carriera. E, fatto più importante per Kimberly, aveva trovato la casa dei suoi sogni a Manhattan Beach. Progettavano di andare a viverci insieme. Sarebbe dovuta essere la serata di Kim, un momento di trionfo, forse anche un'occasione per cambiare vita, se Lloyd avesse deciso di chiederle di sposarlo. Be', in effetti la vita di Kim era cambiata... solo 7


non nel modo in cui sperava. Aveva investito tutto nella sua carriera di press agent sportivo. E dalla sera alla mattina tutto era andato in frantumi. Riuscì finalmente a raggiungere l'uscita, mormorando un ringraziamento agli assistenti di volo. Non avevano colpa se il viaggio era stato tanto scomodo e anche loro erano stati svegli tutta la notte. Poi, giusto mentre metteva piede nel corridoio telescopico che conduceva al terminal, la porta di sicurezza si aprì e comparve un addetto di terra, in tuta e auricolari, portando con sé una folata di vendo gelido. L'aria ghiacciata l'aggredì letteralmente, incollandole addosso il vestito di seta, che le avvolse le gambe nude. Sussultando, con la mano sinistra si strinse lo scialle con le frange attorno alle spalle scoperte, l'unico indumento utile a difenderla dal freddo che avesse con sé, mentre con la destra teneva la borsetta da sera tempestata di pietre dure. Buon Dio, Kim aveva dimenticato che il freddo della costa orientale non aveva eguali in alcuna parte della California. Fece per trattenere i lunghi capelli rossi, ma era troppo tardi. Erano già stati violentemente gonfiati dal vento, e inoltre era praticamente certa di aver perso un orecchino. Di bene in meglio. A testa alta, Kim sbucò dal corridoio ed entrò nel terminal, camminando a passo misurato; anche le scarpe con dieci centimetri di tacco adesso erano una tortura. Maledicendo tra sé le scarpe d'alta moda e stringendosi ancora di più nello scialle di seta, studiò il salone in cerca di un negozio aperto in cui procurarsi qualcosa da indossare per l'ultima tappa del suo viaggio, fino alla cittadina di Avalon, su nelle Catskills Mountains, dove viveva ora sua madre. La sera precedente non avrebbe avuto il tempo di prendere al volo qualche indumento, nemmeno se fosse stata in grado di ragionare normalmente. Era riuscita a salire sull'aereo solo pochi minuti prima del decollo. 8


Con sommo disappunto, Kim dovette prendere atto che tutte le bancarelle e i negozi intorno a lei erano ancora chiusi. Non aveva mai desiderato tanto un paio di infradito e una maglietta con la scritta I Love NY. Doveva fare una camminata molto lunga per raggiungere la sala d'attesa del nuovo aereo, specialmente con quei tacchi. Passò accanto a persone avvolte in caldi indumenti invernali, fingendo di non notare gli sguardi indagatori e i commenti bisbigliati dietro a mani confortevolmente guantate. In condizioni normali, l'opinione della gente era la sua principale preoccupazione. Ma non quel giorno. Era troppo stanca per curarsi di ciò che la gente diceva di lei. Più avanti c'era un uomo, appoggiato a una parete, che la stava fissando. Okay, un sacco di uomini la fissava, dal momento che era combinata come se fosse fuggita da una convention di squillo. Doveva essere alto più di un metro e novanta, aveva i capelli lunghi e indossava pantaloni cargo e un parka militare con il cappuccio bordato di pelliccia. Kim commise la sciocchezza di non riuscire a ignorarlo. Gli uomini erano la sua rovina, avrebbe dovuto saperlo. E - Oh no, Signore, ti prego - quel tizio si staccò pigramente dal muro e parve incamminarsi verso di lei. Più in fretta di quando sarebbe stato prudente con quei tacchi, Kim puntò verso il tappeto mobile, desiderando che si trasformasse in un tappeto volante che la portasse lontano dai suoi guai. Al primo passo sentì uno dei tacchi affondare tra i solchi. Stringendo i denti, cercò di liberare il piede con uno strattone, ma riuscì solo ad affondare il secondo tacco in un altro solco. E proprio nel momento in cui pensava che quella giornata non sarebbe potuta andare peggio.

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