TERRI BRISBIN
Seducente ossessione
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Storm of Pleasure Brava Books - Kensington Publishing Corp., New York © 2010 Theresa S. Brisbin Traduzione di Francesca Barbanera Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction aprile 2014 Questo volume è stato stampato nel marzo 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 28 del 23/04/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo
Isola di Gairsay, Contea di Orkney, aprile 1098 d.C. Il sole si era appena levato all'orizzonte quando gli uomini del Conte Magnus entrarono nel villaggio. Le bastarono pochi istanti per capire che non erano andati lì con l'intenzione di rendere omaggio a suo padre per i servigi prestati. Al contrario, le loro spade si stagliavano minacciose contro il cielo grigio e nuvoloso. Nel momento in cui sentì le grida potenti e il tono imperioso con cui chiedevano che suo padre e suo fratello si presentassero al conte, Katla Svensdottir fu certa che da quella visita mattiniera non c'era da aspettarsi nulla di buono. Si buttò il mantello sulle spalle e si coprì i capelli con uno scialle, poi uscì in punta di piedi e si avvicinò furtivamente al gruppo di uomini, spostandosi di lato. Sfruttando i numerosi capanni circostanti per non far notare i suoi movimenti, avanzò fino a raggiungere un punto in cui poteva osservare e sentire tutto, senza essere scoperta. Incontrò gli occhi di suo fratello Kali proprio mentre gli uomini lo trascinavano accanto al padre. Lo vide stringere le palpebre con fare minaccioso, per intimarle silenziosamente di stare lontana. 5
Sven Rognvaldson era un uomo grande e grosso e, sebbene i capelli fossero ingrigiti a causa dell'età, le sue spalle erano ancora ampie e muscolose, forgiate da anni e anni di duro lavoro e combattimenti. La sua voce stentorea, caratterizzata da una nota grave e autoritaria, riusciva sempre a provocare un brivido lungo la schiena di Katla. E, se c'era una cosa su cui non aveva dubbi, era che suo padre non lasciava mai cadere nel nulla un'insinuazione o un'offesa all'onore. Numerosi uomini erano caduti sotto la sua spada per aver dubitato delle sue azioni o delle sue intenzioni. Katla si schiacciò contro la parete del granaio, mantenendosi però abbastanza vicina agli uomini da poter sentire cosa dicevano. «Con che diritto osate fare una cosa del genere?» tuonò Sven con una voce tanto possente e rabbiosa che le parve di sentire tremare la parete a cui era appoggiata. «Siamo qui in nome del Conte Magnus» replicò uno degli uomini gridando, anche se non quanto suo padre. «Esige che vi presentiate a Birsay domani, per rispondere delle accuse che gravano su di voi.» A quel punto, Katla non riuscì a trattenersi dal fare un passo in avanti per avvicinarsi alla comitiva. Nessuno avrebbe mai osato sfidare suo padre in quel modo senza il permesso del conte e, per avere il suo consenso, la questione doveva essere della massima importanza. Il conte non era solito immischiarsi negli affari personali dei suoi sottoposti e non si intrometteva nella gestione delle terre e degli uomini al loro comando. Fintanto che nessuno di loro si appropriava indebitamente di terre, bestiame o schiavi di un altro, il conte si occupava solo di cose utili a riempirsi le tasche, a popolare le stalle e ad accrescere il suo prestigio agli occhi del re. 6
Alcune persone che si erano fermate a guardare la scena, si voltarono verso Katla che avanzava, un passo dopo l'altro, mostrandosi agli occhi di tutti, sebbene non fosse al centro del clamore. Non ancora, almeno. Attese che suo padre ottenesse maggiori informazioni; lo conosceva abbastanza bene da sapere che in quel momento stava valutando le varie possibilità di reazione. Fuga? Combattimento? Arresa? Osservò il suo volto cambiare espressione mentre le tre alternative attraversavano i suoi pensieri. Arrendersi era l'unica scelta che non avrebbe mai fatto, e sembrava che i soldati lo sapessero. Tutto a un tratto, la postura degli uomini si irrigidì e l'atmosfera si fece tesa mentre Sven muoveva un passo verso l'inviato del conte, ringhiando una domanda con rabbia ma a bassa voce, in modo che solo loro due potessero udire. L'uomo di Magnus divenne paonazzo per la collera mentre gonfiava il petto, raddrizzava la schiena e divaricava le gambe. Katla, così come gli altri spettatori, capì subito che si stava preparando a combattere. Suo padre sguainò la spada in un batter d'occhio, ma un altro soldato del conte lo precedette e colpì per primo... mirando al petto! In quel preciso istante, si scatenò il putiferio e ci vollero svariati minuti prima che tornasse l'ordine. Katla si fece largo, spintonando due soldati, e si accovacciò sul terreno freddo, di fianco al padre. Dal petto dilaniato sgorgava sangue a fiotti: la fine era ormai vicina. Di tutti i modi in cui si sarebbe aspettata di vederlo morire, quello era il più assurdo. Il dolore e la sorpresa per ciò che stava accadendo minacciarono di sopraffarla, finché non sentì che lui le stringeva un polso. Si chinò in avanti e scrutò attentamente il suo volto, mentre sentiva il fratello discutere animatamente poco più in là. 7
«Ragazza mia» gracidò Sven, allo stremo delle forze. «Katla.» Lo osservò lottare con tutto se stesso per non sprecare i pochi istanti di vita che gli restavano. «Sì, padre?» «Salvalo» le ordinò con molto più vigore di quanto si sarebbe mai potuta aspettare. «Fa' tutto ciò che è necessario, ma salvalo.» «Come?» gli domandò in un sussurro. «Dimmi come!» Kali era di due anni più giovane di lei e, sebbene fosse il principale erede delle terre e del potere del loro padre, spesso si comportava ancora come un ragazzino sciocco e insolente. Nonostante fossero nati da madri diverse, erano molto più legati di gran parte dei fratelli di sangue e il più giovane accettava di buon grado i consigli di Katla, perfino quando ignorava le opinioni di tutti gli altri. «Devi trovare il modo» rantolò il padre in un sospiro strozzato. Gli allarmanti gorgoglii che gli fuoriuscivano dalla gola e dal petto aumentarono finché non riuscì più a parlare. Katla non poté far altro che restare ferma a guardarlo con orrore mentre esalava l'ultimo respiro e si immobilizzava per sempre. Le parve che ogni cosa intorno a lei si fosse fermata e che tutti i rumori fossero svaniti mentre tentava di scrollarsi di dosso una mano che la strattonava con forza per una spalla. Il silenzio sempre più cupo era rotto soltanto dal rumore dei suoi respiri e dal battito selvaggio del cuore. Nelle orecchie sentiva riecheggiare un singolare fruscio, diverso da qualunque cosa avesse mai provato in vita sua. Guardandosi attorno, si rese conto che tutti i presenti stavano fissando sgomenti lei e l'uomo disteso a terra. Si voltò di nuovo verso il padre e notò che il sangue era colato dalla ferita sul terreno, fin sotto le sue ginocchia, e la stretta intor8
no al suo polso si era allentata tanto da permetterle di spostarsi. Salvalo, le aveva ordinato. Katla volse lo sguardo verso Kali, pallido e sconvolto, e capì che il fratello stava cercando di capire se doveva seguire l'esempio del padre o no. Si alzò in piedi, cercando di farsi venire in mente parole che potessero essergli d'aiuto. Ancora non sapeva perché il conte li avesse convocati presso di sé, né come mai suo padre avesse sferrato un attacco in maniera tanto avventata, quando non aveva accanto i suoi uomini ad aumentare le probabilità di successo. Salvalo. Quella parola continuava a riecheggiarle nella mente, mentre percorreva la breve distanza che la separava dall'uomo che aveva ucciso suo padre, l'uomo che ora aveva in mano il destino di tutti i presenti. Salvalo. «Il conte vi ha ordinato di commettere un simile atto?» chiese al comandante. «Vi ha mandato lui da Sven Rognvaldson?» Katla si erse in tutta la sua altezza e gli lanciò un'occhiata minacciosa e feroce, come solo la figlia di Sven poteva fare; era uno sguardo che aveva imparato a padroneggiare fin da bambina, talmente simile a quello del padre da riuscire sempre a strappare un'esclamazione stupita al destinatario. «Io sono Harald Erlendson, fedele servitore del Conte Magnus, incaricato di portare il traditore Sven Rognvaldson di fronte alla giustizia.» Katla restò senza fiato, sconvolta sia dall'insulto sia dall'idea che qualcuno potesse dubitare di suo padre. «Lui stesso ha causato la propria morte...» «Non c'è da stupirsi che abbia sguainato la spada alle vostre parole» commentò lei freddamente, sputando in terra. 9
«Nessuno può avanzare una simile accusa a mio padre senza aspettarsi che...» Mentre pronunciava quelle parole, ebbe come un'illuminazione. I soldati sapevano fin dall'inizio che suo padre avrebbe attaccato e questo aveva fornito loro il pretesto perfetto per ucciderlo. Lo avevano indotto ad aggredirli e lui aveva reagito come speravano, fornendo la scusa ideale per giustiziarlo, senza dargli la possibilità di difendere l'onore. «E mio fratello? Perché ha convocato anche lui?» Katla sentì il sangue gelarsi nelle vene mentre pregava con tutto il cuore che Kali non seguisse l'esempio del padre, dando ai quegli uomini una buona ragione per colpirlo e ucciderlo. «Anche lui si è macchiato di tradimento contro il conte» annunciò l'uomo a gran voce in modo che tutti potessero sentirlo. Dalla folla si sollevarono gridolini increduli e mormorii; Katla sospettava che fosse proprio per questo che l'uomo aveva pronunciato quella frase a gran voce. Tutta quella vicenda poteva essere gestita in maniera completamente diversa. Dichiarare le accuse in pubblico rendeva l'offesa ancora più grave. Tutto a un tratto, Kali si divincolò dalla stretta degli uomini che lo tenevano fermo e Katla capì immediatamente che stava per estrarre un'arma. Si precipitò da lui e gli si parò di fronte. «Fermo, Kali!» esclamò. «È una trappola. Non opporre resistenza.» Per una volta, il giovane decise di non mettere la vanità prima del buonsenso e smise di ribellarsi. «Non dar loro un pretesto per ucciderti come hanno fatto con nostro padre» gli sussurrò mentre i soldati lo riacciuffavano. Katla si voltò verso Harald Erlendson, decisa ad affrontarlo pubblicamente e con coraggio. Riteneva che fosse l'unico 10
modo per impedire che giustiziassero Kali, perché ormai era certa che il vero obiettivo fosse uccidere anche lui. «Avete la prova del tradimento, Harald Erlendson? Coloro i quali puntano il dito contro mio padre e mio fratello hanno reso noto il loro nome in quanto accusatori? Chi è stato a parlare con il conte?» A giudicare dal rossore delle guance e dal modo in cui lo sguardo dell'uomo si era incupito, Katla capì di aver toccato un argomento che si voleva tenere nascosto. Decise di incalzarlo. «Se siete davvero un uomo d'onore, non permetterete che questa cosa vada avanti, Harald Erlendson.» Incrociò le braccia sul petto e lo fissò con insistenza, in attesa che decidesse se raccogliere o rifiutare la sfida. Lei era solo una donna, ragion per cui Erlendson poteva semplicemente ignorarla senza rischiare di perdere prestigio, ma le voci sulle mancate risposte si sarebbero diffuse in fretta. «Farete in modo che mio fratello viva fino a potersi presentare dal conte per farsi giudicare?» I presenti rimasero in trepidante attesa, Katla no. Avanzò sicura e abbassò la voce in modo che nessun altro potesse sentirla. «Vi sarei debitrice, Harald Erlendson. Se poteste assicurarvi che mio fratello giunga sano e salvo dal conte e venga giudicato in base alle prove...» Si interruppe un momento e lo fissò negli occhi. «... sarei in debito con voi.» Anche se, a differenza delle coetanee, non si era mai trovata a dover sfruttare le proprie grazie o a civettare con gli uomini, di tanto in tanto aveva fatto un po' di pratica nel tentativo di attirare l'attenzione del giovane Bjarni Einarson. Suo padre l'avrebbe certamente punita se avesse saputo una cosa del genere, ma in quel momento lei fu molto felice di aver 11
imparato a parlare con voce suadente e ad addolcire lo sguardo – talvolta troppo tagliente – battendo le folte ciglia con malizia. Così fece, ben consapevole che stava offrendo molto più di un semplice ringraziamento all'uomo potente da cui dipendeva la vita del fratello, e la propria. Notò che il volto dell'uomo riprendeva colore e che nei suoi occhi scuri si accendeva la fiamma della lussuria. Venne scossa da un tremore al pensiero di ciò che gli stava promettendo. Raddrizzò le spalle e annuì, dando il tacito consenso a pagare il prezzo di quello scambio. Se suo padre fosse stato ancora in vita, quell'uomo non sarebbe stato degno di chiedergli la mano di Katla perché era di rango troppo inferiore, ma negli ultimi caotici minuti era cambiato tutto. Ora l'orgogliosa figlia di uno dei feudatari più potenti della Contea di Orkney aveva barattato il proprio corpo e la propria virtù con la promessa, anzi, la speranza di ricevere aiuto. Harald iniziò a gridare ordini ai suoi uomini e, nemmeno un'ora dopo, Katla si ritrovò a lasciare il villaggio come loro prigioniera. Ormai la sua sorte era un'incognita tanto quanto quella del fratello. Suo padre le aveva detto di fare tutto ciò che era necessario per salvare Kali e lei avrebbe tentato con ogni mezzo di accontentarlo, qualunque fosse stato il prezzo da pagare.
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Costa nordoccidentale, territorio del Sutherland, Scozia, tre mesi dopo Gavin inspirò profondamente e soffiò fuori l'aria. Ripeté quel gesto ancora e ancora, tentando di combattere il lancinante dolore che gli trafiggeva la testa. Si costrinse a reprimere l'impulso di bere il disgustoso intruglio che gli era stato portato da uno dei guaritori più famigerati. Intanto, continuava a fare del proprio meglio per allontanare il rumore sempre più assordante che lo circondava. Il novilunio doveva ancora incominciare e già lui sentiva che presto le sue sofferenze sarebbero divenute insopportabili. E i maledetti rumori nella testa, poi, lo assalivano ogni giorno con più intensità! Prese un altro respiro profondo. E un altro ancora. Nessun sollievo. Solo dolore, sempre di più, e rumori assordanti che gli riempivano il cervello fino a fargli desiderare di gettarsi giù dalla scogliera e spaccarsi la testa, per farla finita. Afferrò l'amaro intruglio e decise di cedere alle proprie debolezze, cercando quel poco di sollievo che il liquido poteva offrirgli. Tolse il tappo e mandò giù il contenuto della botti13
glia, un sorso dopo l'altro, fino a vuotarla completamente. L'anziano rugoso strinse gli occhi e osservò Gavin scolarsi il preparato senza dire una parola. Rimase in silenzio a guardarlo, come se pensasse che stava per accadere qualcosa di terribile. Per qualche lungo istante, il rimedio a base di erbe si agitò rumorosamente nello stomaco di Gavin, che temette di rigettare tutto sul pavimento, ma presto il subbuglio si placò. «E adesso?» chiese l'anziano, avvicinandosi e fiutando l'aria, come se avesse colto un cambiamento evidente nell'odore del suo corpo. Perfino quelle due parole quasi sussurrate parvero trafiggere il capo di Gavin con violenza, peggiorando il frastuono e il dolore che lo affliggevano, torture che lo perseguitavano incessantemente da mesi. «Argh!» gridò, lanciando la bottiglia vuota contro la parete della grotta. «Non funziona neanche un po'!» Si afferrò la testa tra le mani e premette forte il cranio in un disperato tentativo di alleviare la sofferenza. Davvero disperato. «Va' via!» ringhiò, spingendo l'uomo fino all'uscita della grotta, dove le onde del mare lambivano le pareti rocciose. «Va' via!» Cadde in ginocchio con una smorfia di dolore e strinse forte i denti mentre il guaritore gli passava accanto in tutta fretta. Non riuscì a provare neanche un briciolo di pena per quel vecchio dall'andatura zoppicante che veniva investito dalle onde gelide dell'oceano. La sofferenza lo aveva svuotato di ogni comprensione e umanità. Mentre il suo servitore lo faceva salire su una piccola imbarcazione e lo traghettava lungo lo stretto passaggio che conduceva fino alla grotta, Gavin crollò sul pavimento di 14
fredda roccia e pregò che l'infuso funzionasse. Poi, tutto a un tratto, accadde. Il dolore non si placò, ma ci fu una momentanea interruzione dell'assordante frastuono che gli spaccava i timpani senza sosta. Fu solo per pochi istanti, ma il sollievo che provò fu una vera benedizione. Finalmente nelle sue orecchie c'era solo... silenzio. Non un rumore a turbare i suoi pensieri, solo il regolare infrangersi delle onde e lo scorrere del fiume che, dalla foce poco sopra la sua caverna, si gettava nel mare. Niente. Ma, così come era arrivata, la quiete se ne andò e il frastuono martellante riprese con la stessa intensità di sempre. Lui si alzò in piedi a fatica, si scostò i capelli dagli occhi e cercò di individuare la causa di quella breve interruzione. Il servitore se n'era andato per riportare il guaritore al suo villaggio, più a ovest, lungo la costa. Nessuno restava mai accanto a Gavin, nemmeno le donne che il conte gli mandava per soddisfare le sue esigenze, quando si avvicinavano le visioni. I suoi unici compagni erano il frastuono – un fragore incessante e in continuo aumento che lo faceva impazzire – e l'immancabile dolore fisico che lo caratterizzava. Inciampò e cadde sul pavimento di pietra. Sentì le membra diventare pesanti come macigni, mentre le palpebre si abbassavano inesorabilmente. Ah, allora l'intruglio del guaritore aveva operato qualche cambiamento, dopotutto. Si mise in ginocchio a fatica e si trascinò fino al punto più asciutto della grotta, in cerca di un posto in cui accasciarsi, in attesa che la mistura facesse effetto. Mentre l'infuso lo faceva sprofondare in uno strano torpore, venne di nuovo avvolto dal silenzio. Stavolta gli parve che la quiete provenisse da una direzione precisa e non poté trat15
tenere una risata amara per l'assurdità di una simile sensazione. Come era possibile che il silenzio avesse origine in un luogo preciso? Si sforzò di aprire gli occhi e li volse verso il punto in cui il silenzio gli pareva più intenso. E, di nuovo, la pace se ne andò così come era arrivata. Chiuse gli occhi, rendendosi conto che, in fondo, le sensazioni provocate da quell'infuso non erano tanto male. Sebbene non avesse alleviato né il dolore né il trambusto, era riuscito a rilassarlo piacevolmente. Forse avrebbe chiesto a Haakon di riportare indietro quel guaritore. Sprofondò ancora di più in uno stato letargico finché il suo corpo non cominciò a comportarsi come quando si avvicinavano le rivelazioni. Venne pervaso da un intenso desiderio sessuale che gli percorse le vene e la pelle fino a raggiungere il membro eccitato. Provò a concentrarsi sugli effetti calmanti dell'infuso per rilassarsi e tenere a bada il bisogno crescente che si agitava in lui ma, proprio come i rumori incessanti che tormentavano la sua mente, quel desiderio non poteva essere ignorato. Dato che sarebbero passate ore prima che Haakon – l'unico autorizzato a portare donne nella grotta, suo rifugio inviolabile – facesse ritorno, non aveva alcuna possibilità di domare l'improvviso incendio nel suo sangue. Be', in realtà un modo c'era, ma non era appagante come dare sfogo agli impulsi sprofondando nel calore accogliente di una donna. Gavin si coprì gli occhi con un braccio e iniziò a fare respiri profondi, nel tentativo di calmare il desiderio carnale e il fragore che gli riempiva la testa. Proprio mentre abbassava la mano per darsi soddisfazione in solitudine, sentì qualcosa che lo costrinse a fermarsi. Non un altro momento di silenzio, ma un rumore di passi, lì accanto. 16
Non era affatto insolito che l'odore prodotto dal suo corpo avesse richiamato una donna. Era già successo in passato e, sicuramente, sarebbe successo ancora. Era successo ancora. Qualunque fosse la forza che controllava il suo potere di sentire e rivelare le verità nascoste nelle menti e nei cuori altrui, gli consentiva anche di soddisfare sempre il bisogno di sesso. Il fatto che lui desiderasse o meno un'amante sembrava avere poca importanza; il suo corpo lanciava un segnale e le donne rispondevano subito. In quel momento, nonostante l'intorpidimento causato dall'infuso di erbe, era accaduto proprio quello. Gavin spostò il braccio e si costrinse ad aprire gli occhi per vedere che aspetto aveva la sua visitatrice... e restò senza fiato. Un angelo o forse una Valchiria – non sapeva quale delle due – era in piedi proprio sopra di lui. Lunghi riccioli biondi le ricadevano sulle spalle e scendevano fino ai fianchi, ma la prima cosa che Gavin notò furono gli occhi blu scuro. Mentre le sostanze che aveva in corpo e l'eccitazione sessuale scorrevano nelle sue vene pulsanti, osservò con attenzione quella sagoma femminile che si stagliava nella luce del sole. I seni abbondanti erano premuti contro la stoffa pregiata della tunica; la curva dei fianchi e le gambe snelle promettevano una cavalcata indimenticabile. Tuttavia, la sua attenzione venne rapita completamente dalle labbra morbide e carnose della ragazza. Era abbastanza vicina da poterla toccare, così Gavin si sforzò di allungare una mano per raggiungerla. Riuscì ad afferrarle una caviglia e poi fece scorrere la mano lungo gli stivali di cuoio consumato, finché non sentì la pelle nuda sotto le dita. Il sospiro che riecheggiò nella grotta gli strappò un sorriso. 17
«Dimmi, Valchiria, è giunta la mia ora?» bisbigliò, conoscendo bene la vera missione delle leggendarie servitrici di Odino. La morte sarebbe stata l'unica definitiva liberazione dal dolore e dalla maledizione legata ai suoi poteri. «Mi porterai nel Valhalla?» Gavin sapeva che le credenze di un tempo erano ormai superate, ma quella donna aveva la stessa aria indomita e fiera delle leggendarie figure incaricate di scegliere i guerrieri caduti più valorosi per scortarli nel Valhalla. Quando lei, per tutta risposta, scosse la testa, osservò ammirato i suoi capelli ondeggiare, formando un alone dorato intorno al bel volto. Spostò la mano ancora più su, sfiorando la pelle sensibile del polpaccio. «Allora forse sei un angelo del Dio cristiano?» le chiese, notando che, mentre la sua mano saliva lentamente e attirava più vicino la ragazza, lei tratteneva il fiato. «Sei venuta a portarmi la salvezza, dolce angelo?» domandò. La salvezza poteva arrivare in molti modi diversi e, in quel momento, alleviare il desiderio sessuale era certamente uno di essi. La sua anima oramai era perduta, perciò non aveva senso preoccuparsene. Spinse forte la gamba dell'angelo, che perse l'equilibrio e gli cadde addosso. L'impatto gli svuotò i polmoni di tutta l'aria, ma sentire i seni premuti contro il proprio petto era una ricompensa più che sufficiente. Ora che era sdraiata su di lui, poteva studiarla più in dettaglio. E lo fece... cingendola con le braccia e tirandola su in modo che i fianchi e il ventre sfregassero contro l'erezione turgida. Era una sensazione meravigliosa. Sentì la pelle avvampare, preparandosi al contatto con il corpo di lei. Con l'acquolina in bocca, l'afferrò per le spalle e avvicinò il suo volto alle labbra... 18
La bocca dell'angelo si schiuse appena, dandogli la speranza che il momento in cui l'avrebbe assaporata fosse ormai vicino. Non appena notò la sua erezione poderosa, lei sbarrò gli occhi e si agitò – possibile che stesse cercando di allontanarsi da lui? – riuscendo solo a eccitarlo ancora di più. Gavin scacciò il torpore provocato dall'intruglio del guaritore e si girò su un fianco, trascinando la ragazza con sé. Le sorrise e fissò i suoi occhi blu, notando per la prima volta che in essi c'era qualcosa di insolito, una sorta di innocenza che li faceva scintillare. Venne totalmente rapito da quello spettacolo ammaliante. Il suo corpo e la sua anima erano così lontani da quel candore che smaniava di afferrarlo ancora. Di toccare ancora quella donna. La circondò con un braccio, attutendo il contatto con il pavimento duro e freddo, e con l'altra mano le accarezzò la linea morbida della mascella. Le passò delicatamente il pollice sulle labbra, pregustando il sapore estasiante di quella bocca irresistibile, certo che gli avrebbe donato un piacere mozzafiato. Fece scorrere la lingua tra quelle labbra carnose, in cerca di quella di lei, e venne immediatamente sopraffatto dall'intensità del bacio. L'innocenza c'era, eccome, ma riuscì a sentire anche il desiderio ardente che animava quella donna, misto a una miriade di altre emozioni. Approfondì il bacio per assaporare, mordere, succhiare, impaziente di scoprire tutto su quella donna. Infilò una mano tra i lunghi riccioli e li avvolse intorno al palmo, tenendola vicina mentre continuava a baciare e a possedere la bocca. La sentì muoversi contro il suo corpo e lasciò andare i capelli per poterla toccare anche in altre parti. Raccolse la stoffa della tunica e la fece scorrere lentamente verso l'alto, finché non sentì di nuovo la pelle nuda sotto le dita. I sospiri di 19
lei gli solleticavano deliziosamente le labbra mentre continuava a esplorare la pelle. Smise di baciarla solo un istante, per riprendere fiato, ma rimase intrappolato dall'intensità dello sguardo che lo fissava. Fu allora che lo sentì. Il silenzio. L'agognata quiete nei pensieri. Gli unici suoni che udiva erano i gemiti sommessi che la ragazza emetteva ogni volta che la toccava e i propri respiri affannati quando le infilò una mano tra le cosce per raggiungere le pieghe umide della sua intimità. Concentrandosi su di lei, poteva udire il battito selvaggio del suo cuore e il sangue che scorreva nel suo corpo. Continuò a dedicarle tutta l'attenzione e riuscì ad avvertire perfino le contrazioni dei suoi muscoli e il desiderio che pulsava sotto la pelle levigata. Come era possibile? In che modo quella donna riusciva a zittire il frastuono? Perché lui era in grado di recepire le emozioni più profonde che si agitavano in lei? Erano cose che non facevano rumore, eppure Gavin non riusciva a sentire nient'altro. «Chi sei?» le chiese, ritraendosi un momento per studiare attentamente il suo volto. Sebbene avesse i sensi intorpiditi, gli fu subito chiaro che quella donna era diversa da tutte le altre. Notò gli occhi della ragazza farsi vitrei per l'effetto dell'odore che il suo corpo emanava sempre in quelle circostanze, permettendogli di avere tutte le donne che voleva. Sentì la sua pelle bollente rilassarsi sotto le dita e spostò la mano sul centro della sua femminilità, godendosi i gemiti ansanti che quel gesto aveva scatenato, come previsto. Quel suono riecheggiò in tutta la grotta e parve entrargli dentro. Lei, il suo angelo, non disse niente, si limitò ad allargare le 20
gambe per permettergli di toccarla più a fondo. Gavin la accontentò, osservandola estasiato mentre inarcava la schiena, spingendo le parti intime contro la sua mano. Iniziò a baciarla, seguendo con la lingua lo stesso ritmo delle dita che affondavano in lei e pregustando già la meravigliosa sensazione di penetrare con il membro quella piccola cavità calda. L'assenza di rumori assordanti nella sua testa accresceva ancora di più il desiderio e il piacere fisico che lui traeva dal contatto tra loro. Non sapeva come o perché non riuscisse a captare i pensieri di quella donna, ma era una sensazione talmente bella che non poté trattenere una risata fragorosa. «Sei davvero un angelo» disse, spostando il braccio con cui la sorreggeva per mettersi tra le sue cosce. Sebbene continuasse a stare in silenzio, lei non si oppose, così Gavin le tolse il mantello e se ne liberò, poi afferrò l'orlo della tunica e lo tirò su lentamente, scoprendo le lunghe gambe snelle, pollice dopo pollice. Si chinò sulle cosce e tracciò una linea immaginaria con le labbra, continuando ad avvertire con forza il flusso del sangue che le scorreva nelle vene. Quando stava per raggiungere l'inguine, lei gli sfiorò la testa. Restò un po' sorpreso da quel tocco leggero perché solitamente le donne sotto il suo controllo giacevano tra le sue braccia con condiscendenza, arrese a ogni sua volontà. Tuttavia, ciò che lo sconvolse fu la lucidità con cui lei lo stava osservando. Era evidente che non subiva l'influsso del suo potere. Era ancora frastornato a causa del rimedio del guaritore, ma il calore che gli faceva ribollire il sangue stava scacciando il torpore. Ora che l'odore irresistibile della femminilità della giovane era così vicino, non poteva più fermarsi. La 21
guardò negli occhi e sorrise. «Permettimi di darti piacere, angelo» mormorò, poi, senza aspettare il suo permesso, fece ciò che aveva in mente. Si chinò di nuovo e baciò la morbida pelle all'interno della coscia, allargandole ancora di più le gambe. Anche se lei appoggiò di nuovo la mano sulla sua testa, continuò a far scorrere le labbra fino a raggiungere la fessura umida al centro, baciandola e solleticandola con la lingua. Quando lei si dimenò per il piacere, Gavin sentì i muscoli surriscaldarsi e irrigidirsi contro la stoffa degli abiti, tanto desiderava sentirla sotto di sé. Nella sua vita aveva avuto centinaia di donne e capiva perfettamente quando fingevano di essere eccitate o quando mentivano sulla loro purezza ma, chissà come, il corpo di quella donna aveva il sapore dell'innocenza. Il modo in cui aveva reagito, ritraendosi quando l'aveva accarezzata con la lingua e rilassandosi lentamente a mano a mano che approfondiva il contatto, dimostrava che era nuova a quel tipo di baci appassionati. Non cercò di opporgli resistenza, ma non si lasciò nemmeno andare a carezze o attenzioni di alcun tipo nei suoi confronti, mentre muoveva le dita tra i suoi capelli. Lui sollevò la testa e iniziò a massaggiare delicatamente le pieghe intime, ormai bagnatissime, penetrandola prima con un dito, poi con due. L'assenza del velo virginale indicava soltanto che non era più pura, ma dalle reazioni del suo corpo appariva evidente che non aveva esperienza. Continuò a penetrarla con le dita, aumentando la velocità e l'intensità dei movimenti fino a portarla sull'orlo del piacere, mentre sentiva il membro indurirsi sempre di più nella spasmodica attesa del piacere. Dal modo in cui i muscoli di lei si stringevano intorno alle sue dita, Gavin capì che valeva certamente la pena di dedica22
re un po' di tempo a prepararla per la penetrazione vera e propria. Si fermò, notando di nuovo che gli unici suoni che sentiva erano quelli interni al corpo di lei. Tutto il resto – il rumore che tormentava il suo cervello, l'infrangersi delle onde – era svanito nel nulla mentre ascoltava la melodia di quel corpo femminile. I respiri affannati di lei divennero sempre più veloci, il battito accelerò e i muscoli cominciarono a contrarsi e rilassarsi a intermittenza. Ogni singolo istante aveva un suono diverso nella mente di Gavin. L'unica cosa che non riusciva a udire erano i suoi pensieri o, quanto meno, non riusciva a recepirli sotto forma di parole sensate o di frastuono costante, come gli capitava sempre. Decise di abbandonarsi e assaporare il silenzio mentre traeva piacere da quel corpo, sebbene fosse convinto di trovarsi in un sogno. «Oh, angelo» sussurrò, sorpreso di sentire solo la sua voce, «lasciami entrare.» Abbassò le mani e si calò i pantaloni. Le prese le gambe e se le strinse intorno alla vita, poi afferrò il membro pulsante e lo appoggiò sull'apertura umida tra le cosce. Fece scorrere la punta lungo quella fessura calda, poi sprofondò dentro di lei. Quella sensazione – i muscoli che lo stringevano mentre penetrava sempre più a fondo – lo travolse come un'onda. Gavin spinse e spinse ancora, riempiendo la giovane della sua virilità, finché non la sentì emettere il gemito ansante a cui anelava fin dall'inizio. Quando lei abbandonò la testa all'indietro e lanciò un lungo mugolio acuto raggiungendo l'apice, una scarica di brividi gelidi e intensi travolse il corpo di Gavin, portandolo sempre più vicino all'appagamento. Lui capì che rischiava di esplodere da un momento all'al23
tro, proprio come un ragazzino alle prime armi, incapace di controllarsi. Mentre continuava con spinte veloci e profonde, sentì il corpo irrigidirsi dalla testa ai piedi e si preparò al momento della massima soddisfazione. Appena il suo angelo lanciò un grido di piacere e contrasse i muscoli interni intorno al membro, affondò un'ultima volta in lei e raggiunse l'estasi. Sentì le gambe della ragazza stringersi intorno alla vita e la osservò ammaliato schiudere le labbra mentre tutti e due avvertivano con forza la piccola marea che si scatenava dentro di lei, inondandoli entrambi. I magici suoni di quel prodigio naturale riecheggiarono nella mente di Gavin e gli ricordarono la dolce musica di un'arpa celtica che aveva sentito una volta da bambino. La melodia si diffuse nell'aria intorno mentre il suo corpo provava una soddisfazione che non era mai riuscito a raggiungere prima di allora. Tuttavia, non era un'esperienza soltanto fisica; per un attimo, un solo brevissimo istante, il suo cuore e la sua anima trovarono la pace e l'appagamento assoluti. Qualcosa che non aveva mai provato tra le braccia o nel corpo di qualunque altra donna. Vide le labbra della ragazza incurvarsi in un leggero sorriso mentre il suo corpo era ancora scosso dagli spasmi del piacere. Piano piano, lei iniziò a scivolare nel torpore che segue sempre un amplesso soddisfacente, ma il membro di Gavin era ancora turgido e pronto a ricominciare. Voleva sfiorare di nuovo quel momento... ancora e ancora. Voleva assaporare la libertà che lei sapeva donargli, la libertà dal dolore e dalle voci. La desiderava. Lanciò una risata grave mentre l'intruglio del guaritore cominciava a prendere il controllo del suo corpo. Si sentiva confuso e frastornato; a quanto pareva, il preparato era molto 24
più potente di quanto credeva. Si tirò su e si sdraiò accanto alla ragazza, osservando il suo petto che si alzava e si abbassava e ascoltando i suoni del suo corpo sazio e appagato. Un sospiro profondo. Il battito selvaggio che si calmava. Il flusso del sangue che rallentava nelle vene. La tensione dei muscoli e il gonfiore tra le cosce che cominciavano a scemare. Tutti suoni che Gavin non aveva mai notato, ma che ora poteva sentire distintamente, a uno a uno. Per giunta, il solito frastuono che gli straziava la mente era scomparso. Quando il potere di sentire la verità si era manifestato, era comparso insieme a quel rumore. Inizialmente, però, si trattava solo di un brusio di sottofondo che Gavin poteva tranquillamente ignorare. Tuttavia, a mano a mano che la sua capacità di sentire la verità si intensificava, il rumore andava aumentando e peggiorava ogni volta che lui si trovava vicino agli altri, come se nella sua mente confluissero i pensieri di chi aveva intorno, ma a una tale velocità che erano incomprensibili. Di conseguenza evitava le folle e il contatto con gli altri nella speranza di attenuare l'insopportabile dolore alla testa, ma era tutto invano. Sembrava che con l'aumentare dei suoi poteri, crescesse anche l'abilità di captare i pensieri confusi di chiunque gli stesse accanto. Eppure in quel momento, mentre le palpebre e le membra si facevano troppo pesanti perché potesse muoverle, era immerso nel silenzio assoluto. Fece un respiro profondo e si lasciò cullare da quella meravigliosa quiete. Dopo mesi e mesi di agonia e torture, non poteva resistere al sublime piacere scatenato dal sesso con quella donna e dal silenzio totale. Un altro sospiro profondo e sentì il sonno impossessarsi di lui. «Angelo mio» bisbigliò, sia per ringraziarla sia per supplicarla di restargli accanto. 25
Sorrise, realizzando persino in quello stato di torpore che, con ogni probabilità, quella donna non era altro che una creazione della sua mente, indotta dalla droga del guaritore. Ah, se avesse dovuto scegliere cosa sognare – o cosa immaginare mentre era sotto l'effetto delle erbe o della birra – di certo non avrebbe potuto trovare niente di meglio di un'esperienza tanto gratificante. Doveva proprio dire a Haakon di procurarsi una scorta di quella pozione. Il sonno ebbe il sopravvento e, allora, non pensò e non sentì più nulla.
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