T311 tutto o niente

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Mi spoglio per te

Tutto o niente


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Borrowing A Bachelor All Or Nothing Harlequin Blaze © 2012 Karen Moser © 2008 Debbi Quattrone Traduzione di Elisabetta Elefante Traduzione di Federica Jean Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Temptation agosto 2013 Questo volume è stato stampato nel luglio 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY TEMPTATION ISSN 1591 - 6707 Periodico mensile n. 311 dello 01/08/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 128 dello 07/03/2001 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Pagina

Romanzo

DEBBI RAWLINS

Tutto o niente


1 Ignorando i fischi di ammirazione di un paio di operai che lavoravano intorno a un tombino aperto sulla Quinta Strada, Dana McGuire si fermò all'incrocio e cominciò a fare stretching ai muscoli dei polpacci mentre aspettava il verde. Com'è tipico di Manhattan, intorno a lei gli altri pedoni, quasi tutti in abiti da ufficio, si affrettavano trafelati, attraversando con il rosso tra le strombazzate degli automobilisti. Viveva a New York da cinque anni, e ci voleva davvero un fisico bestiale per vivere in quella giungla di cemento. Raddrizzò la schiena. Ci vuole il fisico... Ehi, poteva essere un buono spunto per il nome del suo futuro fitness club! E lei che aveva passato settimane a cercare un nome adatto prima di chiedere i permessi necessari. Certo, non aveva ancora tutto il denaro necessario per avviare l'attività, ma c'era quasi. Di lì a sei mesi avrebbe potuto firmare il contratto d'affitto e ordinare l'attrezzatura. Il semaforo pedonale divenne verde e Dana attraversò a passo di jogging fino alla cassetta postale all'ingresso del St. Martine Hotel, dove avrebbe avuto un cliente quella mattina. Affidò alla cassetta la sua lettera bimestrale per i genitori. Certo, scrivere email sarebbe stato più facile, ma i suoi non avevano un computer e dubitava che ne avrebbero comprato uno in futuro. Agricoltori da tre generazioni, nessuno dei due aveva mai messo piede fuori dall'Indiana. Il che era un bene, perché non doveva preoccuparsi che venissero a trovarla di sorpresa. Voleva molto bene a entrambi, 173


ma la credevano diversa da quella che era e Dana non aveva il coraggio di disilluderli. «Buongiorno, Dana.» Il portiere più anziano del St. Martine Hotel, un uomo dagli occhi azzurri slavati e dal viso gioviale, le aprì la porta d'ingresso. «Grazie, George. Fa un gran caldo anche oggi» disse lei, sistemandosi la coda di cavallo per evitare che i capelli le ricadessero sulla nuca. Erano troppo lunghi, pensò tra sé, e molto poco pratici per allenarsi ogni giorno. Avrebbe dovuto tagliarli, ma ogni volta che prendeva in considerazione quell'idea la vanità aveva la meglio. Era sciocco. In fondo, non era più Miss Fattoria della contea di Borden da un bel pezzo, e non partecipava a concorsi di bellezza da sei anni. I suoi lunghi capelli biondi le avevano procurato uno spot pubblicitario per uno shampoo, ma anche in quel caso aveva diviso lo schermo con una bruna e una rossa. Non si poteva certo dire che avesse conquistato Broadway. «Dentro l'atmosfera è ancora più calda» bisbigliò George. «Ho sentito che ieri ce n'è stato un altro.» «Oh, no! Cosa hanno rubato?» «Non si sa. Ci hanno ordinato di tenere la bocca chiusa, e il Moccioso minaccia di licenziare chiunque ne faccia parola.» George sorrise. «Quindi, tu non ne sai niente» disse, strizzandole l'occhio. «Non una parola» disse lei, sorridendo. George chiamava Moccioso il nuovo vicedirettore. Laureato da poco alla Cornell, Kyle Williams avrebbe licenziato volentieri tutti i dipendenti sopra i quaranta. Tuttavia, i sindacati erano troppo forti per lui, e George non rischiava nemmeno da lontano di perdere lo stipendio a sei zeri che guadagnava aprendo la porta ai ricchi ospiti dell'albergo. Dana sarebbe stata ben contenta di avere un lavoro sicuro come quello, ma naturalmente non era la sola: avrebbe dovuto mettersi in fila con migliaia di altri newyorkesi. E in ogni caso, il suo lavoro le piaceva: era padrona del suo tempo e veniva pagata per tenersi in forma, come avrebbe fatto comunque ogni giorno. Era sorprendente quanto un ricco forestiero fosse 174


disposto a pagare per farsi accompagnare in una corsetta attraverso Central Park o lungo le rive dell'Hudson. La hall era più silenziosa del solito. Una cameriera stava spolverando il grande vaso di fiori freschi che troneggiava sul tavolino giapponese al centro della hall. Un paio di uomini in completo formale parlavano tra loro mentre attendevano l'ascensore e un altro ospite si stava registrando al bancone. La sua amica Amy era con una collega dietro al banco della reception, ma poiché era l'altra ragazza a occuparsi dell'ospite sorrise a Dana e le si avvicinò. Strano, pensò Dana. Di solito a quell'ora c'era anche Kelly, e tutte e tre prendevano un caffè insieme prima che Dana iniziasse con i clienti. «Dove è Kelly?» chiese, aggrottando la fronte quando vide lo sguardo ansioso che Amy lanciò alla hall. «Sicurezza» bisbigliò l'amica. «Ieri c'è stato un altro furto. Il quarto del mese.» «E perché la sicurezza vuole parlare con Kelly?» «Stanno parlando con tutti noi. Forse convocheranno anche te.» «Me?» Amy annuì, e i suoi grandi occhi scuri si focalizzarono di nuovo su Dana. «Niente di personale. È solo che sei qui quasi ogni giorno da un paio di mesi.» «Grazie a tutto il lavoro che mi procurate...» Dana si lanciò un'occhiata alle spalle, innervosita all'idea di essere convocata dalla sicurezza dell'hotel. «Però non capisco perché dovrebbero parlare con me.» «Ieri eri qui. Basta a renderti una dei sospettati.» Amy sospirò. «Per fortuna, Kyle ti proteggerà.» Dana alzò gli occhi al cielo. Il vicedirettore era una spina nel fianco. Le aveva chiesto di uscire per tre volte nel giro di tre settimane. Le prime due volte lei aveva rifiutato gentilmente, la terza un po' meno. E se ci avesse provato ancora, non sarebbe stata responsabile delle sue azioni. «Ciao, ragazze.» Kelly le raggiunse, sfilandosi la giacca blu mentre raggiungeva la sua postazione. «Temo che non avrò tempo per il caffè.» 175


«Com'è andata?» chiese Amy. «Sei tornata presto.» «Non mi hanno fatto molte domande.» Kelly si passò le dita affusolate tra i ricci biondo cenere e si sedette al suo posto, guardando il calendario. Come Dana, Amy e innumerevoli altre, era venuta a New York da una cittadina del Midwest, sperando di sfondare. Come le amiche, non aveva cavato un ragno dal buco, anche se ottenere il posto da aiuto-concierge era stato un bel colpo. Lo stipendio era buono, il posto godeva di un certo prestigio, ed era di gran lunga meglio che fare la cameriera in una tavola calda come altre aspiranti star meno fortunate. Amy si lanciò un'altra occhiata alle spalle e abbassò la voce. «Che cosa ti hanno chiesto?» «Volevano che confermassi i miei turni di lavoro, che dicessi se avevo visto o sentito qualcosa di strano, e se e quando avevo lasciato la mia postazione.» Dana diede un'occhiata al suo orologio. Mancavano cinque minuti al suo appuntamento con Chase Culver. In seguito, avrebbe dovuto attraversare la città per il suo consueto appuntamento del martedì mattina. Non aveva tempo di parlare con la sicurezza, e comunque non aveva niente da dire. «Cosa hanno rubato?» Dietro di lei qualcuno si schiarì la gola. A Dana non occorreva voltarsi per sapere di chi si trattava, e subito provò un brivido di ribrezzo. «Stiamo parlando del furto, signorine?» Dana si voltò di scatto verso Kyle, gli occhi spalancati e un'aria di innocenza. «C'è stato un altro furto all'hotel?» disse, a voce alta. «Quando?» Lui le lanciò un'occhiataccia e si sistemò il polsino della manica destra mentre dava un'occhiata esasperata verso la reception. Il cliente al bancone si era voltato a guardarli con curiosità. Dana evitò di guardare Amy e Kelly, per non scoppiare a ridere lei stessa. Aveva puntato le sue speranze di fama sul canto, non sulla recitazione, anche se aveva preso qualche lezione arrivando a New York. 176


«È meglio che parli a voce bassa, Dana» disse Kyle, con quel suo accento forbito che suonava falso come il suo Rolex. «Non vogliamo allarmare gli ospiti.» Lei sorrise. «Hai ragione, sarebbe controproducente per gli affari.» Si voltò verso le amiche. «Devo andare, ragazze. Ci vediamo dopo.» «Non volevo farti scappare» disse Kyle con il suo sorriso plastificato, e le posò la mano sul braccio. Dana dovette fare uno sforzo per non ritrarsi. Si limitò a voltarsi leggermente, così che il contatto si interrompesse in modo più naturale. «Devo vedere un cliente.» Lo sguardo di lui scivolò sulla canotta sportiva, i pantaloncini da corsa e le scarpe da ginnastica che Dana indossava, soffermandosi sulle sue gambe nude. «Ma certo.» In quel momento, la porta dell'ascensore si aprì con un sonoro ping, e Dana si voltò, vedendone uscire un uomo alto e atletico sulla trentina. Lo sconosciuto aveva capelli scuri un po' lunghi, penetranti occhi azzurri e spalle larghe messe in risalto dalla maglietta sportiva. Le sue lunghe gambe erano avvolte in pantaloni della tuta leggeri. Accidenti, pensò Dana. Non era Natale e non era stata particolarmente buona, quell'anno, ma sperava con tutto il cuore che quello fosse Chase Culver. Chase la individuò all'istante. Non grazie al fascicolo su di lei che aveva studiato la sera prima, certo. Niente in quel pezzo di carta laconico l'aveva preparato a Dana McGuire in carne e ossa. Alta, esile e bionda, aveva occhi color zaffiro che toglievano il respiro. Sembrava uscita dal paginone centrale di una rivista. Era il genere di donna per la quale gli uomini facevano follie. Si diresse verso di lei. «Dana?» Lei sorrise. «Come fa a saperlo?» Chase ricambiò il sorriso. «Siamo gli unici in short e scarpe da ginnastica.» «Oh, è vero.» Lei alzò le spalle con aria imbarazzata, guardando le scarpe che calzava. 177


Lui non si fece sfuggire l'occasione per dare a sua volta un'altra occhiata a quelle gambe affusolate. Santo cielo, sarebbe stato difficile concentrarsi sul lavoro. Inoltre, doveva modificare un po' la sua biografia fasulla. Aveva deciso di spacciarsi per un uomo d'affari di Houston, ma ora capiva che avrebbe dovuto puntare più in alto per fare breccia su di lei. C'erano solo due possibili motivi per cui una donna come quella si trasferiva a New York, e lui avrebbe scommesso la sua adorata Mustang del sessantasette che era stato il mondo dello spettacolo ad attirarla fin lì. «Ha già fatto un po' di stretching?» chiese lei, facendogli strada verso la porta d'ingresso. Passarono davanti alla reception, dove due donne con l'uniforme dell'hotel li fissarono apertamente. Accanto a loro c'era un tizio in completo blu con un'espressione tanto sussiegosa che Chase provò un'istintiva antipatia. «Un po'.» «Fa jogging regolarmente?» Lo sguardo di lei si posò brevemente sulla sua mano sinistra priva di fede e poi sul resto del suo corpo. Chase si sentì stringere lo stomaco quando vide una curiosità più che professionale nei suoi occhi. «Circa tre volte la settimana. Di solito sono troppo impegnato per allenarmi di più.» «Quanti chilometri pensa che dovremmo fare, oggi?» «Cinque.» Lei inarcò le sopracciglia. «O sette.» Dana si fermò davanti alla porta, un lieve sorriso sulle labbra. «Quanti ne corre, di solito?» «Be', tanto per cominciare dammi del tu. In secondo luogo, dipende da chi mi corre dietro.» Lei scosse il capo. «Allora sette.» Lui prese un respiro. Il suo ego lo aveva già messo nei guai troppo spesso. «Cinque andranno bene.» «Che ne dici di Central Park?» Forse c'era un modo migliore che correre nell'afa per attaccare discorso con lei e scoprire qualcosa, ma Chase non l'aveva trovato. «Benissimo.» 178


Lei annuì, aprì la porta e partì subito a passo veloce non appena raggiunto il marciapiede. Il traffico pedonale non era troppo intenso, e pochi minuti dopo raggiunsero il grande parco. «Da quanto tempo fai questo lavoro?» chiese lui mentre aspettavano a un semaforo. «Circa tre anni.» Lei non si era fermata, ma continuava a correre sul posto, muovendo le braccia. Sembrava che non si accorgesse nemmeno degli sguardi che gli uomini le lanciavano. Anche senza trucco e con i capelli legati, era bella da far girare la testa. Si chiese se Roscoe gli avesse detto tutto. Se era andato a letto con lei e non glielo aveva comunicato, Chase gli avrebbe torto il collo. Lanciò un'altra occhiata in tralice a Dana. No, non riusciva a immaginare che potesse trovare attraente un ciccione come Roscoe. Anche se era ricco. Ma d'altra parte, che ne sapeva davvero su di lei? «Sei di New York?» «No, vengo dall'Indiana.» «Cosa ti ha portata qui?» chiese, in tono casuale. Lei gli rivolse un sorriso triste, ma in quel momento il semaforo diventò verde e Dana attraversò senza rispondere, lanciando un'occhiata al suo orologio. «Sarai tu a stabilire il ritmo, e io farò in modo di tornare in tempo per la tua riunione delle undici e trenta. Pronto?» «Prontissimo.» Per il primo chilometro lei restò in un silenzio quasi completo. Correvano a un ritmo più sostenuto di quanto lui avesse previsto, ma avrebbe dovuto avviare una conversazione finché riusciva ancora a correre, respirare e parlare allo stesso tempo. Un anno prima non avrebbe nemmeno cominciato a sudare, ma adesso era decisamente meno in forma. Gli ultimi dodici mesi erano stati infernali. «Hai molti clienti?» Chase rallentò, fingendo di guardare un bambino che dava del pane alle anatre raggruppate vicino al bordo del laghetto. Lei rallentò a sua volta. «Abbastanza.» «Sei una donna di poche parole. O forse non riesci a parlare mentre corri?» 179


Dana gli lanciò un'occhiata divertita. «Quando non faccio questo, sono una personal trainer.» «Lavori in una palestra?» «No, vado a domicilio.» Interessante, pensò lui, prendendo mentalmente nota di fare qualche controllo su eventuali furti nelle case dei suoi clienti. «Deve rendere bene. Vivere in questa città costa.» Lei rise. «Be', pensa quanto stai pagando per essere accompagnato a correre nel parco per un'oretta.» «Già.» «Come va?» «Diciamo che respiro ancora.» «Abbiamo percorso quasi tre chilometri. Dopo questa curva torneremo all'hotel lungo il perimetro est del parco.» Dana non ansimava affatto e, a differenza di lui, non era neanche un po' sudata. «Meno male che sai tu dove stiamo andando. Io mi sono perso da un pezzo.» «È questo che mi assicura un lavoro, vedi?» Chase grugnì. Era il massimo che era in grado di commentare, in quel momento. Il problema non erano tanto i tre chilometri, quanto il passo che aveva fissato all'inizio. Avrebbe dovuto prendersela più con calma. Dannazione, la ferita gli faceva ancora male perché non era rimasto a riposo quanto avrebbe dovuto. Se solo avesse avuto un cervello grande quanto il suo ego... Una scolaresca in gita attraversò il vialetto, costringendoli a rallentare, e Chase benedisse mentalmente le loro gambette corte. Quando la strada fu libera, Dana gli rivolse uno sguardo interrogativo. Lui ripartì a passo moderato e lei gli si mise al fianco. «Non mi ero reso conto che qua fosse tanto umido» commentò Chase. «Anche se a Houston l'aria è più densa del sugo d'arrosto che fa mia mamma.» «Vieni da Houston?» Lui annuì. «Sì, ma vivo tra il Texas e Hollywood.» Lei guardò ancora una volta l'orologio. «Dovremo accelera180


re un po' il passo, se vogliamo tornare in tempo.» Maledizione, le aveva lanciato un'esca e lei non aveva abboccato. «Sei stata in California?» «No. Mai stata più a ovest dell'Indiana.» «La costa occidentale è un altro mondo. Non ho ancora deciso se mi piace o no.» Fece una pausa, ma quando lei tacque aggiunse: «Però mi dicono che è lì che si trovano i talenti. Certo, forse potrei trovare quel che cerco anche qui a Broadway». Dana lo fissò, la fronte aggrottata e un'espressione curiosa. «Che lavoro fai?» chiese, e subito arrossì. «Se non ti dispiace che te lo chieda.» «Finora mi sono occupato soprattutto di petrolio. È così che mio padre ha fatto i soldi.» Si interruppe e sorrise. «Ma adesso pensavo di investire un po' di quel denaro nel cinema.» Finalmente una luce di interesse le passò negli occhi. «Sei un produttore.» «Esatto. Ho per le mani un copione che potrebbe avere un buon successo al botteghino, e domani incontrerò l'autore.» Chase era convinto di aver ottenuto la sua attenzione. «Vorrei potertene parlare di più, ma sai... Sono un po' superstizioso.» «Certo. Non volevo essere ficcanaso.» Lui batté le palpebre. «Non lo sei stata. Stavamo solo conversando.» Lei non sorrise. «Manca un chilometro. Vuoi che acceleriamo per la tratta finale?» «Va bene» rispose lui, chiedendosi cosa stesse passando in quella splendida testolina. Qual era la sua storia? Era venuta a New York per inseguire il successo come attrice? Modella? Per trovare un marito ricco? No, sembrava più ambiziosa di così. Ma una città come New York può frantumare sogni e speranze, lasciando solo amarezza. La cittadina fuori Dallas in cui era cresciuto aveva dato i natali a un paio di aspiranti star di Hollywood come Ashley Morgan, che vinceva sempre i concorsi di bellezza della contea. Chase era uscito due volte con lei, ma la cosa non era andata avanti. Aveva sentito che Ashley aveva fatto qualche particina in film di serie B, e poi aveva sposato un petroliere. 181


Superando una curva Chase vide l'entrata del parco. Se voleva qualche informazione, doveva sbrigarsi. Immagino di non essere il primo a dirti che hai lineamenti perfetti. Hai mai fatto la modella? Lei esitò, e Chase si chiese se stesse per mandarlo al diavolo. Dannazione. Stava correndo troppo. Ma se lei aveva l'anello, lui doveva recuperarlo.

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311 Mi spoglio per te di Karen Kendall Uscire da una torta indossando solo un perizoma non è tra le prime aspirazioni di una ragazza, ma a volte la vita ti obbliga a delle scelte e così Nikki si ritrova in una situazione molto imbarazzante dove oltretutto si "scontra" col ragazzo più sexy mai visto prima: Adam.

Tutto o niente di Debbi Rawlins La strada dall'Indiana a New York è lunga, ma anche quella che porta al successo. Lo sa bene Dana che, con le sue gambe chilometriche e il suo aspetto da Miss, aspirava a diventare una star e si ritrova a fare la personal trainer a un super sexy Chase. Con lui...

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