Tutta colpa delle nozze

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KRISTAN HIGGINS E SARAH MORGAN DUE GRANDI FIRME DELLA WOMEN’S FICTION INTERNAZIONALE, CHE SCALDANO IL CUORE CON LE LORO STORIE EMOZIONANTI.

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Cara Connelly

Tutta colpa delle nozze


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Wedding Favor AVON BOOKS An Imprint of HarperCollinsPublishers US © 2013 Lisa Connelly Traduzione di Sabina Di Luigi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance aprile 2016 Questo volume è stato stampato nel marzo 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 163 dello 08/04/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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«Quella donna» disse Tyrell puntando il dito come un'arma contro la giovane bionda in fondo al corridoio, «è una iena.» Angela gli mise una mano sul braccio, cercando di calmarlo. «È per questo che è qui, Ty. L'hanno mandata apposta.» Ty si allontanò di qualche passo, poi tornò da Angela, gli occhi sempre puntati sull'oggetto della sua rabbia. Era al cellulare, girata di tre quarti, perciò tutto quello che riusciva a vedere di lei erano lo chignon e il cerchietto d'oro molto semplice che portava all'orecchio destro. «Le scorre acqua gelata nelle vene» borbottò lui. «O arsenico. O non so cosa diavolo si usi per imbalsamare le persone.» «Sta solo facendo il suo lavoro. Un lavoro ingrato, in questo caso. Non possono vincere.» Ty si voltò stizzito verso Angela. Stava per attaccare con la solfa degli avvocati di New York che arrivavano in Texas come dei killer professionisti pensando di raggirare una manica di ignoranti, quando il cancelliere uscì dall'ufficio del giudice. «Avvocato Sanchez» disse rivolgendosi ad Angela e poi «avvocato Westin», rivolto alla bionda con cui ce l'aveva Ty. «La corte ha deliberato». In fondo al corridoio, la donna dai capelli biondi chiuse di scatto il cellulare e lo gettò nella borsetta, prese la venti5


quattrore poggiata sul pavimento e senza degnare di uno sguardo né Angela né Ty né nessun altro, varcò l'imponente porta di legno ed entrò in aula. Ty la seguì tenendo le distanze, lanciandole proiettili immaginari contro la schiena dritta, su cui il tailleur blu scuro cadeva a pennello. Venti minuti dopo, uscirono dall'aula. Un giornalista dello Houston Tonight piazzò il microfono davanti alla bocca di Ty. «La giuria le ha evidentemente creduto, signor Brown. Sente di avere avuto giustizia?» Sento un istinto omicida, avrebbe voluto rispondere. Ma l'obiettivo stava per inquadrarlo. «Sono solo contento che sia finita» dichiarò invece. «Jason Taylor ha protratto questa storia per sette anni, sperando di portarmi allo sfinimento. Non ci è riuscito.» Continuò a percorrere a passo deciso l'ampio corridoio con il giornalista che gli correva accanto. «Signor Brown, le è stato riconosciuto ogni centesimo del risarcimento che aveva chiesto. Secondo lei che significa?» «Significa che la giuria ha capito che tutto il denaro del mondo non servirà a risuscitare chi è morto. Ma per chi è vivo può essere una gran bella punizione.» «La prossima settimana Taylor sarà rilasciato. Come si sente sapendo che se ne andrà in giro da uomo libero?» Ty si fermò di colpo. «Mentre mia moglie è sottoterra al freddo? Come crede che possa sentirmi?» L'uomo arretrò di fronte allo sguardo duro di Ty e quando riprese a camminare non lo seguì all'esterno del tribunale. Fuori, l'ora di punta di Houston era come uno scorcio di inferno. Strade bollenti, clacson impazziti, ingorghi infiniti. Ty non faceva caso a nulla, però. Angela lo raggiunse sul marciapiede e gli afferrò il braccio per farlo rallentare. «Ty, non riesco a starti dietro con questi tacchi.» «Scusa» le disse moderando l'andatura. Per quanto fosse arrabbiato, la cortesia texana era radicata in lui. 6


Le prese la borsa piena di documenti dalle mani e le rivolse un sorriso sforzandosi di sembrare l'uomo rilassato che era di solito. «Angie, cara» biascicò, «rischi di lussarti una spalla portando in giro tutta questa roba. E credimi, una spalla lussata non è uno scherzo.» «Tu ne sai qualcosa.» Lei gli lanciò un'occhiata da sotto le ciglia folte guardando di sfuggita le spalle possenti. Scosse la testa agitando gli scuri capelli ondulati e gli si avvicinò col suo corpo snello, stringendo la presa sul braccio. Ty recepì il messaggio. Il seno premuto contro il braccio era tra i più facili da interpretare. E non lo sorprendeva affatto. Durante le lunghe giornate che avevano passato insieme a preparare il processo, e le cene tête-à-tête nell'ufficio di lei a elaborare la sua testimonianza, Angela aveva lanciato una quantità di segnali. Date le circostanze, lui non l'aveva incoraggiata. Era proprio bella, però, e in tutta sincerità non si poteva dire nemmeno che l'avesse scoraggiata. Ora, con l'adrenalina in corpo per l'incredibile verdetto che accresceva in lei il desiderio di stare con Ty, Angela sembrava avere scritto in fronte disponibile. Proprio in quel momento passarono davanti all'Alden Hotel. Sarebbe bastato un colpetto di gomito per spingerlo verso la porta. Cinque minuti dopo, si sarebbe ritrovato a fare sesso con lei svuotando la mente dai ricordi che aveva rivissuto sul banco dei testimoni quella mattina. Ricordi di Lissa, sofferente, che lo pregava di lasciarla andare, di lasciarla morire. Di permetterle di lasciarlo libero, perché lui potesse in qualche modo continuare a vivere senza di lei. Angela rallentò il passo. Ty fu tentato, molto tentato. Ma non poteva. Da sei mesi, Angela era per lui un punto fermo. Sarebbe stato vergognoso e sgradevole usarla quel pomeriggio per poi mollarla la sera. Perché l'avrebbe mollata di certo. Lo aveva conosciuto troppo a fondo, e come la schiera delle altre che l'avevano 7


preceduta, avrebbe individuato la ferita e sarebbe stata ansiosa di curarla. Però lui non voleva essere curato. Voleva solo fare sesso e dimenticare. E lei non era la ragazza adatta allo scopo. Fortunatamente, aveva la scusa giusta per liberarsene. «Angie, cara.» Strascicava le parole e usava un tono caldo e profondo anche quando non era per attutire un colpo. In quell'occasione rasentò lo sdolcinato. «Non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto quello che hai fatto per me. Sei il miglior avvocato di Houston e penso che comprerò un'intera pagina di giornale per dirlo.» Lei gli si appoggiò contro. «Siamo una buona squadra, Ty.» Con gli occhi pieni di desiderio gli fece un cenno del capo in direzione del Marriott. «Entriamo. Potresti... offrirmi da bere.» Il tono suonò rammaricato, senza doversi sforzare di fingere. «Vorrei, mia cara, ma ho un aereo che mi aspetta.» Di colpo, Angela si fermò. «Un aereo? Dove vai?» «A Parigi. A un matrimonio.» Ty diede uno sguardo all'orologio all'angolo di un edificio, poi la guardò negli occhi. «Il mio volo è alle otto, devo andare. Ti chiamo un taxi.» Lei gli lasciò il braccio e scosse di nuovo la chioma, con aria di sfida, stavolta. «Non ti disturbare. Ho la macchina al tribunale.» Gli prese la cartella dalle mani e controllò anche lei l'ora. «Devo sbrigarmi, ho un appuntamento.» Si voltò e prese ad allontanarsi. E poi l'aria spavalda le venne meno. Lanciò uno sguardo indietro da sopra la spalla con un sorriso esitante. «Magari festeggiamo quando torni?» Anche Ty sorrise, perché si era rilassato. «Ti chiamo.» Si sentiva tormentato dal senso di colpa per aver dato l'impressione sbagliata, ma che ci poteva fare se non vedeva l'ora di liberarsi di lei, e di chiunque altro, per leccarsi le ferite in pace? E aveva davvero un aereo da prendere. Immaginando che sarebbe stato più rapido che prendere 8


un taxi nell'ora di punta, decise di andare a casa, a sei isolati di distanza, a piedi, sudando tantissimo, come solo gli uomini in giacca e cravatta riescono a fare. Lasciò perdere l'ascensore e salì di buona lena le cinque rampe di scale – perché no?, tanto ormai era zuppo – aprì la porta del suo appartamento e ringraziò Dio ad alta voce quando sentì la carezza dell'aria condizionata. La sua vera casa era il ranch, non quell'appartamento. Ce l'aveva in subaffitto ed era soltanto un posto per dormire durante il periodo di preparazione del processo. Arredato in modo essenziale e con le pareti di un bianco sporco che metteva tristezza, si adattava perfettamente al suo stato d'animo cupo e meditabondo. E aveva un dispositivo che Ty desiderava usare all'istante. Andò spedito in cucina togliendosi ciò che gli era rimasto addosso del completo – camicia, pantaloni e calzini – e lo appallottolò insieme alla giacca e alla cravatta. Poi infilò il tutto nel compattatore dei rifiuti e lo avviò: la prima soddisfazione della giornata. L'orologio della cucina gli ricordò che si stava facendo tardi, ma Ty non se la sentiva di affrontare quattordici ore di volo senza una doccia e quindi si fiondò in bagno. E naturalmente non aveva ancora preparato la valigia. Detestava correre in macchina, era contro la sua natura, ma andò più forte del solito. Nonostante ciò, un po' per il traffico intenso, un po' perché ci volle tempo a parcheggiare il grosso pick-up, dopo aver completato tutti i controlli per arrivare al terminal le procedure d'imbarco per il suo volo erano già terminate e il tunnel telescopico stava per essere staccato. Sebbene il suo stato d'animo fosse tutt'altro che allegro, si sforzò di fare colpo sulla bella ragazza al gate e convincerla a lasciarlo passare. Poi, mentre percorreva il tunnel, tornò del solito umore cupo. Be', se non altro non avrebbe dovuto viaggiare pigiato in classe economica con le ginocchia sotto il mento fino a Parigi. Aveva sborsato un bel po' 9


per la prima classe e intendeva usufruirne appieno. A cominciare da un doppio Jack Daniel's. «Tyrell Brown, ce la fai a sbrigarti? Ho un aereo pieno di gente che aspetta te.» Malgrado la tristezza, quando vide la donna dai capelli grigi che lo fissava dal portellone dell'aereo gli venne subito da sorridere. «Loretta, carissima, sei su questo volo? Come sono fortunato!» Lei alzò gli occhi al cielo. «Lascia stare le smancerie e muoviti.» Gli fece cenno di mettere via il biglietto. «Non mi serve. È rimasto solo un posto vuoto in tutto l'aereo. Perché debba trovarsi proprio nel settore di cui mi occupo io, lo chiederò al buon Dio domenica prossima.» Le diede un bacio sulla guancia e lei reagì colpendolo sul braccio. «Guarda che lo dico a tua madre» lo ammonì, e poi lo spronò a percorrere il corridoio. «Ci ho parlato proprio la scorsa settimana e mi ha detto che è un mese che non la chiami. Sei proprio un ragazzo ingrato, non ti pare? Lei ha sacrificato i migliori anni della sua vita per te.» Loretta era la migliore amica di sua madre, ed era ormai una di famiglia. Lo punzecchiava sin da quando era bambino, ed era una delle poche persone a non subire il suo fascino. Gli indicò l'unico posto libero. «Forza, siediti e allacciati la cintura, così facciamo decollare questo aggeggio.» Ty aveva prenotato un posto vicino al finestrino, ma era già stato preso e a lui era rimasto quello lungo il corridoio. Se non fosse stata una donna a occuparlo, avrebbe fatto obiezione. Ma ancora una volta la cortesia tipica dei texani gli impose di trattenersi, e così fece, dando un'occhiata alla donna mentre sistemava il bagaglio nella cappelliera. Lei era sporta in avanti a rovistare nella borsa che aveva tra i piedi e non lo aveva ancora notato, il che gli diede modo di osservarla meglio. Vestita da viaggio con una canotta e dei fuseaux neri sportivi, era snella, alta circa un metro e settanta e sui cin10


quantacinque chili, da quello che riusciva a vedere. Aveva le braccia e le spalle abbronzate, toniche come quelle di un'atleta. I capelli biondi erano perfettamente lisci e le ricadevano in avanti coprendole il viso, che Ty cominciò a sperare fosse all'altezza di tutto il resto. Le cose stanno migliorando, pensò. Forse questo non sarà il giorno peggiore della mia vita, dopo tutto. Poi la donna alzò la testa e lo guardò. La iena. Fu come un cazzotto in faccia, che lo fece girare sui tacchi e precipitarsi da Loretta. «Per l'amor del cielo, Ty, cos'hai oggi?» «Mi serve un altro posto.» «Perché?» «Che importa perché? Mi serve e basta.» Si guardò intorno nel settore di prima classe. «Scambiami di posto con qualcuno.» Loretta si mise le mani sui fianchi e con voce bassa ma minacciosa disse: «No, non ti scambio con nessuno. Queste persone sono tutte in coppia e già sistemate e non vedono l'ora di cenare e di farsi un bel sonno. Ed è per questo che hanno pagato un occhio della testa per la prima classe. Non intendo chiedere a nessuno di loro di spostarsi. E non lo farai nemmeno tu». Ecco chi era Loretta. L'unica persona al mondo con la quale le sue smancerie risultavano inutili. «Allora fammi cambiare di posto con qualcuno della classe economica.» La donna incrociò le braccia. «Non puoi chiedermi una cosa simile.» «Sì, invece.» «No, non puoi e ti dico perché. Perché è una richiesta bizzarra. E quando un passeggero fa una richiesta bizzarra, io ho l'obbligo di riferirlo al comandante. Il comandante è obbligato a riferirlo alla torre di controllo. La torre lo comunica alla polizia e tu ti ritrovi piegato in avanti con un dito infilato nel deretano per controllare che dentro non ci sia dell'esplosivo.» Terminò il discorso e inclinò la testa da 11


un lato. «Allora, vuoi davvero chiedermelo?» No che non voleva. «Meeee-rda» imprecò a labbra serrate. Si girò a dare un'occhiata alla iena. Era assorta a leggere un libro e non si curava di lui. Quattordici ore era un tempo lunghissimo da trascorrere seduti accanto a una persona che si desidera strangolare. Tuttavia, o così o sarebbe dovuto scendere dall'aereo, però non poteva certo perdersi il matrimonio. Gettò un ultimo sguardo risentito a Loretta. «Voglio un Jack Daniel's ogni quindici minuti finché non perdo i sensi. Me li fai arrivare di continuo, intesi?»

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Tutta colpa delle nozze di Cara Connelly Prima del matrimonio - L'unica cosa che Tyrell Brown desidera è fuggire dalla tensione di Houston, dovuta a uno spinoso processo penale nel quale è stato coinvolto, per ritornare alla tranquillità della sua casa. Invece si ritrova su un aereo diretto in Francia per partecipare al matrimonio della sua migliore amica Isabelle. Per completare il quadro, seduta accanto al lui c'è Victoria Westin, la sexy avvocatessa tacchi a spillo e occhi da cerbiatta, che è stata la sua spina nel fianco per mesi. Al matrimonio - Vicky non può credere alle coincidenze del destino quando scopre che il bel proprietario terriero dal sorriso assassino è uno degli invitati al matrimonio di suo fratello. Lei non sopporta quell'uomo, sebbene in aereo abbiano...

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