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Teresa Southwick NOZZE TRA LE DUNE
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Sheikh's Reluctant Bride The Sheikh's Contract Bride Harlequin Mills & Boon Romance © 2007 Teresa Ann Southwick © 2007 Teresa Ann Southwick Traduzioni di Raffaella Fontana Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly ottobre 2007 Prima edizione Harmony Serie Jolly novembre 2007 Seconda edizione Harmony Vedogrande febbraio 2013 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2013 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY VEDOGRANDE ISSN 1826 - 168X Periodico mensile n. 75 del 28/02/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 912 del 28/11/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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PROMESSA ALLO SCEICCO Pagina 213
LA SPOSA DEL DESERTO
PROMESSA ALLO SCEICCO
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«La paura ti è amica.» A bordo dell'aereo che stava atterrando sulla pista di Bha'Khar, Jessica Leigh Sterling incrociò le dita e cercò di convincere se stessa. Eppure il suo caso era insolito. Di norma, era la fase di decollo a creare maggior apprensione, non l'atterraggio, anche se quel viaggio non aveva nulla di normale e i motivi di essere agitata non le mancavano. Non era spaventata come quando sua madre era stata male e lei era stata affidata a una casa-famiglia. In questo caso le sembrava piuttosto di trovarsi davanti al sogno di tutta una vita e temeva di vederselo sgretolare tra le dita. D'accordo, aveva appena scoperto di condividere lo stesso DNA con altre persone, ma questo non significava che queste fossero interessate a conoscerla o disposte ad accet9
tarla, e di certo non poteva contare sul fatto che si sarebbero fatte avanti qualora avesse avuto bisogno di un trapianto di reni o di midollo osseo. L'idea di essere a un passo dall'incontrare persone che avevano conosciuto sua madre e che avrebbero potuto volerle bene per via di quella connessione la terrorizzava. Forse l'avrebbero accolta a braccia aperte, ma Jessica non poteva esserne sicura. Inoltre era ancora un po' sottosopra in seguito alla scoperta che la famiglia che era venuta a incontrare dalla California viveva all'altro capo del mondo. Certo, la distanza aggiungeva del rischio alla sua impresa, ma Jess aveva un disperato bisogno di conoscere qualcosa sulle sue radici, come da chi avesse ereditato quegli occhi color nocciola e gli scuri capelli castani. C'era anche un'altra questione che le stava a cuore. La vita non poteva avere in serbo un lieto fine, una volta tanto? Era proprio ciò che era venuta a scoprire. L'aeroplano svoltò verso l'hangar e Jessica tremò all'idea di essere nel paese di sua madre, il paese di cui aveva ignorato l'esistenza fino a che Mary Sterling era stata in vita. Il quantitativo di documenti necessari per in10
traprendere il viaggio le faceva ancora girare la testa, ma grazie al cielo il re aveva inviato qualcuno a prenderla per evitarle altri inconvenienti. Per quale motivo sua madre le aveva nascosto di avere delle connessioni con la famiglia reale? Lei non l'avrebbe mai scoperto se non fosse stato per la solerzia di un avvocato del distretto giudiziario che aveva ritrovato una vecchia lettera di sua madre conservata tra tante scartoffie. Il re le aveva inviato nientemeno che il jet privato e, quando il pilota ebbe spento la spia delle cinture di sicurezza, Jess si alzò e stiracchiò i muscoli indolenziti. Le era stato annunciato che qualcuno sarebbe andato a riceverla, ma la cosa non riusciva a tranquillizzarla. Le tendine nella parte anteriore del velivolo si dischiusero e un uomo con indosso un elegante abito scuro le andò incontro. Le sembrava familiare, ma era da escludere che lo avesse già incontrato in precedenza. Doveva avere all'incirca trent'anni e si muoveva con incedere sicuro, aggraziato e allo stesso tempo autoritario. I capelli folti e scuri erano abbastanza lunghi da sfiorare il colletto immacolato della camicia. L'accenno di arroganza che gli incurvava la bocca e il 11
naso sottile e dritto suggerivano una passionalità che avrebbe potuto travolgere qualsiasi donna. Solo una piccola cicatrice verticale sul labbro superiore e una a forma di mezza luna su uno zigomo affilato guastavano la sua virile perfezione. E guastavano non era certo il termine più appropriato. Al contrario, quelle piccole imperfezioni non facevano che accentuarne il fascino. Le si fermò davanti e le sorrise. «Jessica?» Quel sorriso avrebbe incantato qualsiasi ragazza, ma lei non era una ragazza qualsiasi. «Sono io.» «Benvenuta a Bha'Khar.» Le sollevò una mano e si inchinò davanti a lei. Proprio come il viaggio in aereo, anche quella era una prima assoluta. A chi era cresciuto in una casa-famiglia, non capitava spesso di imbattersi in uomini che facevano il baciamano. Quel gesto la fece sentire a disagio e fuori posto. Proprio come quella notte in cui era stata trascinata fuori della stanza d'ospedale di sua madre per essere rinchiusa in un istituto con altri bambini che, come lei, non avevano famiglia. Fu assalita da un senso di tristezza e disperata solitudine. Ma quando le labbra delicate di lui le sfiorarono le nocche, i sentimenti che le si agita12
rono dentro non ebbero più nulla a che vedere con l'ansia, quanto piuttosto con un turbamento viscerale. «Gra-grazie» balbettò. Lui la studiò con gli occhi scuri e intensi. «Perdoni la mia franchezza, ma devo riconoscere che non mi aspettavo che fosse tanto graziosa.» «Grazie» ripeté lei imbarazzata. Non le sembrava il caso di essere scortese con l'uomo che doveva essere stato inviato per scortarla presso la sua famiglia, eppure l'istinto le gridava a gran voce che la situazione si stava facendo oltremodo pericolosa. Era normale essere sospettosa, dopo un'infanzia trascorsa a osservare sua madre distruggere se stessa con l'alcol e una sequela di uomini sbagliati. Jessica aveva imparato a riconoscere un impostore a un miglio di distanza già alla tenera età di dieci anni. E non c'erano dubbi che quell'uomo fosse uno di essi. Ma del resto non doveva essere altro che un braccio destro del re incaricato di svolgere un lavoro. Una volta portatolo a termine, sarebbe sparito dalla sua visuale. «Spero che abbia fatto buon viaggio» proseguì lui senza lasciarle la mano. 13
Buon viaggio? Jess si guardò intorno. Quel jet era caratterizzato dal lusso più sfrenato. «Abbiamo attraversato alcune turbolenze.» Anche allora il suo cuore aveva accelerato. «Ma per il resto tutto è filato liscio. Anche se devo ammettere di non avere termini di paragone, visto che era la mia prima volta.» Il suo sguardo luccicò di una luce indecifrabile. «Così ha perso la sua verginità...» E dopo due interminabili secondi aggiunse: «Intendo dire... aerea». Be', non era andato poi tanto lontano dalla verità, visto che Jessica non era ancora stata a letto con un uomo. In molti sarebbero stati ben felici di accompagnarla in quel passo tanto importante, ma lei non era interessata. Dubitava che ci fosse un uomo fedele sulla faccia della terra, per non parlare di uno capace di travolgerla in un vortice di passione. Era quello il problema di un'inguaribile romantica. L'aspetto razionale e quello ideale erano in perenne conflitto. Aveva sempre sognato un incontro romantico di un'intensità tale da farle dimenticare l'esistenza del mondo intero. Per ora stava ancora aspettando. Eppure doveva riconoscere che il contatto delle labbra di quell'uomo sul dorso della mano le aveva fatto sobbalzare lo stomaco 14
come durante uno di quei maledetti vuoti d'aria. Cosa sarebbe successo se l'avesse baciata sulla bocca? Al solo pensiero sentì uno strano prurito alle labbra, segno che era ora di rimettersi sulla giusta carreggiata. Occorreva tornare a concentrarsi sulle cose pratiche. Le aveva rivolto una domanda sul viaggio, giusto? Era ora di lasciarsi alle spalle l'osservazione sulla verginità perduta e tornare ad argomenti più impersonali. «Questo aereo è incredibile. È come un soggiorno volante.» «C'è anche una stanza da letto» aggiunse lui con un'occhiata maliziosa. Alla faccia dell'impersonale! «Me n'ero accorta.» «Il letto era di suo gradimento?» L'adrenalina che le scorreva nelle vene minacciava di farla andare in tilt. «Era tutto perfetto.» «Eccellente. Una macchina ci sta aspettando. La scorterò a palazzo.» «A palazzo?» Il cuore le batteva all'impazzata. «Perché, preferisce forse fare qualcos'altro?» Non lo sapeva nemmeno lei, ma di certo 15
l'idea di andare a palazzo non la tranquillizzava, neanche dopo avere letto la lettera della madre. Ne ricordava ancora la calligrafia incerta e il toccante incipit. So di avere sbagliato tutto nella vita, ma non era sbagliato il modo in cui ti ho amato. Jessica aveva letto e riletto quella missiva un'infinità di volte, ma ancora non riusciva a capacitarsi di essere legata in qualche modo alla famiglia reale di Bha'Khar. «Sono certa che il palazzo sia incantevole.» Incantevole? E quella da dove le era uscita? Cosa poteva saperne lei di palazzi, cresciuta com'era a hamburger e patatine fritte? «Ma?» «Speravo di incontrare la mia famiglia.» «E così sarà» le promise lui. «Le debite istruzioni sono già state impartite, nel frattempo immagino le farà piacere darsi una rinfrescata e rilassarsi un po'.» Rilassarmi? Come avrebbe fatto a rilassarsi tra dei perfetti estranei, e di sangue blu per giunta? Quando lui si voltò diretto alla scaletta, Jessica lo fermò trattenendolo per un braccio. «Aspetti.» «Qualcosa non va?» le chiese, uno sguardo 16
di sincera preoccupazione negli occhi. «Forse farei meglio a stare in albergo.» Lui apparve sorpreso. «Il re e la regina sarebbero oltremodo delusi.» Come faceva a spiegargli che non se la sentiva di stare sotto lo stesso tetto con due sovrani? «C'è un detto nel mio paese: meglio apparire stupidi che aprire bocca e dimostrare di esserlo.» «Questo detto mi piace, ma lei non ha affatto l'aria di una stupida, per cui temo di non seguirla.» «Se stessi a palazzo con il re e la regina finirei per fare qualcosa di inappropriato» spiegò ancora. «Non dovrà fare altro che essere se stessa.» «È proprio di questo che ho paura.» «Non ce n'è motivo.» «E invece sì» lo contraddisse lei, indicando con una mano l'ambiente intorno a sé. «Sono cresciuta in un monolocale a Los Angeles fino a che non sono stata trasferita in una casa-famiglia. Non so distinguere un bicchiere per l'acqua da quello per il vino.» «Ora sta esagerando.» «Forse, ma capisce dove voglio arrivare?» 17
«Mi stia accanto e imiti quello che farò io. Prometto che baderò io a lei.» Jessica lo studiò con sguardo scettico. «Nel mio paese, quando qualcuno ti chiede di fidarti, in genere è meglio non farlo.» «Lei è una donna molto cinica» commentò lui. «Ho le mie buone ragioni.» «Non vedo l'ora di ascoltarle.» Le sorrise, scoprendo una fila di denti bianchissimi e producendo di nuovo nel suo stomaco quella sensazione da vuoto d'aria. «Il re e la regina saranno felicissimi di fare la sua conoscenza. La figlia della figlia dei loro carissimi amici. L'hanno cercata a lungo.» «Mi hanno cercata?» Il suo sguardo si fissò in quello di lui. Nella lettera sua madre le spiegava di essere rimasta incinta di un diplomatico già sposato e di essere fuggita per la vergogna. Jessica si sarebbe aspettata che la sua famiglia l'avesse rinnegata e scoprire che invece qualcuno l'aveva cercata raddoppiò la dose di adrenalina che le circolava nelle vene. Gli sorrise. «Grazie...» Si era presentato? Era talmente sconvolta da quella catena di eventi e rivelazioni da essersene già dimenti18
cata? «Mi dispiace, temo di ignorare il suo nome.» «Mi scuso. Sono imperdonabile.» Fece un leggero inchino. «Sono Kardahl, il figlio di re Amahl Hourani di Bha'Khar.» Quel nome le suonava familiare. «E così siamo parenti?» Lui scosse la testa. «I suoi antenati sono collegati alla famiglia reale, ma i rami dell'albero genealogico si sono separati più di un secolo fa.» Non c'era motivo di sentirsi sollevata, eppure Jess non poté farne a meno. Ma subito dopo realizzò perché quel nome le sembrava vagamente familiare. Aveva già visto quell'uomo in fotografia, anche se doveva riconoscere che di persona era molto meglio. «Lei è il principe playboy.» Lui la guardò incuriosito. «Legge la cronaca rosa?» «Non compro mai quel genere di riviste.» Era una sottigliezza, ma si sentì in dovere di precisarlo. «Ma è difficile evitarle dal parrucchiere o nella sala d'attesa del dottore.» «Forse farebbe meglio a cambiare medico e sceglierne uno che non foraggi certa stampa.» «Non ho scelta.» Ecco un'altra prova del 19
fatto che vivessero su due pianeti diversi. «I miei bambini vanno da dottori convenzionati con lo stato e non abbiamo voce in capitolo quando si tratta di scegliere il genere di letture da proporre in sala d'attesa.» «Ha dei figli?» chiese Kardahl, tradendo un lampo di stupore nello sguardo. «Non ho mai partorito, se è a questo che si riferisce. Sono un'assistente sociale e mi occupo di bambini senza famiglia.» «Capisco.» «Ne dubito. Non credo che abbia mai dovuto preoccuparsi dell'assistenza sanitaria o di cosa mangiare per cena, dal momento che è cresciuto in un palazzo.» «Ha ragione.» «Come dovrei chiamarla? Sua Altezza Reale? Vostra Maestà?» «Signore dell'universo è il mio titolo preferito.» Lei batté le palpebre. «Stava cercando di fare lo spiritoso?» «A quanto pare senza riuscirci» mormorò lui. Ma le sorrise in ogni caso, un sorriso talmente irresistibile che Jessica sentì il bisogno di sedersi. Nota mentale: il playboy era fornito di senso dell'umorismo, il che lo rendeva anco20
ra più insidioso. Per fortuna che il suo radar per impostori era sempre all'erta. Non aveva nessuna intenzione di fare la fine di sua madre. Sognava di incontrare l'uomo capace di coinvolgerla in una relazione appassionata, ma aveva bisogno di potersi fidare di lui e del fatto che sarebbe rimasto al suo fianco. E un playboy non era certo la persona più indicata. Il principe le aveva appena confermato di essere l'opposto dell'uomo che desiderava nella sua vita e del resto dubitava che le avrebbe prestato la minima attenzione, visto che, a quanto riportato dai giornali, prediligeva modelle, attrici e bellezze di fama mondiale. In altre parole, l'esatto opposto di lei. «La mia famiglia e i miei amici mi danno del tu e mi chiamano soltanto Kardahl» proseguì lui. «Va bene, allora. Kardahl. Vado a recuperare la mia valigia e...» «Non ti preoccupare. Se ne occuperà qualcuno dello staff.» Così dicendo le appoggiò una mano sulla schiena e il calore sprigionato da quel contatto sembrò attraversarle la giacca, minacciando di farla squagliare. Doveva essere dovuto al suo profumo delizioso. 21
Ricordava di avere letto da qualche parte che l'olfatto era la più potente delle armi di seduzione. In ogni caso, il principe si era imbattuto nell'unica donna al mondo immune al suo fascino da tabloid. A Kardahl non era sfuggita la freddezza nello sguardo color nocciola di Jessica nel momento in cui si era presentato, e tale reazione lo aveva sorpreso. «Andiamo» le disse lui, facendole strada verso la limousine. Osservò con curiosità il bagaglio che un assistente stava sistemando nel baule. Consisteva in una semplice valigia, il che contrastava con la sua esperienza. Per quel che ne sapeva lui, le donne si portavano dietro sempre più del necessario. Davvero strano, soprattutto se si considerava che Jessica stava per lasciarsi la sua vecchia vita alle spalle e ripartire da zero. Kardahl si infilò al suo fianco nel retro della vettura, quindi incontrò lo sguardo di lei. Lo scandalo che aveva accelerato l'arrivo di quella donna era scoppiato a causa sua. Aveva perso l'unica donna che avesse mai amato, e da allora era passato da un'avventura all'altra. Non c'erano dubbi che con il gentil sesso non fosse avaro di complimenti, ma 22
quando le aveva detto di trovarla molto bella non stava esagerando. I capelli castani con riflessi dorati le arrivavano alle spalle e le ciocche che le incorniciavano il viso mettevano in evidenza gli zigomi perfetti, retaggio delle sue nobili origini. Anche le labbra erano notevoli. Piene e carnose, di gran lunga le più attraenti che avesse mai visto. «Parlami di te» le propose. «Sono delusa.» «Non hai che da dirmi chi è il responsabile della tua delusione e farò di tutto perché paghi a caro prezzo la sua leggerezza.» «Basta che ti guardi allo specchio» rispose Jess asciutta. «Sono certa che tu sappia fare di meglio per rompere il ghiaccio. Posso fornirti io alcuni esempi. Ce l'hai un cerotto? Mi sono sbucciato le ginocchia quando ti sono caduto ai piedi. O ancora, il mio preferito: credi nell'amore a prima vista, o devo uscire dalla stanza e rientrare un'altra volta?» «Non credi che sia davvero interessato, è così?» «Per quale motivo dovrei crederti?» Quella donna era un vero enigma. Non appena aveva scoperto la sua identità, il suo atteggiamento era cambiato e della ragazza 23
aperta e cordiale che aveva riconosciuto in un primo momento non era rimasta traccia. Adesso Jessica si comportava in maniera scettica e spigolosa, addirittura sospettosa. Era la prima volta che una donna lo trattava a quel modo e per qualche strana ragione Kardahl trovava la cosa molto interessante. Le sorrise. «Eppure ti assicuro che di solito funziona. Quando chiedo a una donna di parlarmi di sé, di solito lei mi ricompensa con alcune informazioni personali.» «D'accordo. Vorrà dire che starò al gioco.» «Non sapevo si trattasse di un gioco.» «Di cos'altro, se no? Tu mi sembri fatto così.» Lui annuì. «Come vuoi. Se credi che sia un gioco, giocherò con te.» «Proprio come immaginavo.» «Allora, vuoi parlarmi di te?» Jessica sospirò. «Sono nata a Los Angeles, in California. Mia madre è morta quando avevo dodici anni. Sono cresciuta in una casafamiglia, sono andata al college e ho conseguito una laurea in scienze dell'istruzione.» Si strinse nelle spalle. «Questi sono i punti più salienti.» Kardahl era convinto che ci fosse molto di più. Suo padre aveva fatto condurre delle ri24
cerche sul suo conto e ora rimpiangeva di non avere letto il rapporto, ma non era riuscito a sconfiggere l'indifferenza e l'apatia. Mentre la macchina avanzava spedita verso il palazzo, lui riprese la conversazione. «Sono certo che ci sia dell'altro.» Jess aggrottò la fronte e si mise a guardare fuori del finestrino. Sembrava molto tesa ed era incapace di smettere di giocherellare con le dita. «Sono molte le cose che non ti ho raccontato, ma non sono importanti.» Tornò a incontrare il suo sguardo. «E adesso dimmi di te.» Visto il legame che li univa, la sua reticenza era davvero inspiegabile, ma Kardahl non aveva fretta. C'era tutto il tempo per conoscerla meglio. «Sono il secondo nella linea di successione al trono di Bha'Khar...» «L'erede di scorta?» «Se vuoi metterla così.» «Sei un po' come il vicepresidente nel mio paese.» «Immagino di sì.» «Se sei sempre impegnato a rendere felici le donne di tutto il mondo, come lo trovi il tempo di prepararti?» «Per cosa?» 25
«Per governare il paese. Nel caso in cui diventasse necessario.» Kardahl lo sapeva, non aveva una gran bella reputazione. In gran parte la sua fama era meritata, per il resto era stata abbellita a regola d'arte dalla stampa scandalistica. «Se dovesse essermi richiesto farò il mio dovere, ma prego perché non avvenga, poiché un giorno mio fratello Malik diventerà re.» «Certo. Raccontami qualcos'altro.» «Cosa desideri sapere?» «Vorrei sapere come è possibile che una persona nata in mezzo ai privilegi e con la facoltà di fare qualcosa di nobile per gli altri si trasformi in un egoista alla ricerca del proprio piacere personale e di nient'altro.» Il suo tono era amichevole, leggero, ma era ovvio che lo disprezzava. «Non mi stimi molto.» «Non vedo come potrebbe essere altrimenti. Le tue avventure galanti sono sulla bocca di tutti.» Aveva smesso di provare qualsiasi emozione due anni prima, quando aveva seppellito la sua amata, e quasi faticò a riconoscere la rabbia che sentiva crescere dentro di sé. «Credi sempre a tutto quello che leggi?» «Se non ci fosse almeno un briciolo di ve26
rità, non si azzarderebbero a pubblicare certe notizie. Incorrerebbero in guai giudiziari per diffamazione. Pertanto, sì. Credo a buona parte di quello che leggo.» Jess lo fissò dritto negli occhi. «Anche se devo riconoscere che in foto sembri molto diverso.» «Ai paparazzi non interessa scattare dei bei ritratti, sono piuttosto quelli infamanti che prediligono.» Né si preoccupavano delle persone che ferivano nel tentativo di procurarsele, rifletté lui con amarezza. «E tu non li deludi mai, dico bene?» «Se è questo che pensi di me, non capisco per quale ragione tu abbia accettato di venire fin qui.» «Conosci già la risposta. L'emissario di Sua Maestà mi ha promesso di farmi conoscere la mia famiglia. Subito dopo averli incontrati, farò ritorno al mio lavoro. Socialmente importante, cosa che tu forse non capirai mai.» «Ti sbagli.» Dopotutto Kardahl era il Ministro della Difesa. «Le questioni sociali mi appassionano.» Lo stava giudicando senza neanche conoscerlo e la cosa iniziava a infastidirlo. Se quello era il suo intento, sarebbe rimasta delusa. Dopo avere perso l'amore, la passione e 27
l'entusiasmo erano appassiti a loro volta dentro di lui e l'avevano lasciato come svuotato. Si trattava soltanto di fare il suo dovere. Visti gli importanti negoziati intrapresi dal governo di Bha'Khar per sedere al tavolo con i grandi della terra, la famiglia reale non poteva permettersi l'ennesimo scandalo. Come i suoi consiglieri avevano sottolineato a più riprese, il pubblico, più ancora degli scandali, gradiva una bella storia d'amore, magari coronata da giuste nozze. Ma non era quella l'unica ragione per la quale l'arrivo di Jessica era stato sollecitato. Dal momento che aveva perso l'unica donna a cui tenesse davvero, per giunta incinta del loro bambino, per Kardahl ormai una donna valeva l'altra. Il suo cuore era diventato di pietra e non riusciva nemmeno più a ribellarsi all'idea che il re avesse scelto la sua sposa quando lui era ancora bambino. Il suo stupore, però, non faceva che crescere. Che cos'era quella storia che, dopo aver incontrato la sua famiglia, sarebbe tornata al lavoro? Questo spiegava l'essenzialità del suo bagaglio, ma sollevava altre domande. Kardahl aggrottò la fronte. «Una persona pronta a prendere dei voti tanto solenni non 28
dovrebbe essere accusata in maniera gratuita.» «Voti? Di che voti stai parlando?» «Di quelli che abbiamo preso per procura.» Lei spalancò gli occhi. «Continuo a non capire.» Nemmeno lui, ma di una cosa era certo. «Tu sei mia moglie.»
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