MEZZOGIORNO IN VENEZUELA
12 POETI CON T E M P OR A N E I
EDICIÓN BILINGÜE
Selezione critica / Selección crítica Diómedes Cordero Traduzione / Traducción Silvio Mignano Cura dell'edizione / Cuidado de la edición Ígor Barreto
—POESÍA—
R a f a e l C a d e n a s (Barquisimeto, 1930)
ร g o r B a r r e t o (San Fernando de Apure, 1952)
H a r r y A l m e l a (Caracas, 1953)
Yo l a n d a P a n t i n (Caracas, 1954)
S a n t o s L รณ p e z (Mesa de Guanipa, 1955)
A l f r e d o H e r r e r a (Caracas, 1962)
Mezzogiorno in Venezuela 12 poeti contemporanei
Edición bilingüe
Rafael Cadenas, Ígor Barreto, Harry Almela, Yolanda Pantin, Santos López, Alfredo Herrera, Arturo Gutiérrez Plaza, Gabriela Kizer, Jacqueline Goldberg, Gina Saraceni, Luis Moreno Villamediana, Carmen Verde Arocha Selezione critica / Selección crítica Diómedes Cordero Traduzione / Traducción Silvio Mignano Cura dell’edizione / Cuidado de la edición Ígor Barreto
— POESÍA —
Mezzogiorno in Venezuela. 12 poeti contemporanei. Selezione critica: Diómedes Cordero. Traduzione: Silvio Mignano. Cura dell’edizione: Ígor Barreto. Mediodía en Venezuela. 12 poetas contemporáneos. Selección crítica: Diómedes Cordero. Traducción: Silvio Mignano. Cuidado de la edición: Ígor Barreto.
Primera edición: El Estilete (Caracas, 2016) y Robin Edizioni (Roma, 2016). © Editorial El Estilete y Robin Edizioni, 2016 © de los poetas: Rafael Cadenas, Ígor Barreto, Harry Almela, Yolanda Pantin, Santos López, Alfredo Herrera, Arturo Gutiérrez Plaza, Gabriela Kizer, Jacqueline Goldberg, Gina Saraceni, Luis Moreno Villamediana, Carmen Verde Arocha. © de la selección crítica: Diómedes Cordero © de la traducción: Silvio Mignano Dirección editorial: Sandra Caula Concepto gráfico: Jefferson Quintana Diseño de carátula: Andrea Martínez Diseño interior: Elena Roosen Corrección del castellano: Virginia Riquelme Revisión de los textos en italiano: Danilo Manera Impreso en Fanarte C. A., La Urbina, Caracas. Impreso en Venezuela – Printed in Venezuela ISBN: 978-980-7786-08-9 Depósito legal: lf2522016800639 Hecho el depósito que indica la Ley
Este libro se publica gracias al apoyo de las siguientes empresas e instituciones: Ambasciata d’Italia a Caracas Astaldi Cámara de Comercio Venezolana-Italiana (Cavenit) Ghella S.p.A. Istituto Italiano di Cultura Salini-Impregilo Trevi Cimentaciones, C. A. Venezolana de Inversiones y Construcciones Clerico (Vinccler)
Presentazione
Sono dodici: Rafael Cadenas, Ígor Barreto, Harry Almela, Yolanda Pantin, Santos López, Alfredo Herrera, Arturo Gutiérrez Plaza, Gabriela Kizer, Jacqueline Goldberg, Gina Saraceni, Luis Moreno Villamediana e Carmen Verde Arocha. Siccome questa non vuol essere una vera e propria introduzione, non si pretende qui stabilire un ordine tra le opere poetiche in permanente decostruzione di questi dodici poeti venezuelani viventi, tutti nel pieno della loro potenza creativa, anche se tra l’una e l’altra opera e nell’insieme delle stesse potrebbero trovarsi punti comuni e differenze, che permetterebbero di articolare le rispettive personalità espressive nel contesto della tradizione poetica venezuelana. In queste parole preliminari di Mezzogiorno in Venezuela, 12 poeti contemporanei vorrei solo indicare il carattere straordinario della poesia che si scrive a queste latitudini, attenendomi a nomi riconosciuti da critici e lettori. Né si pretende in questa sede di indicare nella presenza di elementi azzardarti e innovativi l’identificazione di un canone della tradizione venezuelana. Vorrei solo individuare in ogni opera un elemento concettuale, un orizzonte di aspettative che viene dalla complessità vitale e storica che condiziona il dato estetico e politico delle voci qui rappresentate. Si potrebbe dire che questo libro offra la testi3
monianza di un mutamento epocale avvenuto nei decenni che vanno dagli anni sessanta ai novanta. Tale testimonianza (a mo’ di minimo inventario) rende conto della collocazione di ogni opera e della sua risonanza nella tradizione di uno dei paesi più singolari per il contributo dato alla letteratura latinoamericana. Stabiliti i criteri della selezione effettuata per ciascun autore, presentiamo al lettore brevi descrizioni dei loro diversi credi poetici e alcune informazioni indispensabili sulle rispettive biografie. La raccolta si apre con il nome di Rafael Cadenas, che senza alcun dubbio è oggi il poeta vivente più importante del panorama venezuelano, un autentico classico. Dall’esuberanza verbale propria degli esordi Cadenas è andato sviluppando un singolare barocco. La sua produzione dai toni riflessivi ha esplorato l’uso e la funzione della parola nel contesto della cultura tanto occidentale quanto orientale, giungendo infine alla pratica dell’aforisma come esercizio di alta morale poetica. Ígor Barreto ha decostruito la propria opera mettendola in relazione con l’impossibilità di rappresentare il paesaggio venezuelano. Dalla crisi e dalla critica alla tradizionale rappresentazione romantica del paesaggio del llano è passato, con una notevole variazione poetica, alla decostruzione della rappresentazione stessa di un paesaggio dominato nel presente politico del paese da violenza e miseria: in poche parole, la sua opera ha marcato il trapasso da un paesaggio culturale geografico a un paesaggio culturale politico. Harry Almela canta con ironia e senso politico la natura e la genealogia del paesaggio venezuelano. L’ironia pericolosa che domina con un tono parodistico il suo linguaggio scava nel significato delle parole, sovverte i rapporti di potere dei discorsi politici e del contesto in cui si collocano, fino a toccare la stessa costituzione della lingua, attraverso l’uso di vocaboli ladini e di una poetica sefardita, costruendo un meccanismo di resistenza dinanzi alla nuova lingua del potere.
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Yolanda Pantin assume con continuità sempre nuovi rischi nella costruzione della sua produzione letteraria, come reazione ai riconoscimenti che la sua poesia ha ottenuto a livello nazionale e internazionale per il carattere folgorante e per l’alta qualità che la collocano in una posizione preminente nella letteratura di lingua spagnola. Sorretta da una morale che la spinge ad avere un’ambizione umile, Pantin dà forma e rappresentazione alle voci interiori che lottano con il rumorio della mondanità esteriore. È un compito etico di alto livello che dà valore poetico all’intero paese. Santos López è forse uno dei poeti più eccentrici rispetto alla tradizione venezuelana. La sua opera si incentra sull’esposizione di segni, immagini, rappresentazioni di culture diverse da quella occidentale. Concepisce la poesia come metodo di contemplazione e di esplorazione delle forze oscure del caso, di tempi e spazi che hanno diverse origini e che sono spesso collegati alla tradizione africana. Alfredo Herrera interroga la realtà con un tono riflessivo e con una dizione molto essenziale, senza eccessi verbali né barocchismi espressivi. Avvicinandosi all’arte visuale e alla fotografia, espone con meraviglia le pieghe e le fragilità dell’essere. Arturo Gutiérrez Plaza indaga la natura stessa della scrittura, senza trascurare uno sguardo sugli oggetti del quotidiano, come un modo per aprirsi alla trasfigurazione del reale. È un poeta particolarmente attento e intenso nel trattare la scrittura, che vuole rappresentare il mondo come un sistema di possibilità alternative alla precarietà della cultura contemporanea. Gabriela Kizer aspira al sogno della costruzione babelica della lingua e della poesia come emanazione divina del libro impossibile della tribù. L’irruzione dell’originalità nella sua architettura poetica, l’innovazione della stravaganza come forma costruttiva, l’idea del testo come una continuità di indagini sull’atto della scrittura, il degrado delle gerarchie, la creazione come scarto sublime trasformano l’aspirazione di Kizer in modello di ricerca, in meraviglioso indiscutibile risultato. 5
Jacqueline Goldberg mette in scena le questioni del corpo e la digestione dei residui di altri corpi, fedele a eredità poetiche antiche, legate all’artista maledetto, all’io ferito nelle sue stesse radici, impotente dinanzi al dolore e alla sofferenza. Da tale esperienza emerge un linguaggio enigmatico, a volte repentino, e scettico fino alla tentazione dell’aforisma. Gina Saraceni oscilla tra le esperienze della rivelazione del presente e la pienezza dell’immagine dell’istante, smarrita nella memoria. La casa e la città sono luoghi frequentati nell’ambito di tali sconcerti, così come la celebrazione della natura, dal regno vegetale a quello animale, messo in collegamento con l’essere umano. La relazione armoniosa con la realtà sembra animare il ritmo della sua poesia. Luis Moreno Villamediana contraddice tanto i riferimenti del reale quanto quelli del linguaggio e della tradizione poetica. La sua opera espone la consunzione di ogni centralità e certezza dell’io e delle sue possibilità, muovendo dal distacco dalla grammatica (uso di parentesi, parentesi quadre e graffe, linee, eccetera) fino alla messa in dubbio delle forme accettate e consacrate, che de-costruisce. Espone insomma le rovine di un autoritratto, nel segno della leggerezza, dell’umorismo e dell’impudenza. Carmen Verde Arocha ricorre al sogno, al mondo interiore, segreto e nascosto tra le pieghe e la profondità della femminilità. Non disdegna nemmeno il mondo esteriore, rappresentato con uno sguardo che si fissa sulla dimensione acquatica e sulla temporalità. In questo temperamento onirico e singolare scorre, gelida e misteriosa, la sua poesia. Sono queste le poetiche che almeno in minima parte ci permettono di dare indicazioni sulla singolarità della poesia venezuelana contemporanea. Dovremo ringraziare sempre l’impegno e lo sforzo istituzionale dell’ambasciata italiana, rappresentata dall’ambasciatore Silvio Mignano, e della casa editrice El Estilete, diretta da Garcilaso Pumar. Tra l’altro, per fortuna dei nostri poeti, la traduzione in italiano è garantita dalla conoscenza del casti6
gliano dello stesso Mignano: ed è una capacità che ricorre per fortuna tra i lettori di entrambi i continenti e paesi. Diómedes Cordero
Diómedes Cordero (El Real, Stato di Barinas, Venezuela, 18 febbraio 1956). Dottore in filologia spagnola presso l’Università autonoma di Barcellona. Professore associato presso la facoltà di lettere dell’Università delle Ande in Venezuela. Fondatore e direttore della Biennale di letteratura Mariano Picón-Salas. Editorialista dei giornali Papel literario e El Nacional. diomedescordero@hotmail.com
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PRESENTACIÓN
Son doce: Rafael Cadenas, Ígor Barreto, Harry Almela, Yolanda Pantin, Santos López, Alfredo Herrera, Arturo Gutiérrez Plaza, Gabriela Kizer, Jacqueline Goldberg, Gina Saraceni, Luis Moreno Villamediana y Carmen Verde Arocha. Como esto no es una introducción no se pretende establecer un orden entre las obras poéticas en de-construcción permanente de estos doce poetas venezolanos vivos, en plena potencia creadora, aun cuando entre una obra y otra y entre todas se puedan encontrar similitudes y diferencias: que permitirían articular sus personalidades verbales dentro de la tradición de la poesía venezolana. En estas palabras preliminares de Mediodía en Venezuela. 12 poetas contemporáneos sólo quisiera mostrar el carácter extraordinario de la poesía que se escribe en estas latitudes, ateniéndonos a nombres reconocidos por lectores y críticos. No se pretende tampoco interrelacionar las obras, generar un sistema, ni plantear la integración de elementos de riesgo y novedad como reconocimiento y canonización de la tradición venezolana. Sólo advertir en cada obra el giro conceptual, el horizonte de expectativas derivado de la complejidad vital e histórica que condiciona lo estético y lo político de estas voces aquí representadas. Podríamos decir que este libro ofrece un registro del cambio de época entre las décadas de los sesenta y los noventa. Dicho registro (a modo de pequeño inventario) da cuenta del campo de 9
cada obra y su resonancia en la tradición de uno de los países más particulares por sus aportes a la literatura latinoamericana. Para cada selección por autor presentamos al lector breves descripciones de los distintos credos poéticos así como informaciones valiosas sobre sus respectivas bibliografías. La selección se inicia con la figura de Rafael Cadenas quien sin lugar a dudas ha devenido en el poeta vivo más importante de la poesía venezolana, un verdadero clásico. Desde la exuberancia verbal de sus inicios ha encarnado un particular barroco. Su obra de tono y carácter reflexivo ha explorado el uso y función de la palabra en el contexto de la cultura de Occidente y Oriente, derivando en la práctica del aforismo como un ejercicio de alta moral poética. Ígor Barreto ha deconstruido su obra en relación con la imposibilidad de la representación del paisaje venezolano. De la crisis y crítica de la representación romántica del paisaje del llano ha pasado, en una variación poética notable, a la deconstrucción de la representación del paisaje de la violencia y la pobreza del presente político del país: en pocas palabras su obra ha marcado el transito del paisaje geográfico cultural al paisaje político cultural. Harry Almela canta irónica y políticamente la naturaleza y la genealogía del paisaje venezolano. La peligrosa ironía presente en el carácter paródico de su lenguaje socava el significado de las palabras, subvierte las relaciones de poder de los discursos y los contextos, hasta alcanzar la constitución misma de la lengua, mediante el uso de vocablos del ladino, como un mecanismo de resistencia frente a la neolengua del poder. Yolanda Pantin asume de manera continua nuevos riesgos en la creación de su obra, como respuesta al reconocimiento nacional e internacional de su poesía destacada por su alta fulguración y su importancia dentro de la lengua española. Sostenida en una moral de ambición humilde, da forma y representa las voces interiores en disputa con los ruidos de la mundanidad exterior. Una tarea ética de alta factura que nombra poéticamente al país. 10
Santos López es quizás uno de los poetas más excéntricos de la tradición venezolana. Su obra se centra en la exposición de signos, imágenes, representaciones de otra cultura diferente a la occidental. Concibe el poema como método de contemplación y exploración de fuerzas oscuras del azar, tiempos y espacios de orígenes diversos relacionados con comunidades africanas. Alfredo Herrera en un tono reflexivo y en una dicción de alta concentración interroga lo real sin excesos verbales ni barroquismos expresivos, en cercanía con lo visual y lo fotográfico expone con asombro los recodos y fragilidades del ser. Arturo Gutiérrez Plaza indaga la naturaleza misma de la escritura, sin dejar de lado la mirada sobre los objetos y la cotidianidad, como su forma de abrirse a la transfiguración de lo real. Es un poeta de un cuidadoso e intensivo tratamiento del poema y del mundo representado como posibilidades alternas a la precariedad de la cultura contemporánea. Gabriela Kizer aspira al sueño de la construcción babélica de la lengua y del poema como emanación divina del libro imposible de la tribu. La irrupción de la originalidad en su arquitectura poética, la puesta al día del dislate como forma constructiva, la idea del texto como una continuidad de indagaciones sobre el acto de escribir, la ruina de las jerarquías, la creación como sublimidad descartada transforman la aspiración de Kizer en un modelo de búsqueda, en un asombroso logro inobjetable. Jacqueline Goldberg pone en escena los asuntos del cuerpo y la digestión de los residuos de otros cuerpos. Fiel a herencias poéticas antiguas de lo maldito, y del “yo” herido en su raíz, impotente frente al dolor y al sufrimiento. De esta experiencia resulta un lenguaje enigmático, a veces abrupto; y escéptico hasta la tentación aforística. Gina Saraceni oscila entre las experiencias de la revelación del presente y la plenitud de la imagen del instante perdida en la memoria. La casa y la ciudad son tentativos lugares de tales desconciertos. Así como la celebración de la naturaleza, de lo vege11
tal y lo animal en conjugación con lo humano. La relación armónica de lo real parece animar el ritmo de su poesía. Luis Moreno Villamediana contradice tanto los referentes de lo real como los del lenguaje y los de la tradición poética. Su obra expone el desgaste de todo centramiento y certidumbre del yo y sus posibilidades. Desde el descoyuntamiento de la gramática (paréntesis, corchetes, rayas, etc.) hasta el cuestionamiento de formas acreditadas y consagradas, las cuales deconstruye. Expone las ruinas de un autorretrato, bajo la levedad del humor y el desparpajo. Carmen Verde Arocha recurre al sueño, al mundo interior, secreto y oculto entre los pliegues y la profundidad de lo femenino. Tampoco desdeña el mundo exterior, representado en una mirada que fija lo acuático y lo temporal. En este temperamento onírico y singular fluye, fría y misteriosa, su poesía. Son estas las poéticas que informan mínimamente sobre la singularidad de la poesía venezolana contemporánea. Siempre tendremos que dar las gracias al empeño y al esfuerzo institucional de la Embajada de Italia en Caracas, representada por el señor embajador Silvio Mignano y la Editorial El Estilete representada por el señor Garcilaso Pumar. Incluso, para fortuna de nuestros poetas, la traducción al italiano esta refrendada por el conocimiento que del castellano tiene el mismísimo señor Mignano. Es un acierto que distingue a los lectores de ambos continentes y ambos países. Diómedes Cordero
Diómedes Cordero (El Real-Estado Barinas, 18 de febrero de 1956). Doctor en Filología Española. Universidad Autónoma de Barcelona. Profesor Asociado, Escuela de Letras, Universidad de Los Andes. Directivo-Fundador, Bienal de Literatura Mariano Picón-Salas. Columnista de Papel Literario, El Nacional. diomedescordero@hotmail.com
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Nel guscio di un autogrill, rimpiangendo quello che non è mai stato
Se penso ai miei ricordi dell’Italia, durante la mia infanzia, la cosa più strana è che una delle prime immagini che mi vengono in mente, prima delle stesse opere d’arte dei maestri del Rinascimento, è un autogrill, uno di quei ristoranti costruiti a forma di ponte nel bel mezzo di un’autostrada. Quando con i miei genitori affrontavamo nella nostra vecchia Fiat il lungo viaggio dal mio paesino del sud, sulla riva del Mediterraneo, alle montagne dolomitiche, ero affascinato dai quei luoghi misteriosi, dov’erano parcheggiati automobili e camion e dove si faceva la coda per entrare in bagno o davanti alle casse del bar insieme a gente sconosciuta che per un istante incrociava le nostre vite e che tuttavia non avremmo poi mai più incontrato. Gli autogrill tornano in una straordinaria poesia di Ígor Barreto, “Strade notturne”, che disegna una mappa nostalgica di un paese, il Venezuela, che il poeta ha conosciuto trent’anni fa girandolo a bordo di pesanti autobus e che galleggia a metà strada tra un passato rappresentato da un vecchio libro di viaggi, pubblicato nel 1939, e il presente nel quale Barreto compone i suoi versi: Adesso, quando l’autobus si allontana dal ristorante c’è un momento nel quale la facciata resta impressa 13
come uno splendore tenue nell’enorme vetro laterale dei finestrini. La memoria è parte imprescindibile di ogni poesia e naturalmente di questa antologia che l’ambasciata d’Italia promuove, insieme all’istituto italiano di cultura e alla casa editrice El Estilete. Vengo da uno strano regno, vengo da un’isola illuminata, vengo dagli occhi di una donna. Scendo lungo il giorno con pesantezza. Musica perduta mi accompagna. Con questi versi dalla sua raccolta Un’isola Rafael Cadenas, insignito recentemente in Spagna del Premio internazionale di poesia Città di Granada Federico García Lorca, chiarisce le qualità del sentimento di nostalgia che abita la sua poetica: un sentimento gravido, con il quale il poeta scende lungo le sue giornate con pesantezza, e nel quale vive il ricordo di una terra (“un’isola illuminata”) e degli occhi di una donna. Ogni poeta vive inevitabilmente nell’esilio, e all’esilio Cadenas ha dedicato una raccolta importante, i Quaderni del 1960. Non si può guardare tanto passato senza perdersi nel vuoto verticale delle sue pareti. Non si può guardare questo crollo senza pensare a chi è stato felice in questa casa, qualcuno ch’era aggrappato al canto dei grilli, scrive Gina Saraceni, per la quale la nostalgia è duplice, come accade a tanti venezuelani, che portano nel proprio sangue e 14
nella memoria delle loro cellule la presenza di altre terre, della migrazione che li ha portati in questo paese: Napoli è una donna che grida alla finestra, è il Vesuvio dalle lave luminose, mare rotondo che replica bellezza, scrive Gina, e non è un caso che nell’originale in spagnolo abbia scelto una grafia strana per indicare la città del Vesuvio: né Nápoles né Napoli, dunque né il nome spagnolo né quello italiano corretto, bensì, in un meticciato linguistico, Nápoli, che ha nelle sue tre sillabe e in quell’accento incongruo sulla a tutta la forza di un esilio che è al contempo la felice invenzione di un’altra appartenenza, di un’altra patria, di un’altra identità. Tuttavia l’esilio che caratterizza i versi di tutti i poeti raccolti in questa antologia non è un sentimento passivo, bensì attivo: Al dolore opponiamo non un trattamento fisico ma un atto di fiducia, scrive Alfredo Herrera, e nella filigrana delle poesie raccolte in questo libro si riconosce con evidenza un atto di fiducia: nel potere della parola, nella musica, che è parte fondamentale del carattere venezuelano, e che qui naturalmente vive nel ritmo dei versi. Fiducia, voglio dire, nelle infinite possibilità che l’atto di scrivere poesie attribuisce non soltanto agli autori ma anche agli stessi lettori: non saremo i cronisti dello sconforto. Non lo saremo, ci avverte Gabriela Kizer, in un testo intitolato nient’altro che “Poetica”, come se si trattasse del manifesto di una resistenza 15
che i poeti oppongono alla nostra epoca e al dolore esistenziale che la pervade tutta. Sopravvivere a questo dolore, continuare a sperare in nuove albe, in nuove giornate è sempre stato l’orizzonte dei poeti, ben oltre ogni possibile pessimismo. Non si può concepire una scrittura che non abbia in se stessa la tensione vero l’eternizzazione e dunque verso la proiezione del nostro io nel futuro, in un qualsiasi futuro immaginabile: Resterò viva. Così viva che trasalirà la bestia immensa del tuo cuore. Riceveremo il suo dolore finché si girerà la pagina e potremo dormire. Ci risveglieremo come rimpianti sopravviventi. Lo specchio resterà in piedi, ma solo l’aurora saprà chi siamo. Berremo di nuovo. Lo stesso titolo, “Poetica”, ricorre altre due volte in altrettanti testi di Jacqueline Goldberg, e sebbene con una durezza forse maggiore, con un disincanto più profondo, anche in lei resta ben chiaro il ruolo della scrittura nella contemporaneità che ci è toccata in sorte di vivere: Alla fine le storie più terribili si decantano e un precipizio sgorga dalla titubanza. Così si versa l’altro in noi. L’identità è in come il libro appare, non negli argomenti, né in magri antonimi che abbiamo spogliato di futuro o stanchezza. Di nuovo, storie decantate nel futuro, e di nuovo il tema dell’identità, probabilmente inevitabile negli autori di qualsiasi paese, nella nostra contemporaneità, ma che tuttavia ha un valore speciale, come ho già detto, tra i venezuelani, in quanto la 16
loro identità è il risultato della sommatoria di innumerevoli identità, di contributi che vengono da culture e popoli profondamente diversi tra loro. In questo senso, il lettore italiano avvertirà l’eco di una problematica nota, essendo a sua volta anche l’Italia un mosaico o caleidoscopio di culture che sono entrate nel corso dei secoli a plasmare lo spirito del paese. I poeti venezuelani, come gli italiani, si interrogano perciò sul loro posto nello spazio e nel tempo. Questa mattina mi sono ricordata delle civette che avevano spostato i loro nidi in alto sui forni, accanto alla casa. Noi bambini aprivamo la porta intimoriti ed eccole lì, grandi e bianche, con gli occhi immobili, come statue. Noi avevamo paura del loro sguardo impavido, non del loro volo, lungo e cieco alla luce del giorno. Sono le immagini riportate. Si apre così il lungo e denso testo “I forni” di Yolanda Pantin, che è appunto un atto di memoria (“Questa mattina mi sono ricordata”), e l’atto di memoria è sempre un atto di amore: – A Paya non ci sono segreti, dice Madre. – Un segreto è sempre un segreto di amore, dice María Zambrano. L’amore è l’altro polo immancabile nelle poesie degli autori presenti in questa antologia, ma non si tratta mai di un sentimento banale, facile, bensì di una dichiarazione di guerra al mondo, una forma di ribellione che trova la sua forza nell’intimo delle persone, come in Santos López:
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Amore, tutto ciò che è in te mi chiama: la tua levigatezza della domenica tra ibischi viola dove svolazzi senza respiro. L’interiorità è dunque il fortino nel quale si rinchiude il poeta quando ogni altro gesto di adattamento alla realtà esterna, o di rifiuto della stessa, si rivela inutile. le cose mi evitano, sfilano via da me tutte intere, senza intromettersi, come se le mie mani potessero danneggiarle, confessa Luis Moreno Villamediana, ed è proprio il sentimento di inadeguatezza al mondo tangibile delle cose e dei fenomeni fisici, e dunque la consapevolezza di dover cercare rifugio in tutt’altra sfera. Per questo penso a bassa voce senza capire del tutto quel che dico, così descrive Arturo Gutiérrez Plaza questa esigenza di rinchiudersi in se stesso: altra caratteristica preponderante nella poetica di questi dodici autori, che riflette probabilmente un sentimento comune nella Venezuela di oggi, dove le difficoltà ambientali sperimentate nella della vita quotidiana inducono a un’ipertrofia dell’interiorità, che poi è come dire che la gente tende a farsi invisibile: La gente invisibile sa cantare ma preferisce il silenzio, sa ridere se è il caso ma non si lascia tentare da chimere.
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Ovvero, nelle parole di Carmen Verde Arocha: Sono sola con le mie voci, con i gesti che vivono del rimpianto, in questo fango che mi fa felice. Si torna allora alla poesia, alla quale però non si chiedono risposte concrete, non c’è troppo spazio per illusioni ovvie. Sanno, i poeti, che nei versi che scrivono resteranno soltanto dubbi e domande aperte: Non salvarmi da nulla, poesia. Abbandonami nudo alle intemperie. Non concedermi chiarezza. Non mi interrogare, chiede alla musa Harry Almela. E tuttavia, lì fuori, alle intemperie, continua ad aspettarci un autogrill, con la sua luce gialla riflessa nel finestrino dell’autobus che è un’isola nell’oscurità della notte, un guscio al cui interno si può rimpiangere quello che non è mai stato, sognare quello che non verrà mai, raccontare quello che non accadrà. Silvio Mignano
Silvio Mignano (Fondi, Italia, 23 ottobre 1965). Laurea in giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma nel 1988. Diplomatico, artista, poeta, scrittore. Ambasciatore italiano in Venezuela. Ha pubblicato in Italia quattro romanzi e vari libri di poesia e di racconti.
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Dentro de la cáscara de un restaurante de carretera, añorando lo que nunca fue
Si pienso en mis recuerdos de Italia, durante mi infancia, lo más curioso es que una de las primeras imágenes que me viene a la mente, antes que las obras de arte de los maestros renacentistas, es un autogrill: esos restaurantes típicamente italianos construidos en forma de puente en la autopista. Cuando íbamos con mis padres enfrentando en nuestro viejo Fiat el largo viaje desde mi pueblo del sur, a la orilla del Mediterráneo, hacia las montañas de las Dolomitas, me fascinaban esos lugares misteriosos, donde estacionaban carros y camiones y se hacía la cola para entrar en los baños o delante de las cajas de la cafetería con gente desconocida que por un instante cruzaban nuestra vida y que sin embargo nunca más habríamos de encontrar. Los restaurantes de carreteras vuelven en el extraordinario poema de Ígor Barreto, “Carreteras nocturnas”, que dibuja un mapa nostálgico de un país, Venezuela, que el poeta ha conocido hace treinta años dándole la vuelta a bordo de pesados autobuses y que flota a mitad de camino entre un pasado, representado por un viejo libro de viajes, editado en 1939, y el presente en el cual Barreto compone sus versos: Ahora, cuando el bus se aleja del restaurante hay un momento en que la fachada 21
queda impresa como un resplandor tenue en el enorme vidrio lateral de las ventanas. La memoria es parte imprescindible de toda poesía y por supuesto de esta antología que la Embajada de Italia auspicia, junto con el Instituto Italiano de Cultura y con la editorial El Estilete. Vengo de un reino extraño, vengo de una isla iluminada, vengo de los ojos de una mujer. Desciendo por el día pesadamente. Música perdida me acompaña. Con estos versos de su poemario Una isla, Rafael Cadenas, recién galardonado con el Premio Internacional de Poesía Ciudad de Granada Federico García Lorca, aclara las calidades del sentimiento de añoranza que habita su poesía: un sentimiento grávido, con el cual el poeta desciende por el día pesadamente, y en el cual vive el recuerdo de una tierra (“una isla iluminada”) y de los ojos de una mujer. Cada poeta vive inevitablemente en el destierro, y al destierro Cadenas dedicó un poemario importante, Los cuadernos del destierro, de 1960. No se puede mirar tanto pasado sin perderse en el hueco vertical de sus paredes. No se puede mirar en ese quiebre sin pensar que alguien fue feliz en esta casa alguien aferrado al canto de los grillos,
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escribe Gina Saraceni, cuya nostalgia es dúplice, como ocurre a tantos venezolanos, quienes llevan en su propia sangre y en la memoria de sus células la presencia de otras tierras, de la migración que los ha llevado a este país. Nápoli es una mujer que grita en la ventana, es el Vesuvio de lavas luminosas, mar redondo que repite su belleza, escribe Gina, y no es casualidad que elija una grafía extraña para definir la ciudad del Vesuvio: ni Nápoles ni Napoli, ni el nombre español ni el italiano, sino un mestizaje lingüístico, Nápoli, que contiene en sus tres sílabas y en ese acento en la “a” toda la fuerza de un destierro que es a la vez feliz invención de otra pertenencia, de otra patria, de otra identidad. Sin embargo, el destierro que caracteriza los versos de todos los poetas reunidos en esta antología no es un sentimiento pasivo, sino más bien activo: A la dolencia opongamos no un tratamiento físico sino un acto de confianza, escribe Alfredo Herrera, y en la filigrana de los poemas que reúne esta colección se reconoce muy claro un acto de confianza: en el poder de la palabra, en la música, que es parte fundamental del carácter venezolano, y que aquí por supuesto vive en el ritmo de los versos. Confianza, quiero decir, en las infinitas posibilidades que el acto de escribir poemas confiere no tan sólo a los autores sino también a los mismos lectores. no seremos los cronistas del desconsuelo. No lo seremos, 23
nos advierte Gabriela Kizer, justamente en un texto titulado “Poética”, como si fuese el manifiesto de una resistencia que los poetas oponen a nuestra época y al dolor existencial que la permea. Sobrevivir a ese dolor, seguir esperando en nuevas madrugadas, en nuevos días siempre ha sido el horizonte de los poetas, más allá de todo posible pesimismo. No se puede concebir una escritura que no tenga en sí misma la tensión hacia la eternización y entonces hacia la proyección de nuestro yo en el futuro, en cualquier futuro imaginable: Estaré viva. Tan viva que se estremecerá la bestia inmensa de tu [corazón. Recibiremos su dolor hasta que pase la página y nos haga dormir. Amaneceremos como extrañados sobrevivientes. El espejo seguirá en pie, pero sólo la aurora sabrá quiénes somos. Beberemos de nuevo. El mismo título, “Poética”, concurre otras dos veces en textos de Jacqueline Goldberg, y aunque con una dureza quizás mayor, con un desencanto más profundo, en ella también queda claro el papel de la escritura en la contemporaneidad en la cual vivimos: Finalmente las historias más terribles se decantan y un precipicio mana del titubeo. Así se vierte el otro en nosotros. La identidad está en el pelaje del libro, no en los argumentos, ni en magros antónimos que desvestimos de futuro o cansancio.
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De nuevo, historias decantadas en el futuro, y de nuevo el tema de la identidad, probablemente inevitable en los autores de todo país, en nuestra contemporaneidad, y que sin embargo tiene un valor particular, como ya mencioné, entre los venezolanos, pues su identidad es el resultado de la sumatoria de un sinnúmero de identidades, de aportes que vienen de culturas y pueblos profundamente diferentes. En este sentido, el lector italiano advertirá el eco de una problemática conocida, siendo a su vez Italia un mosaico o caleidoscopio de culturas que han entrado durante los siglos a conformar el espíritu del país. Los poetas venezolanos, como los italianos, se interrogan entonces acerca de su lugar en el espacio y en el tiempo. Esta mañana recordé a las lechuzas que habían mudado sus nidos para lo alto de los hornos, al lado de la casa. Los niños abríamos la puerta con temor y allí estaban, grandes y blancas, de ojos inmóviles, como estatuas. Nosotros le temíamos a su impávida mirada, no a su vuelo, largo y ciego a la luz del día. Son las imágenes traídas. Así se abre el largo y denso texto “Los hornos” de Yolanda Pantin, que es justamente un acto de memoria (“Esta mañana recordé”), y el acto de memoria siempre es un acto de amor: –En Paya no hay secretos, dice Madre. –Un secreto es siempre un secreto de amor, dice María Zambrano. El amor es el otro polo infaltable en los poemas de los autores reunidos en esta antología, pero nunca se trata de un sentimiento banal, fácil, sino de una declaración de guerra al mundo, 25
una forma de rebelión que encuentra su fuerza en lo íntimo de las personas, como en Santos López: Amor, todo aquello que está dentro de ti me llama: Tu lisura de domingo entre cayenas moradas Donde vuelas y revuelas sin aliento. La interioridad es entonces el fortín en el cual se encierra el poeta cuando todo otro gesto de adaptación a la realidad externa, o de rechazo de la misma, se revela inútil. a mí las cosas me pasan por alto, caminan por mi lado enteras, sin disputa, como si mis manos pudieran dañarlas, confiesa Luis Moreno Villamediana, y es justamente el sentimiento de descubrirse inadecuados al mundo tangible de las cosas y de los fenómenos físicos, y entonces de deber buscar un refugio en otra esfera. Por eso pienso en voz baja sin comprender del todo lo que digo, así Arturo Gutiérrez Plaza describe esa exigencia de encerrarse en sí mismo: otra característica sobresaliente de la poética de estos doce autores, que probablemente refleja un sentimiento común en la Venezuela de hoy, donde las dificultades ambientales experimentadas en la vida cotidiana inducen a una hipertrofia de la interioridad, que es como decir que la gente tiende a hacerse invisible: La gente invisible sabe cantar pero prefiere el silencio, sabe reír si corresponde pero no se deja tentar por quimeras. 26
O bien, en las palabras de Carmen Verde Arocha: Estoy sola con mis voces, con los gestos que viven de lo añorado, en este barro que me hace feliz. Se vuelve entonces a la poesía, a la cual no se pide sin embargo respuestas concretas, no hay demasiado espacio para ilusiones obvias. Saben, los poetas, que en los versos que escriben solamente quedarán dudas y preguntas abiertas: No me salves de nada, poesía. Abandóname desnudo a la intemperie. No me concedas claridad. No me interrogues, pide a la musa Harry Almela. Y sin embargo, allí, afuera, en la intemperie, sigue esperándonos un restaurante de carretera, con su luz amarilla reflejada en las ventanas laterales del bus y que es una isla en la oscuridad de la noche, una cáscara donde se puede añorar lo que nunca fue, soñar lo que nunca vendrá, contar lo que nunca va a ocurrir. Silvio Mignano
Silvio Mignano (Fondi, Italia, 23 de octubre de 1965). Licenciado en Derecho en la Universidad La Sapienza de Roma, 1988. Diplomático, artista, poeta, narrador. Embajador de Italia en Venezuela. Publicó en Italia cuatro novelas y varios poemarios y colecciones de cuentos.
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R a f a e l C a d e n a s (Barquisimeto, 1930)
ร g o r B a r r e t o (San Fernando de Apure, 1952)
H a r r y A l m e l a (Caracas, 1953)
Yo l a n d a P a n t i n (Caracas, 1954)
S a n t o s L รณ p e z (Mesa de Guanipa, 1955)
A l f r e d o H e r r e r a (Caracas, 1962)
Mezzogiorno in Venezuela o nella poesia venezuelana avvenuto nei decenni che vanno dagli anni sessanta ai novanta. Tale testimonianza (a mo' di minimo inventario) rende conto della collocazione di ogni opera e della sua risonanza nella tradizione di uno dei paesi più singolari per il contributo dato alla letteratura latinoamericana.
al lettore brevi descrizioni dei loro diversi credi poetici e alcune
Mediodía en Venezuela ofrece un registro del cambio de época en la poesía venezolana entre las décadas de los sesenta y los noventa. Dicho registro (a modo de pequeño inventario) da cuenta del campo de cada obra y su resonancia en la tradición de uno de los países más particulares por sus aportes a la literatura latinoamericana. Para cada selección por autor, presentamos al lector breves descripciones de los distintos credos poéticos así como informaciones valiosas sobre sus respectivas bibliografías.