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2 Struttura delle palliatae plautine
Nota metrica: distici elegiaci.
Multas per gentes et multa per aequora vectus advenio has miseras, frater, ad inferias, ut te postremo donarem munere mortis et mutam nequiquam alloquerer cinerem, 5 quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum, heu miser indigne frater adempte mihi.
1-2 Trasportato attraverso molte genti e molti mari sono giunto, o fratello, a [recarti] queste tristi offerte funebri.
Multas per... vectus: le due espressioni parallele, accusativi di moto attraverso luogo con anastrofe della preposizione per e il poliptoto multas/ multa, insieme alla forma passiva vectus (participio perfetto da veho, letteralmente «trasportato» ma anche «trascinato», «sbattuto»), sottolineano la durata e i disagi della lunghissima navigazione. Il participio si riferisce per zeugma ad entrambi i sostantivi (gentes... aequora). – advenio: presente indicativo con valore di perfetto («sono arrivato», «eccomi qua», espressione ricorrente nella commedia); nelle due finali coordinate che da esso dipendono troviamo infatti il congiuntivo imperfetto (donarem... alloquerer, vv. 3-4). – has... ad inferias: anastrofe e iperbato (= ad has miseras inferias [ferendas]). Propriamente inferiae sono le offerte (da infero, in + fero) ai Mani dei defunti; miser è epiteto ricorrente per ciò che attiene alla morte, e vale «triste», «dolente» qui in senso attivo (cioè tale da suscitare tristezza). Catullo si reca a visitare il sepolcro del fratello verosimilmente durante il viaggio di ritorno dalla Bitinia, non lontana dalla Troade; ma l’incipit dilata indefinitamente, in una prospettiva interiore e tutta soggettiva, il triste pellegrinaggio, riecheggiando, come ha notato G.B. Conte, l’inizio dell’Odissea: «Narrami, o Musa, dell’eroe multiforme, che tanto/ vagò, dopo che distrusse la sacra rocca di Troia:/ di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,/ molti dolori patì sul mare nell’animo suo» (trad. di G. Privitera). Il filo della memoria poetica passerà poi attraverso il VI dell’Eneide, nelle parole di Anchise ad Enea: «Quas ego te terras et quanta per aequora vectum/ accipio («Per quali terre, per quanto mar trascinato/ t’accolgo», vv. 692-93; (trad. di R. Calzecchi Onesti), giungendo, come si sa, al Foscolo del sonetto In morte del fratello Giovanni.
3-4 per tributarti l’estremo omaggio di morte [= dovuto alla morte] e parlare invano alla [tua] muta cenere.
ut... donarem: subordinata finale; il verbo dono è costruito con l’accusativo della persona (te) e l’ablativo della cosa (postremo... munere). – postremo: l’aggettivo significa «ultimo», «estremo», ma anche «tardivo»; al fratello, morto da tempo lontano dalla patria, non erano stati ancora resi gli onori funebri secondo il rituale romano. – mutam... cinerem: in latino cinis è prevalentemente di genere maschile; la scelta del femminile si richiama al gusto neoterico per le forme rare e ricercate. Si noti in questo distico l’insistita allitterazione in m. L’antitesi fra mutam e alloquerer è messa in rilievo dall’iperbato e dal lungo avverbio nequiquam al centro del verso: di fronte al vuoto e al silenzio irreparabile della morte, il colloquio si configura in realtà come un desolato monologo, ed esprime la profonda consapevolezza della vanità del rito, nello stesso tempo, peraltro, sentito come necessario e dovuto in nome della pietas, uno dei valori più alti e radicati nella tradizione romana. Forse soltanto la parola poetica può riallacciare i legami infranti dalla morte e ricostituire, a suo modo, il “colloquio impossibile”: si veda l’insistente ricorrere e intrecciarsi nel componimento catulliano dei pronomi personali “tu” ed “io” (te, mihi, tete...) e del vocativo frater.
5-6 dal momento che la sorte mi ha portato via te, proprio te, ahimè, infelice fratello, ingiustamente strappatomi.
quandoquidem: congiunzione causale, è un termine arcaico e del linguaggio colloquiale. – tete: rafforzativo di te mediante raddoppiamento, a sua volta in-
Affresco raffigurante un paesaggio marino con navi, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
Nunc tamen interea haec prisco quae more parentum tradita sunt tristi munere ad inferias, accipe fraterno multum manantia fletu, 10 atque in perpetuum, frater, ave atque vale.
tensificato da ipsum e dall’accostamento a mihi, ripetuto quest’ultimo nella chiusa del v. 6, a sottolineare lo strazio del distacco. – abstulit... adempte: sono due verbi (il primo da aufero, il secondo da adı ˘ mo, e ˘ re) di significato affine: «strappare», «portar via», entrambi costruiti con il dativo (mihi). – heu... indigne: all’esclamazione di doloroso lamento (heu) seguono l’aggettivo miser, questa volta a indicare l’infelice sorte di colui al quale è toccata una morte prematura, e l’avverbio indigne, che ricorre sovente nelle epigrafi funerarie appunto nei casi di morte in età giovanile o in circostanze tragiche; una sorta di vana rivolta contro quella che appare un’ingiustizia della sorte. In questi versi il pathos controllato e sommesso dei primi due distici lascia evidentemente il posto a uno sfogo doloroso di emotività più intensa e diretta. Analoghe, talora pressoché identiche, espressioni di dolore e di compianto per la sorte del fratello ricorrono altrove nel liber catulliano: nel carme 65 ereptum nostris... oculis («strappato dagli occhi nostri», v. 8) e nel carme 68 Ei misero frater adempte mihi, / ei misero fratri iocundum lumen ademptum («Ahimé fratello tolto a me infelice, ahi gioconda luce tolta a te infelice fratello», vv. 52-53; trad. di E. D’Arbela)
7-10 Ora intanto comunque accogli queste [offerte] grondanti di pianto fraterno, che io, secondo l’antico costume degli avi, ho portato quale triste dono per le [tue] esequie, e per sempre, fratello, addio!
Nunc tamen interea: cumulo di avverbi prosastico e colloquiale, che nell’andamento spezzato e faticoso esprime lo sforzo di riprendere il controllo dopo l’effusione emozionale dei versi precedenti; tamen, che introduce un nesso avversativo, manifesta la volontà del poeta di celebrare «comunque» il rito, per quanto vano; interea («intanto», «frattanto») potrebbe alludere all’intenzione di ritornare un giorno con altre, più degne, offerte; d’altra parte è probabile che qui significhi «poiché le cose stanno così». – haec: neutro plurale, oggetto di accipe, sottintende munera. – tradita sunt: lett. «sono state portate (da me)», oppure «sono state tramandate»; nel primo caso ad inferias, con ad di valore finale («per le esequie», «per i riti funebri», cfr. v. 2) può essere inteso come moto a luogo («al tuo sepolcro»). – tristi munere: ablativo modale. – multum manantia: lett. «molto stillanti»; si notino nel v. 9 la doppia allitterazione (in f e in m) e l’iperbato (fraterno... fletu). – ave atque vale: è il congedo definitivo dal fratello, con la formula rituale dell’estremo saluto, attestata nelle epigrafi funerarie e ripresa da Virgilio nell’Eneide (XI, 9798), non a caso nell’episodio dei funerali del giovanissimo Pallante, anch’egli colto da immatura morte: salve aeternum mihi, maxume Palla,/ aeternumque vale («addio per sempre, grande Pallante, e per sempre addio»). Ma tutto il componimento catulliano, come si è visto, è pervaso di espressioni del linguaggio formulare e rituale; anche la triplice ripetizione del vocativo frater (v. 2, v. 6, v. 10) nella stessa posizione metrico-ritmica (dopo la dieresi del pentametro) suggerisce con discrezione il triplice vale che di norma chiudeva i riti funebri, accompagnato dal nome del defunto, anch’esso ripetuto per tre volte.
Analizzare il testo
1. Evidenzia le espressioni del linguaggio formulare e rituale, spiegandone l’esatto significato. 2. Provvedi a una schedatura completa degli aggettivi, illustrandone il significato e la funzione espressiva. Vi sono aggettivi che denotano una visione desolata e tragica della morte? L’aggettivo miser ricorre qui in due luoghi: quali? Ha in entrambi lo stesso valore? Quale significato assume nei carmi d’argomento erotico? 3. Rintraccia ora nel testo gli avverbi, illustrandone come per gli aggettivi il significato e la funzione espressiva.
Interpretare il testo
4. Secondo quanto si legge in questo carme,
Catullo mostra di credere a una qualche forma
di sopravvivenza dopo la morte? Motiva la tua risposta con precisi riferimenti testuali. 5. Il primo verso del celebre epigramma riecheggia l’incipit dell’Odissea; si riconosce qui un procedimento caro alla poesia alessandrina e neoterica? 6. Si è detto che nel carme in morte del fratello convivono la consapevolezza della vanità del rito e il senso religioso di un sacro dovere da compiere. In quali luoghi del testo si possono riscontrare rispettivamente questi due atteggiamenti? Cerca di interpretare l’apparente contraddizione valendoti della tua conoscenza di altri componimenti catulliani che possono essere accostati sotto questo aspetto al carme 101. Motiva le tue osservazioni attraverso precisi riferimenti testuali.