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T 6 Duetto d’amore con servo (Curculio, 162-215) IT
2 La poesia “eccessiva” degli Epodi
Gli anni della composizione Il libro, pubblicato nel 30 e dedicato a Mecenate, comprende 17 componimenti. La composizione degli Epòdi ha inizio intorno al 42-41 (gli anni inquieti di Filippi e delle proscrizioni) e si conclude dopo la battaglia di Azio (quando Orazio è ormai integrato nell’ambiente culturale augusteo).
Discende di qui la diseguaglianza di toni e di ispirazione del libro, evidente soprattutto nei carmi di tema civile, scritti il 7 [T1] e il 16 a ridosso dell’esperienza di Filippi, il 9 [T2 ONLINE] appena dopo Azio. Orazio e Archiloco Orazio, in un’epistola scritta intorno al 20, affermerà orgogliosamente di aver introdotto per primo nel Lazio parios iambos, cioè i giambi di
Archiloco di Paros (poeta greco del VII secolo a.C.). Archiloco aveva dato origine a una poesia animata da una forte carica polemica, irta di invettive e di attacchi ad personam, di sentimenti violenti ed eccessivi espressi con un linguaggio realistico e potente, non privo di elementi osceni e triviali.
Nel dichiarare il suo modello, Orazio pone tuttavia una limitazione: di Archiloco aveva voluto infatti imitare solo numeros animosque («i ritmi e lo spirito aggressivo»), non le res («gli argomenti»), che invece appartenevano interamente al mondo romano e al dominio della sua esperienza personale, ed escludevano in sostanza gli attacchi ad personam.
In un altro passo (Odi I, 16, 22-25), sempre ricordando l’esperienza giovanile degli
Epodi, Orazio metteva in evidenza l’aspetto più caratterizzante dei suoi primi versi, il fervor dell’ispirazione, il ribollire delle passioni e dei risentimenti che lo avevano spinto verso i modi della poesia giambica, avvertita come la più consona ad esprimere il disagio morale ed esistenziale di quegli anni: me quoque pectoris/ temptavit in dulci iuventa/ fervor et in celeres iambos/ misit furentem («me pure tentò, nella dolce giovinezza, il ribollire dell’animo e mi sospinse furente verso i giambi veloci»). Un’ispirazione prevalentemente letteraria In realtà l’ispirazione archilochea agisce più come suggestione letteraria che non come autentica forza di sovversione polemica; ed è naturale, considerato che Archiloco era un aristocratico del VII secolo coinvolto nelle tumultuose vicende politiche e civili di una polis, mentre
Orazio era un letterato di umili origini inserito in un grande sistema statale che si avviava, proprio in quegli anni, a cancellare le ultime resistenze repubblicane e libertarie. Gli attacchi di Archiloco sono sempre ad personam, astiosi e feroci; quelli di Orazio, tranne il caso dell’epodo 10 [T3], sono diretti a figure fittizie o anonime (ad esempio un usuraio, un liberto arricchito, una maga, una donna troppo vogliosa). Archiloco è ispirato dall’attualità; Orazio dal desiderio di gareggiare su un piano meramente letterario con i propri modelli. Orazio e la poesia giambica di Callimaco Proprio l’ispirazione prevalentemente letteraria di questi epodi tradisce il profondo legame con la poesia giambica ellenistica, e in particolare con i Giambi di Callimaco, a cui Orazio allude non solo nel titolo (Iambi) ma anche nel numero dei componimenti raccolti (diciassette).
Accentuando l’aspetto della varietà, Callimaco aveva fuso nel suo libro motivi eziologici, politici e favolistici. Anche la raccolta oraziana rispecchia, nei contenuti e nelle scelte formali, il canone alessandrino della poikilía o variatio. I diciassette componimenti di Orazio comprendono infatti:
•una poesia dedicatoria in forma di propempticon («carme di accompagnamento»), indirizzata a Mecenate in partenza verso Azio (1); • due «scherzi» (2, 3), uno dei quali rivolto ancora a Mecenate, che lo ha costretto a mangiare una cena a base di aglio; • invettive (4, 8, 10 [T3], 12); • una poesia programmatica sul genere giambico (6); • poesie di contenuto politico e civile (7 [T1], 9 [T2 ONLINE], 16); • poesie di argomento erotico (11, 14, 15); • un carme simposiaco (13); • poesie di argomento magico (5, 17).
Di derivazione callimachea è anche l’alternanza dei registri stilistici e dei toni, così come il ricorso alla tecnica dell’allusione. Le poesie di contenuto politico e civile Svettano, fra i diciassette componimenti, gli epodi 7 [T1] e 16, entrambi di contenuto politico, nei quali prevale un profondo pessimismo sui destini di Roma. Utilizzando il linguaggio profetico e ammonitorio degli antichi vati, Orazio denuncia nell’epodo 7 la colpa originaria di Roma (il fratricidio, da cui deriverebbero le guerre civili), mentre nell’epodo 16 profetizza la caduta di Roma per opera dei barbari, che la distruggeranno col fuoco e la calpesteranno con i loro cavalli.
Nell’epodo 16 la soluzione di fronte alle guerre civili e alla violenza politica è di natura mitico-simbolica: il poeta esorta ad abbandonare il suolo maledetto di Roma e a rivolgere le vele verso le favolose isole Beate, miracoloso residuo dell’antica età dell’oro (e prefigurazione mitica di uno dei più caratteristici motivi oraziani, quello dell’angulus al riparo dal mondo).
A questi epodi, i più antichi, precedenti l’incontro con Mecenate e Ottaviano, si contrappone l’epodo 9 [T2 ONLINE], composto appena dopo Azio: l’angoscia per i destini della patria si scioglie qui nel nome di Ottaviano e nella promessa di un convito allietato dal vino. Collocandosi tra Filippi e Azio, gli Epodi finiscono dunque per rappresentare il passaggio dall’angoscia della catastrofe all’ottimismo liberatorio della salvezza offerta da Ottaviano; il modello giambico archilocheo, originariamente legato al circuito della polis (e strumento espressivo di un appassionato, irriducibile individualismo), si pone così al servizio del principato e dei rivolgimenti istituzionali in atto.
Il genere LETTERARIO
Due titoli: Iambi ed Epodi
Il titolo scelto da Orazio (come risulta da Odi I, 16, 3 e da Epistole I, 19, 23) doveva essere quasi certamente Iambi, termine che indicava sia determinate forme metriche (iambus è il piede composto da una sillaba breve e da una sillaba lunga) sia il genere letterario reso illustre in Grecia da Archiloco e da Ipponatte: una poesia di tono aggressivo e realistico, nella quale predominavano i sentimenti dell’ira e della rabies. Ma già i grammatici antichi, sottolineando un altro aspetto metrico dell’opera di Orazio, chiamarono il libro Epodi. Letteralmente epodòs («canto che viene dopo», «canto aggiunto») indica semplicemente il verso più corto di un distico, che fa da eco al precedente. In seguito i grammatici del tardo impero finirono per designare con «epodo», per estensione, l’intero distico costituito appunto da un verso più lungo e da un altro più breve modellato sul precedente. In distici epodici (per lo più un trimetro giambico seguito da un dimetro giambico) sono composti sedici dei diciassette componimenti del libro di Orazio.