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2 Sviluppi della palliata: Cecilio Stazio

LETTURA e INTERPRETAZIONE

Datazione e destinatario dell’ode

Il componimento occupa nella raccolta dei Carmina oraziani un posto d’onore, il quarto, subito dopo le odi dedicate a Mecenate (I, 1) ad Augusto (I, 2) e a Virgilio (I, 3): è indirizzata infatti al console del 23, anno di pubblicazione dell’opera, Lucio Sestio Quirino. Quest’ultimo, fervente seguace di Bruto, prese parte come Orazio alla guerra di Filippi (42 a.C.) a fianco dei cesaricidi; il poeta potrebbe averlo conosciuto già a quel tempo. In seguito Augusto gli perdonò la giovanile militanza repubblicana e ne favorì la carriera politica, coronata dalla dignità consolare. A lui Orazio si rivolge con un vocativo (O beate Sesti, v. 14) che lo rappresenta come uomo ricco e fortunato. Non è improbabile tuttavia che l’ode risalga a diversi anni prima: lo attesterebbe il metro epodico, che secondo alcuni studiosi contrassegna i testi più antichi della raccolta (fra questi I, 7 [T10]); inoltre, è abbastanza evidente che a Sestio il poeta attribuisce qui implicitamente anche il dono della spensierata giovinezza.

Armonia strutturale

La struttura dell’ode è limpida, armoniosa e classicamente bilanciata: a una sezione d’esordio, coincidente con le prime due strofe, che descrive il ritorno della primavera (vv. 1-8), segue la strofa centrale, con l’invito ai rituali festeggiamenti in onore della bella stagione (vv. 9-12); le due ultime strofe segnano il brusco passaggio alla meditazione sulla morte sempre in agguato e dunque alla constatazione della brevità della vita e della fugacità di ogni gioia (vv. 13-20).

Forti contrasti di luce e di colore

Alla ripresa delle attività umane dopo la lunga sosta invernale (vv. 1-4), il poeta fa seguire immaginosamente una sorta di analogo “risveglio” nel mondo degli dèi, rappresentando due scene mosse e animate, in forte contrasto luministico e coloristico: all’armoniosa danza di Venere, delle Grazie e delle Ninfe nella fresca luce argentea della luna, si contrappongono le forge infuocate dei possenti Ciclopi e di Vulcano nelle oscure caverne sotterranee, rischiarate soltanto dai rossi bagliori delle fiamme (vv. 5-8). Ai vividi colori e all’atmosfera gioiosa dei versi precedenti (segnalata anche a livello metrico-ritmico dal predominio dei dattili, veloci e leggeri, nel v. 9) si contrappone violentemente l’incipit del v. 13, con l’irrompere improvviso della Morte personificata con il suo cadaverico pallore, cui seguono angosciose immagini di tenebra e d’oltretomba (vv. 16-17).

Perfetto equilibrio tra cupe visioni di morte e luminosa vitalità primaverile

Ma le visioni cupe e desolate della notte perpetua e delle dimore di Ade non prevalgono sulle immagini luminose e sulla vitalità gioiosa delle strofe primaverili, lasciando filtrare, sia pure in forma negativa e indiretta (nec ... nec, vv. 18-19) una rinnovata esortazione a godere nel presente dei piaceri del convito e dell’amore, che prende forza e necessità, in un perfetto equilibrio, proprio dalla riflessione sulla fuga inarrestabile del tempo e sull’ineludibile richiamo della morte eguagliatrice.

Analizzare il testo

1. Dal punto di vista strutturale (e tematico), è possibile dividere l’ode in parti o sezioni chiaramente distinte? Si può parlare di un’architettura bipartita o tripartita? 2. Il testo è palesemente costruito su un gioco di immagini antitetiche. Individua, analizza e commenta le immagini di vitalità e rinascita, e per contro quelle di morte. 3. Ai forti contrasti che si instaurano fra le immagini corrisponde una chiara contrapposizione di piani temporali: individuali, analizzando le forme verbali e gli avverbi di tempo presenti nel testo. 4. Qual è la funzione logico-sintattica degli ablativi stabulis, igni (v. 3) e pruinis (v. 4)? 5. Per quale ragione troviamo mearis, futuro anteriore, al v. 17?

Confrontare e interpretare i testi

6. Sviluppa un confronto tra l’ode I, 4 a Sestio e la I, 11 a Leuconoe [T12], con particolare riguardo ai seguenti aspetti: a) il motivo del carpe diem; b) la meditazione sul tempo e sulla morte; c) le strutture antitetiche, in particolare la contrapposizione fra presente e futuro (tempi verbali; avverbi di tempo). 7. Dopo aver letto l’ode IV, 7 [T23], rintraccia gli elementi comuni e le differenze sul piano tematico e stilistico-espressivo.

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