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3 Il teatro realistico e pedagogico di Terenzio

intemptata nites! Me tabula sacer votiva paries indicat uvida 15 suspendisse potenti vestimenta maris deo.

è soggetto dell’infinitiva oggettiva dipendente da indicat, il cui predicato è suspendisse, infinito perfetto attivo di suspendo, e˘re, propriamente «appendere». In posizione di rilievo e in forte antitesi con Miseri, il pronome di I persona vale a contrapporre energicamente, secondo una movenza stilistico-espressiva ricorrente in Orazio (me-Stil) l’atteggiamento e le scelte del poeta a quelli altrui (cfr. I, 7, 10 [T10]). – tabula... votiva: ablativo strumentale. Si tratta, secondo un’usanza antichissima, perdurata nei secoli e ancor oggi diffusa, di un ex voto: «I naufraghi scampati alla morte, mantenendo un voto fatto al dio del mare nel momento del pericolo, gli offrivano un quadretto che indicava le circostanze del voto esaudito, e i vestiti che portavano durante il naufragio» (La Penna). Fuor di metafora, il poeta, fatta esperienza dell’incostanza di Pyrrha (e forse delle donne in generale), dichiara con garbata ironia di essersi sottratto appena in tempo alle insidiose attrattive di lei, e di trovarsi ormai in condizione di evitare, o di aver saggiamente rinunciato ad affrontare, il rischio di ulteriori, amari disinganni. – uvida: «umide», «bagnate»; aggettivo neutro plurale (uvidus, a, um) concordato con vestimenta (v. 16). – potenti: non è aggettivo ma sostantivo, concordato con il dativo deo; lett. «che ha, che esercita il potere», dunque «signore». Il «dio signore del mare» è ovviamente Poseidon-Nettuno.

Ritratto femminile, particolare di un affresco dalla Villa dei Misteri a Pompei. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

LETTURA e INTERPRETAZIONE

Complessità strutturale e stilistica dell’ode

A Pyrrha, la donna dai capelli fulvi, d’oro e di fuoco, si rivolge il poeta in quest’ode di squisita eleganza, nitidamente semplice in apparenza, in realtà complessa, sia dal punto di vista strutturale e stilistico, sia sul piano interpretativo.

Strofa I: un quadretto di gusto ellenistico

Il componimento si apre con un raffinato quadretto di gusto ellenistico, nel quale si fondono armoniosamente grazia, sensualità e sottile ironia: in una grotta deliziosa, su un giaciglio di rose, un giovinetto profusamente cosparso di unguenti odorosi si stringe

alla bellissima donna. Splende al centro della scena la chioma biondo-rossa di Pyrrha, simplex munditiis: nella callida iunctura, così caratteristicamente oraziana, si racchiude l’essenza del fascino seduttivo di questa figura femminile, enigmatica e distante nel suo splendore, volubile e insidiosa come il mare [Le

forme dell’espressione, p. 213].

Strofe II-III-IV: metafore marine

Nelle strofe successive, legate fra loro mediante un gioco di forti contrasti, si sviluppa infatti una serie di metafore marine: l’inesperto puer ben presto piangerà, allo scatenarsi dell’impreveduta tempesta (i tradimenti, il discidium; strofa II), lui che ora gode dei piaceri d’amore fidando ciecamente che durino per sempre, come la dolce, ingannevole brezza che spira sul mare calmo (strofa III); invece il poeta, naufrago miracolosamente scampato ai flutti scatenati, dedica, ormai salvo e al sicuro, un ex-voto al dio del mare quale rendimento di grazie (strofa IV).

La donna e il mare: una lunga tradizione nel segno di Afrodite

La raffigurazione della donna come forza della natura, e in particolare l’immagine del mare mutevole e pericoloso quale metafora dell’incostanza femminile, ha dietro di sé una lunga tradizione nella letteratura antica, dai giambi misogini di Semonide di Amorgós

a Plauto [Dialogo con i modelli, p. 216]; in particolare, le metafore marine ricorrono diffusamente negli epigrammi erotici dell’Antologia Palatina, che giocano con ingegnose variazioni sulle mitiche prerogative di Afrodite, la dea dell’amore nata dalla schiuma del mare. E anche qui, infatti, dietro la figura dell’aurea Pyrrha splende quella della dea (v. 9). Ma Orazio va ben al di là della ludica leggerezza alessandrina, così come della tradizionale misoginia.

Il personaggio-poeta e il giovane ingenuo

Come accade in altre, famose odi, il poeta ama rappresentarsi come un uomo maturo, esperto e consapevole, di contro a figure di giovanissimi ingenui (qui il puer; altrove saranno Taliarco o Leuconoe), cui somministra, con distacco ironico e insieme con umana partecipazione, non senza un’ombra di malinconia, insegnamenti di disincantata saggezza.

Una sottile ambiguità

Nondimeno, l’atteggiamento del personaggio-poeta sfugge a una così precisa determinazione: alcuni interpreti ritengono infatti che il sentimento dominante nell’ode a Pyrrha sia la gelosia, e che vi affiorino i segni di una passione non del tutto superata. Così, una sottile ambiguità pervade l’intero componimento, non ultima ragione del suo fascino.

Analizzare il testo

1. Il poeta si rivolge a una donna di nome Pyrrha. Si tratta di un “nome parlante”? Che cosa significa?

Vi sono altre espressioni e immagini nel testo che si connettono allusivamente a questo nome? 2. Al v. 9 Pyrrha è detta aurea. Spiega il significato e le implicazioni di questo aggettivo nel contesto dell’ode. 3. Chi sono i “personaggi” dell’ode? Come vengono rappresentati? In particolare, il poeta si sofferma sul puer, caratterizzandolo mediante numerosi aggettivi e forme verbali fra loro coerenti e funzionali a darne un “ritratto” piuttosto preciso: quali? 4. Analizza il testo dal punto di vista strutturale, dividendolo in sequenze, a ciascuna delle quali

dovrai assegnare un breve titolo-didascalia, e osservando se le parti individuate corrispondono, più o meno esattamente, alle singole strofe. 5. Individua le metafore presenti nell’ode I, 5 e spiega a quale campo semantico appartengono, illustrandone il significato.

Confrontare e interpretare i testi

6. Dopo l’ode a Pyrrha, leggi il «Canto amebeo d’amore (Carmina III, 9 [T20]) in forma di dialogo fra il poeta e un’altra donna di nome

Lydia, cercando di spiegare in un breve scritto come Orazio affronti il tema della donna e dell’amore.

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