12 minute read

T 4 Il vecchio padre e il servo fedele: una lezione di umanità (Andria, 28-171) IT

T 13

Carmina I, 20 ITALIANO

Invito a pranzo per Mecenate

Il motivo dell’invito a cena era diffuso nella letteratura ellenistica e neoterica, come dimostrano il carme 13 di Catullo e un epigramma di Filodemo di Gadara (filosofo epicureo e poeta ancora attivo durante la giovinezza dell'autore); Orazio lo utilizza per sviluppare con garbo e delicatezza alcuni dei suoi temi più cari: il convito rallegrato dal vino; un ideale di vita semplice confortato dall’amicizia. Anche il motivo encomiastico, che occupa l’intera seconda strofa e parte della prima, è risolto con discrezione entro un clima di piacevole e scherzosa intimità. L’episodio rievocato permette di datare l’ode oltre il 30 a.C., anno nel quale Mecenate, ricomparso in pubblico a uno spettacolo teatrale per la prima volta dopo una lunga malattia, fu accolto con un caloroso applauso.

Il Sabino berrai di poco pregio in bicchieri modesti; l’ho serbato e chiuso io stesso in un’anfora greca quando in teatro,

5 o caro Mecenate cavaliere, t’accolse quell’applauso tanto forte che l’Eco dalla riva del paterno fiume e dal monte

Vaticano lo ripeté scherzosa. 10 Vino di Cales, Cècubo tu bevi: io non ho vigne a Formia né a Falerno per le mie tazze.

(trad. di E. Cetrangolo)

5-6. paterno / fiume: il Tevere nasce in Etruria, regione d’origine di Mecenate.

9-11. Vino di Cales, Cècubo...

Falerno: tutti vini pregiati: il Cecubo proveniva dal Lazio meridionale; Cales corrisponde all’odierna Calvi, in Campania; campano è anche il Falerno, più volte ricordato da Orazio.

Natura morta da Pompei. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

T 14

Carmina I, 37 LATINO

Per la morte della regina Cleopatra

L’ode testimonia del clima di esultanza e del senso di sollievo che si diffusero in Roma alla notizia del suicidio di Cleopatra (agosto del 30 a.C.), poco dopo la resa di Alessandria e la morte di Antonio, a quasi un anno di distanza dalla battaglia di Azio (2 settembre del 31). Lo spunto iniziale è già in un carme di Alceo (fr. 332 Lobel-Page), che esprime con irruenza passionale la propria gioia alla notizia della morte di Mírsilo, tiranno di Mitilene: «Ora bevete tutti, ubriacatevi, / magari a forza: è morto Mirsilo!» (trad. di G. Perrotta). Ma il tono impetuoso subito si smorza nel ricordo solenne delle antiche cerimonie sacre di Roma (vv. 2-4) e l’interesse si sposta gradatamente sulla figura drammatica di Cleopatra, caratterizzata prima dal delirio dei suoi rovinosi piani politici (vv. 6-8) e dalla depravazione dei costumi (vv. 9-14), poi dal senso di paura e di fragilità che l’assale nella sconfitta e nella fuga (le similitudini al v. 18), infine dal coraggio che dimostra nell’affrontare la morte da regina piuttosto che cadere prigioniera del vincitore (vv. 21-32).

Nota metrica:

sistema alcaico, composto da due endecasillabi alcaici seguiti da un enneasillabo e da un decasillabo alcaici. Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus, nunc Saliaribus ornare pulvinar deorum tempus erat dapibus, sodales.

5 Antehac nefas depromere Caecubum cellis avitis, dum Capitolio regina dementis ruinas funus et imperio parabat

[1-4] Ora si deve bere, ora con piede libero si deve danzare, ora è tempo di ornare il letto degli dèi con vivande degne dei Salii, o amici.

Nunc ... nunc ... nunc: l’ode si apre con un impetuoso, liberatorio scatto di esultanza; la triplice anafora scandisce l’intensità della gioia evocando mimeticamente il ritmo della danza cui il poeta invita ad abbandonarsi senza freno. Nunc si contrappone con forza ad Antehac (v. 5). – est bibendum: costruzione perifrastica passiva impersonale con il gerundio di bibo, e˘re («bere»). – pede ... tellus: lett. «si deve battere la terra con piede libero», ossia lanciarsi in una danza sfrenata. La costruzione perifrastica passiva (pulsanda [est]), come la precedente (bibendum est), non esprime una semplice esortazione, ma equivale a un imperativo ineludibile («si deve»). Il ritmo frenetico della danza viene sottolineato anche dall’allitterazione in p (pede ... pulsanda). – nunc ... tempus erat: l’imperfetto erat, unito a nunc, ha suscitato non poche perplessità; ma certo si tratta di un modo felicemente ardito di esprimere il desiderio di veder subito attuato ciò che si attendeva con impazienza: «ora – ed era tempo! – si deve ornare». – Saliaribus... dapibus: i banchetti dei Salii, uno dei più antichi collegi sacerdotali romani, erano proverbiali per fasto e abbondanza. Dapibus, dal femminile daps, dapis, è vocabolo di ascendenza rituale e sacrale che designa il «cibo», la «vivanda» imbandita in un banchetto sacrificale, comunque festivo, e per metonimia il banchetto o convito stesso. – pulvinar: lett. «cuscino»; per sineddoche vale lectus. Orazio allude alla solenne cerimonia religiosa del lectisternium, durante la quale alle statue degli dèi, adagiate su letti tricliniari, veniva offerto un banchetto di supplica o di ringraziamento.

[5-12] Prima d’ora non era lecito trar fuori il Cècubo dalle cantine degli avi, fintanto che una regina preparava folli rovine al Campidoglio e sterminio all’impero col [suo] branco infetto di uomini deturpati dal morbo, sfrenata [tanto da] sperare ogni cosa ed ine-

briata dalla dolcezza della fortuna. Antehac: si contrappone a Nunc (v. 1); l’antitesi è rafforzata dalla collocazione simmetrica dei due avverbi di tempo in apertura di strofe consecutive. – nefas: sott. erat, da cui dipende l’infinitiva soggettiva depromere Caecubum. Il vocabolo esprime «ciò che non è lecito» secondo la legge divina, pertanto l’espressione vale «era sacrilegio», in quanto violazione di un sacro divieto. – Caecubum: vino pregiato del Lazio meridionale. La menzione del Cecubo vale a contrapporre il vino italico, da versare durante un rituale rendimento di grazie agli dèi, all’egizio, inebriante vino Mareotico (v. 14), che scatena il furor di Cleopatra (e dell’innominato Antonio [Leggere un testo critico, p. 234]). – cellis avitis: ablativo di separazione o allontanamento. Al sostantivo femminile cellis (cella, ae; genericamente «deposito») occorre sottintendere vinariis. – regina: Cleopatra, che non viene mai nominata nel testo. Si noti che non compare qui alcun riferimento, neppure indiretto, ad Antonio: la guerra aziaca viene presentata, secondo l’impostazione ufficiale della propaganda augustea, come un conflitto fra la res publica romana e il dispotismo orientale, non già come una guerra civi-

contaminato cum grege turpium 10 morbo virorum, quidlibet inpotens sperare fortunaque dulci ebria. Sed minuit furorem

vix una sospes navis ab ignibus, mentemque lymphatam Mareotico 15 redegit in veros timores Caesar ab Italia volantem

le. – dementis: accusativo plurale concordato per ipallage con ruinas invece che con regina, alla quale logicamente si riferisce («una folle regina»); la figura retorica, conservata nella traduzione («folli rovine»), ha una potenza espressiva che ben si addice alla ricerca stilistica oraziana in quest’ode. – Capitolio: dativo di svantaggio da collegare a parabat, in vistoso iperbato. Il colle del Campidoglio, sede dell’antichissimo e venerato tempio di Giove Ottimo Massimo, è qui assunto dal poeta a simbolo per eccellenza della civiltà romana fin dalle più remote origini, minacciata dalla distruttiva brama di dominio della regina egiziana. E si osservi infatti l’accostamento antitetico, enfatizzato dall’enjambement (vv. 6-7) Capitolio/regina, nome (come il corrispondente maschile rex) notoriamente inviso ai Romani. – funus et = et funus, anastrofe; il sostantivo neutro in caso accusativo, oggetto di parabat (come ruinas, v. 7) ha come primo significato «funerale», «sepoltura»; per estensione, «morte»; pertanto, nel contesto, «rovina», «catastrofe». – imperio: dativo di svantaggio (come Capitolio, v. 6). –contaminato ... virorum: costruisci cum grege contaminato virorum turpium morbo. Sprezzante e sarcastica l’immagine, sottolineata dalle scelte lessicali: gli eunuchi della regina sono detti ironicamente «uomini» (virorum) dopo essere stati definiti spregiativamente «branco», «mandria» (grege). – contaminato cum: anastrofe. Il costrutto di cum + ablativo (contaminato ... grege), da collegare a regina ... parabat, esprime il complemento di compagnia. – morbo: dal punto di vista semantico, il termine può designare la perversione sessuale o, in senso più specifico, la condizione degli eunuchi, evirati che spesso acquisivano notevole influenza e venivano innalzati a posizioni di potere secondo un diffuso costume orientale, ripugnante per i Romani. – quidlibet: lett. «qualsiasi cosa», pronome indefinito neutro in accusativo, oggetto di sperare. – fortunaque dulci ebria: lett. «ebbra per la dolce fortuna»; fortuna ... dulci è ablativo di causa retto dal nominativo ebria, aggettivo (riferito come il precedente inpotens a regina) usato qui in senso metaforico, ma che già allude all’ebbrezza provocata dal vino (v. 14). Cleopatra è detta ebria sia perché incapace di cogliere la realtà effettuale e posseduta da una sorta di invasamento; sia perché dedita al vino, nello scenario degli orgiastici banchetti di corte che fornivano abbondante materia alle accuse di corruzione morale mosse dalla propaganda augustea contro la regina e contro Antonio.

[12-21] Ma frenò la sua follia una sola nave a stento scampata alle fiamme, e la sua mente sconvolta dal vino Mareotico ricondusse a reali timori Cesare, incalzando a forza di remi lei che fuggiva a volo dall’Italia, come lo sparviero [insegue] le tenere colombe o il veloce cacciatore la lepre sui campi della nevosa Emonia, per dare alle catene quel fatale prodigio.

Sed: l’avversativa in forte rilievo introduce la sezione centrale dell’ode, nella quale vengono in primo piano le immagini della battaglia di Azio e la figura salvifica di Ottaviano. – minuit: perfetto indicativo di minuo, e˘re («diminuire», «reprimere», ma anche «distruggere», «spegnere»). Il soggetto è una ... navis (v. 13) – furorem: la folle frenesia di Cleopatra, anticipata da termini quali dementis (v. 7) ed ebria (nello stesso v. 12); Orazio vi insiste ancora, poco più oltre, con lymphatam (v. 14). – sospes ... ab ignibus: l’aggettivo sospes, ı ˘tis («salvo», «incolume») è costruito con l’ablativo di separazione o allontanamento retto da ab. Si noti nel v. 13 il doppio iperbato incrociato. – mentem ... lymphatam: oggetto di redegit, il cui soggetto è Caesar. L’aggettivo lymphatus (o lymphaticus) deriva dal greco nýmphe («ninfa») e propriamente designa, secondo un’antica credenza, chi è impazzito per aver veduto una ninfa. – Mareotico: «per il vino di Mareia»; ablativo di causa dell’aggettivo neutro Mareoticum (sott. vinum), un vino bianco e dolce che si produceva sulle rive del lago o palude Mareotide, ove sorgeva Mareia, città non lontana da Alessandria, celebre per i suoi vini. – in veros timores: Ottaviano «riconduce», «riporta» (redegit, da redı ˘ go, e˘re, composto di ago) la mente di Cleopatra, in preda al delirio della follia, dalle infondate speranze alla realtà, e perciò alla paura. – Caesar: viene infine espresso il soggetto della proposizione coordinata (vv. 14-15), in realtà soggetto logico anche della principale (Sed minuit ... ab ignibus, vv. 12-13), lungamente rinviato per acuire l’attesa, con l’effetto di conferire al nome il massimo rilievo. Si noti che Ottaviano è designato con il cognomen Caesar, assunto per adozione da Giulio Cesare, il che non manca di sottolinear-

remis adurgens accipiter velut mollis columbas aut leporem citus venator in campis nivalis 20 Haemoniae, daret ut catenis

fatale monstrum. Quae generosius perire quaerens nec muliebriter expavit ensem nec latentis classe cita reparavit oras;

ne il prestigio e la potenza guerriera. – ab Italia volantem: sott. eam (= reginam); il participio presente in accusativo è oggetto di adurgens. – remis: ablativo strumentale («con i remi»), retto da adurgens; verosimilmente sineddoche per navibus, sebbene non sia affatto da escludere la possibilità di una traduzione più vicina al significato proprio («a forza di remi»), che metta in rilievo la tempestività e l’efficacia dell’accanito inseguimento espresso dal verbo. –adurgens: participio presente in nominativo (da adurgeo, e ˉre, «incalzare», «dare la caccia») riferito a Caesar, in funzione di participio congiunto dipendente da redegit (v. 15). – accipiter ... columbas: costruisci velut accipiter (adurget) mollis (= molles) columbas. – aut leporem ... venator: costruisci aut (velut) citus venator (adurget) leporem. Ellissi del verbo in entrambe le similitudini, dove inoltre i soggetti (accipiter; venator) e i complementi oggetti (columbas; leporem) si dispongono con studiata eleganza in un chiasmo; in modo altrettanto raffinato sono dosati poi gli attributi, l’uno (mollis) a qualificare il complemento oggetto della prima similitudine, l’altro (citus), all’estremo opposto del verso 18, il soggetto della seconda similitudine. – nivalis: l’aggettivo in caso genitivo concorda con Haemoniae, ma potrebbe riferirsi per ipallage a campis («nei campi innevati dell’Emonia»). – Haemoniae: antico e poetico nome della Tessaglia; da Emone, padre di Tessalo, eroe eponimo della regione. – daret ut = ut daret, anastrofe (come al v. 17 accipiter velut). La congiunzione ut introduce una proposizione finale in dipendenza da adurgens, il cui soggetto è sempre Caesar. – catenis: dativo plurale retto da daret; «per dare alle catene», ossia «per mettere in catene». Il disegno di Ottaviano era di catturare viva la regina per condurla incatenata dietro al suo carro nel corteo del trionfo. – fatale monstrum: oggetto di daret ... catenis, ovviamente riferito a Cleopatra. L’espressione, rilevata dall’enjambement, nella sua ambiguità prepara il passaggio all’ultima parte dell’ode, in cui la figura dell’egiziana viene investita di una nuova luce di tragica dignità. Infatti monstrum significa «mostro», «prodigio» in quanto fenomeno contro natura, che suscita orrore, ma anche stupore per la sua eccezionalità; soprattutto, è un «segno» degli dèi, che rappresenta, secondo etimologia, un «ammonimento» (da moneo). D’altro canto fatale designa ciò che avviene per decreto del fato, e può assumere quindi il significato di «letale», «funesto» (fatum, nel suo statuto di vox media, è anche uno dei numerosi eufemismi per «morte», «rovina»). Il sintagma dunque, nel contesto, vale «essere prodigioso voluto dal fato».

[21-24] Ma essa, volendo morire più nobilmente, non ebbe paura, da donna, della spada, e neppure cercò un rifugio con la veloce flotta su lidi remoti;

quae = at illa. Il pronome relativo ha valore avversativo e si riferisce al soggetto logico dominante, la regina, che viene da questo momento in poi rappresentata nella sua dignità regale. – generosius: comparativo dell’avverbio generose, dall’aggettivo generosus («nobile», «magnanimo»), a sua volta derivato dal sostantivo neutro genus, e˘ris («stirpe», «schiatta»; specialmente usato per indicare una «nobile origine»). Cleopatra sceglie di morire «più nobilmente», «in modo più onorevole» rispetto alla sorte che le avrebbe riservato Ottaviano. – quaerens: participio congiunto, regge l’infinito perire (costrutto poetico di quaero). – muliebriter: lett. «come una donna», ossia «con debolezza femminile»; dopo generosius (v. 21), è il secondo avverbio cui è affidato (qui mediante la forma negativa della proposizione) l’aperto riconoscimento della dignità e del virile coraggio della regina. – nec ... expavit ensem: la prima delle due proposizioni coordinate introdotte da nec in anafora; ensem, oggetto di expavit, perfetto indicativo di expavesco, e˘re («paventare», «aver paura di»), indica «la spada» di Ottaviano, metonimia che storicamente si riferisce all’avanzata delle sue legioni verso l’Egitto. – nec latentis ... oras: latentis = latentes, accusativo plurale del participio-aggettivo latens («nascosto» da lateo, e ˉre) concordato con oras, oggetto del perfetto indicativo reparavit. Si allude probabilmente a un tentativo degli sconfitti di trovar rifugio sulle rive lontane, inaccessibili (latentis ... oras) del Mar Rosso, trasportandovi la flotta dalle acque del Mediterraneo attraverso l’istmo di Suez, fallito per l’opposizione degli abitanti dell’Arabia Petraea (Plutarco, Vita di Antonio 69). – classe cita: ablativo strumentale, in allitterazione.

This article is from: