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Letture PARALLELE Inquietudine esistenziale e taedium vitae
5 contuderit vitis oleamve momorderit aestus, nec quia longinquis armentum aegrotet in agris, sed quia mente minus validus quam corpore toto nil audire velim, nil discere, quod levet aegrum; fidis offendar medicis, irascar amicis, 10 cur me funesto properent arcere veterno, quae nocuere sequar, fugiam quae profore credam,
colpito le mie viti e il caldo bruciati gli ulivi, né perché il mio armento giaccia ammalato in luoghi lontani; ma perché meno sano d’animo che di tutto il corpo, non voglio imparare nulla, non voglio ascoltare nulla che possa alleviarmi il male, mi disgustano i fidi medici, mi arrabbio con gli amici perché si danno tanta premura per liberarmi di questo letargo funesto, vado dietro a ciò che mi può nuocere e fuggo ciò che penso mi gioverebbe, e, volubile come il vento, sento la
10. veterno: veternus è aggettivo sostantivato (da vetus). Indica uno stato di torpore caratteristico della vecchiaia, ma anche una sorta di indolenza accidiosa che provoca la paralisi dei centri vitali e una forma di depressione psico-fisica. Cfr. anche Epistole I, 11, 28, dove Orazio parla di strenua... inertia. 12. Tibur: dove Orazio possedeva una villa amatissima. Roma e Tivoli rappresentano due diversi modelli di vita. Si osservi l’elegante costruzione chiastica del verso.
Letture PARALLELE
Inquietudine esistenziale e taedium vitae
In tutte e due le epistole oraziane che proponiamo (I, 4 e I, 8), è presente il tema dell’inquietudine esistenziale e del taedium vitae. Per un ulteriore approfondimento, si può leggere anche l’epistola I, 11 insieme ad altri passi contenuti in Satire II, 7 (22 sgg. e 111 sgg.) e Epistole I, 1, 97 sgg. Significativo il confronto con il brano
Spleen e Ideale si intitola la prima e fondamentale sezione dei Fiori del male (1857) di Charles Baudelaire, da leggere nella classica traduzione in versi di Luigi de Nardis lucreziano già ricordato e con diversi luoghi delle opere filosofico-morali di Seneca (ad esempio De tranquillitate animi 2, 6-15; Epistulae ad Lucilium 2; 28; 69). Il tema godrà di ampia fortuna nella lirica moderna. Scrive Leopardi, in un passo dell’epistola poetica Al conte Carlo Pepoli (78-87):
Altri, quasi a fuggir volto la trista umana sorte, in cangiar terre e climi l’età spendendo, e mari e poggi errando, tutto l’orbe trascorre, ogni confine degli spazi che all’uom negl’infiniti campi del tutto la natura aperse, peregrinando aggiunge. Ahi ahi, s’asside su l’alte prue la negra cura, e sotto ogni clima, ogni ciel, si chiama indarno felicità, vive tristezza e regna.
(Universale Economica Feltrinelli), oppure nella versione in prosa di Attilio Bertolucci (Grandi Libri Garzanti).