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Il libro III del Corpus Tibullianum

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Verifica finale

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Il libro I Il primo libro comprende dieci elegie. Cinque (le elegie 1 [T1], 2, 3 [T2

ONLINE], 5 [T3], 6) sono dedicate a Delia.

Il vero nome della donna era in realtà Plania, di cui Delia è non solo l’equivalente metrico ma anche un calco dal greco delos (= «chiaro», come il corrispondente latino planus). Ma Delius e Delia sono anche i tradizionali epiteti di Apollo e

Diana, i gemelli divini nati nell’isola di Delo. I temi sono quelli comuni ai canzonieri elegiaci latini: passioni, tradimenti, suppliche, invettive, il tutto disposto in modo da creare un tessuto narrativo. Il tema amoroso continua nelle tre liriche per il fanciullo Màrato (4, 8, 9). L’elegia settima è dedicata a Messalla, per il suo compleanno; la decima e ultima [T4 ONLINE] è una celebrazione della pace. Il libro fu composto approssimativamente fra il 31 e il 25 a.C. Il libro II Il secondo libro, in tutto sei elegie, rimase forse interrotto per la prematura morte dell’autore. Tre (3, 4, 6) sono dedicate a Nèmesi, un’avida cortigiana.

Anche Nemesi è uno pseudonimo, e significa «vendetta»: con lei Tibullo aveva evidentemente inteso vendicarsi delle infedeltà di Delia. In realtà la ragazza appare ben più venale e capricciosamente infedele della precedente. Il poeta la definisce formosa, saeva, dura e le augura che il vento e il fuoco le rapiscano i beni accumulati grazie ai donativi dei suoi ricchi amanti. Ma alla fine deve arrendersi alla tirannia d’amore: «purché la mia Nemesi mi guardi con volto benigno» (II, 4, 59), il poeta si dice pronto a bere le più infami pozioni d’amore. Il tono si fa più cupo; i versi più crudi e realistici rispetto a quelli per Delia. Delle altre tre elegie, la prima è di argomento agreste; la seconda celebra il compleanno dell’amico Cerinto [T5]; la quinta è dedicata a Messalino, figlio di Messalla, ed è l’unica di carattere civile e patriottico. La data di composizione si restringe agli anni dal 24 alla morte.

Il libro III del Corpus Tibullianum

▰ Il corpus comprende 20 componimenti Il terzo

libro, che comprende venti liriche, si sdoppiò in epoca medievale: le liriche 1-6 andarono a costituire il terzo, le liriche 7-20 il quarto libro del corpus. ▰ Ligdamo L’autore delle prime sei è un certo Lygdamus, nome servile sotto il quale potrebbe celarsi un noto personaggio dell’epoca. Molte le ipotesi indicate, nessuna risolutiva: forse lo stesso Tibullo, oppure Ovidio giovane, o un fratello di Ovidio; secondo altri uno schiavo di Properzio, se non lo stesso Valerio Messalino figlio di Messalla. Le sei elegie svolgono tutte il tema dell’amore per una donna di nome Neera, secondo i moduli convenzionali del genere. ▰ Panegyricus Messallae Il settimo componimento è il Panegyricus Messallae, un testo di 212 esametri nel quale è celebrata, con epica pesantezza, la spedizione in Aquitania di Messalla Corvino. ▰ Sulpicia Le liriche 8-18 costituiscono un nuovo gruppo: cantano l’amore della giovane Sulpicia, figlia del giurista Servio Sulpicio Rufo e di una sorella di Messalla, per un giovane chiamato Cerinthus (ma potrebbe trattarsi ancora di uno pseudonimo). In particolare le liriche 13-18 sono degli elegidia («minuscole elegie»): quaranta versi in tutto nei quali Sulpicia parla in prima persona del suo amore. Accettando tale attribuzione, ci troveremmo di fronte agli unici versi scritti da una donna che ci siano pervenuti dal mondo latino. Delizioso il bigliettino d’amore (carme 15) con il quale la ragazza annuncia di aver scongiurato il viaggio, che li avrebbe divisi proprio nel giorno del compleanno di Cerinto:

Scis iter ex animo sublatum triste puellae?

Natali Romae iam licet esse tuo. Omnibus ille dies nobis natalis agatur, qui nec opinanti nunc tibi forte venit.

Sai che il timore del viaggio se n’è andato dall’animo della tua ragazza? Potrà essere a Roma, per il tuo compleanno. Festeggiamolo insieme questo anniversario, che forse ti è giunto quando più non te l’aspettavi.

▰ Due componimenti attribuiti a Tibullo Le

ultime due liriche (una breve elegia e un epigramma di soli due distici per una puella innominata) vengono attribuite allo stesso Tibullo.

Frammento di affresco con Amorini profumieri e Psiche, Pompei, I secolo d.C. Malibu, Villa Getty.

La poesia «classica» di Tibullo

L’amore L’esigua produzione di Tibullo (in tutto sedici elegie) è centrata sul tema dell’amore, che il poeta sviluppa secondo i moduli propri dell’eros elegiaco romano.

Il desiderio di un amore fedele viene proiettato in fantasticherie dolcemente consolatorie: Delia che fila la lana al lume di una lucerna (I, 3, 83-92 [T2]); Delia trasformata in massaia rurale, che si occupa di biade e di vendemmie, conta le greggi e prepara un semplice banchetto per l’ospite Messalla (I, 5, 21-34 [T3]);

Delia che piange la morte del poeta, disteso sul rogo funebre (I, 1, 59-68 [T1]).

Le visioni di morte, frequenti nella poesia di Tibullo, danno luogo in I, 3 [T2] anche a una limpidissima rappresentazione dei Campi Elisi trasformati in un verdeggiante prato d’amore, dove è Venere stessa a condurre per mano il poeta (vv. 57-66); in attesa, si immagina, che anche Delia possa raggiungerlo al più presto.

Ma accanto ai quadri di un amore sognante e fedele, si accampano le rappresentazioni, più realistiche benché sempre distanziate e trasfigurate, dell’amore tradito e umiliato. La quinta elegia del I libro [T3] è in questo senso esemplare: vi compaiono ricchi amanti, mezzane, sfacciati antagonisti a caccia della solita Delia, che ha rinunciato al poeta, ricco solo di parole, per una vita più comoda e lussuosa. Il tormento per l’infedeltà di Delia e le umiliazioni del servitium amoroso non sono tuttavia sufficienti a distogliere il poeta, che non sa resistere al discidium («la separazione»), dal suo destino di innamorato.

Le donne dell’elegia romana sono sempre, per convenzione, libertine e adultere, destinate a svolgere l’instabile ruolo di amanti, non di spose fedeli. L’aspirazione insoddisfatta a una serena vita coniugale emerge nell’elegia II, 2 [T5]: rivolgendosi a un amico nel giorno del suo compleanno, il poeta gli augura un matrimonio felice, allietato da una turba di bambini. Il tema rientrava pienamente nella prospettiva «romana» e arcaizzante di un ritorno alla famiglia e ai valori della tradizione promosso da Augusto. Rus e paupertas La poesia erotica latina è prevalentemente ambientata in uno scenario cittadino e urbano, fatto di incontri e di pettegolezzi, di rivalità e di chiac-

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