Ludolinguistica

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Anthony Mollica

Ludolinguistica. I giochi linguistici e la didattica dell’italiano è il primo di tre manuali di Ludolinguistica di Anthony Mollica.

• Anthony Mollica, grazie alla sua lunga esperienza nel campo della didattica linguistica, in questo volume ha saputo condensare una serie di riflessioni teoriche sulla lingua e trasformarle in pratiche didattiche quotidiane, utilissime per chiunque insegni le lingue. • Il testo contiene spunti, materiali, strumenti per l’insegnamento dell’italiano a bambini e ad adulti italofoni, madrelingua o di lingua straniera/seconda, oltre che lezioni e idee pronte per l’uso, chiare, semplici e, quel che è più stupefacente, sempre divertenti. • Motivare, divertire, insegnare restano dunque gli obiettivi del volume.

Foto di Rocco Valenti

Ludolinguistica I giochi linguistici e la didattica dell’italiano

Ludolinguistica

Anthony Mollica è professore emerito alla Brock University di St. Catharines in Canada e rinomato studioso di glottodidattica e di ludolinguistica. È stato insignito del prestigioso titolo di socio onorario dell’ASLI (Associazione per la Storia della Lingua Italiana) nel 2011; una candidatura supportata da famosi linguisti, quali Francesco Sabatini, Luca Serianni, Francesco Bruni e Vittorio Coletti. È considerato un innovatore nella ludolinguistica applicata all’insegnamento delle lingue straniere. Anthony Mollica ha dato e continua a dare tutto quel che sa e ha, attraverso la sua infaticabile attività editoriale e didattica, all’estero e in Italia.

Anthony Mollica

Prefazione di Tullio De Mauro Postfazione di Stefano Bartezzaghi

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Anthony Mollica

Ludolinguistica I giochi linguistici e la didattica dell’italiano

A Betty, Pamela, Karen e David e a Luke, Alex, Max Ai docenti d’italiano in Italia e all’estero, veri ambasciatori della lingua e della cultura Italiana Non smettiamo di giocare perché diventiamo vecchi, diventiamo vecchi perché smettiamo di giocare. George Bernard Shaw Non c’é acquisizione senza motivazione, Paolo E Balboni Ogni studente indipendentemente dal suo bagaglio linguistico e culturale sa pensare. Anthony Mollica Il monolinguismo è curabile. Anthony Mollica

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Ludolinguistica e Glottodidattica I giochi linguistici e la didattica dell’Italiano Volume 1 Responsabile editoriale: Beatrice Loreti Responsabile di produzione: Francesco Capitano Progetto grafico: Airone Comunicazione – Massimo Gatto Impaginazione: Studio Pagina32 – Fabio Gallo Copertina: Airone Comunicazione – Massimo Gatto Illustrazioni: Marcello Carriero ©2019 Eli-La Spiga Edizioni Via Brecce – 60025 Loreto Tel. 071 750701 info@elilaspigaedizioni.it www.elilaspigaedizioni.it Stampato in Italia presso Tecnostampa – Pigini Group Printing Division – Loreto – Trevi 19.83.058.0 ISBN 978-88-536-2713-1 Le fotocopie non autorizzate sono illegali. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale così come la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o con qualunque mezzo senza previa autorizzazione scritta da parte dell’editore. Per contattare l’autore scrivere al seguente indirizzo mail mollica@soleilpublishing.com

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Indice Nota dell’Autore ________________________________________________

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Prefazione di Tullio De Mauro ___________________________________ 8 Ludolinguistica e Glottodidattica __________________________________ 1.. L’acronimo e la sigla ______________________________________ 2.. L’acrostico, il mesostico, il telestico e il notarico _____________ 3.. L’anagramma ____________________________________________ 4.. Il rebus _________________________________________________ 5.. Il crucipuzzle ____________________________________________ 6.. Il cruciverba ____________________________________________ 7.. L’intruso ________________________________________________ 8.. Il tris ___________________________________________________ 9.. La parola nascosta _______________________________________ 10.. Faccio la valigia _________________________________________

11 33 43 63 79 87 99 129 137 143 151

Epilogo ________________________________________________________ 153 Postfazione di Stefano Bartezzaghi ______________________________ 155

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Nota dell’Autore Ludolinguistica. I giochi linguistici e la didattica dell’italiano è il primo di tre volumi basati sul volume unico Ludolinguistica e Glottodiddattica pubblicato simultanenamente in Italia (Perugia, Guerra edizioni) e in Canada (Welland, Ontario, éditions Soleil publishing inc.) nel 2010. Quasi un decennio dopo, l’autore ha deciso di aggiornarlo rivedendo ogni capitolo, aggiungendo nuove attività e aggiornando i riferimenti bibliografici. Il secondo volume, Ludolinguistica. Imparare una lingua con giochi di parole è presentato da Massimo Vedovelli, Università per stranieri di Siena, e include i capitoli su: 1. i veri amici, 2. ricostruzione: numeri e puntini rivelatori, 3. il labirinto, 4. gli aggettivi e gli avverbi, 5. l’abbinamento e l’incastro, 6. gli scioglilingua, 7. i proverbi, 8. il colmo, 9. i modi di dire. Il terzo volume, Ludolinguistica. Parlare e scrivere con creatività, presentato da Luca Serianni, Università degli Studi di Roma, La Sapienza, contiene capitoli su: l. il titolo camuffato, 2. l’onomastica umoristica, 3. l’umorismo, 4. l’intervista impossibile, 5. i problemi di logica, 6. una immagine vale mille parole, 7. il calendario storico, 8. la lettura. Tutti e tre i volumi ripetono la “Prefazione” originale di Tullio De Mauro e la “Postfazione” di Stefano Bartezzaghi del volume unico (Mollica: 2010). Il capitolo introduttivo “Ludolinguistica e Glottodidattica”, rivisto e aggiornato, scritto dall’Autore, appare in ogni volume. Se si dà un rapido sguardo, in una edicola o in una qualsiasi libreria, alle novità o alla sezione dedicata ai giochi, si nota immediatamente una grande quantità di pubblicazioni dedicata a passatempi con giochi di parole. Tutti questi giochi sono per passatempo e svago e si basano sulla conoscenza della lingua; le “nostre” attività accentuano l’apprendimento e/o la revisione del lessico, della grammatica e della cultura della lingua madre, straniera o seconda. 4

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Nota dell’autore

Nell’ultimo decennio gli autori di libri di testo per l’insegnamento delle lingue straniere hanno utilizzato solo sporadicamente i giochi con le parole, al fine di introdurre una certa varietà negli esercizi e rendere l’acquisizione di una seconda lingua un’attività più gradevole e motivante. I due giochi di parole che hanno riscosso più successo tra gli autori di manuali per l’apprendimento di una lingua, e che sono presenti in alcuni libri di testo e negli esercizi, sono i crucipuzzle (vedi Capitolo 5, “Il crucipuzzle”) e le parole incrociate (vedi Capitolo 6, “Il cruciverba”). Altre attività presenti nei tre volumi (gli indovinelli, i proverbi, i labirinti, gli scioglilingua, i problemi di logica, il calendario storico per promuovere la conversazione in classe, ecc.) sono purtroppo assenti in libri di testo disponibili sul mercato. Le finalità dei tre volumi sono: 1. contestualizzare, storicamente e teoricamente, gli elementi di ludolinguistica oggetto di trattazione; 2. includere numerosi esempi che gli insegnanti possono utilizzare subito in classe; 3. fornire, in relazione ad ogni elemento, una varietà di applicazioni glottodidattiche che consentiranno allo studente • di “giocare” con la lingua, • di scoprire come è fatta e quali sono i suoi legami interni, • di ammirarne la bellezza, • e, allo stesso tempo, di apprezzare la cultura che in essa si riflette; 4. fornire agli insegnanti una varietà di attività integrative, da utilizzare come materiale aggiuntivo, a completamento delle attività di base presenti nei libri adottati e che talvolta, per varie ragioni, non rispondono ai reali bisogni del gruppo classe; 5. indicare volumi che gli insegnanti possono consultare per ulteriori approfondimenti o acquistare per la loro biblioteca professionale; 6. identificare alcuni degli autori che hanno lasciato un segno indelebile nello sviluppo della ludolinguistica. L’obiettivo del presente volume è di migliorare l’insegnamento e di motivare lo studente attraverso la ludolinguistica. I suggerimenti che figurano in “Applicazioni glottodidattiche” non sono in ordine di difficoltà; l’insegnante, che conosce meglio di tutti il bagaglio linguistico dei suoi studenti, ha l’opportunità di scegliere quelli a loro più adatti. Le attività ludolinguistiche vanno utilizzate adeguatamente: il loro impiego è fondamentale per la motivazione e per la sfida; non dovrebbero mai essere adoperate come attività di riempimento, come semplici tappabuchi. Le tecniche di ludolinguistica offrono delle attività complementari che posso5

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Nota dell’autore

no essere facilmente utilizzate insieme ad altre tecniche in qualsiasi programma di insegnamento di lingua straniera. Non abbiamo voluto abbinare le applicazioni glottodidattiche alle attività proposte dal Common European Framework Reference for Languages: Learning, Teaching, Assessment del Consiglio d’Europa (trad. italiana, Quartapelle e Bertocchi, 2007, ristampa; vedi anche Vedovelli, 2002; Mezzadri, 2004) volendo lasciare al docente la scelta di inserire, adottare, adattare e integrare nelle sue lezioni giornaliere quelle attività che meglio si addicano al bagaglio linguistico dei discenti. La pubblicazione del Ludolinguistica e Glottodidattica (Mollica 2010) ha scatenato una serie di studi, di saggi, di tesi e di conferenze sul tema del gioco nella glottodidattica. Non ci sorprendono, quindi, le numerose richieste di informazioni che riceviamo con molta frequenza tramite messaggi elettronici, Inoltre, i lettori sono invitati a consultare il sito dell’Autore: www.ludolinguistica.com dove si possono scaricare gratis attività di ludolinguistica. Abbiamo cercato di facilitare il compito degli insegnanti interessati ad ulteriori ricerche su un tema particolare inserendo dei riferimenti bibliografici alla fine di ogni capitolo; là dove i riferimenti bibliografici non esistono significa che l’Autore non ha trovato altre fonti e quindi il contenuto di quei capitoli è originale. Il docente che decide di integrare, adottare o adattare queste tecniche nel suo programma di studi deve tener conto: • dell’età dello studente, • dei suoi interessi • della sua conoscenza (o abilità) linguistica. Ricordiamo la definizione che Haim G. Ginott (1995) dà all’importante ruolo che svolge l’insegnante: Sono arrivato ad una conclusione spaventosa. Sono io l’elemento decisivo nell’aula. È il mio approccio personale che crea l’atmosfera. È il mio umore giornaliero che fa il tempo. Come insegnante, ho il potere tremendo di rendere la vita del discente infelice o felice. Posso essere un attrezzo di tortura o uno strumento di ispirazione. Posso umiliare o lodare, far male o fare guarire. In tutte le situazioni è la mia reazione che decide se una crisi sarà intensificata o indebolita e il fanciullo umanizzato o disumanizzato (corsivo dell’Autore).

Più convincente e di gran lunga più importante del curriculum o dei metodi o perfino del contenuto, la formazione dell’insegnante è la chiave del successo di un programma di studio. Un cattivo insegnante incide poco, malgrado il miglior programma possibile a sua disposizione, mentre un ottimo insegnante trascende una materia povera o un’organizzazione imperfetta e, con un metodo tutto suo, impone lo sviluppo intellettuale del discente. 6

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Nota dell’autore

Siamo fermamente convinti che l’insegnante debba creare in classe un’atmosfera di successo e sottolineiamo quelli che devono essere i suoi obiettivi: • motivare • divertire • insegnare rinverdendo quanto Orazio (65 a.C.-8 a.C.) auspicava nella sua Ars poetica. Ringraziamenti Alcuni dei capitoli presenti in questo volume sono stati pubblicati come saggi in riviste scientifiche o come capitoli in libri. Tutti sono stati rivisti, aggiornati e ampliati rispetto alle versioni originali. Vorrei ringraziare pubblicamente le Case Editrici e i curatori per il permesso accordatomi alla pubblicazione nel presente volume. Per una lettura del presente volume prima di andare in stampa vogliamo ringraziare: Clara Abatecola di Roma; Paola Begotti, Università di Venezia, Ca’ Foscari; Elena Costa di Imola; Rosanna Bonafede, scrittrice, Bologna; Caterina Braghin, Università di Genova; Edvige Costanzo di Rogliano; Mariapia D’Angelo, Università di Pescara; Simone Fornara, Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana; Erika Frisan, Università di Verona; Monica Gardenghi di Imola; Carla Marello, Università degli Studi di Torino; Elisabetta Pavan, Università di Padova; Simonetta Rossi, Roma; Marilisa Sassi, Roma; Marika Triola, consolato generale d’Italia a Londra. Un particolare ringraziamento a Beatrice Loreti, responsabile editoriale, al disegnatore Marcello Carriero e al personale della Eli per il loro impegno editoriale e cura professionale apportati alla nuova edizione dei tre volumi. Anthony Mollica Riferimenti bibliografici Mezzadri Marco. 2004, Il Quadro comune europeo a disposizione della classe. Un percorso verso l’eccellenza, Prefazione di J.L.M. TRIM, Collana di Biblioteca italiana di glottodidattica diretta da Anthony Mollica, Perugia, Edizioni Guerra-Soleil. Mollica Anthony. 2010. Ludolinguistica e Glottodidattica. Prefazione di Tullio De Mauro. Postfazione di Stefano Bartezzaghi. Perugia, Guerra Edizioni, 2010/Welland, Ontario, Canada, éditions Soleil publishing. inc., 2010. Quartapelle Franca e Bertocchi Daniela. 2007 (ristampa), Quadro comune europeo riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione, Milano, La Nuova Italia-Oxford; traduzione italiana di Council of Europe, 2001, Common European Framework of Reference for Languages: Learning, Teaching, Assessment, Strasbourg, Council of Europe. Vedovelli Massimo, 2002. Guida all’italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue, Roma, Carocci editore.

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Prefazione Il linguaggio, occorre dirlo? È una cosa seria. La spinta a comunicare attraversa l’intera biomassa e si è perciò arrivati a pensare che, insieme al raggiungimento e al mantenimento dell’equilibrio con l’ambiente, l’omeòstasi, e insieme alla riproduzione, quella spinta, quel bisogno di comunicare, sia parte del corredo indispensabile e costitutivo di un essere vivente. Ma comunicare vuol dire sottomettersi alla logica implacabile della trasmissione di informazioni, dunque alla necessità di farsi capire e di capire sfidando i disturbi del canale in cui viaggia il messaggio. E in ciò c’è la radice del potersi sbagliare, ma anche del trarre in inganno, di cui Umberto Eco ha voluto fare un tratto dirimente tra ciò che è semiotico e comunicativo e ciò che non lo è. Certo è che la capacità di ingannare scende, per dir così, assai in basso nella scala evolutiva, fino all’astuto polipo e a furbissimi virus. Dai bassifondi della biomassa la spinta al comunicare vediamo che va facendosi sempre più complessa nei suoi mezzi, nelle sue “lingue”, e nei suoi orizzonti di senso a mano a mano che ci spostiamo con l’osservazione verso specie di vita sociale complessa e di apparato cerebrale più potente, più ricco di memoria, progettualità, intelligenza, fino a raggiungere i mammiferi superiori, le grandi scimmie e la specie umana. Tra gli umani, nel loro comunicare, intervengono e, è il caso di dire, giocano diversi fattori: la pluralità di semiotiche che essi sono capaci di sviluppare, apprendere e gestire; la straordinaria capacità e potenza di significazione del loro più tipico linguaggio, il linguaggio verbale fatto di verba, “parole”; la lunghezza della fase infantile, che tocca certo i bimbi, ma anche gli adulti, spinti dalle cure parentali a “bambineggiare”, e si ricordi che paízein, etimologicamente “bambineggiare”, era il verbo per “giocare” nel greco antico ed è sopravvissuto e vive nel neogreco. L’intreccio di questi fattori altamente specifici fa sì che tra gli umani le possibilità di inganno intenzionale, di menzogna e di manipolazione giocosa di atteggiamenti e parole celebrino i loro fasti1. E non sorprende quindi che lo sfruttamento di giochi di parole non sia sfuggito all’acuta attenzione e alle sottigliezze classificatorie dell’antica arte retorica greco-latina2 gareggiante con le classificazioni della moderna enigmistica. È ben vero: alla capacità di parola gli umani devono nozze, tribunali ed are, come nell’antichità classica avevano compreso Aristotele e gli epicurei, ma è vero pure che la parola è strumento della nostra libertà ed è dunque piegabile anche a mali usi. Ce lo ricorda con vena pessimistica un gentile poeta italiano dei nostri anni, Lucio Mariani: […] scrivere e legger parole servì solo a iniziare falsari, a ordire tradimenti a imitare vortici e venti ad uso del poeta e di altri bari….

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Prefazione

Sta in questo vasto spazio che le parole ci dischiudono la possibilità di giocare con esse. Ma dire questo è poco. Ciò che chiamiamo giochi di parole, l’uso ludico e giocoso delle espressioni di una lingua, è il prodotto estremo di alcunché di più profondo e obbligante. A capire ciò ci sollecita non solo e tanto la remota etimologia che lega la radice indoeuropea di iocus alla nozione di formulazione verbale, al giocare con la parola, ma aiutano soprattutto quei due grandi teorici del Novecento, Ferdinand de Saussure e Ludwig Wittgenstein, che indipendentemente, giunti al difficile passo del dichiarare come davvero funziona il linguaggio verbale e funzionano le lingue, entrambi ricorrono alla stessa nozione di gioco3. È un jeu de signes appelé langue, è uno Sprachspiel, un linguistic game il funzionamento ordinario del nostro parlare, un gioco che facciamo attingendo alle risorse della nostra memoria a lungo termine per prelevarne le parole, per incastrarle insieme in frasi ed enunciati, per sostituirle o spiegarle o avvolgerle in altre, quando ci esprimiamo, o, quando ci sforziamo di comprendere, per ripercorrere a ritroso la stessa via e dinanzi all’altrui enunciazione e frase, ne saggiamo le commessure, le scomponiamo nelle parole di cui ci paiono fatte e di nuovo facciamo appello alla memoria del patrimonio di lingua per avventurarci a ricostruire probabilisticamente il senso che con esse qualcuno voleva, vuole trasmetterci. In verità, se appena accettiamo di riflettervi, non solo “la parola del passato”, come il grande Nietzsche suggeriva, ma anche le parole del nostro presente, perfino le più semplici, sono “simili alla sentenza dell’Oracolo” e chiedono anch’esse una partecipazione attiva che soltanto la routinarietà può occultare nella nostra comune consapevolezza, ma mai elimina. Insomma se il linguaggio è cosa seria, parte altrettanto seria ne è il gioco. Non stupisce dunque che la didattica linguistica da tempo abbia saggiato le vie del gioco ai fini dell’apprendimento linguistico. Di giochi verbali si dilettava il grande logico e creatore di Alice, Lewis Carroll. Più di recente, con un intento più marcatamente educativo, un grande scrittore e poeta per l’infanzia, e non solo, Gianni Rodari, si divertì a proporre un’intera raccolta di filastrocche e raccontini che divertono i bambini e insieme li confortano in più sicuri apprendimenti: è Il libro degli errori, arricchito da disegni di Bruno Munari4. In chiave più tecnica tra le prove oggettive ha avuto fortuna e si è sviluppato l’uso dei test cloze, test di completamento di frasi e testi, usati a fini di verifica, ma anche di stimolazione degli apprendimenti di lingue straniere e lingue materne: indovinelli piegati alle esigenze della didattica. Anthony Mollica ci ricorda che si è così sviluppata una grande e specifica attenzione per il ruolo che il gioco di parole, nelle sue varie forme, può svolgere nello stimolare e verificare l’apprendimento linguistico a diversi livelli di età. Così è nato questo ramo nuovo degli studi linguistici che da anni diciamo, in fran9

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Prefazione

cese, inglese, spagnolo, italiano, ludoliguistique, ludolinguistics, ludolingüística, ludolinguistica5 (dalla matrice dei significanti latini, ma non del significato, si discosta solo il tedesco Sprachspielwissenschaft, uno scioglilingua per i non tedescofoni). Più che insistere sugli aspetti di teoria linguistica e pedagogica il libro di Mollica vuole farsi ed è uno strumento prezioso per gli educatori, i docenti e gli stessi alunni e studenti che apprendono. A essi porge una larghissima offerta di esempi concreti di gioco linguistico, li illustra e guida a risolverli, mettendone in luce le potenzialità per l’apprendimento. Dobbiamo essere grati a Mollica per averci messo a disposizione i frutti stimolanti della sua lunga, intelligente esperienza innovativa nel campo della glottodidattica. Tullio De Mauro

Note Inganno, menzogna e gioco appaiono, come ormai dovrebbe ritenersi ovvio, in altri mammiferi superiori: cfr. Danilo Mainardi, Dizionario di etologia, Einaudi, Torino, 1992, alle voci relative.

1

Heinrich Lausberg, Handbuch der literarischen Rhetorik, 2 voll., Max Hueber Verlag, München, 1960, I, p. 322 sgg.

2

Ferdinand de Saussure, Écrits de linguistique générale, Gallimard, Paris 2002, trad. e ed.italiana a cura di T. De Mauro, Laterza, Bari 2005, § 6e, p. 36, n. 45 dell’ed. Investigations, a cura di G.E.M. Anscombe , Blackwell, Oxford, 1953, § 21 sgg.

3

Gianni Rodari, Il libro degli errori, disegni di Bruno Munari, Einaudi, Torino, 1964. E alle sollecitazioni creative dell’errore nella maturazione delle capacità linguistiche e testuali Rodari non smise mai di pensare, come si vede nella sua Grammatica della fantasia (Einaudi, Torino, 1973) e nell’opuscolo 101-102 della “Biblioteca di lavoro” di Mario Lodi, Parole per giocare, presentazione di T. De Mauro, illustrazioni di Francesco Tonucci, Manzuoli, Firenze, 1979. Cfr. Silvana Ferreri, “L’errore creativo”, in AA.VV., Le monde de Gianni Rodari, actes du colloque Luxembourg 20 mai 2008, Saint-Paul, Lussemburgo, 2010.

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5

In ambito anglosassone si possono ricordare Peter Farb, Word Play. What happens when people talk, Alfred Knopf, New York, 1973, Don Nilsen, Alleen Nilsen, Language Play. An Introduction to Linguistics, Newbury House, Rowley, Mass., 1978, David Crystal, Language Play, Penguin, Londra, 1998, Guy Cook, Language Play, Language Learning, Oxford University Press, Oxford, 2000. In area spagnola un’interessante raccolta è José-Luis Garfer, Fernández Concha, Juegos de palabras. Ludolingüística, Edimat Libros, Arganda del Rey, Madrid, 2009.

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L’arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentare con novità. Ugo Foscolo

Giochi e giochi linguistici risalgono all’antichità1. Wells (1992:1) sostiene che il più antico enigma del tipo “pensa un numero” a noi noto è in un papiro egiziano scritto intorno al 1650 a.C. e Mohr (1993:11) afferma che il libro di giochi più antico, il Libro de juegos, fu commissionato oltre 700 anni fa da Re Alfonso X di Castiglia e León. La lunga storia del piacere enigmistico degli uomini dimostra che esso costituisce un tratto proprio della mente umana, ancora ben vivo ai nostri giorni come dimostrano la miriade di riviste di enigmistica, le sezioni di puzzles nei giornali, i quiz televisivi, i tornei di scacchi, tesi, corsi e conferenze di ludolinguistica, ecc. Giuseppe Aldo Rossi (1913-vivente) distingue sei diverse e contrastanti fasi dell’enigmistica classica (2011: 14): 1. Periodo antico: gli enigmi e i grifi proposti in Grecia al termine dei banchetti e a Roma durante i “Saturnali”; 2. Periodo dell’enigmistica letteraria: Simposio e gli enigmografi (inglesi e tedeschi) in lingua latina; 3. Periodo rinascimentale: in Italia l’età d’oro degli enigmi di corte e d’accademia; 4. Periodo dell’innovazione: la sciarada e gli altri giochi basati sulla manipolazione delle parole e delle frasi; 5. Periodo della ludolinguistica del descrittivismo: i giochi presentati con il sistema diagrammatico (cioè indicativo del numero delle lettere che compongono ciascun anagramma), grammaticale e sinonimico. Esempio: cronista = incastro, bibliotecario = beato coi libri. (5, 3, 5); 6. Periodo dell’autentica enigmistica: impegno del doppio significato, del doppio senso, degli enigmi collegati della trasfigurazione. [Nota dell’Auto11

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re. Impegno del doppio significato. Esempio: un noto quotidiano di gran formato. Titolo il pane. Soluzione: Il Corriere della Sera). (Vedi quotidian di gran formato. Trasfigurazione: consiste nel trasferire per esempio il termine “curato”dal significato di “persona sottoposto a cure mediche a quello del “ministro del culto)]. La letteratura sperimentale sull’efficacia degli enigmi nell’apprendimento linguistico non è vasta al di fuori di alcuni tentativi sparsi di chiarire la validità di questi giochi e di definirne una tipologia adeguata sul piano psicologico. Da questa letteratura emergono due indicazioni chiare (Danesi, Mollica 2008: 346): • le schematiche prove sperimentali che esistono dimostrano generalmente che queste tecniche sono di aiuto nei processi glottodidattici • perché queste tecniche siano efficaci, esse devono essere progettate avendo in mente un obiettivo glottodidattico specifico. Sandra Savignon (1992) ha fatto notare che i glottodidatti di orientamento comunicativistico privilegiano queste tecniche proprio perché forniscono uno scopo, altrimenti difficile da individuare, della negoziazione dei significati tra gli studenti. Probabilmente, tuttavia, la testimonianza più favorevole alla validità di tecniche basate sul gioco viene dall’esperienza sul campo e dal buon senso: la ricerca psicopedagogica, la grande quantità di studi di caso, le osservazioni quotidiane degli insegnanti, l’esperienza di chi vive a contatto con bambini e adolescenti, tutte concordano nell’indicare nel gioco mentale il modo più stimolante ed efficace per apprendere e memorizzare. Le caratteristiche di tale ginnastica mentale possono variare da cultura a cultura, ma la necessità di applicarsi a risolvere problemi pare costituire un universale cognitivo comune a tutte le culture. Il problema non è dunque se inserire queste tecniche nel proprio repertorio, quanto piuttosto quello di individuare il modo migliore di sfruttare a fini glottodidattici la naturale tendenza al problem solving (Danesi, Mollica 2008). Rodgers (1981) ritiene che tale modo possa essere trovato se si focalizzano quelle caratteristiche delle tecniche enigmistiche che riflettono le tendenze glottodidattiche odierne – il che significa, a nostro avviso, è focalizzare l’attenzione sul fatto che esse 1. sono competitive, spingono a gareggiare 2. sono governate da regole limitate di numero e chiaramente definite 3. hanno uno scopo esplicito che le caratterizza 4. hanno un termine, cioè ad un certo punto il gioco finisce, l’enigma è risolto 5. sono coinvolgenti, perché sono una continua sfida per chi gioca.

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Si deve distinguere tra enigmi glottodidattici e giochi glottodidattici: i primi vedono il singolo individuo alle prese con un testo che presenta un problema da risolvere secondo le regole stabilite dal testo stesso, mentre i giochi sono attività di problem solving che richiedono interazione di gruppo e perciò si focalizzano maggiormente sul contesto. L’inglese ha due parole per gioco: game e play. Game come gioco di competizione (ludus in latino); play come puro divertimento (i romani lo identificavano jocus). In ambito glottodidattico, tecniche enigmistiche come i cruciverba, scarabeo, i crucipuzzle, le simulazioni, i giochi interattivi, ecc., sono da tempo inclusi in molti approcci e gli insegnanti li usano (non sempre correttamente!) per aiutare gli studenti ad apprendere e rafforzare grammatica, lessico e abilità comunicative. Non si può pensare oggi ad una glottodidattica priva della dimensione dei giochi e degli enigmi, adatti sia al lavoro su aspetti precisi e delimitati (le attività sul lessico e grammatica, ad esempio) sia ad attività più interattive sul piano comunicativo e funzionale. Eppure non molto tempo fa l’inserimento di queste tecniche ludiche sarebbe stato considerato come una perdita di tempo, e ancor oggi esse vengono viste come collaterali, o nel migliore dei casi come integrative per tecniche didattiche più tradizionali. Da quanto detto, possiamo concludere che l’uomo è stato sempre affascinato da giochi e da giochi linguistici. Basta ricordare il famoso quadrato magico SATOR (Figura 1), ritrovato a Pompei e nel 1868 a Cirencester, Inghiterra, dove attualmente è esibito al Museo Corinium (Russel e Carter 1995: 20). Le parole possono essere tradotte con “Arepo, il seminatore, conduce” o “Arepo, il seminatore conduce il carro con attenzione” ma nessun latinista fino adesso ha trovato una corretta traduzione. La sua composizione è unica: può essere letto da sinistra a destra, da destra a sinistra, dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto, e si tratta di una commistione tra acrostico, anagramma, crucipuzzle e palindromo (che può essere letto in un senso e l’altro).

Figura 1

Un altro aspetto interessante è che il palindromo tenet è in forma di croce. (Figura 2). Le 21 delle 25 lettere del quadrato magico possono essere riorganizzate in forma di croce dando così luogo a Pater noster (FiFigura 2 gura 3), il verso di apertura della preghiera cattolica. E se si eludono le quattro lettere A A O O e A e O e vengono poste ad ogni capo, tali lettere possono rappresentare alfa e omega, la prima e ultima lettera dell’alfabeto 13

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greco, ovvero l’inizio e la fine, la vita e la morte. Un’altra caratteristica degna di nota è che le lettere possono essere anagrammate in “Oro Te, Pater, Oro Te, Pater, Sanas”. Possiamo concludere, quindi, che il quadrato magico è il precursore di giochi attualmente in voga: l’acrostico, l’anagramma, il crucipuzzle e il palindromo. Ed infatti, Rossi (2002: 176) conferma che Umberto Eco (1932-2016) mette il gioco al quarto posto tra i bisogni fondamentali dell’uomo Figura 3 dopo il nutrimento, il sonno, l’affetto, e prima di chiedersi il perché. Siamo d’accordo con l’asserzione di Eco, quindi, senza timore di sbagliare, che forse l’homo ludens sia nato prima dell’homo sapiens. Lo scrittore francese, Claude Aveline (1901-1992) concorda, L’home est fait pour jouer: c’est le péché originel qui l’a condamné au travail (1961: 7). (L’uomo è stato creato per giocare: è il peccato originale che l’ha condannato al lavoro.)

George Bernard Shaw2 (1856-1950), scrittore e drammaturgo irlandese, sostiene che: We do not stop playing because we grow old, we grow old because we stop playing. (Non smettiamo di giocare perché diventiamo vecchi, diventiamo vecchi perché smettiamo di giocare.)

Bruno Munari (1907-1998), artista, disegnatore e scrittore italiano, afferma la validità del gioco (1992: v), Il gioco è il modo più giusto per conoscere, per capire tante cose, per formarsi una mentalità creativa. Il gioco richiede una partecipazione globale dell’individuo. Il gioco comunica attraverso i sensi.

James F. Fixx (1978: 18), socio del prestigioso Club Mensa, come Munari, suggerisce che il motivo all’interesse al gioco e al passatempo enigmistico è, senza alcun dubbio, perché i giochi enigmistici non solo ci danno piacere ma ci aiutano anche a lavorare e a imparare in un modo più efficace.

E per concludere la lista di citazioni, mettiamo in rilievo quanto il grande poeta latino Orazio (65 a.C. - 8 a.C.) auspicava nella sua Ars poetica, Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci lectorem delectando pariterque monendo. (Orazio, Ars poetica, versi 343-344)

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Ludolinguistica e Glottodidattica Colse nel giusto segno chi alternò l’utile al dolce, divertendo il lettore e nello stesso tempo istruendolo.

In Italia, tra i primi studiosi ad interessarsi di didattica ludica, troviamo Giovanni Freddi (1930-2012), che con Gianfranco Porcelli, Enrico Arcaini, Wanda D’Addio, Bona Cambiaghi e Renzo Titone è uno dei padri fondatori della glottodidattica italiana, con le sue pubblicazioni degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. Freddi (1990: 130-136) indica vari principi fondamentali sui quali deve basarsi la didattica ludica: sensorialità, motricità, bimodalità neurologica, semioticità, “total physical response”, relazionalità/transazionalità, pragmaticità, espressività, autenticità, biculturalismo, naturalità, integrazione delle lingue, ludicità. Segue una definizione/riassunto di ogni voce. sensorialità nell’apprendere una lingua lo studente deve potere attivare tutti i canali sensoriali per creare rappresentazioni mentali motricità poiché attraverso la lingua si possono far compiere azioni e dare ordini, l’insegnamento ludico della lingua deve riservare uno spazio rilevante alla dimensione motoria bimodalità neurologica importante ruolo dell’emisfero destro del cervello nell’apprendimento e uso del linguaggio, nella comunicazione sia verbale e sia non verbale, in un funzionamento globale e unitario del cervello semioticità il termine implica specificamente la necessità che lo studio della lingua si collochi in un vasto quadro comunicativo dove siano presenti anche il linguaggio iconico, quello cinesico, quello prossemico, quello oggettuale, quello musicale ecc. “total physical response” reagendo ad un ordine linguistico mediante un’azione lo studente realizza istanze di sensorialità, motricità, bimodalità neurologica relazionalità/transazionalità la lingua deve favorire le relazioni tra alunni e tra allievi e insegnante pragmaticità la lingua deve essere presentata come strumento con cui poter fare espressività l’espressività attinge alle profondità dell’io portandone in superficie i tratti unici e irripetibili. Quando infatti comunica, l’“homo loquens”) non produce solo interazione e dialogo; egli esprime se stesso: manifesta cioè le sue intenzioni, i suoi sentimenti, i suoi slanci, le sue fantasie, i suoi sogni, il suo mondo. autenticità a livello psicologico nel gioco si crea una situazione autentica

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Ludolinguistica e Glottodidattica biculturalismo imparare una lingua significa imparare anche la sua realtà culturale. Ciò porta al biculturalismo e al relativismo culturale naturalità l’acquisizione della lingua costituisce il risultato congiunto dell’interazione tra meccanismi innati e l’input fornito dall’ambiente, in situazioni di naturalità integrazione delle lingue modalità che pone un raccordo teorico e operativo tra la lingua straniera e la lingua materna/nazionale. Deve armonizzare e far convergere le due lingue. ludicità la ludicità deve costituire la trama e l’ordito della glottodidattica per bambini. Deve fornire la crescita affettiva, cognitiva, sociale e culturale dello studente.

Freddi è un grande fautore del gioco nell’insegnamento di una lingua. La didattica ludica suggerita da Freddi (la voce è intraducibile letteralmente in inglese e quindi propongo una circonlocuzione, “the fun element in language teaching”) implica giochi con attività fisiche, giochi nell’insegnamento mentre la ludolinguistica accentua giochi con carta e matita, da risolvere individualmente o in gruppo. Ludolinguistica: una definizione In una conversazione privata con il centenario Giuseppe Aldo Rossi, il 26 gennaio 2013, Rossi mi conferma che è stato lui a coniare la voce “ludolinguistica”. Ed infatti la voce si trova in varie sue pubblicazioni (2001: 3, 2002: 247; 2011: 7) ed appare a sua volta nel Dizionario Enciclopedico dell’Enigmistica e Ludolinguistica (2002: 247) pubblicato dalla Zanichelli dove Rossi suggerisce la seguente definizione: la ludolinguistica abbraccia tutti i giochi di parole in chiaro, contrapponendosi all’enigmistica classica, in cui entrano quei componimenti che propongono ai solutori uno o più soggetti sotto il velame delli versi strani (Dante).

ma nel volume del 2011 (7, 8), Rossi offre una definzione più dettagliata e il confronto tra ludolinguistica e enigmistica è approfondito. La ludolinguistica opera in due modi rilevando sulle parole del vocabolario le curiosità, le anomalie, le eccentrità letterali. [...] Nei primi casi si parla più di “giochi di parole”, nei secondi di “giochi con le parole”. Né gli uni né gli altri richiedono un risolutore e una risoluzione: sono già risolti in se stessi. L’enigmistica – che prende il nome dall’enigma, rimasto a lungo pressocché uno dominatore del campo – è l’arte di nascondere un soggetto qualsiasi sotto false sembianze [...] e finge di svolgere il tema annunciato dal titolo del componimento, mentre in realtà, mediante ogni sorta di duplicità linguistica, ne palesa un altro, del tutto estraneo al precedente, che costituisce la risoluzione del gioco.

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Ludolinguistica e Glottodidattica Il materiale dell’enigmistica spesso coincide con quello della ludolinguistica (così nell’anagramma, nei cambi, negli scarti, nei palindromi, ecc.) ma si differenzia totalmente nella sua destinazione: i ludolinguisti si limitano a leggere la parola o la frase che li diverte, gli enigmisti la rappresentano in maniera ambigua e misteriosa.

Purtroppo la voce “ludolinguistica” è assente da vari dizionari della lingua italiana: lo Zingarelli per primo riconosce la voce e la include nell’edizione del 1998 (Dossena 2004:161): branca della linguistica che si occupa di giochi di parole e combinazioni lessicali.

Il Devoto-Oli del 2017 (e in edizioni precedenti), a cura di Luca Serianni e Maurizio Trifone, offre una definizione simile: parte della linguistica che si occupa di giochi di parole e combinazioni lessicali.

La voce è presente nel Dizionario dei giochi di Andrea Angiolino e Beniamino Sidoti pubblicato dalla Zanichelli (2010: 570) e oltre a dare la stessa definizione dello Zingarelli e del Devoto-Oli, gli autori offrono questo caveat: Per gli enigmisti classici il vocabolo ha però un’accezione più ristretta: includerebbe tutti e soli i giochi di parole, ma non per esempio i doppi sensi.

Il Garzanti (2013) e Il Sabatini-Coletti (2006) contengono le voci: “ludo, ludologo, ludotecario, ludoterapia”, Il Dizionario italiano di base della Giunti: “ludico” ma non hanno ancora inserito questo “neologismo”. Giampaolo Dossena (1930-2009), giornalista ed enigmista, uno tra i massimi esperti di giochi e il primo a rendere popolari i giochi con le parole con le sue rubriche sui maggiori quotidiani italiani (La Stampa, la Repubblica, Il Sole 24 Ore), include la voce nel suo Il dado e l’alfabeto (2004) ma non nel Dizionario dei giochi con le parole (2004), pubblicati nello stesso anno, probabilmente perché si tratta di una riedizione (la prima è del 1994) e anche nella sua monumentale opera in tre volumi, Enciclopedia dei giochi, edita dalla Utet nel 1999 e oggi quasi irreperibile. E solo nel 2015, la Treccani3 la include nel Vocabolario online, dopo un’intervista di Tamara Baris con il sottoscritto nel giugno del 2015 accentuandola come “strumento di apprendimento o studio della lingua madre o di una lingua seconda”:4 Parte della linguistica che si occupa dei giochi con le parole in chiaro, intesi in particolare come strumento di apprendimento o studio della lingua madre o di una lingua seconda; in senso concreto l’attività consistente nell’inventare o risolvere giochi con le parole.

Ma noi offriamo ancora un’altra definizione che dà all’insegnante maggiore libertà di scelta poiché può avvalersi di tecniche estratte sia dall’enigmistica classica che dalla ludolinguistica. 17

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Ludolinguistica e Glottodidattica Qualsiasi stimolo o gioco linguistico – enigmistico o ludolinguistico – capace di motivare lo studente ad apprendere il lessico, la grammatica, incoraggiarlo a parlare e a scrivere o a conoscere la cultura della lingua madre o di una nuova lingua è lecito.

Ennio Peres (2018: 11) accentua l’importanza del gioco della mente e fa riferimento allo psicologo statunitense Roger Sperry (1913-1994) che ha ricevuto il premio Nobel nel 1981 per la medicina per le sue scoperte dei due emisferi del cervello. Soprattutto, grazie alle sue [di Sperry] ricerche, si è potuto verificare che l’emisfero sinistro è la sede dell’elaborazione del linguaggio e del ragionamento logico, mentre quello destro del riconoscimento delle forme e dell’elaborazione creativa delle idee. Di conseguenza un cultore di giochi enigmistici che non intenda limitarsi al ruolo del solutore, ma desideri sperimentare anche quello di autore, avrà l’opportunità di stimolare entrambi i propri emisferi cerebrali. [...] I giochi enigmistici possono essere di varia natura (linguistici, matematici, logici ecc.) ma possiedono tutte le caratteristiche peculiari di stimolare il ragionamento e, quindi di favorire un’adeguata ginnastica mentale per conservare sveglio l’intelletto. Sono estremamente funzionali, anche perché il divertimento e la soddisfazione che le procurano a chi le risolve, inducono una forte motivazione a continuare a esercitarsi. Resta solo il problema che, se non si conoscono bene le loro regole, non è possibile neanche provare a risolverli... [...] Nell’antichità gli enigmi erano considerati un importantissimo e spesso spietato, banco di prova per dimostrare le proprie capacità intellettive (2018: 11-16).

E Tullio De Mauro (1932-2017) ci ricorda che da anni diciamo, in francese, inglese, spagnolo, italiano, ludoliguistique, ludolinguistics, ludolingüística, ludolinguistica (dalla matrice dei significanti latini, ma non del significato, si discosta solo il tedesco Sprachspielwissenschaft, uno scioglilingua per i non tedescofoni) (2010: ix).

Per la traduzione in inglese, suggerisco “recreational linguistics” visto che l’inglese preferisce la parola anglosassone a quella di radice latina. Ma gli enigmisti continuano ad ignorare questa “branca della linguistica” escludendola dalle loro pubblicazioni. Bartezzaghi, in un’intervista rilasciata a Maurizio Codogno, il 28 gennaio 2008, a Crema, in occasione di un suo incontro presso il locale Caffé Letterario, preferisce essere identificato «saggista ed enigmista». Alla domanda: “Come le piace essere definito? giocologo, ludolinguista, o altro?” Bartezzaghi risponde5.... “Giocologo“ è una parola che Ennio Peres ha inventato per se stesso.“Ludolinguista” invece deve essere un conio di qualche enigmista accademico: una parola che ritengo ripugnante. In realtà quella che viene chiamata “ludolinguistica” non è una disciplina, ed è per questo che non ha un nome vero e proprio. Alla fine, “giochi di parole” è ancora la definizione più sensata, proprio per tutti gli equivoci che ammette. In caso di emergenza, cioè quando bisogna proprio essere identificati, uso “saggista ed enigmista”. In fondo come enigmista ho incominciato, e oggi continuo a seguire le riviste e a pensare che l’enigmistica sia un contenitore più vasto di quanto non ritengano i suoi adepti meno elastici.

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Così, pure, molti altri nostri colleghi universitari che nelle loro pubblicazioni teoriche e in manuali diretti alla formazione di futuri docenti insistono a ignorarla, anche pur essendo consci che le attività di ludolinguistica sono apprezzate da docenti che le usano per motivare i discenti e da studenti che le svolgono nell’apprendimento di una lingua. Ma ci affrettiamo ad ammettere che non tutti sono d’accordo: Zamponi (1988), Begotti (2010: capitolo 7: 97-112), Fornara e Giudici (2015), Mezzadri (2015: capitolo 17: 343-366), Meringolo (tesi di laurea 2010-2011; 2017: capitolo 141-249). Danesi, Diadori, Semplici (2018: 155-177) fanno eccezione alla regola, dedicandone manuali, tesi di laurea o capitoli nelle loro pubblicazioni dirette a docenti, a formatori di insegnanti e a discenti. Giocare con la lingua implica creatività e sia Tullio De Mauro che Massimo Vedovelli si sono interessati a questo tema. De Mauro, nel suo Prima lezione sul linguaggio (2002) dedica un intero capitolo alla creatività della lingua e Vedovelli (2003) riprende la riflessione di De Mauro applicandola alla didattica di una L2. Le attività ludolinguistiche vanno utilizzate adeguatamente: il loro impiego è fondamentale per la motivazione, l’apprendimento della lingua e per la sfida; non dovrebbero mai essere adoperate come attività di riempimento, come semplici tappabuchi. Le tecniche di ludolinguistica offrono delle attività complementari e supplementari che possono essere facilmente utilizzate insieme ad altre tecniche in qualsiasi programma di insegnamento di lingua seconda/straniera o lingua madre, ma sinora nessuno si è avventurato nella realizzazione di un sillabo, o di un percorso didattico, totalmente “enigmistico”. Il docente che decide di integrare queste tecniche nel suo programma di studi deve tener conto: • dell’età dello studente • dei suoi interessi • delle sue competenze (o abilità linguistiche). Quali sono le attività della ludolinguistica? La nostra definizione fonde le due voci: enigmistica e ludolinguistica: anagrammi acronimi acrostici cruciverba

enigmi indovinelli intrusi labiriniti

mesostici modi di dire rebus

A questa lista aggiungiamo anche: il calendario storico i problemi di logica i proverbi gli scioglilingua

i titoli camuffati il tris fare la valigia l’umorismo

e altri ancora.

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Molte di queste attività si possono usare con efficacia per motivare lo studente ad approfondire le competenze/abilità linguistiche e all’apprendimento del lessico, della grammatica e della cultura. Ma perché tali tecniche siano efficaci devono essere studiate con obiettivi di istruzione e apprendimento ben precisi. Nella preparazione di attività ludiche/linguistiche, il docente dovrebbe tener conto dei seguenti cinque aspetti. Esaminiamoli con attenzione. 1. Area linguistica Quale “area” linguistica vuole accentuare l’insegnante? Aggettivi, verbi, sostantivi, avverbi, modi di dire, sinonimi, contrari, numeri, ecc. 2. Abilità linguistica Quale abilità linguistica vuole sviluppare? Ascoltare, parlare, leggere o scrivere? Queste competenze/abilità hanno subìto un’evoluzione nella loro denominazione e adesso si parla di comprensione orale (saper ascoltare), produzione orale (saper parlare), comprensione scritta (saper leggere) e produzione scritta (saper scrivere). Le stesse parole in voga («buzz words», in inglese), con l’intervento del Quadro comune europeo di riferimento (QCER), (Quartapelle, Bertocchi 2007) sono poi diventate ricezione orale, produzione orale non interattiva, ricezione scritta, produzione scritta, interazione, mediazione, ma queste voci non cambiano certo il loro significato o il loro ruolo originale. 3. Livello A quale livello sono destinate le attività? A1, A2, B1, B2, C1, C2? Nel Ludolinguistica e Glottodidattica, Mollica (2010) ha deliberatamente rinunciato ad abbinare le applicazioni glottodidattiche ai livelli proposti nel Quadro comune europeo di riferimento (QCER) del Consiglio d’Europa, affidando al docente il compito di valutare il livello linguistico dei discenti. 4. Modalità di valutazione Quale modalità nell’ambito della ludolinguistica adotta l’insegnante per rendere più “appetitoso” l’insegnamento/apprendimento della grammatica?: Cruciverba, crucipuzzle, acrostico, mesostico, scelta multipla, abbinamento, domanda e risposta, intruso, rebus, vero o falso, tris, labirinto, ecc. 5. Istruzioni/consegne Le istruzioni/consegne devono essere chiare, concise, con lessico di alta frequenza affinché lo studente sappia quello che deve fare senza fare ulteriori domande al docente. Ma questo non basta; sarebbe utile inserire nelle istruzioni/consegne, sebbene in modo sintetico, la «regola» e quindi prendere il proverbiale «due piccioni con una fava». Inoltre, la scelta del verbo dell’insegnante chiaramente indica l’attività di ludolinguistica: 20

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