PrimoPiano_Vol2

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Percorso 1

LA ROMA DI AUGUSTO

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18-17

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Secondo triumvirato tra Marco Antonio, Lepido e Ottaviano

Ad Azio Ottaviano sconfigge Marco Antonio

Leggi sulla famiglia e il matrimonio

Sconfitta di Teutoburgo

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Battaglia di Filippi e sconfitta dei cesaricidi

Ottaviano riceve il titolo di Augusto

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Esilio di Ovidio

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Morte di Augusto


PERCORSO 1 • La Roma di Augusto

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L’ultima guerra civile e la vittoria di Ottaviano

L’assassinio di Giulio Cesare alle idi di marzo del 44 a.C. Come abbiamo visto nel volume precedente, Roma era stata governata da Giulio Cesare fino alla sua uccisione, avvenuta alle idi (cioè il giorno 15) di marzo del 44 a.C. Cesare si era fatto nominare dittatore a vita e imperator: con questo titolo di origine militare (significava “generale”) egli aveva detenuto per alcuni anni una sorta di potere assoluto su Roma. Aveva inoltre ricevuto la carica di console per dieci anni e di pontefice massimo; infine aveva ottenuto i poteri dei tribuni della plebe e dei censori. Questa concentrazione straordinaria di magistrature (cioè delle cariche politiche) nelle mani di un solo uomo corrispondeva, di fatto, al potere di un re, ma contraddiceva agli ordinamenti della repubblica romana. Fu questa la ragione che ispirò, il 15 marzo del 44 a.C., l’assassinio di Cesare. Quattro anni dopo aver sconfitto Pompeo a Farsàlo, egli restò vittima di una congiura: secondo la tradizione, cadde ai piedi della statua di Pompeo, abbattuto a pugnalate dai suoi nemici. I congiurati erano guidati da Bruto, figlio adottivo dello stesso Cesare. Appartenevano alla fazione più tradizionalista del senato, a quelle famiglie nobili a cui Cesare aveva tolto potere e prestigio e che erano state maggiormente danneggiate dalla sua politica. Ma Bruto, Cassio e i più accesi tra i congiurati erano animati soprattutto da ragioni ideali: vedevano in lui, e nel suo enorme potere personale, un nemico della repubblica tradizionale, da eliminare a qualsiasi costo.

La fazione cesariana prende il potere a Roma Bruto e Cassio non avevano però elaborato alcun piano coerente per gestire il dopoCesare. Anche il senato, il cui leader era Cicerone, appariva esitante e incerto, perduto dietro le sue nostalgie della repubblica tradizionale. I funerali di Cesare furono l’occasio-

ne di un’immensa manifestazione popolare di affetto verso Cesare e i cesaricidi (cioè gli uccisori di Cesare) furono costretti a lasciare Roma. In città il potere fu assunto dai capi della fazione cesariana, ovvero Marco Emilio Lepido, che era stato il capo della cavalleria delle legioni di Cesare, e soprattutto Marco Antonio, luogotenente e vero erede politico del dittatore scomparso. Entrambi erano decisi a continuare l’opera politica di Cesare, rafforzando il potere dei militari e contrastando i nobili e il senato.

Le astute mosse del giovane Ottaviano A Lepido e a Marco Antonio si unì ben presto il diciannovenne Gaio Ottaviano. Era figlio di Azia, una nipote di Cesare; quest’ultimo lo aveva adottato come figlio, qualche anno prima di morire. Malgrado la giovane età, in quei difficili frangenti Ottaviano si comportò come un politico esperto. Alla notizia della congiura, accorse in Italia dall’Illiria e riuscì ad assicurarsi il favore dei militari (i veterani di Cesare). Tale comportamento lo mise subito in cattiva luce presso Antonio e il senato sperò di poter manovrare Ottaviano contro Antonio. Ma Ottaviano, con astuzia, si sottrasse alle macchinazioni del senato, si alleò con Antonio e nel 43 a.C. formò con lui e con Lepido il secondo triumvirato.

Il secondo triumvirato A differenza del primo triumvirato (stretto nel 60 a.C. tra Cesare, Pompeo e Crasso), il secondo non costituiva una semplice alleanza privata. Marco Antonio, Ottaviano e Lepido fecero sì che il senato riconoscesse ufficialmente quel loro patto. Il senato ammise così apertamente la propria debolezza davanti ai tre potenti, la propria incapacità di dominare gli eventi: la repubblica tradizionale era stata di fatto superata dalla nuova situazione politica creatasi a Roma.

Calco della testa di Augusto, da un originale di età augustea conservato ai Musei Capitolini di Roma. Il calco, invece, è esposto nel Museo dell’Ara pacis.


SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

14 La piana di Filippi, dove si combatté la famosa battaglia del 42 a.C., vista dall’acropoli.

I triumviri si spartiscono i territori di Roma

Il programma del secondo triumvirato si prefiggeva tre obiettivi: • eliminare i difensori della vecchia repubblica, dominata dal senato e dai nobili; • vendicare l’assassinio di Cesare, punendo i congiurati delle idi di marzo; • suddividersi tra triumviri il controllo dei territori appartenenti allo Stato romano.

La fine della repubblica tradizionale Per quanto riguarda il primo punto, furono stilate di nuovo le famigerate liste di proscrizione (già utilizzate al tempo di Silla, nell’82 a.C.): fu cioè pubblicato l’elenco dei nemici pubblici dello Stato. In poche settimane vennero uccisi 120 senatori e 2000 cavalieri. Tra costoro figurava anche Cicerone, che aveva pronunciato negli ultimi tempi veementi discorsi contro Antonio. Cicerone fu ucciso nel 43 a.C. Per vendicare il dittatore assassinato, i triumviri marciarono celermente contro i cesaricidi, i quali nel frattempo si erano rifugiati in Grecia, dove avevano raccolto un esercito, anche se debole e poco organizzato. Bruto e Cassio furono sconfitti nell’ottobre del 42 a.C., a Filippi, in Grecia, al termine di una breve campagna militare. In questo modo, con la morte o la resa degli ultimi difensori della repubblica tradizionale, fu decretata di fatto la fine del regime politico che aveva guidato Roma per cinque secoli.

Eliminati i nemici comuni, rinacquero le tensioni interne fra i triumviri. Ottaviano si era impegnato a ricompensare con appezzamenti di terra circa 100 000 veterani di Cesare. Requisì a tale scopo numerosi terreni sul suolo italico, ma finì in questo modo per scatenare proteste e resistenze. Scoppiò addirittura una rivolta armata, guidata da Lucio Antonio, figlio del triumviro, e da sua madre Fulvia: Ottaviano li piegò tra 41 e 40 a.C. a prezzo di una vera e propria guerra (la cosiddetta guerra di Perugia), alla quale seguì una sanguinosa repressione. Molti seguaci di Antonio furono condannati a morte e ciò indusse lo stesso Marco Antonio a scendere in campo contro Ottaviano, alla testa di un esercito. Lo scontro fra i due eredi di Cesare sembrava ormai inevitabile, ma nell’ottobre del 40 a.C. essi s’incontrarono a Brindisi e stipularono una tregua. L’impero venne suddiviso in più parti: Antonio ottenne il governo delle province orientali (tra cui l’Egitto), Ottaviano di quelle occidentali, compresa l’Italia, mentre a Lepido andò solo il controllo della provincia d’Africa.

Due rivali per il potere Con l’accordo di Brindisi, anche il terzo obiettivo del programma triumvirale poteva dirsi raggiunto. Tuttavia il triumvirato era tale solo di nome: di fatto, Roma era retta da un duumvirato (“governo di due uomini”). Infatti a Lepido, che era il più debole dei tre, era toccata la parte meno importante dei domini romani; nel 36 a.C. egli ebbe il titolo onorifico di pontefice massimo e venne praticamente estromesso dalla vita politica. Restavano due uomini a contendersi il potere: Marco Antonio e Ottaviano.

La politica di Marco Antonio in Oriente Marco Antonio si era stabilito in Egitto, alla corte della regina Cleopatra, sorella di quel Tolomeo che aveva assassinato Pompeo. Da là egli condusse una politica autonoma, senza più consultare Roma. Nel 36 a.C. sposò Cleopatra e le donò alcuni terri-


PERCORSO 1 • La Roma di Augusto

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tori appartenenti allo Stato romano. Altrove Antonio impose sovrani a lui fedeli e strinse alleanze con regni confinanti. Roma rischiava insomma di perdere le province orientali, trasformate in un regno personale di Antonio e Cleopatra, ma la cosa più grave, agli occhi dei romani tradizionalisti, era un’altra: l’ex generale di Cesare assumeva apertamente atteggiamenti tipici di un sovrano orientale e contrari alla mentalità romana. Su tutta l’area si allungava peraltro la minaccia dei parti, un bellicoso popolo persiano che aveva invaso la Siria. Nel 36-35 a.C. una prima campagna di Antonio contro i parti fu un insuccesso. Due anni più tardi, però, Antonio riuscì a conquistare l’Armenia, nel Caucaso, e la fece diventare provincia di Roma. A quel punto egli progettò la conquista della Partia, che gli avrebbe donato un prestigio immenso, da vero erede di Cesare: non ebbe però il tempo per realizzarla.

La politica di Ottaviano in Italia Ottaviano era rimasto a Roma e, di fronte al comportamento di Marco Antonio, strategicamente si presentò come l’unico difensore degli interessi dello Stato, l’alfiere della libertà repubblicana contro il dispotismo monarchico di Marco Antonio.

Prima però di muovergli guerra, preparò il terreno con molta astuzia. In primo luogo dovette debellare gli ultimi nostalgici della repubblica tradizionale: nel settembre del 36 a.C. Ottaviano sconfisANTONIO E OTTAVIANO, DA NEMICI AD ALLEATI ANTONIO

OTTAVIANO

luogotenente di Cesare

figlio adottivo di Cesare

ostile al senato

all’inizio ben visto dal senato

supera la diffidenza verso Ottaviano

poi si sottrae al senato e sceglie Antonio

secondo triumvirato tra Ottaviano, Antonio e Lepido

liste di proscrizione contro la fazione senatoria

guerra ai cesaricidi

uccisione di Cicerone, 43 a.C.

battaglia di Filippi, 42 a.C.

ad Antonio l’Oriente dell’impero (con l’Egitto)

a Ottaviano l’Occidente dell’impero (con l’Italia)

LEGGENDA E REALTÀ DI CLEOPATRA, REGINA D’EGITTO Una donna affascinante, intelligente, colta; una regina sollecita del bene del suo popolo. Questo era Cleopatra, anche se la sua figura storica è rimasta vittima di giudizi ostili, per colpa della propaganda augustea. Infatti Ottaviano sfruttò le radicate paure dell’aristocrazia romana e italica (paura di perdere poteri e privilegi a favore dei ceti dirigenti delle province orientali) per porsi come difensore della tradizione romana, della legge, dell’ordine. Cleopatra fu presentata come l’irriducibile nemica di questi valori, come una regina dissoluta, folle, mirante a soffocare Roma (con l’ausilio di Marco Antonio) nelle sue spire di tentatrice. Nata nel 69 a.C., Cleopatra era una delle figlie del re Tolomeo XII; alla

morte del padre (51 a.C.) il regno toccò a lei e al fratello Tolomeo XIII. In seguito i due divennero rivali; Cleopatra riuscì a prevalere con l’aiuto di Giulio Cesare. Nel 48 a.C. ella fece colpo sul generale romano facendosi trasportare al campo di lui a bordo di una barca, di nascosto, avvolta in un tappeto: Cesare restò affascinato dalla principessa e con lei concepì un figlio, Cesarione. Nel 46 a.C. Cleopatra si trasferì con Cesare a Roma, circondata da grande sfarzo e dall’odio dei nobili tradizionalisti. Morto Cesare (44 a.C.) ritornò in Egitto, dove sedusse Marco Antonio. Questi per lei ripudiò la moglie Ottavia (sorella di Ottaviano); giunse a donarle alcune regioni romane e a insignire

Cesarione del titolo di “Re dei re”. Dopo la sconfitta di Azio (31 a.C.) Antonio si suicidò; quando Cleopatra capì che il vincitore Ottaviano intendeva portarla con sé, per farla sfilare nel suo corteo trionfale, si tolse la vita, morsa da un serpente. Aveva 39 anni. Cesarione fu eliminato da Ottaviano, mentre gli altri figli di Cleopatra e Marco Antonio vennero accolti nella casa di Ottavia. La figura di Cleopatra rimase subito avvolta da un alone di leggenda e ispirò numerosi scrittori, come Shakespeare e Alfieri. Anche il cinema ha reso Cleopatra protagonista di film famosi; fu tra l’altro interpretata da Elizabeth Taylor in un film di J.L. Mankiewicz del 1963.


SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

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OTTAVIANO PADRONE DI ROMA no Re

oceano Atlantico Gallia Celtica Gallia Narbonense

Gallia Cisalpina

Illi

ria

Spagna Ulteriore

Spagna Citeriore

Corsica

Territori di Lepido

Armenia a

(42 a.C.)

Epiro

Sicilia

mar Nero

Macedonia Filippi

Roma

Sardegna

Territori di Ottaviano

Danubio

Bitinia

Azio (31 a.C.)

Cap

pa

d

i oc

Asia Siria

Africa

mar Mediterraneo Territori di Antonio

Creta

Cipro

Principali battaglie Egitto

se a Nàuloco, presso Messina, il loro protettore, l’ammiraglio Sesto Pompeo, figlio del generale scomparso nel 48 a.C. A quel punto su Ottaviano si orientò la maggioranza dei nobili e del senato. Subito dopo Ottaviano sistemò in Sicilia circa 20 000 veterani, compensandoli con ricchi donativi di terre. Contemporaneamente si preoccupò di ottenere l’appoggio delle città italiche e si sforzò di migliorare le condizioni di vita del popolo. Solo a questo punto si risolse per la campagna decisiva, anche se a Roma non proprio tutti stavano dalla sua parte: entrambi i consoli dell’anno 32 a.C. preferirono lasciare l’Italia e raggiungere Antonio a Efeso, accompagnati da quasi trecento senatori.

Ottaviano unico padrone dello Stato romano

Una moneta bronzea con il profilo di Augusto e la scritta “Augustus pater”.

La battaglia decisiva tra Ottaviano e Marco Antonio avvenne nel settembre del 31 a.C. presso il promontorio di Azio, sul mar Adriatico, lungo le coste dell’Epiro. Marco Antonio e Cleopatra furono gravemente sconfitti; ripararono ad Alessandria ma qui, qualche mese dopo, furono attaccati dalle forze di Ottaviano e si diedero la morte. Si chiuse così la quarta guerra civile combattuta a Roma in mezzo secolo: quarta, dopo la prima combattuta tra Mario e Silla (83-82 a.C.), la seconda, combattuta tra Pompeo e Cesare (49-48 a.C.) e la terza, che aveva vi-

sto schierarsi Antonio e Ottaviano contro i cesaricidi, Bruto e Cassio (42 a.C.). Ottaviano era rimasto l’unico padrone di Roma. Dopo aver fatto eliminare Cesarione, il figlio di Cesare e Cleopatra, suo potenziale avversario, ritornò nella capitale, dove celebrò il suo trionfo. Oltre a distribuire terre a ben 120 000 veterani del suo esercito, Ottaviano fece chiudere (29 a.C.) le porte del tempio di Giano, un antico dio guerriero, che secondo la religione tradizionale accompagnava gli eserciti di Roma nei periodi di guerra. La chiusura delle porte di quel tempio simboleggiava perciò la fine di tutte le guerre e l’inizio, per Roma, di una nuova era di pace. PROVA SE LO SAI

1 Quando, da chi e perché Cesare fu ucciso? 2 Chi erano i cesaricidi? Che fine fecero? 3 Che cosa avvenne dopo la morte di Cesare? 4 Chi era Ottaviano e in che modo si fece largo nella vita politica romana? 5 Che cosa fu il secondo triumvirato? Chi lo stipulò e perché fu diverso dal primo? 6 Che cosa fu la guerra di Perugia e come si concluse? 7 Quale fu la politica di Marco Antonio in Oriente? 8 Quali strategie seguì Ottaviano per prepararsi allo scontro finale con Marco Antonio?


PERCORSO 1 • La Roma di Augusto

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Dalla repubblica al principato: le radici del potere imperiale

Ha inizio per Roma una nuova fase storica Sconfitto Antonio ad Azio, Ottaviano poteva presentarsi non più come il capo di una delle fazioni in lotta, ma come il garante della pacificazione universale: quella vittoria segnava infatti l’agognata fine delle guerre civili. Tutto ciò diede grande popolarità e potere a Ottaviano, ed egli ne approfittò per divenire l’arbitro della vita politica romana. L’Urbe aveva bisogno di concordia e di ordine, e Ottaviano riuscì ad assicurarli; aveva bisogno di continuità (almeno esteriore) rispetto alle cariche e ai poteri della repubblica tradizionale, e Ottaviano riuscì a illudere i romani che le istituzioni del passato non erano state abbattute, ma solo rafforzate. La realtà era però ben diversa. Nel mezzo secolo circa in cui rimase al potere, dal 31 a.C. (battaglia di Azio) al 14 d.C. (anno della sua morte), Ottaviano modificò in modo sostanziale lo Stato romano: fu lui il fondatore del principato e, in sostanza, l’iniziatore del regime imperiale. Dopo sette secoli trascorsi all’insegna della repubblica, iniziò per Roma una diversa fase storica, quella dell’impero, destinata a durare mezzo millennio.

Nel 27 a.C. il senato gli conferì il titolo onorifico di Augusto (dal verbo augere = “aumentare”), che significava “colui che aumenta, accresce” (lo Stato) ed è quindi “degno di venerazione e di onore”. Tale titolo entrò d’allora in poi a far parte del suo nome. Nel 23 a.C., poi, si fece riconoscere la potestà tribunizia, grazie alla quale egli acquisì le prerogative dei tribuni della plebe: otteneva cioè il diritto di veto (in latino intercessio) e di aiuto (auxilium), il potere d’imporre ai cittadini l’obbedienza (coercitio), di proporre leggi e di convocare le assemblee;

Tutte le cariche di Ottaviano Ottaviano volle che il passaggio dalla repubblica al principato si compisse senza traumi, quasi senza che i romani se ne accorgessero. Per non infrangere le tradizioni repubblicane, infatti, non abolì le varie cariche della repubblica, che vennero mantenute, anche se Ottaviano assunse personalmente le più importanti. Cominciò facendosi eleggere dai comizi (le assemblee del popolo romano) console a tempo indeterminato: mentre i suoi colleghi di consolato si avvicendavano regolarmente, anno dopo anno, egli rimaneva in carica permanentemente. Inoltre assunse il comando supremo delle forze armate (era cioè l’imperator) e la carica di proconsole, che gli dava il governo delle province.

Statua in bronzo dell’imperatore Augusto.

DALLA REPUBBLICA AL PRINCIPATO REPUBBLICA TRADIZIONALE

OTTAVIANO

tutte le cariche sono collegiali, scadono dopo un anno, sono votate dai comizi si fa attribuire tutte le cariche e i titoli: “Augusto” (colui che accresce lo Stato) e “principe” (il primo del senato)

NASCE IL PRINCIPATO

è un passaggio graduale

nessuna magistratura, formalmente, viene abolita; il senato, in apparenza, conserva il suo ruolo di guida politica


SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

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CHI ERA, DAVVERO, AUGUSTO? Ottaviano Augusto rimase sempre un uomo modesto, che accettava con umiltà critiche e consigli. Non riusciva a gustare la gioia del comando, ma aveva un carattere deciso e una formidabile capacità di ragionamento. Nei 44 anni del suo governo lavorò instancabilmente; si sobbarcò un numero enorme di cariche e adempì ai suoi doveri con il massimo scrupolo. Giudicò centinaia di cause, progettò piani di campagne in lontani paesi, comandò legioni e governò province, le visitò quasi tutte (lui che amava una vita tranquilla), occupandosi fin nei particolari dell’amministrazione dello Stato. Non godeva di buona salute: i reumatismi, fin da giovane, lo facevano lievemente zoppicare; un irrigidimento artritico gli rendeva difficile l’uso della mano destra. Soffriva d’insonnia e pativa il freddo: d’inverno si aggirava coperto da un copricapo di lana, con

panni per ripararsi le gambe e una toga pesante. Aveva i capelli color della sabbia, sopracciglia scolorite, occhi chiari e penetranti. L’espressione del viso era calma; parlava con voce tranquilla, un po’ stridula. Mangiava poco, cosa non comune fra i romani, e cibi semplicissimi: pane, formaggi, pesce e frutta. Non spezzava questa dieta per nessuna ragione: quando nel suo palazzo (la casa della moglie Livia, sul Palatino) si allestiva un banchetto, il principe cenava da solo, o prima o dopo tutti gli altri. Quando Augusto giunse al potere, tra i romani, stanchi di guerre civili, il desiderio di pace era enorme. Il principe ebbe dunque buon gioco nel proporsi come colui che aveva riportato a Roma la tranquillità e la sicurezza. Egli istituì anche il culto di una nuova divinità, la dea Pace, innalzandole un monumento, l’Ara Pacis, che celebrava soprattutto il suo ruolo di pacificatore.

la sua persona diveniva sacra e inviolabile (sacrosanctitas). Augusto si fece infine attribuire la carica religiosa di pontefice massimo, molto importante agli occhi dei romani. LE PAROLE DELLA STORIA IMPERATORE La parola deriva da imperium, “potere”, che implicava anche la possibilità, per chi lo esercitava, di costringere a obbedire con la forza. Al tempo della repubblica romana imperator era un titolo onorifico concesso ai generali dopo una grande vittoria, di solito per acclamazione dell’esercito; la stessa persona poteva quindi riceverlo più volte (Pompeo lo ebbe tre volte). Invece Cesare assunse stabilmente il titolo di imperator, aggiungendolo al proprio nome (Caius Iulius Caesar imperator), indicando così la sua prerogativa principale: detenere il comando supremo e permanente dell’esercito. Da Augusto in poi, tutti i principi assunsero stabilmente il titolo di imperator, perché tutti erano capi supremi dell’esercito. Alla lunga “imperatore” soppiantò il titolo di “principe” e venne a indicare il capo sia politico sia militare dello Stato romano. Nell’età medievale e moderna l’imperatore è il sovrano di uno Stato (un impero) che comprende più Paesi e più popoli, come l’impero di Carlo V d’Asburgo (XVI secolo), o di Francesco Giuseppe (1848-1916), che fu l’ultimo imperatore dell’Austria-Ungheria.

Statua di Augusto nelle vesti di pontefice massimo.

Dalla repubblica al principato Nel suo operato, Ottaviano ebbe sempre cura di mostrarsi fedele alla repubblica; in pubblico affermò sempre di volerla restaurare o rifondare, dopo che era stata messa in pericolo dalle guerre civili. In effetti, egli acquisì tutti i poteri facendoseli sempre assegnare nel rispetto delle leggi e delle tradizioni. Inoltre, malgrado il grande potere che aveva, si sforzò di ottenere a ogni passo il consenso del senato. C’era però una differenza sostanziale rispetto al passato: i poteri consegnati ad Augusto venivano, adesso, a concentrarsi su un unico individuo. Tale confluenza di prerogative faceva di lui una sorta di principe, o, come più tardi si chiameranno i suoi successori, di imperatore (imperator), termine che fino ad allora aveva definito il magistrato (normalmente il console) che deteneva il comando supremo dell’esercito. Dunque, benché restaurata in teoria, in pratica la repubblica era scomparsa, dato che


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polari: offrì infatti lavoro ai proletari delle città con un importante programma di opere pubbliche ( pag. 25). Inoltre aumentò le distribuzioni gratuite di grano alla plebe (le cosiddette frumentazioni) e organizzò frequenti ludi (giochi) e spettacoli. I combattimenti dei gladiatori nell’anfiteatro e le corse dei cocchi divennero, da Augusto in avanti, un mezzo assai importante per legare i ceti popolari alla politica degli imperatori. Grazie a questo sistema (a cui il poeta Giovenale farà riferimento con disprezzo, utilizzando l’espressione panem et circenses, cioè “pane e spettacoli da circo”), durante l’età augustea e nei due secoli successivi mancò quasi completamente un’opposizione politica al principato. il potere era concentrato su una sola persona. Era nato il principato, cioè il governo del principe (in latino princeps = primo): così fu chiamato Ottaviano, perché era “il primo” e più autorevole membro del senato. Aveva infatti il diritto di votare per primo sulle proposte presentate al senato, influenzando così il voto degli altri senatori.

Una monarchia mascherata Il capolavoro politico di Ottaviano fu quello di aver fondato un sistema nuovo, il principato, senza che fosse abbattuto, almeno in apparenza, l’ordinamento della repubblica tradizionale. Principato non significava ancora impero, ma Ottaviano rese inevitabile questo passaggio, che si realizzò con i suoi successori. In teoria il principe del senato avrebbe potuto perdere questa sua posizione di supremazia: ma solo in teoria. Ottaviano era, di fatto, già un monarca, visto che esercitava un potere quasi assoluto su Roma, sull’Italia, sulle province.

Panem et circenses, per ottenere l’appoggio della plebe Il principe sapeva di doversi garantire l’appoggio della plebe urbana (cioè il popolo dell’Urbe, Roma), che nel secolo delle guerre civili aveva fatto pendere spesso la bilancia a favore dei vincitori. A tale scopo, egli proseguì la politica, già intrapresa da Cesare, in favore dei ceti po-

La “gemma Augustea” è un cammeo di datazione incerta. Secondo la maggioranza degli studiosi, è stato realizzato per celebrare il trionfo di Tiberio (personaggio in alto a sinistra) del 7 a.C. sulle popolazioni germaniche. Augusto viene incoronato da Oikouméne (la terra abitata) e alla sua destra siede la dea Roma. In basso sono raffigurati i vincitori e i vinti.

PROVA SE LO SAI

1 A quali bisogni radicati nella società romana seppe rispondere Ottaviano? 2 Elenca tutte le cariche attribuite a Ottaviano. 3 Perché il regime di Ottaviano segnò una differenza sostanziale rispetto al passato di Roma? 4 Spiega i due termini “principe” e “principato”. Spiega anche il titolo di “Augusto” attribuito a Ottaviano. 5 In che senso Ottaviano impose a Roma una “monarchia mascherata”? 6 Che cosa significa l’espressione panem et circenses? Chi la coniò e con quale connotazione?

Combattimento di gladiatori durante i ludi.


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La riorganizzazione dello Stato romano

Il nuovo ruolo del senato

Cammeo che raffigura l’apoteosi di Augusto.

Chiunque governava a Roma doveva misurarsi con il senato, l’assemblea dei nobili, genuina espressione della tradizione romana e perciò ostile a ogni cambiamento. Augusto non si sottrasse al confronto. Per prima cosa, però, rese il senato un’assemblea più docile ai suoi voleri: vi inserì uomini di sua fiducia e limitò a 600 il numero dei senatori, scegliendoli da Roma, dall’Italia e dalle province, a patto che fossero di provata fedeltà verso di lui. In secondo luogo Augusto ostentò sempre grande rispetto per il senato, che continuò a essere la sede in cui venivano discussi i principali problemi politici di Roma. Ciò, peraltro, era vero solo dal punto di vista formale. Infatti il senato venne a poco a poco esautorato, in quanto tutte le decisioni più importanti venivano prese dal principe e dal suo ristretto gruppo di consiglieri, tra cui spiccavano due amici di vecchia data: Gaio Cilnio Mecenate e Marco Vipsanio Agrippa. Al primo il principe delegò la gestione di scrittori e intellettuali ( pag. 25). Il secondo fu il principale collaboratore di Augusto, del quale sposò la figlia Giulia.

Un’amministrazione più efficiente per lo Stato romano Augusto si sforzò di dare a Roma un’amministrazione più efficiente di quanto non fosse accaduto nell’ultimo secolo della repubblica. A tale scopo istituì nuove cariche, in particolare quattro prefetture: • il prefetto urbano, scelto tra i senatori, aveva poteri di polizia, in quanto doveva garantire l’ordine pubblico all’interno della città di Roma e in un raggio di cento miglia; • il prefetto dei vigili, che dipendeva dal prefetto urbano e apparteneva al ceto equestre (cioè dei cavalieri), doveva garantire l’ordine pubblico di notte ed era a capo del corpo dei pompieri, che dovevano spegnere gli incendi allora frequenti nella capitale; • il prefetto dell’annona, pure scelto tra i cavalieri, si occupava dell’approvvigionamen-

to della città e delle distribuzioni gratuite del grano alla plebe; • infine il prefetto del pretorio, anch’egli di rango equestre, comandava un nuovo corpo di 9000 uomini, i pretoriani, scelti per la difesa del principe e per impedire qualsiasi tentativo di rivolta. In età repubblicana i prefetti erano funzionari che collaboravano con un qualche magistrato (console, pretore, governatore di provincia ecc.) nell’esercizio delle sue mansioni. Con Augusto i prefetti vennero dotati di ben maggiore autorità e potere. Non erano magistrati eletti dai comizi, non decadevano alla fine dell’anno di nomina, venivano scelti personalmente dal principe e potevano essere da lui sfiduciati in qualsiasi momento. Tutti questi funzionari venivano compensati con uno stipendio fisso: Augusto mise così in moto l’articolato meccanismo amministrativo e burocratico che avrebbe garantito, per diversi secoli, il funzionamento del grande impero.

L’ascesa dei cavalieri e dei liberti A ricoprire queste cariche Augusto chiamò di preferenza uomini del ceto equestre: da ricchi finanzieri, i cavalieri si vedevano adesso riconosciuto un ruolo importante nella macchina dello Stato romano. In cambio essi assicurarono un leale appoggio ad Augusto. Agli ordini dei prefetti lavoravano numerosi liberti, ex schiavi liberati dai loro padroni, spesso uomini di grande capacità e fedeltà. Anche questa classe sociale cominciò a emergere nella nuova Roma imperiale.

La riforma dell’esercito Per ridurre il rischio di rivolte militari, frequenti negli ultimi decenni di guerre civili, Augusto ridusse il numero delle legioni, che passarono da 50 a 28. Inoltre fu meglio disciplinato l’arruolamento: potevano diventare soldati di Roma sia gli italici sia i provinciali, che conseguivano in tal modo la cittadinanza romana. Al momento del congedo, ciascuno di loro otteneva un appezzamento di


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terra, oppure una somma di 3000 sesterzi, pari a 13 anni di stipendio. La distribuzione di terre avveniva nelle colonie e ciò favorì, alla lunga, l’integrazione tra i legionari e le comunità locali, facilitando la diffusione dei costumi di Roma nel grande impero.

diversi successi, ma questi furono vanificati nel 9 d.C. dalla grave sconfitta riportata da Quintilio Varo nella selva di Teutoburgo (Germania nord-occidentale) a opera di una coalizione di germani comandati da Arminio, capo dei cherusci. Il confine dell’impero, d’allora in poi, venne fissato stabilmente sul fiume Reno, senza ulteriori tentativi di allargamento. Ciò finì per impedire la romanizzazione delle genti germaniche, le quali (al contrario delle popolazioni celtiche della Gallia) rimasero quindi “barbariche” agli occhi dei romani.

Nuove province annesse all’impero Nella prima fase del suo principato, Augusto continuò la tradizionale politica di espansione militare. Vennero dunque annesse all’impero diverse province, che permisero a Roma di raggiungere i confini del Reno, del Danubio e dell’Eufrate: confini presentati come naturali e ben difendibili, base di ulteriori penetrazioni commerciali al di là del limes, la frontiera. Tale strategia spiega l’annessione delle regioni alpine della Rezia (tra gli attuali Trentino-Alto Adige, Austria occidentale e Baviera), del Norico (Austria orientale e Slovenia), della Pannonia (attuale Ungheria), della Mesia (attuali Serbia e Bulgaria, al di qua del Danubio); a oriente, l’espansione coinvolse le regioni della Galazia (al centro della penisola anatolica, nell’attuale Turchia) e della Licia (una porzione meridionale dell’Anatolia). Fallì invece il tentativo di estendere il dominio romano sui territori dei germani che vivevano al di là del fiume Reno. Qui il generale Druso, figliastro del principe, ottenne

La periferia e il centro Alla conquista si accompagnò la riorganizzazione interna delle province, per ottenere una maggiore efficienza ed equità nel governo. Ai governatori fu assegnato un adeguato stipendio, per evitare che si arricchissero ai danni delle popolazioni; inoltre in molte province furono creati registri catastali, in cui venivano registrate tutte le proprietà terriere: così si fissava con chiarezza la tassa dovuta da ogni proprietario. Grazie a questi provvedimenti, le province si sentirono maggiormente tutelate e più vicine al cuore dell’impero, ovvero Roma e l’Italia. Per volontà di Augusto l’intera penisola godeva (e godrà ancora per un paio di secoli) dell’importantissimo privilegio di essere esentata da ogni imposizione fiscale.

Soldati romani intenti a costruire un forte.

ESPANSIONE DELL’IMPERO SOTTO AUGUSTO Province imperiali

Regni indipendenti

Province senatorie

Acquisizioni sotto Augusto

no

Re

oceano Atlantico

Rezia

Gallia Gallia Narbonense

Regni clienti di Roma

Norico regno del Bosforo

Gallia Cisalpina

Italia

Spagna

Danubio

Dalmazia

mar Nero

Mesia

Corsica

Ponto e Bitinia

Tracia Roma

Macedonia

Sardegna

Cap Asia Sicilia

Mauritania

Acaia

pa

d

Galazia

regno dei Parti

Cilicia Siria

Numidia

mar Mediterraneo Giudea Cirenaica Nilo

Egitto

Armenia ia oc


SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

22 Pavimenti a mosaico di una casa di Italica, la più antica comunità di cittadini romani in Spagna.

La riorganizzazione del dominio romano

Resti del tempio di Diana a Nimes, colonia romana che Augusto dotò di una lunga cinta di mura e di numerosi monumenti.

Augusto suddivise le province dell’impero in due categorie: senatorie e imperiali. Le province senatorie (più prestigiose ma meno importanti sul piano strategico) erano governate da proconsoli (ex consoli) che venivano scelti, secondo tradizione, dal senato all’interno della nobiltà tradizionale. Le più importanti tra le province senatorie

erano la Sicilia, la Gallia Narbonense e la Grecia o Acaia: territori ritenuti sicuri, in cui non era dunque necessaria la presenza di un forte esercito. In tal modo si evitava di mettere a disposizione dei governatori di tali province grossi contingenti di truppe, di cui avrebbero potuto abusare. Le province imperiali erano quelle che richiedevano la stabile presenza di eserciti, o perché di conquista recente, oppure perché poste ai confini dell’impero e dunque più sottoposte al pericolo d’infiltrazioni nemiche. Erano province imperiali la Spagna, la Gallia settentrionale, i nuovi territori conquistati tra le Alpi e il corso del Danubio, la Siria e l’Egitto, considerato da Augusto un suo possedimento personale. Tutte queste province imperiali venivano rette da funzionari (i legati) nominati dal principe, che rispondevano solo a lui del proprio operato. I legati provenivano per lo più dall’ordine equestre: ciò costituiva un ulteriore motivo di promozione sociale per i cavalieri. Le tasse versate dagli abitanti delle province senatorie confluivano nell’erario, il tesoro statale; invece le rendite provenienti dalle province imperiali venivano ad alimentare il fisco, il tesoro del principe, del quale faceva parte lo stesso patrimonio personale di Augusto ( STORIA economia, pag. 27). PROVA SE LO SAI

1 Quale nuovo ruolo assolse il senato sotto Augusto? 2 Chi erano i due principali consiglieri di Augusto? 3 Elenca le nuove prefetture create da Augusto e spiega il ruolo dei prefetti nel funzionamento dello Stato romano. 4 Perché i cavalieri appaiono in ascesa? 5 Illustra la riforma militare di Augusto. 6 Quali conquiste militari realizzò Augusto e secondo quale criterio? Quale regione invece non poté essere annessa all’impero? 7 Quali provvedimenti prese il principe per migliorare il governo delle province? 8 In quali categorie Augusto suddivise le province dell’impero? Spiega la differenza ed elenca i principali territori dell’una e dell’altra tipologia.


PERCORSO 1 • La Roma di Augusto

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Augusto e la cultura

L’ideologia augustea Una delle intuizioni più geniali di Augusto fu la sua convinzione che per garantire stabilità politica e sociale a Roma fosse necessario assicurare un consenso generale intorno alla sua figura di principe. Egli pertanto si sforzò di elaborare, insieme ai suoi consiglieri, una vera e propria ideologia, cioè un sistema di valori e di credenze incentrato sul ruolo decisivo del principe quale supremo garante della pace di Roma e della stabilità del suo impero. Non si trattò solo di un’elaborazione teorica: Augusto e il suo entourage cercarono i modi più efficaci per diffondere questa ideologia, mediante un’opera di propaganda. L’obiettivo era plasmare l’opinione pubblica romana, così da tradurre valori e ideali in concreti comportamenti sociali.

La riscoperta del mos maiorum Al tempo di Augusto, tutti o quasi i romani erano convinti che la recente crisi della repubblica (crisi che, ricordiamolo, aveva prodotto tre guerre civili nell’arco di mezzo secolo) fosse imputabile alla decadenza degli antichi ideali (il cosiddetto mos maiorum, cioè “costume, modo di vita degli antenati”). Occorreva, pertanto, riscoprire quegli ideali e ripristinarli nella vita sociale. Precisamente il ritorno alla moralità tradizionale della Roma arcaica costituì il pilastro dell’ideologia augustea. Furono dunque riportati in auge quei valori che, si pensava, avevano reso grande Roma nei suoi primi secoli, prima di essere purtroppo abbandonati a causa del diffondersi della cultura greca, dopo le conquiste in Oriente del II secolo a.C. Al primo posto nell’ideologia augustea stava il recupero delle priscae virtutes, le antiche consuetudini, fatte di sobrietà di vita, di lealtà nei comportamenti, di rispetto religioso per gli dèi; tale recupero si accompagnava al ritorno alla terra e alla moralità familiare e contadina d’un tempo, quando Roma non era soffocata dal lusso e dagli agi, ma era una comunità semplice e rude.

Ma l’ideologia augustea assegnava un ruolo importante anche al principe e a Roma stessa. Essa esaltava infatti la pax Augusta, cioè l’opera di pacificazione universale intrapresa dal principe; parallelamente, celebrava il mito di Roma, la città cantata come faro di civiltà e guida per tutti popoli.

Famiglia e religione Nell’ideologia augustea, come si è accennato, era molto importante la tutela della famiglia, del matrimonio e della procreazione. La società romana era infatti imperniata sul nucleo costituito dalla famiglia e sul ruolo prioritario svolto dal paterfamilias: nessun recupero del mos maiorum sarebbe stato possibile in assenza di questi valori. Parallelamente, occorreva ripristinare il rispetto

Dettaglio dell’Ara pacis: la figura femminile, detta “Saturnia”, potrebbe essere Venere o una personificazione dell’Italia oppure della pax romana.

LE PAROLE DELLA STORIA IDEOLOGIA Il temine fu diffuso nel XIX secolo da Karl Marx, che definì «ideologia» una rappresentazione falsa e distorta della realtà. In seguito, però, il termine è stato ripreso con significato neutro e non più negativo passando a indicare un insieme coerente di idee e valori, che vuole orientare i comportamenti sociali, economici o politici degli individui. Il termine può essere applicato a qualsiasi dottrina politica (liberalismo, democrazia, socialismo ecc.), a movimenti sociali accompagnati da un’elaborazione teorica (femminismo, pacifismo ecc.). In genere un’ideologia è sostenuta da un retroterra di idee, piuttosto elaborate, che vogliono fornire una spiegazione dei fatti storici e sociali; essa, inoltre, intende trasformare la società e l’uomo, secondo un preciso progetto, spesso elaborato da intellettuali e poi diffuso con vari mezzi. PROPAGANDA È l’operazione (o l’insieme di operazioni) con cui viene diffusa un’idea religiosa, politica, culturale ecc., valendosi di tutti i mezzi possibili di comunicazione. I regimi totalitari del Novecento (fascismo, nazismo, stalinismo) hanno largamente usato la propaganda per giustificare la propria politica e mettere a tacere gli oppositori. Tuttavia una propaganda politica viene svolta anche nei Paesi democratici, specie prima delle elezioni, quando si moltiplicano i messaggi propagandistici, diffusi dai mass media. Se tutti i candidati possono comunicare con gli elettori e se si rispettano norme valide per tutti, la propaganda costituisce un utile canale di contatto tra il popolo e i politici. Esiste poi una propaganda commerciale, o pubblicità (in inglese: advertising), con la quale si danno consigli ai consumatori affinché acquistino prodotti delle varie marche.


SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

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della religione tradizionale, che negli ultimi due secoli era stata molto trascurata, se non rifiutata, dall’élite sociale romana. In campo familiare Augusto introdusse norme assai severe, fatte approvare tra il 18 e il 17 a.C. Esse definivano l’adulterio un reato pubblico, tale che qualsiasi cittadino poteva denunciarlo al magistrato; inoltre obbligavano i cittadini delle classi alte, cioè senatori e cavalieri, a contrarre regolare matrimonio. Queste leggi vennero largamente disattese anche dai membri dell’élite più vicini al principe ma Augusto si sforzò affinché L’IDEOLOGIA AUGUSTEA

Il principe e gli scrittori

CON AUGUSTO SI APRE UNA NUOVA EPOCA

caratterizzata dal recupero del mos maiorum

bisogna dunque ripristinare:

venissero rispettate, almeno esteriormente, per dare al popolo l’immagine di una società ordinata e armoniosa. In ambito religioso egli si sforzò di restaurare le antiche credenze, messe in crisi dalla recente diffusione dei culti orientali. Recuperò pertanto le cerimonie ufficiali e si fece nominare pontefice massimo, sempre ostentando massimo rispetto verso gli dèi protettori dello Stato romano. Augusto evitò invece accortamente di diventare egli stesso oggetto di culto: sapeva bene che i romani rifuggivano da questa adorazione dell’imperatore, tipica di una concezione orientale della monarchia.

le tradizioni degli antenati

le virtù del passato

sobrietà, lealtà, pietà religiosa

la vita familiare del passato

bisogna ripudiare l’adulterio e fare figli

le leggende del passato

Virgilio le illustra nell’Eneide

l’economia del passato

bisogna tornare alla vita contadina e alla terra

I contenuti dell’ideologia augustea non potevano essere efficacemente elaborati e diffusi senza il sostegno degli intellettuali: anche in questo campo Augusto mostrò idee nuove e molto efficaci. Egli infatti sviluppò un’intensa opera di promozione della cultura, potenziando le biblioteche e divenendo il “patrono” di poeti, oratori, storici, che ricevevano dal principe il sostegno economico necessario per dedicarsi agli studi e alle arti. Fattisi suoi clienti (ricordiamo che la clientela era un sistema accettato e diffuso nella società romana), essi lo ripagavano scrivendo opere allineate con i valori dell’ideologia ufficiale.

LE LEGGI DI AUGUSTO La difesa delle antiche virtù ispirò alcune leggi, fatte emanare da Augusto tra il 18 e il 17 a.C.: la lex Iulia de adulteriis coercendis, che considerava l’adulterio (cioè il tradimento del coniuge da parte dell’altro coniuge) alla stregua di un delitto pubblico, punibile dallo Stato romano; la lex Iulia de maritandis ordinibus, che rendeva quasi obbligatorio il matrimonio, punendo gli scapoli e offrendo privilegi agli uomini sposati; infine la lex sumptuaria, che tentava di ridurre il lusso in cui vivevano i nobili e i plebei arricchiti.

Lo scopo di tali leggi era moralizzare la società romana ripristinando le virtù degli antenati. Bisognava (così affermava la propaganda augustea) recuperare sobrietà, morigeratezza, pietà religiosa (cioè affidarsi agli dèi in tutti gli atti della vita pubblica e privata): in una parola, occorreva ritornare al mos maiorum. Queste norme, assai poco popolari presso i romani del tempo, fallirono nello scopo, perché la morale dev’essere un valore sociale condiviso e non si può imporre per legge.

Se poi analizziamo con attenzione queste leggi, possiamo cogliervi la particolare mentalità che le ispirò. L’adulterio era punito in modo differente a seconda che fosse commesso dal marito o dalla moglie: se era l’uomo a macchiarsene, egli veniva multato e in certi casi poteva essere obbligato a restituire la dote della moglie; ma se era la donna a tradire il marito, la lex Iulia dava al padre di lei il diritto di ucciderla! Tale disparità la dice lunga sulla mentalità maschilista tipica di tutte le culture antiche.


PERCORSO 1 • La Roma di Augusto

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VIRGILIO, POETA AUGUSTEO Il maggiore poeta augusteo fu Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.), autore di tre opere: le Bucoliche (“canti di pastori”), le Georgiche (“poemetti della terra”), e l’Eneide, il poema epico che canta le gesta di Enea. Se ci soffermiamo sui titoli e i contenuti di queste opere, notiamo che esse rispondono perfettamente agli ideali elaborati dall’ideologia augu-

stea. Infatti le Bucoliche e le Georgiche celebrano i valori contadini e pastorali cari alla Roma dei primi secoli; lo stesso avviene nei canti centrali dell’Eneide, quelli dedicati alla rievocazione del Lazio antico. Ma l’Eneide offre un messaggio più complesso, collegato al mito di Roma. Il protagonista è infatti l’eroico Enea, profugo della città di Troia, che fu incendiata dai greci se-

La gestione dei letterati augustei fu affidata da Augusto al suo amico e collaboratore Cilnio Mecenate. Perciò, da allora, si chiama mecenatismo l’opera di promozione e sostegno della cultura svolta dal potere politico o anche da soggetti privati. Mecenate protesse, con tatto e discrezione, i maggiori scrittori e ingegni del tempo (i poeti Virgilio, Orazio e Properzio e lo storico Tito Livio) che descrissero l’età augustea come un periodo di pace, prosperità e di ritorno ai valori fondamentali della civiltà romana. Non c’era invece posto, nel cosiddetto “circolo di Mecenate”, per quei poeti che, come Ovidio, cantavano valori (la licenziosità, il lusso, la sfrenatezza) opposti al mon-

condo il racconto omerico. Egli giunse poi nel Lazio, dove si insediò l’antica comunità da cui si sarebbe sviluppata Roma. Raccontando il mito di Enea, Virgilio celebrò dunque le virtù degli antichi fondatori e, insieme, cantò la missione civilizzatrice dell’Urbe, chiamata dagli dèi a diffondere le leggi, il bene e la giustizia presso i popoli via via conquistati.

do augusteo. Ovidio cadde in disgrazia nell’8 d.C. per un componimento (il poemetto Ars amandi, “L’arte di amare”) ritenuto immorale; fu esiliato nella lontana e triste Tomi, una cittadina sul mar Nero, dove si spense nel 17 d.C.

«Ho trasformato una città di mattoni in una città di marmo» Augusto coltivò anche l’ambizioso progetto di trasformare Roma, centro dell’impero, in una metropoli che suscitasse nei visitatori un senso di stupita ammirazione e nei suoi cittadini l’orgoglio verso la patria e la consapevolezza della stabilità e della concordia politica raggiunte sotto il principato. A colL’Ara Pacis, inaugurata nel 9 a.C., aveva lo scopo di commemorare la pacificazione dello Stato resa possibile da Augusto. L’Ara era costituita da un altare posto all’interno di un recinto marmoreo decorato da bassorilievi di argomento religioso e mitologico.


SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

26 Il foro di Augusto fu inaugurato nel 2 a.C. La vasta piazza era circondata da due portici colonnati, ai cui lati si aprivano due esedre semicircolari, con le statue di grandi personaggi della storia romana. Al principe era dedicata, al centro della piazza, una statua, collocata su una quadriga trionfale. Sul fondo si ergeva il tempio di Marte Ultore, cioè “vendicatore” di Bruto e Cassio, gli assassini di Cesare.

Il mausoleo di Augusto.

laborare a quest’opera furono chiamati gli architetti migliori, tra cui Vitruvio: il suo trattato De architectura, pubblicato tra il 27 e il 23 a.C. con dedica al principe, costituirà una pietra miliare dell’architettura europea. Interi quartieri furono demoliti per fare posto a nuove costruzioni; furono anche restaurati i quattro acquedotti della capitale e ne fu costruito un quinto, l’Aqua Virgo; venne modernizzato il sistema di fognature e furono rialzati gli argini del Tevere. Ma gli interventi più importanti riguardarono i palazzi del potere. Il marmo soppiantò, sulle loro facciate, il meno nobile mattone: sul letto di morte, ricordano i biografi, Augusto ricordò con orgoglio di avere trovato una città di mattoni e di averla trasformata in una

città di marmo. Fece infatti restaurare antichi templi e realizzare il nuovo, vasto complesso monumentale del foro di Augusto, luogo di solenni cerimonie. In esso si conservava, tra l’altro, la spada di Cesare, che Augusto venerava come padre spirituale. A simboleggiare l’alleanza tra il potere terreno del principe e la volontà celeste degli dèi, nel Campo Marzio s’innalzarono due grandi edifici dinastici: il mausoleo, la grande tomba di famiglia dell’imperatore, e l’Ara Pacis, altare della [dea] Pace. Quest’ultima celebrava, con i suoi magnifici bassorilievi, il princeps e la pace da lui restituita a Roma, in collegamento con il mito di Enea cantato da Virgilio nell’Eneide e con la missione “provvidenziale” dell’impero. PROVA SE LO SAI

1 Quali erano i valori dell’ideologia augustea? 2 Che cos’è il mos maiorum? 3 Quali leggi varò Augusto nel campo morale e matrimoniale? Qual era il loro scopo? 4 Che cosa s’intende per “mecenatismo”? Spiegalo in relazione alla storia di quest’epoca. 5 A quali figure si appoggiò Augusto per diffondere i suoi valori? 6 Illustra le diverse vicende vissute da Virgilio e Ovidio. 7 Chi era Vitruvio? 8 In che modo il principe ristrutturò Roma sul piano urbanistico? Quali nuovi monumenti fece erigere?


STORIA economia

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IL SISTEMA TRIBUTARIO NELL’ANTICA ROMA E OGGI Conosciamo il funzionamento del sistema fiscale romano grazie alle opere del giurista Ulpiano (morto nel 228 d.C.). Ogni contribuente doveva dichiarare i fondi (cioè i terreni) di cui era proprietario nel territorio di ciascuna città, indicandone la localizzazione, le dimensioni e il tipo di coltura (grano, ulivo, vite o altro). Tale dichiarazione si chiamava professio ed era finalizzata ad accertare le proprietà di ciascuno. Ogni contribuente doveva inoltre fornire una stima in termini monetari del valore del terreno: tale calcolo era detto aestimatio. Era su questo valore monetario dei beni posseduti che si basava il prelievo fiscale, cioè l’entità del versamento allo Stato romano. Per disposizione di Augusto, seguita poi dagli imperatori successivi, gli abitanti di Roma e dell’Italia erano dispensati dal versamento delle imposte, che gravava sui soli abitanti delle province. Il sistema tributario romano si basava sul fisco e sull’erario. Il termine aerarium deriva da aes, “bronzo”, in quanto le più antiche monete erano coniate con questo metallo. In Roma antica, l’erario era il tesoro dello Stato romano, gestito dai questori sotto il controllo del senato. Quando Augusto suddivise le province in due tipologie, senatorie e imperiali,

Grazie alle moderne tecnologie, il pagamento dei tributi oggigiorno può essere effettuato tramite il computer, compilando gli appositi moduli e inviandoli online.

si affermò un altro termine, fiscus. Anche il fisco era una cassa statale, ma diversa dall’erario: quest’ultimo divenne la cassa in cui affluivano le rendite provenienti dalle province senatorie, mentre il fisco era la cassa dello Stato gestita dal principe. In esso confluivano le ricchezze dell’imperatore stesso e le imposte provenienti dalle province imperiali. Si trattava perciò di una riserva molto importante, a cui gli imperatori, da Augusto in poi, potevano attingere per le spese che ritenevano importanti (truppe, lavori pubblici, giochi per il popolo ecc.). I termini erario e fisco continuano a essere impiegati anche oggi, con significato in parte diverso: l’erario è tuttora la cassa dello Stato; con fisco si indica invece il sistema fiscale, cioè

il sistema della tassazione, che comprende tasse (cioè i pagamenti effettuati dal cittadino per remunerare un servizio o per acquistare un bene) e imposte (i prelievi di reddito destinati a finanziare il bilancio dello Stato). I fondamenti del sistema tributario italiano sono contenuti nella nostra Costituzione, precisamente nell’articolo 53 che recita: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività», sottolineando l’universalità del tributo, senza privilegi o esclusioni per alcun cittadino, e la crescita dell’imposizione fiscale in modo proporzionale al reddito, vale a dire alle possibilità economiche del singolo.


SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

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ROMA: UNA METROPOLI CAOTICA, SOVRAFFOLLATA, (QUASI) INVIVIBILE La «Roma di marmo» di cui parla con orgoglio Augusto era una città molto vasta, di circa un milione di abitanti. Ma la vita nella città non era né semplice né tranquilla.

Case dei ricchi, case dei poveri I ricchi vivevano nelle loro belle case signorili (domus), con atrio, giardino, acqua riscaldata, circondate da alti recinti, immerse nel verde delle piante e custodite da numerosi schiavi in funzione di guardie del corpo. Molte di queste dimore signorili erano costruite sulle pendici del Gianicolo, che offrivano una stupenda vista sulla città. Per la quasi totalità della popolazione, però, la situazione era ben diversa. La gente viveva nelle cosiddette insulae, “isolati” di grandi casermoni a cinque o sei piani, cresciuti disordinatamente, a ridosso gli uni degli altri. Roma si era sviluppata, oltre che in estensione, anche in altezza: la legge fissava

Il mosaico, proveniente da una villa pompeiana, raffigura due donne che consultano una fattucchiera.

l’altezza massima a circa 21 metri, ma il divieto parlava di «mura» e perciò lo si aggirava costruendo sopra il tetto attici e pericolosi soppalchi in legno. Gli appartamenti erano piccoli, umidi, accessibili mediante strette scale in legno, privi di riscaldamento e acqua corrente, senza vetri alle finestre, con le latrine sulla strada.

La vita per la strada Le strade di Roma erano strette e tortuose. Solo poche tra esse erano definibili viae, vie di grande comunicazione; la loro carreggiata, larga circa sei metri, conduceva lontano da Roma, attraversando l’Italia. Le altre strade, quelle interne della città (dette vici, angiportus oppure sémitae) erano molto strette, di solito sprovviste di marciapiedi e pavimentazione. Perciò si riempivano facilmente di fango e di sporcizia varia; un editto di Cesare aveva imposto ai cittadini di tenere pulito I palazzi di un’insula, addossati gli uni agli altri, in un rilievo.

lo spazio dinanzi alle rispettive porte d’ingresso, ma con scarsi risultati. In queste vie si affollava, dall’alba a notte fonda, un’umanità pittoresca e chiassosa. Sulla strada si affacciavano numerose botteghe (tabernae) con le merci esposte sul pubblico passaggio. Vi erano barbieri (tonsores) che radevano all’aperto; salumieri che invitavano a consumare salsicce calde, salumi e formaggi; fornai che vendevano focacce e torte di ceci; rigattieri che offrivano scarpe vecchie e cianfrusaglie; libelliones che rivendevano libri usati, donne che predicevano il futuro, maestri che facevano scuola dietro una tenda… Non mancavano mestieri più fantasiosi, come l’ammaestratore di scimmie, l’addomesticatore di vipere, il saltimbanco, l’illusionista… Le attività più insolite prosperavano nella capitale del mondo.

Roma di notte Per i passanti era assai difficoltoso evitare i numerosi ostacoli, scansare i facchini che trasportavano travi, secchi e altri carichi, i mendicanti che urlavano,


PERCORSO 1 • La Roma di Augusto

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Raffinati affreschi adornavano le pareti delle abitazioni dei ricchi; nelle foto, quelli della casa di Augusto.

le lettighe di cavalieri e nobili, trasportate da robusti schiavi. Di notte, poi, era preferibile evitare i vicoli, percorsi da prepotenti e da ubriachi. Il buio favoriva scippi e agguati, a dispetto delle ronde notturne dei vigili (vigiles). Dalle finestre piovevano rifiuti d’ogni tipo: poiché solo poche case private possedevano latrine collegate alle fogne pubbliche, vuotare dalla finestra il vaso da notte era la soluzione più semplice. Il bassorilievo mostra varie attività lavorative dell’antica Roma.

Un chiasso assordante A far rumore, oltre alla folla vociante, contribuivano anche i plaustra, i carri da trasporto. Cesare aveva vietato la loro circolazione diurna per evitare incidenti, perciò circolavano di notte, ma in tal modo divennero i grandi nemici del sonno dei romani. Quando il poeta spagnolo Marziale ritornò in patria nel 98 d.C., esclamò con gioia: «Mi godo un sonno immenso, smisurato… Ora mi rifaccio completamente di tutte le veglie che sopportai per 30 anni». La confusione giungeva al culmine nel foro, a metà mattina (hora quin-

ta): gli appaltatori o i commercianti all’ingrosso combinavano i loro affari, i cambiavalute facevano risuonare i cumuli di monete, mentre dal tribunale del pretore giungeva il vocío degli avvocati e non di rado scoppiavano liti violente. Quando si svolgeva il funerale di un defunto illustre (solo ai nobili era concesso di attraversare il foro per quell’ultimo viaggio) risuonavano alti squilli di tromba e le grida sguaiate delle praeficae, pagate per urlare e piangere alle esequie. Perciò il poeta Orazio disse che un funerale era l’evento più assordante di Roma!


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lavoriamo sulle fonti

L’autobiografia del principe Ottaviano Augusto, Res gestae divi Augusti, capp. 34-35 Poco prima di morire, Augusto scrisse un’autobiografia (Res gestae divi Augusti, “Imprese del divino Augusto”) destinata a essere incisa sulle tavole di bronzo del suo mausoleo. Queste tavole andarono poi perdute, ma copie e traduzioni greche furono diffuse in più punti dell’impero. La più completa di tali copie incise fu ritrovata ad Ankara, capitale dell’odierna Turchia, dove ornava un tempio dedicato al principe e alla dea Roma. Leggiamo gli ultimi due capitoli dell’opera. Durante il mio 6° e 7° consolato, spento l’incendio delle guerre civili, dopo aver ricevuto per universale consenso il potere di disporre di ogni cosa, restituii il governo della repubblica nelle mani del senato e del popolo di Roma. Per questo merito il senato mi attribuì il titolo di Augusto, e ordinò che gli stipiti dell’ingresso della mia casa fossero rivestiti di alloro1, che una corona civica2 fosse fissata sopra la mia porta e che nella sede del senato venisse collocato uno scudo d’oro, con un’iscrizione che attesta che mi è stato attribuito dal senato e dal popolo di Roma in riconoscimento della mia virtù, della mia clemenza, della mia giustizia e della mia pietà. Da questo momento in avanti ebbi la precedenza su tutti per dignità, ma non ebbi un potere più grande di quelli che mi furono colleghi nelle magistrature. Durante il mio 13° consolato il senato e l’ordine equestre e l’intero popolo romano mi diedero il titolo di Padre della Patria e decretarono che questo titolo venisse iscritto nel vestibolo3 della mia casa, nella curia e nel foro di Augusto, sotto le quadrighe4 erette in mio onore per decreto del senato. Scrissi queste cose nel mio settantaseiesimo anno di vita. 1. alloro: pianta sacra al dio Apollo, simbolo, nel mondo greco-romano, di sapienza, gloria, vittoria. 2. corona civica: corona con foglie di quercia e ghiande; veniva data al soldato romano che, in battaglia, avesse salvato la vita di un commilitone. Augusto la ottiene come “salvatore della patria”. 3. vestibolo: nelle case dei nobili romani, era l’ingresso dell’abitazione, dal quale si accedeva alle altre stanze della casa. 4. quadrighe: gruppo di quattro cavalli che trainano un carro.

ANALIZZIAMO IL TESTO

1 L’anziano principe affida ai suoi contemporanei e ai posteri la propria interpretazione del periodo più difficile della recente storia romana. Naturalmente si tratta di un’interpretazione personale, pienamente in linea con l’ideologia augustea elaborata nei decenni recenti. 2 Augusto precisa subito di aver restituito al senato e al popolo di Roma il potere che si era trovato a gestire. Per questa restituzione, aggiunge, gli sono stati attribuiti benefici del tutto simbolici. In linea con l’ideologia augustea sono le virtù che Ottaviano Augusto riconosce a se stesso: virtù, clemenza, giustizia, pietà (religiosa). 3 Solo incidentalmente, lungo il testo, affiorano i segnali dei poteri straordinari esercitati da Augusto: all’inizio «il potere di disporre di ogni cosa», già ricordato, quindi la «precedenza su tutti».

RIFLETTI E RISPONDI

1 L’autore ostenta un assoluto rispetto per le leggi e le magistrature tradizionali: in quale punto (o in quali punti) del testo emerge tale rispetto? Individuali. 2 Augusto si vantò sempre di aver riportato la pace a Roma. In quale punto (o in quali punti) del testo emerge tale concetto? Individuali. 3 Lungo il testo emergono i due titoli attribuiti ad Augusto: sottolineali. 4 Evidenzia adesso gli oggetti simbolici concessi ad Augusto. Inoltre rifletti: chi prende l’iniziativa di attribuirglieli? 5 Le Res gestae sono scritte in prima persona, a testimonianza dell’autorevolezza del narratore. Come ti sembra lo stile? Enfatico e prolisso Poetico e pieno d’immagini Semplice e lapidario Motiva la risposta con riferimenti al testo.


lavoriamo sulle fonti

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Ode ad Augusto pacificatore Orazio, Carmina IV, 15, vv. 1-20 Orazio fu, assieme a Virgilio, uno dei principali poeti augustei. Qui egli celebra il merito maggiore di Augusto, ai suoi occhi: quello di avere posto fine alle guerre sanguinose e pacificato il mondo. L’ode fu composta probabilmente nel 13 a.C., al ritorno di Augusto dalla Gallia.

5

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Mentre volevo cantare le guerre e le città conquistate Apollo1 mi ammonì energicamente al suono della sua lira, affinché non mi abbandonassi con piccole vele al mare Tirreno2. La tua era ha ridato, Cesare 3, la fecondità ai nostri campi e restituito al nostro Giove le insegne strappate4 ai templi superbi dei Parti; e ormai senza pensieri di guerra, ha chiuso il santuario di Giano Quirino e posto freno alla licenza5, che oltrepassava i limiti del consentito; ha rimosso i vizi e rinfrancato le virtù degli antichi, quelle che formarono il nome dei Latini, la forza e la gloria dell’Italia ed estesero la maestà dell’impero dal sorgere del sole al suo giaciglio6 in terra spagnola. Con Cesare che regge lo Stato, il furore civile7, la violenza e l’odio, che martella le spade e rende nemiche infelici le città, non bandiranno8 mai la pace.

1. Apollo: il dio della bellezza e dell’arte. 2. affinché non… Tirreno: cioè, mi consigliò di non entrare in un argomento troppo impegnativo. 3. Cesare: Ottaviano; quest’ultimo, dopo esser stato adottato da Giulio Cesare, aveva mutato il proprio nome da Gaio Ottaviano in Gaio Giulio Cesare Ottaviano. 4. strappate: per la verità erano state restituite pacificamente. 5. licenza: dissolutezza morale. 6. suo giaciglio: il giaciglio del sole è il punto del suo tramonto. La terra più occidentale allora conosciuta era il lembo ovest della penisola iberica. 7. furore civile: cioè le inimicizie tra i concittadini. 8. bandiranno: scacceranno. Cioè, la pace l’avrà vinta.

ANALIZZIAMO IL TESTO

1 All’inizio Orazio dichiara di non saper affrontare la materia epica (guerre e conquiste): perciò canterà le virtù e le imprese di Augusto in un’ode, non in un poema. Il dio Apollo è la fonte della sua ispirazione. 2 Incontriamo nel testo alcuni motivi tipici dell’ideologia augustea, sviluppati dagli scrittori del circolo di Mecenate: – il ritorno alla campagna (vv. 4-5: «la tua era ha ridato, Cesare, / la fecondità ai nostri campi»); – l’inizio di un tempo di pace (vv. 8-9: «ormai senza pensieri di guerra, / ha chiuso il santuario di Giano Quirino»); – più avanti, nei versi non riportati, è trattato il tema della difesa della famiglia e della religione tradizionale.

RIFLETTI E RISPONDI

1 Chi esorta il poeta all’inizio del testo? A fare che cosa? Secondo te, quale importanza riceve il resto del carme da questo inizio? 2 Quali sono i meriti principali di Augusto? Evidenziali nel testo. 3 L’ode cita popoli lontani: quali? Perché, a tuo avviso? 4 Spiega il riferimento di Orazio a Giano, dopo aver riletto quanto si dice a pag. 16 del testo. 5 Quali immagini e concetti si riferiscono al motivo di Augusto pacificatore? Sottolineali.


32

vedere la storia

Arte augustea

___ _ _ _ _ _ _ _ _ _________ RIMA__P_ TA R O _ _ _ _ P _ I _ D _ GU U_ A_ _S_T_O____ _

Dopo la pacificazione raggiunta da Ottaviano Augusto, il passaggio dall’età repubblicana a quella imperiale si manifesta sul piano artistico con opere che anticipano i capolavori dell’arte romana al servizio del potere ( VEDERE LA STORIA, pag. 60). L’arte augustea caratterizza il regno di Augusto (dal 27 a.C. al 14 d.C.) e quello della dinastia giulio-claudia (fino al 69 a.C.), rifacendosi a motivi classici e a uno stile elegante e raffinato. Essa suggerisce l’idea della grandezza e della solidità dell’impero attraverso il gusto per la sobrietà e per la misura che, secondo l’ideologia augustea, rappresentano il ritorno alla moralità tradizionale della Roma arcaica. L’arte, finalizzata alla ricerca della perfezione tecnico-formale e alla forte idealizzazione delle opere, diviene strumento di propaganda, in quanto simbolo della pace e della prosperità ottenute durante il regno di Agusto attraverso la pax romana: un monumento indicativo di questa fase è l’Ara pacis augustae ( pag. 25), inaugurato da Augusto nel 9 a.C. L’arte augustea è caratterizzata dall’affermazione del gusto eclettico: con il termine “eclettismo” si intende la tendenza culturale ad ispirarsi a fonti diverse e quindi, in campo artistico, a combinare liberamente stili eterogenei. L’impostazione della scultura a tutto tondo dell’Augusto di Prima Porta, per esempio, si rifà alla struttura anatomica greca del Doriforo di Policleto. La statua, di cui è conservata al Museo Chiaramonti (Città del Vaticano) una copia antica in marmo dall’originale bronzeo, era in origine colorata come quelle greche ed è caratterizzata dal volto estremamente levigato, in linea con i canoni di idealizzazione ellenistici. A scopo propagandistico, sulla corazza sono raffigurate in rilievo le imprese di Crasso contro il re dei parti e la sottomissione dei popoli d’Oriente e d’Occidente al dominio di Roma. L’amorino ai piedi dell’imperatore rimanda all’idea della discendenza di Augusto dalla dea Venere, madre di Enea, mitico eroe fondatore di Roma.


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Nella zona di Prima Porta sono stati rinvenuti affreschi decorativi di notevole livello artistico, come quelli della Villa Livia (I sec. d.C.), che prende il nome dalla sposa dell’imperatore Augusto. Nel raffinato ambiente domestico si trovano decorazioni raffiguranti giardini che tendono a dilatare gli spazi architettonici degli interni tramite una rappresentazione illusionistica a trompe-l’oeil (termine francese il cui significato letterale è “inganno dell’occhio“, prodotto da un’immagine a effetto tridimensionale).

I pittori romani erano maestri non solo nelle tecniche illusionistiche e decorative, ma anche nell’affresco parietale: essi inventarono, infatti, la tecnica dell’encausto, che consiste nel diluire pigmenti di colore mescolati insieme a finissime polveri di marmo sciolte nella cera a caldo, apposti poi sulla superficie muraria per ottenere particolari toni traslucidi capaci di simulare effetti marmorei. Anche nell’architettura di lì a poco si affermeranno tecniche, materiali e forme tipicamente romane: per esempio, per quanto riguarda il teatro, gli architetti romani inserirono nello schema semicircolare greco la scena architettonica che chiude lo spazio della rappresentazione.


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SINTESI del PERCORSO 1 Morte di Giulio Cesare (idi di marzo del 44 a.C.)

Guerra civile tra i cesaricidi (gli uccisori di Cesare, capitanati da Bruto e Cassio) e gli eredi politici del dittatore scomparso, ovvero Marco Antonio e Lepido, cui si aggiunge anche Gaio Ottavio

43 a.C. Secondo triumvirato, riconosciuto formalmente dal senato

42 a.C. Sconfitta dei cesaricidi a Filippi

Gli accordi prevedono che a Ottaviano tocchi l’Occidente con l’Italia e a Marco Antonio l’Oriente con l’Egitto; Lepido viene relegato a ruolo marginale

In Oriente: Antonio prende decisioni senza consultare il senato e si lega a Cleopatra, regina d’Egitto, alimentando così i sospetti di voler creare a Roma una monarchia di sapore orientalizzante

In Occidente: Ottaviano si presenta come il difensore delle tradizioni repubblicane di Roma

31 a.C. battaglia di Azio e vittoria di Ottaviano

Ottaviano, presentandosi come princeps (cioè “il primo” del senato), concentra sulla propria persona tutti i poteri, lasciando però formalmente in vita le istituzioni repubblicane

Augusto riesce a guadagnarsi ampio consenso conservando l’autorità (almeno esteriore) del senato

Il vero perno del suo potere è costituito dagli affaristi del ceto equestre ai quali concede ampie possibilità di ascesa nei ranghi dello Stato e in particolare delle prefetture

Riorganizzazione dell’esercito: - riduzione del numero delle legioni - creazione di un corpo militare professionale fedele all’imperatore

Augusto mira a consolidare i confini dell’impero e suddivide le province in due categorie, senatorie e imperiali

Elaborazione di un’ideologia dell’imperatore come pacificatore e restauratore dei valori antichi di Roma: - provvedimenti per moralizzare la vita romana e difendere la famiglia - sostegno agli intellettuali e agli scrittori (Virgilio, Orazio ecc.) attraverso l’opera del consigliere Mecenate - opere pubbliche per abbellire Roma

Nascita del principato

Generose elargizioni di viveri (frumentazioni) e organizzazione di spettacoli e giochi per guadagnare l’appoggio della plebe


PERCORSO 1 • La Roma di Augusto

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LAVORIAMO SULLE COMPETENZE SAPER COLLOCARE GLI EVENTI NEL TEMPO 1 Collega le date ai relativi eventi. 1. 2. 3. 4. 5. 6.

9 d.C. 43 a.C. 27 a.C. 42 a.C. 31 a.C. 14 d.C.

Ottaviano riceve il titolo di “Augusto” battaglia di Azio sconfitta contro i germani battaglia di Filippi morte di Augusto morte di Cicerone

SAPER RICONOSCERE I PERSONAGGI DELLA STORIA 2 Collega ogni personaggio all’evento che lo vide protagonista. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Bruto Lepido Cicerone Vitruvio Quintilio Varo Marco Vipsanio Agrippa Cesarione Sesto Pompeo

ammiraglio sconfitto da Ottaviano fu sconfitto dai germani a Teutoburgo capo della cavalleria di Cesare architetto di Augusto figlio di Cesare e Cleopatra capo della congiura contro Cesare leader della fazione senatoria collaboratore di Augusto, ne sposò la figlia

SAPER COLLEGARE LE CAUSE ALLE CONSEGUENZE 3 Stabilisci per ogni effetto la sua causa originaria. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Augusto introdusse severe leggi in campo matrimoniale… Ottaviano non abolì le cariche politiche tradizionali… Marco Antonio fece uccidere Cicerone… I triumviri poterono spartirsi tra loro tutti i poteri… Ottaviano fece chiudere le porte del tempio di Giano… I germani non si romanizzarono mai… Augusto ridusse il numero delle legioni… perché il senato era ormai debolissimo sul piano politico. perché, dopo Teutoburgo, il confine dell’impero rimase fissato al fiume Reno. perché voleva evidenziare il ritorno di Roma alla pace. perché era il principale avversario politico dei cesariani. perché voleva riportare Roma alla moralità dei tempi antichi. perché voleva assicurare ai romani che nulla era cambiato rispetto al passato. perché voleva diminuire il rischio di rivolte militari.

SAPER UTILIZZARE CORRETTAMENTE IL LESSICO DELLA STORIA 4 Collega ogni termine alla sua definizione. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

aerarium pretoriani fiscus cesaricidi liste di proscrizione triumviri mecenatismo

elenco degli avversari da eliminare i tre uomini forti che si spartiscono il potere cassa dello Stato, alimentata dalla tassazione delle province senatorie protezione e incoraggiamento di letterati e artisti cassa dell’imperatore, alimentata dalle tasse delle province imperiali guardia del corpo dell’imperatore uccisori di Cesare


SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

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5 Collega ciascun verbo al termine o all’espressione corrispondente. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

ricompensare stipulare contendersi ottenere annettere ostentare cadere

il potere nuove province in disgrazia una tregua rispetto il consenso i veterani

6 Adesso, con ciascuna delle espressioni (verbo + altro termine) da te individuate, costruisci sul quaderno una frase di senso compiuto. Dovrà contenere riferimenti storici a questo percorso.

SAPER METTERE IN RELAZIONE I CONCETTI DELLA STORIA 7 Completa la mappa concettuale, relativa al passaggio da Cesare ad Augusto e dalla repubblica al principato. Inserisci nelle caselle giuste i termini o le espressioni qui sotto elencati/e: cade vittima di una congiura • dittatore dopo la vittoria su Pompeo • fonda il principato • rivalità tra i triumviri • Ottaviano padrone di Roma • ma rispetta (in apparenza) le leggi e il senato 1 Giulio Cesare

2 si costituisce il secondo triumvirato

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si inimica la nobiltà tradizionale ………………………………………………………………………

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composto da Marco Antonio, Lepido e Ottaviano

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ottiene consenso come pacificatore di Roma

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battaglia di Azio e vittoria di Ottaviano

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SAPER SINTETIZZARE 8 Completando la tabella sul quaderno, sintetizza la politica seguita da Augusto nei vari ambiti. verso il senato

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verso l’esercito

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verso le province

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verso l’Italia

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nell’amministrazione dello Stato

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per quanto riguarda le conquiste

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9 Riassumi sul quaderno la politica culturale di Augusto, illustrando come e perché il príncipe utilizzò la cultura come strumento di governo. Puoi seguire questo schema. • Quali erano le antiche virtù ripristinate da Augusto? Quali comportamenti e quali leggi ispirarono? • Chi era Mecenate e come agì? • Che cosa avvenne a intellettuali non allineati, come Ovidio? • Quali nuovi monumenti tradussero visivamente i contenuti della politica culturale di Augusto?


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