Il Museo Nell'Era della Rivoluzione Digitale

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IL MUSEO NELL’ ERA DELLA RIVOLUZIONE DIGITALE

Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società, Magistrale in Interni, Corso di Museografia A.A. 2014/2015 Proff. G. Basso Peressut, P. Salvadeo Studente: Elisa Micucci


SOMMARIO

Introduzione PARTE I. TRA LE MURA DEL MUSEO 1. L’ invasione 2. La conoscenza 2.0 3. La leggerezza pop dell’esperienza museale 4. Immersività e interazione attraverso la tecnologia 4.1 Le tecnologie all’interno del museo 4.2 Applicazioni 4.3 Tecnologie digitali e utenti con disabilità

PARTE II. OLTRE LE MURA DEL MUSEO 1. Il museo online 2. L’ opera d’ arte nell’ epoca della sua riproducibilità digitale 3. Visitatore o cliente? 4. Il museo partecipato

BIBLIOGRAFIA ELENCO E FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI


INTRODUZIONE

Il testo riportato nelle seguenti pagine è il frutto di un lavoro di ricerca partito dalla lettura dell’ opera “New Museum Practice and Theory”, una raccolta di saggi scritti da diversi autori curata da Janet Marstine, direttrice della Scuola di Studi Museali di Leicester. All’ interno di questa selezione, che raccoglie varie riflessioni su molteplici tematiche inerenti la museografia, è stato individuato il tema del ruolo della tecnologia in rapporto con il museo. Esso è stato successivamente approfondito ed elaborato attraverso la raccolta di articoli, la navigazione internet e la lettura di ulteriori testi.


PARTE I: TRA LE MURA DEL MUSEO

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1. L’ invasione

Il museo è un luogo dalle orgini antichissime che nei secoli ha subito molteplici trasformazioni. Quella che, in particolare, ha avuto come esito finale la digitalizzazione del museo, risale agli anni Sessanta-Settanta, periodo che ha vissuto una vera e propria «febbre museale»1. Essa era la conseguenza di una ricostruzione post-bellica ormai conclusa e di un netto miglioramento delle condizioni economiche delle medie di lavoratori. Questi due fattori favorevoli ponevano nuove necessità: da un lato, poichè il museo era diventato «luogo della memoria e conoscenza», si ricercava un maggiore coinvolgimento del pubblico attraverso nuovi assetti allestitivi, dall’altro, invece, si voleva far rientrare il museo nelle dinamiche turistiche e del tempo libero, rese possibili grazie al boom economico. Accanto a questa «riscoperta del pubblico»2, in quegli anni, si verificò una sempre più capillare diffusione di apparecchi tecnologici negli ambienti domestici della classe media. Questo fece si che la popolazione prendesse familiarità con la tecnologia, e che la assumesse come mezzo per ricevere contenuti educativi: basti pensare, ad esempio, a “Non è mai troppo tardi” di Alberto Manzi, uno dei primi programmi trasmessi in Italia, lanciato nel 1960, il cui scopo era quello di sottrarre all’analfabetismo quella parte di popolazione che non aveva potuto ricevere un’istruzione scolastica. Pochi anni dopo, fu la volta dei computers, che, come fece in precedenza la televisione, invasero le case di ogni cittadino dei paesi sviluppati. L’ invasione non si fermò solo agli spazi abitativi ma coinvolse, e coinvolge 1 Cristoforo Bertuglia, Francesca Bertuglia, Agostino Magnaghi, cit. in E. Bonacini, Il Museo Contemporaneo, Fra Tradizione, Marketing e Nuove Tecnologie, Aracne, Roma 2011, p. 64 2 E. Bonacini, Il Museo Contemporaneo, Fra Tradizione, Marketing e Nuove Tecnologie, Aracne, Roma 2011, p. 65

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tutt’ora, anche quelli museali, in cui la tecnologia non rappresenta solo un mezzo per diffondere cultura ma anche per soddisfare le necessità legate al tempo libero.

2. Richard Hamilton, Just what is it that makes today’ s home so different?, 1992, London, Stampa digitale su carta

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2. La conoscenza 2.0

Parallelamente all’enorme diffusione dei computers, negli ultimi due decenni si è assistito all’ esplosione del fenomeno web, che ha avuto un forte impatto sociale. Attraverso Internet, infatti, si è generata una comunità variegata di individui svincolati dall’ appartenenza ad un luogo, una tradizione, una religione, ma accomunati dalla possibilità di accesso alla rete, attraverso la quale possono comunicare istantaneamente con altri individui localizzati in altri punti del globo. La velocità con la quale vengono scambiate informazioni e la progressiva diffusione della rete Internet in diverse aree geografiche ha fatto sì che la conoscenza sia a portata di chiunque, se dotato di un computer o dispositivi affini. Altro aspetto importante di questo strumento è il fatto che il singolo, non più scatola vuota da riempire di un sapere proveniente dall’alto, è diventato il consapevole creatore dei propri percorsi conoscitivi, che può costantemente modificare, combinare e organizzare. Internet ha dunque cambiato la modalità di propagazione e fruizione della conoscenza moltiplicandone i canali e i bacini di utenza. I tradizionali luoghi di diffusione della cultura, onde evitare di risultare anacronistici e dunque, perdere i propri visitatori, hanno avviato una serie di trasformazioni, fortemente influenzate dal fenomeno del web. L’ origine di questo mutamento risale agli anni Settanta, quando il museo ha iniziato a sfruttato il computer per interagire direttamente con il pubblico diventando un “metamedium”, cioè un medium capace di accumulare e distribuire dati di diverso tipo e di diverso formato. Questo ha comportato un cambiamento nella natura stessa dei musei: Nelle ultime due decadi, i musei hanno provato a scuotere la loro quieta, pulita e garbata reputazione ed hanno esplorato una larga varietà di metodi e soggetti al fine di espandere la

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propria audience, di diventare apparentemente più democratici e di coinvolgere generazioni sempre più digitali e interattive.3

L’ approccio alla rete ha dato al museo l’ occasione non solo di svecchiarsi a livello pratico per quanto riguarda allestimenti e installazioni, ma anche sociale. Esso, infatti, è diventato la rappresentazione fisica e concreta di quello spazio immateriale chiamato Internet, abitato da una recentemente nata comunità di internauti, in cui non esistono gerarchie sociali e segregazioni di nessun tipo: un vero e proprio «paradiso della libertà»4.

3. Dorota Grabkowska, Kuba Kolec, What made me, 2012, Birmingham

3 Chris Bruce, cit. in J. Marstine “New Museum Theory and Practice”, in Spectacle and Democracy: Experience Music Project as a Post-Museum 4 Zigmut Bauman, Lectio Magistralis: “Education/Globalization” ,Firenze, 23 Ottobre 2014

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. La leggerezza pop dell’esperienza museale

Uno dei valori cardine della Contemporaneità è quello che Italo Calvino definì come “leggerezza”, ovvero “sottrazione di peso”. Questo processo di sottrazione di peso ha coinvolto molti aspetti del vivere contemporaneo, tra cui, la cultura. L’ emblema di un approccio alla cultura fattosi più “leggero” è il romanzo storico, che, fin dalle sue origini, ha suscitato un forte interesse che ne ha conclamato il successo. Il potere di attrazione di questo genere letterario porta a pensare che «il pubblico preferisce la narrazione all’informazione, la storia (intesa come composizione creativa) alla Storia intesa come ricostruzione scientifica del dato»5. Questa considerazione spiegherebbe le strategie comunicative del museo contemporaneo, che si è progressivamente liberato della pesantezza del passato, la quale imponeva al pubblico un atteggiamento di stasi contemplativa, proponendo invece una modalità di fruizione più dinamica e immersiva. Dinamicità e immersività del messaggio hanno fatto sì che la visita al museo diventasse spettacolo: per l’uomo contemporaneo, sempre alla ricerca di stimoli istantanei, «l’esperienza è diventata attualità e l’intrattenimento è diventato cultura.»6. Molti critici accusano i musei di aver assunto i caratteri tipici dei parchidivertimento, banalizzando e semplificato i propri contenuti, pronti per essere

5 Augusto Palombini, “Narrazione e virtualità: possibili prospettive per la comunicazione museale” in Digitalia, Anno VII, n.1, 2012 6 Hal Rothman, cit. in J. Marstine “New Museum Theory and Practice”, in Spectacle and Democracy: Experience Music Project as a Post-Museum

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sottoposti ad un pubblico per cui la differenza tra cultura alta e cultura bassa ha cessato di esistere. Altri, invece, attribuiscono la causa di questo “alleggerimento” ai contenuti stessi: Ciò che ci insegnò la Pop Art è che gli ordinari e rassicuranti oggetti di produzione di massa non sono da disprezzare. Non era dunque difficile pensare che un nuovo tipo di museo si sarebbe sviluppato negli anni successivi. Il nuovo museo, inevitabilmente, avrebbe associato il consumo dell’ arte al consumo di cibo e all’ acquisto di merce nei negozi di souvenirs.7

Se, dunque, da un lato, il cambiamento di rotta nel modo di concepire il museo ha la capacità di attirare audience contribuendo alla creazione di una società con individui più istruiti, dall’altro ci sarebbe da interrogarsi su quanto sia di qualità l’educazione ad essi proposta.

4. Pubblico presente alla proiezione del film Bwana, per la prima volta in 3D, J.R. Eyerman, Paramounth Theatre, Hollywood, California, 26 Novembre 1952. 7 Arthur Danto, cit. in J. Marstine “New Museum Theory and Practice”, in Spectacle and Democracy: Experience Music Project as a Post-Museum

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4. Immersività e interazione attraverso la tecnologia

Due dei fattori che caratterizzano maggiormente la società contemporanea occidentale sono il consumo di massa e la digitalizzazione. Queste due componenti sono riuscite a penetrare all’interno delle mura del museo sotto forma di “immersività” e “interazione”: la prima risponde alle logiche della spettacolizzazione, che a sua volta è il prodotto del consumismo; la seconda, invece, è la mimesi di quanto avviene sul web 2.0, in cui ogni click è generatore di qualcosa. Entrambe hanno contribuito all’introduzione di sistemi tecnologici all’interno degli allestimenti museali. La tecnologia, infatti, richiedendo una risposta da parte del pubblico, ha reso quest’ultimo più coinvolto e attivo rispetto ai contenuti dell’esposizione: attraverso sistemi interattivi il visitatore ha la possibilità di crearsi un suo percorso all’interno di quello stabilito e di sentirsi parte integrante di questo poichè ogni suo gesto genera la narrazione. Inoltre l’utilizzo di dispositivi tecnologi consente di ottenere effetti sensoriali capaci di accrescere l’impatto emotivo dei contenuti esposti, rendendoli più facilmente comprensibili e memorizzabili anche per chi non ha le conoscenze pregresse utili per l’apprendimento di quel determinato argomento. Infine, altro traguardo importante per quanto riguarda la virtualizzazione del museo è stato quello di migliorare l’ accessibilità delle informazioni ai visitatori con disabilità.

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4.1 Le tecnologie all’ interno del museo Le tecnologie utilizzate negli allestimenti museali sono applicate secondo scopi diversi e in svariate forme. L’applicazione più comune riguarda le postazioni digitali, che possono essere di vari tipi: si va dal semplice info point al più complesso e articolato chiosco multimediale, passando per il touch screen e il multitouch screen. Questi apparecchi hanno come fine principale quello di fornire informazioni aggiuntive con chi sente la necessità di approfondire un determinato argomento. Il loro utilizzo non porta solo ad un maggior numero di informazioni aquisite dal visitatore, ma offre anche occasioni di socialità e coinvolgimento: si pensi, ad esempio, ai multitouch screens, attraverso i quali i vari utenti possono interagire tra loro e/o con la guida. Altro caso sono le installazioni multimediali, che si configurano come messaggi i cui contenuti non sono tanto affidati al testo scritto, quanto, piuttosto, alla sinergia tra immagini e suono. Esse sono utilizzate per creare atmosfere capaci di catturare l’attenzione del pubblico, sconvolgerlo emotivamente, farlo diventare parte dell’allestimento stesso, elimando quindi la distanza tra questo e il manufatto esposto. Più audace, invece, è l’ Augmented Reality, che permette di materializzare oggetti e ambienti attraverso i quali il visitatore può vivere luoghi non più esistenti, simulare il lavoro di archeologi e scienziati, vedere “dal vivo” animali ormai estinti, ecc... Infine, ultimo traguardo dell’utilizzo della tecnologia all’interno degli spazi museali sono i social network, in particolare quelli che permettono al fruitore di georeferenziarsi come, ad esempio, Foursquare. Attraverso questa applicazione, è possibile mappare i luoghi visitati condividendone informazioni, commenti e consigli. Questo sistema stimola gli individui ad esplorare i luoghi della città e i gestori di qualsiasi attività ad aprire loro le porte, creandosi così un bacino di utenza fidelizzata. I musei, aprendosi l’account su Forusquare, hanno la possibilità di

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autopromuoversi attraverso i commenti del pubblico e, allo stesso tempo, permettendo al personale di condividere attraverso il profilo del museo informazioni sugli altri luoghi della città, creano un sistema museo-territorio capace di rendere ancora più dinamico e abbondante il flusso di visitatori.

4.2 Applicazioni L’ applicazione di sistemi tecnologici è molto frequente nei musei e nei siti archelogici, in cui la ricostruzione di parti mancanti o totalmente assenti può risultare utile ai fini dell’apprendimento da parte del pubblico. Un esempio degno di nota è il caso italiano del MAV (Museo Archeologico Virtuale), ad Ercolano. Inaugurato nel 2008 nei pressi dei siti archeologici, esso sfrutta la tecnologia per ricostruire quanto emerso dagli studi sugli scavi rispettando le esigenze di conservazione. Al visitatore viene permesso di immergersi completamente nel tempo, nello spazio e nell’ atmosfera di Pompei, Ercolano, Capri, Baia e Stabia attraverso un percorso virtuale che ne ricostruisce il paesaggio come era nel 79 d.C, i volti degli abitanti e le voci degli attori che interpretavano le commedie di Plauto. Inoltre il visitatore, “spolverando” reperti virtuali, può rivivre gli scavi dal punto di vista degli archeologi, acquisendo così una maggiore consapevolezza del lavoro svolto da questi. Sperimentare il lavoro degli esperti attraverso la simulazione di questi è un’ esperienza offerta anche dal progetto Archeological Virtual Dig, nato nel 2001 grazie al Seattle Art Museum e l’ Human Interface Technology Laboratory dell’Università di Washington. Rispetto alle ricostruzioni proposte al MAV, quelle dell’ Archeological Virtual Dig si rifanno alla può complessa tecnologia della Realtà Aumentata. Mentre, nel primo caso l’azione dello scavo è simulata attraverso uno schermo touch ed un semplice gesto della mano, nel secondo subentrano i veri strumenti utilizzati dagli archeologi, grazie ai quali è possibile attivare tutto il sistema.

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Inoltre Archeological Virtual Dig dà la possibilità di maneggiare virtualmente l’oggetto ritrovato attraverso una ricostruzione 3d dello stesso. Questo modo di trasmettere contenuti al pubblico è, in altri casi, affidato completamente alla strumentazione dei singoli utenti, che grazie ai loro dispositivi quali smartphones e tablets possono accedere a quanto proposto dal museo. Un esempio di ciò è il progetto Time Machine Navigation System, presentato nel 2005 dalla Doshysha University di Kyoto. Esso consiste in un’ app capace di rendere la webcam dei vari dispositivi una “finestra sul passato” della città: riprendendo frammenti di paesaggio urbano per mezzo di un tablet o di uno smartphone è possibile vedere come questo fosse in antichità attraverso una ricostruzione 3d che si materilizza sullo schermo del dispositivo. Oltre a restituire quanto perso durante la storia, la tecnologia è capace anche di ricreare mondi mai esistiti. è il caso del NibelungenMuseum a Worms, Germania, in cui le ambientazioni e i personaggi della saga prendono vita grazie ad installazioni multimediali. Qui, a differenza degli altri esempi riportati, l’ esposizione non ha come riferimento alcun oggetto tangibile, concreto, reale ma si basa esclusivamente su situazioni e luoghi di fantasia.

5. Realtà Virtuale nella Stanza dei Tesori del Nibelungen Museum a Worms.

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6. Affresco digitale, Museo Archeologico Virtuale, Ercolano.

7. Installazione digitale, Museo Archeologico Virtuale, Ercolano.

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4.3. Tecnologie digitali e utenti con disabilità L’ avvento della tecnologia porta vantaggi anche a quella categoria di utenti che spesso vivono la visita al museo in modo incompleto e frammentato, poichè disabilità e mancata attenzione alle loro esigenze non permettono loro di accedere alla totalità della proposta museale. Uno dei casi più recenti e interessanti di tecnologia al servizio di visitatori con disabilità è quello che, nel novembre del 2014, è stato presentato con il nome di Googleglass4lis presso il Museo Egizio di Torino. Sviluppato dalle start-up Rokivo e Vidiemme Consulting in collaborazione con il Politecnico di Torino, il progetto è rivolto agli utenti con sordità e ha come scopo quello di fornire loro una guida virtuale, in sostituzione dell’ audio-guida. L’ app che rende possibile questo si basa sul progetto ATLAS del Politecnico di Torino, una piattaforma in grado di tradurre la lingua italiana nel linguaggio dei segni attraverso complicati algoritmi.

8. Campagna pubblicitaria per GoogleGlass4Lis, Museo Egizio, Torino, 2015.

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9. Campagna pubblicitaria per GoogleGlass4Lis, Museo Egizio, Torino, 2015.

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PARTE II: OLTRE LE MURA DEL MUSEO

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1. Il museo online

Nella seconda parte di questo scritto si è parlato di invasione degli spazi museali da parte dei dispositivi tecnologici: parallelamente a questo fenomeno, se n’ è sviluppato un secondo, ovvero la comparsa del museo all’ interno dello spazio del web. La presenza delle istituzioni museali in Internet ha diverse forme e modi. Esistono principalmente tre modalità di esistenza sul web. Per alcuni di questi, come, ad esempio, il Louvre, il virtuale è un’ estensione di quanto offerto nelle gallerie reali. Per altre istituzioni museali, tra cui il MOMA, invece, la rete è lo spazio in cui allestire esposizioni digitali e opere create esclusivamente per il web. Infine, per musei come l’ Alternative Museum, il Museum of the Person e il Virtual Museum of Canada il virtuale rappresenta l’ unico modo di esistere. La presenza in rete delle varie istituzioni museali ha aperto il dibattito su questioni di grande attualità, che tutt’ ora dividono il mondo intellettuale. Quello del web, infatti, risulta essere un tema piuttosto scottante per gli addetti ai lavori poichè alle molteplici potenzialità della rete, corrispondono altrettanti interrogativi, criticità e contraddizioni. Internet ha reso possibili realtà che prima sembravano impossibili: una di queste è la nascita del Prespa Transboundary Park nel 2000, oasi naturale contesa tra Macedonia, Grecia e Albania. La rivendicazione di ognuno di questi tre Paesi, culturalmente, etcnicamente e politicamente estremamente diversi tra loro, aveva fatto sì che si creasse una situazione di tensione che minava la salvaguardia delle ricchezze del luogo. Parallelamente a queste rivendicazioni, massicciamente espresse attraverso blog di stampo nazionalistico, iniziarono a circolare sul web informazioni sull’ area che prescindevano da fattori culturali, politici ed etnici e che, anzi, miravano a temi di tipo ambientale, naturalistico e scientifico. Questo fece sì che l’ interesse verso il Lago Prespa aumentasse anche oltre i confini della penisola Balcanica e che attorno ad esso si creasse un senso di

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identità condiviso dagli abitanti della zona. Nonostante la gestione del parco sia comunque complicata dalla negoziazione tra gli apparati legislativi dei tre Paesi coinvolti, adesso, grazie ad un sentimento di convidisione e appartenenza nato sul web e sviluppatosi grazie ad esso, le nozioni di etnia e diversità religiosa e culturale sono diventate pallidi ricordi. Il superamento dei confini geografici è lo scopo da molte istituzioni museali che forniscono materiali attraverso il proprio sito. Il fatto di poter usufruire di informazioni in ogni luogo e in ogni momento è, infatti, considerato uno dei vantaggi di Internet, che musei come il Secret Annex sfruttano per diffondere non solo nozioni ma anche valori e riflessioni universalmente condivisibili (l’ antirazzismo, la tolleranza, etc...). Altro aspetto positivo del web è la possibilità di condivisione e partecipazione che alcuni siti danno ai propri visitatori, rendendo i contenuti del museo più ricchi grazie al contributo degli utenti. Attraverso il proprio sito internet un museo può anche essere in grado di ricavare maggiori entrate entrate economiche vendendo materiale digitale e dunque di poter fare maggiori investimenti su se stesso. Allo stesso tempo, però, la vendita online espone ancora di più la cultura agli appetiti consumistici dell’ uomo contemporaneo e in molti si chiedono fino a che punto questo aspetto possa risultare privo di conseguenze negative. Un secondo servizio controverso offerto da molti musei online è la visita virtuale. Le recenti tecnologie hanno permesso di ottenere una risoluzione altissima delle opere riprodotte nelle gallerie virtuali, il che, da un lato, permette all’ internauta geograficamente lontano di poter conoscere l’ opera quasi come se la stesse vedendo dal vivo, dall’ altra pone molti interrogativi su quanto riguarda l’autenticità dell’ oggetto esposto e dell’ esperienza che si ha con questo.

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2. L’ opera d’ arte nell’ epoca della sua riproducibilità digitale

La questione della riproducibilità di un’ opera è sempre esistita poichè «in linea di principio, l’opera d’arte è sempre stata riproducibile. Una cosa fatta dagli uomini ha sempre potuto essere rifatta da uomini.»1, ma, dalla nascita della fotografia in poi ha assunto risvolti che vanno oltre la creazione di falsi e modelli per la didattica. Secondo il pensiero di Walter Benjamin, l’ autenticità di un’ opera sta nel suo hic et nunc, ovvero nel suo essere collocata in un tempo e in un luogo perchè questi due parametri ne permettono di ricostruire la storia, unica e irripetibile per ogni oggetto. La riproducibilità tecnica, per mezzo di fotografia e video, ha negato l’ hic et nunc relativo ad un’ opera poichè essa, sotto forma di media, può essere contemporaneamente in qualsiasi luogo del mondo. Questo ha fatto sì che certe forme di arte, come ad esempio la pittura, che originariamente pretendevano di essere osservate dal singolo o da un pubblico poco folto, fossero, invece, offerte allo sguardo delle masse: il proporre ad un pubblico molto ampio opere non concepite per essere recepita simultaneamente dalla collettività, ha causato una crisi di queste forme artistiche, non più comprese e recepite correttamente. Le gallerie virtuali sembrano voler ribaltare questa situazione offrendo la possibilità di spostarsi da un punto all’ altro degli spazi espositivi con un semplice click, evitando i fastidi e le distrazioni che normalmente si trovano nella realtà, come ad esempio la folla e il chiacchiericcio. In questo modo, secondo alcuni critici, il singolo è messo nella situazione ideale per poter fruire di un’ opera, che può osservare senza essere 1 W. Benjamin, L’ opera d’ arte nell’ era della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1998, p. 6

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condizionato dal contesto, vivendo quindi un’ esperienza autentica. Se da una parte, infatti, si rinuncia ad interfacciarsi con l’ opera originale e dunque con la sua esclusiva aurea, dall’ altra, la fruizione degli oggetti d’ arte risulta maggiormente accessibile: La tecnica della riproduzione, cosí si potrebbe formulare la cosa, sottrae il riprodotto all’ambito della tradizione. Moltiplicando la riproduzione, essa pone al posto di un evento unico una serie quantitativa di eventi. E permettendo alla riproduzione di venire incontro a colui che ne fruisce nella sua particolare situazione, attualizza il riprodotto2

La riproduzione digitale, negli utlimi anni, è giunta ad un livello di dettaglio paragonabile a quello raggiunto dall’ occhio umano, come si può constatare navigando tra le opere esposte nelle gallerie del Google Cultural Institute, le cui tecnologie permettono di zoommare su un dipinto fino a vederne i solchi lasciati dalle pennelle sulla vernice. Tale perfezione raggiunta dalle tecnologie di riproduzione ditigale mette in discussione la rilevanza del confronto diretto con l’ opera: se un oggetto può essere riprodotto nei suoi minimi dettagli microscopisci, osservabili da uno schermo, qual è il valore di un’ osservazione dal vivo? Ha ancora senso esporre manufatti originali in luoghi spesso affollati e rumorosi che non ne permettono una serena fruizione? Molti musei che offrono visite virtuali sui propri siti, hanno ovviato a queste problematiche esponendo riproduzioni di scarsa qualità. In questo modo tentano di stabilire la maggiore importanza della visita reale rispetto a quella virtuale. Le gallerie on-line diventano, in questi casi, luoghi fortemente contraddittori poichè ricostruiscono un ambiente ideale per la fruizione di opere di cui però limitano la qualità, offrendo un servizio comunque superficiale e deludente. Inoltre, risultano anche piuttosto superflue a livello di marketing dal momento 2 W. Benjamin, L’ opera d’ arte nell’ era della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1998, p. 6

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in cui internet offre vetrine più efficaci e meno costose come potrebbe esserlo un account di Instagram o Facebook. Forse sarebbe più razionale, benchè meno avanguardistico, migliorare l’offerta museale reale, limitando o controllando il numero di visitatori per le opere più ambite dai turisti, (come, ad esempio, la Gioconda, impossibile da osservare come merita a causa del chaos che ogni giorno investe la sala in cui è esposta), curando maggiormente gli allestimenti e l’ architettura.

10. Galleria Virtuale del Rijksmuseum.

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3.Vistatore o cliente?

La riproduzione digitale di quanto esposto nelle sale dei musei non ha a che fare solo con le gallerie virtuali. Molte istituzioni museali sfruttano la digitalizzazione delle proprie collezioni per ricavare introiti dalla vendita online di dettagliate riproduzioni delle opere. Attraverso il proprio sito, esse danno la possibilità di poter selezionare e raccogliere il materiale in collezioni personali, così come un qualsiasi sito di e-commerce permette di aggiungere al carrello gli articoli in vendita. Tale materiale digitale, inoltre, in siti come quello del Rijksmuseum, può essere manipolato per creare un proprio gadget personalizzato. L’ attività di vendita on-line, dunque è piuttosto articolata ed enfatizzata, il che può avere la valenza negativa di alimentare l’ idea di manufatto artistico come bene di consumo, ma allo stesso tempo anche una positiva. Secondo il pensiero del filosofo francese De Certeau, infatti, shopping rappresenta un’ importante forma di creatività. La possibilità di selezionare, collezionare e maneggiare materiale digitale, dando ad esso sempre nuovi significati, rappresenta, dunque, un modo per rendere il pubblico meno passivo nei confronti dell’ esperienza museale, trasformandolo da inerte visitatore a dinamico cliente.

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11. Screenshot della sezione shopping online del sito del MOMA.

12. Screenshot del sito del Rijksmuseum.

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4. Il museo partecipativo

Il sito del museo non solo sta assumendo sempre più i caratteri di un sito di e-commerce, ma anche quelli di un social network. Molti musei sfruttano la smania di condivisione scoppiata nell’ ultimo decennio grazie a Facebook, Twitter e Instagram (per citarne alcuni) per arrichire la propria offerta: in molti siti vi sono sezioni dedicate in cui l’utente è invitato a caricare il proprio materiale e condividerlo con il mondo. Uno fra i primi esperimenti di museo partecipativo è stato messo in atto nel 1998 all’Exploratorium di San Francisco con l’allestimento del Memory Exhibition, al quale i visitatori contribuivano con le proprie storie. Esempi italiani sono invece quello del museo della Scienza e della Tecnica Leonardo Da Vinci a Milano e il progetto Arca dei Suoni. Dal sito web del Museo nazionale della scienza e della tecnica Leonardo da Vinci di Milano già dal 2008 s’invita l’utente a partecipare a una forma di conservazione comune della memoria attraverso due forme di user-genetated contents. In una prima sezione si chiede di creare un proprio museo inviando le foto, corredate di commento, di un oggetto cui sia legato qualche ricordo particolare di sé e del proprio mondo. In una seconda sezione, invece, s’invita l’utente a partecipare ulteriormente con la propria esperienza di vita. L’ esempio più estremo, infine, è rappresentato dal Museum Of the Person, che non è un’ estensione di una struttura esistente, bensì un’ instituzione che vive solo ed esclusivamente sul web, e che raccoglie fotografie, audio e video di persone comuni il cui racconto vuole entrare a far parte della Storia. Questo sistema “social” non solo rientra nell’ ottica di voler togliere il pubblico dal suo stato di contenitore vuoto pronto ad essere riempito, ma ha anche il valore di creare un forte senso di appartenenza all’ istituzione museale

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facendo leva sull’ idea di partecipazione alla costruzione di questa. Questa, più di altre, sembrerebbe una vera e propria rivoluzione copernicana poichè il coinvolgimento del pubblico, ricercato in tutti i mezzi che la tecnologia offre, è totale: «il “gap semantico” fra il linguaggio scientificoistituzionale di un museo e quello più logico-colloquiale dell’utenza»3 è superato.

3 Kalfatovic cit. in E. Bonacini Il museo partecipativo sul web: forme di partecipazione dell’utente alla produzione culturale e alla creazione di valore culturale, Il Capitale Culturale - Studies on the Value of Cultural Heritage -Journal Of The Department Of Cultural Heritage, University of Macerata, Vol. 5, 2012

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BIBLIOGRAFIA

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ALTRE FONTI BAUMAN Zigmut, Lectio Magistralis: “Education/Globalization” , Firenze, 23 Ottobre 2014, video caricato su www.youtube.com

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ELENCO E FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI 1. http://www.wiley-vch.de/publish/en/books/ISBN978-1-4051-0559-0 2. http://www.tate.org.uk/context-comment/blogs/pictures-richard-hamilton-birthday-tribute 3. http://blackbookinspired.com/2013/05/16/what-made-me/ 4. http://www.minimaetmoralia.it/wp/tempo-fuori-sesto-guy-debord-contro-la-modernita-4/ 5. http://www.museumsandtheweb.com/mw2004/papers/giaccardi/giaccardi.html 6. http://www.laprimacampanella.it/?q=content/viaggio-distruzione-ercolano-e-pompei-1 7. http://www.laprimacampanella.it/?q=content/viaggio-distruzione-ercolano-e-pompei-1 8. http://www.huffingtonpost.it/2013/11/12/google-glass-4-lis-al-museo-egizio-di-torino-i-non-udenti_n_4258898.html 9. http://www.huffingtonpost.it/2013/11/12/google-glass-4-lis-al-museo-egizio-di-torino-i-non-udenti_n_4258898.html 10. http://mw2015.museumsandtheweb.com/paper/data-driven-augmented-reality-for-museum-exhibits-and-lost-heritage-sites/ 11. http://www.momastore.org/museum/moma/StoreCatalogDisplay_-1_10001_10451_?cm_mmc=MoMA-_-HP-_-Shop+Nav-_-NA 12. https://www.rijksmuseum.nl/nl/mijn/verzamelingen/202201--bianca/flowers/objecten#/SK-C-214,7 In copertina: Installazione di Ryoji Ikeda

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