Theriaké MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI DI AGRIGENTO
Anno II n. 22 Ottobre 2019
Sommario
4 Galenica LA GESTIONE DEL LABORATORIO GALENICO/6 Norme di buona preparazione (parte seconda) Procedure semplificate Procedure di allestimento dei preparati magistrali e officinali
16 Delle Arti LA PROSPETTIVA DI LEONARDO/2
20 Cultura PINO PUGLISI, MARTIRE INSIEME AI PALERMITANI
28 Fitoterapia&Nutrizione DIETA VEGETARIANA E VEGANA Cosa bisogna sapere
34 Apotheca&Storia ANTICA MEDICINA CINESE
Responsabile della redazione e del progetto grafico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG). In copertina: Leonardo Da Vinci, Annunciazione. Galleria degli Uffizi, Firenze. Questo numero è stato chiuso in redazione il 22 – 10 – 2019
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Collaboratori: Giuseppina Amato, Paolo Bongiorno, Paola Brusa, Fausto D’Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù, Gaetano Di Lascio, Claudio Distefano, Vita Di Stefano, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Pinella Laudani, Maurizio La Guardia, Ciro Lomonte, Irene Luzio, Erika Mallarini, Massimo Martino, Giovanni Noto, Rodolfo Papa, Renzo Puccetti, Luigi Sciangula, Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello. In questo numero: Paolo Bongiorno, Elisa Drago, Ciro Lomonte, Rodolfo Papa, Giusi Sanci.
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Galenica
LA GESTIONE DEL LABORATORIO GALENICO /6 Norme di buona preparazione (parte seconda) Procedure semplificate DM 18 Novembre 2003 Procedure di allestimento dei preparati magistrali e officinali Decreto 22/06/2005 Paolo Bongiorno* CONTROLLO E STABILITÀ DELLA PREPARAZIONE Dal momento che il DM 18/11/03 costituisce un’integrazione che semplifica il testo delle NBP della FU XII, per tutto ciò che non è espressamente riportato in esso bisogna fare riferimento alle indicazioni del testo in Farmacopea. Così è opportuno ricordare che, fra gli adempimenti successivi alla preparazione previsti dall’articolo 9, pur non essendovi espliciti riferimenti ai controlli di qualità, questi non possono evidentemente essere omessi poiché parte integrante della procedura utilizzata a garanzia della sicurezza ed efficacia del preparato (FU XII). Tali controlli sono per lo più semplici verifiche obiettive, fermo restando che, oltre a questi, il farmacista preparatore può operare tutti gli altri controlli tecnico-farmacologici che ritenga opportuno, ad esempio per stabilire periodi di conservazione più prolungati. I controlli obbligatori previsti dalle NBP sono i seguenti. • Verifica della correttezza della procedura eseguita: in sostanza un riepilogo della rispondenza qualitativa delle sostanze utilizzate, della loro pesata, del metodo di preparazione utilizzato. • Controllo dell’aspetto: le caratteristiche organolettiche del preparato come colore, odore, omogeneità, eventualmente il sapore per gli usi interni. In particolare per le soluzioni va verificata la limpidezza e l’assenza di precipitati o particelle visibili ad occhio nudo; per le emulsioni la stabilità delle fasi e/o la loro ridispersibilità in caso di separazione prevista. • Per le sospensioni la velocità di dispersione e l’omogeneità del particolato. Può essere utile, se questo riveste particolare importanza per la preparazione, il controllo del PH di soluzioni, emulsioni o gel.
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Controllo del confezionamento e della tenuta: l’integrità del contenitore, la corrispondenza del peso, volume o quantità di dosi contenute rispetto a quanto dichiarato in etichetta, la perfetta tenuta della chiusura anche in condizioni di normale manipolazione della confezione. Verifica della corretta compilazione dell’etichetta: un riepilogo della presenza sull’etichetta degli elementi già individuati all’articolo 10. Uniformità di massa: l'esecuzione del saggio di uniformità di massa (richiesto solo per le preparazioni a dose unica ad esempio compresse, capsule, cartine, supposte, soluzioni per somministrazione monodose),
*Farmacista preparatore iscritto alla SIFAP ed esperto in programmazione e tecnologie informatiche
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Galenica si differenzia a seconda che venga applicato alle preparazioni officinali o alle preparazioni magistrali. UNIFORMITÀ DI MASSA APPLICATA ALLE PREPARAZIONI OFFICINALI Per i preparati officinali è necessario verificare che siano rispettate le specifiche di farmacopea, ciò non significa che occorra eseguire l’insieme dei saggi di ciascuna monografia; possono infatti essere usati metodi alternativi, a condizione che permettano di garantire che le norme di farmacopea siano state comunque soddisfatte. Controllo di uniformità di massa FU XII La massa delle singole compresse può essere influenzata dall'umidità delle polveri impiegate (in quanto ne limita lo scorrimento), da cattiva omogeneità del granulato, da deformazione dei punzoni, ecc. Per controllare l'uniformità di massa, la FU (Tabella 2.9.5.-1) stabilisce le seguenti percentuali di tolleranza (Tabella 1). Forma farmaceutica
Massa media
Deviazione %
Compresse non rivestite e rivestite con film
80mg o meno
10
Più di 80 e meno di 250 mg
7,5
250 mg o più
5
Meno di 300 mg
10
300 mg o più
7,5
Capsule, granuli (non rivestiti a dose unica) e polveri a dose unica
Tabella 1.
Per scarto o deviazione percentuale, si intende la differenza, in valore assoluto, tra la massa media e la massa delle singole unità rapportata a 100. Il controllo viene eseguito in questo modo: si pesano singolarmente 20 compresse prelevate a caso da un lotto di produzione e si compila una tabella con i risultati delle pesate dei quali si calcola la massa media. Il saggio richiede che 18 compresse appartenenti al lotto di 20 unità rientrino nella deviazione percentuale; le restanti 2 compresse non devono comunque superare il doppio della deviazione percentuale. Esempio: un campione di 20 compresse è formato da unità aventi le singole masse riportate in Tabella 2 (per semplicità, si è supposto che le compresse abbiano masse raggruppabili in 4 fasce). La massa media è: (6 × 119,95 + 4 × 119,88 + 3 ×
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120,04 + 7 × 120,01)/ 20 = 119,970 mg In questo caso (oltre 80 e meno di 250 mg), il valore di deviazione da utilizzare è 7.5 massa unitaria
scarto
risultato
6 x 119,95
0,02
accettato
4 X 119,88
0,09
respinto
3 x 120,04
0,07
accettato
7 x 120,01
0,04
accettato
Tabella 2.
Dai dati in Tabella 2, risulta che 4 compresse superano il valore minimo e quindi il lotto da cui sono state campionate le compresse deve essere respinto. Se le compresse di massa non conforme fossero state solo due, allora il lotto sarebbe stato accettato in quanto il limite di deviazione rientra nel doppio della deviazione percentuale. Per le compresse rivestite, la FU richiede il saggio dell'uniformità di massa solo per i nuclei, e non per le compresse in toto, in quanto le variazioni di massa del rivestimento possono essere notevoli. Le massime variazioni di massa consentite per il contenuto delle capsule opercolate, sono ± 5 (meno di 300 mg) e ± 10 (300 mg o più). Perché specifiche diverse in funzione delle masse delle compresse? La normativa deriva necessariamente da considerazioni tecniche: al diminuire della massa media, diventa più difficile contenere la variabilità del dato. UNIFORMITÀ DI MASSA APPLICATA ALLE PREPARAZIONI MAGISTRALI I controlli di qualità sul prodotto finito possono essere limitati a semplici operazioni di verifica; devono, comunque, essere garantiti i limiti di accettabilità, di norma entro il 10% del dichiarato. I controlli eseguibili sono i seguenti: controllo dell’aspetto, controllo del confezionamento e in particolare delle sua tenuta, verifica della corretta compilazione dell’etichetta compresa l’indicazione delle modalità di conservazione e di vendita; nel caso di soluzioni si controlla l’assenza di particelle visibili ad occhio nudo e, se necessario, il pH; nel caso di emulsioni e sospensioni, la ridispersibilità del preparato; nel caso di forme farmaceutiche a dose unica si controlla l’uniformità di massa che non deve discostarsi dal + 10% del peso medio del campione prescelto. Nel caso delle capsule, il saggio di uniformità di massa si esegue sulle capsule piene (FU XII ed.); una volta allestita la preparazione (ad esempio 100 o 120 capsule) si preleva un campione significativo
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Galenica scelto a caso, per esempio 10 unità. Le 10 capsule si pesano tutte insieme (per esempio pesano 5 grammi); il peso ottenuto si divide per il numero di capsule scelte, cioè 10, ottenendo in tal modo il peso medio “m” del campione. In questo caso il peso m sarà 5000 mg / 10 = 500 mg. Si procede pesando una ad una le 10 capsule prescelte e annotando il loro peso; nessuna di queste 10 capsule deve avere un peso esterno ai due limiti costituiti da (m + 10%) e (m - 10%), cioè 500 + 50 = 550 e 500 - 50 = 450. In conclusione il peso di ognuna delle 10 capsule prescelte deve essere compreso tra 450 e 550 milligrammi; in caso contrario la preparazione non è conforme e dovrà essere ripetuta in modo più accurato. ACCETTABILITÀ Indica lo scostamento percentuale della quantità di principio attivo, rilevabile con metodo analitico, rispetto alla quantità dichiarata in etichetta. Non si tratta di un controllo di routine poiché implicherebbe strumentazioni e tecniche complesse, quanto piuttosto di una dichiarazione consapevole del farmacista che garantisce la presenza della sostanza entro i limiti dichiarati, in base alle sue conoscenze sull’interazione, degradazione, conservabilità dei componenti della preparazione. L’intervallo generalmente previsto può essere fissato a ± 10%, salvo casi particolari come ad esempio principi attivi a rapida degradazione. Il farmacista responsabile deve comunque sempre effettuare, qualunque sia il tipo e la quantità del preparato allestito, alcuni controlli sul prodotto finito, eseguiti da personale con formazione ed esperienza lavorativa documentate. TABELLA RIASSUNTIVA Controlli sul prodotto finito
STABILITÀ DELLA PREPARAZIONE Le indicazioni sulla determinazione del periodo di stabilità (e quindi del lasso di tempo entro il quale il medicinale deve essere utilizzato) possono venire dedotte da quanto stabilito dalle NBP. Nel capitolo dedicato alla stabilità infatti vengono date indicazioni su un metodo generale per determinare il limite massimo di utilizzo (da apporre in etichetta), fermo restando che nulla vieta di indicare periodi di validità diversa da quelli ottenibili con il metodo di seguito riportato, qualora il farmacista sia in grado di dimostrare che questi sono frutto di uno studio delle caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche della preparazione nell'arco di tempo assegnato. Vengono presi in considerazione due gruppi di preparazioni. • Formulazioni solide (capsule, compresse, cartine ecc.), liquide non acquose (olii, estratti glicolici, gliceridi, e anche forme semisolide quali gli unguenti), liquide con contenuto alcolico non inferiore al 25% (ad es. tinture). Il limite di utilizzo viene calcolato prendendo in esame il componente della preparazione (principio attivo o eccipiente) con la scadenza più breve, il periodo di utilizzo è pari al 25% del tempo residuo di validità di tale componente. In ogni caso non si deve superare il limite di sei mesi. Ad esempio per una preparazione in capsule che preveda tre componenti: A con scadenza, al momento del suo utilizzo, di 13 mesi, B con scadenza di 20 mesi, C con scadenza di 6 mesi sarà quest'ultimo componente a determinare la data limite che risulterà quindi di 45 giorni cioè 180/4 . • Tutte le formulazioni non rientranti nel precedente gruppo (creme, geli, sciroppi, soluzioni ecc.) hanno un limite di utilizzo massimo di 30 giorni. Tutti i Preparati
Dose unica
Soluzioni
Emulsioni
Verifica della correttezza delle procedure eseguite
Sì
Sì
Sì
Sì
Controllo dell’aspetto
Sì
Sì
Sì
Sì
Controllo del confezionamento e in particolare della sua tenuta
Sì
Sì
Sì
Sì
Verifica della corretta compilazione dell’etichetta compresa l’indicazione delle modalità di conservazione e di vendita
Sì
Sì
Sì
Sì
Valutare se officinale o Magistrale per l’applicazione del metodo
No
Sì
No
No
La quantità o il numero di dosi forma da dispensare
No
Sì
No
No
L’aspetto e l’assenza di particelle visibili a occhio nudo
No
No
Sì
No
Il pH, se necessario
No
No
Sì
No
L’aspetto del preparato
No
No
No
Sì
La ridispersibilità delle fasi
No
No
No
Sì
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Galenica È bene ricordare che, al di là di tali indicazioni, il farmacista nello sviluppo di una formulazione deve prevedere, ove possibile, l'aggiunta di sostanze (conservanti o additivi) atte a mantenere idonee all'utilizzo le condizioni chimiche e microbiologiche del preparato. ASPETTI MICROBIOLOGICI DEI PREPARATI Qualora si preparino forme farmaceutiche obbligatoriamente sterili o a carica microbica controllata si deve fare riferimento al capitolo 11. Preparati obbligatoriamente sterili I preparati parenterali, oftalmici e altri dichiarati sterili devono soddisfare ai requisiti di sterilità. I materiali e i metodi utilizzati devono garantire la sterilità ed evitare l'introduzione e la crescita dei microrganismi. L'assicurazione della sterilità è garantita solamente dalla stretta osservanza delle norme di buona preparazione, da ambienti dedicati, da appropriate attrezzature, da personale qualificato, dalle procedure di pulizia e di disinfezione, dal ciclo di sterilizzazione utilizzato, dalle tecniche asettiche impiegate, dai monitoraggi microbiologici ambientali. I preparati magistrali ed officinali devono soddisfare al saggio di sterilità e al saggio delle endotossine batteriche, se prescritti in monografia. Per i preparati somministrati entro i limiti temporali definiti dal sistema convalidato non è richiesto il saggio di sterilità; tuttavia i metodi di preparazione devono assicurare la sterilità. Qualora sia necessario utilizzare acqua per la preparazione di preparati sterili, questa deve essere acqua per preparazioni iniettabili, e pertanto soddisfare ai requisiti della monografia “Acqua per preparazioni iniettabili”. Gli ambienti di preparazione devono essere separati dagli altri locali di preparazione. Gli ambienti dovranno essere classificati secondo il grado di rischio del processo impiegato in conformità all'Allegato 1, “Fabbricazione di medicinali sterili” delle Norme di Buona Fabbricazione. Le preparazioni più a rischio microbiologico devono essere effettuate in una zona di lavoro a
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flusso laminare unidirezionale di grado A. La zona immediatamente circostante deve essere di grado B. I preparati magistrali sterili descritti al punto “Preparato magistrale” del Glossario, e riconducibili alle operazioni di miscelazione, diluizione e ripartizione, possono essere allestiti in zone di lavoro a flusso laminare unidirezionale di grado A. Tale zona è inserita in ambiente dotato di zona filtro con controllo particellare e microbiologico dell'aria, procedure di accesso e lavoro rispondenti al sistema di convalida inerente la tipologia di preparazione in essa eseguita. Le soluzioni da sterilizzare per filtrazione possono essere preparate in un locale di grado C e la filtrazione deve essere eseguita in una zona di grado A, le altre soluzioni non filtrabili devono essere preparate in una zona di grado A. L'allestimento dei preparati da sterilizzare in autoclave deve essere effettuato in un locale di grado almeno D, .o di grado C per i preparati a rischio di contaminazione microbica. La ripartizione di questi preparati deve essere effettuata in ambienti di grado almeno C, o di grado A per i preparati a rischio di contaminazione microbica.
Le preparazioni pericolose (per es. preparati tossici, antitumorali, radiofarmaci) devono essere manipolate in apposite e dedicate cappe biologiche di sicurezza. L'ingresso ai locali deve avvenire tramite appositi locali filtro o spogliatoi, dello stesso grado del locale in cui si accede, dove il personale lascia i propri indumenti e dove indossa le dotazioni previste. Le pareti, i soffitti, i pavimenti devono essere privi di fessurazioni, con angoli arrotondati ai punti di attacco, lavabili e disinfettabili. I locali devono essere dotati di un sistema di condizionamento, ventilazione e filtrazione dell'aria tramite filtri HEPA, con un numero di ricambi per ora adeguato
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Galenica alle dimensioni del locale e alle attività. Gli impianti di condizionamento, ventilazione e filtrazione dell'aria devono essere sottoposti a programmi periodici di manutenzione e devono prevedere adeguati sistemi di allarme. Tutti i locali devono essere in sovra pressione rispetto ai locali di classe inferiore, salvo il caso di manipolazione di sostanze citotossiche. Poiché la qualifica e l'addestramento del personale sono un aspetto chiave per i preparati sterili, il personale addetto a queste preparazioni dovrà essere opportunamente addestrato sul corretto comportamento e sulle tecniche asettiche. Il personale presente nell'area dedicata alla preparazione sterile dovrà essere limitato a quello strettamente necessario. Il tipo di vestizione deve essere adeguato alla classe dell'ambiente. Per il grado A sono richieste le seguenti dotazioni: un cappuccio che racchiuda completamente la capigliatura, la bocca, il naso ed eventualmente la barba, una tuta comprensiva di pantaloni, gambali e guanti. Le dotazioni devono essere sterili, non devono cedere fibre o particelle, devono essere sostituite dopo l'uso. Per gli altri gradi le dotazioni comprendono un copricapo, se necessario un copribarba, un indumento dedicato (giacca e pantalone o tuta), delle scarpe dedicate o delle soprascarpe. Le dotazioni devono essere pulite e non devono cedere fibre o particelle, devono essere sostituite dopo ogni uso. Poiché la pulizia e la disinfezione degli ambienti sono importanti ai fini di eliminare e mantenere sotto controllo gli inquinanti microbici, gli ambienti e le attrezzature devono essere puliti e disinfettati con regolarità sia all'inizio sia alla fine del processo, secondo apposite procedure. I disinfettanti utilizzati devono essere a largo spettro d'azione, utilizzati opportunamente per impedire fenomeni di resistenza, dedicati e sterilizzati per gli ambienti di grado A. Nelle procedure devono essere stabiliti i tempi massimi tra la fine del processo e la pulizia. Le attrezzature pulite devono essere conservate in modo da evitare fenomeni di ricontaminazione. Prima del processo successivo occorre verificare l'assenza delle sostanze utilizzate per la pulizia e la disinfezione. Eventuali diluizioni dei disinfettanti devono essere preparate immediatamente prima dell'uso. Per una valutazione dell'efficacia delle
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procedure di pulizia e di disinfezione, si raccomandano opportune e periodiche verifiche microbiologiche. Devono essere previste apposite procedure di monitoraggio sia per le particelle che per i microrganismi, in modo da verificare lo stato di controllo degli ambienti. Il controllo delle particelle è raccomandato per la classificazione degli ambienti. I controlli microbiologici dell'aria ambiente, delle superfici, dei guanti degli operatori devono essere effettuati con regolarità e con una frequenza maggiore per le operazioni asettiche. I controlli dovranno essere definiti da un apposito piano di campionamento commisurato agli ambienti e al loro utilizzo, che riporti i punti di prelievo, il numero dei saggi, le frequenze dei controlli, le metodiche utilizzate, le azioni previste al superamento dei valori limite. Per i valori limite l'attuale riferimento è costituito dall'Allegato 1 “Fabbricazione di medicinali sterili”, delle Norme di Buona Fabbricazione. Il processo di sterilizzazione adottato deve essere adeguato per il tipo di prodotto. Le preparazioni sterilizzate al calore devono essere sterilizzate nei
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Galenica loro contenitori, mediante un'autoclave dedicata. Le condizioni di sterilizzazione devono essere, per quanto possibile, quelle di riferimento della Farmacopea (121 °C per 15 min.). Opportuni studi di convalida devono essere eseguiti per la determinazione dei parametri di sterilizzazione (temperatura, pressione) all'interno della camera dell'autoclave e del carico. Per ogni ciclo di sterilizzazione deve essere disponibile la registrazione delle temperature, delle pressioni e dei tempi. Le preparazioni che per proprie caratteristiche non possono essere sottoposte ad un trattamento di questo tipo, devono essere sterilizzate mediante membrane che trattengono i microrganismi e che hanno pori con un diametro nominale uguale o inferiore a 0,22 μ. Le preparazioni sono quindi ripartite asetticamente in un ambiente di grado A. Ai fini della sterilità è importante che i tempi tra la preparazione e la ripartizione siano contenuti. Data la criticità delle operazioni di ripartizione asettica, è necessario convalidare le operazioni 1. mediante appositi saggi che utilizzano idonei terreni di coltura, in sostituzione del prodotto. Questi saggi di convalida devono simulare il più possibile la preparazione asettica ed includere tutte le fasi critiche. Il numero delle unità ripartite con un terreno di coltura deve essere della stessa dimensione della preparazione. I saggi devono
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essere effettuati con frequenza annuale e devono dimostrare, dopo incubazione di 14 giorni a condizioni idonee di temperatura, l'assenza di unità contaminate. Per le preparazioni sterilizzate per filtrazione, si dovrà valutare che il sistema di filtrazione adottato (cartuccia, membrana) sia idoneo per la preparazione, in termini di portata, tempi di filtrazione, temperatura, pH. Si dovrà inoltre valutare l'assenza d'interferenze (assorbimento) dei costituenti del prodotto con il sistema di filtrazione. Dovrà essere disponibile la documentazione relativa a: compatibilità dei materiali costituenti il sistema di filtrazione, sterilità, assenza di endotossine, sostanze estraibili, sostanze ossidabili, integrità del filtro correlata con il saggio di ritenzione batterica. L'integrità del sistema di filtrazione a cartuccia deve essere verificata, almeno al termine della filtrazione della preparazione, mediante saggi convalidati. Preparati non obbligatoriamente sterili I prodotti per i quali è richiesta una carica microbica controllata devono rispondere ai “Requisiti microbiologici delle preparazioni farmaceutiche”. La garanzia della qualità microbiologica di questi preparati dipende da una serie di fattori: • le materie prime utilizzate, • i materiali di confezionamento primari, • il personale, • il processo di preparazione, • i fluidi di processo, • le attrezzature, • gli ambienti di preparazione e di conservazione. Il preparatore deve valutare per i fattori sopra descritti il grado di rischio microbiologico, ai fini di mantenere sotto controllo le fonti di contaminazione microbica. Per alcune preparazioni a maggior rischio microbiologico (per es. prodotti topici) occorrerà valutare la necessità di utilizzare dei filtri HEPA (per es. flussi laminari). Le varie fasi del processo di preparazione devono essere attentamente valutate perché possono anch'esse contribuire alla contaminazione microbica della preparazione. In particolare alcuni parametri del processo di preparazione (per es. tempo, temperatura, pH), il tipo di formulazione (per es. liquida, solida, semisolida, assenza di conservanti), possono favorire la crescita microbica. Pertanto se alcune fasi risultano a rischio, il processo dovrà essere rivisto in modo da ridurre o eliminare le fasi
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critiche. ETICHETTATURA (Art. 10) La compilazione dell’etichetta da applicare al contenitore finale costituisce l’atto conclusivo della preparazione prima della consegna al paziente. Gli elementi da riportare in etichetta devono garantire da un lato l’individuazione del percorso di preparazione, dall’altro la sicurezza e la semplicità d’uso da parte del paziente. La chiarezza di scrittura e le dimensioni devono quindi essere adeguate e, in caso di mancanza di spazio, deve essere utilizzata una seconda etichetta sul contenitore o un foglio di avvertenze ed istruzioni da allegare alla preparazione. Si ricorda che l’etichetta deve essere intestata alla farmacia con denominazione, indirizzo e numero telefonico, e la compilazione presenta alcune diversità a seconda che si tratti di preparazione magistrale o officinale. Preparazione Magistrale • Numero progressivo della preparazione. È il numero assegnato alla preparazione e riportato sulla ricetta che, ricordiamo, costituisce di fatto il foglio di lavorazione, secondo le modalità già descritte. • Nome del medico. Il nome del medico che ha firmato la ricetta cui fa riferimento il numero progressivo precedente. • Nome del paziente. Cognome e nome del paziente, sue iniziali o codice se previsto dalla normativa, della ricetta cui fa riferimento il numero progressivo precedente. • Data di preparazione. Data in cui si effettua
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la preparazione, facendo attenzione che coincida con quella eventualmente riportata sulla ricetta-foglio di lavorazione. Composizione quali-quantitativa. Indicazione di tutti i componenti utilizzati, espressi con la loro denominazione comune internazionale. Per quanto riguarda l'indicazione delle quantità utilizzate, le NBP specificano che questa deve essere riportata per tutti i componenti solo per i preparati sterili (da specificare per unità di dose: ad esempio per capsula o per 100 grammi di pomata), mentre nei preparati non sterili il/i principio/i attivi devono essere riportati quantitativamente, gli altri solo indicati. Tuttavia poiché nello stesso paragrafo viene fatto salvo quanto disposto dall'articolo 37 del RD 30 settembre 1938 n. 1706, nel quale viene espressamente richiesta senza distinzione di forma farmaceutica la presenza in etichetta della composizione qualiquantitativa completa, sarà opportuno, a scanso di possibili contestazioni, attenersi a quest'ultima indicazione. Data limite di utilizzazione. È il periodo massimo entro cui la preparazione può essere adoperata. È preferibile non usare termini come “scade il” bensì, in accordo alla terminologia NBP, “utilizzare entro il”. Prezzo praticato. È il prezzo della preparazione determinato secondo il vigente Tariffario Nazionale, scorporato nei suoi costituenti principali: sostanze, onorario, diritti addizionali, recipiente.
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Galenica Avvertenze d’uso. Fra le avvertenze d’uso la principale, indispensabile, è la posologia che viene dedotta dalla ricetta medica. Altre avvertenze di carattere più generale possono riferirsi al campo di applicazione della preparazione ad esempio “uso esterno”, “uso interno”, “gocce nasali”; alla natura della forma farmaceutica ad esempio “agitare prima dell’uso”, “mescolare prima dell’uso”; alla natura del preparato: “utilizzare solo se limpido”, “utilizzare entro 4 settimane dall’apertura”. • Precauzioni d’uso. Sono tutte quelle indicazioni che possono favorire un corretto utilizzo della preparazione. Nel campo della conservazione come ad esempio “tenere lontano da fonti di calore”, “infiammabile”, “conservare a temperatura tra +2 e +8 °C”, o nel campo della sicurezza ad esempio “tenere fuori della portata dei bambini”, “tossico”. Oltre a questi elementi specificatamente menzionati nell’articolo 10 del DM, è opportuno riportare anche la quantità di prodotto o di dosi forma (ad esempio cartine, capsule) presenti nella confezione e le eventuali diciture in relazione alla presenza di sostanze soggette a discipline specifiche quali sostanze ad azione stupefacente o psicotropa (“soggetto alla disciplina DPR 309/90 tabella n°...”) o sostanze dopanti (“contiene sostanze il cui impiego è considerato doping ai sensi della legge 376/2000”). Preparazione Officinale La disciplina di vendita (SOP, RR, RNR, RMR) si ricava dalle tabelle 4 e 5 della FU. L’etichetta di una preparazione officinale si differenzia da quella magistrale per gli aspetti legati alla mancanza di prescrizione iniziale. Di conseguenza, fermi restando gli altri punti indicati al paragrafo precedente, deve recare le seguenti informazioni. • Denominazione della preparazione: come da monografia relativa in FU. • Numero progressivo: è il numero assegnato al lotto preparato e che si riferisce al foglio di lavorazione relativo. Le etichette di tutte le confezioni in cui tale lotto è stato ripartito devono riportare il medesimo numero. • Nome del medico: non previsto nelle preparazioni officinali •
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dispensabili senza ricetta. Qualora invece la preparazione sia soggetta alla vendita su presentazione di ricetta medica (sostanze presenti nelle tabelle 4 e 5 della FU XII), è necessario scrivere il nome del medico prescrittore. • Nome del paziente: si opera come al punto precedente, apponendo il nome o le iniziali del paziente in caso di presentazione di ricetta medica. • Prezzo praticato: non è obbligatoria la sua presenza, poiché è previsto espressamente solo per i preparati magistrali ma è utile specificarlo. Il prezzo da applicare è libero e si può apporre in etichetta in cifra unica. Ci si può ispirare alla tariffa diminuendo l’onorario del 30-40 %. L’etichetta del preparato erboristico deve riportare la dicitura “preparato erboristico” o simile, le indicazioni d’uso e ogni altro dato (n. del foglio di lavorazione, data di preparazione, limite di utilizzazione, eccetera), ma non deve in alcun modo riportare indicazioni terapeutiche, né ingenerare nel consumatore l’equivoco che si tratti di un medicinale. Il prezzo di questi preparati, riportato in cifra unica sulla confezione, non deve essere calcolato applicando la Tariffa Nazionale dei Medicamenti, ma è a discrezione della farmacia. CONSERVAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE (Art. 11) Le ricette ripetibili, non ripetibili ed i fogli di lavorazione devono essere conservati per almeno 6 mesi, ad eccezione delle seguenti preparazioni. • Le ricette contenenti prescrizioni di preparazioni e sostanze stupefacenti appartenenti alle tabelle I, II, III, IV devono essere conservate per cinque anni dall’ultima registrazione sul registro di entrata e uscita.
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Galenica Medicinali veterinari per animali destinati all’alimentazione umana (DPA), ricetta in triplice copia con validità di 7 giorni lavorativi da conservare per 5 anni separatamente da quelle per uso umano. • Dopanti da conservare almeno per 6 mesi (cioè 31 luglio) dopo l’invio dei dati riassuntivi delle quantità impiegate e vendute nell’anno precedente (da effettuarsi entro il 31 gennaio di ogni anno). I flaconi vuoti di materie prime e i relativi certificati di analisi devono essere conservati per 6 mesi dall’ultimo utilizzo della materia prima che vi era contenuta. È bene precisare e ribadire ancora una volta che, il fine ultimo delle Norme di Buona Preparazione del decreto 18 novembre 2003 è di permettere uniformità nella gestione delle preparazioni in tutto il territorio nazionale, e di garantire la qualità della preparazione stessa. Un qualunque sistema di qualità ha tra i principi quello di «scrivere ciò che si fa e fare ciò che è scritto». È su questo principio che si determina l’esigenza di avere ampia documentazione che serva a dimostrare nel tempo il rispetto di quanto disposto dalla norma. Quindi la ricetta medica (o copia di essa), con i dati in essa riportati, il foglio di lavorazione, l’etichetta, o comunque le indicazioni in essa riportate, così come la documentazione che garantisca la qualità delle materie prime deve essere conservata per un tempo sufficiente a garantire la tracciabilità, per una eventuale verifica successiva delle operazioni relative alla preparazione eseguite e delle sostanze utilizzate per tali preparazioni. È opportuno precisare che, per i fogli di lavorazione i sei mesi per la conservazione decorrono dalla data limite di utilizzo della preparazione. Documentazione delle materie prime Nella precedente edizione delle NBP si consigliava, senza peraltro costituire un obbligo, la tenuta di un registro delle materie prime su cui annotare i dati tecnici relativi alle sostanze. Nell’attuale versione delle NBP il termine “registro delle materie prime” è stato abolito proprio in quanto in passato motivo di equivoci in sede ispettiva. È, comunque, rimasto l’obbligo della documentazione delle sostanze che può essere realizzata conservando ordinatamente i certificati di analisi corredati dai seguenti dati: data di arrivo, •
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quantità acquistata, nome del fornitore. Questi dati sono rilevabili dal documento di trasporto (ddt) e consentono la rintracciabilità delle sostanze stesse. Quindi, può essere sufficiente spillare il ddt al certificato di analisi o annotarvi i dati richiesti. Per garantire la tracciabilità è necessario attribuire al certificato di analisi lo stesso numero progressivo apposto sul contenitore della sostanza, mentre le farmacie, che seguono le procedure accreditate dalla FOFI, attribuiscono al certificato un numero o un codice alfanumerico o altro sistema che consenta di collegarlo senza equivoci alla sostanza di pertinenza. Come detto la documentazione (certificato di analisi con i dati aggiunti o con il ddt) si conserva per sei mesi successivi all’ultima utilizzazione insieme al contenitore vuoto. Qualora la materia prima non sia terminata, ma abbia raggiunto la data di rititolazione, la documentazione si conserva in vista di una possibile “rivalidazione” della stessa. Qualora, invece, si decida di smaltirla, la documentazione può essere eliminata se sono trascorsi più di sei mesi dall’ultimo impiego in un preparato allestito in farmacia. DECRETO MINISTERIALE 24 OTTOBRE 2006 Nel caso di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e delle pratiche mediche il cui impiego è considerato doping, ai sensi dell’articolo 2 della legge 14 dicembre 2000 n. 376, utilizzati nelle preparazioni estemporanee, i farmacisti sono tenuti a trasmettere, esclusivamente in modalità elettronica, entro il 31 gennaio di ogni anno al Ministero della Salute i dati riferiti all’anno precedente relativi alle quantità utilizzate e vendute di ogni singolo principio attivo vietato per doping, a
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Galenica partire dall’anno 2006, secondo le modalità indicate sul sito internet del Ministero della Salute all’indirizzo: www.ministerosalute.it. Non sono soggetti a trasmissione i dati relativi alle: • quantità di alcool etilico utilizzate, ai sensi del decreto 19 maggio 2005 citato in premessa; • quantità di mannitolo utilizzate per via diversa da quella endovenosa, e quantità dei principi attivi di cui alla classe S9 – corticosteroidi, utilizzati per le preparazioni per uso topico, ivi comprese quelle per uso cutaneo, oftalmico, auricolare, nasale ed orofaringeo, ai sensi del decreto 3 febbraio 2006 citato in premessa. Il farmacista è tenuto a conservare, in originale o in copia, le ricette o i fogli di lavorazione che giustificano l’allestimento di tutti i preparati contenenti sostanze vietate per doping soggetti a trasmissione dei dati per sei mesi, a decorrere dal 31 gennaio dell’anno in cui viene effettuata la trasmissione dei dati. PRODOTTI ERBORISTICI SALUTARI Il decreto dirigenziale 26 luglio 2019 modifica l’allegato 1 introducendo una avvertenza addizionale, alla luce delle attuali evidenze scientifiche, per l’etichettatura di integratori alimentari contenenti sostanze, preparati ed estratti di piante del genere Curcuma. L’elenco è affiancato dalle indicazioni di riferimento per gli effetti fisiologici delle linee guida ministeriali in materia, che non fanno parte del DM 10 agosto 2018 e successive modifiche e che sono state ridotte per le piante del genere Curcuma. Resta fermo che sostanze, preparati ed estratti ottenuti dalle piante elencate ma privi di una storia di consumo significativo si configurano come novel food ai sensi del regolamento (UE) 2015/2283. Per i prodotti di tipo erboristico/salutare, l’etichetta non deve riportare indicazioni di tipo “terapeutico”, né ingenerare nel consumatore l’equivoco che si tratti di un medicinale. Le preparazioni di erbe e loro derivati, destinate all’uso interno, in base alla loro composizione e presentazione, possono ricadere nelle seguenti categorie: • alimenti, • integratori alimentari, • alimenti funzionali (nutraceutici), • prodotti dietetici,
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• preparati erboristici, • medicinali magistrali od officinali. Le preparazioni di erbe e loro derivati, destinate all’uso esterno, in base alla loro composizione e presentazione, possono ricadere nelle seguenti categorie: • disciplina dei cosmetici, • galenici officinali e magistrali, • medicinali vegetali tradizionali, • medicinali per i quali è prevista una AIC non semplificata. Ricordiamo che il farmacista può allestire, senza richiedere l’autorizzazione alla produzione/confezionamento di integratori alimentari, preparati erboristici di cui alla lista BELFRIT, siano essi mono componenti, estemporanei o prodotti come multipli e senza notificarli al Ministero della Salute. Tali preparazioni andranno eseguite secondo le NBP. Esempio di etichetta di tipo erboristico officinale: Farmacia Dr. Via ___________, n°___ tel ________________ Prep. n. ___ del ____ utilizzare entro _________ Composizione____________________________ Quantità dispensata o numero di dosi forma ____ Modalità d’uso ___________________ Posologia __________________________ Informazioni _______________________ Eventuali reazioni avverse ____________ Prezzo _____________ Utilizzate entro il ______ Bisogna sempre predisporre un foglio di lavorazione Il numero di preparazione è il numero attribuito al foglio di lavorazione che va sempre eseguito anche se si tratta di una preparazione singola.
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Galenica La data di preparazione è quella del foglio di lavorazione. La data limite di utilizzazione si calcola seguendo il criterio delle NBP. Quantità dispensata o numero di dosi forma • Nel caso delle dosi forma (ad esempio capsule) si riporta il numero. • Nel caso di gocce, sciroppi, tisane, ecc. si riporta la quantità contenuta espressa in grammi. Indicazioni d’uso • Lassativo – per coadiuvare le funzioni fisiologiche del transito intestinale. • Diuretico – per coadiuvare le funzioni fisiologiche dell’eliminazione dell’acqua. • Sedativo – per contrastare gli stati di stress. • Ipnotico – per favorire la funzione fisiologica del sonno. • Coleretico – per coadiuvare le funzioni fisiologiche digestive, favorendo l’eliminazione della bile. • Dimagrante – per coadiuvare un idoneo regime dietetico per la perdita di peso. • Antidispeptico – per coadiuvare le funzioni fisiologiche della digestione. Posologia Esempio: • 1 – 3 capsule al giorno, preferibilmente dopo i pasti. • 1 cucchiaio tre volte al giorno lontano dai pasti. • 40 gocce 10’ prima dei pasti principali. • 1 cucchiaio di tisana nel contenuto di una tazza da tè di acqua bollente in recipiente chiuso, lasciando in infusione per almeno 5’; filtrare ed eventualmente dolcificare. Informazioni Esempio: • Conservare lontano da fonti di calore • Conservare al riparo dalla luce • Tenere lontano dalla portata dei bambini • Contiene alcool • Contiene zucchero • Non assumere contemporaneamente a … Eventuali reazioni avverse Per ogni sostanza elencata nella lista BELFRIT, quando necessario, sono evidenziate delle avvertenze che vanno indicate in etichetta.
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Prezzo • Va obbligatoriamente riportato sul confezionamento e indicato in cifra unica. • Non si applica la Tariffa Nazionale, poiché non si tratta di medicinale. • Può essere liberamente fissato dalla farmacia in base alle regole di mercato, si può raddoppiare il prezzo delle materie prime con aggiunta del costo dell’eccipiente, o tariffare come nel caso di un medicinale riducendo poi l’onorario del 30-40%. Foglio di lavorazione dei preparati erboristici Esempio (gocce): Data _______ n. ____ Quantità totale allestita: 3.000 ml Sostanze Quantità Fucus TM 1.000 ml Tarassaco TM 1.000 ml Betulla TM 1.000 ml Il preparato è stato ripartito in 30 flaconi contagocce da 100 ml. Da utilizzare entro sei mesi dalla data di preparazione. Firma del preparatore _________________________ PERSONALE Il personale addetto alla preparazione dei medicinali nel laboratorio della farmacia deve avere la qualifica e la competenza necessarie e deve essere sempre aggiornato. Il responsabile di ciascuna preparazione è un farmacista. Compiti e responsabilità devono essere attribuiti in modo chiaro e per iscritto. Devono essere stabiliti dei programmi dettagliati che prevedano delle procedure di istruzione ai compiti specifici assegnati al personale che opera nel laboratorio. CONTRATTI ESTERNI In considerazione della tipologia e/o del carico di lavoro, la farmacia può decidere di avvalersi di strutture professionali esterne per svolgere, fuori dalla farmacia sotto forma di contratto, i controlli di qualità richiesti per le preparazioni eseguite. Il contrattista esterno è tenuto ad osservare le normative vigenti e deve essere certificato nell'ambito del Sistema di Assicurazione di Qualità. Non viene considerato contrattista esterno il
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farmacista professionista o il tecnico che in qualità di consulente presta la sua opera all'interno della farmacia in attività connesse con la preparazione estemporanea di medicinali. Egli è tenuto a ottemperare alle procedure esistenti nella farmacia. Come nel caso dei contrattisti esterni, il responsabile generale della farmacia ha la responsabilità di scegliere il professionista o tecnico consulente e di controllare il suo operato. Nel caso in cui la farmacia aperta al pubblico, pur dotata di adeguato laboratorio, non possieda le attrezzature necessarie per eseguire una specifica preparazione (compresse, capsule, fiale o altre preparazioni sterili) deve fornire indicazioni sulle farmacie più vicine attrezzate per eseguire la specifica preparazione richiesta. I Servizi di Farmacia Ospedaliera invece, nel caso fossero anch'essi non dotati delle necessarie attrezzature per eseguire alcune specifiche preparazioni (prodotti sterili, miscele per uso parenterale di nutrizione artificiale e per chemioterapia antitumorale, altri tipi di miscelazioni sterili, ecc.), devono attivare dei contratti con altri Servizi di Farmacia di Ospedali pubblici o privati accreditati in grado di eseguire correttamente le preparazioni richieste. Oppure, se vi sono le condizioni, devono ricorrere ai medicinali preparati industrialmente su richiesta del medico, come da vigente normativa. In questo caso, la
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responsabilità di scegliere il contrattista esterno, controllarlo, accettare e utilizzare il risultato del suo lavoro ricade sempre sul farmacista responsabile generale. Requisito generale delle strutture scelte come contrattisti esterni è avere la certificazione prevista dalla vigente normativa secondo l'attività svolta. I requisiti specifici dipendono dal settore di attività e sono oggetto del contratto tra farmacia committente e contrattista esterno.
Bibliografia e sitografia: 1. 2. 3.
4. 5. 6. 7.
Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana XII ed., Istituto Poligrafico della Zecca dello Stato. Bettiol F., Manuale delle preparazioni galeniche. Tecniche Nuove, 2016. Società Italiana Farmacisti Preparatori, Procedure e norme di buona preparazione: https://www.sifap.org/procedure-norme-di-buonapreparazione Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/portale/home.html Sifit (Società Italiana di Fitoterapia): http://www.sifit.org/ Facoltà di Farmacia Università di Roma: http://dctf.uniroma1.it/galenotech/ Federfarma Wiki: http://wiki.federfarmaroma.com/index.php?title=Norme_ di_Buona_Preparazione_-_NBP
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LA PROSPETTIVA DI LEONARDO /2
Rodolfo Papa
Figura 1. Leonardo Da Vinci, Annunciazione. 1472-1475 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Le riflessioni di Leonardo sulla prospettiva vanno prospettive proposte da Leonardo e precisamente collocate entro il suo fiero tentativo di conquistare la prospettiva di spedizione e la prospettiva dei all’arte pittorica un posto tra le arti liberali. Egli colori, che entrano più direttamente nella questione definisce l’arte pittorica come disciplina della tecnica pittorica. In modo particolare nella “semimeccanica”, cioè tanto teorica quanto pratica; resa dei paesaggi, Leonardo mostra come la questa definizione risulta ancora uno strumento lontananza venga resa mediante la minore efficace, sebbene oggi la pittura debba lottare per definizione dei piani lontani, e la diversa riconquistare la propria gradazione nel tono dei colori. artigianalità. Leonardo riesce in Per la resa pittorica della questa impresa, perché è prospettiva di spedizione e dei profondamente convinto che colori è ancora fondamentale alla base della pittura, ci sia una l’uso della velatura, che nella scienza della pittura, con i sovrapposizione degli strati di propri principi, dal profondo colore rende percepibile la valore filosofico e insieme distanza. pratico. Questo si vede per esempio nel La valutazione delle proprietà paesaggio alle spalle della conoscitive e rappresentative Gioconda, dove la profondità è della pittura, consente a resa con la triplice prospettiva, Leonardo di rivendicare per la perfettamente fusa in un’unica pittura stessa un primato rappresentazione della realtà rispetto alle altre arti, e della distanza. contestualmente, di mostrare Eppure anche a Leonardo che la scienza della pittura ha vengono attribuiti errori di un proprio luogo autonomo nel prospettiva. Il più noto è il sistema del sapere, braccio troppo lungo della intrattenendo rapporti non Vergine dell’Annunciazione. Ma servili con le altre scienze. Figura 2. Leonardo Da Vinci, Gioconda. 1503- si tratta di un vero errore? Vediamo, dunque, le altre due 1505, Museo del Louvre, Parigi. Qualcuno ha scritto che si tratta
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Delle Arti
L’AUTORE Rodolfo Papa, pittore, scultore, teorico, storico e filosofo dell’arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Docente di Storia delle teorie estetiche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, Roma; il Master di II Livello di Arte e Architettura Sacra dell’Università Europea, Roma; l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; la Pontificia Università Urbaniana, Roma. È Accademico Ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Presidente della Accademia Urbana delle Arti. Tra i suoi scritti si contano circa venti monografie e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; …). Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Panfilo, Sulmona; chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma …).
giusta lunghezza. Leonardo era ben cosciente della distanza tra pittura e realtà e la scienza della pittura serve proprio a colmare questa distanza per ottenere come effetto la conformità. Egli si ricollega all’antica tradizione, di cui Plinio è testimone, che vede la nascita della pittura dal tentativo di cogliere e trattenere la realtà, segnando sul muro il profilo dell’ombra lasciato da un corpo amato colpito dal sole. Entro questa sfida, rappresentare la corporeità reale mediante segni sopra una superficie bidimensionale, si sviluppa e si spiega tutta la tecnica pittorica di Leonardo: «La prima pittura fu sol di una linea, la quale circondava l’ombra dell’uomo fatta dal sole ne’ muri» (II, 126). Centrale è la sua nozione di “evidenza”, che nella pittura viene esperita in termini di corporeità, e la corporeità a sua volta è esperibile grazie alle gradazioni di luce e di ombra, e grazie alla prospettiva. L’orizzonte di queste riflessioni è la sottolineatura della valenza conoscitiva della pittura, originariamente ancorata alla visione della realtà concreta, visione da cui scaturisce l’atto poietico ricreativo dell’artista.
Figura 3. Jean-Baptiste Regnault, L’origine della pittura. Musée National du Château, Versailles.
di un effetto voluto per sottolineare in modo simbolico la distanza tra umano e divino1 [1]. Se, da una parte, è vero che tutta la costruzione dell’opera è impostata su questi due piani, quello umano di Maria e quello divino di cui l’arcangelo è messaggero, mediante la costruzione del paesaggio e la divisione degli spazi, tuttavia, d’altra parte, Leonardo non usa mai effetti simbolici che non siano interni alla stessa conformità naturale; dunque appare più probabile che si tratti di una prospettiva accelerata che richiede un particolar punto di vista per essere fruita, e che solo da quel punto di vista il braccio della Vergine risulti della
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Bibliografia 1.
Cfr. G. FORNARI, La bellezza e il nulla. L’antropologia cristiana di Leonardo da Vinci, Milano 2005.
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Accad em ia U rb ana d el le Arti , Piazza E. D u nant , 5 5 – 0 01 53 Rom a. T el. 0 6 5 8 30 11 43 ww w.r od olfop apa.it accad em iau rban ad ellear ti@g m ai l.co m
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Il corso è rivolto ad artisti, storici dell’arte, architetti, filosofi, economi, religiosi e religiose, seminaristi e sacerdoti e a tutti coloro che sono interessati all’arte. Non viene richiesto titolo di studio previo. Il corso si articola in tre annualità ed è contestualmente teorico e pratico. In ciascuna annualità, gli studenti che scelgono la specializzazione teorica saranno accompagnati nella produzione di un elaborato scritto finale su argomenti del programma; gli studenti che scelgono la specializzazione pratica saranno accompagnati nella produzione di un’opera d’arte secondo gli argomenti del programma. IMPORTANTE: SI POSSONO SEGUIRE LE LEZIONI DA TUTTA EUROPA ED ANCHE OLTRE TRAMITE HANGOUNTS I ANNO: Fondamenti magisteriali, storia delle teorie estetiche, filosofia e storia dell’arte. Testo di riferimento: R. Papa, Discorsi sull’arte sacra, Canatagalli, Siena 2012.
II ANNO: Studio dell’iconografia ed iconologia dell’arte cristiana. Testi di riferimento: R. Papa, La “scienza della pittura” di Leonardo, Analisi del Libro di Pittura, Medusa, Milano 2005; R. Papa, Caravaggio pittore di Maria, Ancora, Milano 2005.
III ANNO: Approfondimenti iconologici e metodologia di lettura dell’immagine. Testo di riferimento: R. Papa, Papa Francesco e la missione dell’arte, Cantagalli, Siena 2016.
Lezioni settimanali di due ore, dalla prima settimana di ottobre all’ultima settimana di maggio. Viene fornito Diploma di partecipazione con votazione, sulla base della frequenza e della produzione di elaborati. Mostra finale delle opere degli allievi. Iscriversi è molto facile: 1. andare sul sito www.rodolfopapa.it 2. aprire la sezione ACCADEMIA URBANA DELLE ARTI 3. aprire la sottosezione CORSI DELL’ACCADEMIA 4. entrare nella pagina ISCRIZIONE AI CORSI 5. compilare per intero il modulo, indicando il corso ARTE SACRA 6. nella stessa pagina si trova l’IBAN per il bonifico 7. inviare il modulo compilato, con indicazione di avvenuto bonifico 8. la risposta della Segreteria confermerà l’iscrizione Per informazioni sulle quote di iscrizione e gli orari del corso: http://www.rodolfopapa.it/corso-di-arte-sacra accademiaurbanadellearti@gmail.com Tel. 06 58301143
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Cultura
PINO PUGLISI, MARTIRE INSIEME AI PALERMITANI Ciro Lomonte*
Un’Isola redimibile Bei Null wieder anfangen. Ripartire da zero. Cento anni fa nasceva la Repubblica di Weimar e, nel contesto della Germania che usciva prostrata dalla Prima Guerra Mondiale, nasceva pure il Bauhaus, la scuola di arti e mestieri che adottò il motto ripartire da zero, coerentemente con il programma politico del nuovo Stato [1]. Ne è seguito un secolo di “esperimenti” radicali, contro l’essere umano più ancora che disumani (comunismo — in realtà la Rivoluzione d’Ottobre è del 1917 —, nazismo, Sessantotto, rivoluzione sessuale). Una civiltà ricca di valori è crollata sotto i colpi del ripartire da zero. Il guaio è che la dittatura del pensiero unico non ammette ribellioni, a meno che non si tratti di finte “trasgressioni”, ben più conformiste dei pacati appelli alla tradizione ed alla continuità. Inoltre tutto era già stato progettato molto tempo prima [2].
In questo contesto la Sicilia ha sofferto un degrado economico e sociale, accelerato a partire dal 1910, reso più pesante dal fatto di essere stata ridotta brutalmente a colonia di uno Stato Italiano centralista più che unitario [3]. La povertà e l’analfabetismo c’erano già nel Regno di Sicilia (1130-1816)? No, come rilevano tanti studi attenti agli abbondantissimi documenti di archivio. Sono stati fenomeni indotti ad arte per tenere a freno gli ardori più nobili e genuini dei Siciliani. Anche la mafia è creatura dello Stato Italiano, come attestato dagli studi di alcuni storici [4] e dalle indagini colte di Rocco Chinnici e Paolo Borsellino, magistrati siciliani che hanno pagato con la propria vita la passione per la verità. L’ultimo tentativo organico di riconoscere i diritti e la dignità dei Siciliani risale alla stesura e alla promulgazione dello Statuto Siciliano, il 15 maggio
*Architetto. Ha creato la Monreale School of Arts & Crafts. Vice coordinatore del Master in Storia e Tecnologie dell’Oreficeria dell’Università di Palermo. Docente presso il Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia dell’Università Europea di Roma. Ha curato l’edizione italiana del libro di Steven J. Schloeder, L’Architettura del Corpo Mistico, Progettare chiese secondo il Concilio Vaticano II, L’Epos, Palermo 2005. Insieme a Guido Santoro ha scritto Liturgia, Cosmo, Architettura, Cantagalli, Siena 2009. È redattore della rivista telematica Il Covile.
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Cultura
1946, recepito il 2 giugno 1948 nella Costituzione della Repubblica Italiana. I partiti italiani hanno gestito subdolamente il governo della Regione Siciliana, in modo da lasciare lettera morta gli articoli dello Statuto. I politici siciliani di quei partiti sono stati servitori fedeli di tale progetto, basato su clientelismo, assistenzialismo e violenza mafiosa. Come l’osso (o la polpetta avvelenata) che si dà al cane per farlo smettere di Figura 2. Piersanti Mattarella, 1935-1980. Presidente della Regione Siciliana dal 20 marzo abbaiare. Lo hanno fatto per 1978 al 6 gennaio 1980, giorno in cui fu ucciso. attaccamento alle poltrone o per semplice pavidità. Del resto questa è un’Isola in cui e le persone così come erano, al di fuori di schemi ancora chi si ribella all’ordine internazionale muore, preconfezionati. I Siciliani — è vero — sono un come è toccato in sorte a Piersanti Mattarella. Non è popolo dalla fortissima identità. Essa è molto un caso che la mafia non abbia mai appoggiato diversa da quella rappresentata nei film, con un progetti di indipendenza della Sicilia, a meno di non dialetto caricaturale che ha ben poco dell’autentica e dare credito alle favolette costruite ad arte su antichissima lingua siciliana. Quel piccolo prete dalle Salvatore Giuliano [5]. grandi mani per consacrare le specie eucaristiche, si È ora di smetterla con gli stereotipi della “mentalità metteva ogni giorno al servizio del mistero della mafiosa”, quasi che i Siciliani fossero tutti per natura transustanziazione. Sapeva che rinnovare il inclini alla prepotenza, alla vendetta, alla Sacrificio del Calvario lo impegnava ad impiegare sopraffazione, allo sfruttamento, all’omertà. Ci sono quelle stesse mani per abbracciare il mondo, in sussidiari per la scuola secondaria di I grado, come particolare quella particella siciliana del mondo che GEO Italia – Le Regioni, della Principato, in cui gli era stata affidata. È così che ha ottenuto dal questa tesi si trova enunciata senza pudore. Chi è Signore miracoli di riconciliazione a Godrano, ridotto alla disperazione, piuttosto, è più facile laddove regnava il rancore. È così che ha riportato preda di reclutatori malvagi. Bisogna verificare però alle loro radici devozioni tradizionali come le chi siano costoro e chi li manovri. Questo processioni del Patrono: non manifestazioni permetterebbe di comprendere meglio cosa avvenne per es. nella lotta per la supremazia fra i mafiosi di Palermo e quelli di Corleone, i cosiddetti viddani. Un sacerdote autenticamente siciliano Cosa poteva fare in questo ambiente violento un piccolo sacerdote dalle grandi orecchie, normale, che aveva come unica arma il fuoco del suo amore per Dio e per le anime? Padre Pino Puglisi, soprannominato 3P, è stato un vero palermitano, appassionato all’amicizia ed alla cultura, scevro da idealismi basati sul principio di immanenza. Un prete feriale, come lo ha definito qualcuno. Dal suo modo di agire si comprende quanto fosse affetto da una salutare allergia nei confronti dei pregiudizi e delle varie forme di razionalismo. Anche il suo interesse per la psicologia, non a caso, fa tesoro della logoterapia di Viktor Frankl, vale a dire Figura 3. Don Giuseppe Puglisi, 1937-1993. Sacerdote dal 1960, della ricerca di quel senso che sostiene la vita di ogni parroco della chiesa di S. Gaetano nel quartiere Brancaccio di ragazzo e di ogni adulto. Palermo dal 1990, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993. È stato proclamato Beato il 25 maggio 2013. Il realismo di Padre Pino lo aiutava a guardare i fatti
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Figura 4. Palermo, piazza Castelnuovo e via della Libertà in una foto del 1956.
esteriori per ostentare il prestigio dei singoli, bensì strumenti della pastorale per alimentare il fervore di tutti. È così che si è dedicato al Centro Diocesano Vocazioni: con obbedienza all’Arcivescovo e spirito di servizio, con infinita disponibilità all’ascolto, con ammirevole capacità di amicizia. Doti che si sono rivelate fondamentali anche nell’insegnamento della religione ai ragazzi del Liceo Classico Vittorio Emanuele II. Padre Puglisi obbedì docilmente anche quando si trattò di accettare l’incarico di parroco a Brancaccio, dopo che ben sei sacerdoti si erano rifiutati. Degrado doloso Brancaccio è uno dei buchi neri dell’informe galassia palermitana postbellica, dove i palermitani dei quartieri alti non vanno o, se lo fanno, rischiano di rimanere risucchiati per sempre. Brancaccio è nutrita dal cuore antico e infartuato della città attraverso un’arteria meridionale. All’estremo opposto di questo corpo martoriato c’è una zona di espansione, anzi la Zona di
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Espansione, quella Nord, progettata sul prolungamento dell’asse viario più lungo. Quel viale ottocentesco della Libertà (nel 1848 si auspicava libertà “dai” Borbone, non “per” l’unità d’Italia) che non è mai stato prolungato. È stato trasformato in viale Croce Rossa. E fatto morire all’interno di un ospedale, Villa Sofia. Per comprendere quanto siano agli antipodi gli innumerevoli capolavori architettonici della Palermo preindustriale rispetto all’edilizia selvaggia degli ultimi sessant’anni, andrebbe approfondito quello che potremmo definire “colonialismo architettonico”. Risulta paradossale che la Sicilia
Figura 5. Palermo, via della Libertà.
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Cultura
Figura 6. Palermo, Piana dei Colli. In alto a destra villa Resuttano, sec. XVII.
abbia prodotto un’arte con forti connotati locali, di disegnata dal prefetto Georges Eugène Haussmann, grande libertà e originalità, proprio mentre era su una città (edifici, strade, piazze) che sino ad allora governata da “dominazioni” straniere che la era stata modellata magistralmente sulla linea di storiografia risorgimentale ci ha presentato come costa, sui corsi d’acqua e in generale sull’orografia oppressive e crudeli. In realtà il Regno di Sicilia ha della Conca d’Oro. I danni causati da quel Piano non conosciuto fondamentalmente passaggi dinastici. Il sono ancora stati riparati. prof. Edoardo Caracciolo definiva “contaminazioni” Non dimentichiamo inoltre che il Piano Regolatore alcune di queste peculiarità siciliane, ma spesso sono Generale del 1962 è stato il primo dell’Italia qualcosa di più: sono una serie di linguaggi nuovi e postbellica, sulla base della Legge Urbanistica spesso unici, fioriti dall’incontro di varie culture con Nazionale del 1942. Lo zoning, i retini grafici che la natura riflessiva e insieme passionale degli definivano le aree da costruire nella città, ritagliando artigiani locali. indiscriminatamente, per es., i firriati delle ville di Dopo essere stata “liberata” (si fa per dire) ad opera Piana dei Colli, è un modello accademico che i di Garibaldi e dei Savoia, all’Isola vennero imposti modelli estranei alla sua tradizione e alla sua natura. Il primo grave esempio di colonialismo architettonico fu il Piano Regolatore di Palermo del 1885. Non importa che l’ing. Felice Giarrusso, autore del Piano, fosse nato a Siracusa e morisse a Palermo: l’ideologia illuminista penetrava nelle menti dei professionisti siciliani e li faceva guardare a modelli lontani dalla realtà. Quello strumento urbanistico calò una griglia razionalista, Figura 7. Palermo, Piana dei Colli, cancello di villa Resuttano, sec. XVII. ispirata alla Parigi
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Figura 8. In alto e sotto: Palermo, insula del quartiere ZEN 2, progettato dall’architetto Vittorio Gregotti (1969).
professori progressisti della locale Facoltà di Architettura hanno preso da fuori. Vito Ciancimino non ha fatto altro che sfruttarlo al meglio per i propri interessi. Sarebbe ora di reagire ad un colonialismo di tal fatta, nell’urbanistica e nell’architettura come nell’economia e nella politica. Si tenga conto che Palermo è una metropoli strana rispetto alle altre quattro italiane: è nata da un’immigrazione interna, proveniente dalle aree agricole della stessa Isola e indotta dalla creazione nel dopoguerra dell’apparato amministrativo della Regione Siciliana, a fronte di una consistente emigrazione delle migliori menti della città verso il Nord Italia o verso Paesi stranieri. Le altre metropoli italiane non sono così: hanno potuto difendere la propria identità e trasmetterla ai nuovi arrivati perché hanno mantenuto un consistente nucleo di cittadini originari del luogo (ciò vale in particolare a Milano e Torino, oltre che a Roma). Palermo ha riscoperto il proprio centro storico negli anni Ottanta. Il recupero di quella parte della città ha generato un nuovo spirito di appartenenza. Ancora però bisogna occuparsi delle periferie. Un caso emblematico di periferia progettata a tavolino è lo ZEN. Lo ZEN 2 è una palude creata apposta dagli architetti ideologizzati a sinistra per compiacere i politici di varia estrazione, ascari di quelli
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nazionali. Dalla palude non si esce, a meno che qualcuno non ti lanci una corda. In cambio di voti. Lo ZEN 1 è molto diverso dallo ZEN 2. Caseggiati come falansteri, non troppo diversi da quelli delle zone migliori della Palermo attuale, non hanno impedito che i proletari a cui vennero assegnati gli appartamenti migliorassero gradualmente le proprie condizioni economiche. E offrissero un’educazione dignitosa a figli e nipoti. Per questo reclamano che si usi un nome diverso per il proprio quartiere: S. Filippo Neri, come la parrocchia. Di fronte alla palude si può restare attoniti, accettando fatalisticamente uno stato di fatto. Non è stato così per Mondello, la magnifica spiaggia dorata di Palermo. Quello era davvero un pantano. Ma
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Figura 9. Palermo, quartiere Brancaccio, in primo piano si nota il sollazzo di Maredolce o della Favara, sec. XII.
venne bonificato alla fine dell’Ottocento. E trasformato in un angolo di paradiso, all’altezza del vicino Parco della Favorita. È lecito sperare che la stessa sorte tocchi a Brancaccio e allo ZEN? Ed a tutte le periferie desolate di Palermo? Il testimone Il nuovo parroco di S. Gaetano, a Brancaccio, si mise subito al lavoro con solerzia. Il suo obiettivo era la salvezza delle anime. Per favorire la vita di fede bisognava prima educare l’essere umano, sottraendolo alla rassegnazione e all’abbandono. 3P non era un sacerdote antimafia. Non era anti nessuno. E poi l’antimafia era già stata sufficientemente stigmatizzata da Leonardo Sciascia. Si può definire Padre Pino Puglisi martire della mafia? La questione è piuttosto delicata. Nei processi di canonizzazione la Chiesa esamina in primo luogo l’esercizio eroico delle virtù da parte dei cristiani
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morti in fama di santità, i cosiddetti “Servi di Dio”. In seguito chiede un segno a Dio, vale a dire un miracolo ottenuto per intercessione del “Venerabile”. Questo apre le porte alla Beatificazione. Nel caso di un Servo di Dio ucciso in odio alla fede questi passaggi si saltano. Il martirio di 3P appare soprattutto il sacrificio di
Figura 10. Palermo, quartiere Brancaccio, sollazzo di Maredolce o della Favara, sec. XII.
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Cultura
Figura 11. Palermo, quartiere Brancaccio, interno della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo nel sollazzo di Maredolce , sec. XII.
una vita normale, la straordinarietà con cui si è comportato nelle realtà ordinarie. Aveva pregi e difetti come tutti. A fronte di una grande capacità di entrare in sintonia con le anime, pare fossero eccessivi il suo rigore e la sua severità. Ma i santi non sono creature perfette, sono esseri umani che hanno corrisposto alla grazia con la lotta interiore, per assomigliare ogni giorno un po’ di più al Modello, Gesù Cristo, perfetto Dio e perfetto Uomo. Il Signore ha permesso che 3P venisse strappato violentemente alla sua attività pastorale prematuramente. È stata una grave perdita per la Chiesa palermitana. Era uno di quei medici che sanno fare accuratamente la diagnosi prima di azzardare una terapia. Tuttavia adesso il Beato Puglisi intercede dal Cielo e questa terra bistrattata può contare sulle sue preghiere per uscire da una condizione di decadenza che ha le sue radici altrove, non a Palermo. Verrà un giorno in cui la nobiltà d’animo degli abitanti di Brancaccio sarà espressa dalla bellezza dei luoghi. L’arte è come il sogno per l’uomo, rivela la salute psichica di una società [6]. Già adesso va rinascendo, passo dopo passo, il sollazzo siculo normanno di Maredolce, con le sue eleganti pareti ambrate che si specchiano sul lago artificiale. C’è chi
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vorrebbe che il desiderio del Beato Puglisi di una nuova parrocchia, piuttosto che con una non chiesa moderna, venisse esaudito con il riadattamento della chiesa di S. Ciro. Vicino alle sorgenti del Maredolce. In ogni caso sarebbe opportuno che l’insediamento urbano venisse ripensato radicalmente, secondo il criterio dei “dieci minuti a piedi”. Dovrebbe essere un quartiere autosufficiente, dotato di tutti i servizi, una città all’interno della città [7]. Uno dei sogni del Beato Pino Puglisi. Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Seblating H., (a cura di), Hetzendorf e l’iconoclastia nella seconda metà del XX secolo. Facultas Verlags-und Buchhandels AG, Wien 2010. Cfr. Mariani P., L’ “altro” Goethe. Gnosi, esoterismo, massoneria. Solfanelli, Chieti 2018. Costa M., Storia istituzionale e politica della Sicilia. Un compendio. Amazon Fulfillment, Wroclaw 2019, pp. 267-375. Benigno F., La mala setta. Alle origini di mafia e camorra (1859-1878). Einaudi, Bari 2015. Castagna M., Montelepre caput mundi. Una storia siciliana di patrioti, banditi e lotte sociali. Magenes, Milano 2018. Sedlmayr H., Perdita del centro. Borla, Roma 2011. Bisognerebbe rifarsi ai “codici genetici” delle città mediterranee, identificati dal prof. Besim Hakim.
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Fitoterapia&Nutrizione
DIETA VEGETARIANA E VEGANA Cosa bisogna sapere Elisa Drago* La dieta vegetariana, più che un semplice regime alimentare è un vero e proprio stile di vita, che spesso viene adottato per motivi etici e filosofici, più che nutrizionali o di puro e semplice dimagrimento e benessere fisico. È un trend complessivamente in aumento anche in Italia quello che riguarda l’adesione a diete vegetariane o vegane. Secondo i risultati della più recente indagine Eurisko, il 9% degli italiani esclude in parte, o totalmente, gli alimenti di origine animale dalla propria alimentazione. Si tratta di una scelta dettata perlopiù da motivazioni di carattere etico e ideologico, ma anche, almeno in un caso su quattro, dalla convinzione che eliminare alcuni, o tutti i cibi di origine animale non solo carne, quindi, ma anche pesce, uova, latte e derivati possa comportare benefici per la salute. Che l’argomento richieda una particolare attenzione per quanto riguarda l’apporto di determinati nutrienti lo dimostra la recente pubblicazione di un documento in merito da parte della Società Italiana di Nutrizione Umana. Documento che abbiamo ripreso nel tema di questo mese, per fare il punto sulle caratteristiche nutrizionali delle diete vegetariane e vegane. Dieta vegetariana: cenni storici Il mangiare vegetariano, fin dai tempi antichi, veniva praticato presso diverse popolazioni. Il fatto di essere vegetariani, in passato, era considerato una pratica etico-religiosa. Con il passare del tempo si è diffuso tra la gente anche per motivi di carattere estetico, nutrizionale oppure economico. Di seguito vengono riportati alcuni nomi della storia che si sono convertiti alla dieta vegetariana. Pensiamo al filosofo Pitagora nel VI secolo a.C. che incitava a scegliere una alimentazione vegetariana presso la sua
Figura 1. Giuseppe Arcimboldo, Kunsthistorisches Museum, Vienna.
Estate.
1572,
scuola di Crotone. Egli sosteneva che: «Finché gli uomini massacreranno gli animali, si uccideranno tra di loro». E ancora il filosofo Socrate affermava che una buona alimentazione consisteva nel mangiare olive, cipolle, legumi, formaggio di capra, frumento, orzo e vino. Nel ‘600 l’illuminista Rousseau sosteneva che l’essere vegetariani portava l’individuo a manifestare una minore aggressività nei confronti dei suoi simili. Questa affermazione nasceva dall’osservazione, compiuta dallo stesso Rousseau, del fatto che gli animali carnivori erano palesemente più violenti rispetto agli erbivori. Nel secolo successivo lo scienziato Benjiamin Franklin fu un grande sostenitore dell’alimentazione vegetariana, filosofia alimentare alla quale si era convertito, convinto assertore fin da adolescente, quando si era accorto che non mangiando carne riusciva ad avere un apprendimento più veloce. Nell’Ottocento lo
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Figura 2. Benjiamin Franklin.
scrittore russo Lev Tolstoi diventa pure lui vegetariano, convinto che mangiare carne sia immorale perché presuppone di aver compiuto una azione del tutto contraria al sentimento morale, ossia quella di uccidere un essere vivente. Compiendola l’individuo cancella in sé le più elevate virtù spirituali, come amore e compassione per le altre specie viventi. La dieta vegetariana è un metodo alimentare che esclude l’alimentazione a base di carne, ed è quindi basato esclusivamente su un’alimentazione che spazia in un menu di vegetali cereali, frutta, verdura, legumi, ecc… È particolarmente adatto in certe malattie del fegato e dell’apparato digerente. Nutrirsi, in sostanza, di alimenti senza bisogno di dover uccidere altri esseri viventi. Naturalmente non mancano le critiche nei confronti dei sostenitori della dieta vegetariana. Alcune persone infatti sostengono questa tesi: il fatto stesso di diventare vegetariani per far sì che non vengano uccisi animali e nutrirsi così di vegetali risulterebbe essere una contraddizione poiché anche le piante, in quanto esseri viventi, hanno diritto a nutrirsi come avviene per gli animali. Da qui la tesi che neanche esse dovrebbero venire mangiate dall’uomo. Caratteristiche Prima di entrare nel merito dei possibili vantaggi e rischi associati a una scelta alimentare di
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esclusione, è opportuno ricordare le caratteristiche delle diete vegetariane, perché su queste si basa gran parte delle valutazioni che suggeriscono un adeguamento nutrizionale. Come precisato le diete vegetariane seguono consumi più o meno restrittivi: dalla dieta semi-vegetariana, che ammette l’occasionale consumo di pollame e pesce, fino a quella latto-vegetariana, che esclude carni e pesce, ma anche uova. La dieta vegana è ovviamente la più rigorosa. Chi diventa vegetariano per scelta nelle sue diverse declinazioni, fino al veganesimo non segue solo convinzioni etiche, ecologiche, religiose, ma ritiene comunque di salvaguardare anche lo stato di benessere e salute. Proprio per questo motivo la ricerca nutrizionale valuta da tempo l’associazione, positiva o negativa, tra adesione costante a una scelta alimentare non dettata da necessità mediche specifiche e mantenimento della salute a lungo termine. Le analisi si focalizzano soprattutto sulla possibile riduzione del rischio di malattie cronicodegenerative: cardiovascolari, metaboliche, oncologiche. Vantaggi e svantaggi, che cosa dice la ricerca Il confronto tra le varie opzioni nutrizionali vegetariane, rispetto a un’alimentazione onnivora, conferma che la dieta vegana comporta il minor introito calorico, la minore assunzione di proteine, la maggiore assunzione di fibre e il miglior profilo lipidico [1]. Valutando le singole opzioni nutrizionali anche dal punto di vista dello Health Eating Index (HEI) e del Mediterranean Diet Score (MDS), la dieta vegana raggiunge i punteggi più elevati, grazie al limitato apporto di sodio e grassi saturi all’abbondante presenza di frutta e verdura. Se si considera invece l’adeguatezza dell’apporto relativo dei singoli nutrienti, l’analisi sottolinea che le altre opzioni vegetariane, sicuramente più “prudenti”, totalizzano punteggi man mano migliori, grazie alla progressiva minore carenza di nutrienti essenziali. Un’ulteriore conferma viene da una ricerca pubblicata recentemente [2], che ha confrontato l’adeguatezza nutrizionale della dieta non-vegetariana e di quella vegana nella popolazione finlandese. Anche in questo caso si sono messe in luce alcune specifiche carenze nutrizionali nella popolazione a più rigoroso regime alimentare, alcune delle quali come la carenza di vitamina D, risultano ancor più marcate in un Paese come la Finlandia, dove l’esposizione diretta alla luce solare è francamente ridotta. Altre carenze, come quella relativa allo iodio, risultano
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correlate sia alla scarsa assunzione di sale iodato, sia all’assenza, nella dieta vegana, del pesce. Anche in questo studio, quindi, si mette in luce un’apparente contraddizione tra un più favorevole profilo metabolico riscontrabile nei soggetti che seguono una dieta vegana, e un meno favorevole profilo nutrizionale, a meno di integrazioni adeguate. Proprio basandosi sul confronto tra le diverse scelte alimentari, onnivora, vegetariane e vegana, la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) ha stilato nel 2015 un documento dettagliato [3], nel quale analizza i potenziali rischi di carenza e riassume i principi di integrazione a cui è necessario adeguare le diete vegetariane e, ancor più, quella vegana. Proteine: in generale l’apporto è adeguato La letteratura disponibile sottolinea che, in generale, l’apporto proteico dei vegetariani nelle diverse varianti, è adeguato, anche se risulta lievemente inferiore rispetto a quello degli onnivori; sul versante vegano, invece, è necessario un adeguato bilanciamento. Analizzando più in dettaglio le diverse fasce d’età e condizioni, il documento SINU ricorda che la varietà della scelta, senza trascurare tutti i gruppi alimentari concessi cereali, legumi, semi e frutta secca a guscio, permette a vegetariani e vegani di evitare particolari carenze, anche in gravidanza o allattamento, o se svolgono attività agonistica. Una particolare attenzione viene suggerita per gli anziani, e riguarda l’adeguatezza dei consumi in generale, perché in questa fascia d’età si tende a
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ridurre tutti gli apporti nutrizionali. Infine, vegetariani e vegani non devono mai dimenticare che la digeribilità delle proteine vegetali integre da cereali in chicchi e legumi è lievemente inferiore rispetto a quella delle proteine da fonte animale. Inoltre, negli ortaggi può essere ridotta fino al 50%, proprio per la struttura di questi alimenti e per i processi di trasformazione che subiscono durante la cottura. Soltanto le preparazioni a base di proteine concentrate e purificate di soia e glutine mostrano una digeribilità quasi sovrapponibile a quella delle proteine animali. Attenzione ai livelli di vitamina B12 La carenza di vitamina B12 non deve essere invece mai trascurata nella dieta dei vegetariani e, soprattutto, dei vegani. Infatti, a seconda della scelta alimentare operata, l’esclusione di alimenti che contengono vitamina B12 metabolicamente utilizzabile porta, nel tempo, a manifestare forti carenze. Negli studi sulla correlazione tra scelte alimentari e depositi di B12, infatti, emerge che il rischio di carenza, è maggiore nei latto-ovovegetariani rispetto agli onnivori e ancora di più nei vegani. La vitamina B12 è indispensabile per la sintesi degli acidi nucleici, la formazione dei globuli rossi, il metabolismo di proteine e grassi, la funzionalità del sistema nervoso centrale e periferico. Segni e sintomi della carenza di B12 sono ben noti: stanchezza, mancanza di energia, pallore sottendono uno stato anemico; irritabilità, cefalea, depressione, fino a difficoltà di concentrazione e memoria, o disturbi del sonno
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sono altre manifestazioni associabili a carenza di vitamina B12 man mano più marcata. Anche la salute delle ossa può essere coinvolta. La SINU sottolinea che i prodotti fermentati a base di soia non possono essere considerati fonti affidabili di vitamina B12 attiva, mentre, per chi segue diete vegetariane, buone fonti di vitamina B12 sono latticini, uova e alimenti fortificati bevande fortificate di soia, o di riso, alcuni cereali per colazione e analoghi della carne. La raccomandazione è perciò quella di non sottovalutare mai lo stato della vitamina B12 non solo nei vegani, ma anche nei vegetariani, provvedendo all’integrazione se necessaria, con formulazioni sublinguali preferibili rispetto alle compresse e, nei bambini, con formulazioni in gocce. Calcio, vitamina D ferro e zinco Nelle diete vegetariane o vegane, fonti di calcio sono i legumi, la frutta secca mandorle o disidratata fichi e i semi oleaginosi, oltre ad alcuni tipi di verdura e alle erbe aromatiche, come la salvia e il rosmarino. Una quota importante di calcio è apportata da latte e latticini, per chi li include. Per tutti, un’ottima fonte è rappresentata dalle acque minerali ricche di calcio (fino a 300 mg/l). Tra le verdure, bisogna ricordare che spinaci, biete e foglie di rapa contengono molti ossalati, che riducono drasticamente la biodisponibilità del minerale. Ecco perché i soggetti a maggior rischio di carenza di calcio, rispetto agli onnivori, sono i vegani. Per quanto riguarda la vitamina D, è noto che l’alimentazione gioca un ruolo marginale nel mantenerne adeguati i livelli e che la sintesi endogena, stimolata dall’esposizione ai raggi UV, è la principale responsabile. La verifica di eventuali carenze, quindi, non deve essere mai sottovalutata, qualunque sia la scelta alimentare.
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Ferro. Il ferro contenuto nei cereali, nelle verdure, nella frutta, nei tuberi è in una forma particolare, la forma non-eme, la cui biodisponibilità è inferiore di almeno un terzo rispetto a quella del ferro eme contenuto nelle carni. Si stima che l’assorbimento del ferro in una dieta vegetariana sia perciò compreso tra il 5 e il 12% della quota complessiva assunta con gli alimenti. La dieta onnivora permette invece un tasso di assorbimento del ferro tra il 14 e il 18%. I vegetariani adulti, infatti, presentano minori riserve di ferro rispetto agli onnivori, nonostante i livelli di ferritina generalmente considerata un indicatore dei depositi endogeni del minerale siano sovrapponibili. Per questi motivi, il documento SINU è molto categorico: chi segue un’alimentazione priva di alimenti di origine animale deve aumentare dell’80% l’assunzione di ferro, ricorrendo a cibi che ne sono naturalmente ricchi come cacao e cioccolato fondente, semi di sesamo, lenticchie, piselli e fagioli secchi, lievito di birra, farina di soia, noci, mandorle, nocciole, quinoa, albicocche, fichi e prugne secche, muesli. Alcuni accorgimenti: • consumare molta frutta e verdura ricche di vitamina C, che aumenta l’assorbimento del ferro favorendo la conversione da Fe3+ a Fe2+: arance, limoni, mandarini, fragole, kiwi, pompelmi, peperoni, pomodori; • attivare le fitasi endogene, enzimi in grado di idrolizzare i fitati, complessi che riducono la disponibilità dei minerali, attraverso la preparazione dei cibi per macinazione, fermentazione, ammollo e germinazione di cereali e legumi e la lievitazione acida di pani; • assumere alimenti fortificati, a iniziare dai cereali per la prima colazione; • valutare con il proprio medico curante l’opportunità di un’integrazione. Zinco. Onnivori e vegetariani hanno livelli di assunzione di zinco simili; tuttavia, l’assorbimento nei primi raggiunge il 35% della quota totale assunta con gli alimenti, mentre, nei secondi, non supera il 26%. Per ovviare all’eventuale carenza, il consiglio della SINU è duplice, come nel caso del ferro, consumare cibi ricchi di zinco frutta secca, soprattutto anacardi e noci pecan, formaggi per chi
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Fitoterapia&Nutrizione li include, legumi, cereali, carote, ceci, semi di zucca, cereali integrali, muesli, lievito alimentare e non far mancare mai acido citrico contenuto nella frutta e acido malico presente nelle brassicacee, cioè broccoli, cavoli ecc., che ne aumentano l’assorbimento. Inoltre sono validi gli stessi consigli già elencati per il ferro. Alfa-linolenico, EPA e DHA Acido alfa-linolenico (ALA), acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA) sono gli acidi grassi omega3 di cui è necessario tenere sotto controllo apporto e livelli nei soggetti che seguono una dieta vegetariana non pesco-vegetariana e vegana. L’ALA è un grasso essenziale, non viene cioè prodotto dall’organismo e deve essere introdotto con la dieta. EPA e DHA non vengono sintetizzati in quantità soddisfacenti a partire da ALA: è quindi indispensabile che vengano assunti preformati con gli alimenti che ne sono ricchi. L’alimentazione onnivora che rispetti un adeguato apporto di pesce, garantisce livelli circolanti di omega-3 superiori rispetto alle diete vegetariane a esclusione di quella pesco-vegetariana e vegana. Nei vegetariani che non prevedono consumi di pesce e nei vegani si può assicurare una quota adeguata di ALA, privilegiando il consumo di noci, semi di lino e di chia e di oli derivati. È consigliabile aumentare l’assunzione di proteine, di piridossina e biotina, di calcio, rame, magnesio, zinco, che favoriscono la sintesi di EPA e DHA a partire da ALA. Infine, per i soggetti vegetariani e vegani con un aumentato fabbisogno sono disponibili integratori di omega-3 da fonti non animali (microalghe). Conclusioni La scelta di un’alimentazione che escluda, in tutto o in parte, gli alimenti di origine animale (carni, pesce, crostacei e molluschi, latte e latticini, uova) impone anche negli adulti sani una particolare attenzione all’adeguatezza dell’apporto di determinati nutrienti. Questa necessità emerge da numerose ricerche condotte in diverse condizioni, popolazioni e culture. La Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) ha stilato nel 2015 un Documento che riconsidera le principali carenze a cui sono esposti tutti coloro che non seguono un’alimentazione onnivora e che fornisce alcune indicazioni generali. Nello specifico: • l’apporto proteico va mantenuto a livelli adeguati soprattutto nelle fasce a rischio, bambini, anziani, tenendo conto che è indispensabile variare le fonti vegetali di proteine;
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l’apporto di vitamina B12 sottoscritto va attentamente monitorato ed eventualmente integrato con preparazioni ad alta biodisponibilità; l’apporto di calcio prevede un’attenta scelta alimentare che comprenda il consumo di acqua ad alto contenuto di calcio; le eventuali carenze di vitamina D necessitano di una supplementazione mirata; l’assorbimento di ferro e zinco deve essere facilitato con adeguate scelte alimentari e di preparazione dei cibi; infine, nei soggetti che seguono un’alimentazione che esclude il consumo di pesce, è necessario favorire l’assunzione di alimenti ricchi in acido alfa-linolenico e verificare l’adeguatezza dei livelli di EPA e DHA.
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Bibliografia: 1.
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Apotheca&Storia
ANTICA MEDICINA CINESE Giusi Sanci*
La medicina cinese si differenzia da quella occidentale per il suo approccio, in base al quale le malattie e le disfunzioni fisiche sono correlate agli aspetti psichici e spirituali della persona. La medicina cinese considera la realtà come unica, dove l'uomo compone una parte del tutto, infatti il singolo rappresenta un microcosmo che vive in relazione al macrocosmo, non divisibile al suo interno tra corpo e spirito, ma visto come un'unità inscindibile, tenendo fede al concetto filosofico dello Yin e dello Yang. Nella medicina tradizionale cinese viene infatti presa in considerazione l'interezza della persona e tutte le interrelazioni che esistono tra corpo, mente e ambiente esterno. Mentre la scienza medica nell'Occidente ha un approccio più analitico e quantitativo della malattia, soffermandosi sul sintomo, localizzato in una specifica area del corpo e ricercando l'elemento patogeno che lo ha generato, nella medicina cinese vengono considerati molti altri fattori che inquadrano il sintomo stesso in un quadro di disarmonia. Se il corpo manifesta un malessere deve esistere un elemento che ha generato uno squilibrio fra lo Yin e lo Yang, ovvero tra le forze attiva e passiva che governano il corpo. Nel testo taoista Tao Te Ching attribuito a Lao Zi, considerato il padre del Taoismo, il Tao è il principio che origina e permea tutte le cose. Il Tao si manifesta attraverso il Qi (soffio), i soffi leggeri salgono verso l'alto
Figura 1. Ideogramma di Qi
creando lo Yang, i soffi pesanti si dirigono verso il basso creando lo Yin, e l'uomo situato nel mezzo deve la sua vita all'eterno scambio dei due. L'uomo è quindi un piccolo universo nel grande universo, un microcosmo nel macrocosmo, e per sopravvivere deve aderire alle leggi che regolano il macrocosmo dal quale egli dipende. Questa legge cosmica che l'uomo deve seguire è il Tao, che non solo genera tutte le cose ma è anche la via, cioè la modalità da seguire per rimanere in armonia con se stessi e con il tutto. La polarità Yin/Yang viene raffigurata come una sfera divisa in due identiche metà sinusoidali intersecate l'una nell'altra, una di colore bianco e l'altra di colore nero con al loro interno un piccolo seme del colore opposto. La metà di colore nero con il seme bianco al suo interno è lo Yin che rappresenta
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l'aspetto femminile, negativo, ricettivo, interno, freddo, oscuro di ogni fenomeno. La metà bianca con il seme nero rappresenta lo Yang cioè il principio opposto e complementare, ovvero l'aspetto maschile, positivo, creativo, esterno, caldo e luminoso. Yin e Yang si creano e si controllano vicendevolmente, e si trasformano l'uno nell'altro. Questo concetto è fondamentale per la comprensione dell'antica medicina cinese, in quanto un comportamento non in linea con i principi del Tao porta ad un disequilibrio fra le due polarità che sono causa della malattia. Il testo classico che tratta lo Yin e lo Yang in modo preciso è l'Yi Ching, il Libro dei Mutamenti (700 a. C.). La teoria dello Yin e Yang venne applicata in modo del tutto naturale alla medicina, essa infatti permette di capire non solo la natura della malattia, e quindi di agire sulla causa della stessa, ma anche le caratteristiche primarie della persona, che consentono di prevedere a che tipologia di malanni essa potrebbe essere soggetta e di agire pertanto a livello preventivo. L'origine della scienza medica in Cina sarebbe dovuta al leggendario imperatore Shen-Nong, vissuto all'incirca nel 3000 a.C.. Grande esperto di erbe, l’imperatore scrisse il primo erbario contenente la descrizione di numerose piante e di alcune centinaia di preparazioni erboristiche, sperimentando l'effetto sia tossico che terapeutico su se stesso. All'inizio (2100-1100 a. C.) la medicina cinese era di tipo ancestrale dominata dal culto degli antenati, e dove la forma principale di diagnosi era la divinazione. Successivamente (1100-476 a. C.) venne praticata una medicina dominata da sciamanesimo e demonologia in cui la malattia era dovuta ad un attacco demoniaco e la terapia consisteva nell'esorcismo dei demoni. Il 476-221 a. C. è il periodo in cui prendono forma le teorie principali della medicina cinese: Qi, YinYang, il sistema delle corrispondenze, diagnosi del
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Figura 4. Yin e Yang
polso, canali e meridiani e i punti di agopuntura. In ambito medico sorsero e si strutturarono importanti scuole come la Taoista, la Naturalista e la Confuciana. Fra l'800 e il 200 a. C. venne scritto il più antico testo di medicina del mondo Il Canone interno dell'Imperatore Giallo, considerato il più antico scritto della teoria medica cinese. La medicina cinese e le sue pratiche si diffonderanno poi verso il Giappone. Tuttavia, mentre in Giappone la medicina europea fa sentire la sua influenza già verso la fine del XVI secolo d. C. attraverso i missionari portoghesi e i mercanti olandesi, in Cina, ed in particolare nelle zone interne, l'antica medicina tradizionale rimane pressoché inalterata, con tutto il suo ricco patrimonio di pratiche magiche e demoniache e di riti eseguiti con estrema meticolosità. Non potendo basarsi su un'anatomia scientifica, in quanto motivi etici imposero il bando alle dissezioni, salvo che durante il regno dell'imperatore Wang Mang (8-26 d.C.), i cinesi elaborarono teorie empiriche fondate su una serie di corrispondenze tra gli organi conosciuti e gli elementi naturali, i pianeti, i punti cardinali, ecc.. Cinque erano gli organi conosciuti come principali (cuore, polmoni, fegato, milza e rene sinistro), e altri ritenuti secondari (stomaco, intestino, cistifellea e vescica). Un grande e importante settore della medicina, quello della chirurgia, rimase inesplorato da tutti i medici cinesi fino alla fine dell'Ottocento. Infatti credenze e leggi sull'intoccabilità del corpo umano (il paziente non veniva toccato
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tranne che per la palpazione dei polsi arteriosi) aveva fatto sì che i medici costruissero una semiotica medica basandosi sull'anamnesi raccolta dal paziente e seguendo con la vista le zone del corpo di una statuetta, che riproduceva il corpo umano nudo, sulla quale il malato indicava le zone dove avvertiva i disturbi. Era infatti proibito spogliarsi davanti al medico. Oltre all'anamnesi il medico si limitava all'ispezione delle parti scoperte, alla valutazione degli odori, all'ascolto dei suoni (voce, respiro, tosse, singhiozzi) e alla palpazione con tre dita dei polsi arteriosi. Lo studio del polso arterioso fu uno dei campi in cui si impegnarono maggiormente i medici dell'antica Cina, e anche se l'osservazione della lingua, del colore degli occhi, della forma delle orecchie fu una parte importante, lo studio del polso rimase al centro della medicina stessa. Gli antichi medici cinesi palpavano il polso carotideo, delle arterie temporali, ma soprattutto con metodi particolari e complicati, il polso radiale di destra e di sinistra. Lo studio del polso rivelava lo stato di salute di un organo, infatti mentre a
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destra in un suo specifico tratto il polso rivelava lo stato di salute dei polmoni e in un altro tratto più a valle quello dello stomaco e della milza, a sinistra nel tratto più alto il polso radiale faceva riferimento al cuore e in quello più in basso al fegato. Nonostante queste limitazioni fondamentali, la medicina cinese giunse in alcuni punti ad un livello superiore alla medicina medioevale europea, e talvolta anche a quella rinascimentale: intuì e affermò, senza dimostrarla scientificamente, la circolazione del sangue ed elaborò una concezione empirica, ma riccamente sperimentata, dei riflessi. A quest'ultima si ricollega quello che fu il maggior sistema terapeutico dalla medicina cinese tradizionale e ora rivalutato: l'agopuntura. Si tratta di una pratica terapeutica antichissima, già in uso nella Cina nel 2700 a.C., che consiste nell'introduzione di aghi, di lunghezza e dimensioni diverse, in determinati punti del corpo corrispondenti alla sede del malanno. Le punture vengono eseguite durante l'inspirazione, fino al derma e condotte profondamente nell'espirazione per ottenere un effetto analgesico. Vengono usati a seconda dei casi aghi d'oro, d'argento, d'acciaio, freddi o caldi, a punta smussa, triangolare o lanceolata, oppure aghi di polvere di artemisia incendiati, secondo un complesso schema di corrispondenze con organi interni. Anche se queste terapie non ottenevano gli effetti molteplici che a esse attribuiva la medicina tradizionale cinese, si è dimostrato che esse sono realmente efficaci in una serie di disfunzioni nervose, reumatiche e artritiche. Il meccanismo d'azione
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dell'agopuntura può ricondursi ad un'azione revulsiva per afflusso leucocitario e di siero lungo la linea di infissione oppure allo sviluppo di riflessi neuro-vegetativi. La teoria dell'agopuntura si basa sul presupposto che le funzioni corporee sono regolate da un'energia (Qi) che scorre attraverso il corpo, e l'interruzione di questo flusso è ritenuto responsabile della malattia. L'agopuntura è appunto una delle procedure che mirano a correggere gli squilibri nel flusso, tramite la stimolazione di sedi anatomiche situate sotto la pelle chiamati meridiani, che rappresentano i canali del flusso di energia. I primi riferimenti bibliografici di questa pratica sono presenti nell'antico testo cinese il Canone interno dell'imperatore Giallo. Largamente sviluppate erano le varie forme di idroterapia e tutte le arti tipicamente orientali di controllo dei riflessi, dei muscoli e della respirazione. Nel campo della farmacologia la scienza tradizionale cinese, che in questo settore era legata all'alchimia, ebbe un larghissimo corredo di conoscenze, testimoniato, tra l'altro, da un grande compendio il P'en-Tsao, un'opera che cita oltre 10.000 ricette e pratiche mediche, e descrive nei minimi particolari le proprietà di erbe, prodotti animali e minerali. Da questo massimo documento della medicina tradizionale cinese, si nota come in Cina si conoscessero e applicassero ad uso terapeutico i derivati del mercurio contro la sifilide, dell'arsenico contro le febbri intermittenti, della segale cornuta a scopo ginecologico, e del ferro contro l'anemia. L'Efedra sinica, pianta che contiene l'efedrina, un potente alcaloide, veniva usata per calmare la tosse ed eliminare i disturbi respiratori, la Dichroa febrifuga veniva impiegata per abbassare la febbre, l'olio di Chaulmoogra per curare le lesioni cutanee e della lebbra. Si conosceva anche l'azione energizzante delle radici del Ginseng. Nella scelta dei rimedi bisognava prenderne in considerazione anche il colore che determinava l'organo bersaglio (ogni organo infatti
Theriaké
Figura 9. Dichroa febrifuga.
è associato ad un colore). In linea di massima i rimedi verdi si dirigeranno verso il fegato, i rossi verso il cuore, i gialli verso la milza, i bianchi verso il polmone e i neri verso i reni. Nella medicina tradizionale cinese la terapia erboristica era fondamentale nella cura delle patologie internistiche, ma mentre nella medicina occidentale l'attenzione andava sempre alla composizione chimica, in quella cinese ogni pianta possiede un sapore ed una natura in grado di muovere il Qi all'interno del corpo e dei meridiani in maniera specifica. Si può concludere dicendo che dell'antica medicina cinese, anche se lontana dai principi della medicina occidentale tradizionale, ci restano comunque il formidabile lavoro di pensiero e le mirabili costruzioni teoriche che hanno permesso di anticipare di molti secoli alcune conoscenze scientifiche che oggi riteniamo essere del tutto valide.
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Anno II Numero 22 – Ottobre 2019
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