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SUCCESSI DISCOGRAFICI VENUTI DA LONTANO
Alcuni cantanti hanno reso popolari i loro paesi all’estero, altri ne hanno mostrato un volto diverso. Ma tutti hanno in comune un successo folgorante, che spesso ha portato i loro brani nelle case di tutto il mondo.
36 051 COMPAY SEGUNDO, CHAN CHAN (CUBA) x Non occorre cercare lontano la fonte dell’eterna giovinezza, è sufficiente ascoltare Compay Segundo. Basta osservare la vita di questo grande musicista cubano per capire che è un metodo che funziona. Máximo Francisco Repilado Muñoz, questo il suo vero nome, divenne infatti una star internazionale alla veneranda età di 90 anni con l’uscita dell’album Buena Vista Social Club, colonna sonora dell’omonimo film di Wim Wenders, dopo oltre mezzo secolo trascorso sul palco come figura di secondo piano in varie formazioni. Da vero cubano abile con l’armónico (strumento a sette corde da lui inventato, un ibrido tra la chitarra spagnola e il tres cubano) quanto con le foglie di tabacco (fu operaio in una manifattura di sigari), Compay Segundo ha continuato a fumare il suo puro quotidiano e a suonare il suo brano più famoso, Chan Chan, fino alla morte, all’età di 95 anni. Ì Il Buena Vista Social Club era un celebre locale dell’Avana, situato nel quartiere di Marianao. Chiuso poco dopo la rivoluzione, il club ha dato il nome al disco con cui il chitarrista americano Ry Cooder ha reso omaggio ai musicisti veterani che vi avevano suonato; Ry e Compay Segundo avevano anche cercato di individuare il punto in cui si trovava il club – invano. Per riscoprire le atmosfere cubane degli anni ’40 recatevi al Tropicana, aperto nella stessa epoca e nello stesso quartiere dell’Avana, e tuttora in attività.
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052 BJÖRK, DEBUT (ISLANDA) x L’abbiamo vista ballare per Lars von Trier, sfilare sul red carpet con un abito a foggia di cigno, camuffarsi con maschere stravaganti e parrucche improbabili, ma è sempre stata la sua voce a rimanere più impressa e a fare di Björk un’artista inimitabile. Dal punk degli esordi alla sperimentazione tecno strumentale degli ultimi album, la musica di Björk ha cambiato forma mille volte, ma senza mai allontanarsi dalla sua profonda idiosincrasia. Questa cantante è probabilmente la più illustre ambasciatrice del suo paese, l’Islanda, terra alla quale si ispira in maniera più o meno profonda a seconda degli album, ma di cui continua a diffondere il sensuale timbro glaciale. La sua tecnica di canto sembra discendere dai rímur, i poemi epici islandesi che per essere recitati a cappella richiedono un’ampia e potente tessitura vocale da parte dell’interprete. L’album più islandese di Björk è sicuramente il primo inciso da solista, Debut, scritto nei 10 anni in cui, prima di trasferirsi a Londra, l’artista viveva a Reykjavik e cantava nel gruppo The Sugarcubes. Ì Dal 1999 un grande festival di musica riunisce ogni anno a Reykjavik i più famosi gruppi e cantanti rock, di solito tra fine ottobre e inizio novembre: vi si sono esibiti The Shins, The Rapture, Florence and the Machine, i Klaxons, gli Hot Chip, The Flaming Lips e Fatboy Slim, oltre ovviamente a Björk.
053 NATACHA ATLAS, DIASPORA (MAGHREB) x Già dal titolo del primo album da solista di Natacha Atlas, Diaspora, si intuivano le intenzioni e la vocazione transfrontaliera di questa cantante, che per origini e patronimico era predestinata a una carriera internazionale. Nata in Belgio da padre di origine egiziana e madre inglese convertitasi all’islam, Natacha Atlas ha debuttato come cantante in un gruppo con un altro nome emblematico – Transglobal Underground – prima di elaborare una sintesi personale tra la musica elettronica occidentale e lo chaâbi,
la musica popolare tradizionale del Maghreb. Attingendo anche al drum’n’bass e al reggae, i suoi dischi sono pervasi dalla straordinaria omogeneità della sua voce, il cui timbro caratteristico è riconoscibile anche in numerose musiche di film, da Il mondo non basta e Le crociate fino a Hulk.
Ì Lo chaâbi, profondamente radicato in Marocco e in Algeria, è un genere popolare associato alle feste, in particolare al matrimonio. D’ispirazione arabo-andalusa, la sua strumentazione varia da una regione all’altra, ma vi si ritrovano quasi sistematicamente la darbuka (un tamburo) e una sorta di violino. Algeri resta uno dei principali centri di questa musica, che si sente suonare spesso nei ristoranti e nei caffè.
054 MADREDEUS, O PARAÍSO, (PORTOGALLO) x Quella dei Madredeus è la storia di un viaggio di andata e ritorno: dal Portogallo al Brasile e dalla bossa nova di nuovo verso il fado. Una vera e propria sinergia di musiche e stili di canto differenti, che però hanno un punto fondamentale in comune: la lingua portoghese. La voce di Teresa Salgueiro è stata la colonna portante della formazione, che si è sciolta dopo l’abbandono della sua cantante simbolo. Dopo anni passati lontano dalle scene, il gruppo è tornato a riunirsi nel 2012, in occasione dei 25 anni della sua fondazione, attorno alla figura centrale di Pedro Ayres Magalhães (uno dei due fondatori storici, alla chitarra classica) dando nuovamente prova del segno indelebile che ha lasciato nella scena musicale portoghese – basti pensare alla realizzazione nel 1994 della colonna sonora del film Lisbon Story di Wim Wenders – oltre che della popolarità di cui gode ancora oggi non solo in patria ma anche nel resto d’Europa e in Brasile, dove si è esibito più volte.
Ì I Madredeus devono il loro nome a una chiesa situata a Lisbona nel quartiere dell’Alfama, ma hanno un debito di riconoscenza ancora maggiore con un altro edificio religioso della capitale portoghese, l’antico Convento de São Francisco de Xabregas, odierno Teatro Ibérico, dove registrarono i loro primi dischi. In questa cornice d’eccezione si tengono ancora oggi spettacoli e concerti.
055 TARKAN, ŞIMARIK, ( TURCHIA) x Con ferrea determinazione Tarkan è riuscito a sfondare nel mercato internazionale della musica pop senza rinunciare alla sua lingua madre, fatto rarissimo nell’industria discografica. La sua canzone più famosa, Şımarık, sebbene cantata in turco ha conquistato il pubblico non solo grazie a un mix di sonorità e tematiche tipiche del pop turco, ma anche per un suono universale: quello del bacio. Nella versione inglese si intitola infatti Kiss Kiss. Il brano ha fatto il giro del mondo, seguito ben presto da Tarkan in persona, che ha tenuto concerti da Mosca a Città del Messico, da Dubai a Monaco. In seguito il cantante ha pubblicato un disco in inglese, ma solo tornando a cantare in turco ha ritrovato il successo. Ì Pur avendo debuttato e fatto carriera a İstanbul, Tarkan, nato nella Renania-Palatinato, è uno dei più celebri prodotti dell’emigrazione turca in Germania, favorita a partire dal 1961 dalla firma di una convenzione tra la Repubblica Federale Tedesca e la Turchia per il reclutamento di manodopera. Fatih Akın, suo coetaneo e altro figlio di questa diaspora, è oggi uno dei cineasti più importanti in Germania, autore di film che indagano sul rapporto dei turchi tedeschi con le loro origini, quali Ai confini del paradiso e Soul Kitchen. VIAGGIARE IN POLTRONA
056 DANA INTERNATIONAL, DIVA (ISRAELE) x Siamo onesti: l’Eurovision Song Contest ormai non assomiglia più al festival canoro che aspirava a dare a ogni paese la possibilità di schierare in gara artisti che si esibissero nella loro lingua d’origine, dal momento che oggi la stragrande maggioranza delle canzoni è interpretata in inglese. Non così Diva, eseguita in ebraico, uno dei pochissimi brani non in inglese ad aver vinto il concorso negli ultimi 20 anni. E non è l’unico merito di questo motivo ballabile, la cui cantante, Dana International, ha dovuto duramente battagliare per conquistarsi il diritto di rappresentare il proprio paese, vincendo le obiezioni della frangia più conservatrice d’Israele che era contraria ad affidare il ruolo di ambasciatrice del pop a un’artista transessuale.
Ì Diva celebra le donne di potere della storia dell’umanità, prima tra tutte la regina d’Egitto, Cleopatra: un ulteriore segno dell’apertura mostrata da Dana International, che ha scelto questo nome d’arte non a caso, visto che canta anche in arabo, inglese e francese. Una bella testimonianza del cosmopolitismo che ancora resiste in Israele nonostante i conflitti che oppongono il paese agli stati confinanti, oltre che un invito ad andare alla scoperta di questa nazione tanto piccola per superficie quanto ricca di storia, cultura e varietà paesaggistica – tra Mediterraneo, Mar Morto, deserto del Negev e monti verdeggianti della Galilea.