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VISITARE PARIGI SENZA SPOSTARSI DA CASA
Per assaporare i piaceri della Ville Lumière non serve bighellonare sotto la pioggia o rinchiudersi in un vagone sovraffollato della metropolitana. Accendete il televisore e guardate sfilare sullo schermo i monumenti, i quartieri e i luoghi simbolo della capitale francese.
y Nel suo piccolo l’edificio è come il film, monumentale. Albergo Nord è un classico tra i classici, realizzato dal più classico dei registi francesi, Marcel Carné. Ecco un capolavoro per il quale la definizione di ‘realismo poetico’ non è sprecata: ritratto della miseria sociale delle classi proletarie osservate con un naturalismo degno di Zola, e tenero sentimentalismo sulle acque del Canal Saint-Martin che scorre in mezzo alla città. Il completo di Louis Jouvet, il sarcasmo di Arletty e i dialoghi ricchi di battute di Henri Jeanson (alcune diventate espressioni di culto, come ‘Atmosphère, atmosphère!…’) hanno garantito al film un posto privilegiato nell’immaginario cinematografico di Parigi.
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æ I dintorni dell’Hôtel du Nord, compreso il Canal Saint-Martin, furono ricostruiti negli studi cinematografici di Boulogne
Billancourt, in quanto il peso delle attrezzature, in particolare quelle per il sonoro, rendeva complicate le riprese sul posto – tuttavia le immagini di apertura della facciata dell’albergo e del canale sono reali. L’Hôtel du Nord esiste ancora, di fronte alla chiusa ‘des Récollets’, ed è stato riconvertito in un intimo e moderno caffè-ristorante, che ovviamente non manca di ricordare i suoi mitici trascorsi cinematografici.
132 I 400 COLPI François Truffaut, 1959, Francia
y Prima ancora di passare alla regia François Truffaut era famoso nell’ambiente cinematografico per la virulenza con cui criticava la ‘qualità francese’ – espressione usata per designare ironicamente le produzioni sterotipate e distaccate dalla società allora imperanti nel cinema transalpino – dalle colonne delle riviste Cahiers du cinéma e Arts, dove invocava un VIAGGIARE IN POLTRONA
rinnovamento, sia sostanziale sia formale, dei film francesi. Questa premessa per dire con quale interesse fosse atteso al varco quando realizzò il suo primo lungometraggio. Il risultato fu all’altezza delle aspettative: d’ispirazione autobiografica, questa narrazione delle marachelle di un bambino poco amato lanciò la carriera di JeanPierre Léaud, portato in trionfo a Cannes, e segnò il primo successo di pubblico della Nouvelle Vague.
æ Una delle linee guida dei giovani turchi della Nouvelle Vague era utilizzare ambienti reali per la realizzazione dei film. Per Truffaut l’ambiente era quello della sua infanzia, ai piedi della collina di Montmartre, tra Place Pigalle e Place de Clichy. Su quest’ultima piazza sorgeva il Gaumont-Palace, con una capienza di seimila posti, il cinema dove la famiglia Truffaut andava settimanalmente. Nel film il sagrato della Basilique du Sacré-Cœur è il punto da cui il fuggitivo si gode una splendida alba su Parigi.
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UN AMERICANO A PARIGI
Vincente Minnelli, 1951, Stati Uniti
y Parigi è ancora più bella vista da oltreoceano. Il leone della Metro Goldwin Meyer non si limitò a ricostruire la capitale francese nei suoi studios, ma riuscì a ricreare una Parigi identica a quella immaginata dagli americani! Se il quartiere di Montmartre, i moli della Senna avvolti dalla nebbia e gli allegri atelier e le modeste camere degli artisti della Parigi bohémienne furono resi in modo credibile, l’illusione è magnificamente consapevole nel balletto di oltre un quarto d’ora che chiude il film e costituisce il momento clou del musical. Gene Kelly e Leslie Caron ballano su musica di George Gershwin in una Parigi colorata ed euforica che comprende i luoghi romantici più famosi e i simboli della belle époque. Il compositore non sarebbe arrossito a vedere questo adattamento del suo balletto, né l’interpretazione di I’ll Build a Stairway to Paradise di Georges Guétary. æ Ogni scenografia della grandiosa sequenza del balletto finale fu disegnata da Irene Sharaff in omaggio a un pittore: Place de la Concorde si ispira allo stile di Raoul Dufy, il mercato dei fiori a quello di Manet e Place de l’Opéra a Van Gogh. Il riferimento più riconoscibile (anche perché si può leggere il nome del pittore in questione) è quello a Toulouse-Lautrec, i cui famosi manifesti e disegni del Moulin Rouge prendono vita al passaggio di Gene Kelly.
Passeggiata sul lungosenna in Midnight in Paris
134 OGNUNO CERCA IL SUO GATTO Cédric Klapisch, 1996, Francia
78 y Cédric Klapisch ha preso la Bastiglia per le corna, quasi fosse un toro. Ognuno cerca il suo gatto racconta la trasformazione del quartiere, che da popolare è diventato di lusso dopo la costruzione dell’Opéra, attraverso le storie dei suoi veri abitanti, che interpretano sé stessi sullo schermo. Con la sua aria documentaristica, il film ricostruisce la piacevole atmosfera di questa zona di Parigi, non come una cartolina, ma quasi come una lettera d’amore. æ Così vicina, eppure già così lontana: la Bastille, e soprattutto il perimetro attorno a rue des Taillandiers, sono assai cambiati dai tempi delle riprese sia sul piano urbanistico sia su quello demografico. Klapisch e alcuni suoi attori (tra cui Renée Le Calm, ‘la vecchia’ del quartiere e del film) ne hanno dato testimonianza circa cinque anni più tardi, in un documentario contenuto nella prima edizione in DVD del film. Le PauseCafé, un locale in rue de Charonne dove sono state girate diverse scene, ha aumentato da allora non solo la sua notorietà ma anche i suoi prezzi.
135 FINO ALL’ULTIMO RESPIRO Jean-Luc Godard, 1960, Francia
y Nell’estate del 1959 chi vedeva Jean Seberg strillare ‘New York Herald Tribune!’ sugli ChampsÉlysées e passeggiare in compagnia di Jean-Paul Belmondo poteva pensare di tutto tranne che fosse cinema. Economia e discrezione nelle riprese: per realizzare le carrellate, niente binari a terra né troupe numerosa, ma Jean-Luc Godard che spinge un triciclo da postino munito di cassone dove, sotto un finto pacco postale, è nascosto il suo operatore, Raoul Coutard. In due, Coutard e Godard mettono a punto una tecnica di ripresa ‘dal vivo’ alla quale il primo, esperto documentarista, è abituato, ma che il secondo vuole applicare al cinema d’autore. La piccola troupe filma per strada, con attrezzature leggere e una libertà estetica che Godard radicalizzerà in fase di montaggio. La sua carriera di demolitore di tabù cinematografici non era che agli inizi.
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Woody Allen, 2011, Stati Uniti/Spagna
y Woody Allen ha avuto pochissime occasioni di girare a Parigi (i costi di produzione nella capitale francese sono estremamente elevati), perciò ogni sua incursione nella Ville Lumière è impregnata di un’atmosfera onirica che si ritrova di rado nel resto della sua filmografia. In Tutti dicono I love you Goldie Hawn si libra con leggerezza nell’aria della notte parigina ballando sul Quai de la Tournelle, mentre in Midnight in Paris il regista risuscita, nel corso di diversi viaggi a ritroso nel tempo, la Montparnasse, la Saint-Germain-des-Prés e la Montmartre frequentate da Pablo Picasso, Salvador Dalí, Luis Buñuel, Man Ray, Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald… per poi approdare alla belle époque e portare in scena Edgar Degas, Henri de Toulouse-Lautrec e Paul Gauguin. æ I personaggi dei film di Woody Allen appartengono quasi sempre a un ceto sociale elevato, o molto elevato, perciò non stupisce vedere Owen Wilson e Rachel McAdams, i protagonisti della pellicola, soggiornare al Bristol, uno dei più famosi alberghi a cinque stelle di Parigi, o passeggiare in Place Vendôme. Più accessibile, ma altrettanto turistico, è il giro che fanno al mercatino delle pulci di Saint-Ouen e tra le bancarelle di libri sistemate lungo la Senna nel tratto tra Pont Marie e il Quai du Louvre e in quello tra il Quai de la Tournelle e il Quai Voltaire. Oltre che nel Musée Rodin e nel Musée de l’Orangerie, Woody Allen ci porta anche fuori Parigi a visitare Versailles e i giardini di Monet a Giverny.
strade simili a quelle percorse tutti i giorni dagli spettatori. Gli Champs-Élysées riecheggiano del trambusto quotidiano, brulicanti di caffè e cinema – il Normandie, nel cui atrio Belmondo si passa il pollice sulle labbra davanti a una foto di Bogart. La coppia fa un giro notturno in Place de la Concorde, prima di concludere la sua corsa dietro Boulevard Montparnasse, in rue Campagne Première, luogo prediletto della Parigi bohémienne, in passato frequentata da Modigliani, Picasso, Ernst e Giacometti.
137 UN MOSTRO A PARIGI Bibo Bergeron, 2011, Francia
y La spettacolare piena della Senna, nel 1910, offuscò un altro evento non meno sensazionale
verificatosi in quei giorni: la comparsa a Parigi di una pulce gigante con una sciarpa rossa e un cappello nero, che suonava la chitarra e camminava incerta sui tetti della Basilique du Sacré-Cœur. Per fortuna un secolo più tardi, causa prescrizione, Bibo Bergeron ha reso giustizia a questo avvenimento straordinario, per cui all’epoca si mobilitarono i vertici della polizia, in un film d’animazione con musiche firmate da Matthieu Chedid e Patrice Renson.
æ Per ricreare la Parigi del 1900 Bibo Bergeron ne ha rivisitato gli elementi chiave, ovvero i simboli cittadini dell’art déco, rappresentati dalle più significative costruzioni in ferro del secolo precedente: la Tour Eiffel, la grande serra del Jardin des Plantes (riaperta al pubblico nel 2010), il Pont des Arts (oggi noto per
le migliaia di lucchetti dell’amore) e la funicolare di Montmartre (che ogni anno trasporta più di tre milioni di persone alla Basilique du Sacré-Cœur). Il nome dato alla creatura mostruosa, Francœur, è invece un omaggio ai vecchi studi cinematografici Pathé, di cui resta il solo portone, situati in rue Francœur, dove ora studiano gli iscritti alla più importante scuola europea di cinema, la Fémis.