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SE IL BRASILE FOSSE UN RACCONTO
Esplorare le favelas di Rio da cima a fondo, percorrere al galoppo i paesaggi aridi del sertão, attraversare un fiume infestato da coccodrilli in Amazzonia… tutte esperienze brasiliane accessibili a chiunque grazie al cinema e alla letteratura.
214 CENTRAL DO BRASIL (RIO E NORDESTE) Walter Salles, 1998, Brasile/Francia
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118 y La Central do Brasil, la principale autostazione di Rio de Janeiro, è il punto da cui hanno inizio numerosi viaggi. Quello del bambino interpretato da Vicinius de Oliveira (che lavorava come lustrascarpe prima di recitare nel film), che un’insegnante che si mantiene scrivendo lettere per conto di analfabeti porta nel nord del paese alla ricerca del padre dopo l’incidente d’autobus costato la vita alla madre; quello della troupe del film, che ha fatto incetta di riconoscimenti internazionali, soprattutto a Berlino e al Sundance Festival; infine quello di Walter Salles, che dopo questo trionfo continuerà sulla felice strada del road movie con I diari della motocicletta, tratto dal diario di Che Guevara, e On the road, tratto dall’omonimo romanzo di Kerouac. Ì Dalla folla che frequenta tutti i giorni la Central do Brasil fino ai paesaggi disabitati del sertão, il film descrive bene il paese (il quinto al mondo per estensione) e illustra in modo abbastanza fedele quale sia il miglior modo di attraversarlo quando non ci si può permettere un biglietto aereo: l’autobus (la rete ferroviaria è quasi inesistente). I personaggi toccano varie località dello stato di Bahia (Vitoria da Conquista, Milagres, Xique-Xique) e la città di Arcoverde, nello stato del Pernambuco, note per il clima tipico del Nordeste, sempre più arido via via che ci si allontana dal litorale.
215 L’UOMO DI RIO (RIO/ BRASILIA/AMAZZONIA) Philippe de Broca, 1964, Francia
y Non potendo filmare le avventure di Tintin in Sud America, Philippe de Broca si accontentò di quelle di Jean-Paul Belmondo in Brasile, che durante una licenza di otto giorni si ritrova coinvolto in un lungo inseguimento sulle spiagge di Rio, nella capitale nuova di zecca di Brasilia e nel profondo della giungla amazzonica. La sceneggiatura attinge con brio idee e talvolta intere scene dalle storie a fumetti di Hergé, ma l’irrefrenabile energia di Belmondo lanciato a tutta birra alla ricerca della sua amata, il fascino di Françoise Dorléac nelle
vesti di ‘figlia del professore’ e lo spirito goliardico che pervade questa caccia al tesoro malteco generano un’alchima singolare, divertente e, va da sé, esotica.
Ì Rio de Janeiro è una di quelle città che si riconoscono a prima vista, anche senza avervi mai messo piede: la spiaggia di Copacabana, il bonde (tram del quartiere di Santa Teresa, attualmente fuori servizio) che passa sull’acquedotto di Lapa, e, naturalmente, il Cristo sul Corcovado sono luoghi familiari a tutti. Più originale è la parte che si svolge a Brasilia. Inaugurata appena due anni prima delle riprese, la nuova capitale brasiliana, progettata da Niemeyer e costruita da zero in mezzo al nulla, era ancora parzialmente in cantiere quando fu girato il film e fornì uno sfondo surreale a una storia che a tratti sfiora volutamente l’assurdo.
216 CAPITANI DELLA SPIAGGIA (SALVADOR DE BAHIA) Jorge Amado, 1937
w La povertà estrema colpisce da decenni una parte importante della popolazione brasiliana ed è
La spiaggia di Ipanema in City of God
entrata, suo malgrado, a far parte dei cliché di un paese dove il sole è irrimediabilmente associato alla miseria. Capitani della spiaggia è all’altezza della fama letteraria di Jorge Amado, considerato il più grande scrittore brasiliano del Novecento: non c’è traccia di miserabilismo in questa cronaca di un gruppo di ragazzini che oppongono a un destino segnato una feroce volontà di vivere e un’astuzia usata in maniera quasi scientifica.
Ì Nonostante gli studi a Rio e l’esilio in Europa dovuto alle sue simpatie comuniste, Jorge Amado non rinnegò le proprie origini bahiane, tant’è vero che la ‘baia di tutti i santi’ fa da cornice alla maggior parte dei suoi scritti. La popolarità dell’autore a Bahia e nel resto del Brasile non è venuta meno neppure dopo la sua scomparsa, nel 2001: nel 2012 in varie località del paese si sono tenute mostre per celebrare il centenario della sua nascita, a Ilheus c’è una statua che lo ritrae seduto al Café Vesuvio
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CITY OF GOD (RIO)
Fernado Meirelles e Kátia Lund, 2002, Brasile
y Non si esce indenni da City of God… sempre che se ne esca vivi. La violenza che si abbatte senza distinzioni sugli abitanti di questa favela non lontana da Rio è tanto più intollerabile se si pensa che è stata una costante della vita quotidiana fino a tempi molto recenti, e in particolare nel periodo trattato dal film (dal 1960 al 1990). La scelta di attori non professionisti, provenienti essi stessi dalle favelas, la ripresa quasi improvvisata di certe scene e il realismo di inquadrature fatte con la cinepresa in spalla resero ancora più violento lo schiaffo dato dall’uscita di City of God: fino ad allora, nessun lungometraggio aveva affrontato in maniera così diretta la piaga delle gang nelle favelas brasiliane. Ì La Cidade de Deus fu costruita nel 1960 nell’ambito di un vasto progetto di urbanizzazione teso ad allontanare le favelas dal centro di Rio. Nei primi 20 anni il quartiere fu il rifugio di assassini e narcotrafficanti, ma la successiva comparsa di associazioni sportive e artistiche ne migliorò le condizioni di vita. Nel 2009 un reparto della ‘Policia Pacificadora’ ha reso il quartiere più sicuro – Barack Obama è addirittura andato a dare due calci a un pallone con i giovani del luogo nel 2011.
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Marcel Camus, 1959, Francia/Italia/Brasile
y Le corde della lira sono diventate quelle di una chitarra, che ha il potere di far sorgere il sole e reca scritte sulla cassa di legno le parole: Orfeu é meu mestre (‘Orfeo è il mio maestro’). Immersa nella cultura della bossa nova e del Carnevale carioca, questa rilettura colorata e solare del mito di Orfeo ed Euridice da parte di Marcel Camus svelò una parte di Rio ancora poco esplorata dal cinema, il mondo delle favelas, e vinse la Palma d’Oro al festival di Cannes e l’Oscar come miglior film straniero. Ì Il Morro da Babilônia, dove Marcel Camus ha girato gli esterni di Orfeo negro, è una favela situata sulle alture che circondano Rio (tutto il film regala peraltro splendidi panorami sulla baia), tra i quartieri di Botafogo, Urca, Leme e Copacabana. Come la maggior parte delle favelas cittadine, Babilônia fu per anni alla mercé di bandidos, ma nel 2009 è stata ‘pacificata’ dall’esercito brasiliano e oggi ospita un reparto di polizia che veglia sulla sua popolazione. Le favelas si possono visitare prendendo un moto-taxi locale – un’esperienza memorabile – ma è preferibile farsi accompagnare da una guida conosciuta nel quartiere, qualunque sia la favela.
© RUE DES ARCHIVES / RDA
e la fondazione ‘Casa de Jorge Amado’, nel quartiere turistico del Pelourinho, a Salvador de Bahia, conserva e diffonde la sua opera. Quanto ai ‘capitani della spiaggia’, a Bahia è ancora questo il soprannome dato ai giovani ladruncoli che derubano i turisti un po’ distratti…
120 219 GRANDE SERTÃO (SERTÃO) João Guimarães Rosa, 1956 w Il testo di questo libro è una foresta tropicale ridondante di vocaboli e dialetti del sertão, ricca di specie animali e vegetali sconosciute in Europa, popolata di ombre e miti
nascosti negli angoli più affascinanti, e sulla quale si allunga l’ombra invisibile e ambigua del diavolo. Una foresta difficile da penetrare per il modo in cui questa opera monumentale sovrappone i livelli di lettura e tesse il filo di un monologo così barocco e ardito che bisogna conoscere la lingua dell’io narrante prima di iniziare a comprenderla. Tale è il prezzo da pagare per accedere alla ricchezza letteraria di João Guimarães Rosa, poliglotta, medico e diplomatico, che riunì in questo romanzo la summa della sua scienza ed esperienza.
Ì Il sertão è l’equivalente brasiliano del Far West americano: una terra di frontiera oltre la quale gli uomini sono abbandonati a se stessi, si amano e si divorano con sprezzo della legge. Il termine, che letteralmente significa ‘entroterra’, fu introdotto dai portoghesi nel XVI secolo e in origine designava la vasta regione (circa 950.000 kmq) che si trovava alle spalle della costa colonizzata, nel nord-est del paese. Per estensione, oggi è applicato alle immense aree rurali fuori dai grandi agglomerati urbani e ha generato una mitologia e figure proprie come il Jagunço (mandriano) e il Cangaceiro (fuorilegge), fondamentali in questo romanzo. Il Parque Nacional Grande Sertão Veredas, una distesa di oltre 230.000 ettari a cavallo tra gli stati di Bahia e del Minas Gerais, è stato così
chiamato in onore di João Guimarães Rosa perché il titolo originale del libro è Grande Sertão: Veredas.
220 CUORE NUMEROSO (MINAS GERAIS/RIO) Carlos Drummond de Andrade
w A Drummond de Andrade ci si accosta con lo stesso spirito con cui ci si avvicina al Brasile: da lontano il paese e la sua poesia sembrano formare un blocco omogeneo, ma avvicinandosi si scoprono una varietà e un sapore impensabili. Se la poesia di Drummond de Andrade è tanto apprezzata dai brasiliani, probabilmente è perché
Il mito di Orfeo rivisitato durante il Carnevale di Rio in Orfeo negro
assomiglia al paese senza rinunciare all’impronta personale del suo autore, è modernista senza essere ermetica: i languidi pomeriggi d’amore dietro le imposte chiuse di una camera di Rio o la rievocazione ironica della passione popolare per il feijão, il fagiolo nero eretto a piatto nazionale, hanno un sapore familiare, eppure nuovo.
Ì Carlos Drummond de Andrade fu elevato al rango di poeta nazionale, tant’è vero che una sua poesia (‘Canção Amiga’) compariva sulle banconote da 50 cruzados prima dell’introduzione del real. Drummond de Andrade nacque nel Minas Gerais, regione mineraria alla quale dedicò numerosi versi, in particolare alle città di Ouro Preto (che conserva una splendida architettura coloniale) e di Itabura, dove visse da bambino. Quest’ultima gli ha innalzato un memoriale, davanti al quale è stata collocata una grande lastra di pietra su cui è scolpita una sua poesia.