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ROTTA VERSO EST

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PAESAGGI LUNARI

PAESAGGI LUNARI

Mete turistiche ancora in erba, i Balcani e l’Europa orientale meritano di essere riscoperti. Cineasti e scrittori sono qui a ricordarvelo.

254 L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE (PRAGA, REPUBBLICA CECA) Milan Kundera, 1984

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w Non è possibile prendere alla leggera l’amore e il libertinaggio nei giorni in cui i carri armati russi entrano a Praga, nel 1968. L’anno precedente Kundera aveva denunciato nel suo primo romanzo, Lo scherzo, l’opprimente cappa di piombo, impermeabile anche all’umorismo, che il regime comunista aveva fatto calare sulla Cecoslovacchia, prima di essere egli stesso censurato durante la repressione seguita alla Primavera di Praga. Quindici anni dopo, ormai residente in Francia e libero dal peso della censura, lo scrittore ricreò nei personaggi di Tomáš, Tereza e Sabina una generazione, bisognosa di vivere il proprio desiderio in piena autonomia, costretta all’esilio e alla rinuncia dal totalitarismo.

138 Ì La capitale della Repubblica Ceca è entrata repentinamente nel turismo come nel capitalismo e oggi è la città più visitata dell’ex blocco orientale, accogliendo quasi 5 milioni di visitatori ogni anno nel suo centro storico, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1992. Il castello in collina e il Ponte Carlo ne sono gli emblemi ‘fisici’, ma Praga ha legato per sempre il proprio nome anche a grandi figure letterarie e artistiche che giustificano da sole una visita, come Franz Kafka, il pittore Alfons Mucha e il Golem, la creatura del folklore ebraico resa popolare da Gustav Meyrink.

255 LA DOPPIA VITA DI VERONICA (POLONIA) Krzysztof Kieslowski, 1991, Polonia/Francia

y Un riflesso luminoso che corre su un muro, il profumo di una tabacchiera vuota, un respiro rubato al telefono possono essere molto più eloquenti di lunghi dialoghi. L’immensa sensibilità del cinema di Kieslowski aveva oltrepassato la Cortina di Ferro ancor prima del suo crollo; quando la Polonia si staccò dal blocco sovietico, anche il cineasta passò in Occidente. La doppia vita di Veronica, ambientato tra Polonia e Francia, coglie questo momento incerto della storia, della grande come della piccola. All’inizio del film una statua di Lenin appena smantellata passa su una camionetta; è il segno della partenza, o piuttosto delle partenze incrociate dei due personaggi interpretati da Irène Jacob, misteriosamente riuniti dalla musica, e dal cinema. Ì Mentre la prima parte del film è girata a Cracovia, riconoscibile soprattutto per la piazza del mercato, allora teatro delle manifestazioni di massa in cui Weronika vede Véronique, la seconda parte, ambientata in Francia, fu in gran parte realizzata negli studi cinematografici di Lodz. La città di Lodz ospita la più importante scuola di cinema polacca, da cui sono usciti Kieslowski, Roman Polanski, Andrzej Wajda e Jerzy Skolimowski.

256 ALEKSANDR NEVSKIJ (RUSSIA) Sergej M. Ejzenštein, 1938, Russia

y Ejzenštein fece due rivoluzioni: quella del 1917, nell’Armata Rossa, e quella del cinema, al tavolo di montaggio. Grazie a lui il cinema divenne un mezzo d’espressione a pieno titolo, dinamico, come testimoniato dal suo film più famoso, La corazzata Potëmkin. Più di 10 anni dopo, seppur imbrigliato dalla censura stalinista, Ejzenštein si vide affidare Aleksandr Nevskij. Questo progetto di pura propaganda, con un tema imposto dal regime (l’esaltazione della resistenza russa di

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Ivo Andrić, 1945

w Gli uomini passano, le donne li amano o muoiono, le forze d’occupazione ottomane e poi austro-ungariche si succedono con il loro corteo di scaramucce, ma il ponte è sempre lì. Tramite o barriera, il suo ruolo evolve con il mutare dell’instabile frontiera tra Oriente e Occidente, tra religione cristiana e musulmana. Al centro di questa struttura di pietre bianche, una piccola area: la kapia, dove la gente del luogo si ritrova per conversare o per giocare a carte e dove gli eventi si danno appuntamento nei quattro secoli di storia che il ponte attraversa, alla pari del Fiume Drina. Ivo Andrić, che trascorse la sua infanzia a Višegrad, si servì di questo ponte per raccontare ciò che unisce e divide i popoli dei Balcani. Nato nella Bosnia musulmana da genitori croati di religione cattolica, scelse di vivere a Belgrado, in Serbia; il suo messaggio per la pace e l’unità iugoslava fu coronato dal premio Nobel per la letteratura nel 1961 – finora il solo assegnato a uno scrittore di lingua serbo-croata. Ì Višegrad e il suo ponte ottomano del XVI secolo, inserito dall’UNESCO nell’elenco dei siti Patrimonio dell’Umanità, si trovano ai confini orientali della Bosnia, a pochi chilometri dalla frontiera serba, e sembrano ancora oggi incarnare l’utopia di un dialogo pacifico tra le diverse comunità religiose della ex Iugoslavia. Emblematica in tal senso è la capitale bosniaca, Sarajevo, che dopo aver pagato il tributo più alto a una guerra fratricida è ritornata a vivere grazie al progressivo restauro del suo patrimonio storico, con i minareti che svettano accanto ai campanili.

Costruito in materiali tradizionali per le esigenze del film La vita è un miracolo, l’eco-villaggio di Küstendorf è oggi aperto ai visitatori

140 fronte alla minaccia nazista), diventa un capolavoro di audacia visiva, culminante nella storica battaglia sul lago ghiacciato: la padronanza del ritmo, che contrappone movimenti di massa e slanci individuali, l’audacia delle inquadrature, che schiacciano i cavalieri teutonici sotto un cielo immenso, e il poema sinfonico composto da Prokofiev hanno fatto entrare questa sequenza nella storia del cinema. Ejzenštein dovette girare la scena nell’estate del 1938, sotto la canicola, non lontano da Mosca; il capo operatore Edouard Tissé fece cospargere gli alberi di polvere di gesso e dipingere i tronchi di azzurrino per restituire l’immagine del freddo invernale, mentre il ghiaccio fu ricostruito con vetro e asfalto…

Ì La vera battaglia, che pose fine all’invasione tedesca nel 1242, ebbe luogo sul lago ghiacciato di Peipus, vicino a Novgorod. Il sottile strato di ghiaccio cedette sotto il peso dei cavalieri teutonici e li inghiottì a centinaia. Situata sull’antica via commerciale tra l’Europa del Nord e l’Asia centrale, Novgorod fu la prima capitale russa e il centro dell’arte e della cultura ortodosse. Le fortificazioni medievali del quartiere di Santa Sofia e numerosi monumenti religiosi, inseriti dall’UNESCO nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità, testimoniano il ruolo centrale della città nell’architettura russa.

258 DRACULA ( TRANSILVANIA) Bram Stoker, 1897

w Alla fine del secolo della rivoluzione industriale, la Transilvania appariva la regione ideale per ambientare un racconto fantastico in quanto terra ai confini dell’Europa su cui aleggiavano voci inquietanti, ma ancora non toccata dai progressi tecnologici conosciuti dal resto del continente. Una porzione sempre d’Europa, ma abbastanza distaccata da sfuggire alla razionalità che governava la civiltà industrializzata. L’irlandese Bram Stoker vi colloca, in un castello dei Carpazi, un mostro che riassume in sé i connotati del lupo mannaro balcanico, del vampiro succhiasangue e del morto vivente romeno, al quale dà un nome che si rifà all’appellativo ‘Dracul’ (drago) dei principi di Valacchia. L’affascinante figura di Dracula, diabolica miscela di Eros e Thanatos, avrà un seguito straordinario sul grande schermo, ispirando Friedrich Murnau, Werner Herzog e più tardi Francis Ford Coppola.

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Emir Kusturica, 2004, Serbia/Francia/Italia

y Per Emir Kusturica il miglior modo di trattare la tragedia che aveva portato il suo paese alla disintegrazione era la commedia. La guerra, iniziata nel 1992, aveva in ogni caso un’aria da commedia; l’aria qui è interpretata dalla No Smoking Orchestra, nella quale lo stesso Kusturica è bassista, e accompagna il delirio di questo paesino sperduto e un po’ folle della Bosnia, dove le auto circolano su rotaie e gli orsi accoppano i postini, e dove il protagonista, serbo ortodosso, si innamora follemente di una bosniaca musulmana proprio nel momento in cui ortodossi e musulmani iniziano ad ammazzarsi. Kusturica celebra la bellezza del Fiume Drina, in Bosnia, e la sensualità come unica forma di rinascita possibile in una Iugoslavia in via di implosione. Ì Kusturica ha inventato il set cinematografico sostenibile: il paesino fatto costruire per La vita è un miracolo ha continuato a vivere anche dopo le riprese; è costruito in legno e gestito secondo criteri ecologici. Küstendorf si trova in Serbia, non lontano dal confine bosniaco; dispone di una libreria battezzata Ivo Andrić, di un cinema chiamato Stanley Kubrick e di diverse piste da sci. Dal 2008 vi si tiene ogni anno un festival di musica e cinema, generalmente in gennaio. Il villaggio, che ha vinto anche un premio architettonico, richiama numerosi turisti anche per la vecchia linea ferroviaria che lo attraversa.

Ì Dopo la caduta di Ceausescu nel 1989, la Romania si è infilata nella breccia turistica che il romanzo di Bram Stoker aveva aperto assimilando il principe Vlad l’Impalatore (figura storica che lottò contro l’invasore turco nel XV secolo) al conte Dracula. Ad avere tratto i maggiori benefici da questa situazione è stato il Castello di Bran, nei Carpazi. Anche se non è certo che Vlad Tepes vi abbia effettivamente abitato, resta uno dei gioielli dell’architettura medievale in Romania.

260 RACCONTI DELL’ETÀ DELL’ORO (ROMANIA) Registi vari, 2009

y L’Età dell’oro non è soltanto la bucolica era dell’abbondanza della mitologia romana, ma anche l’espressione scelta dalla propaganda di Ceausescu per indicare l’ultimo periodo della dittatura romena. Stato squattrinato e corrotto, penuria di carne e analfabetismo di proporzioni omeriche: la neolingua comunista aveva umorismo. Come pure Cristian Mungiu, il quale scrisse questo film dopo aver vinto la Palma d’Oro con 4 mesi 3 settimane 2 giorni in cui trattava lo stesso periodo, ma in modo infinitamente più cupo. Basate su diversi miti urbani, le storie di questo film a episodi risuscitano, con un senso dell’assurdo appena forzato, l’incuria dell’apparato di stato e il pragmatismo spinto fino alla farsa della popolazione romena. Ì La Romania fu il granaio d’Europa per tutto il XIX secolo e resta ancora oggi un paese sostanzialmente rurale. Ciò nonostante, Bucarest, la capitale, vanta uno dei palazzi più imponenti del mondo: la ‘Casa del Popolo’, muta testimone della mania di grandezza di Ceaucescu. La sua costruzione comportò la demolizione di un quinto del centro storico cittadino e l’estrazione di un milione di metri cubi di marmo dalle cave della Transilvania. Non ancora ultimata alla caduta del dittatore, ospita oggi il Palazzo del Parlamento e il Museo Nazionale d’Arte Contemporanea. È parzialmente aperta al pubblico.

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