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L’INDIA DA KIPLING A BOLLYWOOD
Impossibile attraversare tutta l’India in un unico viaggio. Soltanto la musica, la letteratura e il cinema ci permettono di esplorarne tutte le sfaccettature.
261 KIM (LAHORE/ HIMALAYA) Rudyard Kipling, 1901
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w Mowgli, il giovane indiano dei due Libri della giungla è stato il più celebre eroe creato da Kipling. Ma lo scrittore, che trascorse molti anni, compresa l’infanzia, in India, fece vivere a un altro ragazzo avventure non meno sensazionali… questa volta nella giungla umana. Kim, orfano come Mowgli ma irlandese di nascita, si è integrato nell’ambiente sfruttando astuzia e mimetismo e ha imparato a schivare i pericoli. L’incontro con un vecchio lama buddhista dà l’avvio a un romanzo di iniziazione, spionaggio e avventura nell’India di fine Ottocento, da Lahore fino all’Himalaya, passando da Delhi e Benares, dove il crogiolo di culture e lingue, e gli sviluppi politici del ‘Grande Gioco’ disorientano come la scrittura immaginifica di Kipling.
142 Ì Può sembrare lontana questa India di Kipling che inizia a Lahore, nell’odierno Pakistan, e racconta di un gioco di equilibri occidentali fino alle pendici dell’Himalaya, nell’Uttarakhand. Ma è un’India sempre attuale, per la forza e il colore di un cosmopolitismo che ha nell’occupazione britannica solo lo strato più superficiale. Potete ripercorrere lo stesso itinerario di Kim e del lama dal Pakistan al Bengala seguendo i 2600 km della ‘Grand Trunk Road’.
262 NOTTURNO INDIANO (BOMBAY/MADRAS, MANGALORE/GOA) Antonio Tabucchi, 1984
w Notturno indiano è un romanzo breve più da fiutare che da leggere; così vuole la scrittura di Tabucchi, che anche a distanza di tempo ci lascia una trama, un umore, sentori. Impressioni che di caotico hanno soltanto l’intreccio, e soprattutto riflettono il disorientamento del narratore, partito alla ricerca di un amico perso di vista, Xavier. I particolari di questa India alla deriva sono ingranditi attraverso la lente di un fascino languido e finiscono per formare il quadro puntinista di un paese che si appropria dell’immaginario dell’amico perduto, dell’autore, dell’io narrante e del lettore, che in fondo sono un po’ tutti lo stesso personaggio.
Ì Prendendo una cartina dell’India risulta chiaro come il percorso dell’io narrante segua una geografia simbolica: Bombay (oggi ribattezzata Mumbai), Madras (odierna Chennai), Mangalore, Goa. È un tragitto che penetra nel sud dell’India, e soprattutto si lascia guidare dalla corrente. Queste città sono tutte porti, con uno sviluppo economico storicamente legato al Portogallo (paese d’adozione di Tabucchi), spiagge da sogno (Chennai, Goa) e concentrazioni demografiche sbalorditive (Mumbai è la più grande città dell’India).
263 LA SALA DI MUSICA (BENGALA) Satyajit Ray, 1958, India
y Incoraggiato a passare alla regia da Jean Renoir, che aveva accompagnato sulle rive del Gange per le ricerche del film Il fiume, Satyajit Ray farà tesoro delle lezioni del maestro francese per diventare il maestro indiano del cinema. La sala di musica, il suo capolavoro più conosciuto, è il primo film ad assegnare un ruolo chiave alla musica e alla danza tradizionali indiane, nella raffinata cornice della
Waris Ahluwalia, sikh dandy e attore feticcio di Wes Anderson, nel film Il treno per il Darjeeling
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IL TRENO PER IL DARJEELING (RAJASTHAN)
Wes Anderson, 2007, Stati Uniti
y In primo piano nell’inconfondibile estetica di Wes Anderson ci sono le carrellate, spesso rallentate all’eccesso, che qui dilatano oltre modo le imprese e il viaggio di personaggi fuori dalle righe, in fuga, per non dire pazzi. Ora, quanto a rallentatore, i treni indiani sono un prototipo, gli unici al mondo capaci addirittura di perdersi. E non è l’ultima delle cattive qualità del paese che questi tre fratelli attraversano per andare a trovare la madre, ritiratasi a vivere in un monastero himalayano. Ma la visita in India è anche un pretesto per scoprirne il cinema. Ispirato da Il fiume di Jean Renoir e dai documentari di Louis Malle, Wes Anderson ha dedicato il film a Satyajit Ray e ha preso da alcuni lungometraggi del maestro indiano gli estratti musicali che infiorano la colonna sonora della sua pellicola. Ì È inutile sforzarsi di prenotare i biglietti per il Darjeeling Limited perché il convoglio esiste soltanto nel film e si ispira a un treno che prestava servizio tra New York e Chicago nella prima metà del Novecento; le zone attraversate dai tre fratelli sono invece tutte reali e si trovano in Rajasthan, la ‘terra dei raja’, altrimenti detti re, nella parte nord-occidentale dell’India. I palazzi di Udaipur avevano già accolto Fritz Lang e James Bond, mentre la città turistica di Jodhpur, ai margini del deserto del Thar, ha recentemente funto da esotica prigione nel film Il cavaliere oscuro – Il ritorno.
Le baraccopoli di Bombay in The Millionaire
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THE MILLIONAIRE (BOMBAY/TAJ MAHAL)
Danny Boyle, 2008, Gran Bretagna
y ‘Tu mi hai dato il fango e io ne ho fatto oro’: i capitoli della vita di un ragazzo cresciuto in una baraccopoli indiana come atti preparatori alla vincita di un jackpot televisivo. Sovrapponendo la miseria secolare dei sobborghi di Bombay al lustro fantasmatico del più celebre quiz televisivo dei primi anni 2000, Danny Boyle ha firmato una brillante favola popolare, in una confezione di alta classe, che si regge su una vorticosa mescolanza di generi – film di gangster e commedia romantica, documentario di carattere sociale e ritratto fiume del mondo dello spettacolo, codici del cinema di Bollywood e deviazione dai codici hollywoodiani – il tutto travolto da uno strepitoso finale sulle note della sigla di Chi vuol essere milionario? L’adattamento cinematografico del romanzo di Vikas Swarup è una lezione di scrittura, di regia e di montaggio, ricompensata da una messe di Oscar. Ì Bombay, in quanto capitale economica e città più popolosa dell’India, esaspera tutti i contrasti sociali del paese: la miseria più nera convive incredibilmente accanto alla ricchezza più ostentata. Una coabitazione affascinante e scomoda, che ha fatto da cornice naturale alla lavorazione di questo film insieme al ricco quartiere di Juhu, alla periferia della megalopoli. Danny Boyle e la sua troupe, in gran parte indiana, si sono spostati con la cinepresa fino al monumento simbolo dell’India, il Taj Mahal, ad Agra, per mostrarne l’altro volto, quello dei ragazzini che improvvisano lavoretti per cercare di racimolare qualche briciola dalla ricca torta del turismo.
sala da musica di uno zamindar (nobile proprietario terriero) che assiste impotente all’inondazione delle sue terre. Dominata da un grande specchio che offre allo spettatore il riflesso della sua decadenza davanti a questo canto del cigno, la sala è scrutata dagli eleganti movimenti di macchina di Subrata Mitra, il più brillante capo operatore del cinema indiano.
Ì Tratta da un racconto di Tarashankar Bandopadhyay, La sala di musica fu, per una fortunata serie di circostanze, girata nel palazzo di Nimtita Raajbari, che si scoprì essere appartenuto allo stesso zamindar cui si era ispirato lo scrittore bengalese. Il villaggio di Nimtita si trova nella parte orientale del Bengala; il palazzo, un edificio di ispirazione architettonica greca, vittoriana e moghul che in passato ospitò danteschi spettacoli di danza e musica, è oggi in rovina…
266 RAVI SHANKAR (UTTAR PRADESH) x Se basta una sola corda di sitar per portarci in India è in gran parte per merito del suo più illustre ambasciatore. Per tutta la seconda metà del XX secolo Ravi Shankar applicò il suo virtuosismo a più stili musicali: insegnando la sua tecnica a George Harrison e Brian Jones fece conoscere il sitar ai Beatles e ai Rolling Stones, prima di esibirsi egli stesso in concerto a Woodstock, finendo così per essere associato alla psichedelia. Lungi dal rimanere chiuso nel proprio ambito, il sitar di Ravi Shankar accompagnò il violino di Yehudi Menuhin e il minimalismo di Philip Glass, e continua a trascendere le mode anche dopo la scomparsa del maestro nel 2012, tra gli altri sotto le dita di sua figlia, Anoushka Shankar.
Ì L’India del Nord è la patria del sitar, e Benares, la sua capitale spirituale, quella di Ravi Shankar. Consacrata al dio Shiva e situata sulle rive del Gange, Benares (oggi Varanasi) vive al ritmo delle preghiere onnipresenti, delle cremazioni e dei bagni nel fiume sacro, ritenuto capace di lavare l’anima dai suoi peccati.
267 IL DIO DELLE PICCOLE COSE (KERALA) Arundhati Roy, 1997
w Le piccole cose come altrettante scene e descrizioni giustapposte le une alle altre tra gli anni ’60 e ’90; le piccole cose come scorci di vita di una famiglia del Kerala che gioca a nascondino con i propri drammi, i propri segreti e il fascio di codici derivante dall’intreccio tra religioni, politica e sistema delle caste; le piccole cose come particelle di un tutto più grande, troppo insostenibile per essere affrontato di petto. E al centro, due gemelli, Estha e Rahel, dapprima troppo piccoli per rendersi conto delle infrazioni della madre, innamorata di un intoccabile, e delle menzogne della zia; poi troppo grandi per fingere innocenza. Il complesso sistema di paletti della società indiana emerge con limpida chiarezza nell’unico romanzo finora scritto da Arundhati Roy, che l’ha lanciata tra i massimi scrittori indiani della sua generazione.
Ì Cristiani, musulmani e hindu convivono nello stato del Kerala, nella zona sud-occidentale della penisola indiana, ancora fortemente improntato sul sistema delle caste il cui peso politico, nel romanzo, si esprime soprattutto attraverso lo zio dei gemelli. Arundhati Roy ha scelto di ambientare questa storia narrata in punta di fioretto nel villaggio di
268 DEVDAS (BOMBAY ) Sanjay L. Bhansali, 2002, India
y Il successo mondiale di Devdas è solo la punta di un iceberg molto più complesso: le decine di trasposizioni cinematografiche avute da questo classico della letteratura indiana firmato dallo scrittore bengalese Sarat Chandra Chatterjee; la più importante industria cinematografica del mondo in termini di film prodotti, ma di rado capaci di varcare i confini nazionali; la peculiarità di un cinema indiano ingiustamente ridotto alle produzioni di Bollywood, realizzate a Mumbai. Ciò detto, è difficile rimanere insensibili di fronte a questo ‘Romeo e Giulietta’ in salsa indiana, accompagnato da variopinti numeri di danza e canto e servito dalla coppia di star formata da Shah Rukh Khan e Aishwarya Rai. Ì La Calcutta del 1910 fu ricostruita nella Goreagon Film City, vicino al Sanjay Gandhi National Park, non lontano da Mumbai: oltre a immensi set che ricreano i templi del Rajasthan, questa cittadella del cinema possiede grandi giardini e laghi artificiali. Quasi tutti i film di Bollywood sono girati qui, e il solo modo di entrarci è come comparsa, cosa peraltro non molto complicata.