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SONORITÀ ARABE
Divenuta popolare grazie al raï, la musica araba rivela un grande ventaglio di stili, che in poche note soltanto ci trasportano verso il Maghreb o il Medio Oriente.
382 UMM KULTHUM (EGITTO) x ‘L’astro d’Oriente’, ‘la cantante del popolo’, ‘la voce incomparabile’: lungo tutto il corso della sua carriera, i superlativi hanno ruotato come altrettanti satelliti intorno a Oum Kalsoum, che fu in Egitto una star assoluta. Da bambina recitava per il padre imam i versetti del Corano e da allora ha dedicato tutta la sua vita al canto e tutto il suo canto al suo paese. Gli egiziani smettevano quasi di respirare per ascoltarne alla radio i concerti che teneva mensilmente. E quando nel 1975 la sua voce di contralto si spense, più di tre milioni di persone affrante dal dolore seguirono il corteo funebre.
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206 Ì Nel 2001 ha aperto i battenti all’interno del Palazzo Monastirli, eretto nel 1851 per un pascià ottomano nel sud dell’isola di Roda, nel centro del Cairo, un museo chiamato Kawkab al-Sharq (Astro d’Oriente), che vuole ricordare la carriera di Umm Kulthum esponendo cimeli personali, costumi di scena e registrazioni. L’isola è nota per il suo nilometro dell’XI secolo, un pozzo profondo più di dieci metri al centro del quale una colonna
di marmo, fissata da una trave, permette di misurare il livello delle acque del fiume.
383 FAIRUZ (LIBANO) x Dietro ogni grande uomo c’è sempre una donna, come si suol dire. Dietro la grande cantante libanese nota come Fairuz ci sono invece tre uomini che hanno composto per lei: Mansour e Assy Rahbany (due fratelli) e Ziad, il figlio che lei ha avuto da quest’ultimo. Ma la sua voce, grave e cristallina, la deve solo a se stessa ed è per quella voce che, all’inizio della carriera, il direttore del coro di Radio Beirut le ha dato il soprannome di Fairuz, ‘Turchese’. Erede del folklore musicale libanese, che fece entrare nella modernità interpretando le canzoni romantiche dei fratelli Rahbany, la voce di Fairuz divenne quella del mondo arabo, mettendo d’accordo cristiani e musulmani, sunniti e sciiti; eppure per ben quindici anni non si esibì in terra natia – era il tempo della guerra civile –, prima di cantare i testi e le melodie composte dal figlio, più influenzate dal jazz, e soprattutto più cupe.
Ì Beirut è stata per anni sinonimo di caos: si stima che la guerra civile abbia distrutto 15.000 edifici. La città però è stata ricostruita e si è voltato pagina. Alcuni monumenti che hanno resistito alla guerra, come la cattedrale greco-ortodossa di San Giorgio e la sinagoga Maghen Abraham, contribuiscono a mantenere un’atmosfera degna del suo ricco passato, ma oggi i visitatori saranno colpiti dalla vivacità con cui i suoi abitanti vivono il giorno e la notte, nei caffè e nelle discoteche.
384 KHALED (ALGERIA) x Ci sono volute generazioni perché il raï si affermasse: nato negli anni ’20 e ’30 nei quartieri popolari delle città dell’ovest algerino, dopo la seconda guerra mondiale, questo genere musicale si è via via arricchito di influenze ebraiche e berbere, ma è con l’appropriazione e la rilettura da parte dei ‘cheb’ (i giovani) che ha iniziato a diffondersi fuori dal paese. A fare da apripista è stato Cheb Khaled (‘il giovane Khaled’, come si faceva chiamare a inizio carriera), la cui hit Didi ha fatto il giro del mondo all’inizio degli anni ’90.
Una formazione di malouf in concerto durante il Festival di musica di Tripoli, in Libia
385 MALOUF (ALGERIA, TUNISIA, MAROCCO) x Anche la musica viaggia: il destino del malouf è strettamente legato a quello delle conquiste arabe in Europa. Comparso nella Spagna moresca, questo genere musicale si suonava nei grandi centri urbani dell’Andalusia –Granada, Cordova, Siviglia – prima di mettere radici in Nord Africa in seguito al completamento della Reconquista, che nel 1492 mise definitivamente fine all’occupazione araba della penisola iberica. Le diverse nouba che compongono il malouf sono cicli musicali completi più che semplici canzoni: in origine erano 24 (una per ogni ora del giorno), ma la metà di queste sono andate perdute perché la trasmissione dei ritmi e delle parole è stata a lungo esclusivamente orale. Soprattutto, le nouba hanno conosciuto numerose varianti sul suolo algerino, tunisino e marocchino, dove il malouf è oggi il genere musicale più praticato e influenza il lavoro di artisti del calibro della cantante tunisina Dorsaf Hamdani o dell’algerina Aïcha Redouane. Ì Bisogna andare a Cartagine, nobile e antica città divenuta oggi un quartiere facoltoso di Tunisi sulle rive del Mediterraneo. Oltre al sito archeologico, Cartagine è anche una della più rinomate patrie del malouf, grazie al suo festival musicale ormai cinquantenario che si tiene ogni anno nei mesi di luglio e agosto e coniuga una programmazione internazionale e coraggiosa con gli elementi fondanti della cultura tunisina.
Aggiungendo una strumentazione elettronica ai tradizionali darbuka e bendir, il raï di nuova generazione ha conquistato tutta la cultura maghrebina. Khaled, tra il premio César vinto per la musica del film di Bertrand Blier Uno, due, tre, stella! e le sue collaborazioni con il popolare cantante pop francese Jean-Jacques Goldman –Aicha, altro notevole successo– e la franco-canadese Mylène Farmer, ha rinsaldato i legami culturali tra le due sponde del Mediterraneo.
Ì Khaled è nato a Orano, la seconda città dell’Algeria, considerata la capitale del raï: qui si sono riunite le diverse tradizioni all’origine del genere a cui la città ha dato il suo impulso internazionale. Dal 2008 vi si svolge il Festival della canzone oranese, al posto del Festival della canzone raï che vi si teneva negli anni ’80, spostato a Sidi bel Abbès per liberare la città dall’accusa di essersi appropriata indebitamente del genere. Ma nei fatti è sempre nelle vie e nei cabaret di Orano che il raï continua a sperimentare nuove strade e ad attirare i turisti.
387 OUD (EGITTO, SIRIA, IRAQ…) x L’oud è uno degli strumenti musicali più antichi al mondo, essendo comparso per la prima volta nella Babilonia del secondo millennio a.C. La forma canonica di questo liuto dal cavigliere incurvato all’indietro, divenuto lo strumento per eccellenza della musica araba, si è cristallizzata a Baghdad nel VII secolo: è il suono delle Mille e una notte, la porta magica di un’Arabia luminosa e meravigliosa, la cui risonanza si espande, sola, nei saloni o accompagna i canti folkloristici e chiama le persone a raccolta, ma invita anche all’introspezione. Chi sa suonarlo bene lo può trasformare in uno strumento di fascinazione: il siriano Farid El Atrache, le cui melodie malinconiche sedussero persino l’ultima regina d’Egitto, con cui ha vissuto una passione ovviamente ostacolata; oppure in uno strumento di pace: il trio Joubran, formato dai tre figli del liutaio nazareno e di nazionalità israeliana, che fanno vivere la cultura palestinese nel modo più dolce; ma anche uno strumento di dialogo: il tunisino Anouar Brahem, che fa comunicare fra loro la musica tradizionale araba e quella occidentale moderna, tra cui il jazz. Ì È possibile assistere a concerti di oud dal Maghreb all’Iran, passando per Turchia, ma anche in Francia, dove lo strumento è spesso presente nei concerti di jazz e di world music e nei festival estivi.
208 386 RACHID TAHA (ALGERIA) x Rock, raï, world music, elettronica, Rachid Taha supera i confini musicali come ha superato le frontiere algerine e francesi per far dialogare i ritmi, i generi e le genti. Mescolando una rivendicata cultura araba classica alla modernità occidentale, questo elettrone libero è diventato il simbolo di una sensibilità algerina pienamente integrata in Francia senza nulla rinnegare del suo paese d’origine, né del paese che lo ha accolto. Dalla strepitosa ripresa di Douce France di Charles Trénet con il suo gruppo Carte de séjour e dalla sua partecipazione alla ‘Marche des Beurs’ (una marcia per l’uguaglianza e contro il razzismo) negli anni ’80, al brillante successo al di là dell’Atlantico del suo album Tékitoi nel 2004, Rachid Taha ha superato ogni rivendicazione di appartenenza a una comunità e si è fatto forza del suo carisma tenebroso.
Ì Una delle canzoni che ha accresciuto la notorietà di Rachid Taha è Ya Rayah, rivisitazione di uno dei brani più celebri dello chaâbi algerino. Se Orano à la capitale del raï, Algeri è la città dello chaâbi; in particolare è nella casbah di Algeri che è nato lo chaâbi (‘popolare’ in arabo), figlio della musica araboandalusa, con i testi nel dialetto dell’Algérois. Distesa sul fianco della collina tra la cittadella di Algeri e il lungomare, la casbah è un ambiente urbano unico, con un dedalo di vicoli tra le case bianche strette le une conto le altre. Costruita tra il XVI e il XVIIIsecolo, la casbah ha oggi un aspetto piuttosto degradato, pur essendo stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.