Maria Gabriella Astolfo
Briciole
tavolo interattivo per sensibilizzare i bambini al tema dell’alimentazione
BRICIOLE
tavolo interattivo per sensibilizzare i bambini al tema dell’alimentazione
laureanda Maria Gabriella Astolfo 268288 relatore Gillian Crampton Smith correlatore Philip Tabor
Prova finale di laurea III sessione a.a. 2009-2010 Corso di Laurea Specialistica in Comunicazioni Visive e Multimediali Facoltà di Design e Arti Università IUAV di Venezia
Tesi di laurea Corso di laurea specialistica o magistrale in
Comunicazioni Visive e Multimediali
Titolo tesi di laurea
Briciole - Tavolo interattivo per sensibilizzare i bambini al tema dell’alimentazione
Cognome e nome
Astolfo Maria Gabriella
Matricola n.
268288
Anno accademico
2009-2010
Relatore
Gillian Crampton Smith
Firma
Correlatore
Philip Tabor
Firma
Sessione di laurea
III - Aprile 2011
INDICE Abstract vii Introduzione 1 Capitolo 1: Sullo sfondo 4
1.1 Malnutrizione, un problema attuale 5
1.2 Esempi e idee 7
Capitolo 2: Il percorso progettuale 30
2.1 Passo dopo passo 31
2.2 La prima proposta 35
2.3 La ridefinizione del progetto 46
Capitolo 3: Il confronto con gli utenti 50
3.1 Progettare per le persone con le persone 51
3.2 Il prototipo di cartone 56
Capitolo 4: Il progetto finale 66
4.1 Briciole: la struttura 67
4.2 Briciole: le interazioni 71
Capitolo 5: Il prototipo finale 92
5.1 Fasi di prototipazione 93
5.2 Il risultato finale 95
Conclusioni 103 Ringraziamenti 105 Fonti 107 Immagini 111 Appendici 113
ABSTRACT italiano
Questa tesi presenta lo sviluppo di Briciole, dalle prime idee e ricerche fino al progetto finale e al prototipo. Sia la tesi che il progetto stesso danno ampio spazio agli utenti finali: progettare in un’ottica “user-centred” ha condotto a coinvolgere le persone in vari momenti del lavoro, attraverso l’osservazione, la discussione e i test sui prototipi. Briciole è un progetto destinato ai bambini: lo scopo che si prefigge è quello di renderli più consapevoli riguardo al tema dell’alimentazione e dei problemi ad essa correlati, coinvolgendoli nelle scelte alimentari e dando alcune informazioni in modo accattivante. Mentre una grandissima fetta della popolazione mondiale è povera e soffre la fame per mancanza di risorse, le persone che vivono nella parte ricca del mondo stanno male a causa dell’abbondanza di cibo. Ciò che manca è una buona educazione alimentare, e purtroppo i più giovani ne sono le principali vittime: i dati statistici confermano che c’è un sempre più forte aumento di problemi di obesità fra bambini e ragazzi. Briciole non è una soluzione magica che risolve tutti i problemi legati all’alimentazione: vuole solo essere un piccolo passo verso un possibile cambiamento comportamentale, aiutando i bambini a fare delle buone scelte nel futuro e coinvolgendoli fin da subito attraverso il gioco. Il progetto finale è un tavolo interattivo basato su un’interfaccia di tipo tangibile: attraverso alcuni mini-giochi i bambini possono divertirsi con gli altri, coetanei o meno, mettendo alla prova le loro conoscenze e imparando qualcosa di nuovo sul cibo. L’aspetto della tangibilità rende l’interazione più concreta e vuole coinvolgere maggiormente i partecipanti, promuovendo il dialogo e il confronto fra i bambini.
english
This report presents all the development phases of Briciole, from the early ideas and background research to the final design and prototype. The report puts great emphasis on the final users, as the project itself does: designing in a “user-centred” way led to involve people in various stages of the workflow through observation, discussing and testing. Briciole is a project for children that aims to make them more aware of nutrition and related issues, involving them in food-related choices and giving them useful information in an enjoyable way. While a large number of people are poor and suffer from lack of good food, people living in the rich part of the world suffer because of abundance. What is missing is good education about nutrition, and children are the main victims: there is increasing obesity among children and teenagers. Briciole is not a magic solution for all the problems to do with nutrition but it tries to make a little step towards a possible behavioural change, helping children to learn to make good choices in their future and involving them now through playing. The final project is an interactive tabletop, based on a tangible user interface, on which people can play and learn about food. There are some mini-games with which children can have fun with their friends while testing what they know and maybe learning something new. Tangibility makes the interaction stronger and involves participants in a more personal way, fostering dialogue and relations.
VII
INTRODUZIONE
“
Metà del mondo lotta con la fame La mia metà si nutre di aspartame
„
Jovanotti, “Nel mio tempo”
Durante il mio percorso di studi universitari sono riuscita a formarmi un’idea precisa su quale possa essere il ruolo del design e del designer nella nostra società. Questa mia visione si è delineata nel tempo, anche grazie alle varie esperienze che ho potuto fare in ambito universitario ed extra. Credo che il design debba servire le persone, e che non possa limitarsi ad essere un vestito che si applica qua e là per rendere più carino ciò che abbiamo intorno. Nel progettare sento la necessità di partire dai contenuti, dal desiderio di rendere migliore per tutti l’esperienza della vita quotidiana. E ho cercato di fare questo anche con Briciole. Pensare al progetto finale del corso di laurea specialistica non è stato facile: fin dall’inizio ho cercato di sviluppare un tema che mi sembrasse interessante, e la scelta è ricaduta subito sul cibo. Tuttavia i dubbi erano molti, l’argomento mi sembrava superficiale e non abbastanza coinvolgente. Inoltre, essendo una persona interessata ai temi sociali, mi sembrava insulso basare un progetto sul cibo quando una grandissima fetta della popolazione mondiale non ha nulla da mangiare. La fase di ricerca è stata quindi fondamentale e mi ha aiutato a capire in che direzione muovermi, cancellando molti dei miei dubbi: se metà del mondo muore di fame, l’altra metà sta male per il troppo cibo a disposizione. Sono sempre di più infatti le persone che soffrono di problemi alimentari, soprattutto perché non hanno avuto un’adeguata educazione al riguardo, e ciò ha una ricaduta ancora maggiore sui più giovani. Con il mio progetto ho deciso quindi di rivolgermi ad un target di bambini in età scolare, che cominciano a fare le prime scelte alimentari e ad approcciarsi con il mondo esterno. Briciole non è una soluzione magica che vuole risolvere in un colpo solo tutti i problemi legati all’educazione alimentare: è solo un piccolo passo verso un possibile cambiamento comportamentale. Il suo scopo è sensibilizzare i bambini sul tema dell’alimentazione, coinvolgendoli e informandoli in modo accattivante e simpatico perché nel tempo imparino a fare delle scelte giuste. Il progetto finale è un tavolo interattivo basato su un’interfaccia di tipo tangibile: attraverso alcuni mini-giochi i bambini possono divertirsi con gli altri, coetanei o meno, mettendo alla prova le loro conoscenze e
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imparando qualcosa di nuovo sul cibo. L’aspetto della tangibilità rende l’interazione più concreta e vuole coinvolgere maggiormente i partecipanti, promuovendo il dialogo e il confronto fra i bambini. Il titolo del progetto, Briciole, non è stato scelto a caso. Le briciole sono ciò che resta dopo che si è mangiato (riferimento al cibo e all’alimentazione) e sono molto piccole, piccole come le informazioni che questo progetto vuole dare: tanti piccoli pezzi per creare un grande cambiamento. Inoltre, in alcune fiabe le briciole venivano usate per segnare un percorso da seguire e ricordare: Briciole vorrebbe proprio riuscire a suggerire un percorso per educarsi alle scelte alimentari. Il testo della tesi è strutturato in cinque parti principali. Il primo capitolo presenta il tema generale del progetto e una panoramica su servizi e applicazioni già esistenti a proposito dell’alimentazione e dei problemi ad essa correlati. Il secondo e il terzo capitolo riguardano tutto il percorso progettuale: uno presenta nel dettaglio lo sviluppo del progetto a partire dalle prime idee e l’altro si concentra sulle fasi di lavoro che sono state connotate maggiormente dalla partecipazione degli utenti. La versione finale di Briciole è descritta dettagliatamente nel quarto capitolo, mentre il quinto capitolo presenta i problemi legati alla prototipazione e la realizzazione del prototipo finale.
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SULLO SFONDO Motivazioni, problemi, opportunità , idee e concetti alla base del progetto 1.1 Malnutrizione, un problema attuale alimentazione e stili di vita 1.2 Esempi e idee informazione istituzionale capire le informazioni interagire con le informazioni applicazioni interattive per bambini l’importanza del divertimento
1.1 Malnutrizione, un problema attuale La malnutrizione è un problema sempre più grave in tutto il mondo, e purtroppo non riguarda solo i paesi poveri. Infatti, mentre questi ne soffrono per la scarsità di risorse e per l’impossibilità di avere una alimentazione variata e sana, parte della popolazione mondiale è malnutrita a causa dell’enorme disponibilità di cibo. Nei paesi occidentali si è assistito negli ultimi decenni a un incremento generalizzato del fenomeno dell’obesità e del sovrappeso legato soprattutto alla mancanza di una educazione alimentare e di una conoscenza approfondita dei rischi legati a queste patologie. L’elemento più allarmante è il fatto che questo problema riguarda sempre di più bambini e ragazzi fra i 5 e i 17 anni, i quali potrebbero essere a rischio di malattie quali diabete e problemi cardiaci in età adulta, oltre alla possibile persistenza dell’obesità1. Inoltre
1. Pappagallo (2010)
non sono da sottovalutare gli aspetti psicologici e sociali dell’obesità: i ragazzi sovrappeso hanno spesso un basso livello di autostima, cosa che li porta ad essere emarginati dai compagni e ad avere solo amici simili a loro, e in ambito scolastico spesso soffrono a causa del bullismo, che può portare come conseguenze ansia e depressione2. Nonostante ci sia un’idea diffusa secondo la quale sono soprattutti gli abitanti del Nord America a soffrire
2. Barilla Center for Food and Nutrition (2010, p. 23)
di problemi legati all’abuso di cibo mentre gli europei, e soprattutto gli italiani, hanno uno stile di alimentazione più sano, bisogna sottolineare che in realtà anche il Vecchio Continente non è immune a tali problemi: anzi, dagli anni Settanta ad oggi la sola obesità giovanile è aumentata del 10%3. Questi dati mi hanno impressionato: mettere a rischio la salute non per
3. Redazione Repubblica.it (2010)
mancanza di mezzi ma anzi per la loro abbondanza è un controsenso. I più giovani sono il futuro della nostra società e devono essere presi in seria considerazione fin da subito, senza rimandare scelte e decisioni. Sono convinta che il design possa e debba migliorare la vita delle persone, e per questo ho deciso di focalizzare il mio progetto di tesi sulla sensibilizzazione delle persone per uno stile di alimentazione e di vita sano e positivo, promuovendo un cambiamento comportamentale. Le notizie molto attuali che ho citato precedentemente mi hanno spinto a concentrarmi particolarmente su bambini e adolescenti: è necessario partire da loro per una vera educazione e prevenzione, considerando anche il fatto che le abitudini e gli stili comportamentali che si assumono e imparano in giovane età sono più facili da assimilare e resistono a lungo. Tuttavia non ho escluso dal mio progetto i soggetti adulti, per vari motivi: gli adulti accompagnano i più piccoli nella loro crescita e questi assumono i comportamenti, positivi e negativi, che i più grandi presentano loro in modo più o meno consapevole. Inoltre studi dimostrano che gli adulti,
Sullo sfondo
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in particolare i genitori, hanno una percezione sbagliata del problema e di conseguenza non adottano comportamenti mirati a prevenirlo4. Un
4. Pappagallo (2010)
progetto che miri a produrre un cambiamento di stile di vita non può non prendere in considerazione anche questi aspetti.
alimentazione e stili di vita Quando si parla di “stile di vita sano” si intendono essenzialmente due cose: alimentazione adeguata e movimento fisico. Quest’ultimo spesso non viene tenuto in considerazione, pensando che tutto dipenda solo dal cibo. In realtà muoversi, correre, fare sport, giocare all’aria aperta sono attività molto importanti nella vita di un bambino, che dovrebbero essere praticate almeno un’ora ogni giorno. La vita sedentaria, in particolare quella davanti a computer e tv, dovrebbe essere ridotta il più possibile. L’alimentazione invece dipende dall’età: un bambino di cinque anni ha sicuramente delle esigenze nutrizionali diverse da quelle di un adolescente. Senza addentrarci nelle caratteristiche particolari di ogni fascia d’età, si può dire che una dieta sana e equilibrata prevede alimenti variati, prediligendo frutta, verdura e cereali, e cinque momenti nel corso di una giornata: i tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) che non devono essere saltati, più due spuntini, uno a metà mattina e uno nel pomeriggio. Si dovrebbe evitare di mangiare al di fuori di questi cinque momenti e di assumere cibi altamente calorici o grassi, nonostante questi siano spesso i più appetibili, soprattutto per i più giovani5. Queste indicazioni sembrano molto semplici e facili da seguire, ma evidentemente non è così, come dimostrano i dati esposti in precedenza. Quali sono i problemi che si presentano? È possibile individuarne alcuni. Il primo è sicuramente lo stile di vita attuale: le famiglie sono sempre di corsa, i genitori hanno poco tempo per dedicarsi ai figli e ancor meno alla cucina, i bambini passano molto tempo con i nonni, che spesso amano viziare i nipotini, o addirittura da soli davanti alla televisione. Quest’ultimo aspetto non vuole sottolineare solo la crescente sedentarietà dei ragazzi ma anche il fatto che essi rischiano sempre di più di essere influenzati dalla televisione e dai suoi messaggi pubblicitari, che spesso e volentieri sponsorizzano dolciumi e altri cibi iper-calorici. Un altro problema nei confronti di una buona alimentazione è l’avversione per alcuni tipi di cibi da parte dei bambini: solitamente si tratta di frutta e verdura, che naturalmente sono fra gli elementi più importanti per la nutrizione. Infine, un problema che riguarda meno direttamente i piccoli e in maniera più decisiva gli adulti è la mancanza di consapevolezza riguardo al tema dell’alimentazione: spesso non si seguono le più semplici indicazioni perché non le si conoscono o non si sa come interpretarle. Oppure non
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Capitolo 1
5. Barilla Center for Food and Nutrition (2010)
sentiamo la necessità di adottare tali comportamenti: manca cioè una vera motivazione, che è il motore principale per il cambiamento.
1.2 Esempi e idee
Sopra: immagini di una brochure prodotta dal Ministero della Salute italiano, “Mangia a colori! Frutta e verdura 5 porzioni al giorno”.
Il tema dell’alimentazione e dell’educazione a uno stile di vita sano non è però nuovo: soprattutto negli ultimi anni in cui l’emergenza sovrappeso si è fatta sempre più pressante esso è stato affrontato in vari modi e con diverse strategie. Per capire come sviluppare il mio progetto di tesi ho cercato di analizzare ciò che è stato fatto finora in questo campo, senza restringere la mia ricerca ai soli progetti e prodotti interattivi ma considerando i tanti modi in cui le persone, e in particolare bambini e ragazzi, possono interagire con le informazioni presenti. Nella fase di ricerca e analisi di materiali e progetti già esistenti ho cercato di procedere per passi successivi, secondo quelle che ritengo le caratteristiche di un percorso di sensibilizzazione: informazione, motivazione e coinvolgimento personale.
informazione istituzionale Inizialmente mi sono soffermata ad analizzare l’informazione istituzionale sull’alimentazione e sugli stili di vita, concentrandomi in modo particolare su quella italiana. Sul sito del Ministero della Salute è possibile reperire una serie di opuscoli informativi sull’alimentazione prodotti dal 2008 ad oggi6. Data la loro natura informativa, tutti si basano su molto testo; tuttavia, dal
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6. http://www.salute.gov.it/ nutrizione/archivioOpuscoliPos teriNutrizione.jsp?lingua=italian o&menu=brochure
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mio punto di vista, alcuni sono più efficaci di altri, sia per l’aspetto grafico che per i contenuti. Ad esempio, l’opuscolo “Mangia a colori! Frutta e verdura 5 porzioni al giorno” mi sembra un buon esempio: testo e immagini sono ben bilanciati e i contenuti sono semplici, chiari e mirati, tali da essere compresi da tutti in modo intuitivo. In ogni caso credo che artefatti
Sopra: screenshots tratti dal kit multimediale del progetto “Forchetta e scarpetta”. Nella pagina a lato: il totem informativo di Canguro Saltalacorda.
destinati ad un pubblico generalista dovrebbero evitare il più possibile l’uso di lunghi testi, prediligendo magari la visualizzazione degli stessi contenuti, soprattutto se l’argomento che si vuole comunicare non è molto sentito dalle persone. Il Ministero della Salute italiano, inoltre, a inizio maggio 2010 ha presentato due iniziative che verranno messe in atto nelle scuole primarie in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e con l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN): “Canguro Saltalacorda”7
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Capitolo 1
7. http://www.salute.gov.it/ stiliVita/paginaInternaMenu StiliVita.jsp?id=1715&menu =progetti
Sullo sfondo
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e “Forchetta e Scarpetta”8. La prima è una proposta essenzialmente di tipo informativo, composta da elementi quali totem e poster che possono essere esposti nei luoghi comuni delle scuole in modo da essere visibili
8. http://www.salute.gov.it/ stiliVita/paginaInternaMenu StiliVita.jsp?id=1714&menu =progetti
a tutti, bambini e adulti, e da una serie di schede da utilizzare in classe. “Forchetta e Scarpetta”, invece, è presentato come un kit multimediale: questo in un primo momento mi aveva interessato molto, ma in seguito mi ha altrettanto deluso. Infatti si tratta semplicemente di una applicazione per computer composta da una serie di brevi filmati animati in Flash che rimandano a schede o alla discussione in gruppo, senza presentare alcun accenno di interattività. Se da una parte trovo positivo il fatto che il dialogo e lo scambio fra i componenti della classe sia praticamente al centro di questa proposta educativa, ritengo che la qualità comunicativa del kit multimediale in sé stesso sia abbastanza di basso livello. Molti dei bambini che attualmente frequentano la scuola primaria fanno un uso quotidiano di videogiochi e cartoni animati e scelgono ciò che li attira di più: colore, azione, musica... Probabilmente delle animazioni semplicistiche come quelle che presenta “Forchetta e Scarpetta” non li coinvolgerebbero così intensamente come l’ultimo gioco che si sono fatti regalare per Nintendo DS. Invece mi sembra che “Canguro Saltalacorda” sia molto efficace, sebbene abbia obiettivi diversi dall’altro progetto: questo infatti è molto più tradizionale essendo solo di tipo informativo ed educativo, ma è ben curato, simpatico e accattivante, semplice ma preciso.
capire le informazioni Questi progetti di comunicazione informativo-educativa sono molto utili (ho menzionato solo dei casi italiani come esempio, dato che sono quelli più vicini a me, ma molte altre istituzioni nel mondo stanno portando avanti progetti simili - si veda il caso Let’s Move citato successivamente), ma purtroppo spesso lo sono più in teoria che in realtà dato che faticano ad essere messi in pratica da bambini e adulti. Uno dei problemi alla base di ciò è il fatto che l’informazione da sola non è sufficiente a modificare il comportamento delle persone, come indica uno studio svolto negli Stati Uniti riguardante la relazione fra l’uso di smart meter e il risparmio energetico. sso ha dimostrato che i dati sui consumi non sono d’aiuto per gli utenti anche se questi sono disposti a cambiare le proprie abitudini, poiché non sanno come interpretarli e come usarli in modo attivo9. Lo stesso avviene nel campo dell’alimentazione: anche se si può sapere qual è il proprio fabbisogno calorico quotidiano, è difficile per una persona media stimare le calorie apportate da ogni porzione di cibo. A questo riguardo ho trovato molto interessanti due collezioni di fotografie sul web:
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Capitolo 1
9. LaMonica (2010)
Due foto tratte dal progetto “What Does 200 Calories Look Like?�. Entrambe le porzioni corrispondono a 200 calorie, nonostante la differenza di dimensioni!
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Due foto del progetto “Sugar Stacks”: le zollette di zucchero vicino ad ogni porzione di cibo rappresentano la quantità di zucchero presente in esso.
“What Does 200 Calories Look Like?”10 (Come sono 200 calorie?) e “Sugar Stacks”11 (Pile di zucchero). Entrambe, seppur in modo diverso, aiutano a
10. http://www.wisegeek.com/ what-does-200-calories-looklike.htm
capire in modo diretto e senza bisogno di parole (se non come didascalie)
11. http://www.sugarstacks.com/
le caratteristiche nutrizionali degli alimenti. La prima presenta una serie di fotografie, realizzate tutte con la stessa inquadratura, che mostrano delle porzioni di cibo corrispondenti a 200 calorie. Si capisce a prima vista l’enorme differenza in termini calorici che c’è ad esempio fra le carotine e un cheeseburger: un piatto pieno delle prime (570 grammi) corrisponde a metà panino (75 grammi). Pur essendo delle foto che vogliono solo dare degli esempi di paragone, nel complesso sono molto d’impatto poiché sorprendono e
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Capitolo 1
incuriosiscono chi le guarda. Ciò accade anche per le immagini presenti nel sito “Sugar Stacks”: ognuna di esse è una piccola infografica sulla quantità di zucchero presente nei vari cibi, la quale è rappresentata materialmente da pile di zollette di zucchero. Le foto, pur non essendo di ottima qualità, colpiscono per quello che comunicano e per il modo diretto in cui lo fanno: magari tutti sappiamo che uno snack Snicker contiene moltissimi zuccheri, ma vedere che un bicchiere di limonata Minute Maid contiene l’equivalente di quasi sette zollette di zucchero è abbastanza impressionante! Sistema infografico di tipo semaforico (uso dei colori verde, giallo e rosso) sperimentato in Inghilterra per dare informazioni nutrizionali sulle confezioni dei cibi.
In Inghilterra è stato sperimentato un modo per dare delle chiare informazioni nutrizionali direttamente sulle etichette dei cibi in vendita: si tratta di un sistema infografico stile semaforo, che accompagna i dati numerici con i colori verde, arancione o rosso. Naturalmente il verde corrisponde a livelli nutrizionali più sani ed equilibrati mentre il rosso corrisponde a quelli peggiori. Nonostante ci siano state molte critiche intorno a questo progetto e il Parlamento Europeo abbia rifiutato di applicarlo a tutta l’Unione Europea, anche a causa della lobby delle aziende che producono alimenti pieni di grassi o zuccheri, credo che l’aspetto positivo sia il tentativo di dare informazioni per la salute alimentare in modo chiaro e semplice, aiutando i consumatori a fare delle scelte più sane fin dal momento della spesa al supermercato12. Oltre a capire dati e termini specifici che non dicono niente a una
12. Smithers (2010) e infostethics (2010)
persona che non li conosce e non li sa interpretare, un altro dei problemi che si presentano fra il dire e il fare, fra l’informazione e l’azione, è quello di rendersi conto veramente della situazione e imparare ad agire di conseguenza. Spesso capita invece che le persone valutino i rischi delle loro azioni in maniera del tutto non razionale nonostante abbiano a disposizione una grande quantità di informazione sull’argomento13,
Sullo sfondo
13. Dobbs (2010)
13
Immagini del progetto “Pyramid Lunch Box”. Come si può vedere nell’immagine sopra, il contenitore è diviso in tre scomparti con delle etichette testuali che indicano il tipo di cibo da inserire per comporre un pasto secondo la piramide alimentare.
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Capitolo 1
o che non sappiano come applicare questa teoria alla loro vita. Ho trovato molto interessanti al riguardo due progetti di product design che cercano, con delle soluzioni molto semplici ma efficaci, di applicare delle indicazioni nutrizionali a degli oggetti che usiamo quotidianamente per mangiare: Nutrition Pyramid Lunch Box14 e Wheel of Nutrition15. Il primo è un progetto della designer cinese Li Jianye che prende spunto in modo letterale dalla “piramide alimentare”: si tratta infatti di un contenitore per il pranzo di forma triangolare e diviso in tre scompartimenti di dimensioni diverse. Ogni parte riporta sul fondo una scritta con il tipo di cibo da inserire (carne; frutta e verdura; pane, riso e pasta), per aiutare la persona nel comporre un pasto take-away equilibrato. Nonostante la forma poco
14. http://labexp.blogspot. com/2008/09/nutritionpyramid-lunch-box.html 15. http://datavisualization. ch/showcases/now-thatsone-tasty-pie-chart?utm_ source=feedburner&utm_ medium=feed&utm_campai gn=Feed:+Datavisualization +(Datavisualization.ch
funzionale sia per l’uso che per il trasporto (Come mettere una porzione di carne in un piccolo scomparto triangolare? Quanto spazio può occupare un oggetto di questa forma in una borsa?) l’aspetto più interessante è il tentativo di dare informazioni nutrizionali attraverso il design stesso di un oggetto che si usa per mangiare, oltretutto in modo simpatico e minimale. Il secondo progetto, sviluppato dai tre giovani designer Hafsteinn Juliusson, Rui Pereira e Joana Pais, si basa anch’esso sul concetto di ricordare come mangiare bene senza aggiungere nuove caratteristiche ad un oggetto quotidiano ma piuttosto agendo sulle potenzialità di una sua caratteristica ordinaria. In questo caso la scelta è caduta su quello più comune in cucina, il piatto di porcellana: la “decorazione” è stata studiata I diversi tipi di piatti infografici di “Wheel of Nutrition”. Nel retro del piatto è presente la legenda che spiega il significato dei diversi colori. Nella pagina seguente si possono vedere altre immagini del progetto.
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Capitolo 1
per non essere meramente decorativa, come succede tradizionalmente, ma per suggerire alla persona come riempire il piatto in modo da seguire la propria dieta. Si presenta infatti come un grafico a torta che con diversi colori indica la quantità dei vari tipi di alimenti. Anche se il progetto non sembra scientificamente provato (la serie dei piatti comprende tre diete un po’ bizzarre: The Diet, Extra Ordinary e Super Size) è sicuramente da sottolineare come Wheel of Nutrition dimostri che è possibile presentare informazioni in modo non noioso: al contrario qui sono trasmesse in modo
Nella pagina a sinistra, in alto: Quattro immagini che mostrano i piatti “Wheel of Nutrition” nel contesto d’uso. Nella pagina a sinistra, in basso: Una foto dello strumento “Mandometer”, usato per avere dei feedback in tempo reale sulle abitudini alimentari, in particolare sulla velocità con cui si mangia.
divertente, chiaro e oltretutto facilmente fruibile.
interagire con le informazioni Tuttavia, in questo caso le applicazioni interattive possono avere una marcia in più rispetto a progetti come quelli che abbiamo appena visto. Infatti, a differenza dei prodotti statici, esse danno informazioni personalizzate che rispondono alle esigenze e alle caratteristiche proprie di un determinato soggetto, oltre a feedback in tempo reale che possono aiutare la persona ad agire in maniera corretta dal punto di vista salutare. Un esempio correlato in qualche modo con i precedenti è Mandometer, un progetto sviluppato presso il Karolinska Institutet di Stoccolma e utilizzato da ricercatori inglesi del Bristol Royal Hospital for Children e dell’Università di Bristol per studiare la sua efficacia con i ragazzi obesi. Mandometer è un dispositivo portatile composto da un sottopiatto collegato a un piccolo schermo: appoggiandovi il piatto l’apparecchio pesa il cibo e in seguito misura la velocità con cui si mangia, confrontandola con quella consigliata dagli esperti. Questo permette di avere un feedback in tempo reale sulle proprie abitudini alimentari, capendo allo stesso tempo se e come è necessario modificarle per essere più in forma. Potrebbe sembrare uno strumento poco utile, ma lo studio condotto dai ricercatori inglesi su un campione casuale di 106 ragazzi obesi fra i 9 e i 17 anni ha dimostrato che può essere veramente efficace per aiutare le persone a mangiare meno e più lentamente. Infatti, pur non sapendo con certezza se alcuni comportamenti sono uguali per tutte le persone obese, si è notato che uno dei problemi ricorrenti è il fatto di mangiare grandi porzioni di cibo molto velocemente: usando Mandometer in modo sistematico all’interno della dieta per i ragazzi obesi, lo studio ha dimostrato che esso è un utile supporto poiché agevola il cambiamento comportamentale16.
16. Bowcott (2010)
Due sono gli aspetti importanti da sottolineare in questo progetto: il feedback in tempo reale e il confronto dei dati rilevati con i dati ideali. All’inizio di questa sezione avevo indicato la motivazione e il coinvolgimento personale, oltre all’informazione, come fattori chiave
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per sensibilizzare le persone. Avere delle informazioni su ciò che si fa mentre lo si sta facendo permette di vedere subito il possibile problema, senza rimandarlo a un ipotetico momento futuro. In più il confronto con i dati ideali motiva a fare meglio fin da subito, coinvolgendo la persona nel tentativo di avvicinarsi all’obiettivo: il feedback in tempo reale non è un’informazione “morta” ma diventa utilizzabile in modo attivo. Spostando l’attenzione dal mondo dei prodotti fisici a quello dei servizi virtuali, si nota che negli ultimi anni sono stati sviluppati molti progetti riguardo al tema dell’alimentazione e della salute. Esistono moltissime applicazioni, soprattutto online, studiate proprio per aiutare le persone a prendersi cura dei propri stili di vita e imparare come fare scelte salutari17. La maggior parte di esse sono sviluppate negli Stati Uniti,
17. A titolo esemplificativo si veda http://www. nursingdegreeguide. org/2008/50-web-apps-tohelp-you-stay-happy-andhealthy/ (ultimo accesso: 16 febbraio 2011)
o comunque fuori dall’Italia, ma esiste anche un interessante esempio italiano: il sito web “SaperMangiare.mobi”18, sviluppato da INRAN e
18. http://sapermangiare.mobi/
lanciato a luglio 2009, che ha avuto un buon successo considerando che si rivolge solo al pubblico italiano (17 milioni di accessi in un anno, per un totale di circa 130.000 visitatori unici)19. Fin dal sottotitolo “Scelgo per vivere meglio”, esso si presenta come una guida per una sana alimentazione: ha cinque servizi principali, più altre pagine e rubriche (Glossario, “Lo sapevi che...”), che vogliono sensibilizzare le persone affinché siano più informate e facciano delle scelte più salutari. Fatta eccezione per la sezione “Chiedo e mangio”, le informazioni non sono mai date in modo passivo, come se si trattasse si una enciclopedia, ma coinvolgono l’utente in prima persona che deve inserire dati o sceglierli dal database per avere un risultato su misura. In particolare, “Conto e mangio” permette di sapere quante calorie e quali nutrienti sono presenti in un determinato cibo o in una dieta giornaliera, mentre “So mangiare?” e “So bere?” sono degli utili strumenti per valutare le proprie abitudini, i rischi correlati e le azioni da intraprendere per migliorare. Infine, il servizio più interessante fra quelli offerti è sicuramente “Mangio meglio”: è una sorta di personal trainer che tenendo traccia dell’alimentazione quotidiana dell’utente lo aiuta a fare delle scelte giuste per il proprio stile di vita, inviandogli anche messaggi di suggerimenti per migliorare. Non si tratta di uno strumento scientifico con lo scopo di perdere peso, ma piuttosto di uno strumento di autovalutazione e motivazione personale. Confrontando il sito “SaperMangiare.mobi” con altri servizi simili, si può dire che sia ben progettato: semplice, intuitivo, diretto, utilizzabile quindi anche da chi ha meno confidenza con le tecnologie. L’aspetto grafico mi sembra un fattore decisivo nel relativo successo del servizio: essendo chiaro e sobrio ma allo stesso tempo colorato e vivace riesce ad eliminare una delle prime barriere che si incontrano con siti o strumenti simili che appaiono
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Capitolo 1
19. http://www. ilfattoalimentare.it/ sapermangiare.mobirecord-di-contatti-per-unodei-migliori-siti-alimentaridella-rete.html
noiosi già al primo impatto. Inoltre il coinvolgimento personale dell’utente è sicuramente un elemento chiave, poichè egli non si sente solo uno spettatore passivo ma ha un ruolo centrale dato che le informazioni sono
Sopra: Schermata della homepage del sito sull’alimentazione “SaperMangiare.mobi”.
date in modo specifico per le sue esigenze. E’ interessante infine il fatto che questo servizio sia stato pensato anche per essere usato “on the go”: infatti è accessibile e utilizzabile anche da telefono cellulare, cosa che lo rende molto utile in ogni occasione e permette di tener traccia più agevolmente della propria dieta, e lo inserisce nella grande categoria, sempre più in espansione, delle applicazioni per dispositivi mobili.
applicazioni interattive per bambini Negli ultimi anni, grazie alla diffusione degli smartphone e al crescente loro utilizzo da parte da diverse fasce di popolazione (dai ragazzi fino agli anziani), c’è stato anche un grande sviluppo di applicazioni che non riguardano solo gli ambiti legati alla comunicazione, ma anche il divertimento o servizi di utilità. Sfogliando le categorie dell’App Store di iTunes20 si trova anche quella di “Salute e Benessere” in cui sono inserite
20. http://itunes.apple.com/ it/genre/mobile-softwareapplications/id36?mt=8
anche varie applicazioni sul tema dell’alimentazione e degli stili di vita salutari. Il grande numero di servizi presenti fa notare come il benessere
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psicofisico sia diventato un argomento importante nella nostra società, di cui molti si occupano e si preoccupano. Tuttavia, dopo una breve analisi panoramica mi sono resa conto che non molte applicazioni sono rivolte specificatamente a bambini e ragazzi, la fascia d’età di cui vorrei occuparmi più specificatamente, a parte quelle delle categorie “Giochi” o “Istruzione”. I più giovani infatti non sono i normali utilizzatori di iPhone, iPod Touch e iPad: essi non sono ancora economicamente alla portata di tutti, tantomeno dei ragazzini. Questo vuol dire che se i bambini usano le applicazioni dell’iPhone di un adulto, lo fanno in modo abbastanza casuale e non continuativo; ciò non è molto favorevole per un servizio che si prefigga anche degli scopi educativi. Allo stesso tempo bisogna anche sottolineare il fatto che sempre più bambini utilizzano, seppur occasionalmente, gli smartphone dei loro genitori: non si interessano delle caratteristiche base del telefono (chiamate e messaggistica) ma lo usano quasi esclusivamente come un gioco. Sanno interagire bene e facilmente con il touchscreen, avendo meno paura di rompere qualcosa o di sbagliare rispetto agli adulti, e soprattutto si divertono. D’altra parte per i genitori tutto ciò è piuttosto positivo, poichè hanno sempre a portata di mano uno strumento per intrattenere i loro piccoli, in particolare quando sono fuori casa e si annoiano21. Tenendo in considerazione che gli smartphone,
21. Goldberg (2010)
soprattutto quelli di tipo touchscreen, si stanno sempre più diffondendo, non è assurdo pensare che nei prossimi anni un numero sempre maggiore di bambini avrà la possibilità di utilizzarli comunemente22. Questo mi
22. eMarketer Staff (2010)
porta a non escludere a priori le applicazioni mobili nel mio progetto di tesi, ma anzi a sottolineare le loro potenzialità, come quella di essere un buon mezzo per far “lavorare” insieme adulti e bambini. In generale, si può dire che le nuove tecnologie sono un ottimo supporto per progetti rivolti all’infanzia e alla preadolescenza: esse affascinano i bambini e i ragazzi, che quindi le usano più che volentieri, e offrono moltissime diverse possibilità. Questo concetto è alla base del concorso “Apps for Healthy Kids”23 lanciato negli Stati Uniti all’interno di Let’s Move!, una campagna promossa dalla
23. http://www. appsforhealthykids.com/
first lady Michelle Obama per combattere l’obesità giovanile nella sua nazione, dove è un problema davvero grave. Il concorso, che si è svolto fra marzo e settembre 2010, chiedeva di progettare delle applicazioni (strumenti o giochi) con lo scopo di guidare i bambini, direttamente o con l’aiuto dei genitori, verso scelte alimentari salutati e uno stile di vita attivo. Fra le 95 proposte, alcune sono davvero interessanti. ”Aaah! Condiments!”24 è un gioco per iPad il cui obiettivo è catturare il cibo senza farsi sconfiggere dai condimenti, con livelli di difficoltà diversi a seconda del grado di calorie contenute in ogni alimento. La caratteristica da rilevare in questo progetto non è tanto il contenuto in sé,
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Capitolo 1
24. http://allonzyinteractive. com/
Una schermata del gioco per iPad “Aaah! Condiments!”, presentato all’interno del concorso “Apps for Healthy Kids”.
che è abbastanza semplice, ma il tipo di interazione dell’utente: egli non deve infatti usare il touchscreen come in un normale gioco a schermo, ma deve scuotere l’iPad, muoverlo o urlare per giocare. Questo lo rende particolarmente divertente e spensierato, anche se basato su obiettivi educativi come quello di far capire le differenze in termini nutrizionali fra diversi tipi di alimenti e che certi condimenti possono essere davvero dei grandi nemici. “Food Find”25 è un applicazione progettata per iPhone che sfrutta la sua capacità di geo-localizzazione per aiutare il bambino a stare in
25. http://retronyms.com/ foodfind/
movimento, oltre che conoscere meglio le regole alimentari. Usando il gioco in parchi o altri luoghi all’aperto, si può decidere quanto tempo giocare e se sfidare degli avversari virtuali, e l’applicazione darà una mappa della zona con le icone dei vari cibi sparse nello spazio di gioco. Il bambino dovrà muoversi, correre, raggiungere le icone e “raccogliere” quelle che appartengono allo stesso gruppo di alimenti per aumentare il proprio punteggio. E’ interessante notare come questo gioco per
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iPhone sappia mettere insieme due elementi importanti dell’educazione alimentare, la conoscenza del cibo e il movimento fisico, e che pur essendo un applicazione a schermo riesca a creare una interazione che è quasi tutta oltre il dispositivo mobile, nello spazio fisico reale. Bisogna tenere in considerazione i problemi di sicurezza nel lasciare un bambino muoversi da solo in un parco, ma questo rientra nelle attenzioni del genitore (che oltretutto potrebbe essere anche il proprietario dell’iPhone usato!). Al momento il bambino può sfidare solo degli avversari virtuali, ma la possibilità di sfidare anche gli altri bambini presenti nello stesso luogo
Nella pagina a sinistra, in alto: Tre schermate del gioco per iPhone “Food Find”, un’altra applicazione presentata al concorso “Apps for Healthy Kids”, che unisce conoscenze alimentari e movimento fisico. Nella pagina a sinistra, in basso: Una schermata del progetto online “Pick Chow”, anch’esso concorrente in “Apps for Healthy Kids”.
sarebbe davvero una potenzialità in più. Per bambini e ragazzi, come in fondo per tutti gli esseri umani, il confronto fra pari è molto importante, e può essere un potente motore per il cambiamento. Questa è una delle caratteristiche di un altro progetto presentato per “Apps for Healthy Kids”, “Pick Chow!”26. Esso è uno strumento all’interno del sito ZisBoomBah che permette ai bambini di
26. http://www.zisboombah. com/pickchow/
“creare” il proprio pasto con un semplice “drag and drop” delle immagini dei vari alimenti e capire in modo facile e divertente le varie proprietà nutritive. Registrandosi al sito, gli utenti possono salvare le loro creazioni e tentare di vincere il premio “Meal of the week”, dato ogni settimana dal team di ZisBoomBah al miglior pasto della settimana. Il desiderio di fare meglio per sfidare gli altri bambini e vincere la competizione può far sì che i bambini si impegnino nel capire le caratteristiche di una alimentazione sana e magari a metterle in pratica nella vita reale. Un altro elemento importante di questa applicazione è il ruolo delle famiglie, in particolare dei genitori, che possono partecipare attivamente al sito condividendo le scoperte e il divertimento dei figli perché imparare una buona alimentazione sia un’avventura da vivere insieme. Il confronto fra pari, la competizione e la condivisione sono molto importanti per motivare le persone nel fare qualcosa e per coinvolgerle in modo più forte e deciso: sentendosi parte di un gruppo è molto più facile impegnarsi energicamente grazie al supporto degli altri. Questo è ciò che è alla base anche di “Ask, Listen, Learn”27, un programma promosso da The Century Council, un’organizzazione non-profit americana che ha
27. http://www. asklistenlearn.com/
come scopo principale quello di combattere l’alcolismo, la guida in stato d’ebbrezza e l’assunzione di alcool in età giovanile. Questa iniziativa vuole sensibilizzare i ragazzi sul tema dell’alcool e aiutarli a scegliere uno stile di vita sano, basandosi su una community online in cui essi entrano a far parte della squadra di “Ask, Listen, Learn” e si impegnano a partecipare attivamente, sia online che nella vita reale (ad esempio facendo attività fisica almeno 30 minuti al giorno). Grazie alle relazioni con gli altri, ai concorsi e giochi, i ragazzi vengono coinvolti e ritornano
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A sinistra: La promessa che i ragazzi che vogliono entrare nella community di “Ask, Listen, Learn” devono sottoscrivere per poter essere attivamente parte del team. Nella pagina a destra: Foto di due progetti facenti parte del progetto “The Fun Theory”. Il primo è un bidone dell’immondizia che “deglutisce” in modo rumoroso ciò che viene gettato, mentre il secondo è un contenitore per la raccolta differenziata delle bottiglie di vetro che si trasforma in una sorta di videogioco a punti.
regolarmente. Inoltre, un recente studio28 ha dimostrato che il crescente
28. Khan (2010)
successo dei cosiddetti “social games” è dovuto proprio al fatto che essi sono alla portata di tutti e creano un senso di comunità e di competizione positiva, cosa che induce gli utenti a giocare con assiduità per migliorare, salire di livello, avere feedback dagli altri giocatori e conquistare dei “riconoscimenti”.
l’importanza del divertimento Il coinvolgimento personale ed emotivo è la caratteristica comune a tutte le nostre motivazioni, dalla più profonda alla più superficiale. Ognuno di noi ha sempre bisogno di un “perché” per fare qualcosa; esso può essere di tanti tipi diversi (materiale, psicologico...) ma il sentirsi presi in causa in prima persona è sempre il motore più importante. Nel gioco e nel divertimento, soprattutto, tutti si sentono coinvolti in maniera positiva, attiva e propositiva: essi infatti ci appassionano, ci rendono felici, ci permettono di perdere o sbagliare senza sentirci in colpa29. Ecco perché i giochi e le situazioni divertenti sono anche sicuramente il miglior modo per incentivare le persone a modificare le proprie abitudini senza che esse lo ritengano un obbligo imposto o una critica al loro modo di fare. Un bel esempio è stato dato dalla “Fun Theory”, un concorso proposto nel 2009 dalla casa automobilistica Volkswagen per le idee più
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29. Stone (2010)
divertenti che avessero come scopo aiutare le persone a modificare in meglio il proprio comportamento. Proprio per dimostrare per prima il concetto che “something as simple as fun is the easiest way to change people’s behaviour for the better”30, Volkswagen ha progettato tre diverse
30. http://www.thefuntheory.com/
installazioni che divertendo le persone fanno sì che esse cambino il loro abituale modo di fare quasi involontariamente. Due sono legate al tema
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dell’ecologia: un bidone dell’immondizia in un parco pubblico e di un cassonetto per la raccolta differenziata delle bottiglie di vetro. Il primo emette uno strano rumore, come di deglutizione, ogni volta che una cartaccia viene inserita al suo interno, mentre il secondo si trasforma in
Nella pagina a destra: Una foto delle scale musicali installate in una stazione della metropolitana di Stoccolma, per il progetto “The Fun Theory”.
una sorta di postazione videogioco, che in modo simpatico assegna dei punti per ogni contenitore di vetro buttato. La terza installazione aveva invece come scopo quello di incoraggiare le persone a fare più movimento, a partire dal preferire le scale normali alle scali mobili. Le scale (in salita) di una stazione della metropolitana di Stoccolma sono state trasformate in una gigante tastiera di pianoforte, tale che ogni scalino emetteva una diversa nota: passando le persone creavano una melodia sempre diversa, e questo ha portato molti a scegliere quella via d’uscita per provare direttamente e aggiungere un attimo di divertimento alla routine quotidiana, tanto che il 66% in più rispetto al solito hanno rinuciato alle scale mobili in favore delle altre31.
31. Bates (2010)
Due sono gli aspetti salienti di queste installazioni, oltre a quello già citato del coinvolgimento attraverso il divertimento. Il primo è il contesto: ogni installazione non è stata posizionata casualmente ma proprio nei luoghi più adatti a sensibilizzare determinate categorie di persone. La scala-pianoforte, ad esempio, è stata posizionata all’uscita della metropolitana frequentata da molti pendolari, gente che va di corsa, che non ha tempo e che magari fa poco esercizio fisico. Se fosse stata posta all’entrata di una palestra, invece, avrebbe sicuramente divertito ugualmente i passanti ma il suo scopo di incentivare il movimento sarebbe stato abbastanza inutile dato che sarebbe stata usata da persone che fanno già esercizio con regolarità. Il secondo è il valore dell’informazione data attraverso un’installazione, che a mio avviso è maggiore rispetto a quello dato attraverso i canali tradizionali. Un’installazione permette di vivere un’esperienza, di assorbire conoscenze in modo naturale, imparando senza saperlo o volerlo. Ed è per questo che soprattutto nel campo nella comunicazione e della didattica della scienza si utilizzano sempre di più installazioni interattive ed exhibit hands-on32, come si può vedere nei più moderni musei di scienza e nei science centre come ad esempio il Science Museum di Londra e l’Exploratorium di San Francisco. In particolare, negli exhibit di tipo hands-on le parti dell’esposizione […] sono costruite per essere manipolate, pigiate, spinte, aperte, girate, e perché ci si possa saltare e arrampicare sopra. Non ci sono tesori preziosi chiusi in teche di vetro, né cartelli che segnalino ‘vietato toccare’33.
La divulgazione dei contenuti teorici avviene quindi attraverso l’esperienza, il coinvolgimento, il divertimento e stimolando la curiosità e
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Capitolo 1
32. Gli exhibit hands-on sono una particolare tipologia espositiva e divulgativa, usata prevalentemente in musei della scienza o science centre. Il termine "hands-on" delinea la sua caratteristica principale, ossia la partecipazione attiva del visitatore, che non è solo un soggetto passivo che “subisce” la comunicazione: anzi, egli è invitato a sperimentare in prima persona postazioni, oggetti, strumenti, producendo dei risultati che possono essere diversi da persona a persona. [Merzagora (2007, cap. 4)] 33. Richmond (2004)
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non insegnando o proponendo passivamente delle informazioni. Talvolta gli exhibit sono così giocosi che molti hanno l’impressione che oltre a divertirsi il visitatore non impari niente e che quindi non si raggiunga lo scopo didattico che ci sta dietro. In realtà si tratta di una cognizione di tipo “esperienziale”34: molti pedagogisti del secolo scorso hanno spesso
34. Norman (2003)
sottolineato di come si possa imparare anche facendo, utilizzando le cose, giocando. Ciò che solitamente auspicano i curatori e i progettisti degli exhibit hands-on è che da essi possa nascere una successiva cognizione di tipo “riflessivo”35, cioè più teorica e concettuale.
35. Norman (2003)
L’educazione e l’apprendimento sembrano essere facilitati quando sono accompagnati dal divertimento e dalla passione. Già negli anni Sessanta del secolo scorso Marshall McLuhan scriveva: It’s misleading to suppose there’s any basic difference between education and entertainment. This distinction merely relieves people of the responsibility of looking into the matter. It’s like setting up a distinction between didactic and lyric poetry on the ground that one teaches, the other pleases. However, it’s always been true that whatever pleases teaches more effectively36.
Nel progettare quindi dei servizi con finalità educative, come quella di sensibilizzare le persone, soprattutto bambini e ragazzi, ad adottare uno stile di vita più sano e attivo, il divertimento non è solo un fattore di coinvolgimento fine a sé stesso ma diventa anche allo stesso tempo una modalità di informazione molto efficace e utile.
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Capitolo 1
36. McLuhan (1960)
IL PERCORSO PROGETTUALE Lo sviluppo del progetto dalle prime idee alla sua definizione 2.1 Passo dopo passo i destinatari del progetto parole-chiave: informare, motivare, coinvolgere, collaborare generazione di idee 2.2 La prima proposta il tavolo: aspetti sociali e tecnologici giochi con le carte aspetti problematici 2.3 La ridefinizione del progetto carte fisiche e carte virtuali verso una maggiore tangibilitĂ
2.1 Passo dopo passo La fase preliminare di ricerca mi ha permesso di avere le idee più chiare su quali siano i servizi già esistenti e in quali modalità il tema dell’educazione alimentare sia già stato affrontato, e mi ha dato modo di capire con maggior precisione come poter portare avanti il mio concept iniziale. La base di partenza era piuttosto vaga: questo non perché non sapessi cosa fare, ma per mantenere la mente il più possibile aperta agli stimoli. Il primo passo verso la definizione delle caratteristiche del progetto è stato quindi quello di analizzare quanto era a mia disposizione (ricerca, prime idee...) e scegliere la direzione precisa di lavoro.
i destinatari del progetto La scelta principale e caratterizzante ha riguardato l’utenza a cui indirizzarmi. Durante il periodo di ricerca, ciò che mi aveva colpito molto era la situazione veramente problematica per i bambini dal punto di vista dell’alimentazione, e conseguentemente della salute. Fin da subito avevo quindi deciso di realizzare un progetto per i più piccoli, cosa che sentivo molto nelle mie corde data la mia passione per l’infanzia. La mia idea è stata poi confermata da alcune constatazioni: •
sono pochi i servizi per bambini che si occupano di educazione alimentare in maniera “accattivante”, e quelli esistenti non sono molto diversi fra loro;
•
l’infanzia è una fascia d’età molto importante, poiché ciò che si impara e le abilità che si acquisiscono possono non cambiare per tutto il resto della vita;
•
sensibilizzare i più piccoli su temi importanti, come la corretta alimentazione, può essere un mezzo utile per arrivare anche agli adulti, i quali sono degli attori molto importanti nella formazione delle generazioni future. Le differenze cognitive e comportamentali esistenti fra ragazzini di
pochi anni di età di differenza mi hanno portato infine a restringere il target ai bambini della scuola primaria (7-10 anni), che stanno imparando o sanno già leggere abbastanza facilmente e che possono interagire con delle informazioni in maniera autonoma. Anche se il progetto è destinato essenzialmente ai più piccoli e vuole mettere al centro il loro protagonismo, la presenza degli adulti è tenuta in considerazione: essi non sono solo dei personaggi “di contorno” o degli aiutanti, ma possono diventare co-protagonisti, giocando, imparando e divertendosi insieme ai bambini.
Il percorso progettuale
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parole-chiave: informare, motivare, coinvolgere, collaborare La fase di ricerca mi ha permesso inoltre di definire le caratteristiche basilari del progetto attraverso alcune parole-chiave: informare, motivare, coinvolgere. L’informazione è un elemento fondamentale in un processo educativo, poiché rappresenta il contenuto che si vuole trasmettere. Nel mio caso, il messaggio principale è l’importanza di prestare attenzione al cibo che mangiamo e di imparare la differenza fra una buona e una cattiva alimentazione; altre informazioni nutrizionali più “astratte” (come ad esempio capire le differenze fra i cibi, riconoscere i nutrienti...) sono secondarie ma ugualmente tenute in considerazione, in un processo di progressiva sensibilizzazione e formazione. La motivazione è il motore che muove le persone a impegnarsi in qualcosa, e a mio parere essa può mantenersi “alta” nel tempo solo se accompagnata da un coinvolgimento personale. Quest’ultimo è un tratto del progetto che ho sempre mantenere sia per riuscire a creare un’esperienza abbastanza forte, ma soprattutto perché ritengo impossibile riuscire a trasmettere qualcosa in modo incisivo senza che i destinatari non si sentano protagonisti: ciò che non interessa, per fortuna o purtroppo, viene facilmente dimenticato. Questo vale per tutti, ma in modo particolare per i bambini, che faticano a concentrarsi su qualcosa che non amano. In un secondo momento ho deciso di aggiungere una quarta parola-chiave alle tre appena descritte: collaborare. Infatti, fin da subito ho ritenuto importante che l’esperienza vissuta non fosse meramente individuale ma che comprendesse anche un aspetto sociale, sia per un maggiore coinvolgimento, sia perché ciò permette confronto e scambio di conoscenze e abilità. Queste quattro parole-chiave sono state molto importanti, sia per la loro utilità nella fase di generazione di idee, sia perché mi hanno aiutato a seguire sempre il “filo rosso” scelto in modo non casuale fin dall’inizio, senza perdermi nei momenti di difficoltà. Infatti, soprattutto nelle fasi più avanzate di progettazione, si tende talvolta a dimenticare le intenzioni e le caratteristiche iniziali: averle sotto forma di semplici parole-chiave mi ha aiutato a richiamarle facilmente alla mente in ogni momento.
generazione di idee Come è già stato brevemente accennato, un primo utilizzo delle parole-chiave è stato quello di supporto alla fase di generazione di idee. Basandomi su di esse, ho fatto un brainstorming per esplorare in modo molto libero e senza costrizioni le possibilità di un progetto per sensibilizzare sul tema dell’alimentazione. Le idee emerse sono state varie e
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Capitolo 2
diverse fra loro, e non tutte centravano perfettamente il concept e il target definiti, ma nessuna è stata esclusa: lo scopo infatti non era quello di aver dei progetti pre-confezionati, ma di avere una serie di stimoli, esplorando
Sopra: idee emerse durante il primo brainstorming raggruppate per “gruppi tematici”.
il campo d’azione in tutte le direzioni. Alla fase creativa è quindi seguita una fase analitica di revisione delle idee emerse: come si può vedere nell’immagine, ho riscritto i Post-it® mettendo insieme le proposte simili fra loro e correggendo o completando gli spunti solo abbozzati, e ho poi cercato di dividerli per “gruppi tematici” sulla base degli elementi ricorrenti. Questo mi ha dato una buona base di partenza, ma mi ha permesso di notare anche alcune criticità: i contesti d’uso pensati erano molto limitati, mentre le modalità di interazione erano molte e diverse fra loro. Per chiarirmi le idee su questi punti, ho deciso di fare altri brainstorming su alcuni elementi ben definiti: luoghi frequentati dall’utente principale (cioè il bambino), persone a contatto con lui, possibilità di sviluppo del progetto. Questo secondo brainstorming mi ha aiutato ad allargare le prospettive aperte da alcune idee generate precedentemente e mi ha permesso di capire in modo più ragionato cosa approfondire e cosa
Il percorso progettuale
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Una parte del secondo brainstorming, in questo caso limitato alle possibilità di sviluppo tecnologico del progetto.
invece lasciare da parte. La prima vera idea concreta non ha però preso forma immediatamente: le idee più interessanti mi sembravano quelle basate sull’uso di un dispositivo mobile come uno smartphone, ma alcune caratteristiche non mi convincevano. A parte la relativa diffusione di telefoni cellulari avanzati fra i bambini di età minore di dieci anni, l’aspetto che mi è sembrato negativo fin da subito è l’alto tasso di individualità che è insito nell’uso di questo tipo di supporti. Se uno degli aspetti chiavi che volevo mantenere era la collaborazione e lo sviluppo di relazioni interpersonali, i dispositivi mobili non erano la soluzione migliore. Inoltre, avevo sempre avuto in mente il pensiero ricorrente di basarmi su una interfaccia tangibile cercando di sfruttare le caratteristiche di interazione e fruizione libera e svincolata proprie degli exhibit hands-on, ma non volevo
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Capitolo 2
che questo mio “pallino” soggettivo condizionasse in maniera negativa le mie idee progettuali. Per questo, considerando i vari elementi in gioco ho analizzato ciò che avevo “prodotto” nel secondo brainstorming e ho selezionato quelli che mi sembravano migliori. L’intuizione di sfruttare un’interfaccia che privilegiasse l’aspetto fisico dell’interazione è sembrata infine azzeccata per un progetto che vuole educare senza insegnare e che è destinato a bambini. A proposito degli utenti, ho deciso di lavorare su un’interazione “alla pari”, fra bambini più o meno coetanei; la presenza e l’interazione con adulti è tenuta in considerazione, ma in modo del tutto marginale. La maggior indecisione era invece riguardo al contesto d’uso: non poteva essere un ambiente privato per l’aspetto sociale che volevo mantenere nel progetto, ma neppure uno spazio pubblico di passaggio era adatto per riuscire a comunicare e non solo a intrattenere brevemente.
2.2 La prima proposta La scelta del tono emozionale ha contribuito fortemente a definire la prima vera idea progettuale. Avendo come destinatari principali i bambini è stato quasi ovvio pensare ad un mood allegro, semplice e informale, e anche dalla ricerca iniziale era emersa chiaramente l’importanza del divertimento e di un’atmosfera “accomodante” come fattori qualificanti per un’esperienza di apprendimento. Indirizzarmi quindi verso la progettazione di un gioco, lasciando da parte le varie idee di servizi di tipo più informativo, è stato praticamente naturale. Ecco che avendo chiare in mente tutte le caratteristiche che volevo avere nel progetto, non è stato difficile arrivare a definire la prima versione di Briciole: un gioco con finalità educative basato su un tavolo interattivo, fruibile da almeno due bambini contemporaneamente che possono interagire usando delle carte e altri oggetti già predisposti. Trattandosi di un tavolo, i contesti che mi sembravano più adatti erano luoghi frequentati dai bambini, come la scuola, la biblioteca e le sale d’attesa, come ad esempio quella di un centro medico. Pur non avendo definito chiaramente le interazioni, si trattava essenzialmente di un gioco di carte (quindi qualcosa di abbastanza tradizionale) che sfruttasse a proprio vantaggio le potenzialità di una superficie interattiva. Come si può vedere nell’immagine alla pagina seguente, uno dei primi schizzi realizzati, l’idea di fondo del gioco era uno “scontro” fra due giocatori o più, basato su abbinamenti fra le carte dei mazzi in dotazione e le immagini e/o informazioni presentate dal tavolo stesso.
Il percorso progettuale
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Schizzi iniziali relativi alla prima proposta progettuale: carte da gioco e altri oggetti fisici (sopra) e due persone che giocano interagendo fra loro e con il tavolo (a lato).
Pur sembrando passibile di buoni sviluppi, questo primo abbozzo necessitava di molto approfondimento: era necessario definire il tipo di informazione che si voleva dare e il tipo di esperienza di gioco e, non ultimo, capire come sfruttare appieno le potenzialità di un tavolo interattivo.
il tavolo: aspetti sociali e tecnologici Innanzitutto va spiegato perché, fra tutte le infinite possibilità, è stato scelto di basare il progetto su un tavolo interattivo. A differenza di quanto si potrebbe immaginare, la decisione non è stata dettata subito dalla tecnologia utilizzata ma piuttosto dal tipo di user experience che si voleva ottenere. Il tavolo infatti è subito collegato ad un ambito famigliare, in cui le persone possono sentirsi facilmente a proprio agio, e in particolare può ricordare il tavolo della cucina attorno al quale ci si trova per condividere i pasti della giornata e scambiare chiacchiere con gli altri. È quindi insito in esso un collegamento con il cibo e l’alimentazione, ma anche con la socialità e lo stare insieme. Inoltre, il fatto di stare intorno ad un tavolo permette a tutti di partecipare allo stesso modo a ciò che avviene su di esso, cosa che non è vera nel caso, ad esempio, di un pannello a muro. Parlando del progetto con alcuni colleghi universitari, infatti, mi era stato suggerito che forse un altro tipo di “piattaforma” poteva essere presa in considerazione. In
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Capitolo 2
effetti ci avevo pensato, ma l’alternativa più plausibile, un pannello a muro, non era altrettanto efficace: in primo luogo perché potrebbe ricordare la lavagna presente in tutte le aule scolastiche, ma anche perché sarebbe stato più difficoltoso far interagire contemporaneamente più persone. Un altro aspetto determinante nella scelta del tavolo rispetto ad altre alternative è la superficie piana su cui posare gli oggetti che dovrebbero permettere di interagire. Infine, l’uso di un tavolo interattivo mi permette di sfruttare le tante sperimentazioni che sono state fatte negli ultimi anni proprio su questo tipo di supporto. Fin dall’inizio della progettazione ho cercato di approfondire gli aspetti tecnologici, per non correre il rischio di accorgermi solo alla fine della non fattibilità del progetto. Due fatti mi hanno incoraggiato a proseguire nella strada intrapresa: la crescente diffusione delle nuove tecnologie nelle scuole e la grande quantità di progetti sperimentali basati su tavoli interattivi e oggetti tangibili. Nelle scuole italiane si stanno sempre più diffondendo le lavagne interattive multimediali (LIM)37: sembrano delle normali lavagne didattiche, ma essendo collegate ad un computer e un proiettore permettono di
37. http://www.innovascuola.gov. it/opencms/opencms/lim/lim. html
visualizzare e interagire con contenuti e applicazioni digitali. Viene usata con una “penna”, un puntatore a cui la superficie della lavagna è sensibile, o in modalità touchscreen, a seconda delle tecnologie e dei software usati. Dal mio punto di vista, è interessante soprattutto perché dimostra come la tecnologia sia sempre più integrata anche nell’educazione, e quindi i progetti in questo campo potrebbero avere maggiori sviluppi. Un esempio è dato dallo SMART Table38, un tavolo interattivo prodotto dall’azienda canadese Smart Technologies, realizzato proprio per essere integrato nelle
38. http://smarttech.com/ table
classi per favorire il lavoro di gruppo. Esso permette la partecipazione simultanea di più studenti ed è progettato in modo tale che le applicazioni possono essere facilmente modificate e personalizzate da ogni insegnante.
Il percorso progettuale
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Due bambini usano il tavolo interattivo SMART Table sotto la supervisione di una insegnante.
Ciò che mi ha sempre colpito maggiormente nei tavoli interattivi è però la possibilità di creare un’interfaccia tangibile che non si esaurisce nei soli elementi fisici ma che “comunica” anche con dei contenuti digitali e li visualizza sulla superficie. Per questo, indirizzandomi verso la progettazione di un tavolo ho subito pensato di usare la tecnologia reacTIVision, una piattaforma open-source sviluppata per il riconoscimento e tracciamento di fiducial marker applicati a oggetti fisici. Basandosi su di essa sono stati sviluppati vari progetti, molti dei quali sperimentali: il più famoso e conosciuto è sicuramente Reactable, che è uno strumento per creare musica elettronica sperimentando con i suoni in maniera creativa e semplice. Le immagini delle prossime pagine mostrano alcuni dei progetti che mi hanno ispirato proprio per le loro caratteristiche di interazione e di visualizzazione: tre di questi sono stati sviluppati da studenti di università tecniche tedesche, mentre l’ultimo è stato progettato da un collettivo di giovani francesi. Esso mi ha colpito in modo particolare perché è rivolto a bambini della scuola dell’infanzia e mira allo stesso tempo a educare e a sviluppare la creatività e le capacità espressive.
Tre esempi di fiducial marker usati in reacTIVision.
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Capitolo 2
Alcune persone interagiscono con Reactable. (http://www.reactable.com/)
Foto di Infractor, un’installazione artistica basata su un tavolo interattivo che permette di fare ricerche nel database del New York Times e di visualizzare gli articoli scelti. (http://www.infractor.org/)
Il percorso progettuale
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Due foto di Noteput, un tavolo interattivo che vuole aiutare gli studenti a imparare la notazione musicale. Come si vede nella seconda immagine, ogni nota è corredata di un fiducial marker che la identifica e che viene riconosciuto dal tavolo. (http://www.jonasheuer.de/ index.php/noteput/)
Foto del tavolo interattivo Fontplore, che permette di esplorare database di caratteri tipografici usando degli elementi tangibili. (http://www.designverket.de/ fontplore/)
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Capitolo 2
Tre immagini di MÜ project, un tavolo interattivo per bambini della scuola dell’infanzia basato sulla fiaba “Pierino e il lupo”. La prima foto mostra gli elementi tangibili, che rappresentano i personaggi della storia, mentre le altre due fanno vedere i bambini che interagiscono con il tavolo. Esso è quadrato e i bambini possono stare tutt’intorno: per interagire possono usare gli elementi tangibili o anche le dita. Le attività proposte vogliono sviluppare la creatività e la socievolezza, ma anche dare una preparazione prescolare ai bambini. Nel video presente sul sito web si nota chiaramente come anche questo pregetto sia basato su reacTIVision, dato che ogni elemento tangibile presenta sulla sua base un fiducial marker. (http://www.mu-project.com e http://lab212.org/projets/mu)
Il percorso progettuale
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Schema del funzionamento di reacTIVision indicato nel sito web del progetto.
I tavoli interattivi basati su reacTIVision sono costruiti come indicato nell’immagine sopra, con una superficie in materiale trasparente ma opaco (come il plexiglass opacizzato). Sotto il tavolo ci sono una videocamera o webcam che registra in tempo reale quello che avviene sulla superficie di interazione, un proiettore e una lampada a infrarossi. La videocamera comunica con un computer, il quale a sua volta è collegata al proiettore. La lampada a infrarossi è necessaria perché il tavolo deve essere ben illuminato perché il sistema possa riconoscere i fiducial marker, ma allo stesso tempo l’ambiente deve essere oscurato perché l’occhio umano possa vedere la proiezione: la luce a infrarossi è invisibile in condizioni normali, ma molte videocamere sono sensibili ad essa o possono essere opportunamente modificate. Questa struttura lavora con un flusso che va dal tavolo alla videocamera, passa attraverso il computer e il proiettore per tornare infine alla superficie del tavolo. ReacTIVision riprende i fiducial marker in tempo reale, e l’immagine catturata è trasformata dal software in bianco e nero e secondo dei particolari algoritmi che permettono infine di abbinarla ad un unico numero identificativo (ID)39. I fiducial sono progettati in modo speciale, tale che è poi possibile per reacTIVision calcolare il suo punto centrale e capire il suo orientamento. Infine, attraverso il protocollo TUIO40 le informazioni possono essere inviate a qualsiasi applicativo client capace di decodificare il protocollo e quindi essere utilizzate per modificare la proiezione sul tavolo. Attualmente le implementazioni TUIO sono disponibili per quasi tutti i linguaggi di programmazione, alcune create all’interno del progetto reacTIVision, altre fornite da terzi.
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Capitolo 2
39. http://reactivision. sourceforge.net/ 40. http://www.tuio.org/
La panoramica sui progetti basati su reacTIVision (quelli presentati sono solo una piccola selezione) mi ha aiutato a confermare la scelta progettuale del tavolo interattivo e ad approfondire l’aspetto tecnologico, che però è stato messo un po’ da parte nelle prime fasi di design per concentrarmi più su quello che per me è il fulcro del progetto, cioè le interazioni con il tavolo e fra gli utenti.
giochi con le carte Avendo deciso di lavorare essenzialmente su un gioco di carte basato su informazioni riguardo il tema dell’alimentazione sana, il primo passo successivo alla formulazione della prima proposta di progetto è stato quello di capire meglio il “cosa” e il “come”: che tipo di contenuti voler trasmettere e in che modo sviluppare il gioco vero e proprio, in modo da poterlo definire chiaramente in tutte le parti dell’interazione. Ho rivisto quindi brevemente le informazioni sull’educazione alimentare che avevo già affrontato nella fase iniziale di ricerca, e ho scelto di puntare più sulla sensibilizzazione riguardo al tema che sulla comunicazione di particolari dati: infatti i bambini difficilmente capiscono il senso del calcolo delle calorie o dei diversi nutrienti, ma sanno bene quali cibi preferiscono! Per la parte di gioco vera e propria ho fatto una breve ricerca generale sui giochi di carte già esistenti: lo scopo non era quello di approfondire i giochi già esistenti ma di capire quali meccanismi e regole già usati potevano essere utili per il mio progetto. Da qui sono passata all’elaborazione di alcune proposte di gioco, ancora a livello “astratto” e simulate solo con pezzi di carta di recupero in una sorta di rapid prototyping al livello più grezzo. •
Domino: basato sul meccanismo dell’omonimo gioco tradizionale ma sfruttando l’interattività, ogni carta giocata visualizza sul tavolo delle bolle “informative” relative al cibo rappresentato sulla carta stessa. Ogni partecipante deve quindi scegliere dal suo mazzo la carta che di volta in volta può abbinarsi nel miglior modo a ciò che è già presente sul tavolo.
•
Should I stay or should I go?: l’obiettivo del gioco è preparare in modo collaborativo un pasto bilanciato. Ogni giocatore al suo turno può decidere se aggiungere un alimento (vale a dire una carta dal suo mazzo) al piatto visualizzato nell’area di gioco o se “stare”, indicando in questo modo che per lui/lei il pasto è completo. Se tutti decidono di fermarsi, allora il tavolo rivelerà il risultato (se il pasto è ben composto o meno), ma se invece il piatto diventa troppo pieno prima che tutti abbiano deciso di fermarsi, affonda perché troppo pesante e il giocatore che ha fatto la mossa decisiva prende una penalità.
Il percorso progettuale
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Alcune carte da gioco studiate proprio per giochi sull’alimentazione rivolti ai bambini. Entrambe le due tipologie qui presentate prendono spunto da mazzi di carte già esistenti: quelle più in alto assomigliano alle carte Pokémon o Yu-Gi-Oh! molto usate dai bambini negli ultimi tempi, mentre quelle sulla seconda riga riprendono le tradizionali carte da gioco francesi.
http://www. educationalcards.com/ http://www.mominventors. com/2009/03/11/sharonapplegate-of-food-funnutrition-cards/
•
Completa il piatto: come suggerisce il titolo, lo scopo di questo gioco è di completare in modo equilibrato i pasti presenti sui piatti che man mano compaiono sulla superficie del tavolo. L’aspetto più interessante di questo gioco è che prevede la partecipazione simultanea di tutti i giocatori, sfruttando maggiormente il tavolo e aggiungendo il fattore “velocità” che vuol dire anche competizione.
•
Food wars: ogni giocatore deve scegliere quattro carte dal suo mazzo e appoggiarle sulla superficie di gioco. Una volta appoggiate, le carte visualizzeranno il relativo “esercito di mostri-cibo”, che il giocatore avrà a sua disposizione per superare le sfide proposte. L’energia dell’esercito dipenderà, naturalmente, dalle carte scelte: se rappresentano solo cibi negativi dal punto di vista alimentare, l’esercito sarà molto debole, mentre una selezione equilibrata di cibi porterà ad avere un esercito più vario e quindi più forte. Tutti questi giochi sono stati pensati per almeno due giocatori e tutti,
sia quelli collaborativi che quelli competitivi, assegnano punti o penalità: da un certo punto di vista ciò potrebbe sembrare irrilevante, ma il desiderio di migliorare il proprio punteggio o la posizione in classifica può essere un motivatore molto forte per le persone, in particolare per i bambini, a ritornare al gioco.
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Capitolo 2
A differenza dei normali giochi di carte, quelli descritti precedentemente non prevedevano l’uso di un unico mazzo ma invece di vari mazzi identici, uno per ogni giocatore. Sul lato della faccia le carte avrebbero dovuto rappresentare immagini di porzioni di cibo, mentre il retro di ogni mazzo sarebbe stato diverso in modo da poter identificare il giocatore associato al mazzo. A questo punto le caratteristiche generali sembravano abbastanza definite e anche le modalità di gioco cominciavano a delinearsi più chiaramente: per testare le varie idee e così capire cosa poteva funzionare e cosa andava modificato o scartato, ho cominciato a lavorare parallelamente sul design delle carte e sul flusso delle interazioni di gioco, con l’obiettivo di creare un simil-prototipo cartaceo.
aspetti problematici Ho iniziato con molto entusiasmo la fase di pre-prototipazione analizzando i meccanismi di gioco e cercando di capire quale stile grafico dare alle carte. Presto però mi sono scontrata con alcuni problemi, che inizialmente hanno rimesso in gioco uno degli aspetti del progetto che mi sembravano maggiormente assodati: l’uso delle carte. Affinché l’esperienza di gioco fosse abbastanza ricca, era necessario l’uso di molte carte diverse; un mazzo di venti carte, come avevo ipotizzato, era troppo limitante: tutto si sarebbe dovuto basare solo sui venti cibi rappresentati in quelle carte! D’altro canto, tuttavia, venti carte sono davvero tante da gestire per un bambino, e questa difficoltà avrebbe probabilmente rallentato tutto, compromettendo l’esperienza di gioco generale. L’alternativa che mi
2 fragole
Il percorso progettuale
Sotto: alcuni esperimenti grafici per la realizzazione delle carte da gioco da usare nel progetto.
fetta di formaggio
fetta di pane
1 rapanello
5 fragole
porzione di broccoli
fetta di pane integrale
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sembrava più semplice era quella di utilizzare un unico mazzo distribuito fra i giocatori, come nei tradizionali giochi di carte. Questa modalità poneva un altro problema, quello del riconoscimento dei giocatori da parte del sistema, che ovviamente riconosce le persone non secondo il loro nome ma grazie a dei dati precisi. Era necessario fare un passo indietro e, senza buttar via tutto il lavoro fatto, riprendere in mano le idee da cui ero partita per poter risolvere le criticità.
2.3 La ridefinizione del progetto I problemi emersi nella fase di pre-prototipazione mi avevano lasciato un po’ spiazzata, ma col senno di poi posso affermare che ciò è stato positivo perché mi ha permesso di rivedere tutto il progetto nel suo complesso, a partire dal tavolo stesso. Sgombrando la mente dalle tante strutture che mi ero creata, ho deciso che l’interazione dovesse essere il più semplice e libera possibile, offrendo allo stesso tempo ampie possibilità all’utente. Una delle prime scelte ha riguardato la forma della superficie del tavolo: lasciando da parte le varie idee che volevano “incastrare” ogni giocatore al suo posto, ho infine optato per un tavolo rotondo grazie anche ai suggerimenti derivanti
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Capitolo 2
Sopra: la rappresentazione di una parte del flusso dell’interazione di uno dei giochi elaborati.
dall’osservazione di alcuni bambini, possibili utenti. Non si tratta solo di una questione formale ma è un aspetto della user experience: un tavolo rotondo non obbliga nessuno ad avere una postazione precisa e inoltre permette a tutti di raggiungere facilmente tutti i punti della superficie. Tuttavia la cosa più importante era ridefinire le modalità di interazione con il tavolo visti gli ostacoli all’uso delle carte.
carte fisiche e carte virtuali Dato che i giochi di carte mi erano sembrati un modo efficace per poter lavorare sulle combinazioni alimentari e le composizioni dei pasti, ho cercato di mantenere la stessa struttura trovando una soluzione ai limiti delle carte da gioco classiche. L’intuizione è stata quella di usare le carte non come rappresentanti di un singolo cibo, ma come “contenitori” di molti altri cibi: in pratica, trasponendo le carte pensate fino a quel momento da fisiche, tangibili, a virtuali, cioè visualizzate direttamente sulla superficie del tavolo, e usando altre carte tangibili per muoversi fra le possibilità. In questo modo si allargava all’infinito il numero di cibi inclusi nel gioco, ma allo stesso tempo si creava il problema di capire come organizzare questi “contenitori”. Raggruppare i cibi in “verdure”, “carne”, “latticini”, e così via, mi sembrava troppo ovvio, mentre una divisione per gruppi nutrizionali era altrettanto ostica. La soluzione più semplice e a mio avviso più interessante
Prove progettuali per la forma della superfice del tavolo interattivo.
Il percorso progettuale
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L’immagine a lato rappresenta la possibile visualizzazione dei cibi sul tavolo avendo appoggiato una carta gialla. Inoltre, l’alone verdino intorno alla banana sta a significare che quell’elemento è stato selezionato.
l’ho trovata nel raggruppare i cibi per colori: quando pensiamo ad un cibo, tutti pensiamo al suo aspetto e quindi non abbiamo problemi a dire di che colore è. Praticamente, come si può vedere nell’immagine sopra, appoggiando una “carta-colore” sul tavolo interattivo sarebbero apparsi i cibi relativi a quello stesso colore, e sarebbe poi stato possibile selezionare l’alimento desiderato. Questa nuova modalità di interazione ha permesso di avere molti meno limiti nella costruzione dei giochi e di arricchire l’esperienza, però ha obbligato anche a rivedere tutto ciò che era stato prodotto fino a quel momento: mentre la parte relativa ai contenuti poteva andare ancora bene, i meccanismi di gioco dovevano necessariamente essere diversi da quelli già studiati. Nel capitolo successivo verrà descritto ampliamente quali sono state le scelte finali.
verso una maggiore tangibilità Lo sviluppo successivo, che mi ha portato alla definizione del progetto finale, è stato anche verso una semplificazione dell’interazione e allo stesso tempo un ampliamento dell’esperienza tangibile. Infatti, ho cercato di eliminare tutti gli elementi superflui: ad esempio, anziché avere un mazzo di carte-colore per ogni giocatore, mi sono mossa verso la progettazione di un unico set usato in collaborazione da tutti i partecipanti al gioco. Inoltre, le carte tangibili si sono un po’ alla volta trasformate in elementi più “consistenti”, grossi, facili da usare, come dei mattoncini. Rimaneva comunque aperto il nodo del riconoscimento di ogni giocatore. Per questo ho pensato ad una serie di “pedine” personali che funzionano da ID (identificativo) per ogni persona che prende parte al gioco. Come verrà meglio spiegato successivamente, ho deciso di creare
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Capitolo 2
una famiglia di mostriciattoli, ognuno dei quali rappresenta un utente e tiene traccia dei suoi punteggi e progressi. A questo punto, è meglio vedere come è stato pensato il progetto finale nel suo complesso: la seconda parte del prossimo capitolo presenta il primo prototipo realizzato mentre il quarto capitolo è interamente dedicato alla versione definitiva di Briciole.
Sotto: Primi schizzi di mostri/ pedine di gioco.
Il percorso progettuale
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IL CONFRONTO CON GLI UTENTI Le fasi della progettazione marcate da un approccio “user-centred” 3.1 Progettare per le persone con le persone osservare coinvolgere 3.2 Il prototipo di cartone visualizzare il progetto provare le interazioni il primo “user test”
3.1 Progettare per le persone con le persone Una delle caratteristiche principali del mio percorso progettuale è stato l’approccio con cui ho affrontato le varie fasi. Fin dall’inizio ho dato cercato di mettere e tenere sempre al centro l’utente, secondo la logica dell’user-centred design: questo non per una questione formale ma perché ritengo fondamentale che un servizio che si rivolge alle persone sia basato sulle loro vere esigenze e caratteristiche, e non sia soltanto calato dall’alto secondo l’ispirazione del designer. In particolare, sviluppando un progetto per bambini mi sono resa conto di quanto la realtà dell’esperienza possa essere diversa e lontana dalle idee che ci si crea nella mente. Il confronto diretto con gli utenti in tutte le fasi della progettazione ha permesso un continuo perfezionamento del lavoro, a volte mettendolo in crisi, a volte confermandolo, ma sicuramente sempre in modo positivo verso la creazione di una user experience interessante.
osservare Essenzialmente il confronto con gli utenti si è concretizzato su due piani: quello dell’osservazione e quello della partecipazione. L’osservazione è stata utile soprattutto nelle prime fasi di design, in cui cercavo di capire se le idee identificate e sviluppate inizialmente potessero essere valide. Avendo la fortuna di avere una grande famiglia con molti bambini sotto i dieci anni (miei nipoti), ho potuto osservarli per lungo tempo senza dover creare delle situazioni strutturate ad hoc: semplicemente giocando con loro, ho cercato di cogliere tutte le occasioni utili al mio progetto per guardare con occhio più critico i loro comportamenti e le loro reazioni. In particolare, due sono stati gli elementi su cui si è concentrata la mia attenzione di ricercatrice: i giochi di carte e il tavolo come base di gioco. Dopo alcune sessioni di osservazione ho potuto rilevare alcuni elementi ricorrenti (che ho poi tenuto in considerazione nella progettazione): •
i bambini fra i sei e i dieci anni non sono abituati ai giochi di carte, e alcuni meccanismi di gioco sono un po’ difficili da apprendere;
•
i mazzi di carte standard hanno dimensioni un po’ troppo grandi per le mani dei bambini, che per questo non riescono a tenerle in mano con sicurezza, soprattutto se sono molte;
•
i bambini più piccoli sono lenti nel controllare le carte in loro dotazione, soprattutto se il mazzetto cambia spesso durante il gioco. Ciò rallenta l’interazione generale, e in modo particolarmente pesante se il gioco prevede che ogni giocatore faccia la sua mossa solo nel momento del suo turno;
•
le misure del tavolo usato come base di gioco possono essere un
Il confronto con gli utenti
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ostacolo all’esperienza ludica: spesso i partecipanti devono prendere delle carte dal mazzo, nel caso di giochi di carte, o muovere pedine e altri oggetti, nel caso di giochi da tavolo di diverso tipo, e possono trovarsi in difficoltà se tali elementi si trovano troppo lontani da loro. In questo caso solitamente devono alzarsi in piedi e allungarsi sopra il piano di gioco con tutto il busto, oppure salire sopra la sedia o alzarsi dal proprio posto e costeggiare il tavolo fino a raggiungere la posizione più comoda per raggiungere il proprio obiettivo. Si tratta di difficoltà che i bambini per lo più sormontano facilmente e con il sorriso sulle labbra, ma che potrebbero anche essere evitate; •
nonostante i giochi da tavolo o di carte presuppongano che ogni giocatore abbia la sua postazione di gioco, per i bambini è molto difficile stare fermi nel posto assegnato per molto tempo. Vogliono alzarsi, spostarsi, vedere cosa stanno facendo gli altri...
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Capitolo 3
Nella foto in alto: Michele (6 anni) e suo fratello Gabriele (8 anni) giocano a un gioco di carte per bambini. Le due foto sotto mostrano le difficoltà nel maneggiare le carte: a destra, Michele cerca di tenere in mano tutte le sue carte, mentre a sinistra, Gabriele appoggia le carte su una sedia per riuscire a vederle tutte.
Queste osservazioni mi hanno portato a rivisitare alcuni aspetti del mio progetto. Pur mantenendo l’idea del gioco di carte, che mi sembrava adatto per il tipo di esperienza che volevo creare dato che abbina la riflessione al colpo d’occhio (fare velocemente la propria mossa “rispondendo” in maniera corretta alla situazione presente), ho dovuto fare una serie di cambiamenti suggeriti dalle osservazioni sopra riportate. Le indicazioni che avevo tratto erano varie: •
avere un’interazione di base semplice da capire e ripetere, ma allo stesso tempo interessante e divertente;
•
limitare il numero di oggetti che il bambino deve gestire contemporaneamente;
•
evitare i momenti morti per non abbassare il livello generale di attenzione di tutti i partecipanti;
•
avere una superficie di gioco adatta;
•
non obbligare i bambini a stare fermi al proprio posto per lungo tempo, ma anzi considerare il movimento come parte del gioco stesso. Tutto questo metteva in discussione degli aspetti fondamentali della
mia prima proposta progettuale che si basava essenzialmente sull’uso di carte da gioco. In un primo momento mi sono trovata spiazzata, poiché a livello astratto non avevo certamente considerato che potessero esserci tanti e tali problemi. Tuttavia il confronto con gli utenti nella fase iniziale di progettazione è stato davvero importante, poiché ha permesso di ri–calibrare il mio lavoro facilmente, dandomi nuovi spunti e permettendomi di evitare grossi errori nelle fasi più avanzate. È stato a questo punto della progettazione che ho deciso di passare dall’uso di un mazzo di carte per ogni giocatore all’uso di una serie di “carte colore”, fino all’eliminazione delle carte in favore di elementi più fisici. In questo modo si voleva limitare il numero di oggetti tangibili con cui interagire con il tavolo, cercando però allo stesso tempo di ampliare al massimo le possibilità di gioco. Si è deciso di avere delle carte virtuali in luogo di quelle reali, così che il loro numero sia potenzialmente infinito senza creare problematicità nell’esperienza dell’utente. D’altra parte però non è stato eliminato il fattore della tangibilità, la cui importanza nell’esperienza dei bambini è dimostrata. Per quanto riguarda la superficie di gioco, sono arrivata alla conclusione che l’unica forma possibile è rotonda: inizialmente avevo pensato ad un piano quadrato, in cui ogni lato fosse la “postazione” di un giocatore, ma data la difficoltà dei bambini di restare al proprio posto ho optato per un tavolo tondo. Questo previene anche eventuali problemi di sicurezza, quali gli spigoli ad angolo retto, ed incentiva la collaborazione fra tutti i partecipanti. Successivamente ho valutato che un diametro di
Il confronto con gli utenti
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90 cm fosse ottimale per poter permettere a tutti i bambini di giocare, riuscendo a raggiungere quasi tutti i punti del piano, il quale è posto ad un’altezza da terra di circa 70 cm. Non si tratta di una scelta scientifica ergonomica, ma piuttosto di una valutazione empirica basata sulle mie osservazioni e sulla ricerca di un compromesso fra usabilità e la possibilità di sfruttare al meglio la visualizzazione sul tavolo.
coinvolgere Osservare i comportamenti dei bambini è stato molto importante, ma ho cercato di coinvolgere gli utenti anche in modo più concreto nella progettazione, facendo provare dei prototipi e ricevendo commenti e idee. Nella definizione dell’interazione dei giochi mi sono servita di prototipi realizzati molto velocemente e in maniera piuttosto grezza. Essi sono utili perché non fanno perdere molto tempo nella preparazione, ma permettono di “vedere” le idee e di testarle in modo efficace anche se non preciso. Il materiale di cui mi sono servita è fondamentalmente carta, di vario tipo, anche di recupero, insieme a forbici, matite, pennarelli... Cose che non ho dovuto acquistare e che mi hanno permesso di realizzare vari prototipi veloci da usare in diverse situazioni. Ho ritagliato dei set di carte e altri elementi del progetto con i quali ho provato in modo realistico le varie
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Capitolo 3
Sopra: Foto di uno dei prototipi realizzati in modo veloce e grezzo per studiare meglio le interazioni.
interazioni con la partecipazione di altre persone. Volevo coinvolgere i bambini anche in questo, ma la difficoltà di astrazione mentale dei più piccoli mi ha indotto a usare questi prototipi molto grezzi solo con miei coetanei: con loro infatti potevo dire «Facciamo finta che qui sia rappresentato un panino» oppure «Immagina che la carta sia più grande» senza problemi, mentre con i bambini avrei dovuto presentare qualcosa di più preciso per avere delle risposte attendibili. Comunque, anche l’apporto dato dagli adulti è stato molto utile: provando i giochi immaginati con alcuni amici ho avuto dei feedback molto utili, anche di tipo emotivo («Così è troppo complicato», «Divertente!”»..), e suggerimenti su come migliorare alcuni aspetti, tanto che durante il gioco si cambiavano continuamente le regole per cercare di capire quale fosse la soluzione migliore. Si può dire che si sia trattato di mini-workshop improvvisati, in cui tutti avevano come obiettivo quello di rendere il gioco più vicino alla propria idea di “gioco appassionante”. È stato interessante notare anche quest’ultimo aspetto: infatti ognuno, a seconda della propria esperienza personale, ha idee molto diverse su come debba essere un gioco coinvolgente e divertente. Solo per fare un esempio, c’è chi si diverte nel fare qualcosa con gli altri, mentre c’è chi pensa che un gioco non competitivo non sia un vero gioco! Nell’arrivare a definire le interazioni di gioco ho cercato di fare tesoro di tutti questi stimoli: avendo fin dall’inizio deciso di avere più di un gioco, ho pensato di differenziarli proprio per i diversi tipi di interazione fra i partecipanti, pur mantenendo sempre uguale l’interazione di base dell’utente con il tavolo. Oltre che per testare i meccanismi di gioco, ho sfruttato l’aiuto di varie persone per organizzare i contenuti del progetto. In questo caso mi sono basata su una ricerca di tipo quantitativo anziché qualitativo, anche se il campione non è particolarmente rilevante: il numero di partecipanti alla ricerca è stato piuttosto ridotto (27) ma le risposte avute sono state ugualmente utili per risolvere alcuni problemi concettuali. Avevo deciso di utilizzare una serie di oggetti tangibili rappresentanti i diversi colori come “contenitori” delle carte-cibo virtuali: appoggiando uno di questi elementi sul tavolo sarebbero stati visualizzati tutti gli alimenti corrispondenti al colore scelto. Mi sembrava un tipo di navigazione dei contenuti molto semplice e diretto, ma nel preparare le liste dei possibili cibi da considerare nel gioco mi sono resa conto che potevano esserci dei problemi: non tutti pensiamo ai cibi nello stesso modo, soprattutto se essi cambiano aspetto nel passaggio da crudo a cotto o da intero a sbucciato (nel caso di alcuni tipi di frutta e verdura). Ho deciso quindi di fare un breve sondaggio usando lo strumento online SurveyMonkey41 e distribuendolo principalmente attraverso Facebook. Ho presentato una
41. http://www. surveymonkey.com/
lista di 40 cibi diversi e per ognuno di essi ho chiesto “Di che colore pensi
Il confronto con gli utenti
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ognuno di questi cibi?”42. I colori indicati nella matrice di risposta erano
42. Appendice A
bianco, rosso, verde, giallo, arancione, blu/viola e marrone, cioè quelli che avevo scelto nella progettazione dell’interfaccia del gioco, ma c’era anche la possibilità di indicare un colore diverso se necessario. Dalle risposte ricevute43 ho evinto che sebbene per la maggior parte degli alimenti ci sia una visione comune, forse stereotipata, per alcuni altri l’associazione ad un determinato colore è particolarmente problematica: nella versione finale di Briciole ne ho tenuto conto relativamente, ma il risultato della mia piccola ricerca indica come tale aspetto andrebbe sicuramente indagato più in profondità nel caso il progetto fosse sviluppato ad un livello più avanzato. Inoltre, avendo distribuito il questionario attraverso Facebook, le risposte sono state date soprattutto da miei coetanei; non metto in dubbio che la stessa ricerca condotta fra i bambini fra i sette e i dieci anni potrebbe dare risultati completamente diversi! In ogni caso, per quanto riguarda lo sviluppo concreto di Briciole, il sondaggio ha messo in luce come fosse necessario inserire un’altra categoria, quella del colore rosa: alcuni cibi infatti, come ad esempio i gamberetti o il salmone, non rientravano in nessuna delle categorie già esistenti per la maggior parte di coloro che hanno risposto.
3.2 Il prototipo di cartone Dopo aver progettato l’interfaccia e definito i meccanismi dei giochi di Briciole, ho realizzato un prototipo di cartone per poter testare quanto avevo definito fino a quel momento. Pur essendo un prototipo non tecnologico, è stato realizzato con molta accuratezza: le dimensioni del tavolo e di tutti gli elementi dell’interfaccia rispecchiavano le dimensioni e le caratteristiche reali. Esso mi è servito essenzialmente per tre diversi scopi: visualizzare in modo concreto il progetto, confermare le scelte progettuali fatte sino a quel momento e fare un primo user test.
visualizzare il progetto Uno dei problemi che ho avuto nello sviluppo di Briciole sono state le dimensioni: per la prima volta mi sono trovata a progettare un’interfaccia per uno schermo di grandi dimensioni e che quindi non potevo visualizzare in modo soddisfacente sul monitor del mio computer portatile. Riportando le dimensioni su carta ho potuto meglio rendermi conto dell’impatto visivo degli elementi e capire le relazioni fra le parti, e fra il tavolo e l’utente. Insieme con l’interfaccia a schermo, ho realizzato anche un primo prototipo degli elementi tangibili del progetto. Alla fine del capitolo precedente si era accennato ad uno sviluppo verso una maggiore tangibilità con l’uso di
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Capitolo 3
43. Appendice B
pedine per i giocatori e la trasformazione delle carte-colore in qualcosa di più “consistente”. Le pedine sono state progettate come una serie di “mostri del cibo”, così come erano state pensate nei primi schizzi, mentre le cartecolore hanno cambiato totalmente aspetto. Effettivamente, delle carte non erano degli oggetti con una forte connotazione di tangibilità: essendo fatte in cartoncino si possono definire quasi bi-dimensionali. Grazie ad
Sopra: Una prima versione, non ancora completata, del prototipo in cartone. Si possono vedere i vari elementi che lo compongono: la superficie azzurra, il piatto centrale, le pedine-mostri, i coperchi colorati...
alcuni suggerimenti, ho deciso di spingere molto di più sull’aspetto fisico e di rendere palese il fatto che ogni elemento-colore fosse il “contenitore” di tutti i cibi di quel colore: ho pensato, e realizzato, una serie di piccoli vasetti di vetro trasparente tutti uguali fra loro tranne che per il coperchio, il quale è distintivo del colore. Ho preparato quindi otto coperchi diversi in cartoncino colorato (rosso, giallo, arancione, rosa, blu/viola, verde, marrone e bianco) e li ho applicati ai vasetti: il risultato, toccato con mano, mi è sembrato subito ottimale.
provare le interazioni Dopo aver visualizzato l’interfaccia in modo statico, ho usato il prototipo realizzato per provare le interazioni e i meccanismi di gioco che avevo pensato in precedenza. In pratica ho fatto dei wireframes fisici in scala 1:1, muovendo di volta in volta i pezzi del prototipo e fotografando le
Il confronto con gli utenti
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diverse configurazioni. Trattandosi di molte immagini in serie, sono riuscita a montare anche dei piccoli video in (quasi) stop-motion che sono risultati molto utili per capire le interazioni e per spiegarle ad altri. Questa parte della prototipazione in cartone, sebbene sia stata molto laboriosa, si è dimostrata molto utile perchÊ mi ha aiutato in modo concreto a capire se tutto poteva funzionare come pensato, cosa che era molto difficile fare lavorando solo a schermo su dei wireframes. Nelle pagine seguenti presento alcune foto del prototipo cartaceo, descrivendo le varie interazioni rappresentate.
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Capitolo 3
In alto: Primo prototipo delle pedine, realizzate con tappi di sughero dipinti. Sotto: La prima versione del set completo degli otto vasetti, parte dell’interfaccia tangibile di Briciole. In questo caso i coperchi sono stati fatti con del cartoncino colorato.
Appoggiando la pedina personale sul tavolo viene visualizzato un ‘balloon’ con il nome del mostro e i punti acquisiti fino a quel momento.
Gli spicchi della pizza sul piatto rappresentano i diversi mini-giochi. Per sceglierne uno i giocatori devono mettere le loro pedine sullo spicchio corrispondente.
Appoggiando uno dei vasetti colorati sul tavolo si possono visualizzare i cibi relativi a quel colore. In questo caso sono visualizzati i cibi rossi. Ruotando il vasetto verranno mostrati altri cibi.
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Appoggiando la pedina su una carta-cibo essa viene selezionata. Il feedback della selezione è l’alone giallo intorno alla carta.
La carta-cibo, dopo essere stata selezionata, può essere trascinata nel piatto centrale muovendo la pedina sulla superficie del tavolo.
Una carta-cibo è stata posizionata nel piatto centrale e un altro vasetto è stato appoggiato sul tavolo: in questo caso sono visualizzati i cibi marroni.
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Capitolo 3
Un altro giocatore ha selezionato un cibo marrone.
Entrambe le pedine sono sul piatto centrale: questo significa che i due giocatori hanno ritenuto sufficiente il cibo sul piatto per la composizione di un buon pasto.
Con un’animazione, le cartecibo vengono mangiate e si trasformano in briciole...
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...e le briciole danno il risultato finale: OK!
In questo caso il piatto con le briciole è diventato nero: ciò significa che non erano state fatte delle buone scelte alimentari.
Infatti il risultato finale è: NO.
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Capitolo 3
il primo “user test” Il prototipo di cartone è stato infine estremamente utile per testare il progetto con i possibili utenti. Il primo test è stato fatto con Giuliana, sei
Sopra: il tavolo con il prototipo di cartone durante il test con Giuliana.
anni e mezzo, che ha provato il tavolo e i giochi con me. Non avevo previsto nessun “aiutante”, ed è stato un po' difficile riuscire a documentare il test e allo stesso tempo giocare con lei. Tuttavia, trattandosi di mia nipote, riuscivo a interagire con lei molto facilmente, e lei non aveva paura di commentare e dire le sue opinioni. Per facilitare il test, le carte-cibo non erano nascoste ma tutte visibili sul piano di gioco, divise in gruppi a seconda del colore. Nonostante fosse la prima volta che vedeva il tavolo e le pedine, non ha avuto problemi a capire come utilizzare i vari elementi. L'interazione di base, cioè la selezione e il trascinamento di una carta-cibo con la pedina, è stata subito chiara e semplice, anche se trattandosi di un prototipo di cartone non sempre gli elementi obbedivano ai comandi! Abbiamo provato insieme i vari giochi che di volta in volta io le spiegavo: due sono stati facili da capire e ripetere, mentre uno è risultato un po' ostico soprattutto perché richiedeva conoscenze che lei non possedeva (ad esempio, scegliere dei cibi con molte proteine). In questo caso, la difficoltà può essere dipesa anche dal fatto che quel gioco avrebbe richiesto dei feedback in tempo reale da parte del sistema (specialmente suoni) che un prototipo di cartone non è in grado di dare. Come mi aspettavo, il gioco che Giuliana ha preferito è stato quello di tipo competitivo, perché più coinvolgente e divertente.
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Giuliana ha spostato una carta-cibo usando la sua pedina: capire l’interazione di base è stato molto semplice e intuitivo.
Come si vede nella foto, le dimensioni del tavolo sono adatte ad un bambino: Giuliana riesce ad arrivare al piatto centrale con molta facilitĂ .
Giuliana in movimento: durante il gioco competitivo correva di qua e di lĂ intorno al tavolo per meglio raggiungere le carte desiderate.
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Capitolo 3
Questo primo test è stato molto interessante e d'aiuto per gli ultimi ritocchi al progetto, per arrivare finalmente alla versione finale: i meccanismi di gioco sono stati essenzialmente confermati, e anche l'interazione con il tavolo è stata positiva. L'uso di una pedina personale per ogni giocatore si è dimostrata una scelta azzeccata: Giuliana continuava a tenerla in mano ed era divertita dal suo aspetto. L'unico ritocco necessario riguardava la forma: la parte superiore deve infatti essere molto diversa da quella inferiore, piatta, per capire sempre che solo quest'ultima va appoggiata al tavolo. Infine, anche Giuliana ha voluto darmi i suoi consigli per migliorare i giochi: aggiungere anche delle cose da bere fra gli alimenti presentati, «perché io bevo quando mangio!».
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IL PROGETTO FINALE Il design definitivo: componenti, caratteristiche e interazioni 4.1 Briciole: la struttura il tavolo finale gli elementi tangibili: mostri e vasetti 4.2 Briciole: le interazioni interazioni di base cominciare a giocare i mini-giochi
4.1 Briciole: la struttura Nella sua versione finale, Briciole è un tavolo interattivo con interfaccia tangibile che presenta alcuni mini-giochi, i quali mirano a coinvolgere i bambini nelle scelte alimentari e a stimolarli sulle conoscenze riguardo al cibo divertendosi e giocando in competizione con gli altri. Strutturato in maniera simile ad un gioco da tavolo, Briciole prevede che i giocatori interagiscano con l’interfaccia non con il tocco delle dita ma solo attraverso alcuni oggetti, che verranno spiegati nel dettaglio nei prossimi paragrafi: delle pedine a forma di mostriciattoli e dei piccoli vasetti con i coperchi colorati. Tutto il progetto si basa sulle quattro parole chiave definite fin dalle prime fasi di ricerca e progettazione: informare, motivare, coinvolgere, collaborare. La prima è sviluppata soprattutto attraverso i contenuti dei vari mini-giochi, mentre le altre sono alla base di tutta la user experience, dalle modalità di interazione alle caratteristiche dei giochi: competizione, cooperazione, divertimento... Ogni parte del progetto ha però dei tratti particolari e cerca di sviluppare una determinata parola chiave.
Il progetto finale
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Struttura base della superficie del tavolo interattivo. Sono visualizzati i due elementi ricorrenti: il piatto centrale e il bordo bianco.
il tavolo finale Il tavolo è la superficie di gioco interattiva, su cui i giocatori possono interagire grazie agli elementi tangibili (mostri e vasetti). È tondo, con un diametro di 90 centimetri e un altezza da terra di circa 70 cm, caratteristiche che vogliono favorire la partecipazione libera e autonoma di tutti e non costringere i giocatori a posizione predeterminate. Lo scopo infatti è di coinvolgere tutti gli utenti, invitarli a collaborare e stare insieme in modo rilassato e non troppo formale. Il tavolo è lo “schermo” su cui vengono visualizzati tutti gli elementi grafici dell’interfaccia di gioco, alcuni dei quali sono fissi, ricorrenti in tutte le fasi di gioco, mentre altri si modificano a seconda delle azioni degli utenti. Gli elementi fissi sono due, il bordo del tavolo e il piatto centrale. Il primo ha un colore diverso dal resto della superficie perché è l’area in cui sono appoggiati gli oggetti tangibili quando non sono usati, mentre il piatto centrale è la zona in cui avvengono i giochi e le relative animazioni e attorno alla quale scorre il testo informativo (istruzioni di gioco, avvisi...). Nel resto del tavolo vengono invece visualizzate le carte-cibo che sono alla base dei vari minigiochi: esse sono “nascoste” e si possono vedere e usare sono grazie alla partecipazione attiva degli utenti. Questi sono invitati ad interagire usando gli elementi tangibili citati precedentemente: i mostri-pedine e i vasetti.
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Capitolo 4
Alcuni esempi di mostripedine che dimostrano in che modo essi sono caratterizzati e differenziati fra loro.
gli elementi tangibili: mostri e vasetti I “mostri” sono delle pedine che vanno a identificare ciascun giocatore, non solo in una singola sessione di gioco ma anche nel tempo. Ogni bambino che usa Briciole avrà il suo mostro personale che potrà tenere e portare sempre con sé; proprio per questo essi sono piuttosto piccoli: hanno un diametro di base di 23 mm e sono alti 30 mm, cosicché possano essere tenuti in tasca o usati come portachiavi o pendaglio. L’avere un proprio mostro personale vuole essere uno stimolo per il bambino, perché possa sentirsi coinvolto in prima persona e avere un legame più forte con il gioco. Inoltre, ogni mostro è diverso dagli altri: ha una sua specifica identità data dal colore, dall’espressione facciale e dal nome. Il nome, legato in modo simpatico al mondo del cibo, viene visualizzato all’inizio di ogni sessione di gioco in un balloon, insieme al punteggio totale raggiunto fino a quel momento. Il design di queste pedine è molto semplice ma allo stesso tempo favorisce la giusta affordance: avendo una base completamente piatta e una “testa” semisferica, è intuitivo capire quale parte dell’oggetto vada appoggiata sulla superficie del tavolo. La base piatta è molto importante, sia per i mostri che per i vasetti, perché è la parte a contatto con il tavolo, e che da esso deve essere riconosciuta. Sulla base degli elementi tangibili di Briciole è infatti posizionato un fiducial, una piccola immagine che serve al sistema per riconoscere e distinguere i vari oggetti e quindi le caratteristiche associate ad ognuno di essi. Se gli oggetti vengono appoggiati al tavolo su un lato diverso da quello caratterizzato dal fiducial non saranno “visti” dal sistema, ed è quindi molto importante che il modo in cui vanno utilizzati gli oggetti sia immediato.
Il progetto finale
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Nell’immagine qui sopra e in quella nella pagina precedente, si può notare che i mostri, pur presentando caratteristiche molto diverse fra loro (i bambini ovviamente non hanno tutti gli stessi gusti), hanno tutti un aspetto “fantasia” che li connota e che, soprattutto, fa notare lo stacco semantico fra essi e i vasetti, i quali hanno dei coperchi colorati a tinta unita. Mentre per i mostri il colore è solamente un fatto estetico, per i vasetti il colore è molto importante e significativo: ognuno di essi, infatti, rappresenta il “contenitore” di tutti i cibi di quello specifico colore, che verranno visualizzati sul tavolo solo nel momento in cui il vasetto vi sarà appoggiato. Sono disponibili otto diversi vasetti, di misure uguali (base di diametro 45 mm, altezza di 40 mm) e differenziati solo per il coperchio: rosso, giallo, arancione, rosa, verde, viola/blu, marrone e bianco.
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Capitolo 4
Nelle due foto sopra: il set di otto vasetti con i tappi colorati, dove si può vedere il fiducial posizionato sulla base di ogni vasetto, e alcuni prototipi delle pedine a forma di mostro.
La scelta di utilizzare dei vasetti ha motivazioni legate sia alla forma che al significato. Essendo piuttosto piccoli sono facili da maneggiare anche per le piccole mani dei bambini, e la forma rotonda aiuta a capire che vanno ruotati per interagire con il tavolo. Pur esistendo altri oggetti con le stesse caratteristiche, ho deciso di usare dei vasetti perché sono fatti per contenere qualcosa (abitualmente cibo), e quindi autorappresentano in modo semplice il loro uso e significato all’interno del progetto: “contenitori”, cioè, dei cibi che sono presenti nel gioco. Inoltre, la scelta di vasetti facilmente reperibili in commercio permette di ridurre i costi e previene “l’unicità” del progetto, caratteristica che in un progetto per bambini non è molto raccomandabile: nel caso in cui essi vengano rotti, rovinati o rubati, possono essere sostituiti in modo semplice e non particolarmente problematico. Pur essendo tutti oggetti che servono ad interagire con il tavolo, la differenza fra i mostri e i vasetti è sostanziale: i primi sono personali per ogni giocatore, lo identificano e servono come pedina per le interazioni di gioco, mentre i secondi sono parte della superficie di gioco e vengono condivisi da tutti i giocatori che sono attorno al tavolo.
4.2 Briciole: le interazioni Nel lungo processo di design che mi ha portato alla definizione di Briciole, ho cercato di rendere l'interazione il più possibile semplice e intuitiva senza far perdere la ricchezza dei contenuti e permettendo all'utente di avere un'esperienza interessante. L'interfaccia di base si presenta molto scarna per evitare di sovraccaricare l'attenzione dei bambini. L'interfaccia di gioco si “costruisce” man mano che gli utenti interagiscono col tavolo usando i vari elementi tangibili: essa non è pre-determinata come nelle normali applicazioni ma dipende dalle azioni dei giocatori, che quindi possono interagire in modo piuttosto libero.
interazioni di base Le interazioni di base sono molto semplici e non cambiano nei diversi giochi, proprio per ridurre al minimo le difficoltà di apprendimento e lasciare molto più spazio all'esplorazione e al divertimento. Esse sono essenzialmente due, una relativa ai vasetti e una relativa ai mostri-pedine. Appoggiando un vasetto sul tavolo, intorno ad esso viene visualizzata una “bolla” con delle carte-cibo relative al colore del vasetto stesso: ad esempio, appoggiando il vasetto marrone verranno visualizzati tutti i cibi marroni, nelle varie sfumature del colore, come cioccolato, noci, pane integrale, polpette... Ho scelto di raggruppare i cibi a seconda del
Il progetto finale
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SCHERMATE DELLE INTERAZIONI DI BASE
1 Appoggiando un vasetto sul tavolo si visualizzano le carte relative al colore del vasetto.
2 Ruotando il vasetto è possibile scorrere gli elementi e visualizzare le carte nascoste.
A nguria
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Capitolo 4
3 Con la pedina è stata selezionata una carta: si visualizza l’alone di selezione intorno alla carta e il nome del cibo sopra ad essa.
NOTA: Le linee tratteggiate rappresentano gli elementi tangibili nelle schermate. Le pedine-mostri sono visualizzate in nero. I vasetti (piĂš grandi) sono rappresentati con il loro colore.
4 Dopo aver selezionato la carta è possibile trascinarla sul piatto centrale muovendo la pedina sul tavolo.
5 Quando la carta arriva sul piatto, attorno ad esso compare un alone luminoso come feedback.
6 La carta viene rilasciata nel piatto centrale: tutti i feedback di selezione scompaiono.
Il progetto finale
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colore piuttosto che usando altre categorie (come i gruppi nutrizionali) perché è certamente il modo più intuitivo per cercare un determinato alimento e facilita i bambini, i quali conoscono ciò che mangiano solo per il loro aspetto e difficilmente hanno conoscenze di tipo nutrizionale. La “bolla”, però, mostra una sola carta in tutta la sua grandezza, e si possono intravedere altre carte sia a destra che a sinistra: ruotando il vasetto su sé stesso si possono scorrere e visualizzare tutte le carte facenti parte di quel determinato gruppo. Questa è la fase esplorativa, a cui dovrebbe seguire la fase di scelta, operata grazie al mostro-pedina. Infatti, appoggiandolo sopra una delle carte visualizzate sul tavolo, esso la seleziona: il feedback è dato sia dall'alone luminoso intorno alla carta, sia dalla comparsa del nome di quel cibo sul bordo della “bolla” sopra la carta stessa. La decisione di presentare il nome dei cibi rappresentati è stata presa nelle ultime fasi di progettazione, grazie anche alle osservazioni fatte durante il primo test sul prototipo cartaceo: a volte i bambini hanno una visione limitata dell'alimentazione, basata soprattutto sulla loro esperienza e quindi non conoscono molti cibi, o non sanno collegare il loro aspetto al loro nome. Con questo piccolo espediente si vuole quindi, in modo molto semplice, informare e aiutare gli utenti. Dopo che la carta è stata selezionata, può essere trascinata sul piatto centrale muovendo la pedina sulla superficie del tavolo: l'arrivo sul piatto è evidenziato dalla comparsa di un alone intorno ad esso, che sta proprio ad indicare che “qualcosa è arrivato sul piatto”. La modalità di interazione descritta è uguale per tutti i tre mini-giochi: ciò che avviene dopo dipende dalle caratteristiche di ciascun gioco, come verrà spiegato successivamente. Questo tipo di interfaccia, pur risultando molto semplice, è molto interessante perché viene costruita e continuamente modificata dagli utenti, e perché permette a più persone di giocare insieme contemporaneamente. Tutti i vasetti possono essere posizionati sulla superficie di gioco allo stesso tempo e tutti visualizzeranno le relative carte, anche se, per esempio, un giocatore sta selezionando e trascinando una carta di un altro colore. Ciò fa sì che non ci siano momenti vuoti in cui gli utenti semplicemente aspettano in modo passivo che arrivi il loro turno e permette che l’attesa sia attiva, esplorando i vari colori e preparando la propria mossa.
cominciare a giocare A questo punto, dopo aver presentato l’interazione generale, è necessario capire come funziona Briciole. Il tavolo si attiva quando un mostro-pedina viene appoggiato su di esso e viene riconosciuto dal sistema. Quando il tavolo è in stand by, cioè non è nella modalità “gioco”, ogni mostro
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Capitolo 4
Queste due schermate mostrano l’interazione di piÚ utenti contemporaneamente: nella prima entrambi stanno visualizzando le carte-cibo mentre nella seconda uno scorre le carte mentre l’altro trascina la carta selezionata verso il piatto centrale.
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SCHERMATE DI AVVIO
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1 Tavolo in stand-by. Una scritta intorno al piatto centrale invita a giocare.
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2 Un giocatore appoggia la sua pedina: viene visualizzato il fumetto con nome e punteggio.
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3 Un altro giocatore appoggia la sua pedina. Nel piatto centrale compare il menu di selezione dei giochi: ognuno corrisponde a uno spicchio.
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Capitolo 4
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5 Entrambe le pedine sono sullo stesso spicchio: il gioco selezionato viene indicato dalla scritta intorno al piatto centrale.
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4 I giocatori selezionano due giochi diversi: la scritta sul tavolo li invita a scegliere insieme.
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6 I giocatori mettono le loro pedine sul bordo del tavolo per sgombrare la superficie: il gioco sta per cominciare!
Il progetto finale
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visualizza un fumetto che indica il suo nome e il punteggio accumulato fino a quel momento. La scelta di avere un punteggio e di visualizzarlo all’inizio di ogni sessione di gioco non è casuale: esso è un forte motivatore per i bambini, soprattutto per i maschi, che si confrontano con gli altri e desiderano primeggiare. Per migliorarsi, desidereranno giocare ancora e sfidare gli amici, e così inconsapevolmente miglioreranno anche le loro conoscenze nel campo dell’alimentazione. Un’altra caratteristica di base del progetto è che esso necessita di almeno due utenti per poter essere utilizzato. Questa è una scelta che ho fatto fin dal principio proprio per la natura di questo lavoro: avendo come obiettivo primario quello di sensibilizzare i bambini al tema dell’alimentazione, ho ritenuto importante dare un forte accento all’aspetto sociale. Per favorire lo scambio e il confronto, i giocatori devono scegliere insieme quale dei tre mini-giochi di Briciole vogliono giocare: a volte questo può essere faticoso per i bambini, ma l’impostazione dell’interazione fa sì che non sia solo il più veloce a scegliere per tutti gli altri. Inoltre, il giocare insieme ad altri coetanei rende più coinvolgente tutta l’esperienza, anche nella sua parte più educativa. Le immagini nelle due pagine precedenti descrivono passo passo ciò che succede quando Briciole viene attivato. Queste schermate, e quelle delle prossime pagine, mostrano la partecipazione di due giocatori per spiegare al meglio il flusso dell’interazione; naturalmente possono essere di più, e rendere così l’esperienza di gioco più interessante e imprevedibile.
i mini-giochi Briciole presenta tre mini-giochi che i giocatori possono selezionare: ognuno di essi ha differenti scopi, sia dal punto di vista alimentare ed educativo, sia dal punto di vista sociale e di relazione interpersonale. Era importante per me creare un’esperienza che potesse sviluppare aspetti educativi diversi fra loro: anziché avere un solo grande gioco, sono stati progettati dei mini-giochi ben differenziati l’uno dall’altro. Essi sono molto brevi per evitare di diventare noiosi, e strutturati in modo molto semplice. Come è stato detto precedentemente, l’interazione di base è sempre la stessa: visualizzazione e ricerca delle carte-cibo con i vasetti, selezione di una carta e trascinamento nel piatto centrale con la pedina personale. I meccanismi di gioco fanno sì, però, che ogni mini-gioco risulti completamente diverso dagli altri: ciò permette ad ogni giocatore di scegliere quello in cui si sente più bravo o che trova più divertente. Ognuno dei giochi è descritto da un titolo, che indica in modo nascosto alcune delle sue caratteristiche: “Piatti veloci”, “Piatti pieni”, “Piatti sonanti”.
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Capitolo 4
Piatti pieni44: è un gioco basato sulla cooperazione e il dialogo fra i
44. Visualizzato da p. 74
partecipanti. Infatti, i giocatori devono preparare insieme i cinque pasti della giornata stando attenti a non eccedere con le calorie totali o con un particolare elemento nutrizionale: se trovano il giusto accordo, tutti vinceranno la manche. Ogni partecipante, a turno, deve aggiungere una carta-cibo nel piatto centrale per preparare il pasto indicato dal piatto stesso; se crede che il piatto sia abbastanza pieno può può fermarsi, lasciando la sua pedina sul piatto centrale, ma gli altri giocatori possono continuare. Se tutti decidono di fermarsi e il pasto è “OK”, tutti vincono; ma se un giocatore aggiunge una carta che rende il piatto troppo pesante, egli/ella riceverà una penalità ma potrà continuare a giocare le manche successive. Con questo gioco si vuole aiutare i bambini a capire l'importanza di una dieta equilibrata e a ricordare i cinque pasti della giornata: colazione, merenda, pranzo, merenda, cena. Piatti veloci45: diversamente dal gioco precedente, questo è basato sulla
45. Visualizzato da p. 79
competizione e la velocità, e ha come scopo quello di aiutare i bambini a riconoscere le caratteristiche dei cibi ed abbinarli in modo equilibrato. Tutti i giocatori possono giocare contemporaneamente sfidando gli altri. Una carta-cibo appare automaticamente sul piatto centrale: i giocatori devono scegliere e trascinare al centro un altro alimento che possa “stare bene” (in termini nutrizionali, basandosi su una dieta equilibrata) con quello già presente. Se la carta selezionata non va bene tornerà automaticamente al suo posto non appena verrà rilasciata nel piatto, mentre se la carta forma un buon abbinamento il giocatore è premiato con un punto. Con un’animazione le carte sul piatto diventano briciole e compare una nuova carta. Il gioco continua per dieci abbinamenti: a quel punto il piatto sarà pieno di briciole e il gioco si conclude visualizzando i punteggi ottenuti. Piatti sonanti46: nell’interazione, questo gioco è simile al precedente,
46. Visualizzato da p. 92
ma qui viene utilizzata la musica per aiutare i bambini a capire quali cibi appartengano alle stesse “famiglie” nutrizionali. Il piatto centrale infatti indicherà che tipo di musica “comporre”: ad esempio, la “Sinfonia delle proteine”, o il “Rock dei carboidrati”. I giocatori dovranno allora trascinare sul piatto le carte dei cibi che ritengono facciano parte dei gruppi indicati. Se la carta è giusta, farà sentire una nota squillante e resterà nel piatto centrale, mentre se è sbagliata emetterà un suono basso, una nota suonata da una tuba, e tornerà indietro. Naturalmente, ogni carta esatta varrà un punto, mentre quelle sbagliate non saranno conteggiate, per favorire i tentativi da parte dei giocatori. In questo modo si vuole cercare di rendere divertente e intuitivo anche l’apprendimento di concetti astratti legati all’alimentazione, che in altro modo potrebbero essere considerati solo noiosi e inutili. Nelle prossime pagine le schermate step by step di ogni gioco.
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1 La scritta rotante intorno al piatto centrale indica qual è il pasto da preparare nel gioco, dando il via al gioco.
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GIOCO “PIATTI PIENI”
2 Un giocatore comincia a visualizzare i cibi rossi. Il turno di gioco è indicato da un’animazione intorno alla base della pedina.
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3 Un altro giocatore appoggia il vasetto giallo per visualizzare altri cibi.
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4 Il primo giocatore decide di appoggiare anche il vasetto verde per visualizzare altri cibi.
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5 Con la pedina seleziona la carta-cibo del kiwi: il nome del cibo compare sopra.
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6 La carta selezionata viene trascinata sul piatto centrale.
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GIOCO “PIATTI PIENI”
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7 La carta viene rilasciata sul piatto, ed è quindi il turno di un altro giocatore: intorno alla pedina compare l’animazione di richiamo.
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8 Sceglie e trascina la carta del cioccolato, dal gruppo dei cibi marroni.
9 Il gioco continua allo stesso modo, aggiungendo altre carte al piatto centrale.
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10 Entrambe le pedine sono appoggiate sul piatto centrale: questo significa che i due giocatori vogliono fermarsi.
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11 Con un’animazione, le carte vengono “mangiate” e si riducono in briciole.
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12 Le briciole danno il responso finale: OK! Tutti i giocatori vincono la manche di gioco.
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GIOCO “PIATTI PIENI” Scenario finale alternativo
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13 In questo caso, uno giocatore decide di aggiungere un’ulteriore carta-cibo.
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14 Ha superato il limite per la colazione: il piatto diventa nero e tutti i cibi si trasformano in briciole.
15 Le briciole danno il risultato finale: NO. Il giocatore viene penalizzato.
GIOCO “PIATTI VELOCI�
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1 Schermata di avvio del gioco. Il conto alla rovescia prepara i giocatori a sfidarsi.
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2 Nel piatto centrale compare una carta-cibo. I giocatori cominciano a visualizzare i cibi per scegliere quello da abbinare.
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3 Un giocatore trascina una carta sul piatto centrale, ma la scritta intorno al piatto avvisa che non va bene!
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GIOCO “PIATTI VELOCI”
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4 I due giocatori cercano contemporaneamente di portare una carta sul piatto.
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5 L’abbinamento fatto va bene: la carta resta sul piatto. Successivamente, con un’animazione le due carte si trasformano in briciole.
6 Sopra le briciole compare una nuova carta: il gioco ricomincia.
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7 Dopo dieci abbinamenti esatti il piatto è pieno di briciole e il gioco finisce.
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8 Vengono visualizzati i punteggi realizzati da ciascun giocatore durante il gioco.
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GIOCO “PIATTI SONANTI”
1 La scritta rotante intorno al piatto centrale indica che tipo di cibi dovrà essere scelto (vitamine).
2 I giocatori appoggiano i vasetti sulla superficie di gioco e visualizzano i cibi. La scritta intorno al piatto indica quante “note” servono per la melodia.
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3 Viene trascinata al centro una carta che non va bene. Si sente una nota bassa e la carta torna indietro.
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4 Un giocatore trascina sul piatto una carta giusta: suona una nota della melodia.
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5 La carta resta sul piatto centrale e la scritta indica quante “note� mancano ancora per completare il gioco.
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6 I giocatori continuano a provare ad aggiungere altre carte trascinandole al centro.
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GIOCO “PIATTI SONANTI”
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7 Sono state aggiunte altre carte. A questo punto la scritta indica che manca solo una nota.
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8 Un giocatore aggiunge un’altra e ultima carta esatta.
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3 La melodia è completata: viene fatta sentire la musica e il gioco si conclude.
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IL PROTOTIPO FINALE Lo sviluppo del prototipo: scelte e risultati 5.1 Fasi di prototipazione problematicitĂ forma o funzionalitĂ ? 5.2 Il risultato finale
5.1 Il prototipo finale Come detto nel capitolo 2, avevo scelto di usare reacTIVision47 come tecnologia su cui basare il mio progetto, per le sue possibilità di
47. A questo proposito, si veda il capitolo 2, pp. 37-42.
riconoscimento e tracciamento di immagini (fiducial) e il suo interfacciarsi con svariate applicazioni di programmazione. Dopo aver approfondito il suo funzionamento, ho cercato subito di testarlo e cominciare a usarlo.
problematicità Inizialmente ho deciso di usare Processing come applicazione client dato che lo avevo già usato in passato e potevo quindi capire il codice abbastanza facilmente. Ho fatto alcune prove molto semplici, usando sia il software di reacTIVision che il simulatore fornito da TUIO: aggiungendo un elemento all'interfaccia esso veniva visualizzato come un cerchio rosso sopra ad un cerchio bianco, per simulare i vasetti e la relativa “bolla” di visualizzazione. Queste prime prove basilari potevano funzionare, ma nel prototipo avrei voluto visualizzare bene la grafica e anche le animazioni, cosa che Processing può fare, ma solo con un grado di programmazione piuttosto avanzato. Dopo aver lavorato per giorni con Processing, ho deciso di provare a passare a Flash, che conoscevo poco, e ActionScript3, un linguaggio di programmazione che non avevo mai usato prima ma che è molto più semplice da gestire per quanto riguarda le animazioni e la grafica. Cercare di imparare un linguaggio di programmazione da sola partendo da zero e basandomi soprattutto su tutorial si è dimostrato più difficile del previsto. Sono riuscita a creare e “comandare” delle piccole animazioni, ma quando si è trattato di cominciare a lavorare con la libreria di TUIO sono sorti molti problemi, essenzialmente perché mi mancavano alcuni concetti di base. Vedevo difficile, nel tempo a mia disposizione, imparare a fondo un linguaggio di programmazione e riuscire a realizzare il prototipo del progetto.
forma o funzionalità? Dopo una forte battuta d'arresto nella prototipazione, ho deciso di rivedere il tutto in funzione dei tempi e, soprattutto, di quello che volevo riuscire a dimostrare alla fine del mio percorso progettuale: dovevo concentrarmi sulla forma o sulla funzionalità? Naturalmente l'ideale sarebbe stato avere le due cose insieme, ma al punto in cui mi trovavo dovevo fare una scelta. Dato che i primi esperimenti di prototipo funzionante si erano dimostrati piuttosto difficili e non potendo contare sull'aiuto costante di un esperto, ho deciso di puntare sulla forma. Mi sembrava meglio riuscire a visualizzare l'interfaccia e le interazioni piuttosto che lavorare su un
Il prototipo finale
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A lato: Un esperimento di visualizzazione del fumetto relativo alla pedina-mostro nella posizione in cui essa viene rilasciata, realizzato con ActionScript3.
Sopra: Primi esperimenti con Processing e la libreria TUIO usando un simulatore del tavolo (finestra a sinistra) invece di riprendere le immagini dalla videocamera. In alto: Schermata di uno dei primissimi esperimenti con reacTIVision e Processing, usando lo sketch “TuioDemo�, codice di esempio fornito insieme alla libreria TUIO per Processing.
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Capitolo 5
prototipo funzionante che non sapevo se sarei riuscita a completare. Ho realizzato quindi un mock up del progetto con Adobe After Effects: questo programma si è rivelato utilissimo perché mi ha permesso di modellare la grafica già impostata in vettoriale con Adobe Illustrator in modo molto
Sopra: Una schermata dell’interfaccia di After Effects, “catturata” durante la preparazione del prototipo.
semplice, creando facilmente animazioni ed effetti.
5.2 Il risultato finale Nella realizzazione del prototipo dimostrativo realizzato con After Effects ho proceduto per piccoli passi. Inizialmente ho pensato allo storyboard completo dei giochi che volevo mostrare, e sulla base di questo ho preparato in modo adeguato tutti i “pezzi” che avrei dovuto importare successivamente nel progetto di After Effects. È stato molto importante lo studio dei tempi di interazione: trattandosi di un video, essi sono simulati e devono essere il più possibile vicini a quelli reali. Per testare il risultato finale, il video dimostrativo è stato proiettato dall’alto su un tavolo bianco liscio e alcuni utenti-attori hanno simulato di interagire con esso come se si trattasse veramente di un tavolo interattivo. Ho realizzato a mano le pedine e ho colorato i coperchi dei vasetti da utilizzare in questa fase, cercando di fare in modo che essi fossero il più possibile simili al vero. Quello che volevo ricreare e mettere alla prova era infatti l’esperienza generale delle persone che usano Briciole.
Il prototipo finale
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Il prototipo dimostrativo di Briciole è stato proiettato dall’alto su un tavolo bianco liscio, grazie ad un proiettore appeso al soffitto. È stato scelto questo tipo di proiezione soprattutto per la semplicità di preparazione: la retroproiezione sulla superficie del tavolo avrebbe richiesto uno sforzo maggiore, sia per la preparazione del tavolo stesso che per la calibrazione dell’immagine. Tuttavia, questo tipo di scelta ha influito sulla resa finale del prototipo: proiettando dall’alto, si creano delle ombre sulla superficie del tavolo ogni qualvolta un utente interagisce con esso, e ciò talvolta può creare problemi di comprensione delle immagini o dei testi proiettati. Inoltre, non avendo a disposizione dei proiettori di qualità molto elevata, non sempre la resa delle immagini dell’interfaccia è stata ottimale. In particolare, le immagini dei cibi risultano in alcuni casi poco precise, anche se generalmente comprensibili. Nonostante ciò, la simulazione dell’interazione con Briciole si è rivelata molto utile perché ha permesso di vedere e toccare con mano il tipo di esperienza che il progetto propone, vedendo anche le reazioni dei possibili utenti.
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In questa pagina e nelle seguenti: Scatti fotografici realizzati durante il primo test del prototipo finale di Briciole con due bambine di 7 anni. Nelle prime foto l’attenzione è focalizzata sulle interazioni con il tavolo, mentre le ultime immagini mostrano le reazioni delle partecipanti.
Il prototipo finale
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CONCLUSIONI Concludere un progetto per me non è mai facile: mi sembra sempre che ci siano ancora molte cose da sistemare o che potrebbero essere state fatte in modo diverso... Anche nel caso di questo progetto è così. Lo scopo iniziale che mi ero prefissa era quello di progettare un servizio per le persone, e mi sono concentrata sul tema dell’alimentazione dal momento in cui ho scoperto che i problemi di sovrappeso e obesità causati dal mangiare male sono in costante aumento anche in Italia, il mio Paese. Ho deciso di partire dall’attualità di un problema perché credo che un designer non possa restare indifferente rispetto a quello che accade intorno a lui. Credo che un designer sia innanzitutto una persona interessata al mondo in cui vive, che è immersa nella vita e che vuole portare il suo apporto positivo o critico alla realtà in cui vive. Ed è per questo che ho deciso di fare un progetto per i bambini: grazie alla mia famiglia e ad attività di volontariato sono stata e sono ancora spesso a contatto con loro. In loro vedo il futuro e ritengo importante che fin da piccoli siano aiutati a crescere e imparare. L’aspetto ludico del progetto deriva dalla scelta degli utenti, ma anche dal mio desiderio di realizzare qualcosa che sentissi veramente mio e che rispecchiasse il mio punto di vista sull’educazione. La decisione di usare un tavolo interattivo come supporto è derivata dalle caratteristiche che volevo dare al mio progetto, ma è anche stata sicuramente una scelta nata dalla mia curiosità e dal mio desiderio di mettermi alla prova in qualcosa che non avevo mai affrontato. E’ stata veramente una sfida, a tratti molto difficile ma dalla quale ho potuto imparare moltissimo come designer. In primo luogo, progettare un tavolo interattivo, soprattutto se con finalità educative, richiede molte competenze diverse fra loro: poiché interazione fisica e a schermo si mescolano e creano un’esperienza unica, è necessario imparare a conoscere gli utenti, studiare i flussi di interazione considerando il passaggio di informazioni fra gli oggetti tangibili e lo “schermo”, disegnare le interfacce, programmare, costruire il prototipo fisico nelle sue varie componenti, testare i risultati con gli utenti… Non avevo ben considerato questo aspetto all’inizio del mio percorso progettuale, e in alcuni momenti mi sono trovata in difficoltà. Per la prima volta ho portato avanti un progetto piuttosto “sostanzioso” completamente da sola, dovendo quindi occuparmi di qualsiasi suo aspetto. Non sempre ho saputo gestire e coordinare bene il tempo a mia disposizione e le varie attività, molte delle quali dovevano essere portate avanti in parallelo. In alcuni casi ho dato troppo spazio ad attività che poi sono risultate essere marginali, mentre ho sottovalutato l’impegno richiesto
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da altre come ad esempio la programmazione del prototipo finale. Mi dispiace non essere riuscita a realizzare un vero prototipo funzionante, sia per la mancanza di tempo che per le mie conoscenze tecniche, perché esso mi avrebbe permesso di capire davvero le potenzialità o le problematiche del mio lavoro. Tuttavia il prototipo video mi ha permesso di avere una migliore visione sul risultato finale e vedere le reazioni dei bambini che hanno partecipato come attori. Un ulteriore problema posto da un tavolo interattivo è la metodologia di progettazione. Come detto prima, questo supporto usato con degli elementi tangibili permette di rendere più ricca l’esperienza dell’utente, ma trasforma anche il modo di progettare. Personalmente, mi sono trovata bene lavorando con molti prototipi veloci piuttosto che schizzando su un quadernetto: avevo bisogno di capire l’interazione e l’esperienza reali in modo diretto. In particolare, le dimensioni del tavolo mi hanno messo in difficoltà, poiché lavorando sul mio computer era impossibile capire la resa finale: per questo ho realizzato un prototipo in cartone in scala 1:1 che mi ha permesso di rendermi conto delle misure e dell’aspetto e di testare i giochi con gli utenti. I problemi che ho incontrato possono avermi messa in difficoltà o bloccato nella progettazione, ma li guardo in un’ottica molto positiva: mi hanno aiutato a sviluppare un mio modo di affrontare i progetti e da essi posso imparare molto per il mio futuro professionale. Sono soddisfatta dell’approccio progettuale e del tempo speso testando il lavoro con i bambini o giocando con loro per capire i comportamenti: ciò mi ha portato ad arrivare ad un risultato finale che ritengo positivo. Sono sicura che Briciole potrebbe essere migliorato, ma credo nel suo potenziale sia dal punto di vista educativo che progettuale. E’ sicuramente un esempio di come l’educazione informale, basata sul gioco e sull’esplorazione attiva sia possibile e potrebbe essere sviluppata uscendo dai soliti schemi verso un’esperienza più coinvolgente per i bambini. In particolare, Briciole mette l’accento sulla libertà dell’utente, permettendogli di visualizzare e esplorare in modo autonomo le carte-cibo, senza dover sottostare a una struttura pre-organizzata, ma anzi “creando” e modificando l’interfaccia proprio grazie alle sue azioni. Per quanto riguarda il design, la mia ricerca dimostra che esso, unito all’uso delle tecnologie può fare ancora molto per i più piccoli. In questo, Briciole è stato un piccolo passo. Ma spero sia un passo nella giusta direzione.
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RINGRAZIAMENTI Alla fine di questo percorso sento il bisogno di dire “Grazie!” alle molte persone che mi sono state vicine e in un diversi modi mi hanno aiutato. In particolare vorrei ricordare coloro che sono stati importanti per la realizzazione di questo progetto. Innanzitutto ringrazio i miei relatori Gillian Crampton Smith e Philip Tabor che hanno seguito il mio lavoro in modo attento e comprensivo, aiutandomi a migliorarlo e incoraggiandomi. Un grazie del tutto speciale va ai compagni di corso, in particolare al “gruppo tesi”: Erika Rossi, Marco Righetto, Alberto Moro e Giuseppe Burdo. Il continuo scambio di idee e di conoscenze è stato fondamentale per lo sviluppo del mio progetto e il clima sereno e amichevole di confronto e supporto reciproco che si è creato è stato decisivo soprattutto nei momenti più bui del percorso progettuale. Vorrei ringraziare tutto lo staff di Experientia, dove ho lavorato nell’estate del 2010, perché mi ha permesso di capire più da vicino che cos’è il design “user-centred”. Ho approfondito le mie conoscenze riguardo ad esso, e ho cercato di metterle in pratica nella progettazione di Briciole. In particolare, ringrazio Laura Polazzi per avermi dato indicazioni su come strutturare la ricerca e il test sugli utenti. Un grande grazie va ai miei genitori, Giuliana e Giuseppe, che mi hanno permesso di arrivare a questo traguardo e che mi hanno sempre sostenuta, anche quando non capivano bene quello che stavo facendo, e a tutta la mia grande e bella famiglia, fonte di stress e di stimoli! Nominare ognuno sarebbe quasi impossibile, però voglio ringraziare in modo speciale i miei nipoti, che sono la vera fonte di ispirazione per il mio progetto e che con il loro entusiasmo verso di esso hanno talvolta saputo rimotivarmi e indirizzarmi verso la rotta giusta. Last but not least, ringrazio con tutto il cuore Nicolò Santarossa che mi è stato vicino durante tutto questo percorso, e che ha saputo aiutarmi grazie ai suoi diversi punti di vista sul progetto. GRAZIE.
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screenshot della homepage di http://sapermangiare.mobi/
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Immagini
APPENDICE A Schermata del questionario online sull’associazione fra cibi e colori.
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APPENDICE B Risultati del questionario “Cibi & Colori� (si veda l’Appendice A). Per ogni elemento della prima colonna a sinistra sono elencate le risposte ricevute in valore percentuale e fra parentesi in valore numerico relativo al totale (27).
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Appendici
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UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA FACOLTA’ DI DESIGN E ARTI
DICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA’ O NON CONSULTABILITA’ DELLA TESI DI LAUREA (da inserire come ultima pagina della tesi di laurea) MARIA GABRIELLA ASTOLFO 268288 Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...……………. COMUNICAZIONI VISIVE E MULTIMEDIALI laureando/a in ………………………………………………... III - APRILE 2009-2010 sessione ………………………… dell’a.a. …………….…………. DICHIARA
che la tesi di laurea dal titolo: Briciole - Tavolo interattivo per sensibilizzare i bambini al tema dell’alimentazione …………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………. X è consultabile da subito (sia in versione cartacea che digitale e online) potrà essere consultata a partire dal giorno ………………….. non è consultabile (barrare la casella della opzione prescelta)
data …………………..
firma ………………………
Prova finale di laurea III sessione / a.a. 2009-2010
UniversitĂ IUAV di Venezia FacoltĂ di Design e Arti Corso di Laurea Specialistica in Comunicazioni Visive e Multimediali