Emotions magazine rivista viaggi e turismo dicembre gennaio 2019 anno9 n32

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SOMMARIO

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BANGKOK: LA CITTA’ DEI SORRISI SBOCCIATI

KAMCHATKA

VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA

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ETIOPIA: LA VALLE DELL’OMO

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CUBA: NUESTRA SEÑORA DE ALTAGRACIA CHRISTMAS EMOTIONS

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MAR MORTO

una spiaggia minerale a 400 metri sotto il livello del mare

Photo by Anna Alberghina

Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com Ideazione logo Ilenia Cairo Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com

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ISRAELE: UN VIAGGIO NELLE EMOZIONI

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TOGO: KUMA TSAME TOTSI UN VILLAGGIO DI SERENITÀ

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Tra il ritmo dei tamburi, gli odori e i colori dello spirito d’Africa

Fotografi Anna Alberghina Ettore Brezzo Nicola Congia Pamela McCourt Francescone Paolo Ponga Lorenzo Zelaschi

VIETNAM: UNA FAVOLA ITALIANA IN TAVOLA A SAIGON

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Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com

KALEIDOSCOPE

- Avani+ Luang Prabang

Cura rivista online Idea Art&More web@emotionsmagazine.com

- Mr Min’s Cooking Class

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LIBRIEMOTIONS

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DICEMBRE

Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumenti Nicola Congia Giuseppe Garbarino Pamela McCourt Francescone Paolo Ponga Lorenzo Zelaschi redazione@emotionsmagazine.com

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Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 -00185 Roma Tel e Fax 068417855 Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Case Editrice che ne detiene i diritti.



Danze tradizionali degli Eveni, Kamchatka photo by Anna Alberghina


S C R I V I A M O

A R T I C O L I

P E R

S U S C I T A R E

E M O Z I O N I

TERESA CARRUBBA EDITORE DIRETTORE RESPONSABILE

I tradizionalisti non lo farebbero mai, ma gli amanti dell’estate a tutti i costi sì, programmano il Natale a latitudini remote, meglio se caraibiche. Anche la visitatissima Cuba, per esempio, può mostrare un aspetto poco conosciuto, quello visto da un sub che esplora il mondo onirico di una barriera corallina spettacolare nella zona di Playa Santa Lucia. Altri respirano lo spirito natalizio laddove convivono le fedi più diverse unite dallo stesso alone di misticismo: Israele. “da Gerusalemme a Tel Aviv, ai prestigiosi Centri scientifici come Rehovoth, agli affascinanti siti archeologici come Masada poco lontano da quella piacevole sensazione di benessere che danno le rive e l’acqua del Mar Morto”. C’è invece chi approfitta del periodo festivo per fare esperienze di tipo antropologico, ed Emotions non dimentica mai di suggerirvele. Dai paesi del Corno d’Africa, come l’Etiopia, il sud in particolare, dove vivono le popolazioni più interessanti della valle dell’Omo, i Dama o Dessanech, a nord del lago Turkana, e i Mursi, nel Mago National Park le cui donne “si dipingono il corpo e il viso con polvere bianca, ma sono famose per l’uso dei piattelli labiali”. All’Africa occidentale, in Togo, in sperduti villaggi come Kuma Tsame Totsi, con case di fango prive di energia elettrica e immerse nella vegetazione, in cui un popolo semplice ha un ritmo di vita lento e rilassato, tutto africano. Un’esperienza forte, sul tema antropologico e ambientale è il viaggio in Kamchatka, “Una landa primordiale dove gli estremi entrano in collisione e dove fuoco e ghiaccio convivono”. E dove si entra in contatto con le comunità nomadi degli Eveni, gli allevatori di renne. Dalla pacificazione della Natura al fragore fantasmagorico di Bangkok, una “megalopoli turbolenta”, meta frequentatissima dal turismo mondiale. Ma Emotions propone sempre l’altra faccia di un luogo, qui vengono ritratti gli anfratti più nascosti della città, dove pulsa la vera vita quotidiana, fatta di gesti autentici e senza posa. E’ curioso: paradossalmente, pur allontanandoci di vari paralleli, spesso anche lì troviamo un angolino della nostra Italia. Un significativo emblema del design italiano o della nostra rinomata cucina. Nel suntuoso albergo The Reverie a Ho Chi Minh City, l’Executive Chef del R&J Italian Lounge & Restaurant, Giovanni Parrella, ha portato in Vietnam il sapore e il profumo dei nostri piatti regionali, specie della Campania, sua terra di origine.

tcarrubba@emotionsmagazine.com


Photos by Anna Alberghina

SIBERIA ⎪KAMCHATKA

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Pisang, 3250 metri, proprietario della Guest House

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SIBERIA ⎪KAMCHATKA FIN DALL’ANTICHITÀ I VULCANI SONO STATI OGGETTO DI AMMIRAZIONE, CURIOSITÀ E TIMORE E MOLTE SONO STATE LE INTERPRETAZIONI NATE PER SPIEGARNE L’ORIGINE Platone credeva nell’esistenza di un fiume di fuoco sotterraneo, il Piroflegetonte, che trovava sfogo nei vulcani. Seneca indicava quale causa di eruzioni e terremoti, la penetrazione di acqua nella materia incandescente del sottosuolo. Noto a tutti, Plinio il Giovane descrisse la spaventosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che seppellì Pompei ed Ercolano. Ma la vera scienza dei vulcani, la vulcanologia, nacque solo nel 17esimo secolo e fece progressi decisivi nel 19esimo secolo con le ricerche di Lazzaro Spallanzani. Sono stati proprio i vulcani a dar vita all’atmosfera terrestre primordiale. Senza di essi non esisterebbero né gli oceani, né la vita sulla terra. Tuttavia, questo viaggio della lava che parte da 100 Km. sottoterra non ci ha ancora svelato tutti i suoi segreti. La Kamchatka è proprio per questo un luogo molto affascinante. Una landa primordiale dove gli estremi entrano in collisione e dove fuoco e ghiaccio convivono. Qui si sente il respiro caldo della terra tra geyser e campi di lava, solfatare e sorgenti termali. Pochi altri luoghi al mondo permettono di ripercorrere le origini del pianeta. Si tratta di una vasta penisola selvaggia situata nell’estremo est della Siberia. Una terra di orsi e spettacolari fenomeni vulcanici, attraversata per tutta la sua lunghezza da catene montuose

A sinistra: Orso bruno della Kamchatka, è il vero re della tundra A destra: Scoiattolo siberiano alle pendici del vulcano Tolbachik, supera i 3mila metri di quota ed è ancora attivo

affacciate sull’Oceano Pacifico e divise da una valle fluviale: 160 vulcani di cui 29 ancora attivi. La Kamchatka è una terra incontaminata, tra le più selvagge al mondo. La sua densità di popolazione è tra le più basse del pianeta. Il fascino di quest’ultima frontiera, di questo “mondo perduto” è legato ai suoi straordinari scenari naturalistici, alla rigogliosa vegetazione della taiga, agli impetuosi corsi d’acqua e alla ricchissima fauna. Per molti anni avvolta nel mistero e conosciuta dagli Occidentali solo per il gioco del Risiko, è rimasta chiusa al turismo fino agli Anni ’90 e resta una zona militare di grande importanza strategica. Durante il rigidissimo inverno, le temperature scendono a - 40°C. Fiumi e laghi sono ghiacciati per sette mesi l’anno ma, nella breve estate, le foreste di conifere e betulle, che ricoprono un terzo del territorio, si popolano di animali. Cacciatori, pescatori e avventurieri iniziarono ad arrivare dalla Russia continentale soltanto nella seconda metà del 1600. Le prime vere esplorazioni risalgono al 1725 quando Vitus Bering fu incaricato dallo Zar Pietro il Grande di verificare se vi fosse un collegamento tra Siberia e Nord America. Durante la sua seconda esplorazione, nel 1740, Bering fondò la capitale, Petropavlovsk, chiamata così in onore delle sue due navi S. Pietro e S. Paolo. Nel 1741 l’esploratore danese morì di scorbuto. A lui è dedicato lo stretto che separa la Russia dall’Alaska.


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TRO DELLA TERRA


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NON APPENA VI SARETE LASCIATI ALLE SPALLE LA CAPITALE, INIZIERÀ LA GRANDE AVVENT SCOPRIRETE PAESAGGI LUNARI, RISALENDO LE PENDICI DEI NUMEROSI VULCANI

ENTRERETE IN CONTATTO CON LE COMUNITÀ NOMADI DEGLI EVENI, GLI ALLEVATORI DI RE 14

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TURA.

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In queste pagine: Le danze tradizionali del popolo nomade degli Eveni


[VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA

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SIBERIA ⎪KAMCHATKA A 11mila Km. e 9 ore di fuso orario da Mosca, Petropavlovsk, 250mila abitanti, è quasi sul confine della linea internazionale del cambio di data. Non è, oggi, molto diversa dalle altre città dell’ex blocco sovietico. Affacciata sulla baia di Avacha e incorniciata dai due vulcani, Avachinsky e Koryasky, rimane ammantata di neve da ottobre a maggio per l’influsso dei venti artici e delle fredde correnti del Pacifico. Negli anni sono fiorite in città numerose industrie legate soprattutto alla pesca e alla cantieristica navale ma sono anche sorti importanti centri di ricerca scientifica come l’Istituto di Geologia vulcanica. Non appena vi sarete lasciati alle spalle la capitale, inizierà per voi la grande avventura. Scoprirete paesaggi lunari, risalendo le pendici dei numerosi vulcani oppure sorvolerete in elicottero gli incredibili scenari naturalistici. Entrerete in contatto con le comunità nomadi degli Eveni, gli allevatori di renne, o vi troverete a pochi metri dai famosi orsi bruni che attendono al varco i salmoni rossi pronti a farne una bella scorpacciata. Ogni anno, durante l’estate, due milioni di salmoni risalgono i fiumi della Kamchatka per deporre le uova. Un eterno rituale di amore, riproduzione e morte. L’orso bruno della Kamchatka, le stime parlano di una popolazione di circa 30mila individui, è il vero re della tundra, un gigante che può superare i 3 metri di altezza per un peso di oltre 350 Kg.. Molto simile all’orso Kodiak dell’Alaska, sebbene tenda ad essere di colore più scuro, il colore della sua pelliccia può variare dal bruno-nerastro al giallo

pallido. Si tratta del carnivoro terrestre più grande al mondo. Nel mese di agosto, gli orsi scendono dalla catena Yuzhno-Kamchatsky verso il lago Kurilskoye situato all’estremo confine meridionale della penisola e raggiungibile solo con un’ora di volo su un maxi-elicottero militare sovietico. Non a caso gli orsi sfruttano l’estate per immagazzinare fino a 180 Kg. di grasso, indispensabili per sopravvivere durante il lungo letargo invernale. Ma, oltre agli orsi, una delle principali attrattive della Kamchatka sono i vulcani. Il Tolbachik è, senza dubbio, uno dei luoghi più isolati e suggestivi della penisola. Supera i 3mila metri di quota ed è ancora attivo, con un cratere di 3 Km. di diametro. Il territorio circostante, stravolto dalla grande eruzione basaltica del 1975 che ne modificò la morfologia, ricorda il paesaggio lunare. Ammirerete gli incredibili coni di scorie alti fino a 300 metri e gli scenari apocalittici della foresta pietrificata. Proprio in questa zona l’Unione Sovietica collaudò i suoi veicoli lunari prima di mandarli nello spazio. Non sono da meno il vulcano Gorely con i suoi due crateri di cui uno è occupato da un lago di acqua turchese ed il Mutnovsky con la sua immensa caldera che si raggiunge percorrendo uno stretto canyon tra ghiacciai, fumarole di zolfo e acque ribollenti. Un ambiente fantastico e inquietante che rievoca le atmosfere dei libri di Giulio Verne. Un viaggio in Kamchatka rappresenta un’esperienza indimenticabile che vi offrirà la possibilità di vivere un’avventura irripetibile.

A sinistra: L’immensa caldera del vulcano Mutnovsky A fianco: Husky siberiano

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Photos by Lorenzo Zelaschi


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BANGKOK Delle volte accade così, ti trovi lontano migliaia di chilometri, un luogo diverso sotto molteplici aspetti dalla tua realtà di provenienza, dove si parla, si mangia, si prega con una modalità differente dal tuo paese d’origine ma, nonostante ciò, quella - fino ad ora - ignota realtà comincia a scivolare sotto pelle per poi sfrecciare nelle arterie dirette al cuore, mentre tutte le cellule del corpo vibrano di allegrezza. Già, certi luoghi sono così, e così è Bangkok; i suoi abitanti paiono assumere la pillola della felicità insieme alla prima porzione di riso della giornata, mentre sorrisi germogliano spontaneamente dalle labbra come fiori cordiali, irradiando le giornate di una luce affettuosa di cui vi mancherà il tepore non appena ve ne sarete andati. Sapete, in tempi ormai remoti Bangkok era un piccolo villaggio portuale, chiamato Bang Makok, ove risiedeva una comunità di immigrati cinesi per commerciare con la città di Ayutthaya, che al tempo era la capitale del Siam. Negli anni Settanta la piccola provincia di Thonburi fu inglobata

nell’area metropolitana della città, proprio come accade ad una goccia d’olio che lentamente cresce e cresce, fino a che i suoi confini, espandendosi, toccano quelli della goccia più vicina; appena ciò avviene sarà impossibile distinguere l’una dall’altra. Oggi questo mastodonte urbano è la città più grande della Thailandia, nonché la sua capitale. Situata lungo la traccia lasciata dal lento scivolare del fiume Chao Phraya, Bangkok risiede sull’ansa del Golfo della Thailandia ed è una delle città più popolate e dense di traffico del pianeta, ed uno degli obiettivi principe del turismo mondiale. Il Chao Phraya è un imponente corso d’acqua, che attraversa la città disegnando il suo percorso con una pennellata che si adagia tra palafitte e grattacieli, e i cui flutti scorrono quieti come la mente di un monaco in preghiera; e il lieve sciabordio che si percepisce dalla riva risuona come un mantra antico quanto il rumore del mondo. Questo fiume è ampio e navigabile, e insieme ai suoi compagni di viaggio giunti da nord - gli affluenti Nan e Ping - costituisce il bacino idrografico che comprende il centro ed il nord del Paese.


LA CITTA’ DEI SORRISI SBOCCIATI

THAILANDIA

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BANGKOK

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BANGKOK

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LA CITTA’ DEI SORRISI SBOCCIATI Il denso territorio urbano, dall’atmosfera più che mai verace, è irrorato da una fitta rete di capillari acquatici - i canali - che partendo dall’arteria primaria - sempre il fiume Chao Phraya - s’inoltrano nelle aree più recondite della città. Questa forte presenza d’acqua ha fatto sì che, a volte, Bangkok venga denominata La Venezia dell’Est. Purtroppo, nella seconda metà del XX secolo, molti di questi canali sono stati coperti dal meno poetico e più cupo asfalto, per la costruzione di nuove strade; tuttavia, fortunatamente, si possono ancora vedere trasporti di merci e passeggeri, e alcune abitazioni galleggianti, fluttuanti sulla superficie dell’acqua come innocenti fiori di loto. Bangkok è una città davvero eclettica, e l’enorme varietà di strutture disponibili fa sì che le tipologie di visitatori - turbinanti nelle aree urbane come gocce di pioggia sospinta dal vento monsonico - siano tra le più diverse tra loro: dal backpacker senza un soldo durante il suo anno sabbatico - molto probabilmente diretto a Khaosan Road - al manager di una grande azienda in viaggio d’affari, la cui destinazione sarà con altrettante probabilità il lungofiume. La macchina del turismo è una delle principali fonti di ricchezza di questa megalopoli turbolenta, poiché oltre ad essere la tappa quasi obbligata per i visitatori diretti in altri luoghi del paese, a Bangkok si possono scoprire innumerevoli meraviglie, come se fossimo appena precipitati nella tana del Bianconiglio di Lewis Carroll (eccezion fatta, ovviamente, per il triste mercato del sesso che purtroppo impregna certi quartieri): meravigliosi edifici storici dalla sontuosa architettura appaiono come materia giunta sulle ali di mondi fantastici, mercati quasi senza fine che parrebbero città loro stessi e, in certi luoghi, una vita notturna a dir poco “frizzante” si rimescola girando su se stessa dai pilastri delle palafitte agli attici dei grattacieli, e una smisurata scelta di varietà gastronomiche, i cui fumi aromatici, danzando nell’aria, si attorcigliano ai neon delle insegne di China Town come sinuosi dragoni nella notte. Bangkok è questo e molto molto altro, ma ancora una volta le mie esperienze in terre orientali sospingono verso di me la sensazione come il vento dell’est che diffondendosi sui luoghi del mondo giunge verso ovest - di quanto realmente, ancora oggi, sia fraintesa la percezione di noi occidentali rispetto a una città come questa, non più pericolosa di Roma o Milano. Città degli eccessi, sì, per certi versi forse è vero, tuttavia la sensazione di cui sono intriso maggiormente, e quella per la quale ho sviluppato un forte amore per la Thailandia, è legata ai suoi

abitanti, alla loro indole pacifica e dispensatoria di sorrisi che non chiedono nulla in cambio, se non, giustamente, rispetto per i loro usi e costumi. Il sorriso è la curva che fa andare tutto dritto, dice un detto, incredibilmente azzeccato, secondo me. Inoltre, questa contrazione muscolare piacevole alla vista, è un linguaggio universale con il quale si può riuscire a comunicare in modo assertivo anche negli angoli più remoti del mondo. Difatti, qui a Bangkok, pur trovandomi in questa nuova e sterminata zona urbana, mi sono sentito sempre sicuro, permettendomi di girovagare senza meta, incontrando e fotografando gente del posto, anche in zone più periferiche. Il punto sul quale desidero mettere l’accento, è l’attitudine innata delle popolazioni asiatiche ad avere un approccio non violento nella relazione con le altre persone, e una naturale capacità anche da parte degli uomini - di essere in contatto col proprio lato più sensibile. Tutto questo, anche nel tramestio, nel tumulto, nel guazzabuglio urbano, di forme e colori sempre in movimento che accompagna questa città, si percepisce, come ci si accorge della sfumatura nella voce di una madre che chiama sciocco suo figlio ma lo fa con affetto.


BANGKOK

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LA CITTA’ DEI SORRISI SBOCCIATI

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TESTO DI GIUSEPPE GARBARINO FOTO DI ETTORE BREZZO

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Photos by Ettore Brezzo


ETIOPIA DEL

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CI SONO LUOGHI DOVE L’UOMO SI SENTE PICCOLO, ANZI È IL VIAGGIATORE, L’EUROPEO, L’OCCIDENTALE A CAPIRE CHE QUANDO ARRIVA IN QUESTI LUOGHI RAPPRESENTA IL NULLA

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Siamo nel sud di un’Etiopia lontana da tutto, immersa in un romanzo ottocentesco, quasi agli albori delle esplorazioni in angoli remoti del globo. Qui si tocca il cielo con un dito, in modo da mantenere l’equilibrio con tutto ciò che ci circonda. E’ un percorso lungo una interminabile fila di laghi che da Adis Abeba scende verso l’equatore, verso la valle dell’Omo, dove i villaggi Hamer sono un tutt’uno con i monti Buska. Qui vive Selehìn figlio di Gibe, figlio di Meles, anche lui come tutti i suoi antenati fiero cacciatore dal grande cuore, legato alle sue tradizioni millenarie, orgoglioso al punto di credere che la sofferenza non esiste, perché qui il rapporto tra natura e uomo è tutto, da sempre, fin dall’inizio del DICEMBRE - GENNAIO

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mondo quando questi fieri popoli già esistevano. Il sud dell’Etiopia è capace di sorprendere anche il più esperto dei viaggiatori. Da pochi anni le regioni meridionali del Corno d’Africa interno sono percorse dai fuoristrada del turismo organizzato, oggi i popoli del Grande Sud non sono più sconosciuti. La valle del’Omo nell’ultimo decennio è stata al centro di vari problemi per un progetto di forte impatto idrogeologico che ha portato alla realizzazione di una serie di dighe per la produzione elettrica, ma questo ha creato grandi scompensi sull’economia tradizionale della zona meridionale, verso il confine keniota, dove le inondazioni naturali erano un orologio biologico per l’agricoltura tradizionale.

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La fortuna vuole che comunque in questi luoghi, ancora lontani, quasi segreti ed invisibili sono rimaste delle realtà affascinanti di villaggi e architetture rupestri come il sito preistorico e misterioso di Tiya, dove 32 stele in pietra guardano, come tanti guerrieri, dal loro passato millenario il viaggiatore. Basta scartare gli itinerari consolidati dal turismo ed ecco che è facile raggiungere vallate e colline solitarie, lontane delle strade principali, eternamente sommerse dalla polvere alzata dai camion. Questo è il vostro viaggio, qui andrete alla ricerca di mercati tradizionali, dove il cibo serve per vivere o spesso sopravvivere, visitare villaggi di contadini che sembrano guerrieri, cacciatori e pescatori, sarete accolti da piccole comunità di uomini e donne riccamente scolpiti nel loro corpo

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decorato da colori, perle di vetro, tessuti pieni di vita. Andrete a piedi tra i villaggi Hamer dei monti Buska, uno dei popoli più belli e numerosi della valle dell’Omo e assisterete con il nodo alla gola alle cerimonie del Ukli Bula, ovvero il salto del toro, una cerimonia di iniziazione lunga e complessa. Il giovane ragazzo prescelto si decora il viso assistito dai “maz”, ovvero coloro che hanno già effettuato il salto, intanto si consultano gli auspici per il suo futuro con il rito degli anelli. Durante questo cerimoniale le donne imparentate con il giovane e alcune amiche, riccamente addobbate con vistose collane e capelli raccolti in treccine coperte di perline, si fanno frustare dai “maz” per dimostrare il loro affetto; le cicatrici sulla schiena sono infatti motivo di orgoglio all’interno della comunità.


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Nel momento deciso il ragazzo salirà denudato il sentiero che lo porterà al luogo dove salterà i tori affiancati. E’ un momento di grande tensione, se non riuscirà in questa prova sarà deriso e non avrà un futuro, in caso contrario inizierà il suo lungo cammino nella vita del suo villaggio. Le popolazioni più interessanti della valle dell’Omo sono i Dama o Dessanech, i loro villaggi sono a nord del lago Turkana, vivono di nomadismo e si dedicano alla pastorizia, pesca e non disdegnano in certi periodi l’agricoltura. Lo sfruttamento delle zone fertili lungo le sponde dell’Omo ha recentemente avuto delle ripercussioni a causa delle dighe realizzate a monte del territorio e questo è uno dei più fragili

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momenti di equilibrio per la sopravvivenza di questo popolo semplicissimo, che vive in capanne di rami intrecciati e coperti da pelli di capra e foglie, anche se oggi si assiste a villaggi temporanei dove i materiali tradizionali sono sostituiti con lamiere per rendere più veloce la loro costruzione. Nel villaggio Khorcho che si pone a guardia della sponda orientale del fiume Omo si incontrano i Karo, famosi per le splendide decorazioni sul volto e sul corpo, delle incisioni realizzate con la scarificazione e il body painting con il gesso bianco mescolato con rocce ocra ricche di ferro e il carbone. E’ un vezzo che ricorda il piumaggio delle coloratissime faraone selvatiche che prolificano in questa zona. I capelli sono impastati con l’argilla

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LE DONNE MURSI SONO FAMOSE PER L’USO DI PIATTELLI LABIALI, UN VEZZO CHE INIZIA ALL’ETÀ DI 15 ANNI

per ottenere il curioso effetto a "grappolo di chicchi di caffè" e alcune donne si trafiggono il mento con un chiodo inserendo bastoncini di legno e fiori, ottenendo effetti di intensa realtà. Per finire questo viaggio di grande emozione ecco il popolo Mursi, forse il più noto gruppo etnico nell’Etiopia del sud, vive nel Mago National Park, istituito nel 1971 e che è famoso per le 300 specie di uccelli che ci vivono, oltre naturalmente alla tipica fauna africana, con leoni, giraffe, ecc… Anche le donne Mursi si dipingono il corpo e il viso con polvere bianca, come altre tribù di questo angolo meridionale dell’Etiopia, ma sono famose per l’uso dei piattelli labiali, un vezzo che inizia fin dall’età di 15 anni, introducendo pezzi di legno di dimensioni sempre maggiori nel piccolo foro

ottenuto con un chiodo; il risultato è un labbro con carne molto elastica, fino all’introduzione di un piattello d’argilla decorato con diametro di circa 20 cm, questo è possibile con l’estrazione dei denti incisivi. Più grande è il disco d’argilla è più grande è il valore della donna agli occhi di chi la sposerà. Per chiudere questo “viaggio” immaginatevi al crepuscolo mentre i suoni della notte avanzano alle porte di uno di questi villaggi, poi con il pensiero andate lontani, fino a città come Roma, Milano, Londra o New York, con la loro tecnologia, il caotico correre, le auto, grattacieli, metro, grandi magazzini e allora, solo allora capirete l’essenza dell’uomo e del suo facile eroismo nel vivere in queste terre incontaminate e da proteggere con tutte le forze che possiamo avere. CHRISTMAS EMOTIONS

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NUESTRA SEÑORA DE ALTAGRACIA PAOLO PONGA

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MENTE CUBA Photos by Paolo Ponga


NUESTRA SEÑORA DE ALTAGRACIA

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COME ARRIVARE NUMEROSI TOUR OPERATORS VENDONO VIAGGI ORGANIZZATI A PLAYA SANTA LUCIA. L’AEROPORTO È QUELLO DI HOLGUIN, SITUATO A 150KM DI DISTANZA DALLA LOCALITÀ, PER UNA PERCORRENZA IN AUTO DI CIRCA 3,30H: LE STRADE CUBANE SONO PARTICOLARMENTE DIFFICILI. LE COMPAGNIE CHE VOLANO SU QUESTO AEROPORTO DIRETTAMENTE DALL’ITALIA SONO NEOS E BLUE PANORAMA.

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Nella provincia di Camaguey, sulla costa nordest dell’isola di Cuba affacciata sull’Oceano Atlantico, si trova la località turistica di Playa Santa Lucia. Qui non ci sono nelle immediate vicinanze città storiche o monumenti particolari: chi decide di venire a trascorrere un periodo di vacanza in questa posto lo fa per due soli, ed ottimi motivi: una spiaggia di sabbia bianca lunga più di 20 km, e la vicinanza di una barriera corallina spettacolare. La spiaggia, soprattutto nella zona dei 4 alberghi, è esattamente come nelle cartoline che la nostra immaginazione vede per i Caraibi: bianca, ampia, bagnata da un mare caldo e ricca di pesce. Le palme, il sole ed il cielo azzurro completano la fotografia. Essendo così ampia, non riesce mai ad essere piena di turisti, che si distribuiscono lungo di essa. Proseguendo dagli alberghi verso ovest, l’immagine diventa meno affascinante, poiché la spiaggia si restringe e tende a riempirsi di alghe, finché non si arriva a Coco Beach, la spiaggia delle palme, uno dei posti più belli che un viaggiatore potrà incontrare nella sua vita. Alle spalle si intravede una laguna con i fenicotteri, mentre di fronte si apre una baia di sabbia dorata che si affaccia al canale di Nuevitas, con un mare dai colori indescrivibili. Nel fare il bagno occorre però fare attenzione in questo punto alle forti correnti

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ed al fatto che il nome originale di questa località sia Cabo Tiburones, il Capo dei Pescicani. Qui infatti vive stanziale una comunità di squali Leuca, quelli chiamati Bullshark dagli americani, una specie dal carattere aggressivo che si può incontrare durante un’immersione apposita vicino al relitto del Nueva Mortera. Un’esperienza adrenalinica che è possibile effettuare con l’unico diving center locale, lo Shark’s Friends, situato nella zona degli hotel. Ma non solo. Non bisogna infatti dimenticare che la zona di Playa Santa Lucia si affaccia davanti ad un’enorme barriera corallina che consente ottime immersioni alla scoperta dei fondali caraibici, e che pur non disponendo dei coralli del Mar Rosso o dei pesci delle Maldive, è ugualmente in grado di accontentare anche i palati più raffinati. Una fra le più conosciute viene effettuata al relitto del rimorchiatore Nuestra Señora de Altagracia, una barca di ferro dell’inizio del secolo scorso, che effettuava servizio fra Haiti e Cuba. La barca si trova a circa 27 metri di profondità, sul ciglio di una parete che poi sprofonda nel blu verso l’abisso, in un mare di una limpidezza straordinaria, ad una temperatura che passa dai 30° C in superficie, ai 27° del fondo. L’immersione risulta così adatta quasi ad ogni livello di esperienza, e può essere effettuata anche solo con uno shorty da 3 mm come muta. Il fondale che si percorre verso il relitto è corallino alla caraibica, con tante gorgonie e spugne CHRISTMAS EMOTIONS

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NUESTRA SEÑORA DE ALTAGRACIA

meravigliose, particolarmente quelle a botte che spesso racchiudono un blennide o un granchio freccia al loro interno. Facile la visione e l’arrivo al relitto, visibile quasi per intero grazie ad una visibilità che supera i 30 metri. Percorrendo le murate, si può notare come esso stia diventando parte integrante del reef, che lo sta assorbendo e lo sta facendo diventare suo nella parte della chiglia, inglobandola nel corallo. La parte superiore consente delle facili penetrazioni nella plancia di comando e nella stiva, che non rivestono interesse particolare, tranne che per la presenza di qualche “condomino” che osserva curioso o impaurito i nuovi arrivati. Oltre il relitto c’è la parete che scende nel blu, e che è possibile visitare a seconda della situazione, del gruppo e dei brevetti. Costante la presenza di Pterois, qui chiamati Lionfish, che per la loro voracità, rischiano di divorare le uova di molte altre specie e per questo vengono a volte cacciati dai subacquei del diving. La loro grande diffusione, d’altronde, deriva anche dalla pesca

indiscriminata (fatta anche con le bombole) che viene praticata regolarmente da queste parti nei confronti di specie più apprezzate dal punto di vista gastronomico, ma che sono i loro predatori naturali. In effetti in questa, come in altre immersioni effettuate nella zona del piccolo paese e degli alberghi, spesso manca il quantitativo di pesce che ti aspetti da questo mare, finito nelle cucine e quindi nelle pance dei turisti. Si esce comunque soddisfatti dall’acqua, dopo un’immersione rilassante come poche volte capita, ed un altro relitto visitato. Però si sa, durante un’immersione, anche se fatta con queste temperature e questo mare, si bruciano molte energie... ed è naturale che l’appetito si faccia sentire. La cosa migliore da fare in questo caso, è ritornare a Coco Beach, dove si trova un fantastico chiringuito di legno sulla spiaggia, ornato di cannoni “dei pirati” sottratti al mare: il Bucanero. Qui, a prezzi davvero contenuti, è possibile mangiare aragosta o una favolosa grigliata di pesce, innaffiate ovviamente da un gelido mojito fatto come solo i cubani sanno preparare.

DOVE DORMIRE LA SCELTA NON È AMPIA, ED È DATA DAI RESORT ROC SANTA LUCIA, CLUB AMIGO MAYANABO, BRISAS SANTA LUCIA E BRAVO CARACOL, POSTI SULLA LUNGA SPIAGGIA E VICINI TRA LORO. L’OPZIONE MIGLIORE È SEMPRE QUELLA DI FARE UN UPGRADE DELLA CAMERA RISPETTO A QUELLA STANDARD.

DOVE MANGIARE PER UN’ALTERNATIVA AL TRATTAMENTO ALL INCLUSIVE DEI RESORT, INDIMENTICABILE È IL BUCANERO, ALLA FRAZIONE LA BOCA, COCO BEACH.

DIVING CENTER LO SHARK’S FRIENDS, POSTO TRA I RESORT ROC SANTA LUCIA E BRISAS (NESSUNA MAIL O TELEFONO PER CONTATTI, SIAMO A CUBA; MA DUE PASSI SULLA SPLENDIDA SPIAGGIA E SI È ARRIVATI).

L’ampia distesa della spiaggia di Playa Santa Lucia

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ISRAELE UN VIAGGIO NELLE

EMOZIONI LUISA CHIUMENTI

MASADA, LE ROVINE DEL PALAZZO DI RE ERODE DICEMBRE - GENNAIO 46


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ISRAELE

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TUTTI I VIAGGI SOGNATI E PROGRAMMATI SUSCITANO EMOZIONI E STUPORE, NEL MOMENTO IN CUI SI CONCRETIZZANO, MA FORSE NESSUNO DÀ EMOZIONI COSÌ VARIE ED INTENSE COME QUELLO CHE CIASCUNO DI NOI, PUR DA PROSPETTIVE DIVERSE, DECIDE DI COMPIERE IN ISRAELE E non si tratta soltanto del fascino incredibile offerto dalla presenza sul territorio di diverse religioni e culture, ma anche dell’intensa attrazione offerta da quei paesaggi così diversi, sempre in armonia con una profonda e sentita tradizione e una grande sollecitazione verso il mondo in evoluzione, da Gerusalemme a Tel Aviv, ai prestigiosi Centri scientifici come Rehovoth, agli affascinanti siti archeologici come Masada poco lontano da quella piacevole sensazione di benessere che danno le rive e l’acqua del Mar Morto. Il momento migliore per giungere a Masada è senza dubbio il mattino all’alba in tempo per vedere il sole sorgere attraverso il Mar Morto e le montagne giordane. Partendo da Gerusalemme la mattina presto, e andando verso sud, attraverso il deserto, si giunge ai piedi di Masada. E si può qui iniziare a scalare il famoso Sentiero dei serpenti, una escursione che si può compiere in un'ora, mentre il sole comincerà a sorgere sul Mar Morto, e pian piano appariranno le montagne Moab della

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Giordania in lontananza. Nel momento in cui si raggiunge la cima, la bellissima alba avrà illuminato il paesaggio, offrendo panorami mozzafiato. Si può scendere di nuovo a piedi, e continuare a Ein Gedi: una bellissima oasi nel deserto della Giudea. Ma la fortezza si raggiunge oggi anche con una comoda funivia, fin sulla montagna di Masada, dove Re Erode aveva costruito due palazzi fortificati oltre 2mila anni fa. E qui sono da ricordare gli Zeloti, conosciuti in tutto il mondo per il loro eroismo (straordinario è vedere la statua di uno zelota, Simone il Cananeo, apparire in Finlandia sul tetto della cattedrale di Helsinki). Gli Zeloti erano un gruppo politico religioso giudaico, formatosi all’inizio del I secolo in difesa dell’indipendenza politica del regno di Giudea, dell’ortodossia e dell'integralismo ebraico dell'epoca, agguerriti nemici dei romani e pronti a combattere la loro presenza nell’antica Palestina, furono i protagonisti della violenta rivolta del 66-70 che portò al loro totale sacrificio durante la presa di Gerusalemme da parte di Tito Flavio Vespasiano nel 70.

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ISRAELE

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IL MAR MORTO CONCEDE AL VIAGGIATORE UN MAGNIFICO RELAX: UNA SPIAGGIA MINERALE CHE PERMETTE DI GALLEGGIARE NELL'ACQUA RICCA DI SALE, A 400 METRI SOTTO IL LIVELLO DEL MARE

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ISRAELE

IL MURO DEL PIANTO SI PRESENTA COME UNA VERA E PROPRIA

SINAGOGA A CIELO APERTO

Dopo aver esplorato le rovine archeologiche di Masada, eccoci al Mar Morto, accanto all'oasi di Ein Gedi e all'antico insediamento di Qumran, con le grotte dove sono stati ritrovati quei famosissimi Rotoli del Mar Morto (circa 900 documenti in pergamena, dal profondo significato religioso) conservati in un Museo di Gerusalemme, dalla suggestiva struttura architettonica. Ma il Mar Morto concede, com’è noto, al viaggiatore, anche un magnifico relax: una spiaggia minerale che permette di galleggiare nell'acqua ricca di sale, a 400 metri sotto il livello del mare! Altrettanto prezioso è anche il bagno di fango che lì si può fare, nella sorgente più ricca di sali naturali al mondo. Prodotti per la cura della pelle, a base di sali del Mar Morto, si possono anche acquistare nel laboratorio Ahava, a prezzi duty-free. Ed ecco, sulla via del ritorno per Tel Aviv, una suggestiva sosta nell'antica città di Gerico, definita nella Bibbia la "città delle palme", per le rigogliose piante che costeggiavano l'antica strada romana di collegamento con Gerusalemme. Gerusalemme appare al viaggiatore in genere dal punto panoramico offerto dal Monte degli Ulivi, per giungere poi alla spianata del Monte del Tempio. Proseguendo per la Città Vecchia si supera il Giardino del Getsemani, dove Gesù pregò prima della sua crocifissione. Dopo aver attraversato le mura della città, è giusto sostare, reverenti, di fronte il famoso Muro del Pianto (Muro Occidentale), che si presenta come una vera e propria “sinagoga a cielo aperto”. Da qui ci si avvia a piedi, con profonda emozione, lungo il percorso di pellegrinaggio della Via Dolorosa, la via che vide Gesù dirigersi verso il Calvario caricato della croce del suo supplizio (circa 14 stazioni della Via Crucis, che seguono i passi di Gesù verso il luogo della sua crocifissione, presso la Chiesa del Santo Sepolcro). Nove stazioni si incontrano nel percorso che conduce al Santo Sepolcro dove sono raccolte le ultime cinque stazioni. Ma certamente non può mancare, nel viaggio, una visita ad un Kibbutz e si può avere la fortuna di visitare il più antico, quello di Degania Alef, sulla riva del mare di Galilea, circondato da un‘ampia sequenza di terreni e di campi rigogliosi di piante e di

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fiori. Iniziato nel 1909, con 12 persone: 10 uomini e 2 donne (tra le figure più importanti nella storia di Israele, sono nati o vissuti lì, Joseph Trumpeldor o Moshe Dayan), Degania conta oggi poche centinaia di abitanti, che tuttavia continuano ad attuare quella meravigliosa atmosfera in cui ognuno offre all’altro le proprie capacità produttive per essere utile a tutti e da tutti avere una splendida, serena reciprocità. Può ad esempio avvenire, come è capitato a noi, passeggiando tra i giardini, di essere avvolti all’improvviso da un profumo intenso non più di fiori, ma di biscotti…si tratta del passaggio veloce di alcune signore che li hanno preparati e subito ce li offrono. Si tratta, con questo e tutti i vari kibbutzim sparsi in Israele, di un esperimento sociale davvero unico.

www.goisrael.it

In alto: uomo ebreo che prega al Muro del Pianto A destra in alto: il santuario islamico con la famosa Cupola della Roccia alla spianata del Monte del Tempio A fianco: foulard musulmani in un negozio della città vecchia di Gerusalemme


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Photos by Nicola Congia

Kuma Tsame Totsi, un villaggio di serenitĂ tra il ritmo dei tamburi, gl

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i odori e i colori dello spirito d’Africa

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Un villaggio di serenità tra il ritmo dei tamburi, gli odori e i colori dello spirito d’Africa

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una luce diversa, invade la vista colori nuovi e nuovi cromatismi, generano sensazioni mai provate NICOLA CONGIA La consapevolezza è il mezzo per percorrere la strada dell’equilibrio. Quale maggior consapevolezza se non quella di vedere con i propri occhi una cultura diametralmente opposta alla nostra? Un turista può solo dare una breve sbirciata, mentre come volontario dell’associazione La Maison Sans Frontieres ho potuto toccare con mano le abitudini della popolazione del luogo, vivendo per oltre un mese totalmente integrato nella comunità di un piccolo villaggio del Togo, Kuma Tsame Totsi a 5 km da Kpalimé.

Appena messo piede fuori dall’aeroporto della capitale Lomé, una luce diversa invade la vista, colori nuovi e nuovi cromatismi generano sensazioni mai provate. Sul taxi che viaggia verso il villaggio, le immagini si susseguono rapide e lo sguardo salta da una parte all’altra nel tentativo di non farle sfuggire. Ogni cosa è interessante, ogni cosa è diversa, non bastano gli occhi. Immaginavo di incontrare una cultura diversa invece mi sento catapultato totalmente in un altro mondo! La mente cerca di elaborare il tutto e l’unica parola che si avvicina al concetto elaborato è Vita. CHRISTMAS EMOTIONS

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TO GO

in Africa, pare proprio che esista solo il presente, istante dopo istante, momento dopo momento.

Traffico e persone ovunque, odori che riempiono le narici e rumori che riempiono le orecchie. Tutti i sensi sono coinvolti in un vortice di sensazioni indescrivibili. Vita, ma non come nelle nostre città europee dove ognuno viaggia solitario nel proprio binario. Queste persone sono sorridenti, indaffarate, spensierate, senza binari da seguire. In Africa pare proprio che esista solo il presente, istante dopo istante, momento dopo momento. Sarà questo il motivo della loro felicità? Nel villaggio di Kuma Tsame Totsi l’accoglienza è

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unica. Le persone sono disponibili e si respira un’aria di tranquillità e pace. Facce simpatiche ti osservano rilassate. Le case di fango son prive di energia elettrica e immerse nella vegetazione. Tutto contribuisce a creare un ritmo di vita lento e disteso, dove il lavoro è ancora totalmente manuale e le giornate si susseguono con semplicità. Il gallo inizia a cantare presto e i ritmi di tamburi che segnalano l’ingresso a scuola, sono la sveglia di una nuova giornata africana.


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Un villaggio di serenità tra il ritmo dei tamburi, gli odori e i colori dello spirito d’Africa

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Qualunque cosa hai pensato dell’Africa pensaci ancora ....

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Un villaggio di serenità tra il ritmo dei tamburi, gli odori e i colori dello spirito d’Africa


TO GO

lo spazio, è luogo di scambio e condivisione. La solitudine non esiste, l’ empatia è forte e la gioia si vede in ogni sguardo… Nelle piccole abitazioni si entra solo per dormire e la vita si svolge totalmente all’aperto. Si cucina, si mangia, si gioca, si canta, ci si riposa. Quello che è considerato spazio comune diventa luogo di scambio e condivisione. La solitudine non esiste. L’empatia è forte e la gioia si vede in ogni sguardo… In volo verso casa i ricordi ancora freschi si presentano alla mente e la solitudine del viaggio stimola numerosi pensieri. Tra le tante riflessioni un proverbio mi ronza in testa insistente: “Qualunque cosa hai

pensato dell’Africa, pensaci ancora”. Come a dire che quella cultura talmente diversa dalla nostra sarà sempre difficile da capire; rimarrà sempre un mistero da svelare. Possiamo pensarci e ripensarci ma le abitudini africane ci risulteranno sempre incomprensibili. Non può essere razionalizzata perché l’Africa è pura emozione. www.volontaritogo.org CHRISTMAS EMOTIONS

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Gli Incontri di Emotions

UNA FAVOLA

ITALIANA

IN TAVOLA A SAIGON PAMELA MCCOURT FRANCESCONE

Tortina al formaggio di capra fatto in casa, croccante al pistacchio e cioccolato vietnamita 64

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G I O V A N N I

P A R R E L L A

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M A R T I N O

Noi chef passiamo quindici ore al giorno in cucina. Ci perdiamo in quello che facciamo, e questo ci rende felici. E’ come vivere una favola. Una favola dove il Principe Azzurro è un visionario e un’artista che plasma estrosamente sogni e ingredienti - dai più poveri ai più raffinati forte della sua maestria e spinto da una curiosità che non conosce soluzione di continuità. Grazie a due chef italiani, Giovanni Parrella di Napoli ed Enrico De Martino di Salerno, il Vietnam sta scoprendo le eccellenze della grande cucina italiana, rivisitata con straordinaria classe e con una passione del tutto meridionale in un ristorante da Mille e Una Notte. Da sei anni Executive Chef nel suntuoso albergo The Reverie a Ho Chi Minh City, e del R&J, la più prestigiosa cucina italiana in Vietnam, Parrella ha alle spalle lunghi anni di esperienza in Italia, Turchia, India e a Beijing. De Martino, Chef de Cuisine alla guida del R&J, si è

cimentato in ristoranti rinomati da Capri ad Amalfi, e dalla Svizzera alla Turchia prima di approdare qualche mese fa in Vietnam. « Noi chef italiani nel mondo siamo messaggeri del nostro Paese, » dice Parrella. « Nel mio caso, come in quello di Enrico, il fatto di essere napoletano e salernitano aggiunge quel tocco di genuinità in più che viene da dentro noi meridionali ». Tra Giovanni ed Enrico brilla una grande complicità professionale e umana, alla quale si aggiunge una ciclopica passione per la cucina italiana, prestazioni alle stelle, e legami ancestrali con le tradizioni culinarie delle loro terre. « Le mie basi vengono da quello che ho imparato in casa da piccolo, oltre che dalla grande tradizione gastronomica nostrana. CHRISTMAS EMOTIONS

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UNA FAVOLA ITALIANA IN TAVOLA A SAIGON

gy a w

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Enrico ha un simile background, anzi lui ha due anime, essendo la sua famiglia in parte della costa salernitana e in parte dell’entroterra, e per questo ha una solida base sia nella cucina di pesce che in quella di carne. Quella cucina di famiglia che ha un forte peso specifico nelle stravaganti rivisitazioni di Parrella e De Martino, come il piatto a base di faraona ideato dal giovane chef salernitano per una serata di gala a The Reverie. « Le faraone sono arrivate dalla Francia e abbiamo fatto tante prove perché la faraona è un animale strano, è un po’ muscoloso », spiega De Martino. « Poi ho usato la mela cotta - mi ricordavo che da piccolo la nonna faceva la mela cotta con la cannella - e per un tocco di raffinatezza e per stimolare il palato ho aggiunto il fegato grasso. L’abbinamento della faraona con la mela, il fois gras e lo champagne Crystal è stato molto apprezzato anche dai nostri clienti asiatici: un piatto in parte nato dalla cucina della nonna ».

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viola, fung hi po r

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Penne, melanzana affumicata, burrata, basilico lattuga

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Gli Incontri di Emotions

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UNA FAVOLA ITALIANA IN TAVOLA A SAIGON

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... è un’arte perché ognuno la colora come vuole, creando abbinamenti sempre nuovi

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rovente, rompiamo la creta facendo sprigionare le inebrianti fragranze degli odori che si uniscono a quella del pino ». La cucina è una scienza o un’arte? « E’ una combinazione », sorride Parrella. « E’ una scienza, perché la cucina dipende da tanti elementi: dal grado di cottura, dalle molecole, dalle proteine, dalla provenienza delle materie prime, e da tant’altro ancora. Ed è un’arte perché ognuno la colora come vuole, creando abbinamenti sempre nuovi. Sono infinite le combinazioni ». Per De Martino serve la conoscenza che viene dalla scienza perché permette di essere sempre più creativi. « Per esempio, bisogna sapere che la polvere di caffé dilata le papille gustative, aumentando di dieci volte i sapori. Questa è tecnica, questa è scienza. Poi ci vuole l’arte ».

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www.thereveriesaigon.com

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« Per creare un nuovo piatto ci vogliono almeno due mesi », spiega Parrella. « Si ritocca in continuazione, ci si pensa e ci si ripensa prima di essere soddisfatti. Come per il mio signature dish, il Polletto in Crosta di Creta per il quale ho trovato ispirazione in un libro di cucina degli antichi romani. A quei tempi mettevano il pollo dentro la creta con tutte le penne, così una volta rotta la creta le penne rimanevano attaccate ». Raffinatissima questa creazione di Parrella per la quale, oltre che dagli antichi romani ha rubato alle tradizioni di casa e ai tempi in cui da piccolo andava a prendere il pollo dal fattore, camminando lungo una strada sotto alberi di pino. « Sento ancora sotto i piedi il rumore degli aghi di pino, e il loro odore ». « Faccio marinare il polletto con delle erbe aromatiche per una notte, e il giorno dopo lo avvolgo, prima nella carta da forno e poi nella creta. Per servirlo appoggiamo la creta su un letto di rami di pino - il pino lo prendiamo qui in Vietnam dove viene usato per le composizioni floreali - e con una piccola zappa di ghisa, che facciamo scaldare fino a diventare

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KALEIDOSCOPE

Avani+ Luang Prabang Un gioiello raffinato nel cuore della sorridente cittadina UNESCO del Laos www.avanihotels.com/en/luang-prabang

Un albergo boutique già alloggio dei militari francesi a fine 1800 - a due passi dai templi più

belli, dai monasteri più rilevanti, dal palazzo reale, ora museo nazionale, e dalle tipiche basse case coloniali in legno - con un albero banyan vecchio 120 anni che fa da sentinella nei giardini verdeggianti dotati di piscina.

Nelle 49 camere, tutte con balconi o patio, e nelle quattro suite con giardini privati il mobilio contemporaneo ha costanti richiami alla cultura laotiana nei pavimenti di tek, nei tessuti e nei quadri ricamati di pregiata manifattura locale.

Il ristorante-bistro Main Street Bar & Grill, con veranda e balcone sulla strada, propone

prime colazioni orientali e internazionali - con pane e pasticceria francese - e sul menu all’ora

OGNI MATTINA ALL’ALBA I MONACI DAI TEMPLI VICINI PASSANO, SCALZI E IN FILA, PER RACCOGLIERE IL RISO OFFERTO DAI FEDELI. UNA CERIMONIA RELIGIOSA SOLENNE, ALLA QUALE ANCHE GLI OSPITI SONO INVITATI A PARTECIPARE, E CHE DI FRONTE ALL’INGRESSO DELL’AVANI+ DIVENTA UN MOMENTO DI PROFONDO RACCOGLIMENTO.

di pranzo e di cena c’è una varietà variegata di piatti sfiziosi. Dalle specialità della grande cucina come le pizze e le bistecche - e un’ottima mozzarella di bufala prodotta in loco - a

pietanze asiatiche come le sfiziose salsicce e curry di Luang Prabang, i gamberi di fiume allo spiedo, le insalate di papaya e gli spaghettini di riso saltati con verdure nel wok.

Nella spa i trattamenti per il corpo spaziano dai massaggi thai a quelli locali – a pressione e senza olio - mentre il padiglione nel giardino accoglie una zona yoga e una fitness. Ogni mattina all’alba i monaci dai templi vicini passano, scalzi e in fila, per raccogliere il riso

offerto dai fedeli. Una cerimonia religiosa solenne, alla quale anche gli ospiti sono invitati a partecipare, e che di fronte all’ingresso dell’Avani+ diventa un momento di profondo raccoglimento e grande suggestione. Pamela McCourt Francescone

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Mr Min’s Cooking Class

Un tuffo nelle tradizioni gastronomiche Shan del Lago Inle

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Min sorride, e nel suo inglese fluido spiega che prima di misurarci con le tradizioni culinarie del lago dobbiamo attraversarlo sulla sua barca long-tail, e comprare gli ingredienti per il nostro pranzo. Coloratissimo e affollato il mercato locale di Nam Pam dove gli Intha, i figli del lago, e la minoranza Pa’O che vive sulle montagne commerciano i prodotti del lago e dell’altopiano. Carichi di pacchi di pesce e gamberi, carne e verdure, spezie ed erbe aromatiche scivoliamo sul grande specchio d’acqua verso la piccola casa su palafitte e la cucina di Min, in un angolo tranquillo e recondito del lago. La cucina è semplice ma organizzata e linda, e ci mettiamo subito al lavoro coadiuvati dalla sorella di Min, che lava e sbuccia mentre noi ci armiamo di lunghi coltelli per preparare i tanti piatti sul menu. Dedicati, veloci e in perfetta sintonia, usando una semplice cucina a gas con bombola, si lavora DICEMBRE - GENNAIO

chiacchierando, con Min che spiega ogni mossa e le usanze tradizionali dei vari prodotti. Le portate iniziano a prendere forma: zuppa di fagioli con coriandolo, frittelle di gamberi e verdure, maiale con menta fresca, una splendida e croccante insalata di pomodori verdi con arachidi, il cavolfiore con lo zanzero, un curry di pollo con basilico e uno di tofu con curcuma, un pesce al vapore in foglie di banana, un’insalata di melanzane con lime, e il riso con le patate che è la base per tutti i piatti. Un banchetto fragrante e colorato che mettiamo fuori sul tavolo sotto ombrelloni di seta rossa sulla piccola veranda che sovrasta il lago. E ci sediamo, incantati dai profumi e dalla sapidità delle pietanze, dalla maestria e simpatia di Min, e dalla bellezza della natura che ci circonda. Un giorno da sogno sul lago, un giorno che sogneremo a lungo. Testo e foto di Pamela McCourt Francescone


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Un banchetto fragrante e colorato che mettiamo fuori sul tavolo sotto ombrelloni di seta rossa sulla piccola veranda che sovrasta il lago. E ci sediamo, incantati dai profumi e dalla sapiditĂ delle pietanze, dalla maestria e simpatia di Min

www.myominhtun2008@gmail.com CHRISTMAS EMOTIONS

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L I B R I

Autori Vari a cura di Demetrio Brandi

Racconti nella rete 2018 ®

Luccautori - Castelvecchi editore

recensione a cura di Luisa Chiumenti

Viaggi reali, immaginati nei propri più reconditi sentimenti si possono così leggere nei racconti di questa antologia, curata da Demetrio Brandi. Da più di dieci anni un’idea brillante del giornalista e sociologo Demetrio Brandi, ha lanciato un invito a chiunque volesse esprimere la fantasia creativa mandando “in rete” brevi racconti che, attraverso il Premio “Racconti nella rete”, sottoposti ad un profondo giudizio critico, sarebbero stati pubblicati in altrettante antologie. Fra i 25 selezionati nella attuale Antologia e che si leggono in un soffio, con piacere, per la scrittura sciolta e immaginifica, sceglliamo “Il viaggio” di Mariangela Casulli. E’ un viaggio ideale, un percorso all’indietro nella propria, pur giovane vita, per rintracciare un sentimento, per rivedere un volto. E dalla sezione “Racconti per bambini”, vorremmo qui segnalare “ Bernardo e il bambino del faro” di Rita Poggioli in cui è ben descritto quel paesaggio silente, reale e pur fantastico che è rappresentato da quella luce in mezzo al mare, il Faro intorno al quale ecco una presenza…un bambino, forse un fantasma, a distogliere il Guardiano del Faro, dalla irrimediabile solitudine.

E M O T I O N S

Franca Zoccoli

Stefano Ferri

Una famiglia in Etiopia al tempo dell'Impero italiano

«Lassù qualcuno mi somiglia»

La casa del Balambaràs

De Luca editori d’Arte recensione a cura di Luisa Chiumenti

Colpisce soprattutto la descrizione dei “viaggi”, molto diversi, fra andata e ritorno, in questa biografia romanzata che narra le vicende familiari in un importante periodo durato cinque anni nell'Africa Orientale Italiana, nella città di Addis Abeba dal 1937 al 1943, attraverso gli occhi di una bambina trasportata in un mondo nuovo, dove “tutto era diverso…” Ed ecco la fuga avventurosa e l’imbarco sulle “navi bianche”, “navi della speranza” la “Duilio” e la “Giulio Cesare”, destinate a rimpatriare donne, bambini ed anziani e ben diverse da quella bella nave su cui la nostra A. era salita cinque anni prima allontanandosi dal molo a Napoli, con tutta la famiglia, di quel padre ingegnere, che andava a “costruire” ponti e strade in quello che era allora il pur breve “Impero” italiano. E con una descrizione attenta e affascinante si susseguono, dinanzi agli occhi della piccola viaggiatrice, i 40 giorni di navigazione, che erano stati necessari per effettuare il periplo dell’Africa, non essendo possibile passare da Suez. E alla fine l’arrivo a Brindisi, il 12 gennaio 1942, e, a seguire, il ritorno a Roma. Sarebbe stato possibile riprendere la vita “normale”? Forse lo sarebbe stato interamente solo per la sorellina dell’A., la piccola Lia che era nata appunto “in colonia”.

Il bambino che torna da lontano Robin Edizioni recensione a cura di Pamela McCourt Francescone

Un dramma familiare dai risvolti sorprendenti. Un omaggio all’amore genitoriale e, al contempo, l’amara constatazione dell’incapacità dei figli di capire questo amore se non quando, spesso, è troppo tardi. “Il bambino che torna da lontano” è opera seconda di Stefano Ferri, in distribuzione in tutto il mondo da quest’estate dopo la prima pubblicazione in Italia due anni fa, e lancia un messaggio universale: crescere i figli molto spesso significa sbagliare nonostante le buone intenzioni. Ferri è un autore emergente e in questo romanzo si misura con temi importanti quali la genitorialità, l’adozione, l’adulterio e i rapporti interfamiliari. Il protagonista Renato, un figlio trentenne di belle speranze, un giorno, insieme alla fidanzata, incontra casualmente una signora che crede di riconoscere in lui il sosia perfetto del marito morto. La trama è snella e accattivante e il linguaggio scelto dall’autore è quello della metafora. Il finale è allo stesso tempo dolce e amaro e induce a riflettere sul senso della vita e del sacrificio.




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