Emotions magazine rivista viaggi e turismo marzo 2015 anno5 n15

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viaggi e cultura prima edizione - Anno 5 n°15 marzo 2015

ISLANDA GROENLANDIA NIGER MYANMAR CIPRO GEORGIA BUFFALO



India Tourism alla BIT 2015 Inaugurato il grande padiglione India con i riti di buon auspicio

Il taglio del nastro che inaugura l'apertura del padiglione India alla BIT 2015 a Milano ha avuto un ospite d'eccezione: la Signora Roma Singh, direttore per l'Europa di India Tourism di base a Francoforte. La Signora Singh ha tagliato il nastro unitamente al console India di Milano S.E. Manish Prabhat, oltre al direttore India Tourism di Milano Sig Gangadhar Chilka. I commenti augurali degli ospiti menzionati sono stati unisoni: Pace, Serenità, Fratellanza e unione delle sinergie nel promuovere il turismo Italiano verso l'India, Paese pieno di attrattive culturali, architettoniche e paesaggistiche la gran parte delle quali continuano a essere inserite dall' UNESCO tra i beni dell'Umanità. “Incredible India”, ha aggiunto la Signora Singh, “ha il compito di realizzare il sogno di tanta gente di visitare il Paese garantendo ogni forma di assistenza per facilitare il soggiorno”. Rivolgendosi agli operatori turistici presenti, la Sgnora Singh ha esortato la loro partecipazine ai seminari: "Voi siete i protagonisti e anche Air India, qui presente, è con voi per concedere il suo supporto”. Nella foto da sx: Gangadhar Chilka, Direttore Indiatourism Milano, la Signora Roma Singh Direttore Indiatourinsm Europa, S.E. Manish Prabhat Console India a Milano, Shashi Kant Kaundal Diya Direttore Italia Air India e il capo della Cancelleria del Consolato India Milano Sig Arun Sharma

Madras Travels Tra gli oltre 20 operatori turistici indiani presenti alla BIT si è distinto Madras Travels and Tours (P) Ltd, di base a Madras, che per la prima volta ha introdotto al mercato italiano le regioni del Sud India. Lo stato del Kerala che si sviluppa lungo la costa ovest della penisola indiana è un luogo di evasione lussureggiante, con bellissime spiagge, storiche città portuali e un paesaggio collinare incantevole. Il Kerala è anche conosciuto per i trattamenti naturali di ayurveda a base di olii prodotti da erbe rare. Le Houseboat utilizzate per idilliaci viaggi tra i canali che attarversano i villaggi all'interno di piantagioni di cocco, e tante altre attrattive. Chennai (Madras) la capitale dello stato del Tamil Nadu è un luogo meraviglioso da cui iniziare un viaggio alla scoperta del Sud dell'India. Una città piena di storia e di tradizioni creata dagli inglesi 350 anni fa. Il Tamil Nadu offre affascinanti città templari e magnifici santuari. Mamallapuram, vicino a Chennai, è un museo a cielo aperto situato a poca distanza da una spiaggia con palazzi scolpiti, templi intagliati e bassorilievi. Lungo la costa, Pondicherry sfoggia tutto il suo fascino francese grazie all'architettura delle sue case fronte mare e ai nomi delle sue strade - "la New Orleans dell'India". A poca distanza Ooty e Kodaikanal, due pittoreschi villaggi collinari. Bangalore e Mysore, nello stato del Karnataka, conservano il meglio dell'eredità del passato. Bangalore, capitale dello stato, è una città vivace e cosmopolita nota per clima e giardini, oltre ai templi a poca distanza. Mysore, città collinare, propone interessati templi e nei suoi immediati dintorni decine di attrattive. Hyderabad, capitale dello stato dell'Andhra Pradesh è un luogo emozionante con le sue cupole e minareti, palazzi e colorati bazar delle sete, perle, profumi antiquariato e monili tipici. Gli itinerari di MTT propongono: le isole Andaman e Nicobar, sogno degli appassionati di vacanze all'insegna della tranquillità e di un mare unico. interessanti itinerari verso le mete classiche dell'india del nord e dello Sri Lanka. Madras Travels and Tours (P) Ltd ( MTT) è uno dei principali Travel Management Companies in Chennai. La sua attività di operatore ricettivo e in uscita (outgoing) anche verso l'Italia, biglietterie aeree, prenotazioni alberghiere, noleggio macchine e pullman di livello lusso ( MTT sono proprietari di una flotta di mezzi), viaggi d'affari, congressuale e visti. MTT è stata fondata nel 2004 ed è registrata presso la IATA e il Ministero del Turismo del Governo Indiano. La sede in Italia di Madras Travels è gestita da Mario Masciullo, email: madrasviaggi@gmail.com tel 3492503664 ---www.madrastravels.in


editoriale A Primavera sboccia anche la voglia di evasione, la curiosità di scoprire nuove mete, di prendersi un anticipo della vacanza estiva. Vivere l'emozione unica dell'aurora boreale nella spettacolare Islanda o di una corsa sulla slitta trainata da cani Husky sulla crosta ghiacciata della Groenlandia frastagliata dagli scultorei iceberg, per esempio, per chi ama terre deserte, immerse nel riflessivo silenzio. Viaggi da meditazione, insomma. Gli studiosi di antropologia apprezzerebbero una spedizione in paesi come il Niger, magari in coincidenza di una festa tribale come il Gerewol per entrare in contatto con l'anima di un popolo. Chi ambisce a un'esperienza mistica potrebbe pensare al Myanmar e alla pianura sterminata di Bagan disseminata di oltre 2.200 tra templi, pagode e stupa dall'oro smagliante al rosso tramonto. In un tale contesto, distaccato dal mondo frenetico, è difficile non provare sentimenti ascetici e di purificazione interiore. Di tutt'altro genere, ma ugualmente emblematica la natura dello Svaneti, regione settentrionale della Georgia asiatica, i cui villaggi costruiti tra le magnifiche montagne sfoggiano come vessilli le innumerevoli singolari torri, incluse nel Patrimonio Mondiale dell'UNESCO. Un programma a tutta Natura quello proposto da Emotions di primavera, che sfocia persino nelle irrinunciabili Niagara Falls, passando dalla moderna Buffalo. Per finire, un tocco di mitologia che attraverso la dea Afrodite che nasce dalle acque, ci porta a Cipro per un viaggio all'insegna del mito, dell'archeologia e della buona cucina.


Sommario

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Islanda terra delle origini di Giuseppe Garbarino

pag. 16 Groenlandia - a caccia con Inuit, cani e slitte di Anna Maria Arnesano e Giulio Badini

pag. 34 Ritorno a Bagan di Pamela McCourt Francescone pag. 40 Georgia e Svaneti – viaggio nel fascino del Caucaso di Teresa Carrubba pag. 48 Santillana del Mar di Marco De Rossi pag. 54 Cipro – crogiuolo di civiltà e di bellezze di Teresa Carrubba pag. 62 Viaggio a Buffalo per raggiungere le Niagara Falls di Luisa Chiumenti pag. 70 Mio. A Beijing la cucina italiana è passione di Pamela McCourt Francescone pag. 74 Mazara del Vallo di Mariella Morosi pag. 80 Ranco – il Museo Europeo dei Trasporti di Anna Maria Arnesano e Giulio Badini pag. 84 L'abito fa la Sposa? di Viviana Tessa Pag.94 Kaleidoscope

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pag. 24 Niger – il Gerewol, l'elogio della bellezza di Anna Alberghina


ISLANDA terra delle origini

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Islanda terra delle origini Testo di Giuseppe Foto di Ottavio

Q

Garbarino Pistella e di Eros Giordano

uando Dio creò l'Islanda prese il ghiaccio e il fuoco

perché era sua intenzione dare vita a qualcosa di

unico, un luogo dove non fossero gli uomini a

dominare, ma la natura fosse prepotentemente padrona di quelle terre dove il tempo sembra non avere significato. Panorami mozzafiato si intrecciano con i rari segni lasciati dall'uomo, un vecchio bimotore americano aggredito dalle intemperie, una chiesa con la sua semplicissima linea architettonica il cui campanile duetta con lontani faraglioni che emergono dall'Atlantico settentrionale, spiagge di origine vulcanica, con quelle sabbie scure dove le impronte di uno scarpone scompaiono in poco tempo. Le impronte sono quelle di Ottavio Pistella fotografo autodidatta che da anni pensava ad un viaggio invernale in questa terra ai margini del circolo polare artico.

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Fiorentino d'adozione Ottavio? -

Si, per motivi di lavoro la mia famiglia si è spostata

molto quando ero giovane; ora mi trovo a Firenze e per questo mi sento davvero fortunato. L'idea di un viaggio estremo come questo (in Islanda ndr) com'è nata? -

Un amico aveva già organizzato il tour, i luoghi

dove andare, un vero safari nel ghiaccio e nel freddo islandese e per me aggregarsi è stato naturale, l'idea di poter fotografare quei paesaggi mi rendeva euforico, basti pensare all'aurora boreale. Già, l'aurora boreale, un effetto ottico e magnetico che tutti dovrebbero poter vedere dal vero almeno una volta nella vita… ma arriviamo in terra Islandese, l'accoglienza dei suoi abitanti? -

Ottima, non credevo che fossero così cordiali, forse

perché eravamo italiani; gli islandesi sono sempre tutti sorridenti. Emozioni e pensieri durante il viaggio? -

E' una terra di contrasti, le emozioni sono sempre

in agguato; a volte sei in mezzo al nulla, nessun rumore, solo il niente, magari in compagnia di milioni di stelle e ti sembra di sentire il loro rumore. Solo in quei luoghi si riesce a capire il significato di silenzio e di eternità. La cosa che ti ha colpito di più? -

L'aurora boreale sicuramente, ma per dire la veri-

tà ho apprezzato moltissimo le piscine termali di Blue Lagoon a Grindavík, vicino a Reykjavík, piccola debolezza di comune mortale in mezzo a tanto freddo. Quindi un rimpianto e la voglia di tornare a casa? -

Assolutamente no, ci mancherebbe; luoghi unici,

ci tornerei domani, però diciamo che il nostro clima e anche la cucina non si possono dimenticare facilmente, tutto bello però, casa è sempre casa.

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Ottavio Pistella insieme al fotografo Eros Giordano, ha percorso oltre 2000 km per cogliere gli attimi migliori di questi paesaggi al limite dell'impossibile; il loro viaggio ha interessato la parte meridionale dell'isola, riuscendo a rispettare ogni appuntamento prefissato, incontri con tramonti e albe eccezionali. L'accoglienza dei suoi abitanti, in situazioni a volte estreme è sempre stata ottima, l'Islanda è uno di quei luoghi dove vivere e non morire mai. Terra di vulcani e geotermia, l'Islanda è fortemente caratterizzata da questi aspetti, l'interno dell'isola è un grande altopiano sabbioso, una specie di deserto con montagne e ghiacciai con fiumi di origine glaciale che scorrono verso il mare. Una delle tappe più significative di questo viaggio è stata la visita al ghiacciaio di Jökulsárlón, dove si trova il più grande e conosciuto lago di origine glaciale dell'Islanda. Questo spettacolare bacino si trova a sud del ghiacciaio Vatnajökull, tra il Parco Nazionale di Skaftafelle la città di Höfn. Il lago è di origine relativamente recente, è infatti apparso dal nulla nel 1934, all'inizio di una fase di scioglimento dei ghiacci e oggi ha una superficie di 18 chilometri quadrati. La sua caratteristica è la presenza di tantissimi iceberg che si staccano dalla lingua del Breiðamerkurjökull, il ghiacciaio situato nella zona

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interna. La caratteristica e motivo di attrazione per i numerosi turisti sono i colori di questi piccoli iceberg, che vanno dal turchese al blu profondo, ma anche il giallo è una tonalità molto comune a causa di un solfuro di origine vulcanica; altri sono neri per colpa delle ceneri, e ovviamente il bianco, tipico del ghiaccio e della neve. Sembra di vedere tanti diamanti appoggiati su un velluto nero, la onnipresente sabbia vulcanica.

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Le foto sono state realizzate anche in condizioni estreme, l'inverno islandese non è certo tenero e il vento in certe zone trasforma tutto in vere tormente di neve. Più di una volta per scattare alcune immagini i due compagni di viaggio hanno dovuto sfidare raffiche di vento fortissime e sdraiarsi per terra per cercare di catturare quell'attimo e quella luce che li aveva colpiti in quel momento. Un altro luogo toccato dal viaggio è stato il vulcano di Kirkjufell, vicino a Grundarfjörður, uno dei posti più fotografati ed affascinanti dell'Islanda. Qui è possibile catturare con l'obbiettivo delle magnifiche aurore boreali, con il cielo stellato e colori veramente brillanti. Tutto il paesaggio intorno al Kirkjufell è unico, con le sue cascate che rendono il luogo ancora più interessante dal punto di vista dell'immagine. Islanda, grande terra, grande natura; luogo da vivere e visitare, magari sempre con il biglietto aereo di ritorno pronto, alla fine dei conti quello che a volte si lascia, si rimpiange.• Ente Turismo Islanda Via Vallazze, 50 - 20131 Milano (Milano) Tel. 02.2664643 Fax 02.2664643 www.icelandair.is - milgme@icelandair.is Consolato Generale d'Islanda www.consolatoislanda.it/HTML/HomePage.php foto di: Eros Giordano

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Groenlan GROENLANDIA, a caccia con Inuit, cani e slitte

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ndia

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a caccia con Inuit, cani e slitte

Testo di Anna Maria Foto Viaggi

S

Arnesano e Giulio Badini Levi e Archivio

oltanto i pochissimi fortunati che hanno avuto l'opportunitĂ di potervi partecipare, possono testimoniare come una delle avventure piĂš emozionanti

che oggi possano essere vissute da parte di persone normali che non fanno i Rambo di professione, sia costituita dal partecipare ad una trasferta di caccia di esquimesi sulle loro caratteristiche slitte trainate da mute di cani. Non mi riferisco ovviamente alle passeggiate di poche ore propo-

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GROENLANDIA, a caccia con Inuit, cani e slitte

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ste da qualche emulo su Alpi o Appennini, comunque

enlandia è la maggior isola del pianeta (grande sette vol-

un'esperienza gratificante da non perdere se ne capita

te l'Italia) e anche il paese abitato stabilmente più freddo,

l'occasione, bensì alle tradizionali spedizioni di caccia

in quanto l' 85 % del territorio – quasi tutto compreso

compiute dagli inuit con i loro husky nelle sperdute lande

oltre il Circolo Polare Artico – risulta coperto da una coltre

ghiacciate della Groenlandia artica, portando sulle slitte

perenne di ghiaccio spessa anche alcuni chilometri, dove

tutto il necessario per sopravvivere per parecchi giorni in

si arrivano a registrare temperature di – 60°C; solo il set-

un ambiente decisamente ostile. E non si storca il naso

tore meridionale offre una tundra ricoperta da una vege-

sulla parola caccia: per millenni queste popolazioni han-

tazione rachitica, capace però durante la breve estate

no vissuto di caccia e di pesca, in un habitat che non offri-

artica, quando la temperatura può salire fino a 20° C , di

va alcuna altra risorsa; oggi le spedizioni costituiscono

alimentare un po' di pecore, giustificando così il suo

soprattutto un appannaggio turistico, ma sul fondo di

nome di terra verde. Curiosamente anche l'estremo nord

ogni slitta c'è ancora un'arma, pronta ad essere usata alla

risulta sgombero da ghiacci perenni, in quanto l'aria trop-

bisogna. Ubicata assai più vicino all'America settentrio-

po secca non ne consente la formazione. Le coste si pre-

nale che non all'Europa, a cui appartiene politicamente

sentano assai frastagliate, con un fitto intrico di fiordi e di

(stato semiautonomo federato della Danimarca), la Gro-

isolotti, affacciati su uno dei mari più pescosi in assoluto.


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GROENLANDIA, a caccia con Inuit, cani e slitte

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21 Tutti i pochi centri abitati (detiene anche il record negativo di densitĂ ) si trovano sulla costa occidentale di fronte al Canada, riscaldata da correnti marine atlantiche, mentre quella orientale risulta inaccessibile per gran parte dell'anno a causa del ghiaccio prodotto da una corrente fredda che scende dal Mar Glaciale Artico. L'imponente massa glaciale che ricopre quest'isola rocciosa e montuosa, lunga 2.650 km e larga ďŹ no a 1.200, ha prodotto canaloni e profondi ďŹ ordi che portano al mare lingue di ghiaccio, presto trasformate in enormi iceberg galleggianti. Venne scoperta nel 982 dal norvegese Erik il Rosso partito dall'Islanda, e poi colonizzata da vichinghi norvegesi, i quali vi trovarono una popolazione preistorica che aveva fatto due scoperte fondamentali: il kayak, per pescare in mare, e la slitta traina-

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GROENLANDIA, a caccia con Inuit, cani e slitte ta da cani per spostarsi nell'interno. I figli di Erik si spinse-

uccelli marini; a Siorapaluk si calcola si concentrino tra 20

ro ancora più ad ovest, arrivando a scoprire Terranova e la

e 40 milioni di piccoli puffin, facendo la gioia delle

baia del fiume San Lorenzo in Canada, cioè a scoprire

fameliche volpi artiche. Si dorme in tende riscaldate sulle

l'America cinque secoli prima di Colombo. La Groenlan-

slitte (una persona per slitta), oppure in minuscole capan-

dia è la terra degli Inuit, di origini mongoliche emigrati a

ne dei cacciatori; i pasti si basano su prodotti liofilizzati e

queste latitudini dall'Asia centrale ancora in epoca prei-

disidratati. Nessun falso pietismo per il faticoso lavoro

storica, di bassa statura, tozzi, con arti corti, faccia appiat-

dei cani dagli occhi azzurri, che peraltro svolgono con

tita ed occhi a mandorla. Per millenni, e fino a pochi

fierezza fin da tempi remoti: quando la salita si fa dura

decenni fa, erano cacciatori e pescatori nomadi vestiti di

basta scendere e spingere. Le temperature medie in mag-

pellicce di animali che vivevano d'estate sotto tende di

gio oscillano tra – 5 e – 15° C, ma per l'assenza di umidità

pelli e d'inverno negli igloo. Cacciano renne, caribù e

nell'aria non si percepisce il freddo come da noi. Causa il

grandi mammiferi marini, spostandosi a terra su slitte

progressivo spopolamento demografico dell' estremo

trainate da mute di cani e in mare su kayak di pelli. Taci-

nord, le impegnative spedizioni di caccia anche turistiche

turni e solitari, vivono in piccole famiglie assai solidali le

diventano ogni anno più rare e appannaggio esclusivo di

une con le altre, sanno sfruttare con perizia ogni risorsa

una generazione sempre più vecchia, perché i giovani

offerta da un ambiente povero e ostile, rispettano con

preferisco migrare oppure dedicarsi ad altre attività più

rigore la natura, sono animisti con ottime conoscenze

remunerative. Una buona occasione, per gli interessati, a

astronomiche e si orientano con le stelle.

cogliere le ultime occasioni.

L'operatore milanese “I Viaggi di Maurizio Levi” (tel.

Considerate le particolari condizioni ambientali, si tratta

0234934528, www.viaggilevi.com), specializzato in itine-

ovviamente di un viaggio impegnativo, ma alla portata di

rari di scoperta a valenza ambientale e etnografica negli

tutti (o quasi); quello che serve, soprattutto, è un notevo-

angoli più remoti del pianeta, propone come novità asso-

le spirito di adattamento. Uniche partenze il 4 e 11 mag-

luta la partecipazione ad una vera spedizione di cacciato-

gio 2015, durata 12 giorni (5 di spedizione), pernotta-

ri esquimesi di cinque giorni nella regione artica a nord di

menti nei migliori alberghi esistenti con pensione com-

Quaanaaq, l'insediamento più settentrionale del mondo

pleta (esclusi alcuni pasti), accompagnatore italiano. •

e l'ultima Thule degli esploratori artici, a bordo delle loro

I Viaggi di Maurizio Levi

veloci slitte trascinate sul ghiaccio da mute di cani husky.

tel. 02 34 93 45 28 - www.viaggilevi.com

Da Milano si vola, via Copenhagen, a Illulissat, piccola cittadina di 4.500 anime dalle case di legno dai colori vivaci, ubicato allo sbocco del fiordo glaciale omonimo e del maggior ghiacciaio dell' emisfero settentrionale nella maestosa Disko Bay (sito Unesco), una baia blu su cui galleggiano migliaia di iceberg di ogni forma e dimensione che si illuminano a seconda dell' inclinazione dei raggi del sole: uno spettacolo inimmaginabile. Da visitare il museo dedicato alle esplorazioni polari e quello singolare del freddo. In volo si raggiunge infine Quaanaaq, sorvolando gli infiniti ghiacciai della Groenlandia centro-nord, regno del mastodontico orso polare, che gli antichi esploratori dovevano compiere in slitta. Questo borgo di 640 persone fondato nel 1953 sull' affascinante baia di Melville, dista appena 1.300 km dal Polo Nord ed è stato utilizzato come base per tutte le spedizioni polari, da Rasmussen fino a Messner. Da qui si parte con cani e slitte verso nord, per un'avventura unica e indimenticabile alla scoperta del continente bianco, superando il fiordo di Robertson, le montagne di Siorapaluk e Neqé e Kap Powell, con unici possibili compagni di viaggio volpi, orsi,

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lupi, foche dagli anelli, trichechi, narvali, beluga e piccoli


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NIGER il Gerewol, l'elogio della bellezza

NIGER

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il Gerewol, l'elogio


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della bellezza

Testo e foto di Anna

I

Alberghina

l Niger è una destinazione speciale che il turismo non è ancora riuscito a contaminare e che richiede, proprio per questo, un certo spirito di adattamen-

to. Non ci sono ecolodges patinati né si degustano raffinati manicaretti su terrazze panoramiche ma si può vivere un'esperienza indimenticabile assistendo ad una delle cerimonie più antiche ed autentiche dell'Africa subsahariana: il Gerewol. Ogni anno, alla fine della stagione delle piogge, in qualche sperduto punto del Sahel nigerino, i Peul Bororo si riuniscono per celebrare il rito di seduzione più insolito ed affascinante dell'Africa. Nomadi da sempre, i Bororo, conosciuti anche come Wodaabe (il popolo dei tabù), mantengono la loro identità basata su di un codice di comportamento trasmesso dai loro antenati. Essi devono rispettare regole severe: il “semteende” (la modestia), il “munyal” (la pazienza ed il coraggio), lo “hakkilo” (l'attenzione agli altrui bisogni), l'”amana” (la lealtà); ma è il culto della bellezza, insieme a quello della famiglia e del bestiame, uno dei cardini della loro società. Pur essendo influenzati dalla cultura islamica, mantengono viva la tradizione animista. Rifuggono i matrimoni interetnici. Parlano una loro lingua di derivazione araba. Possiedono enormi mandrie di zebù con grandi corna a forma di lira, alla perenne ricerca di grosse pozze d'acqua per dissetarsi. Per raggiungere i luoghi di raduno percorrono a piedi enormi distanze, trasportando con sé tutti i lori averi, compresi i letti da traino con le ruote! Rifiutano recinti e frontiere e vivono in balìa di un clima che può decimare il loro bestiame con spaventose siccità. Sanno orientarsi dove noi saremmo smarriti, si muovono in un mondo riarso dove l'orizzonte trema per la canicola, dormono sotto tende sbattute dal vento come le vele di una nave, ignari di tutto ciò che accade nel resto del mondo. In occasione del Gerewol, per una settimana, ragazzi e ragazze in età da marito si danno convegno per partecipare ad una gara nuziale, una vera e propria celebrazione dei loro canoni estetici! Durante la festa si intrecciano numerosi legami romantici poiché un Woodabe può avere sino a quattro mogli. La prima moglie deve essere una cugina, designata dai parenti dello sposo alla

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NIGER il Gerewol, l'elogio della bellezza sua nascita. Le altre sono scelte per amore. La festa è dominata da tre danze: il “ruume”, che prevede una danza di benvenuto di giorno ed una danza di seduzione la notte, lo “yakee”, una competizione di fascino e personalità ed il ”geerewol”, da cui il festival prende il suo nome, durante la quale i giovani gareggiano per il titolo di bellezza. Ciò che più ammirano sono i corpi snelli e flessuosi, la pelle chiara, le fronti alte ed i denti bianchissimi. Per far risaltare maggiormente queste caratteristiche, gli uomini, come sofisticate modelle, si sottopongono ad un'accurata sessione di trucco. Si radono i capelli sulla fronte, ricoprono il volto di ocra ed anneriscono le labbra usando il carbone di vecchie pile. In testa portano un turbante adornato con una lunga piuma di struzzo, il torso nudo è ricoperto di collane di perline, specchietti e cauri ed i fianchi sono strettamente fasciati con tessuti ricamati, ogni motivo ha un nome e racconta una storia. Indossano talismani di cuoio contenenti versetti del Corano per allontanare gli spiriti del male e pozioni segrete per accrescere le loro prestazioni. Non manca mai una fialetta di profumo per rendersi irresistibili! Al richiamo del capo cerimoniale, i giovani, in fila indiana, si avviano verso il luogo designato per le danze. Ballano fianco a fianco, con movimenti morbidi, seguendo il ritmo della musica. Ballando, si esibiscono in una serie di buffe espressioni facciali. Strabuzzano gli occhi, sfoderano enormi sorrisi per mettere in risalto il biancore dei denti e dondolano gentilmente il capo a destra ed a sinistra. Le danze, accompagnate dai canti , durano ore e continuano nella notte alla luce dei fuochi. Cantano la bellezza femminile ideale: occhi di gazzella, pelle chiara come l'acqua, denti bianchi come il latte, schiena dritta come una giovane acacia. Il ritmo ripetitivo crea un effetto ipnotico. In disparte siedono, ritrose, le fanciulle da marito, adolescenti di 13-14 anni. Bellissime anch'esse, il volto coperto da tatuaggi rituali, il corpo avvolto nei tessuti tinti con l'indaco, lanciano ai danzatori occhiate furtive. Saranno loro, al culmine delle danze, a scegliere il compagno per la notte o per la vita! Quando una donna è stata sedotta si avvicina alla schiena del danzatore e vi fa scorrere le dita. Egli farà finta di non accorgersene ma, non appena incontrerà il suo sguardo, le indicherà ,con un cenno discreto, il luogo del convegno amoroso. Una donna può flirtare anche con due uomini, suscettibili di diventare suoi amanti. Tra cugini maschi della stessa età (i “waldeebe”) vigono regole speciali. Essi praticano la condivi-

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sione e la generosità e non provano gelosia, al punto


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da offrire al cugino la propria moglie per la notte, sempre che lei sia d'accordo! Capita anche di osservare una sposa intenta ad intrecciare, con infinita dolcezza, i capelli del marito, aiutandolo ad apparire affascinante e desiderabile per altre donne. Questo rito ancestrale, una pausa nel ciclo della transumanza, è quasi una danza dell'accoppiamento che sembra sfidare divieti e tabù! Assistere ad un Gerewol è un privilegio raro che consente di affacciarsi, per un breve momento, ad un mondo antico, sfuggito, per chissà quale miracolo,

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NIGER il Gerewol, l'elogio della bellezza

all'appiattimento della globalizzazione. Lasciato il Gerewol, attraversiamo i territori Haussa, punteggiati di granai che paiono gigantesche uova di struzzo. Siamo diretti ad Agadez, la mitica città in “banco” ai margini del Ténéré. Agadez fu fondata attorno al XV secolo e, da allora, è sempre stata sotto il dominio dei Tuareg fino all'arrivo dei francesi alla fine dell'800. Ovunque si volga lo sguardo, si scorge il minareto della moschea, il simbolo della città. Dall'alto dei suoi 27 metri si vedono in lontananza i monti dell'Air. A piedi, fra le stradine polverose del vecchio quartiere, si possono ammirare le belle facciate delle case in stile sudanese, decorate con fregi a motivi geometrici. Fra queste si possono visitare

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il palazzo di fango secco dove ci riceve il sultano, antico come la città, e la casa dove Bernardo Bertolucci ha ambientato


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alcune scene del suo film: “Il tè nel deserto”. E' bello smarrirsi nel caotico mercato dei cammelli o soffermarsi ad osservare gli artigiani che colano negli stampi le famose croci. Agadez è una città di frontiera, punto di incontro fra le popolazioni sedentarie e quelle nomadi, sospesa fra antiche tradizioni e moderni modelli consumistici, vi si respira un'atmosfera senza tempo. Allora è ancora possibile perdersi nel turbine della diversità, dimenticare se stessi, il proprio mondo. Sembra davvero un miracolo! •

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Ritorno a Bagan

agan B

Ritorno a

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n

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Il grande sito archeologico in Myanmar che Tiziano Terzani definì uno dei luoghi che “ti rende fiero di appartenere alla razza umana”

Testo e foto di Pamela

P

McCourt Francescone

rima di partire in viaggio per tornare in un luogo

che hai già visitato è facile che sorga il dubbio: fac-

cio bene o male? Perché, col passare del tempo, i

ricordi dei luoghi conosciuti assumono le sfumature cromatiche sbiadite di una foto fin di siècle rimanendo sospesi nel tempo, incastonati dal nostro inconscio in sensazioni profonde e immutabili, e ci spaventa l'idea di sciuparli. Come quando fai cadere il prezioso cammeo della nonna il quale, frantumandosi, è perso per sempre. Poi, all'idea di rivivere momenti emozionanti già vissuti e di scovarne altri facendo nuove scoperte si aggiunge,

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Ritorno a Bagan

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inatteso, un nuovo elemento sedu-

costruiti su una superficie di 42 chilo-

unico – che rivaleggia Angkor Wat,

cente: la voglia di rischiare. E allora si

metri quadrati e, oltre quelli più famo-

Petra o Macchu Picchu - non è ancora

parte. Sapevo di correre quel rischio

si e visitati dai turisti, non è facile

stato dichiarato Sito dell'Umanità

quando ho preso la decisione di tor-

orientarsi tra i tanti stili architettonici

UNESCO. Un onore toccato l'anno

nare a Bagan. Intendiamoci, quando

e la complessa cronologia costrutti-

scorso, per la prima volta in Myan-

viaggio mi piace molto il rischio, non

va. Fondata come Pagan nel 874 d.C.,

mar, alle tre Antiche Città Pyu. Arriva-

quello fisico, ma quel rischio sottile

la città crebbe nei secoli, raggiungen-

ta a Bagan mi aspettava Myint Soe,

che accende i sensi e affina le

do il massimo del suo splendore sot-

un signore garbato e sorridente al

sensazioni. E quindi dopo sette anni

to Re Anawrahta nel 12° secolo, quan-

quale ho spiegato che non volevo

tornavo a Bagan, sperando di non

do fu il centro religioso più importan-

importunare i miei ricordi, ma inse-

frantumare troppi bei ricordi. Avevo

te del paese, per poi cadere in declino

guire nuove sensazioni toccando

ancora vive le immagini di una prodi-

un secolo dopo con l'arrivo dei Mon-

ancora più da vicino l'anima stessa di

galità incalcolabile di templi, pagode,

goli. Nei secoli gli edifici costruiti in

Bagan. E lui mi ha consigliato di

stupa e zedi in una sinfonia di colori

legno sono andati distrutti da incendi

rinunciare al piacere di girovagare in

dorati, rosso e marrone bruciato, dal-

o spazzati via, come molte altre strut-

bicicletta o in calesse per spostarci,

le forme e dimensioni spettacolar-

ture – la maggior parte in mattoni

meno romanticamente ma più velo-

mente diverse, sparpagliati in ogni

anche se alcuni di quelli che hanno

cemente, in macchina il che ci avreb-

dove fra campi coltivati e lungo stra-

resistito al tempo sono in pietra are-

be permesso di vedere non solo tutti i

de polverose. In formazioni apparen-

naria - dalle piene del vicino fiume

templi principali ma anche di rag-

temente senza logica ma che, proprio

Ayeyarwaddy. Mentre altri sono crol-

giungere quelli più remoti. La cosa

per questo, mi avevano avvolto nel

lati in parte o totalmente in seguito a

straordinaria, contemplando queste

loro imperscrutabile e fascinoso man-

terremoti, l'ultimo dei quali risale al

strutture sparpagliate a decine e deci-

to secolare. Sono più di duemila e

1975 portando alla realizzazione di

ne tutto intorno a te senza soluzione

duecento le strutture rimaste in piedi

molte opere di restauro discutibili,

di continuità, è che perdi il senso del-

degli oltre tredicimila originali,

tanto che questo sito spettacolare e

le dimensioni. Molte delle stupa più


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Ritorno a Bagan

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piccole sembrano pedoni su una scacchiera. Poi ti avvicini

nell'Ananda, così chiamato per il cugino di Buddha il cui

e trovi che sono massicce e costruite con le stesse tecni-

nome significa beatitudine, costruito su un piano cruci-

che di quelle usate per le grandi pagode, di ispirazione

forme ed ispirato all'architettura tipica dello stato setten-

hindu-buddhista, che stupiscono per la lavorazione raffi-

trionale Mon e dell'hindù, ci sono quattro smisurate sta-

nata di mattoni che formano angoli, curve, ripide scalina-

tue dorate di Buddha in piedi, poste ai quattro punti car-

te, terrazzamenti ed enormi cupole bulbose sui quali svet-

dinali. Intorno ai templi –luoghi sacri e venerati dai pelle-

tano guglie finali che richiamano le forme del mais o del

grini che arrivano dai villaggi intorno a Bagan e da tutto il

fior di loto. Con nomi che accendono sogni di regni e

Paese, oltre che dal numero crescente di visitatori inter-

popoli remoti e potenti …Lawkananda, Payathonzu, Sula-

nazionali che arrivano con voli da altre destinazioni in

mani, Bupaya. Tra i templi più visitati c'è la Shwezigon

Myanmar e in Asia e quelli che scendono dalle tante navi

Pagoda - costruita nel XI secolo per custodire un dente di

da crociera che solcano le acque del fiume Ayewaddy tra

Buddha - luccicante e splendente nella sua forma classica

Mandalay e Bagan– sorgono piccoli mercati. In vendita

dorata. E il Htilominlo, che porta il nome del re che fu

offerte in carta e fiori per Buddha, le colorate marionette

l'ultimo costruttore dei templi di Bagan. Un'antica leg-

della mitologia birmana, ombrelli di carta e bamboo che

genda narra che lui, il più piccolo di cinque fratelli, fu pre-

ricordano gli ombrelli hti posti sulla sommità dei templi,

scelto da cinque principesse che inclinarono i loro

quadri fatti con le sabbie colorate del fiume, copie dei libri

ombrelli cerimoniali sulla sua testa, da cui deriva il suo

di Kipling e di Tiziano Terzani e le famose lacche di Bagan.

nome che significa “favorito dagli ombrelli, favorito dal

Un'arte elaborata qui oltre 900 anni fa dagli abili artigiani

re.” Myint Soe mi ha recitato un verso in birmano che rias-

che ancora oggi usano le complesse tecniche tradizionali

sume l'importanza di tre dei templi più affascinanti di

di laccatura per creare bellissimi piatti, vassoi, ciotole,

Bagan: “L'Imponenza del Dhammayangyi, l'Altezza del

bracciali e scatole. Ogni sera al tramonto i visitatori, muni-

Thatbyinnyu, la Grazia dell'Ananda." Prima di completare

ti di teleobiettivi e telecamere, salgono sulle terrazze del-

la costruzione del Dhammayangyi, il tempio più grande

lo Schwesandaw, uno dei pochissimi templi aperti al pub-

di Bagan, il Re Narathu fu assassinato, e oggi nelle guide

blico. Tra le prime pagode costruite dal Re Arawarahta nel

in lingua coreana e giapponese lo chiamano il Tempio del

1057, è unica per la sua forma piramidale e per avere, agli

Fantasma. Si racconta anche che Narathu sovrintendeva

angoli delle terrazze Ganesha, il dio hindu con la testa

in modo maniacale alla costruzione del suo tempio,

d'elefante. Ero salita anch'io la prima volta, ma a quei tem-

girando il cantiere con in mano un ago che usava per con-

pi il numero di visitatori era irrisorio rispetto a oggi. E allo-

trollare la qualità del lavoro dei suoi capimastri. Ogni qual-

ra, invece di aggiungermi alla folla sui terrazzamenti

volta che il Re trovava uno spazio dove riusciva a infilare il

stretti ai quali si accede salendo ripide scale, ho preferito

suo ago tra due mattoni il malcapitato muratore veniva

scendere dalla macchina davanti alla massiccia facciata in

decapitato. Il Tempio Thatbyinnyu, il monumento più alto

stucco bianco logorato del Thatbyinnyu. E nel silenzio

a Bagan - il cui nome significa onniscienza - fu costruito

pregnante, reso ancora più incantato dalla luce dorata

dal Re Alaung Sithu nel 1144, il momento di massimo

tremolante, ho creduto per un attimo eterno di sfiorare

splendore del Buddhismo Theraveda. Mentre

l'anima più intima e recondita di Bagan.•

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Georgia e Svaneti - Viaggio nel fascino del Caucaso

Georgia e Sv Viaggio nel fascino

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Svaneti del Caucaso

Testo di Teresa

Carrubba Foto di Teresa Carrubba e Archivio

N

ell'aria aleggia ancora la suggestione del mito

che narra di pagliuzze d'oro imprigionate nelle

pelli d'ariete immerse a mo' di setaccio nei torren-

ti della Colchide, patria di Eete e di Medea. E dell'eroe greco Giasone che qui approdò con i suoi Argonauti alla ricerca del vello d'oro di Crisomallo, l'ariete alato che Ermes donò a Nefele. Proprio qui a Svaneti, la regione nord-occidentale della Georgia all'interno dell'antica Colchide, i pastori seminomadi tuttora perpetuano quell'illusione frugando nell'acqua con rudimentali setacci di pelo di pecora sperando di scorgere il bramato luccichìo. Un legame con il passato che qui domina su qualsiasi lusinga della moderni-

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Georgia e Svaneti - Viaggio nel fascino del Caucaso

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tà. Lo Svaneti, lontano in tutti i sensi dal resto della Georgia, è una sorta di enclave protetta dall'isolamento secolare dovuto alle caratteristiche climatiche e ambientali e alla bassissima densità di popolazione. Qui si parla un'altra lingua, incomprensibile al resto dei georgiani, e si difende l'aspetto antropologico e storico della cosiddetta cultura Svan. Gli svani, poco abituati all'accesso di visitatori, sono schivi e chiusi ma, a dispetto di questo, hanno un istintivo senso dell'ospitalità. Può capitare infatti di essere invitati nella loro casa, in mezzo alle montagne, e veder subito le donne di casa ammannire per il viandante una delle loro specialità, il khachapuri, squisita focaccia al formaggio cotta nel forno a legna. La sua posizione remota e isolata ha garantito a gran parte dello Svaneti di non subire le invasioni che hanno invece flagellato la Georgia. Ciò nonostante qui esisteva una potente catena difensiva di cui sopravvivono magnifici esemplari di torri medievali, costruite tra il IX e il XII secolo, che sono valse alla regione la tutela dell'UNESCO. Oggi se ne contano 175 mentre in origine erano centinaia. Rifugio in caso di aggressioni esterne o di faide locali, erano praticamente inespugnabili perché prive

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Georgia e Svaneti - Viaggio nel fascino del Caucaso

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45 d'ingresso: si entrava da una finestra posta a 5 metri dal suolo e poi si ritirava la scala. Viste a distanza le torri si ergono dritte verso il cielo offrendo, così numerose, un'emozione inusitata. Giganteschi comignoli, monoliti, obelischi o addirittura minareti, se non fosse che la Giorgia fu uno dei primi Paesi, dopo l'Armenia, ad accogliere il cristianesimo come religione di stato grazie a Santa Nino, nel 337. Una fede testimoniata dalle belle chiese erette in cima alle colline, in posizione ascetica quanto suggestiva, scrigno di molte tra le più belle opere d'arte georgiana -icone, manoscritti miniati e oggetti d'oro e d'argento- rimaste salve fin dal Medioevo, proprio per la tranquillità di questa regione. Tuttavia, scampato alle invasioni del passato, lo Svaneti oggi si cimenta nella sfida più dura, aprirsi al turismo senza perdere la sua vera identità. Cristallizzati nel tempo, questi sparuti villaggi dai singolari vessilli di pietra, stemperano la loro immobilità nell'evanescenza di quel velo di nebbiolina che spesso interrompe la ieratica maestosità delle montagne innevate. Una corona di monti che protegge in un forte abbraccio foreste di conifere, vallate, pascoli e paesini offrendo a 360 gradi una visione quasi commovente. Quattro delle dieci montagne più alte del Caucaso sono

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BERNA Georgia e Svaneti - Viaggio nel fascino del Caucaso

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47 qui, compresa la maggiore vetta della Georgia, il Chkha-

frutto di una tradizione che affonda le proprie radici

ra, con i suoi imponenti 5.201 metri. Al di sopra dei 3.000

addirittura a 6.000 anni fa, epoca a cui viene attribuita

metri brillano al sole nevi perenni e ghiacciai. Qui vive il

quella che è stata definita la più antica cantina del mon-

borgo più elevato d'Europa che sia abitato in modo per-

do. Almeno a giudicare dalla scoperta fatta dagli archeo-

manente, a 2400 metri di altitudine, Ushguli, dichiarato

logi, proprio nella regione del Caucaso. E secondo gli

dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità. Così come Mestia

archeobotanici, la successiva addomesticazione della

(1.400 m), capoluogo amministrativo dello Svaneti, dis-

vite posizionerebbe gli antichi abitanti dell'odierna Geor-

seminato di magnifiche torri svan. Se si ha la fortuna di

gia tra i primi vignaioli della storia.•

visitarne una dall'interno e salire fino all'esiguo tetto, la vista di Mestia dall'alto offre un'emozione memorabile,

L'operatore milanese “I Viaggi di Maurizio Levi” (tel.

specie al tramonto. Di tutt'altro genere ma sempre nel

02 34 93 45 28, www.viaggilevi.com), specializzato in

Caucaso, la Georgia offre altre ricche testimonianze della

itinerari di scoperta a valenza ambientale e etnogra-

sua storia civile e religiosa. Vardzia, esempio monumen-

fica in luoghi insoliti, propone un viaggio di 15 giorni

tale dell'architettura rupestre, una vera e propria città

tra Georgia, Svaneti e Tusheti. Partenze individuali

costruita in verticale scavandola nella roccia. Risale al XII

settimanali da aprile ad ottobre 2015 con guide locali

sec. durante il regno della regina Tamar, con abitazioni

di lingua italiana, e di gruppo l' 11 luglio e 7 agosto

sovrapposte su 13 livelli, la chiesa dell'Assunzione, 12

2015 con accompagnatore dall'Italia, voli di linea da

chiese minori e oltre cento gruppi di grotte. Qui oggi è

Milano (e da altre città), pernottamenti in hotel e

ancora attivo il Monastero. E Uplistsikhe, altra città rupe-

guest house con pensione completa. In Georgia Viag-

stre nei pressi di Gori, uno degli insediamenti più antichi

gi Levi propone anche un itinerario di 9 giorni.

del Caucaso. Fondata alla fine dell'Età del Bronzo, intorno al 1000 a.C., Uplistsikhe fu pienamente vissuta dal VI secolo a.C. al I secolo d.C. come uno dei maggiori centri politici e religiosi del Kartli precristiano, con templi dedicati alla dea del sole. Altro baluardo della spiritualità, lungo la strada verso Tbilisi, è Mtskheta, antica capitale religiosa, dove nel IV secolo Santa Nino convertì il regno iveriano al cristianesimo. Anch'essa Patrimonio dell'Umanità UNESCO, annovera alcune tra le chiese più antiche della Georgia. Tornati alla modernità, il viaggio in Georgia non può prescindere da una visita alla capitale Tbilisi. E' una gigantesca foglia di acanto, l'emblema della città, il Ponte della Pace, che tecnicamente sormonta il fiume Mtkvari, ma in realtà unisce con un dialogo architettonico appariscente, il passato e il presente di Tbilisi. Progettato dall'architetto italiano Michele De Lucchi, in effetti l'audace ponte collega l'antico quartiere di Bericoni a quello di Rikhe, recentemente riqualificato, che costituisce la città nuova.Tbilisi, importante crocevia tra Europa ed Asia, porta con sé gli elementi storici, culturali ed architettonici di tutte e due i continenti. Di stampo orientale le vecchie case in legno con balconi dipinti, i caravanserragli, gli scenografici bagni termali che vantano fini frequentatori come Alexandre Dumas e Puskin. La città vecchia, sovrastata dall'imponente Fortezza di Narikala che risale al IV secolo, è un piacevole reticolato di viuzze e strade di grande richiamo per i numerosi locali, boutique e ristoranti dove si può apprezzare la ghiotta cucina regionale. Degustando con calma i famosi vini georgiani,

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SANTILLANA DEL MAR tutto il fascino della Cantabria medievale

Santillana del

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Mar

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Tutto il fascino della Cantabria medievale

testo di Marco

S

De Rossi

antillana Del Mar è una sorta di bomboniera incastonata fra le valli a due passi dal mare. E, da sola, vale il prezzo del viaggio. Santander, la capitale della Canta-

bria, dista solo 30 km, ed è collegata con voli diretti dall'Italia, da Roma, Milano e Pisa. Provvede Ryanair. Viene

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SANTILLANA DEL MAR tutto il fascino della Cantabria medievale definita la città delle tre bugie, perché non è santa (Santi), non è in pianura (ilana), e non c'è il mare, che peraltro è a due passi. Se le tre bugie sono contenute nel nome, la verità, invece, mostra tutta la sua essenza appena il sole spunta da dietro la collina, ed illumina questo borgo medioevale, perfettamente conservato, colorando d'oro la pietra delle sue costruzioni, che reggono perfettamente i segni del tempo. Santillana è una sorta di macchina del tempo contemporanea, dove la vita sembra essersi fermata secoli addietro. Di fatto, l'idea è quella di trovarsi in un set cinematografico. Intanto, le automobili sono off-limits, non si guarda in faccia a nessuno. L'arredo urbano è discreto e scevro dalle cafonerie della modernità. Ci si aspetterebbe di veder spuntare da un momento all'altro una compagnia di Templari diretti a Santiago de Compostela. E basta dare un'occhiata all'inquietante Museo degli strumenti di tortura della Santa Inquisizione spagnola, che si trova sulla strada principale del borgo, per rendersi conto di quanto il potere religioso fosse dominante in questa zona. Non a caso il borgo si è sviluppato intorno ad un eremo edificato dai monaci benedettini nel VII secolo, nel quale custodire

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SANTILLANA DEL MAR tutto il fascino della Cantabria medievale le reliquie di santa Giuliana di Nicomedia, da loro possedute. Intorno alla piccola chiesa sorse un monastero (l'attuale Colegiata de Santa Iuliana) e poi un centro urbano, che pian piano si ingrandì e visse periodi di grande splendore, sempre caratterizzati dal potere monastico, che ha avuto una parte preponderante nella storia della città. Il borgo medioevale, che adesso conta 4000 abitanti, è normalmente infestato da torme di turisti, che giungono a frotte, soprattutto nell'alta stagione, anche per ammirare le vicine grotte di Altamira, uno dei più importanti siti preistorici d'Europa. Basta una mezza giornata per visitare a fondo Santillana, per districarsi nelle sue viuzze lastricate con l'acciottolato e piene di negozi che espongono souvenir e cianfrusaglie destinate al turismo di massa, ma anche deliziosi prodotti dell'artigianato locale, soprattutto ceramiche e lavorazioni in cuoio. Uno degli aspetti della città che salta subito agli occhi, per forza di cose, è la cura dell'estetica, che non si esaurisce solo nella manutenzione dei monumenti e degli edifici in genere. Santillana è il trionfo dell'arredamento floreale, così ben inserito nell' architettura da diventarne parte integrante. Un vero e proprio orto botanico a cielo aperto. Fiori ovunque ci sia il posto per farli sbocciare, con il favore, non secondario, dell'umidità atlantica, che ne favorisce la rigogliosità. Fanno spettacolo a sé delle palle verdi appese ai balconi, che non necessitano di terra per crescere. Basta l'umidità ed una rete sferica per contenerle. I fiori sono la ciliegina su una torta già di per sé assai succulenta. Abbelliscono palazzi nobiliari, taverne, sidrerie, antiche fontane, conventi, piazze, tutti conservati con cura certosina, segno di un rispetto per l'arte ed una maestria del restauro che dovrebbero fare scuola. Inutile segnalare un sito piuttosto che un altro. Solo la Colegiata, il complesso monumentale romanico che si trova alla fine della strada principale, merita una citazione privilegiata. Risale al XII secolo, ed è l'edificio romanico più importante della Cantabria. Chiesa splendida, e chiostro all'altezza. Per il resto, basta guardarsi intorno. Dopo aver gustato dell'ottimo polpo alla gallega, imperdibile specialità della Spagna atlantica, da affiancare con del sidro, tipica bevanda del posto dal gusto assai particolare, chi ha la vocazione del pellegrino-viandante può proseguire alla volta di Santiago de Compostela. A soli 17 chilometri da Santillana si può dare un'occhiata a Comillas, piccolo borgo denominato “la città degli arcivescovi”, per aver dato i Natali a cinque importanti prelati nel corso dei secoli. Dall'altro lato, verso oriente, c'è Santander, che offre un bel po' di attrazioni turistico-gastronomiche, assai più prosaiche. Da non perdere la “Catedral” e la magnifica spiaggia

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del Sardinero, paradiso dei surfisti. •


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Collegamenti: Ryanar volo diretto per Santander da Pisa, Roma e Milano Ufficio del turismo: Calle de escultor Jesus Otero 20 tel. 942-818812 www.turismosantillanadelmar.com Sito web: www.santillanadelmar.com www.spain.info Ufficio Spagnolo del Turismo In Italia Roma Via del Mortaro 19-interno 5
00187 Roma 
Tel:+39 066783106
 +39 066782976 Milano Via Broletto, 30, 20121 Milano Tel: +39 0272004625

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CIPRO CIPRO - Crogiuolo di civiltĂ e di bellezze

Crogiuolo di civiltĂ e di bellezze

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55 Testo di Teresa Foto di

Carrubba Teresa Carrubba e Archivio

L

nata proprio qui, a Cipro, nella baia di Petra tou

nel Patrimonio dell'Umanità, che fu capitale di Cipro al

Romiou. La dea dell'amore e della bellezza, Afrodite,

tempo dei Greci e dei Romani. La Casa di Dioniso, per

a leggiadra Venere di botticelliana memoria che si

pavimenti di ville patrizie i cui visitatissimi resti sono ubi-

erge dalle acque su una conchiglia, sembra essere

cati nella vicina Pafos, antica città inserita dall'UNESCO

l'alias greco della Venere romana, non poteva che emer-

esempio, così detta per via dei pregevoli mosaici raffigu-

gere da queste acque cristalline in un tratto di costa che,

ranti soprattutto il dio del vino, che coprono una superfi-

vista dall'alto, rimanda l'eco pregnante del mito e della

ce di oltre 500 metri quadrati. Tra questi, il più significati-

leggenda. Una vera e propria fascinazione su chi giura di

vo rappresenta Dioniso che tiene un grappolo di uva in

poter trovare l'elisir di giovinezza tuffandosi proprio in

mano e la ninfa Akmè nell'atto di bere vino. Questi mosai-

questo specchio di mare. Ma altre realtà, ben più tangibili

ci costituiscono la più ricca serie di narrazioni mitologiche

ci restituiscono il potere storico della mitologia. Parliamo

fino ad ora scoperte a Cipro, riguardanti, tra gli altri, i miti

ad esempio delle magnifiche testimonianze musive sui

di Narciso, Piramo e Tisbe, Apollo e Dafne, Nettuno e Ami-

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CIPRO - Crogiuolo di civiltà e di bellezze

mone, Fedra e Ippolito. Di pari valore artistico ed archeo-

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gia Chrysopolitissa, costruita nel IV sec. d.C. con una pian-

logico i mosaici della Casa di Teseo, considerata il più

ta a sette navate, ma che subì numerose alterazioni e rico-

vasto complesso residenziale di Cipro. Dalla sua planime-

struzioni. Anche qui, ricchi mosaici sia geometrici sia figu-

tria e dalla ricchezza delle decorazioni, si è dedotto che

rativi in opus sectile, l'antica tecnica che utilizza marmi e

fosse la residenza del proconsole romano. I pavimenti

paste vitree, risalenti a periodi diversi tra il IV e il VII sec.

mostrano la levatura artistica di bellissimi mosaici a moti-

d.C.. Panagia Chrysopolitissa, insieme all'annessa basilica

vi geometrici, ma anche mitologici, risalenti a periodi

paleocristiana, fa parte della “Strada di San Paolo” un iti-

diversi nella storia dell'edificio. Il più celebre è la raffigu-

nerario a metà tra il pellegrinaggio e la scoperta culturale

razione di Teseo che uccide il Minotauro, un mosaico di

che Cipro propone ripercorrendo le tappe che il santo

altissimo livello qualitativo realizzato nel III sec. d.C., che

toccò nella sua opera di cristianizzazione. Chi viene in

dette il nome alla villa. Ma non mancano, sempre in tema

quest'isola non può che rimanere incantato dal superbo

mitologico, altre importanti raffigurazioni, come quelle di

complesso archeologico di Kourion, l'importante città-st-

Nettuno e Anfitrite. Poco lontano, le Tombe dei Re di

ato dell'antichità nota per il suo teatro Greco-Romano del

epoca tolemaica, tra cui le più interessanti sono quelle

II secolo a.C., dall'acustica perfetta, le cui scalinate digra-

scavate nella roccia, l'Odeon di Pafos di età ellenistica e il

dano verso il mare con un notevole effetto scenico. Una

Monastero di Chrysorrogiatissa, fondato nel 1152 dal

suggestione perpetuata fino ad oggi visto che il teatro,

monaco Ignazio dopo aver trovato una miracolosa icona

abilmente restaurato, viene ancora utilizzato per drammi

della Vergine Maria al largo della costa di Pafos. Non è da

e spettacoli musicali. Kourion, che svela ancora i suoi

trascurare il fatto che la vecchia cantina del monastero

tesori per via degli scavi tuttora in corso, vanta anche una

produce alcuni dei migliori vini ciprioti. E la chiesa di Pana-

basilica paleocristiana e alcune ville patrizie con raffinati


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pavimenti a mosaico. Notevoli quelli della Casa di Eusto-

solo qui per via del particolare microclima dovuto

lio, del V secolo d.C., un tempo villa privata romana, com-

all'altitudine che raggiunge fino i 2000 metri e la singola-

posta da un gran numero di stanze. In questa curiosa

re composizione geologica. Motivo in più perché botani-

mescolanza tra arte, cultura, mitologia e fede, ben

ci, scienziati o semplici amanti della natura esplorino i

s'inseriscono le chiese bizantine sparse tra i Monti Troo-

numerosi percorsi segnalati, alcuni dei quali fanno parte

dos, dieci delle quali sono state dichiarate dall'UNESCO

del Sentiero Europeo a lunga distanza E4. Simile alternan-

Patrimonio Culturale dell'Umanità per via dei notevoli

za di rocce e vegetazione lussureggiante è offerta dalla

affreschi. La Regione dei Monti Troodos costituisce l'altra

penisola di Akamas, meta di trekking attraverso i sentieri

faccia di Cipro, complementare e non contrapposta a

che partono dai Bagni di Afrodite.

quella litoranea fatta di baie solitarie con sabbia impalpa-

Insomma, a Cipro la Natura non ha badato a spese for-

bile sormontate e protette da impressionanti scogliere

nendola di una variegata ricchezza ambientale che si tra-

artisticamente disegnate da vento, acqua e salsedine.

duce anche in una altrettanto complessa tradizione culi-

Una natura incontaminata, a tratti brulla, ma perlopiù

naria. Complice l'influenza delle varie civiltà e dominazio-

coperta da un manto di vegetazione mediterranea, pini,

ni che qui si sono succedute nel tempo. Dal periodo pre-

ginepri, carrubi e vigneti terrazzati, gole e ruscelli e il

ellenico fino alle influenze britanniche, passando attra-

cosiddetto Complesso di Ofiolite dei Troodos, una forma-

verso le culture islamiche e cristiane. Ed è ben noto che la

zione geologica formatasi 90 milioni di anni fa che è fatta

fusione di più elementi, se validi e ben armonizzati, gene-

oggetto di studi scientifici internazionali. Così come la

ra un unicum inimitabile. La cucina cipriota è tutto questo.

sorprendente flora che annovera circa 800 diverse specie

L'apoteosi della tavola isolana è il Mezè, un vero trionfo

di piante, più di 70 endemiche, 12 delle quali crescono

culinario che vede avvicendarsi, piatto dopo piatto, un

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CIPRO - Crogiuolo di civiltà e di bellezze caleidoscopio di colori e di sapori fatto di verdure, carne, pesce, formaggi, legumi e quant'altro seguiti da salsine aromatiche allo yogurt o al sesamo e un eccellente olio d'oliva locale. Senza tema di smentita gli “assaggini” possono arrivare fino a trenta. Un consiglio? Degustare ogni portata “siga siga”, piano piano, approfittando dell'atmosfera rilassante dei locali ciprioti, spesso a conduzione familiare, dove c'è sempre qualcuno che, con affabilità e radicato senso dell'ospitalità, qualità tipiche dell'isola, racconta vita morte e miracoli di ogni pietanza. Con una forte predominanza del gusto greco, questi piatti sanno anche di Turchia, Libano, Siria, e persino di Italia, Francia e Gran Bretagna. Non sorprenda il fatto che, nonostante Cipro sia un'isola pescosa e con un mare così limpido da offrire la massima garanzia, a tavola da sempre si ammannisce più carne che pesce. Anche se ultimamente le cose stanno un po' cambiando ed ecco che polpi, branzini e triglie prendono sempre di più il posto dell'agnello, del montone o del maiale, specie nel mitico mezè. A proposito di carne, girando per l'isola si possono degustare almeno un paio di piatti caratteristici: il tavas, sorta di spezzatino di agnello o manzo con pomodori, cipolle e profumo di cannella e lo stifado, carne di agnello o coniglio fatta stufare con cipolle e vino in agrodolce. Decisamente saporiti, poi, la spanakopita, torta salata con pasta fillo che avvolge un ripieno di spinaci, feta e uova, le kouperia, foglie di vite ripiene di riso o di carne, le yemista, verdure ripiene al forno, la moussaka, simile alla nostra parmigiana di melanzane con in più patate, carne macinata, formaggio e besciamella, l'hummus, una crema di ceci, sesamo e olio di oliva. I dolci ciprioti rivelano l'influenza turca, come Kadeifi, torta di miele e noci, l'Halvas, sempre a base di miele. Da non mancare l'assaggio del particolarissimo soutzoukos, mandorle infilate in lunghissime collane che vengono immerse in mosto d'uva e poi appese lungo una canna per farle addensare e del ppalouze, un budino d'uva. Il pane tipico è la pitta, una forma schiacciata non levitata cotta nel forno di pietra, a volte arricchita da olive.

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59 I FORMAGGI Discorso a parte merita il formaggio. Se è diffuso il consumo di feta e kephalotiri, importati dalla Grecia ma prodotti anche in piccole quantità nei villaggi di Dhali e Athienou, il principe dei formaggi ciprioti è l'halloumi, prodotto in quest'isola da secoli, sempre con la stessa procedura. Si tratta di un formaggio a pasta soda ricavato dal latte di capra, piuttosto saporito e aromatizzato con menta secca sbriciolata, che può essere consumato fresco al naturale ma più spesso grigliato o fritto. Questo formaggio è anche un ingrediente fondamentale dei famosi ravioli ciprioti ed entra tra gli ingredienti di moltissime pietanze. Nei villaggi, come ad esempio Letymbou dove l'halloumi viene prodotto in casa, si usa prevalentemente il latte di pecora o di capra, mentre il prodotto industriale può essere anche di latte vaccino. IL VINO Fu Esiodo, nell'VIII secolo a.C., a parlare per primo delle tecniche di vinificazione di Cipro, testimonianza avallata anche dalle raffigurazioni dei mosaici della Casa di Dioniso a Pafos sulla produzione di vino, e dal ritrovamento di antiche monete con l'incisione di una pianta di vite, a simboleggiarne l'importanza economica per l'isola. Una tradizione enologica iniziata già ai tempi degli antichi Greci, Romani ed Egiziani, anche se sono state rinvenute tracce di viti risalenti addirittura al Neolitico e al Calcolitico, e che ha portato con sé fino ai nostri giorni, l'orgoglio di Cipro di attribuirsi la primogenitura della vinificazione. E sembra che la Commandaria sia considerato il vino più antico mai prodotto. Dedicato, così vuole la leggenda, a Riccardo Cuor di Leone e ai Crociati, tant'è che “Commandarie” a Cipro era il nome dato alle terre di proprietà dei Cavalieri Templari. Nel Medio Evo i pellegrini in transito verso la Terra Santa apprezzavano molto la Commandaria di Cipro. Si tratta di un vino da dessert, prodotto da secoli e tuttora seguendo sempre lo stesso metodo. Le uve vengono raccolte tardi perché possano arricchirsi di zucchero, il mosto viene raccolto e lasciato fermentare nei tini o in enormi giare di terracotta. Oggi la Commandaria viene prodotto in una zona vinicola dei Monti Troodos, ad una certa altitudine, dove il sole è più caldo. I vitigni autoctoni di Cipro sono il Mavro, lo Xinisteri, l'Ophtalmo ed il Muscat, che producono vini corposi. Ma sono stati introdotti vitigni europei continentali, come il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc, il Grenache ed il Palomino, per ottenere vini più delicati e fruttati. Azienda vinicola Vouni Panayia nel villaggio di Panayia www.vounipanayiawinery.com

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CIPRO - Crogiuolo di civiltà e di bellezze

NICOSIA Sono le possenti mura veneziane a circondarla, Nicosia, capitale e sede del governo della Repubblica di Cipro. E rannicchiato in quell'abbraccio c'è un mondo variegato in cui la storia, che passa attraverso i bastioni, le porte ieratiche, i monumenti e i palazzi antichi, ammicca con armonia al presente aspetto di moderna città commerciale, riqualificata anche grazie ai numerosi nuovi locali aperti a ridosso della Linea Verde. Calda e intima l'atmosfera che si respira nei vicoli del centro e nella caratteristica e ben restaurata zona pedonale dove molti negozi, caffè e locali vivacizzano la città di giorno e attraggono i giovani per la movida notturna. A Nicosia c'è molto spazio per la cultura, specie in centri attivi come quello istituito presso la Porta di Famagosta, uno dei tre ingressi originali alla città vecchia. Ma il punto di forza della città è il Museo archeologico di Cipro dove, in un magnifico allestimento, è racchiusa tutta la storia e l'arte dell'isola dalla preistoria al periodo paleocristiano. Non da meno, merita una visita il Museo Bizantino che conserva la più ricca ed emblematica collezione di arte bizantina dell'isola. Oltre 230 icone, datate tra il IX ed il XIX secolo, ma anche alcune del XII secolo, periodo d'oro per l'iconografia. Nel museo fanno bella mostra di sé anche calici, libri e paramenti sacri; ma di notevole rilievo è l'esposizione dei famosi mosaici del VI secolo, trafugati dalla chiesa di Kanakaria, nel Nord, venduti all'estero ed infine recuperati e riportati in patria.

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61 DOVE ALLOGGIARE

po e individuali che hanno permesso di far conoscere

PIONEER BEACH HOTEL (gruppo Costantinou Bros), Pafos

l'Isola di Cipro alla nostra stampa e agli operatori del set-

www.pioneer-cbh.com :

tore. Quindi ora è diventato ancora più facile e vantaggio-

ATHENA BEACH HOTEL (gruppo Costantinou Bros), Pafos www.athena-cbh.com : CORAL BEACH, Pafos www.coral.com.cy/Coral.aspx : ST RAPHAEL HOTEL, Lemesos www.raphael.com.cy : ARSORAMA Traditional House in Arsos www.arsorama.com.cy : Arsorama House rientra nella selezione di agriturismi della Agrotourism Company, società ufficialmente riconosciuta dal CTO (Cyprus Tourism Organitation) che promuove le vacanze in aree rurali a Cipro. Il programma sviluppato dal CTO prevede la trasformazione delle case tradizionali - situate in aree particolarmente suggestive dell'entroterra - in strutture di soggiorno per le vacanze. Le case sono state accuratamente rinnovate, tenendo presente l'esigenza dipreservarne le peculiarità architettoniche e garantire, al contempo, comodità e relax. Le

so programmare un viaggio a Cipro in qualsiasi stagione

proprietà, a disposizione del pubblico tutto l'anno, sono,

dell'anno, godere quindi del piacevole clima e del ricchis-

provviste di moderni servizi e dispongono, fra l'altro, di

simo patrimonio culturale ed artistico che l'isola vanta da

giardino, piscina e camino www.agrotourism.com.cy

oltre 10.000 anni. http://it.aegeanair.com

DOVE MANGIARE Ristorante del Pioneer Beach Hotel a Pafos

ENTE NAZIONALE PER IL TURISMO DI CIPRO

Taverna Pericles nel villagio di Nata ( zona di Pafos)

-ufficio aperto al pubblico

Taverna 7 St Georges nel villaggio di Geroskipou( zona di

Via A. Solari 13 - Milano – tel 02 5831 9835

Pafos)

www.turismocipro.it – www.visitcyprus.com

Ristorante To Anamma sulla Ledra Street a Nicosia

(anche in italiano)

Degustazione vini: Azienda vinicola Vouni Panayia nel villaggio di Panayia

GUIDA TURISTICA Fabio Petrolillo

AEGEAN AIRLINES

(cell. +357 99156796- email: fbfpe@yahoo.it),

Dal 29 marzo sarà possibile raggiungere Cipro con voli

parla italiano, lo si può contattare per visite guidate

diretti da Milano Malpensa grazie alla compagnia aerea

in tutte le zone di Cipro.

Aegean Airlines. Il volo Malpensa - Larnaka opererà dal 29 marzo al 20 ottobre 2015, due volte la settimana - martedì e domenica. Dopo la chiusura definitiva delle attività della Cyprus Airways, questi collegamenti rappresentano un'ulteriore e ottima opportunità per visitare l'Isola di Venere. Aegean Airlines, compagnia aerea greca membro Star Alliance, nel 2014 ha vinto per il 4° anno consecutivo il premio come Best Regional Airline in Europa, un importante e prestigioso riconoscimento nel settore delle compagnie aeree. Cipro è sempre stata una destinazione amata da Aegean. Nel 2004 infatti aveva dato inizio a voli di linea verso Larnaka e negli ultimi anni è sempre stata un'ottima partner per l'Ente Nazionale del Turismo di Cipro, contribuendo a supportare viaggi stampa di grup-

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Viaggio a Buffalo per raggiungere le Niagara Falls

Viaggio a Testo di Luisa

V 62

Buffalo per raggiu

Chiumenti

enendo da New York è conveniente fermarsi un

di Buffalo Niagara, l'agglomerato “bi-nazionale”, è costi-

giorno o due a Buffalo, per visitare anche questa

tuito, oltre che dalla stessa Buffalo, dalle città di Niagara

città molto viva e interessante prima di raggiun-

Falls (New York) e Niagara Falls (Ontario), ed è anche un

gere le Niagara Falls. Capoluogo della contea di Erie nello

importante centro culturale-artistico, dotato altresì di

Stato di New York, servito dall'Aeroporto Internazionale

una vivace vita sociale e notturna. Allo scoccare del XIX


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ungere le

Niagara Falls

secolo Buffalo, dove euro-americani si erano trasferiti alla

fino alla metà del XX secolo quando, a causa dell'apertura

fine del XVIII secolo, era una delle più sviluppate città

del canale del fiume San Lorenzo, il traffico navale passò

degli Stati Uniti, per merito del suo trafficatissimo porto

fuori dalla città di Buffalo. Questo evento diede inizio al

fluviale. I grandi mulini per il grano e gli impianti indu-

tramonto del benessere che per oltre 150 anni aveva fatto

striali sviluppatisi con il traffico portuale prosperarono

prosperare e crescere questo territorio. Ma dopo il suo

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Viaggio a Buffalo per raggiungere le Niagara Falls

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65 passato industriale, Buffalo è oggi città della cultura, degli studi e della medicina. Nel 2005 il “Reader's Digest” l'ha definita la terza città più pulita degli Stati Uniti e nel 2001 il quotidiano “USA Today” ha assegnato a Buffalo il premio “Città con un cuore”, proclamandola la località più amichevole di tutta la nazione. Presenta inoltre architetture “firmate” dai più grandi progettisti che dettero vita alla “città moderna”, a cominciare, alla fine dell'800, dal Guaranty Building di Louis Sullivan, il più importante architetto americano del sec. XIX, considerato a buon diritto "padre del grattacielo". Il Guaranty Building è un'opera originalissima, dello studio di architettura di Sullivan&Adler della fine del XIX secolo, caratterizzato da un paramento in terracotta con bassorilievi dai delicati ornamenti geometrici e pilastri che sono connessi solo alla sommità dell'edificio tramite archi a tutto sesto. La costruzione fu completata nel 1896 e meno di un secolo dopo (1975), venne dichiarata “monumento storico nazionale”. La ricercatezza del lavoro in terracotta è chiara manifestazione della suggestione che Sullivan deve avere subito dopo un suo viaggio in Italia, dove fu particolarmente colpito dall'arte del Rinascimento. Nonostante i progressi tecnologici che hanno reso il grattacielo possibile, tra cui acciaio di alta qualità e ascensori elettrici, Sullivan si sforzò di collegare l'edificio con il mondo naturale. Il suo ornamento per il Guaranty è stato soprattutto ispirato da fiori, baccelli, e, nella parte superiore della costruzione, dai rami di un albero. E poi ecco, nel '900, i segni lasciati dal più grande allievo di Sullivan, Frank Lloyd Wright. Basti, come esempio, ricordare un'abitazione straordinaria, la Martin House costruita da Wright per Darwin D. Martin, un uomo d'affari, proprietario, della EZ Stove Company con sede a Chicago. In questa città egli aveva visitato lo studio del grande architetto e, dopo aver visto la villa che egli aveva eretto (1902) ad Oak Park, poco fuori Chicago, dove ci sono le più belle ville di Wright, gli dette l'incarico di costruirgli la propria casa a Buffalo. La Martin House, costruita tra il 1904 e il 1905 si può oggi visitare nella parte meridionale della città, al 125 della Jewett Parkway. E sempre di Wright ecco altri inter venti al centro di Buffalo: dall'Administration building Larkin, primo grande progetto commerciale di Wright, alle case poi progettate per tutti gli altri dipendenti della Larkin. Per concludere, un accenno alla gastronomia con una curiosa indicazione: in tutto il nord degli USA e nella provincia dell'Ontario (Canada) è molto conosciuto ed apprezzato un piatto caratteristico di Buffalo consistente in ali di pollo fritte condite con salsa piccante (Buffalo Chicken Wings).

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Niagara Falls

turisti giovani e sportivi che si preparano ad itinerari più

Ma lasciamo ora Buffalo e, con circa mezz'ora di macchi-

audaci a livello di quelle acque burrascose, ci sono invece

na, proprio sul confine tra Stati Uniti e Canada raggiun-

intere, tranquille famigliole, dai nonni ai nipotini, tutti

giamo finalmente le Cascate. E farlo in una giornata tiepi-

pronti in fila, con gli impermeabili che svolazzano al

da e soleggiata dell'inizio dell'estate, crea davvero sug-

vento, pronti a imbarcarsi per andare più vicino possibile

gestioni molto particolari. I numerosi parcheggi più o

ai grandi scrosci delle immense cascate. Ma si vedono

meno vicini ai battelli e alle terrazze belvedere, fanno sì

anche gruppi religiosi che pregano, prima di affrontare la

che un vero e proprio “fiume” di persone si riversi sulle

lunga fila per il battello ed altri che sembrano lì per un

ampie strade. Sembra quasi di giungere ad un santuario,

serio meeting scientifico sul potere dell'acqua, organiz-

per la gioia che si legge sui volti davanti a un sito tanto

zato proprio sotto gli alberi, con il rumore di fondo dello

immaginato e sognato. E in effetti si può considerare una

scroscio, che tuttavia non disturba. Divisa in tre “salti”

sorta di “Santuario della Natura”, questo enorme potere

distinti, situati uno di fianco all'altro, alti circa 50 metri,

visivo del grande salto che compie l'acqua nello spazio

l'acqua scende dal lato statunitense, mentre il punto

verdeggiante che lo accoglie. Eppure una leggenda esi-

migliore per guardare le cascate è forse il lato canadese,

ste. Si narra che “Lelawala”, una bella ragazza obbligata

proprio di fronte alle cascate. Si può percorrere il “Rain-

dal padre a fidanzarsi con un ragazzo che non amava,

bow Bridge” (il ponte che unisce i due lati delle cascate,

preferì concedersi al suo vero amore “He-No”, il Dio Tuo-

da una parte gli Stati Uniti, dall'altra il Canada) o prendere

no, che abitava in una caverna dietro la Cascata a Ferro di

il “Maid of the Mist “, la barchetta super turistica che però

cavallo. Ella cercò di raggiungerlo, ma precipitò dal bor-

porta proprio ai piedi delle cascate, dove quasi “si respi-

do della cascata. “He-No” la salvò e i loro spiriti, secondo

ra”

l'acqua e

a

volte si riesce anche a scorgere

la leggenda, vivono uniti per l'eternità, nel “Santuario del

l'arcobaleno tra le infinite gocce nebulizzate che avvol-

Dio Tuono” sotto le cascate. Ed è curioso notare come, se

gono completamente i visitatori, nonostante gli imper-

si vedono circolare attorno ai vari imbocchi delle cascate,

meabili. Il fascino delle cascate del Niagara, situate nel


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Viaggio a Buffalo per raggiungere le Niagara Falls

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69 nord-est dell' America, tra USA e Canada, le più grandi cascate dell'America settentrionale che, dopo la distruzione delle cascate Guairà, sono divenute le più grandi del mondo, ha costituito una vera e propria forza propulsiva in tutti i tempi. Si pensi che appena all'inizio del secolo XX (era il 24 ottobre del 1901), una donna, Annie Taylor Edson, fu talmente attratta da quella forza, che osò sfidare l'enorme massa d'acqua, gettandosi dal lato canadese all'interno di un barile insieme al suo gatto, e divenne così l'eroina indiscussa delle cascate del Niagara. Ma prima ancora, nell'ottobre del 1829, Sam Patch, che si autodefiniva “il saltatore yankee”, saltò da un trampolino costruito a ridosso della Cascata del Ferro di Cavallo, dando vita ad una successiva, lunga tradizione di persone che tentarono di gettarsi dalle cascate… sopravvivendo. Il 24 luglio 1883, il britannico Matthew Webb si tuffò nel fiume Niagara da una piccola imbarcazione, sita vicino al Niagara Falls Suspension Bridge, iniziando a nuotare. Fonti dell'epoca indicano che con ogni probabilità Webb sopravvisse con successo alla prima fase della nuotata, ma morì nella sezione del fiume situata vicino all'ingresso del mulinello. Ma Kirk Jones di Canton (Michigan) fu il primo, nel 2003, a tentare l'impresa senza l'aiuto di alcun mezzo di galleggiamento e cadendo da un'altezza di 16 piani, se la cavò con poche abrasioni e qualche costola fratturata. Nessuno, comunque, è mai sopravvissuto nel tentativo di saltare dalle cascate americane eccetto coloro che hanno tentato il lancio dalle cascate a Ferro di cavallo. L'omonima cascata può essere ammirata dal lungofiume all'interno del Parco. Altro punto di osservazione privilegiato è la torre di osservazione anch'essa costruita sulle rive del fiume. Vicino alla Grotta dei Venti, un sentiero conduce, dopo la discesa di 300 scalini, alla base della “cascata del velo nuziale”. I racconti potrebbero ancora continuare, ma perché non parlare invece del potere immaginifico delle Cascate del Niagara? Chi non ricorda “Niagara”, il film girato nel 1953 dal regista Henry Hathaway, con Marilyn Monroe? La sua fama ha fatto sì che molti degli edifici e dei luoghi costituenti lo sfondo di tante scene del film, siano stati a tutt'oggi conservati.

Ma le cascate sono anche

un'innumerevole fonte di energia elettrica: pur non essendo particolarmente alte (solo 52 m di salto), un'imponente portata e il salto d'acqua, vengono intercettati dalla centrale elettrica, con una stima di oltre 168.000 m3 al minuto nel regime di piena e circa 110.000 m3 come media. • www.usatravel.org

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MIO - A Beijing la cucina italiana è passione

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Mio A Beijing la cucina italiana è passione

Testo di Pamela

C

McCourt Francescone

reatività e innovazione, maestria e tradizione. Sono questi i pilastri che fanno di Mio, il ristorante italiano pluripremiato del Four Seasons Hotel Beijing,

un'esperienza di fine dining sans pareil. Poi, se aggiungiamo gli arredi scintillanti in cristallo da Mille e Una Notte, il servizio inappuntabile, una cucina aperta che fa spettacolo e una carta di vini eccelsi, allora la simbiosi tra arte culinaria ed estetica raggiunge livelli superlativi di raffinatezza. Le menti creative dietro Mio sono due italiani, Marco Calenzo, toscano e Aniello Turco, detto Nello, napoletano. Giovani, dedicati e con alle spalle esperienze molto diverse di vita e di cucina, ma che interagiscono in una fusione di dinamismo ed estro. “Nello è arrivato da poco a Mio e in Cina”, spiega Calenzo che è entrato nella galassia Michelin quando era chef ad Apsleys Restaurant al Lansborough Hotel di Londra. “Abbiamo gli stessi obiettivi: creare piatti innovativi usando cibi genuini, presentati in stile moderno, ma senza mai dimenticare le tradizioni. E per me tradizione significa quell'amore per la cucina che ho imparato da piccolo dalle mie due nonne, Rosa e Assunta. La parte più difficile per noi qui a Beijng è utilizzare al meglio gli ingredienti a disposizione; ovviamente molti prodotti -come il sale marino, il riso, i salumi, l'olio di oliva e la farina, i formaggi e i tartufi- li importiamo direttamente dall'Italia. E poi nelle mie creazioni aggiungo sempre elementi presi dalle mie esperienze di viaggio e di vita, come per esempio la cucina giapponese che ho assimilato da mia moglie che è giapponese.” “Sono due anni che vivo in Cina e ho scoperto che la

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MIO - A Beijing la cucina italiana è passione

Marco Calenzo

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73 cucina italiana e quella cinese sono davvero molto simili – c'è la pasta e ci sono i noodles, ci sono i ravioli e ci sono i dumplings, poi c'è il pesce e la carne. La nostra affezionata clientela cinese apprezza moltissimo le cose più semplici e genuine della cucina italiana, come il pane e la pizza”. Attualmente Marco e Nello si stanno dedicando con passione a un processo che li sta portando verso nuove sfide e scoperte: la fermentazione. “La fermentazione ha avuto origine in Asia - in Corea, Giappone e Cina – e stiamo sperimentando con varie tecniche nel nostro laboratorio dove prepariamo tante nuove sorprese per la nostra clientela”. “E stata anche questa passione in comune per i processi di fermentazione che mi ha portato in Cina a lavorare nuovamente con Marco”, dice Aniello. “Sono infiniti i gradi di acidità e la complessità dei sapori che puoi produrre fermentando i cibi. I miei primi passi nella fermentazione li ho fatti a Noma, il ristorante di René Redzepi (votato nel Aniello Turco

2014, per il quarto anno, il migliore ristorante al mondo ndr). Lì usano il garum di insetti e le formiche per dare acidità, e le larve delle api per aggiungere un tocco di dolcezza. In cucina non ci sono limiti di fantasia, ci sono solo limiti culturali. Per esempio, se metti un cucchiaio di formiche su una tartare di carne un italiano non lo mangerà mai. Ma un messicano si. Poi io e Marco dedichiamo molto impegno alla ricerca dei migliori prodotti. Cerchiamo sempre il massimo della freschezza e dell'autenticità. Non è facile, ma è fondamentale per raggiungere i migliori risultati”. Il piatto che meglio definisce Marco Calenzo?

“I Pici

all'Inchiostro Nero con Granchio Reale, uno dei primi più richiesti a Mio. Riflette perfettamente la mia filosofia del cibo: ingredienti freschi con una bella cromaticità e sapori genuini. Facciamo i pici secondo la tradizione toscana, usando la macchina con trafila in bronzo; li cuciniamo in un consommé di pomodoro per dare il sapore del pomodoro fresco e aggiungiamo il granchio cotto al vapore. Poi una spolverata di Mollicata alla Siciliana, cioè pangrattato, capperi, vino, pomodori, acciughe e olio d'oliva. E, come tocco finale, un coulis di carote. E un piatto che Nello farà entrare prossimamente nel menu di Mio? “Gli Gnocchi alla Sorrentina. Sono pochissimi gli ingredienti - patate, pomodori e la vera mozzarella. E poi sto sperimentando con la Zuppa di Cozze e Fagioli. Ma non la zuppa tradizionale. Voglio trasformala in une amuse-bouche, utilizzando i fagioli per fare un impasto come la soia cinese. Una zuppa non zuppa”!• www.fourseasons.com/beijing/dining/restaurants/mio/ www.fourseasons.com/beijing/

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MAZARA DEL VALLO - Dal mare la sua cultura, le arti e il Satiro Danzante

MAZARA DEL VALLO

dal mare la sua cultura, le arti e il Satiro Danzante

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75 Testo di Mariella

F

Morosi

u la conquista di Mazara del Vallo, nel 827 d.C. a dare il via alla dominazione araba in Sicilia. La città trapa-

nese, strategica per la navigazione e il commercio marittimo nel Mediterraneo, è cresciuta intorno al suo portocanale conservando la forte connotazione araba nella struttura urbanistica, imposta dagli occupanti. Allora gli interessi commerciali furono più forti delle guerre di religione e la convivenza tra invasi e invasori fu regolata da una certa tolleranza. Mazara, ancora oggi il porto peschereccio più importante d'Italia, balzò all'attenzione del mondo intero nel 1998 quando un peschereccio recuperò a 500 mt di profondità il Satiro Danzante, una stupenda scultura bronzea di oltre due metri. Databile al IV secolo a.C., potrebbe essere identificata con il "satiro periboetos", citato da Plinio quale opera di Prassitele. Il Satiro è colto nell'ebbrezza di un rito dionisiaco. Lo rivelano il volto, l'espressione degli occhi, in calcare alabastrino e pasta vitrea, i capelli scomposti e il kantharos, il calice del vino che regge nella mano destra. Oggi è esposto al Museo di Piazza Plebiscito, ex Chiesa di Sant'Egidio, insieme ad altri reperti rubati al mare, testimoni dei flussi migratori e dei commerci del bacino del Mediterraneo. Nei vicoli del centro storico si ha l'impressione di vivere in pieno Islam, tra i rabad e gli shari del reticolo viario, nella Casbah con le case delimitate da alte mura e i giardini segreti. Per un curioso déjà vu storico, nelle abitazioni dei loro antenati sono venuti ad abitare gli immigrati magrebini, impegnati nell'industria della pesca. Specialmente i tunisini sono una forte componente della popolazione. La civiltà araba cambiò il volto di tutta la Sicilia, e non solo nell'urbanistica. Mazara, in particolare, sotto il governo di Ibn Mankut fu un centro di studi islamici per l'insegnamento di letteratura, poesia, diritto e religione e ancora oggi molte parole arabe sono nel dialetto siciliano, Arrivarono da lontano anche nuovi frutti, come arance e limoni, melanzane, spezie, frutta secca, piatti come cus cus, e dolcissimi sorbetti e gelati. Ma altre civiltà, Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani, Normanni, Svevi e Borboni, hanno lasciato il segno, integrandosi in un caleidoscopio, in un'armonia quasi impensabile altrove. La Sicilia è tutto e il contrario di tutto,

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MAZARA DEL VALLO - Dal mare la sua cultura, le arti e il Satiro Danzante una "metafora del mondo", come la definiva Sciascia. Stupisce il patrimonio artistico di Mazara, questa città che ha sempre vissuto di mare. La ricchezza di opere si articola nel corpo antico, i quattro rioni storici di San Francesco, San Giovanni, Xitta e Giudecca. I normanni arricchirono la città di chiese e monasteri e Ruggero d'Altavilla vi fece edificare l'imponente Arco, la cinta muraria e il castello, di cui non resta che un rudere. La Cattedrale è un tempiomuseo per la quantità di opere che custodisce, grazie al mecenatismo dei vescovi che la vollero dotare delle migliori espressioni artistiche isolane. Sono da ammirare i sarcofagi ellenistici, l'affresco del Cristo Pantocrator del XIII secolo, le opere del Gianbecchina, la Croce Dipinta con il Cristo, l'Agnello mistico e i simboli degli Evangelisti. Notevole la Trasfigurazione, il gruppo scultoreo di Antonello Gagini. Toglie il respiro entrare in quello che resta nella Chiesa di Sant'Ignazio, con il cielo che gli fa da tetto. Crollata nel 1933, a seguito di un terremoto, conserva integro solo il prospetto barocco. A pianta ovale, sfida chi la guarda con otto coppie di colonne tuscaniche ben sal-

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MAZARA DEL VALLO - Dal mare la sua cultura, le arti e il Satiro Danzante de e sei altari laterali, mentre alcuni putti si sporgono tristemente dai loro fregi per guardare i cumuli di pietre transennati. Difficile, ma auspicabile, che questo capolavoro possa essere rimesso in piedi, proprio perché da qualche anno sono in corso importanti interventi di riqualificazione urbana. "Il comune di Mazara del Vallo -dice il sindaco NIcola Cristaldi- ha raggiunto soddisfacenti risultati nel recupero di edifici e strutture dedicate alla fruizione espositiva e turistica.Tale linea va incentivata e rafforzata la cultura del museo diffuso nel territorio. Il turismo potrà così assumere un ruolo sempre più incisivo in una logica di sinergia tra i settori economici tradizionali, pesca e agricoltura, e quelli legati alle nuove economie". Tanti sono i luoghi di interesse, tutti facilmente riferibili alle rispettive culture che li edificarono, come la Chiesa della Madonna delle Giummare, di impianto arabo-normanno o San Francesco, in barocco siciliano. Bellissime le chiese di San Michele, San Nicolò Regale e Santa Caterina rispettivamente del XII e XIII e XIV secolo. Tra le architetture civili che meritano una visita, il Palazzo Vescovile, quello dei Cavalieri di Malta e Il Palazzo di Città sito nell'ex Convento del Carmine. Nei pressi della Borgata Costiera, sono da vedere due siti archeologici: l'insediamento eneolitico di Roccazzo e, in contrada Mirabile, i resti di due ville romane. La vita dei mazaresi ruota ancora oggi intorno al suo porto-canale che fu il il terminale di secolari lotte marittime. E' uno spettacolo imperdibile, alla Marina, seguire il traffico dei pescherecci che scaricano il pescato davanti al mercato ittico. Una chiatta permette l'attraversamento pedonale del fiume Mazaro che lambisce la banchina, lastricata di grande pietre levigate . E' qui che i mazaresi vengono per tradizione a comprare il pesce. Basta un'occhiata alle cassette per capire se il mare è stato o no generoso e valutare quello che conviene mettere a tavola. Lo spettacolo si ripete ogni giorno: si palpano triglie e spigole, code di rospo e merluzzi, tra le grida di chi vanta la freschezza della sua merce e l'odore pungente di salsedine, di alghe e degli scarti dei pesci eviscerati. Al centro delle contrattazioni è il gambero rosso di Mazara, ambitissimo dai gourmet. Se oggi va di moda crudo o nel sushi, qui si è sempre gustato appena uscito dal mare, al massimo con qualche goccia di limone. Ma il grosso del pescato non si ferma a Mazara: spesso la vendita si fa per radio e il pesce sparisce subito nei grandi camion frigorifero che aspettano sulla banchina. Anche a tavola si ripercorre la storia e la civiltà di un popolo. Tra gli appassionati del tema c'è un mazarese speciale, Leonardo Messina, architetto gourmet che ama l'arte quanto il cibo. Nella sua "Ta-

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vernetta di Giò" nel palazzo Sansone del Duca di Torre-


79 franca, propone solo il vero "manciari sicilianu" abbinato a proposte culturali a e concerti di musica popolare. Mazara sa anche sorprendere, come col suo mini-Teatro Garibaldi, datato 1862. Con appena 98 posti, racconta una pagina sconosciuta della storia e soprattutto l'orgoglio dei cittadini che si costruirono in economia, con una spesa di 2355 ducati, il loro Teatro del Popolo. In polemica con lo sfarzo dei Borboni, non vollero costruire il palco reale, allora d'obbligo in tutti i teatri. Ma c'è di più: le travi sono vecchi legni di pescherecci in disuso, il soffitto non è altro che una prua recuperata e gli elementi pittorici e decorativi sono quelli dei carretti siciliani. Fu un monito, straordinario per quei tempi, perché la cultura non fosse privilegio di pochi. La città vanta anche due biblioteche: quella comunale “Leonardo Bonanno” e quella del Seminario vescovile. L'ambiente è tutelato nelle riserve naturali del Lago Preola e Gorghi Tondi e in quella di Capo Feto e monitorato dall'Istituto per l'Ambiente Marino costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche. La bellezza della spiaggia di Mazara, ora rocciosa come alla Bocca Arena e Torretta Granitola, ora di sabbia finissima come alla Tonnarella, consente escursioni piacevoli. Vere odi al mare sono state scritte dalla poetessa mazarese Vincenza Scimeni: "Bello il tuo mare, il cielo è uno splendore, chilometri di spiaggia ed acque chiare, viva Mazara mia dai campi al mare.....". Nel 2010 Mazara del Vallo è stata riconosciuta “Comune ad economia prevalentemente turistica e città d'arte” èd è vicinissima al parco archeologico di storico di Selinunte, alle saline di Marsala, all'isola di Mozia, a Segesta e ad Erice. Non manca il folklore nelle feste come il rito dell'Aurora, la mattina di Pasqua, con la processione del Cristo risorto che incontra la Madonna e, in agosto, il suggestivo Festino di San Vito, patrono della città. Si apre con l'Annunzio, un corteo in costume, poi sfilano carri allegorici che rappresentano le virtù, i quadri viventi e, infine, si conclude con la benedizione del mare, con la statua del Santo issata su un peschereccio.• Si ringrazia per la collaborazione e le foto l'Ufficio Stampa del Comune di Mazara del Vallo” e la famiglia Titone per la documentazione fornita. www.comune.mazaradelvallo.tp.it http://www.paesionline.it/mazara_del_vallo/itinerari_ ed_escursioni/porto_canale.asp www.latevernettadigio.it www.trapaniwelcome.itMuseo del Satiro: Chiesa di Sant'Egidio - Piazza Plebiscito
 91026 Mazara del Vallo (TP)
Tel. 0923 933917

anno 4 - n°15 marzo 2015


RANCO il Museo Europeo dei Trasporti

ITALIA MINORE

RANCO il Museo Europeo dei Trasporti Testo di Anna

Maria Arnesano e Giulio Badini Foto degli autori e Archivio

80

Q

to nella loro infanzia il trenino elettrico. In un con-

alla villa che la famiglia possedeva a Ranco, sulla sponda

testo generale di ristrettezze economiche e di scarsa

varesina del lago Maggiore, Villa Fantasia, la quale svol-

uanti oggi hanno i capelli bianchi non possono

laurea in giurisprudenza a 20. Intanto il plastico cresceva a

non ricordare quale ruolo importante abbia svol-

dismisura e fu giocoforza trasferirlo dalla casa milanese

attenzione verso i bambini, i giocattoli a disposizione era-

gerà un ruolo importante nella nostra storia. Nel frattem-

no pochi, piuttosto semplici e, diciamolo pure, anche

po il giovane Francesco non si accontenta più dei modelli-

abbastanza stupidi, per cui spesso occorreva supplire con

ni in miniatura, ma vuole conoscere tutto sui treni veri e su

la fantasia. Il trenino elettrico, prodigio combinato per

ogni altro mezzo di trasporto, presente e passato. Si met-

quei tempi di meccanica ed elettricità, costituiva una lode-

te a studiare anima e corpo questa nuova materia, confi-

vole eccezione perché era un giocattolo assai attivo, com-

dando sulle innate doti di intelligenza e di memoria, che

plesso e composito, che imponeva la collaborazione e la

lo porteranno in breve tempo a diventare uno dei mag-

presenza dei genitori e trasportava il bambino nel mondo

giori esperti in materia a livello mondiale, nonché a rico-

dei viaggi e quindi degli adulti. Il trenino fotografava

prire per un quarto di secolo la presidenza del Museo del-

anche il mondo sociale: i meno abbienti dovevano accon-

la Scienza e della Tecnica “Leonardo da Vinci” di Milano.

tentarsi di un ovale di rotaie con una locomotiva a molla e

Da vero conoscitore comincia a scrivere saggi di ogni tipo,

un paio di vagoncini di latta, da montare per terra di volta

e la sua bibliografia sfiora i trecento titoli (con alcuni

in volta, mentre i più ricchi avevano a disposizione delle

anche tradotti in varie lingue), e tra questi rientrano una

strutture enormi e modulari, capaci di occupare stabil-

monumentale Storia dei trasporti in 80 tomi ed una più

mente un’intera stanza, con gioiellini di locomotive che

sintetica, se possiamo scrivere così, Storia dei trasporti

sfrecciavano da ogni parte dentro e fuori da gallerie, in

italiani in “soli” 35 volumi. Penna estremamente feconda,

salita e in discesa, regolate da semafori e scambi,

non si occupa soltanto di treni, autobus e carrozze, ma

all’interno di plastici ambientali ricreanti città, villaggi e

spazia pure su storia, geografia, costume, arte, attualità,

campagne da arricchire nel tempo. Un giocattolo intelli-

economia, architettura e altro ancora. Dismesso l’infantile

gente per tutta l’infanzia. A questa seconda categoria

plastico, comincia a raccogliere ovunque, in Italia e

apparteneva, non certo per propria colpa, il piccolo Fran-

all’estero, cimeli passati e presenti legati ai mezzi di tra-

cesco Ogliari, classe 1931, figlio di un’agiata famiglia

sporto, che smonta per capirne i meccanismi e rimonta

milanese, al quale il dono del trenino elettrico segnerà la

restaurandoli affinché possano ancora funzionare. Non si

vita in maniera assolutamente inimmaginabile. Il piccolo,

limita tuttavia ad acquisire locomotive, corriere e funico-

per la propria bravura, meritava sicuramente un regalo

lari, ma con un encomiabile accanimento da collezionista

importante: scuola a 5 anni, maturità classica a 16, con

di rango acquista anche qualsiasi possibile accessorio

l’intera Divina Commedia mandata a memoria, e prima

legato a quei mezzi, arrivando a riunire una collezione


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RANCO il Museo Europeo dei Trasporti

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unica e forse inarrivabile. Per un privato non è certo age-

dell’evoluzione dei trasporti nel tempo. Si comincia dalla

vole un tal genere di collezione, a cominciare dal proble-

trazione animale, nelle sue varie forme, per passare

ma della sua ubicazione. Il prof. Ogliari, raro esempio

all’eolico, al vapore, all’elettricità e al motore a scoppio,

vivente di gran signore di stampo rinascimentale, umani-

fino alla scalata del cielo, dalla mongolfiera ai viaggi

sta del nostro secolo, mecenate e filantropo al tempo

siderali con un frammento di roccia spaziale. I più antichi

stesso, memore della propria esperienza al Museo della

mezzi di locomozione esordiscono con i primi bicicli e

Scienza, non vuole però fare una raccolta da privato colle-

tricicli, seguiti dalla ricostruzione di una stalla con tanto di

zionista, ma che possa bensì svolgere una funzione didat-

cavallo, di una stazione di posta e di una bottega da mani-

tica a beneficio di tutti. Inizia così ad ammassare gli

scalco. Sulle note della Marcia di Radetzky si possono

ingombranti reperti nel giardino di Villa Fantasia, dando

ammirare le primigenie carrozze di fine 1700, poi

vita nel 1954 al Museo dei Trasporti Ogliari, raccolta priva-

l’omnibus a due cavalli, la diligenza a due piani e il tram a

ta dove, per volere del suo fondatore, non si paga alcun

cavalli, come quello che dal 1876 collegava Milano con il

biglietto d’ingresso perché cultura e svago costituiscono

Parco di Monza. La diligenza cresce e arriva a valicare le

diritti inalienabili per la collettività. In breve valore e fama

Alpi con servizi regolari, come quello del Sempione tra

dell’iniziativa valicano i confini nazionali, e il museo di

Domodossola e Briga, ma ormai incombe l’epoca del tre-

Ranco ottiene il riconoscimento da parte della Comunità

no a vapore: il più antico è il famoso “gamba de legn”, rea-

Europea e viene inserito nella lista dei luoghi “Memoria

lizzato nel 1892 dalla Breda in mille esemplari con il nome

del Mondo” dell’Unesco. Un bel risultato, non c’è che dire,

di Busseto in onore di Giuseppe Verdi, primo amore della

per premiare la passione di un fanciullo partita da un tre-

collezione Ogliari. I treni evolvono rapidamente e a Ranco

nino elettrico. “Tre secoli in tre ore” è il motto coniato dal

se ne ritrova un ampio campionario, anche con pregevoli

prof. Ogliari, perché questo è il tempo necessario per una

reperti storici: dal convoglio a scartamento ridotto con il

visita non superficiale della sua straordinaria raccolta,

quale il maresciallo Cadorna ispezionava il fronte durante

ordinata in successione storica e cronologica,

la Grande Guerra, alla vettura ferroviaria pontificia di papa


83 Pio IX, a quella personale di Giuseppe Verdi per i suoi spostamenti tra Roncole e Milano. Poi al vapore subentra l’elettricità e le città europee si riempiono di tramway, che in meno di mezzo secolo evolvono in autobus prima e in metropolitane poi, mentre anche i treni abbandonano il vapore: a Ranco troverete di tutto un po’. Ma l’attivismo collezionistico del prof. Ogliari non si limita ai mezzi di trasporto via terra, interessa anche funicolari, cremagliere, seggiovie e cabinovie per la conquista del cielo, senza ignorare l’evoluzione di biciclette, motociclette e automobili. E per finire due vere chicche: il centinaio di manichini in costumi d’epoca ospitati sui diversi mezzi di trasporto e l’enorme plastico che ricostruisce la “Città ideale” pensata cinquecento anni fa da Leonardo e descritta nel Codice Atlantico: 15 km di rete elettrica, 193 locomotive e 680 carrozze in perpetuo movimento e poi impianti a fune, autobus e filobus, per non parlare della raccolta di oltre 20 mila tra libri, documenti, foto, orari e quant’altro. Il tutto dove? Ma nel parco di Villa Fantasia, ovviamente! A questo punto tutti si saranno resi conto dell’eccezionalità del Museo dei Trasporti e del suo fondatore, uomo eclettico ma decisamente umile e schivo, un grande umanista del nostro tempo come lo ha definito il sociologo Francesco Alberoni, protagonista attivo e di spessore della cultura europea. Per tentare di ricostruirne un po’ di biografia abbiamo dovuto sudare le tradizionali sette camicie e non siamo certi di aver annoverato più certezze che lacune. Dunque avvocato, giornalista e scrittore, docente universitario, esponente politico ed ex consigliere comunale a Milano, docente alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale e titolare della cattedra di organizzazione dei trasporti allo IULM di Milano, presidente da trent’anni della Società Dante Alighieri di Milano, della Federazione Italiana Modellisti Ferroviari e vicepresidente del Circolo della Stampa milanese e, tanto per gradire, candidato più volte al Premio Nobel. Non male per un fanciullo partito da un trenino elettrico.• Info: Museo Europeo dei Trasporti Francesco Ogliari, via Alberto 99, Ranco (Varese), tel. 0331.975198, info@museo-ogliari.it, www.museo-ogliari.it . Apertura: ottobre-marzo compresi: ore 10-12 e 14-16; aprile-settembre: ore 10-12 e 15-18, tutti i giorni escluso ogni lunedì feriale. Accessibile ai disabili, ingresso gratuito e parcheggio. Itinerario da Milano: autostrada A8 Milano-Laghi per Sesto Calende, uscita a Sesto Calende quindi statale 629 fino ad Angera e poi provinciale per Ranco. Km 52 dalla barriera di Milano Nord


L' abito fa la sposa?/dressing for that special day

L'abito fa la

84


85 Testo di/Text by Viviana

F

?

La moda nuziale dall'antica Roma ad oggi

Tessa

rivola, romantica, leziosa, austera o pratica, la sposa esprime nella linea dell'abito nuziale la sua intima inclinazione. E il suo gusto. Ma non è sempre stato

così. In passato la tradizione ha determinato certi caratteri legati più alla simbologia che all'estetica. La semplicità e la purezza della sposa nella Roma antica si esprimevano in una tunica bianca, recta o regilla, di linea essenziale, tessuta a righe verticali e in un velo rosso fiamma, flammeum, a coprire i capelli, divisi ritualmente in sei trecce, e il viso affinché rimanesse nascosto a occhi diversi da quelli del «promesso». L'opulenza dell'epoca augustea segnò tracce preziose anche sugli abiti da sposa che brillavano di ricchi ricami. Non da meno quelli delle donne cristiane, ad onta dei severi insegnamenti di sobrietà impartiti da S. Agostino. L'invasione dei barbari ingarbugliò cultura e tradizioni, con riflessi anche sulla moda. La linea austera e ieratica del vestito nuziale romano tenne duro, ma i colori virarono in sfumature più morbide:

Dressing for that

F

rivolous, romantic, prim, austere or practical, in the choice of her wedding dress the bride expresses her intimate inclinations. And her taste. But it has not

always been like this. In the past

wedding dress tradi-

tions dictated more symbolic than aesthetic characteristics. In ancient Rome the bride's simplicity and purity were expressed by her white tunic, the recta or regilla, with its essential lines, which was made from a verticallystriped fabric and worn with a bright red veil, the flammeum, which covered her hair, ritually divided into six plaits, and also her face which had to remain hidden from everyone except her “betrothed.” The opulent

era of

Augustus introduced precious touches even on wedding gowns which sparkled with elaborate embroidery. As did those of Christian women, notwithstanding the severe lessons in sobriety given by Saint Augustine. The Barbarian invasion complicated both the ethos and the traditions of the day with repercussions also on fashion. The austere and solemn lines of the Roman wedding dress did not change, but the colours took on softer hues: blue, pink and violet, toning down the sharp white, gold and red shades which had been popular up to then. However, crimson continued to be used for bridal tunics throughout the Middle East for various centuries. Even in Byzantium, where pre-

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L' abito fa la sposa?/dressing for that special day

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azzurro, rosa, violetto, attenuando la violenza netta del

cious materials were taken into special account, and were

bianco-oro-rosso fino ad allora prediletto. Tuttavia il

embellished with every kind of stone. Crimson and gold

rosso porpora colorò le tuniche da sposa per secoli in

were also used by Hebrew brides.This combination of

tutto il Medio Oriente. Persino a Bisanzio dove si teneva-

white and red seemed to evoke, according to the

no in gran conto le stoffe pregiate, ricchi castoni di gem-

symbology of the time, the fascinating amalgam of that

me d'ogni sorta. Porpora e oro anche per le spose di cul-

purity and passion which was stirring in the soul of the

tura ebraica. La combinazione bianco-rosso del resto

bride and groom. In the nineteenth century bridal white

sembrava evocare, per la simbologia del tempo,

became fashionable in aristocratic and bourgeois mar-

l'affascinante amalgama di purezza e passione che

riages: white broken only by gold and silver trimmings in

dovrebbe agitarsi nell'animo delle coniugande. Il bian-

French Empire style. These were less popular with the

co-sposa diventa di prammatica nei matrimoni

lower classes who preferred the more gaudy crimson or

dell'aristocrazia e della borghesia dell'Ottocento: bian-

black with coloured woollen embroidery and worn with a

co snebbiato da guarnizioni in oro e argento ispirate allo

white shawl. The aristocratic classes also favoured black

«stile impero» di origine francese. Meno apprezzato

for the civil ceremony but it sparkled with sequins, while

dalle classi popolari che preferivano la più vistosa tinta

pastel colours (with pink being the most popular) lavishly

purpurea o il nero alleggerito da ricami in lana colorata e

embroidered with pearls and sequins were worn for the

da uno scialle bianco. Nero, ma luccicante di paillettes,

signing of the marriage portion contract. But above and

anche per l'aristocrazia nel rito civile del matrimonio, e

beyond the allegorical connotations of the colours which

tinte pastello (soprattutto il rosa) fitte di perle e lustrini

remained significant down the centuries, the style of the

per la firma del contratto dotale. Al di là dell'allegoria dei

wedding dress was a way of identifying the elements

colori che rimane significativa nei secoli, nella foggia

which characterised the mores of the time conditioned, as

dell'abito da cerimonia si potevano individuare i caratte-

they were, by the different historical and social situations.

ri legati alla tradizione, che era condizionata dai diversi

The train was introduced in the 13th century, an era of

momenti storico-sociali. Nel XIII secolo, epoca di fioritu-

thriving commerce and which saw appearance of the bour-

ra commerciale e di nascente borghesia, compare lo

geoisie, and down the centuries it remained the most

strascico, che resterà nei secoli l'elemento essenziale del

important element of the wedding dress.

The longer it

vestito di nozze. Quanto più era lungo e richiedeva un

was and the more material it took the more indicative it

gran dispendio di stoffa tanto più era sintomo di ric-

was of wealth and social prestige. The sleeves, which

chezza e di prestigio sociale. Le maniche, attillatissime

were skin-tight thanks to the introduction of buttons,

grazie anche al primo comparire dei bottoni, costituiva-

were lavishly embroidered and set with precious stones.


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L' abito fa la sposa?/dressing for that special day

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89 no un vero e proprio tesoro per via dei sontuosi ricami a

And as if this was not enough the bride, especially if she

pietre preziose. Se non bastasse, la sposa, specie se nobi-

was a noble bride, also wore elaborate belts and diadems.

le, si adornava con ricche cinture e diademi. Come nel

As in the case of Isabel of Aragon who, for her marriage to

caso di Isabella d'Aragona che sposò Gian Galeazzo Sfor-

Gian Galeazzo Sforza, wore a dress in heavy gold bro-

za vestita di pesante broccato d'oro e sul capo una gran

cade and on her head wore a large crown which was

corona esageratamente incrostata di perle. Il lusso delle

overly encrusted with pearls. The luxurious tastes of

spose di alto lignaggio perdurò nei secoli, trovando una

brides from the noble classes lasted down the centuries

notevole espressione, nel tardo Trecento, nei regali man-

and became even more marked in the late 13th century

telli foderati di pelliccia pregiata come l'ermellino. Abiti

when regal mantles, lined with expensive furs like ermine,

nuziali particolarmente pomposi sfoggiarono nel XV

became popular. In the 15th century Nannina de' Medici

secolo Nannina de' Medici, sposa di Bernardo Rucellai,

married Bernardo Rucellai, wearing a pompous wedding

che indossava una cotta di damasco bianco broccato

dress made of a flowery gold and white damask brocade

d'oro fiorito, con maniche interamente di perle, e Bianca

with sleeves entirely covered with pearls. And Bianca

Maria Sforza, nipote di Ludovico il Moro, che sposò

Maria Sforza, the niece of Ludovico il Moro, who married

l'imperatore Massimiliano d'Austria in una veste di raso

the Emperor Maximilian of Austria, wore a rare crimson

cremisi riccamente ricamata a raggi d'oro, con un cor-

satin embroidered wedding dress embellished with

petto tempestato di gemme, enormi maniche ad ala,

golden rays with a bodice studded with gems, enormous

uno strascico lunghissimo, nonché un'acconciatura di

winged sleeves, an extremely long train and she wore dia-

diamanti e perle. Ma a dettar legge sulla moda del Quat-

monds and pearls in her hair. But it was Beatrice d'Este

trocento fu Beatrice d'Este che esibiva vestiti da lei stes-

who dictated fashion trends in the 15th century, wearing

sa disegnati, in gara con la sorella Isabella. Donna dal

dresses she had designed herself in an ongoing duel with

gusto originale e magnifico, anche Lucrezia Borgia: a

her sister Isabella. Lucrezia Borgia was another woman

anno 4 - n°15 marzo 2015


L' abito fa la sposa?/dressing for that special day torto famosa solo per intrighi e veleni, ebbe il suo peso sulla moda. Quanto agli abiti da sposa, poi, fu una vera esperta dato che contrasse ben tre matrimoni. Sposò Giovanni Sforza, conte di Codignola (1493), indossando un abito di broccato d'oro e d'argento che si prolungava in una coda vistosa e coprendosi di gioielli. Sposò, nel 1498, Alfonso d'Aragona, figlio naturale del Re di Napoli e si unì in terze nozze (1502) ad Alfonso d'Este, primogenito di Ercole duca di Ferrara, indossando un abito davvero spettacolare: una serie di gonne sovrapposte in raso, velluto e broccatello, una tunica foderata di ermellino e una sopravveste in broccato d'oro. In testa una cuffia d'oro ricamata con rubini e diamanti, le stesse gemme che le ornavano il collo. Il Seicento, dominato dal barocco, esagerava nell'abito da sposa la linea della faldia spagnola che esigeva un busto sottile, stretto in fascette, stecche o altri simili «strumenti di tortura». Era anche l'epoca delle camicie trasparenti (che indignarono papa Innocenzo XI tanto da ordinarne il sequestro presso le lavanderie) e dei seducenti décolletés ornati da merletti o da leggerissimi veli riccamente lavorati, i fishu, che furono di gran moda fino all'Ottocento. Attribuita a Maria de' Medici la creazione di una scollawho had original and magnificent tastes:

wrongly

famous only for her intregues and poisons, she also left her mark on fashion.

And when it came to wedding

dresses she was something of an expert as she married three times. When she married Giovanni Sforza, Count of Codignola (1493), she wore a gold and silver brocade dress with a showy train and she covered herself with jewels. In 1498, she married Alfonso of Aragon, the natural son of the King of Naples and then, in 1502, for the third time she married Ercole the Duke of Ferrara, wearing a truly spectacular dress: a series of satin, velvet and brocade skirts worn one over the other, a tunic lined with ermine and an over-vest in gold brocade. On her hair she wore a gold cap embroidered with rubies and diamonds, with more of the same around her neck. In the 17th century, dominated by Baroque, wedding dresses were inspired by the Spanish faldia which had a narrow girdle, nipped in with bands, whalebone or other similar “instruments of torture.”

This was also the era of transparent

blouses (to the indignation of Pope Innocent XI who ordered them to be impounded in laundries) and of seductive décolletés embellished with lace or light and elaborately embroidered materials, the so-called fishu which were so fashionable at the end of the 19th century.

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The creation of a square neckline, bordered with a pleated


91 tura quadrata bordata da un collare arricciato tutt'attorno alle spalle lasciate ben scoperte, che destò una severa reazione da parte della Chiesa in occasione del suo matrimonio per procura con Enrico IV, Re di Francia. Influenzato invece dallo stile francese nei periodi barocco, rococò e neoclassico, l'abito da sposa del Settecento. Pur ritenuto troppo «disinvolto» l'andrienne, vestito molto aderente e scollato con ampio mantello a strascico, in gran voga a quell'epoca, fu scelto da Carlotta Aglae d'Orléans, reggente di Francia, per le sue nozze a Modena (1720) con Rinaldo d'Este. Il rococò profuse di fiorellini e

collar around the shoulders, which were left bare, has been attributed to Maria de' Medici and it brought a strong reaction from the Church on the occasion of her proxy marriage to Henry IV, King of France. The 18th-century wedding dress, on the other hand, was influenced by the French Baroque, Rococo and neoClassical styles. And while considered too “uninhibited” the andrienne, a very tight dress with a plunging neckline and a long cape with a train, became highly popular and was chosen by Charlotte Aglae of Orléans, the French regent, for her wedding in Modena (1720) to Rinaldo d'Este. The Rococo style introduced tiny flowers and pastel coloured satin, velvet and taffeta, while neo-Classical


La L' abito nuovafaCantina la sposa?/dressing Marchesi Antinori for that special day

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di tinte pastello raso, velluto e taffettà, mentre spunti

suggestions triumphed in the austere “Empire style” after

neoclassici trionfavano nell'austero «stile impero» dopo le

Napoleon's victories culminating in the wedding of Ma-

vittorie di Napoleone che culminarono nel matrimonio

ria Luisa of Austria, regally arrayed in symbolic white

con Maria Luisa d'Austria, regalmente vestita in simbolico

with gold decorations and with a purple mantle lined

bianco decorato in oro, con manto porpora foderato

with ermine. The apotheosis of the wedding dress, seen

d'ermellino. L'apoteosi dell'abito da sposa, visto come

as the expression of solemnity, was reached in the 19th

espressione massima di solennità, viene raggiunta

century. Elisabeth of Baviera (better known as the Prin-

nell'Ottocento. Elisabetta di Baviera (più nota come princi-

cess Sissi) led fashion in the second half of the 19th cen-

pessa Sissi) dettò moda nella seconda metà del XIX secolo

tury and, for her marriage to Franz Joseph, the Emperor

e per le sue nozze con Francesco Giuseppe, imperatore

of Austria (1854), chose an antique moiré dress, gener-

d'Austria (1854) scelse un vestito di moiré antico, ab-

ously embroidered with gold and silver and embellished

bondantemente ricamato in oro e argento e ornato di mir-

with myrtle. It had an underskirt held up with whalebone

to. Sottogonna sostenuta da stecche di balena e un pesan-

and a heavy mantle with a train which was embroidered

te mantello a strascico ricamato in oro, fissato alle spalle da

with gold and fixed to her shoulders with splendid dia-

splendidi fermagli di diamanti. Ma il culmine della pompo-

mond clips. But the apex of pomposity was certainly the

sità fu certamente l'abito che Margherita di Savoia indossò

dress which Margherita of Savoy wore for her wedding

andando in sposa al cugino Umberto, figlio di Vittorio

to her cousin Umberto, the son of Vittorio Emanuele II.

Emanuele II. Eccentrica e appariscente per definizione, la

For the occasion the eccentric and ostentatious Queen

regina Margherita preferì per l'occasione un abito ridon-

Margherita choose a dress covered with daisies, roses and

dante di margherite, rose e fiori d'arancio (di cera), festoni

orange blossoms (made from wax), festoons of bells,

di campanelle, fiocchi, balze, ricami e merletti. Il tutto

bows, flounces, embroidery and lace. All of which was

«alleggerito» da un manto lungo tre metri e sessanta cen-

“lightened” by a mantle which was three meters and sixty

timetri. Tuttavia si deve alla regina Margherita l'impulso

centimetres long. However Queen Margherita did boost

dato alla lavorazione di pizzi e trine, sostenendo attiva-

the production of laces and actively supported the School

mente la Scuola di merletti ad ago di Burano dalla quale

of Lace and Needle in Burano which also made highly

uscirono anche le raffinatissime decorazioni, eseguite

refined decorations, under the queen's watchful eye.

sotto il diretto controllo della sovrana, per l'abito nuziale

Some of these embellished the wedding dress of Princess

della principessa Elena di Montenegro, sposa del futuro re

Elena of Montenegro, the wife of the future King Vittorio

Vittorio Emanuele III. La moda di fine Ottocento, primi del

Emanuele III. At the turn of the nineteenth century fash-

Novecento arrivò ad altissimi livelli anche grazie a Worth

ion reached new heights thanks to Worth, the Parisian

di Parigi, sarto di imperatrici e nobildonne; ma la prima

tailor who counted empresses and noblewomen among

guerra mondiale porterà fine a quel tipo di linea elaborata

his clients. Then the First World War put an end to these

e vistosa tornando a fogge più semplici dallo stile elegante

elaborate and showy types of fashion, imposing simpler,

ed essenziale. •

more elegant and essential styles. •


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Kaleidoscope

Hotel di Artifex

Z

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Schweizerhof a Zurigo

urigo, la capitale economica svizzera e capitale

tasia di una signora, che può avere la delusione di non

culturale, affascina visitatori provenienti da tutto il

avere la finestra sul prospetto principale, ma poi si accor-

mondo. Proprio di fronte al prospetto principale

ge che anche l’affaccio laterale è interessante, perché

della Bahnhofstrasse di Zurigo si scorge subito l’austera,

già vi si scopre la possibilità di un “ricco” shopping. Si

monumentale facciata dello Schweizerhof Hotel, un

tratta infatti della via più elegante di Zurigo, dal punto di

quattro stelle lusso che fa parte della “Worldhotels First

vista delle grandi firme, specie per l’abbigliamento e la

Class Collection”. Pochi gradini e un ampio atrio vi porta

pelletteria. Esclusive boutique, banche di fama interna-

di fronte alla Reception, dove gentilissimi “ addetti

zionale e numerose attrazioni turistiche sono infatti rag-

all’accoglienza”, offrono subito all’ospite il gradito ben-

giungibili a piedi. Costruito nel 1876 e completamente

venuto di una spremuta d’arancia o di un bicchiere di

ristrutturato nel 2001, l’hotel conta 107 camere (su 5 pia-

Prosecco e un piccolo asciugamano appena inumidito

ni), tutte ben attrezzate, con comodi letti regolabili elet-

nel caldo tepore di un morbidissimo guanto. Qualche

tricamente e insonorizzate (finestre con tre vetri). La sua

domanda sulla bontà del viaggio, le firme di rito e poi

posizione, pur centrale, permette di raggiungere in 12

subito l’ospite viene accompagnato alla camera stabilita

minuti, con treno diretto, l'aeroporto internazionale di

dal programma di viaggio. Una rosa nel bagno, orchidee

Zurigo. I servizi offerti sono davvero eccellenti e dallo

sul tavolo tondo, accanto all’alzatina con la frutta e i cioc-

stile elegante; si pensi ad esempio alla ricca gamma di

colatini sono i dettagli che possono colpire subito la fan-

strutture gastronomiche in cui si possono gustare piatti


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semplici a pranzo e sofisticati menu à la carte a cena, preparati e serviti tutti “in modo artistico e raffinato”, trasformando la cena in un'esperienza culinaria indimenticabile. Ma anche la prima colazione, servita in una bella saletta dalle ampie finestre poste sul prospetto principale di fronte alla Stazione Centrale, è un momento assai gradevole per la gran varietà di cibi pronti o da cucinare à la carte, con grande rapidità e cortesia. • Per informazioni: Hotel Schweizerhof Zurich +41 44 2188888 www.hotelschweizerhof.com info@hotelschweizerhof.com


Kaleidoscope

The Hotel

a Lucerna

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97 di Artifex

D

a un'intesa perfetta fra il progettista, l’architetto francese Jean Nouvel e il committente Urs Karli è nato a Lucerna, nei primi anni 2000, “The Hotel”,

un albergo di grande fascino e particolarmente originale per alcune innovazioni introdotte dal progettista, quali ad esempio le decorazioni pittoriche dei soffitti delle camere, poiché " l'albergo”, per J.Nouvel, “deve essere un luogo di divertimento, fatto per intrattenere gli ospiti” : un “palcoscenico perfetto". Ed ecco come, in ognuna delle 25 stanze, sul soffitto, l’ospite, in un primo momento un po’ sconcertato, vede proiettate in grande scala appena appoggia il capo sul cuscino del proprio letto, scene cult del cinema a base di sesso e amore. In sei mesi di attenta ricerca Jean Nouvel ha scelto infatti e organizzato 25 video clip da 200 film originali: da "Il Casanova" di Fellini; ad un momento sensuale di "Les Liaisons Dangereuses," di Stephen Frears con Michelle Pfeiffer, alle scene di "Querelle" di Rainer Werner Fassbinder o "Tè nel deserto" di Bertolucci, "When Night is Falling" di Patricia Rozema, "Matador" di Pedro Almodovar, "Quell'oscuro oggetto del desiderio" di Luis Buñel, "The End of Violence" di Wim Wenders, "The Pillow Book" di Peter Greenaway. Entrare nella propria stanza diventa quindi davvero una sorpresa, poiché i corridoi di accesso sono “minimali”, nel senso che non presentano alcuna decorazione né colore particolare e quando si giunge all’ingresso della camera, oltre alla sorpresa dei soffitti, si può notare anche la raffinatezza degli arredi, tutti disegnati da Jean Nouvel : dalla scrivania, ai letti, ai tavoli, le sedie e le poltrone, divisori verticali in legno e pannelli orizzontali in acciaio inossidabile in una interazione fra natura e tecnologia. Varie composizioni di colori originali e diverse in ogni ambiente, firmate da Alain Bony, consulente di Nouvel, creano affascinanti giochi luminosi e cromatici, assecondando così le tendenze artistiche, oltre che architettoniche di Nouvel. L'albergo conta dieci suite con patio privato, cinque suite d'angolo più piccole e dieci suite extralusso. Durante la colazione al mattino, è possibile leggere frasi razionalmente studiate dal progettista, che scorrono sulle sfaccettature delle vetrate poste in alto, a livello della strada. La posizione centrale fa sì che dall’hotel si possa raggiungere la preziosa sede della Collezione Rosengart di Lucerna (200m.), la Stazione ferroviaria di Lucerna (250m.) e il Centro Culturale di Nouvel sul Lago.• THE HOTEL | Sempacherstrasse 14 | 6002 Luzern | Switzerland Tel +41 41 226 86 86 | Fax +41 41 226 86 90 info@the-hotel.ch | www.the-hotel.ch


Foto copertina: Niger di Anna Alberghina

Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com www.emotionsmagazine.com Progetto Grafico, impaginazione e creazione logo Emotions Ilenia Cairo icairo@emotionsmagazine.com Collaboratori Anna Alberghina, Anna Maria Arnesano, Giulio Badini, Luisa Chiumenti, Marco De Rossi Giuseppe Garbarino, Pamela McCourt Francescone, Mario Masciullo Mariella Morosi, Viviana Tessa Traduzione testi Pamela McCourt Francescone Responsabile Marketing e Comunicazione Mirella Sborgia msborgia@emotionsmagazine.com Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 - 00198 Roma Tel. e fax 068417855

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 - N° 310/2011 Copyright © - Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Casa Editrice che ne detiene i diritti.


arte

n

La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria. Karl Kraus

srl

viaggi e cultura

falegnami dal 1841



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