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NAMIBIA: DALLE VOLUTE SCENOGRAFICHE DELLE DUNE DI SABBIA AI VILLAGGI DELL’ETNIA HIMBA
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NAMIBIA: DALLE DUNE DI SABBIA AI VILLAGGI DELL’ETNIA HIMBA
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KYRGYZSTAN LA MAGICA VOCE DEI SILENZI KIRGHISI
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IL TRENO DELLE VILLE PONTIFICIE
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VIAGGIO ALLA RISCOPERTA DI DUBLINO
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UNO CHEF MICHELIN A YANGON
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SKIATHOS: NATURA SELVAGGIA E NIGHT LIFE
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UN TUFFO NEL PASSATO: IL BORGO MEDIEVALE DI TORINO
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Photo by Mauro Parmesani
Dire.ore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emoeonsmagazine.com Creazione logo Ilenia Cairo
Proge.o grafico e impaginazione Elisabe3a Alfieri e.alfieri@emoeonsmagazine.com
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I LUOGHI DI SISSI
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COSENZA: VIAGGIO NEL TEMPO NELLA CITTA' DEI SETTE COLLI E DELLA CULTURA
Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumene Giuseppe Garbarino Niccolò Garbarino Pamela McCourt Francescone Mariella Morosi Mauro Parmesani Clara Svanera redazione@emoeonsmagazine.com
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Fotografi Anna Alberghina Archivio Emoeons Mauro Parmesani Lake Geneva Region Tourist Office Beau-Rivage Genève
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Responsabile MarkeBng e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emoeonsmagazine.com
KALEIDOSCOPE Avani Riverside Bangkok Hotel
Cura rivista online Idea Art&More web@emoeonsmagazine.com
La SPA dello Schlosshotel Velden
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LIBRIEMOTIONS
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Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 -00185 Roma Tel e Fax 068417855
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tu3o il materiale [tese e immagini] uelizzato è copyright dei rispefvi autori e della Case Editrice che ne deeene i dirif.
Ristorante Seeds di Yangon
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TERESA CARRUBBA EDITORE DIRETTORE RESPONSABILE
Scriviamo ar!coli per suscitare emozioni I più fortunati avranno trascorso le feste natalizie in atmosfere caraibiche o in spiagge equatoriali. Per gli altri è questo il momento di programmare un bel viaggio, magari in un luogo da meditazione come può esserlo il deserto, tra dune maestose e allo stesso tempo mutevoli alla mercé di una tempesta di vento. Un viaggio in Namibia, per esempio, raccontato da Emotions, tra montagne di sabbia e incontri con le etnie locali, gli Himba. Un’opportunità da non perdere neanche in Kyrgyzstan, quella di avvicinare popolazioni autoctone come i nomadi, semplici pastori di yak e pecore, che vivono in villaggi sparuti fatti di yurte, le tradizionali tende in feltro su una struttura di legno. I meno avventurosi penseranno a una grande città, come Dublino con quartieri storici e pittoreschi come Temple Bar, che dagli Anni Novanta è stato oggetto di un notevole processo di riqualificazione urbana. O Ginevra sulle orme della principessa Sissi che qui morì esattamente 120 anni fa nel Beau Rivage il magnifico storico hotel di Ginevra dove c’è una suite dedicata all’imperatrice. O, più vicino a noi, Torino, con l’insolito quartiere medievale, una minuziosa ricostruzione progettata in occasione dell’Esposizione Generale Italiana del 1884. Un’idea per un’escursione di un giorno per i cittadini romani è prendere un treno dedicato all’interno della città del Vaticano e andare a Castel Gandolfo per visitare le Ville Pontificie recentemente aperte al pubblico per la prima volta. Da ultimo un tuffo gastronomico nel Myanmar per assaggiare le prelibatezze che lo chef Michelin svizzero Felix Eppisser prepara al ristorante Seeds di Yangon, “sulle sponde del Lago Inya poco lontano dal simbolo stesso del Paese, la magnifica Shwedagon Pagoda”.
Photos by Mauro Parmesani
Dalle volute scenografiche delle dune di sabbia ai villaggi dell’etnia Himba
La regione del Damaraland, abitata dai Damara, il gruppo etnico piĂš an:co del paese
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Namibia MAURO PARMESANI
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Namibia La strada asfaltata corre tra alte colonne di dune sabbiose, ci fermiamo di fronte alla numero 42, la più fotogenica. Sedue sulla morbida e fredda arena, aspefamo che le uleme ombre della no3e lascino il posto alla luce. Una luce magica, capace di modellare il panorama come un geniale pi3ore. Capace di infiammare gli animi e la fantasia di chi assiste a questo spe3acolo naturale. La Duna 42 è il simbolo delle cenenaia presene nel Namib Nauklu! Park, un’infinita sequenza di sabbia che si estende per 1600 km lungo la costa namibiana
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formando il Namib Desert, il più vecchio del pianeta. Il cuore sabbioso è rappresentato dalla zona di Sossusvlei, dove sve3a il Big Daddy, la duna più alta del mondo con i suoi 360 metri. Salirvi è un’impresa che richiede pazienza e buone gambe ma, lo spe3acolo maestoso del mare di onde è indimenecabile. Il colore ambrato della sabbia, inoltre, contrasta con il bianco accecante dei pan salaI che punteggiano l’immensa distesa. Oasi brulle, dal fondo riarso dal sole, un tempo laghef alimentae dai fiumi Aub e Tsauchab che ora scorrono so3oterra.
A sinistra: Elefan:, nella regione del Damaraland, l’entroterra della Namibia A destra in alto: Le dune del Kaokoland, uno dei luoghi piÚ remo: della Namibia
A destra in basso: bambino Himba, il gruppo etnico che popola queste terre deser:che EMOTIONS
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Le dune del deserto di Sossusvlei dove sve)a il Big Daddy, la duna piĂš alta del mondo, nel nord del Paese
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In alto: Ragazze Himba nel parco nazionale d'Etosha, nel nord della Namibia
in basso: Lodge nel Sossusvlei Wilderness Camp
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Il Ded Vlei è il pan più celebrato, si trova proprio ai piedi del Big Daddy con l’aneca foresta trasformata, quasi per magia, in spe3rali tronchi annerie dal sole. Con un piper sorvoliamo il mare di dune dirigendoci verso la ci3adina coseera di Swakopmund fondata dai tedeschi nell’800 e, che ancora oggi, ha mantenuto la fisionomia di un classico villaggio germanico. La costa è un susseguirsi di colonie di foche e fenico3eri che, nella riparata Sandwich Harbour, trovano un luogo tranquillo e sicuro per riprodursi. Il volo conenua alla volta dell’entroterra, nella regione del Damaraland, abitata dai Damara, il gruppo etnico più aneco del paese. Il paesaggio è un susseguirsi di spoglie montagne di arenaria rossa FEBBRAIO
e marrone, di vallate alluvionali e di vase pianori di sabbia intervallae dalla alta erba elefante. All’apparenza sembra una regione inospitale ma, le fi3e nebbie e l’umidità proveniente dal mare, distante un cenenaio di chilometri, creano, invece, un habitat eccezionale per la flora e per la fauna autoctona. E qui che sorge, su oltre 80mila e3ari, la Torra Wildlife Conservancy, una riserva dedicata all’ecoturismo, completamente geseta dalle comunità locali con il supporto della Wilderness Safaris. L’esplorazione del territorio, dall’aspe3o lunare, ci perme3e di ammirare piante straordinarie come lo Sheppard Tree, le cui foglie se ingerite per una quindicina di giorni, secondo le donne locali, rendono la pelle luminosa e vellutata.
Namibia
A sinistra: Panorama delle Dune del Kaokoland, nel deserto del Nord
A destra in alto: I graďŹƒ: di Twyfelfontein, localitĂ in cui si trovano oltre 3mila incisioni degli an:chi Boscimani A destra in basso: In bicicle)a nel Damaraland
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E’ un territorio dal fascino primitivo di roccia e sabbia che il vento modifica costantemente sotto un sole rovente dove gli animali vagano continuamente alla ricerca dell’acqua
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Namibia Il Ded Vlei è il pan più celebrato, si trova proprio ai piedi del Big Daddy con l’antica foresta trasformata, quasi per magia, in spettrali tronchi anneriti dal sole
In alto: Un lodge del Litle Kulala a Sossusvlei
In basso: Interno del lodge Wolwedans
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Seguiamo con le jeep della Wilderness (i più sporevi in mountain-bike), la pista che costeggia il fiume Huab il cui le3o, quasi sempre asciu3o, delimita le pianure sabbiose ed erbose, dove è facile incontrare famiglie di elefane e gruppi di springbok (anelopi) e orici, dalla catena montuosa delle Brandberg Mountains i cui rilievi di 2532 metri, sono i più ale del paese. La meta indiscussa dell’esplorazione è Twyfelfontein, una località in cui si trovano oltre 3mila incisioni rupestri create dagli anechi abitane Boscimani che qui davano sfogo alla propria creaevità areseca. Con il nostro piper, che rappresenta l’unico modo per spostarsi velocemente da una parte, ripareamo alla volta del Kaokoland, uno dei luoghi più remoe della Namibia, assieme alla Skeleton Coast. E’ un territorio dal fascino primievo di roccia e sabbia che il vento modifica costantemente so3o un sole rovente dove gli animali vagano conenuamente alla ricerca dell’acqua. E’ un luogo difficile ma di estrema bellezza in cui gli unici abitane, oltre gli animali, sono i pastori Himba, che da secoli popolano il territorio. Questo gruppo etnico vive in piccole comunità in capanne di terra e sterco ada3andosi meravigliosamente alle dure condizioni, le donne Himba per ripararsi dal sole e, per farsi belle, creano originali pefnature adornandosi con bracciali e cinture di rame e cuoio e, spalmandosi il corpo con un impasto di burro e terra color ocra. Alla fine il risultato è notevole ma l’odore che emanano per il nostro olfa3o forse troppo raffinato, non è dei migliori. Il campo d’a3erraggio è una semplice pista nella vasta Hartmann Valley a circa un’ora di jeep dal Serra Cafema Camp, unico avamposto per viaggiatori in cerca di fore emozioni. Sorge sulle rive del Kunene River il fiume che delimita il confine tra la Namibia e l’Angola, so3o un bosche3o di Acacie albida. Da qui sino al mare, distante 50 km, si estende il grande mare di dune in perenne mutamento. La magia di questo luogo remoto, sta nell’ammirarlo al calar del sole, tra conenui contrase e colori. L’immaginazione vola e i senemene affiorano dal profondo del cuore, sentendosi più vicini alla ricerca dell’assoluto. Al grande disegno divino della creazione. La Wilderness Safaris, possiede lodge ecosostenibili e a impa3o ambientale zero, in tu3e le regioni del paese. Imperdibile il Li.le Kulala a Sossusvlei e il Serra Cafema Camp nel Kaokoland. www.wilderness-safaris.com EMOTIONS
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Photos by Anna Alberghina
La Torre di Burana, il minareto dell'an:ca ci)Ă di Balasagun
KYRGYZSTAN
La magica voce dei silenzi kirghisi ANNA ALBERGHINA
Il Kyrgyzstan è un piccolo paese racchiuso nel cuore dell'Asia. Una meta insolita ma piena di sorprese, dove cultura e natura convivono alla perfezione. Il suo territorio, prevalentemente montuoso, è circondato da spe*acolari rilievi coper= da neve e ghiacci
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La magica voce dei silenzi kirghisi
Considerato lo Shangri-La dell'Asia Centrale è un vero e proprio paradiso per il popolo nomade dei Kirghisi, giune dalla Siberia in cerca di pascoli. La sua capitale, Bishkek, sorge ai piedi dei monB Alatau, una diramazione della catena del Tien Shan, i Mone Celese, che creano uno spe3acolare sfondo da cartolina. Fondata all'inizio dell'800, è il centro industriale ed economico del paese. Il suo nome, Bishkek, significa ‘zangola’, il recipiente di legno usato per fare il burro o meglio il ‘kumis’, il la3e di giumenta fermentato, che è la bevanda nazionale. Fin dal primo impa3o con questa ci3à vi si apprezza la simbiosi tra l'aneca
cultura nomade e l'archite3ura del periodo sovieeco. Seppur piccola, vanta più di vene parchi tra cui il più aneco è l'Oak Park. Con il crollo del blocco sovieeco, il Kyrgyzstan, privo com'era di risorse e di tecnologie, dovette affrontare un periodo difficile. Riuscì, tuttavia, a risollevare la sua fragile economia incenevando il turismo. Mole viaggiatori lo considerano una meta affascinante non solo per gli splendidi scenari naturaliseci ma sopra3u3o per l'opportunità che offre di incontrare i nomadi che, durante i mesi esevi, popolano i pascoli d'alta quota ove si trasferiscono con il loro beseame.
KYRGYZSTAN Con il crollo del blocco sovietico, il Kyrgyzstan, privo di risorse e di tecnologie, affrontò un periodo molto difficile. Risollevò la sua fragile economia solo incentivando il turismo
A sinistra: un campo di yurte bianche, le tradizionali tende in feltro dei nomadi a Tash Rabat
So)o: un rituale comba;mento a cavallo al Lago Song Kul, nel bel mezzo della catena del Tien Shan
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Le yurte sono rivestite di tappeti multicolori, gli ‘shyrdak’, lavorati a mano dalle donne, che attraverso i disegni piĂš svariati trasmettono messaggi secolari
La magica voce dei silenzi kirghisi
A 80 km dalla capitale, la torre di Burana si erge solitaria in un mare di verdi cangiane. Restaurato in epoca sovieeca, il minareto è tu3o ciò che resta dell'aneca ci3à di Balasagun, un insediamento karakhanide del IX secolo. Una leggenda racconta che vi fu custodita la figlia di un re locale a cui una strega aveva preannunciato la morte nel giorno del suo 18esimo compleanno. Per proteggerla, il padre la rinchiuse nella torre, senza contatti con il mondo esterno ma ella fu punta da un ragno, annidato nel suo cibo, proprio come preannunciato dalla profezia. A poca distanza, sulla riva occidentale del lago Issyk Kul, un sito a cielo aperto ospita petroglifi datae dal 1500 a.C. al 1000 d.C., raffigurane scene di caccia. Ma il più incantevole angolo del paese è, senza dubbio, il lago Song Kul, ‘l'ulemo lago’, uno specchio di acqua cristallina nel bel mezzo della catena del Tien Shan, circondato da distese verdeggiane. La pista si inerpica tortuosa sul fianco della montagna e si perde all'orizzonte. Yak, pecore e cavalli pascolano liberi. A destra: arcobaleno nei pressi del Passo Torugart, confine con la Cina So)o: fanciulle kirghise a Bishkek, la capitale
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KYRGYZSTAN
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La magica voce dei silenzi kirghisi
Qua e là si scorge il fumo che fuoriesce dalle yurte bianche, le tradizionali tende in feltro dei nomadi. Queste abitazioni, perfe3amente ecocompaebili, sono calde d'inverno e fresche d'estate. Il feltro, ricavato dalla lana delle pecore, viene avvolto a3orno ad una stru3ura di legno. Un pastore kirghiso è in grado di montare la sua yurta in meno di tre ore. Le decorazioni geometriche hanno un valore simbolico. La svaseca, la raffigurazione di animali o dei cinque elemene vogliono propiziare forza, felicità e lunga vita. All'interno, le yurte sono rivesete di tappee mulecolori, gli ‘shyrdak’. La lana, accuratamente pulita e enta, viene lavorata a mano dalle donne durante l'estate fino ad o3enere un tessuto
omogeneo e resistente. I moevi sono svariae e trasme3ono messaggi secolari. I colori brillane sono arrivae negli anni '60 con le enture sinteeche ma sembra che oggi siano tornae di moda i colori vegetali. Nelle praterie che circondano il lago Song Kul, i nomadi stanno per dare inizio ad una pareta di ‘buzkashi’ o ‘ulak taresh’. Si tra3a di uno sport aneco, la cui origine viene fa3a risalire ai tempi di Gengis Khan. Il suo nome significa ‘acchiappa la capra’ e viene praecato in tu3a l'Asia Centrale. Ricorda il Polo ma qui lo scopo del gioco è impadronirsi di una carcassa di capra. Due squadre di cavalieri cavalcano a briglia sciolta cercando di strapparsi il corpo di una capra decapitata e di lanciarla oltre
un segno di demarcazione. Il primo che riesce ad afferrarla la stringe tra la propria gamba e il fianco del cavallo ma gli avversari cercheranno di impedirglielo con ogni mezzo possibile. Non esistono regole scri3e. E' concesso colpire l'avversario con il fruseno nel tentaevo di disarcionarlo e non sono infrequene gravi infortuni. Pur essendo un gioco di squadra, è il valore del singolo ad essere esaltato. Il vincitore verrà acclamato dalla folla che partecipa con entusiasmo. L'ulak tarIsh è il gioco nazionale kirghiso, amato da tu3a la popolazione. Si dice che, in questo paese, i bambini imparino a cavalcare prima di saper camminare! Lasciamo con nostalgia gli altopiani kirghisi
diref verso il confine cinese. Lungo il percorso, i cimiteri sono vere e proprie a3razioni turiseche. Cupole e piccoli mausolei, alcuni vecchi di cenenaia d'anni, si alternano agli scheletri arrugginie delle yurte, diventate la dimora dell'oltretomba. Qua e là nere lapidi scintillanti ritraggono i defunti nei loro abiti migliori. Ultima tappa prima del Passo Torugart che segna il confine con la Cina, il caravanserraglio di Tash Rabat è una stru3ura in pietra del 15esimo secolo a 3.000 metri di aletudine. Pare che fosse originariamente un monastero nestoriano o buddista. Il suo profilo si staglia contro il cielo livido, l'aria frizzante punge la pelle. Nessun rumore, solo la magica voce dei silenzi kirghisi.
A sinistra: cupole e piccoli mausolei dei cara)eris:ci Cimiteri kirghisi
So)o: il caravanserraglio di Tash Rabat originariamente un monastero nestoriano o buddista
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“ Papa Francesco. ha deciso fin dall’inizio del suo papato di rinunciare al periodo di riposo estivo a Castel Gandolfo, com’era stata tradizione dei suoi predecessori, aprendo per la prima volta il Palazzo Apostolico e le Ville Pontificie al pubblico
TERESA CARRUBBA
Photos: © Musei Va=cani, Teresa Carrubba
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Il Treno delle Ville Pontificie Viaggio nei Giardini di Castel Gandolfo con il dott. Osvaldo Gianoli Direttore delle Ville Pontificie Condividere è il vero modo di amare. Un conce3o impegnaevo che permea di significato molte delle scelte di Papa Francesco. E forse è per questo che, dando a quelle sue parole un valore concreto, ha deciso fin dall’inizio del suo papato di rinunciare al periodo di riposo esevo a Castel Gandolfo, com’era stata tradizione dei suoi predecessori, aprendo per la prima volta il Palazzo Apostolico e le Ville PonBficie al pubblico per condividere, appunto, la possibilità di apprezzare un ingente patrimonio spirituale, culturale, storico e naturaliseco finora negato. Se non si eene conto, ovviamente, di un’eccezione storica de3ata da forza maggiore. «Nel 1944, durante la II Guerra Mondiale, quando cadde la linea di Montecassino i tedeschi segnarono la linea dei Colli Albani che passava proprio a Castel Gandolfo e in quella circostanza il popolo si rifugiò nelle Ville PonIficie cercando scampo alla guerra» racconta il Do3. Osvaldo Gianoli, Dire3ore delle Ville Poneficie «La Santa Sede era extraterritoriale e quindi inviolabile dai tedeschi. Il popolo di Castel Gandolfo è stato accolto nel Palazzo Apostolico mentre i ci-adini di Albano andarono a Villa Barberini. Si sono contaI fino a 12.500 rifugiaI. Nel Palazzo, la sala del Santo Padre fu uIlizzata come sala parto mentre la galleria di Alessandro VII come nursery. Purtroppo, i bombardamenI del 10 febbraio 1944 dopo lo sbarco di Anzio del 22 gennaio, colpirono il Collegio di Propaganda Fide dentro Villa Barberini provocando più di 500 morI tra i rifugiaI. I tedeschi avevano il comando principale nella vicina FrascaI ma il secondo comando era proprio so-o le Ville PonIficie». Da allora nessuno, oltre all’entourage papale, ebbe accesso alle proprietà di quello che è stato definito il VaBcano 2. Proprio fino alla generosa e altruiseca iniziaeva di Papa Francesco che gradualmente ha aperto le porte delle Ville Poneficie al pubblico. Nel 2014 è stata conseneta solo la visita ai giardini, nel 2015, alla galleria dei ritraf dei pontefici nel Palazzo Apostolico e nel 2016 anche all’appartamento privato del Santo Padre.
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Photo © Musei Va=cani
Photo © Musei Va=cani
Photo Š Musei Va=cani
Da sinistra: La Facciata del Palazzo Apostolico e all’interno la Galle ria dei Ritra; In basso: Sale degli AppartamenI Papali
So)o: I giardini del Belvedere, Villa Barberini
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Tu3o grazie all’organizzazione e alla logiseca da parte dei Musei VaBcani anche per quanto riguarda l’iniziaeva di uelizzare un treno dedicato, in collaborazione con le Ferrovie dello Stato Italiane, che collega la ci3à del Vaecano con le Ville Poneficie di Castel Gandolfo. E’ curioso, il tragi3o all’interno dello Stato Vaecano, con tanto di stazione, dogana, polizia ed esercito italiano e gendarmeria vaecana, è lungo meno di un chilometro. In pochi minue il treno dedicato, che può ospitare fino a 300 passeggeri, entra nello Stato Italiano e inizia il viaggio verso le Ville Pontificie arrivando alla stazione di Castel Gandolfo o a quella subito successiva di Albano a seconda dell’ordine che si vuole dare alla visita. Ma l’iniziaeva del Treno delle Ville PonBficie, come viene familiarmente chiamato, è più arecolata. Comprende prima una visita di un paio di ore ai Musei VaBcani, inclusa la Cappella SisBna, e un’interessante passeggiata lungo i giardini vaticani per raggiungere l’antica stazione. E a3raverso i giardini si percorrono anche gli o3o secoli che hanno sedimentato storia e cultura lasciando segni ancor oggi evidene nelle piante secolari e nelle essenze, dovute anche a Papa Niccolò III che nel 1280 vi fece allesere un Viridarium, ma sopra3u3o nelle fontane e nelle sculture, che ammontano a circa 570, da qualche anno ogge3o di un accurato restauro. Arrivae a Castel Gandolfo si può visitare il Palazzo Apostolico compreso l’appartamento privato del Papa, fare una visita a piedi dei giardini su prenotazione con guida obbligatoria, e una visita con mezzo ecologico che percorre tu3o l’interno della villa e del parco agreste. La proprietà extraterritoriale della Santa Sede, cioè quella intorno a Castel Gandolfo, FEBBRAIO
consiste in un’area di ben 55 e3ari, persino più grande della stessa Ci3à del Vaecano, che ne conta solo 44. Oltre al Palazzo Apostolico e Villa Cybo, che è diventata proprietà della Santa Sede durante il 1700, è stata annessa Villa Barberini, acquistata nel 1630 da Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII, poi accorpata alla Santa Sede e ristru3urata affidando il proge3o di ampliamento della palazzina e della sistemazione dei giardini a Gian Lorenzo Bernini. Negli Anni Trenta Pio XI volle acquistare degli ore presso Albano, poi integrae nella proprietà di Villa Barberini, cosetuendo un’azienda agricola perché in quegli anni di autarchia la Santa Sede voleva dimostrare in modo simbolico che aveva un’indipendenza dallo Stato Italiano. Questa azienda ancora oggi è improntata all’eccellenza di allora sulla filiera del la3e, con le mandrie e degli animali da corele. I giardini di Villa Barberini invece sono stae realizzae sull’area archeologica della Villa di Domiziano, l’imperatore romano che ha regnato dall’81 al 96 d.C. Il cuore della villa di Domiziano sta infaf proprio all’interno della Villa Poneficia, con i rese di fastose stru3ure come i magnifici ninfei, l'ippodromo, il teatro e il grandioso criptoporeco in laterizio di 120 m., in origine decorato con finissimi stucchi, una sorta di via tecta, ingresso monumentale coperto al palazzo, «Riguardo ai giardini delle Ville PonIficie, mi piace definire tre punI importanI» precisa Osvaldo Gianoli «Il primo è che si tra-a di un luogo spirituale in quanto residenza esIva del Santo Padre. Il secondo è il punto di vista archeologico perché i giardini e tu-a l’area circostante sono staI realizzaI sopra i resI della Villa di Domiziano. Terzo, ma non ulImo, è che si tra-a di un luogo di grande interesse botanico per tu-e le essenze che comprende. I giardini all’italiana sono stati realizzati dal 1929 al 1934, ma i giardini esistevano già nel Seicento, quindi abbiamo delle piante secolari che sono delle opere d’arte, per esempio c‘è un leccio di 500 anni il cui tronco sembra una scultura. Ci sono molI lecci qui. Un parco mirabile, anche grazie all’arte topiaria che, a-raverso la potatura manIene nel tempo la forma delle piante. Il giardino è stato studiato con un gran senso della prospeJva e della simmetria, con giochi di luci, di colori e di profumi. E il parco è stato realizzato sopra-u-o con essenze mediterranee interro-e qua e là da piante diverse che sono state donate nel tempo ai vari pontefici, come l’olivo che il Re Hussein di Giordania ha regalato a Paolo VI ».
Il Treno delle Ville Pontificie
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viaggio alla risco LUISA CHIUMENTI
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operta di Dublino Ritornata a Dublino dopo molti anni, ho trovato una cittĂ molto vivace, piena di vita e con architetture restaurate e quartieri risorti dal degrado
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viaggio alla riscoperta di Dublino Quartiere alla moda, Temple Bar ha perso forse un po’ dell’originaria, atmosfera di allegro romanticismo per intellettuali e artisti poveri, tuttavia oggi è considerato uno dei luoghi più attrattivi di Dublino non solo per i turisti ma anche per gli stessi irlandesi
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Ero infaf sopra3u3o ansiosa di vedere come si fosse sviluppata urbanisecamente e socialmente un’area molto suggeseva del centro storico ci3adino: Temple Bar, in quegli anni assai depressa e degradata. In effef l’intero quareere, per quasi tu3o il 20esimo secolo, aveva subito un progressivo, costante declino, a causa dell’allontanamento delle afvità manifa3uriere del centro. Il nome del quareere deriva da quello di Sir William Temple, che nel Seicento acquistò il terreno, cosetuito allora da una semplice ‘barra’ di sabbia, ossia una ‘secca’ sul fiume, dove fece costruire la sua residenza. La situazione di abbandono e degrado in cui venne a trovarsi Temple Bar tra il 1970 e l’80, proseguì ancora per circa un decennio, ma il risveglio stava per iniziare. E fu così che, dagli inizi degli anni ‘90 cominciarono ad avviarsi i primi studi per recuperare l’intera area con la redazione di progef per il suo recupero. Ed ecco, in parecolare, come il gruppo 91 Architects vinse il concorso per la proge3azione di un ‘piano quadro per Temple Bar’, con l’incarico di creare nuovi spazi pubblici e recuperare gli edifici privae circostane. Oggi Temple Bar si offre al visitatore in tu3a la sua rinnovata, tradizionale atmosfera irlandese ed è il quartiere più famoso e movimentato di Dublino, con i suoi numerosissimi pub, ristorane alla moda, negozi trendy e gallerie d’arte ed ha saputo mantenere il cara3ere storico e lo spirito dell’aneca tradizione. Il proge3o degli architef cominciò dunque ad essere realizzato. E subito anche le piazze divennero palcoscenici all’aperto per concere e spe3acoli e oggi si vedono edifici dalle allegre paree colorate, gallerie con negozi e spazi per mostre d’arte e teatri che accolgono evene FEBBRAIO
I fiumi di birra e l’Irish coffee che si consumano non solo a Temple Bar, ma ovunque a Dublino, hanno una grande tradizione e una bella storia
culturali e performance di vario epo: dall’Irish Film InsItute, alla Temple Bar Gallery & Studios, alla Gallery of Photography, per non parlare delle discoteche e degli innumerevoli locali, dove mangiare e bere, ma anche ascoltare allegra musica irlandese dal vivo. Quareere alla moda, Temple Bar ha perso forse un po’ dell’originaria, aneca atmosfera di allegro romanecismo per intelle3uali e arese poveri, ma appassionae, tu3avia oggi è considerato uno dei luoghi più a3rafvi di Dublino non solo per il turismo internazionale, ma anche per gli stessi ci3adini irlandesi, in un panorama urbaniseco e sociale molto vivace e interessante. E mentre di giorno è luogo ideale per pranzare o fare shopping, di sera e specie nel fine sefmana, vi esplode la festa: i locali sono affollaessimi e la birra scorre a fiumi fino a no3e inoltrata. Centro del diveremento e cuore pulsante della vita no3urna di Dublino, situato, con il suo dedalo di vie e stradine fra il Trinity College e la Christ Church Cathedral, sulla riva del fiume Liffey, offre oggi all’ospite, in una a3enta riqualificazione urbana del quareere, una delle zone più animate
e intrigane della ci3à. Quasi tuf i locali risuonano di musica dal vivo: dal Temple Bar al Porterhouse, all’Hard Rock Café, spesso allietae da mimi, arese e musicise che si esibiscono anche in strada e nella piccola MeeBng House Square, aperta ad iniziaeve culturali, si offrono allegri ‘mercaeni delle pulci’. Non è facile trovare posto, senza prenotazione in uno degli affollaessimi locali e in parecolare all’Oliver St.John Gogarty (18781957), posto all’angolo tra Fleet Street e Anglesea Street, uno dei più famosi, storici locali, fondae da un intelle3uale, medico, poeta e scri3ore irlandese, che ha lasciato il nome al complesso (pub, ristorante e hotel). L’ospitalità a Dublino è davvero eccellente a tutti i livelli, ma si è fortunati se si trova un alloggio proprio in una delle aree più antiche della città, quale è quella di Parnell Square, che si estende in cima a Sackville, oggi la frequentaessima, ampia arteria che porta il nome di O’Connel Street. Ai n. 5-6 di Parnell Square ecco ad esempio il Charles Stewart, un piccolo hotel realizzato in un aneco edificio restaurato, in un complesso abitaevo che, alla metà del 1700, nacque attorno ai Giardini, denominati ‘La Rotunda’, che si offrono oggi al visitatore con ristorane e hotel, gallerie d’arte, teatri e piccoli musei, come quello molto originale e interessante, cosetuito dal Museo degli scri.ori o il Garden of Remembrance dedicato alla memoria di «tuf coloro che hanno dato la vita per la causa della libertà irlandese», situato negli ex Giardini Rotunda proprio a Parnell Square. E i fiumi di birra e l’Irish coffee che si consumano non solo a Temple Bar, ma ovunque a Dublino, hanno anch’essi una grande tradizione e una bella storia. EMOTIONS
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viaggio alla riscoperta di Dublino
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Ma non si può lasciare Dublino senza visitare il castello di Malahide, con il suo aspetto fiabesco, risalente al 14esimo secolo, immerso in un immenso parco EMOTIONS
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viaggio alla riscoperta di Dublino
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www.ireland.com/it
www.charlesstewart.ie
A sinistra: The Custom House, elegante edificio del 18esimo secolo A destra in alto: Four Courts, edificio se)ecentesco sulla sponda nord del Liffey A destra in basso: velieri ormeggia: sul fiume Liffey
La collezione di whisky irlandese Pearse ad esempio, ispirata da aneche tecniche, unisce i migliori metodi da entrambe le sponde dell'Atlaneco e sfiora lo spirito di The LiberIes, come è illustrato nell’interessante Museo. Ma ecco che uno dei bellissimi bus colorae dei Dublin Tour, porta gli ospie a passare una mezza giornata alla Guinness Storehouse al n.8 di St. James Gate, il mieco stabilimento che produce la Guinness: un viaggio interessante per vivere da vicino il mondo della birra, scoprendo ai vari piani i qua3ro ingredienti: acqua, orzo, luppolo e lievito; il processo di produzione; e battezzare anche la ‘propria’ birra; la storia della produzione e la degustazione presso il Gravity Bar, con vista sull’intera ci3à o anche una sosta al Brewery Bar, per gustare due piaf epici irlandesi preparae con la stessa birra irlandese: gli straccef di manzo in salsa Guinness servie su una fe3a di pane tostato con mirelli e insalata verde o lo spezzaeno di manzo co3o nella Guinness con purea di patate. Il tu3o da gustare con del pane nero prima della favolosa Guinness double chocolate mousse. Fu Arthur Guinness, il mastro birraio dublinese che nel 1759 de3e il nome ad una delle birre più famose al mondo, affi3ando, per poche sterline uno stabilimento a Dublino, e iniziando a produrre una birra leggera che sarebbe diventata poi robusta e scura, per far fronte alla concorrenza di una nuova birra londinese, de3a ‘porter’. Ma non si può lasciare Dublino senza visitare il castello di Malahide, con il suo aspe3o fiabesco, risalente al 14esimo secolo (poi rimaneggiato), immerso in un immenso parco. E si rimane infine assai colpie da una visita alla grandiosa Biblioteca all’interno del Trinity College per vedere il famoso Book of Kelles, tra i manoscrif più belli del mondo, contenente i qua3ro Vangeli in laeno, trasferito al Trinity College nel 17esimo secolo. EMOTIONS
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Uno chef Michelin a Yangon
“ Freschezza, leggerezza, estetica, e un uso sapiente e singolare di sapori e spezie locali sono gli assi nella manica di Felix Eppisser, l’antesignano dell’haute cuisine stellata in Myanmar
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Photos by: Archivio Seeds FEBBRAIO
Lo chef Michelin svizzero Felix Eppisser con la moglie Lucia
PAMELA MCCOURT FRANCESCONE
Un viaggio il Myanmar porta a esperienze fortemente emozionali tra pagode dorate, bellezze d’altritempi e sorrisi smagliane. Gastronomicamente parlando il paese - per moevi legae al suo difficile passato assai recente - non ha mai raggiunto le ve3e d’eccellenza culinaria di desenazioni vicine come Bangkok, Hong Kong o Singapore. Ma oggi Yangon - ex capitale e la ci3à piu popolosa del più grande paese del Sud-est asiaeco - sta vivendo una evoluzione culinaria con la diffusione dell’alta ristorazione. Di questa ondata culinaria d’eccellenza lo chef Michelin svizzero Felix Eppisser è stato un antesignano, alla guida per alcuni anni del migliore ristorante francese della ci3à, e oggi al Seeds il suo nuovo ristorante sulle sponde del Lago Inya poco lontano dal simbolo stesso del Paese, la magnifica Shwedagon Pagoda.
«Seeds è molto di più di un ristorante, è una filosofia che esprime quella visione e quei sogni che io e mia moglie Lucia abbiamo elaborato in 20 anni. Non si tratta solo di arte culinaria e dei migliori vini, questo è un luogo dove la creatività, l’ispirazione, l’acquisizione di conoscenze e la distensione sono fattori chiave condivisi tra la squadra in cucina e gli ospiti. Tutto parte dal simbolo del seme di vita che abbiamo scelto come nome e che rappresenta proprio questi valori». Una passione, quella di Felix per l’arte culinaria, nata intorno ai fornelli di casa, poi consolidata nella scuola alberghiera con un’a3enzione parecolare alla pasecceria. Poi i primi succesi, la stella Michelin che arriva al Hirschen Obererlinsbach nelle campagne svizzere, e il pluripremiato ristorante Rigiblick a Zurigo. Sempre a fianco di Lucia. «Siamo una squadra vincente, Lucia cura tu-o ciò che non è culinario. Ma sia io che lei conosciamo a fondo i due laI del business, siamo complementari e in piena sintonia». EMOTIONS
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Uno chef Michelin a Yangon Seeds è una ville3a bassa e leggiadra, incorniciata da alte aste di bamboo e con ampie vetrate che si aprono sul giardino tropicale a bordo del lago che, nella stagione secca, viene avviluppato da un fi3o manto di fior di loto color malva, una tonalità che rieccheggia nelle divise dello staff e negli arredamene interni ed esterni. Un vero angolo paradiasico dove concedersi momene di relax che al tramonto si engono di colori di rara bellezza. Nello spazioso interno, tra opere d’arte contemporanea, una cucina a vista e una Chef’s Table, si parte per un viaggio gastronomico in compagnia di Felix, associato dell’Académie du Bocuse d’Ore e membro della squadra nazionale culinaria svizzera.
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www.seedsyangon.com
«RispeJamo le nostre radici europee, ma le nostre tecniche sono innovaIve e mi piace introdurre prodoJ locali. I miei piaJ sono basaI sul nostro sIle di vita che predilige la salute, la purezza, la condivisione e l’amore, e cerco sempre di uIlizzare prodoJ organici e sostenibili. Per piaJ come i Ravioli con Tartufo e Spuma di Tartufo, per i quali uso degli stampi di legno faJ per me tanI anni fa da mio padre. Un pia-o tradizionale quindi, nato nella mia famiglia che amo condividere con i miei ospiI. Un altro pia-o molto apprezzato, con intriganI sapori asiaIci, è il Fois Gras con Zucchero di Palma e Praliné in Sour Dough con Mele caramellate nel Coriandolo». In cucina con Felix una squadra di giovani birmani. «E’ una sfida per loro e anche per noi perché spesso arrivano privi di una formazione idonea, ma con grande volontà e motivazione, e grazie al carattere solare e positivo dei birmani, ho creato una squadra forte e capace. Un esempio di come i semi della saggezza permettono alla nuova generazione di birmani di sviluppare le loro abilità e giocare un ruolo di spicco nell’infinto processo creativo». La canena di Seeds, considerata una tra le più raffinate del Sud-est asiaeco, è la scelta personale e professionale di Felix e di Lucia, sommelier dell’Academia di Waedeswil e con una master in Personal Life Coaching, Supervision and MediaIon, che ha curato in ogni de3aglio l’ambiente del ristorante dal vasellame - creato appositamente per Seeds in un centro aregiano a Ubud sull’isola di Bali - agli arredi interni ed esterni. Ulemo fru3o dell’ingegno di Lucia, uno straordinario padiglione appeso su un albero a bordo lago, un ‘nido d’amore’ fa3o di rami intrecciae e con mille pune luce per cene romaneche so3o i cieli stellae delle calde nof d’oriente. In alto a sinistra: il nido d’amore, un padiglione su un albero a bordo lago In basso a sinistra: l’interno del Seeds, nuovo ristorante sulle sponde del Lago Inya vicino alla magnifica Shwedagon Pagoda
A destra: alcuni pia; dello Chef, sempre basa: su uno s:le di vita che predilige salute e purezza e u:lizza prodo; organici e sostenibili
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L'isola offre l'occasione di osservare insenature, colline e vedute deserte, incontaminate, rimaste inalterate per secoli, muta osservatrice del passaggio di flotte persiane, armate bizantine, pirati turchi, commercianti veneziani.
Skiathos Natura Selvaggia e Night Life NICCOLÒ GARBARINO
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In un'epoca in cui le conenue influenze esterne stanno snaturando ovunque i cara3eri auteneci del paesaggio naturale mediterraneo, le baie e le spiagge di Sciato, meglio conosciuta come Skiathos, rimangono quasi integre, tenacemente ancorate al passato, come a ricordare che quello è il ‘greco mar da cui nacque Venere’. L'isola offre l'occasione unica di osservare insenature, colline e vedute deserte, incontaminate, rimaste inalterate per secoli, muta osservatrice del passaggio di flo3e persiane, armate bizanene, pirae turchi, commerciane veneziani. Skiathos è situata nelle Sporadi Se3entrionali, insieme alle isole di Scopelo, Alonneso e cenenaia di scogli, ma nonostante sia meta turiseca conta appena 5.788 abitane secondo l'ulemo censimento. Nei mesi esevi i visitatori proveniene da tu3a Europa (facilmente raggiungibile dall'Italia grazie ai collegamene effe3uae da Blue Panorama Airlines in partenza da Bergamo, Bologna, Milano e Roma) fanno crescere le presenze sull'isola, aggiungendo ai suoi abitane fino a 10.000 vacanzieri, a3raf dalle spiagge bianche e incontaminate di Xanemo, Agistros e Koukounaries che fanno concorrenza a
Skiathos Natura Selvaggia e Night Life
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A sinistra: Bourtzi, la piccola penisola che separa in due il porto di Skiathos
A destra: la splendida spiaggia rocciosa di Lalaria
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Skiathos Natura Selvaggia e Night Life
Nella piccola Skiathos Town, con le sue stradine tortuose e le tipiche case biancheggiate a calce, si incontrano angoli caratteristici con ristoranti e taverne fatti apposta per dedicarsi al relax e gustare ottimi cibi locali
www.visitgreece.gr/
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quelle rocciose come Krifi Ammos, Lalaria ed Agia Eleni, luoghi quasi in contrasto con i paesaggi verdeggiane nell'entroterra collinare, ovunque quell’acqua cristallina che si confonde con il cielo limpido. Nella piccola Skiathos Town con le sue stradine tortuose, le epiche case di pietra biancheggiate a calce che ricordano l’aneco e epico sistema mediterraneo che serve sia ad abbellire le abitazioni e al tempo stesso proteggere dalle infezioni e malafe l'intero villaggio, si incontrano angoli cara3eriseci dove ristorane e taverne ombreggiate sembrano fa3e apposta per dedicarsi al relax e gustare gli ofmi cibi locali, tra i quali la kakavia, una gustosa zuppa a base di pesce e i FEBBRAIO
biscotti di mandorle chiamati amygdalota, croccanti all’esterno ma dal cuore morbido, da accompagnare all’Ellinikos, il caffè greco. Gli insediamene montani vennero costruie probabilmente nel qua3ordicesimo secolo, in epoca bizanena, durante le periodiche incursioni piratesche che devastavano gli abitae coseeri della zona. Sull'isola sono ancora visitabili delle spe3acolari rovine su una di queste alture difficilmente espugnabili: Kastro, che per secoli funse da principale centro abitato dell'isola. Su Skiathos si noleggiano macchine, motorini, quad e barche a motore per girare i 44 km di costa con ben 66 spiagge, per i più pigri ci sono anche
piccole crociere che fanno escursioni alla scoperta delle cale solitarie. L'entroterra è tagliato da larghe strade sterrate di terra rossa, lungo le quali si ha la fortuna di vedere gli anechi monasteri ortodossi e gli ale pini del monte Athos, dove è stata scri3a una delle più importane pagine di storia della Grecia moderna. Qui, nel 1704, un gruppo di monaci costruì il monastero Evangelistria, che venne usato in seguito da nascondiglio di rivoltosi durante la guerra d'Indipendenza dall'Impero o3omano. La prima bandiera greca fu creata proprio in questo luogo nel 1807, su di essa giurarono diversi eroi greci, come il patriota Theodoros Kolokotronis e il navarco Andreas Miaoulis
che pianificarono la ribellione nei confronti dell'oppressore turco. Al porto, lungo la passeggiata e sulla principale via PapadiamanB troviamo invece i night life, i cocktail bar e i club in cui si riversano per passare le nof eseve i turise in vacanza, che non si lasciano sfuggire l’acquisto di almeno un occhio di Allah un famoso amuleto contro il malocchio, epico della Turchia, anche se in realtà è molto diffuso anche nelle isole della Grecia. E, ovviamente, non mancheranno tra Hotel, Happy Hour, Beach Bar e B&B, per la gioia dei cinefili, i riferimene al celebre film ‘Mamma mia!’ con Meryl Streep, Colin Firth e Pierce Brosnan, girato proprio sull'isola di Skiathos e nella vicina Scopelo. EMOTIONS
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GIUSEPPE GARBARINO
Un tuffo nel passato il Borgo Medievale di Torino
Basta attraversare un ponte e dalle aristocratiche colline torinesi è facile ritrovarsi immersi nel medioevo del Borgo Medievale di Torino, Photos by ......
un luogo delle meraviglie, una piccola città nella città, un sogno curioso,
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una finzione eccentrica e a prima vista quasi impossibile, il tutto immerso nel Parco del Valentino.
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il Borgo Medievale di Torino Qui si concentra il meglio dell’arte medievale piemontese, case, torri, porecae, balconi, sapientemente mescolato nel creare qualcosa che non esiste più e forse non è mai esiseto in tale forma così arecolata, ricca e prepotente. Quando il suo ideatore, l’archite3o di origine portoghese Alfredo d'Andrade, affascinato da tempo dallo sele medievale, coordinò un gruppo di arese ed intelle3uali in occasione dell’Esposizione Generale Italiana del 1884, mai avrebbe immaginato il successo e la longevità del suo proge3o, che ancora oggi suscita curiosità ed interesse da parte di molessimi visitatori. La Società promotrice dell'Industria Nazionale, decise di festeggiare i cinquant’anni dello Statuto Albereno con una mostra arecolata in o3o categorie: Belle are, Produzioni scienefiche e le3erarie, Didafca, Previdenza e assistenza pubblica, Industrie estrafve e chimiche, Industrie meccaniche, Industrie manifa3uriere, Agricoltura e materie alimentari. Il successo fu tale che parteciparono in qualità di espositori 14.237 persone, tra marchi, arese e aregiani che mostrarono i propri lavori a circa tre milioni di visitatori. In quel contesto esposievo venne concepito il Borgo, una raccolta di luoghi unici che oggi tramandano l’arte e lo sele di un’epoca lontana, il 15esimo secolo. Pensate che questa riproduzione, definita copia molto fedele di un borgo tardo medievale, doveva essere abba3uta alla fine dell’esposizione, ma ancora oggi, grazie al suo indiscusso fascino è affacciata su quella strada dove si vedono chiese, palazzi, aggraziae balconi, fontane e decorazioni riprese da numerosi edifici sparsi nel Piemonte dell'epoca. Oggi, ad oltre un secolo, la paena del tempo sembra quasi vera, dando la possibilità al visitatore di immergersi nella storia e fantasecare di farne parte per un po’. Tu3o è sovrastato da una Rocca, dimora signorile foreficata, dove le stanze sontuosamente arredate con le ricche suppellefli di un tempo ci trasportano idealmente alla vita del Qua3rocento. La visita è un conInuum crescente, dalle corazze e le armi riposte nel camerone degli uomini d'arme si passa alla sala da pranzo, alla cucina piena di vita, poi, sala dopo sala si accede al luogo dove il nobile amministrava i suoi beni e i sudditi, una copia dell’originale sala baronale de3a degli Spagnoli del Castello della Manta di Saluzzo, infine la camera con il grande baldacchino, ispirata al castello di Issogne. Originariamente il Borgo ospitava numerose bo3eghe aregiane, fabbri, orafi, mobilieri, oggi il tu3o è farcito dal consumismo del turismo spiccio, anche se il fascino
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www.borgomedievaletorino.it rimane indiscusso, anzi la vista al luogo lascia sorpresi da tanta a3enzione ai parecolari, un vero museo a cielo aperto, anzi un sito archeologico monumentale unico nel suo genere, falso, ma al tempo stesso perfe3o e ada3o ad essere trasportae nel tempo aneco. Furono quasi trenta i sie medievali studiae per riprodurre nel modo più fedele possibile l’essenza stessa del Medioevo piemontese e della vicina Val d’Aosta, con i castelli di Challant, Verrès e Issogne. Nelle sale è possibile fare incontri parecolari, come un dente di narvalo, un tempo simbolo misterioso del più famoso e fumoso unicorno o liocorno tanto caro alla tradizione romaneca, creatura leggendaria dal corpo di cavallo con un singolo corno in mezzo alla fronte; in cucina paperi ed altra cacciagione sapientemente imbalsamata rende pi3oresco l’ambiente, mentre gli affreschi coloraessimi fanno sfilare i vole di un tempo e gli stemmi delle aneche casate. Gli arredi del castello riproducono fedelmente oggef e mobilio del tempo; anche se si tra3a di riproduzioni, queste vennero eseguite con maestria ed a3enzione che rispecchia fedelmente il metodo di realizzazione, la pigmentazione delle ceramiche e il legno uelizzato. Oggi oltre alla visita al Borgo e al Castello è possibile passeggiare nel giardino, realizzato a parere dal 1996 rispe3ando gli aspef storici ed iconografici traf da disegni ed illustrazioni dell’epoca; lo spazio verde è suddiviso in tre zone: il Giardino delle Delizie, con le piante ornamentali per la bellezza del castello e quindi per lo spirito, il Giardino dei Semplici per le piante officinali che dovevano servire alla salute del corpo e l’Orto, naturalmente per i piaceri della tavola.
1. I filosofi dell'anIchità, nel Cor:le della Rocca
2. Le-o a baldacchino nella camera da le)o della Rocca 3. Nella sala Baronale della Rocca Prodi ed Eroine
4. La Sala da Pranzo, all’interno della Rocca
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Il lago Lemano, con i suoi dolci paesaggi, racchiuso come uno scrigno dalla maestositĂ delle Alpi, ha attirato da sempre molti personaggi di fama internazionale, richiamati dalla discreta accoglienza del popolo svizzero. CLARA SVANERA
Photos by: Archivio Emo=ons Lake Geneva Region Tourist Office Beau-Rivage Genève
I LUO GHI DI SI SSI
In alto: Il Castello di Chillon, situato a Veytaux, sulla riva del lago vicino a Montreux A destra: La ci)Ă di Montreux, nella cosidde)a Riviera vodese,si adagia su una baia del Lago Lemano
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Sissi aveva eletto questo tratto di Lago come luogo di fuga preferito. Qui aveva trovato il paradiso terrestre. E quel paradiso è ancora intatto e se possibile ancora piÚ luminoso
Una delle ospie più illustri di questo angolo di paradiso è stata l’imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria Elisabe3a d’Asburgo, conosciuta dal mondo intero come Sissi, che sul lago trascorse mole periodi di riposo e vacanza, lontano dalla corte e dai dolori per la prematura perdita del figlio e il tradimento del marito. Appassionata di escursioni montane e attratta dal mite microclima che caratterizza la cosiddetta Riviera vodese, quel tra3o di Lago Lemano che si sviluppa dal villaggio di Corseaux a Villeneuve e che ha come centri d’a3razione le ci3adine di Montreux e di Vevey, Sissi aveva ele3o questo tra3o di Lago come luogo di fuga preferito. Qui aveva trovato il paradiso terrestre. E quel paradiso è ancora inta3o e se possibile ancora più luminoso, impreziosito da nuovi hotel di lusso, centri benessere e una proposta turiseca sempre più ricca. L’accoglienza della popolazione rimane però sempre genuina esa3amente come lo era ai tempi di Sissi. Quest’anno ricorrono i 120 anni dalla sua morte, che occorse proprio su quel lago che tanto amava, per mano di un anarchico. Si spense il 10 se3embre 1898 a Ginevra, una ci3à che la ricorda a pochi passi dall’imbarcadero con una statua. E noi la ricordiamo a3raverso le tappe dei suoi viaggi in questo angolo di Svizzera. Montreux: a razione fatale - Montreux era il luogo preferito da Sissi, dove tornò a varie riprese tra il 1893 e il 1898, una ci3adina con cui aveva instaurato un rapporto idilliaco. La città di Montreux, che pure la ricorda con una statua celebraeva, si adagia su una baia del Lago Lemano, immersa tra vignee e montagne innevate, è il
palcoscenico di uno dei più famosi feseval dedicae al Jazz, il Montreux jazz Feseval, che si svolgerà dal 29 giugno al 14 luglio 2018, come ogni estate. Si trova nel cuore di quella che viene definita la Riviera vodese. Grazie al suo clima straordinariamente mite, con una vegetazione quasi mediterranea, ha sempre ospitato turise celebri, ma sono stae anche tane i grandi che l’hanno ele3a come residenza, da Charlie Chaplin a Freddie Mercury. In quel territorio alloggiò spesso nel vicino villaggio di Territet, ospite del Grand Hotel des Alpes Territet, con lo pseudonimo di contessa di Hohenembs. L’hotel è ormai dismesso, ma Territet rimane ancora oggi, come allora, un affresco senza sbavature, con un microclima che lo rende un posto salutare, è una stazione balneare con proprietà terapeueche soprattutto per le malattie respiratorie. E’ costellato di centri benessere dalle proprietà prodigiose e gode di un’atmosfera di pace e tranquillità. Quando vi mise piede per la prima volta nel febbraio 1893, Sissi soffriva di tubercolosi. Da lì percorreva seneeri e ienerari tra lago e montagna. Sopra3u3o nella vicina altura, il Rochers de Naye, uno dei pose delle Alpi vodesi più incontaminae, a circa 2mila metri sul livello del mare. Vi si arriva a bordo di una cremagliera in poco più di 50 minue da Montreux. In inverno molti vi giungono per vedere il villaggio di Babbo Natale, ma è meraviglioso anche in primavera e in estate, stagioni nelle quali risplende nella sua policromia il giardino alpino: la RamberBa, incastonato tra due costoni rocciosi. Vi si custodiscono oltre mille specie di fiori e piante, tra cui l’edelweiss, uno dei simboli elveeci. EMOTIONS
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I LUOGHI DI SISSI
Appassionata di escursioni montane e attratta dal mite microclima, sul lago Lemano trascorse molti periodi di riposo e vacanza, lontano dalla corte e dai dolori familiari
In occasione dell’anniversario della morte dell’Imperatrice d’Asburgo, è stata messa a punto una serie di evene per ricordarla. “Territet Belle Epoque” è un proge3o culturale e turiseco volto al recupero parziale dell’aneco hotel, per perpetuare afvità culturali e turiseche a lei dedicate. Per poter ammirare gli splendidi panorami con gli occhi di Sissi, si può salire invece a bordo di un meraviglioso autobus d’epoca, OldImer, ove si può gustare in pieno il fasto della Belle Epoque e percorrere le tracce dell’Imperatrice asburgica. Il percorso si snoda lungo la Riviera tra monumene, castelli e hotel da lei preferie. L’ul!mo viaggio - L’ulema volta che si recò in Riviera era il 30 agosto 1898 e si fermò in una località chiamata Caux, sulle alture di Montreux, dove alloggiava al Grand-Hôtel de Caux, perché preferì in quell’occasione, accompagnata dalla contessa Sztaray, essere al riparo dalla gente, siccome a bordo lago la vicina Montreux era molto popolata dai turise. Da Caux c’è una vista mozzafiato sul bacino lemanico e sulle Alpi. Sulle
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fondamenta dell’aneco e fastoso Grand Hotel si erge dal 1902 il Caux Palace che conserva l’eleganza e il lusso del predecessore. Ginevra, nel suo dna: democrazia, finanza e orologi - Nel corso di quell’ulemo viaggio, decise di visitare anche Ginevra, a circa 90 chilometri da Montreux. Amica della baronessa de Rotschild, che risiedeva a Pregny, a una manciata di chilometri da Ginevra, fu invitata a pranzare presso la sua residenza e risiede3e presso il lussuosissimo hotel, Beau Rivage, l’icona della ci3à, fronte-lago. Vi arrivò a bordo di un ba3ello a vapore, toccando tuf i piccoli e grandi villaggi che costellano il Lemano, dalla Riviera a Ginevra. Morges, Nyon, Prangins, Coppet. Di Ginevra adorava il Quai du Mont Blanc, la grande arteria che costeggia il lago con i suoi castagni e gli oggef d’arte e anequariato. Nel corso dell’ulema visita infaf aveva acquistato un tavolo intarsiato e un organe3o meccanico. Era irreeta dall’atmosfera magica che tu3ora si respira. Oggi Ginevra, a distanza di 120 anni, è ancor più un palcoscenico internazionale.
I LUOGHI DI SISSI
A sinistra: la grande arteria che costeggia il lago Quai du Mont Blanc In alto: la ci)adina di Vevey, sulla Riviera vodese
A destra: Ginevra, la sede europea delle Nazioni Unite ospita il Palazzo dell’Onu
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E’ un condensato di sorprese, una ci3à dallo spirito profondamente cosmopolita, non a caso è definita la più piccola delle metropoli europee. E’ la sede europea delle Nazioni Unite (il palazzo dell’Onu è visitabile tu3o l’anno) ed è abitata per il 70% da una popolazione straniera. Il suo ge3o d’acqua alto 140 metri, che sovrasta il lago, è famoso in tu3o il mondo. Ginevra è illuminata da banche e hotel elegane e colorata da fiori policromi e dal verde intenso dei numerosi parchi cittadini: dal giardino inglese al giardino botanico, fino al parco des Eaux Vives. Una città da sempre votata alla libertà e alla democrazia: vi sono passae personaggi del calibro di Calvino, Voltaire, Russeau. Nel suo dna ci sono anche la finanza e gli orologi. I più raffinae ed elegane arrivano proprio da qui. Uno dei simboli è sicuramente il Patek Philippe. Dal 2001 il museo Patek Philippe propone una collezione di oltre 2000 orologi e miniature a smalto, a3raversando cinque secoli di storia dell’orologeria europea. Ma Ginevra è anche uno dei più importane fulcri dell’arte contemporanea, densa di gallerie e musei, e uno dei palcoscenici mondiali per le automobili. Chi è amante di motori e in cerca delle ulemissime dal mondo delle qua3roruote, non può perdersi infaf il consueto appuntamento con il Salone dell’automobile di Ginevra, che si terrà il prossimo marzo (dall’8 al 18). Il suo ul!mo fastoso hotel - L’hotel Beau Rivage ha da poco celebrato i suoi primi 150 anni di storia, legati alla famiglia ginevrina Mayer, che da 4 generazioni ne possiede la proprietà. Ciò che impressiona nell`Hotel è la fastosa eleganza che accoglie l`ospite sin dall`entrata. Le camere pur rinnovate hanno conservato l`aneco arredamento, anche la suite che ospitò, fino al suo ulemo respiro, l’imperatrice Elisabe3a d’Austria, Sissi, dove è alleseto un piccolo museo e si conservano anche oggef personali appartenue alla reale. Avrebbe dovuto far ritorno a Montreux il 10 se3embre del 1898 ma mentre stava salendo sul ba3ello di linea che l’avrebbe riportata a Montreux, fu colpita da un anarchico. Fu quindi riportata all’hotel BeauRivage, dove spirò. Da allora il nome e l’anima dell’imperatrice sono indissolubilmente legae a quello del Beau Rivage e a Ginevra. In alto: Il Salon suite di Sissi all’hotel Beau Rivage
Sopra: Una camera dell’hotel Beau Rivage a Ginevra
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A destra: Il centro storico nella ci)adina di Vevey FEBBRAIO
www.myswitzerland.com/ h3p://www.beau-rivage.ch/ h3ps://www.montreuxriviera.com/it/ h3ps://www.region-du-leman.ch/ h3ps://www.geneve.com/ h3p://territet2018.ch/ h3ps://www.montreuxjazzfeseval.com/ www.patek.com www.unog.ch h3ps://www.saloneautoginevra.com/ www.sissiwisstours.ch
I LUOGHI DI SISSI
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COSENZA
Viaggio nel Tempo nella Citta' dei Sette colli e della Cultura 68
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MARIELLA MOROSI
La Calabria, con il cristallo del suo mare, le colline aspre e le vallate segnate da fiumi e torrenti è una destinazione turistica sempre più apprezzata. Cosenza, la destinazione più interessante, è antichissima.
Fu prima degli Italici e dei Bruzi poi la ConsenIam o “ci3à del consenso” dei romani, che disboscarono tra i primi le immense foreste della Sila per il legno necessario alla costruzioni delle navi. Vennero poi Longobardi, Saraceni, Bizaneni, Normanni, Svevi, Aragonesi, Spagnoli, Borboni, Francesi e Piemontesi e tuf vi hanno lasciato tracce. Cosenza è anche la ci3à dei se3e colli come Roma, con la quale ha sempre avuto l’ambizione di senersi simile. Pancrazio, Vetere, Guarassano, Venneri, Gramazio, Triglio e Mussano sono raffigurae nello stemma. Oltre alla bellezza della natura e dei suoi sie storici, ha tanto da svelare sulle culture dei popoli, conquistae o conquistatori, che per secoli vi hanno vissuto nel mosaico della storia. Atavismi e tradizioni diverse confinano gli uni con le altre senza mai mescolarsi in questa ci3à risparmiata dal turismo di massa e che oggi, proprio per questo, risponde alle esigenze della nuova domanda qualificata di chi, quando arriva, vuole farne parte, senersi ospite. Se poi, come dicono tuf gli indicatori, il turismo ha imboccato la via del foodie, le piccole, straordinarie realtà di una biodiversità agroalimentare completano l’offerta desenata a chi ha voglia di approfondirne i valori culturali, comprendere quel linguaggio comune fa3o di saperi e praeche che segnano l’unicità di un territorio. Oggi nella ci3à, all’avanguardia per scelte innovaeve e geseonali, convivono due nuclei urbani, l’antico che sorge sulla collina, al di là del fiume Busento, e il moderno, vivo, colorato e attivo, dall'archite3ura datata Anni Trenta. E’ tu3a segnata dall’arte: col MAB - il Museo all’Aperto BiloC- su Corso Mazzini, con opere di Salvator Dalì, Giorgio De Chirico e Mimmo Rotella. Iniziaeva unica al mondo è la Box Art sul lungofiume dove in piccoli atelier di legno vengono ospitae arese che quando lasciano la ci3à donano una loro opera. Oggi esse sono diventate cenenaia, esposte al Museo di Arte Contemporanea alleseta nel complesso monumentale di San Domenico e presto, all'aperto, sarà collocata una grande sfera di Arnaldo Pomodoro. Fi3o è il cartellone di evene culturali tra cui spicca la stagione concereseca e sinfonica del Teatro Rendano, ricostruito dopo la distruzione bellica nello sele della Scala di Milano. Se Rende, ex comune inglobato nella ci3à, è una EMOTIONS
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Viaggio nel Tempo nella Citta' dei Sette colli e della Cultura
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1. Edifici storici nella Ci-à Vecchia
2. Monumento alla Libertà
3. il Teatro Rendano e la statua di Bernardino Telesio
presegiosa sede universitaria, da qua3ro secoli a Cosenza è afva l’Accademia CosenBna dove si formarono le idee rivoluzionarie sulla scienza di Bernardino Telesio e le ipotesi utopiseche della Ci-à del Sole di Tommaso Campanella, ci3adini illustri. Ma a dare auteneche emozioni è la Ci.à Vecchia, arrampicata sulla collina sormontata dal Castello Svevo Aragonese a torri esagonali, modificato e restaurato più volte in epoche diverse. Vicoli e passaggi tortuosi portano a palazzi nobiliari, a chiese e a convene. Tra i luoghi simbolo di devozione l’Arcivescovado che custodisce la Croce-reliquiario d’oro con smale, filigrane e granae donata da Federico II di Svevia. Il duecentesco Duomo in stile gotico cistercense, dichiarato dall'Unesco "tesemone di una cultura e di pace", custodisce la tomba della regina Isabella d'Aragona. Ma tane altri sono i luoghi della fede popolare che spazia dal culto di San Francesco di Paola, prote3ore della ci3à, a quello della Madonna del Pilerio che nel Seicento preservò la ci3à dalla peste. L’immagine sacra mostra sulla guancia la macchia nera del morbo. Le si a3ribuiscono tane miracoli, così come alla bizanena Madonna del La.e, veneraessima. Da non trascurare la Biblioteca Civica, né la Fontana dei 13 Canali da dove sgorga l'acqua proveniente dall'acquedo3o dello Zumpo, in Sila. Dove il fiume Busento confluisce nel Crae, nel centro della ci3à, secondo la leggenda vi sarebbe sepolto, con il suo cavallo e tu3e le ricchezze, il Re Alarico, re dei Visigoe arrivato a Cosenza intorno al 409 d.c. e là morto di malaria. Una storia che non si dimeneca se si pensa che ancora oggi studiosi di tu3o il mondo vengono per cercare tomba e tesoro del re barbaro. «Cosenza ha interessi e meraviglie – scriveva nel 1887 George Gissing – ad ogni passo dall’inizio della strada principale, (l'a3uale corso Telesio) al piede della collina fino al severo castello medievale che ne corona la sommità, c’è da stupirsi e da ammirare».
AG R OB IO DI VE RS I T À E C UL T UR A RU RA L E
Se alle isetuzioni spe3a il compito di sostenere le macro-operazioni di promozione e markeeng territoriale non mancano gli esempi di iniziaeve private per promuovere in termini turiseci i paesaggi rurali evidenziando il legame profondo tra paesaggio, idenetà, cultura e cucina e coinvolgendone i protagonise come contadini, allevatori, viecoltori e ristoratori. Lo ha fa3o l’associazione no-profit Gusto in Movimento gustoinmovimento@libero.it con parecolare sensibilità alla difesa e alla diffusione della cultura rurale, alla vigilia della proclamazione del 2018 come l’Anno del Cibo Italiano da parte dei Ministeri dei Beni Culturali e delle Polieche Agricole. Il proge3o, coordinato da Salvatore Lione e da Francesco Morrone, si concreezzerà ad aprile con la realizzazione della Prima Borsa del Turismo delle Eccellenze Gastronomiche (B.T.R.E.G). Insieme ai luoghi ne vengono mostrae i protagonise, per andare incontro a chi vuole approfondire i valori e comprendere l’unicità di un territorio. Tour guidae vengono organizzae nel Parco Nazionale della Sila dove si produce una patata dalle qualità nutrizionali e gustaeve uniche, nelle colline dove si lavora il la3e di piccoli allevamene familiari, nei forni dove si cuoce il pane da farine di grani anechi, nei piccoli salumifici che lavorano pochi capi del pregiato suino nero e nelle aziende dove si estrae la pregiata liquirizia, l'oro nero di Calabria. Un’iniziaeva pionieriseca - questa - che dimostra come la creaevità e l’innovazione dell’offerta si confermino come il segreto per rilanciare e destagionalizzare il prezioso comparto del turismo.
www.comune.cosenza.gov.it www.terrebruzie.it EMOTIONS
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Motivo conduttore la luce, dalle prime ore del mattino con il sorgere del sole fino al tramonto quando il fiume si tinge di sfumature dorate
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FEBBRAIO
KALEIDOSCOPE
Avani Riverside Bangkok Hotel
L’Avani Riverside Bangkok Hotel sorge sulle sponde del fiume Chao Praya, una silhoue*e slanciata e soMle, in una posizione privilegiata indisturbata da altri edifici. All’interno le alLssime finestre e i soffiM sono cornici d’eccellenza per le vedute senza soluzione di conLnuità sul fiume e sulla metropoli. Smisurato lo spazio all’11esimo piano lungo quasi 500 metri e privo di barriere archite*oniche e divisori, che comprende il ristorante Skyline, la recepLon, il Pantry e il Long Bar, e dove l’uso generoso di legni chiari forgia un ambiente caldo e lussuoso. MoLvo condu*ore la luce, dalle prime ore del maMno con il sorgere del sole fino al tramonto quando il fiume si Lnge di sfumature dorate. Nelle 248 camere e suite luminosissime, tu*e con vista da mozzafiato, i colori e il mobilio sono all’insegna della distensione, e i bagni hanno porte scorrevoli, lasciando all’ospite la scelta del grado di privacy. Al 25esimo piano la Three Bedroom Suite, che può ospitare fino a se*e persone, dispone di una cucina e, per gli ospiL più esigenL, anche un maggiordomo. Il 26esimo piano è una pia*aforma open air che ospita la grande piscina a sfioro – dove si ha la sensazione di trovarsi sospesi tra il cielo e il fiume - e il ristorante e skybar ad alta quota AMtude. EcleMca la cucina, a regola d’arte i cocktail d’autore e la scelta dei vini e champagne, e di sera un’atmosfera scinLllante pmf da Mille e Una No e.
www.minorhotels.com/en/avani/riverside-bangkok EMOTIONS
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La SPA dello Schlosshotel Velden sul lago Wörthersee
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E’ sul lago Wörthersee in Carinzia, l’anLca dimora nobiliare esLva del Cinquecento, oggi trasformata in uno degli hotel più affascinanL di tu*a l’Austria. E’ il Falkensteiner Schlosshotel Velden a Velden am Wörthersee, divenuto castello simbolo del lago. L’elegante albergo, tra SPA esclusiva, ristorante pluripremiato e ingresso al Casinò di Velden, fa parte dell’esclusivo club di hotellerie di lusso The Leading Hotels of the World e della Premium CollecLon del gruppo Falkensteiner Hotels & Residences. Sono hotel con criteri di qualità esclusivi dove il lusso diviene una ritualità quoLdiana che coinvolge gli spazi, il culto della gastronomia, la selezione di vini, i tra*amenL e gli ambienL della SPA, oltre ai servizi offerL quoLdianamente. Il gioiello dell’hotel è il Centro Benessere Acquapura SPA di 3.500 mq, cara*erizzato da ampi ed eleganL spazi, ambienL suggesLvi, tra*amenL all’avanguardia e speciali rituali ispiraL alle tradizioni del luogo. Il centro uLlizza linee di prodoM BABOR“ ed “A Anne Semonin“ che si basano sulla purezza degli ingredienL, fra cui piante corpo esclusive, “B medicinali dell’Himalaya tra le più apprezzate al mondo. La filosofia wellness dello Schlosshotel Velden evoca il senso della rigenerazione sopra*u*o a*raverso l’acqua che nella stru*ura Acquapura SPA è un elemento naturale imprescindibile in tu*e le sue forme, compreso il vapore. Una piscina interna di 40 mq ed una esterna, Vitality Pools, se*ore saune, sauna separata con bagno turco per le signore, sauna finlandese e vasca con acqua calda, docce con vari effeM-massaggianL e zone relax, una palestra fitness con vista sul lago, 14 sale*e per tra*amenL ed altro ancora. I tra*amenL di Acquapura SPA possono essere effe*uaL anche nelle cabine private del Beachclub dell’hotel, che, oltre all’ampia piscina all’aperto con acqua dolce, dispone di un accesso privato al lago. Poco oltre Il Beachclub si trova un porLcciolo di proprietà dell’hotel con 15 posL per yacht t.c. privaL e l’imbarcazione a motore dell'albergo a disposizione degli ospiL. FEBBRAIO
KALEIDOSCOPE
Sono hotel con criteri di qualitĂ esclusivi dove il lusso diviene una ritualitĂ quotidiana che coinvolge gli spazi, il culto della gastronomia, la selezione di vini, i trattamenti e gli ambienti della SPA
EMOTIONS
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libriemo0ons
Willy Pocino (a cura di) Paolo Pardo
Ricordi di un giornalista romano Edilazio
recensione a cura di Luisa Chiumene
sua brillante carriera, dal giornalista
Il testo, dalla le*ura molto agevole e
della favolisLca dell'anLca mitologia,
accompagna il le*ore in un viaggio
su una quoLdianità purtroppo spesso
un insieme di racconL di varia
ambientazione e di contenuto in parte
immaginifico ed in parte di vita vissuta. Se è vero infaM che i graffiL, sono la “voce dei muri, immagini da
interpretare al di là dell'ermeLsmo
figuraLvo che li cara*erizza”, alcuni
racconL qui presentaL sono “la cornice ad intuizioni e senLmenL”, che ogni
le*ore può elaborare a seconda della propria personalità e sensibilità. Si
coglie nel testo la profonda cultura di Carmine Rossi Vairo, che da tempo elabora nei suoi scriM sia il mondo
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FEBBRAIO
romanesco, Pardo, più che
esperienze portate avanti in tutta la
Editore Palombi
fantasLco e rilassante, proponendogli
atmosfere scaturisce dal volume
con cui Willy Pocino ha raccolto le
Graffi=
il linguaggio semplice e accaMvante,
che è doveroso conservare.
sguardo su Roma e le sue particolari
Carmine Rossi Vairo
recensione a cura di Luisa Chiumene
Di grande interesse per l’acceso
sia l’indagine semplice e “scanzonata” assai diversa. Non manca tu*avia nei suoi racconL una pur larvata, ma
sempre presente “analisi socio-poliLca” dei vari paesi che cita nei suoi racconL. Una grande capacità
immaginifica rende gli ambienL descriM, spesso fantasLci,
assolutamente reali ed aperL dinanzi al le*ore, con le parLcolarissime
figure in movimento dei personaggi che popolano ogni storia, quali i tre personaggi del racconto che vede
i tre individui a Bruxelles, che cercano di conoscersi e di comunicare a loro modo.
Paolo Pardo. Si tratta dello spaccato di una Roma quasi “arcaica”, con le
greggi di pecore che attraversavano via del Corso (negli anni ‘50 del
‘900!). Pardo, giornalista attivo dal
1945 è stato anche corrispondente all’estero e in particolare, più volte, dalla Cina. Willy Pocino,
raccogliendo le sue testimonianze,
segnala molto bene come scaturisca dal testo l’interessante disamina della tipologia del linguaggio
popolare di quel “linguaggio parlato”
Con gli articoli dedicati al dialetto soffermarsi su parole già note, si
ferma sulla psicologia del linguaggio popolare e sugli elementi che
servono a costruire il significato più profondo del discorso con l’analisi della pronuncia che, nel contesto, riveste un suo significato
particolare, senza riscontro nel
dizionario. Pardo ha fatto in tempo, con i suoi articoli, a rievocare il
panorama linguistico degli anni ‘20 del ‘900, con una grande capacità, nella sua lunga vita (93 anni), nel cogliere la “lingua reale” e i suoi
significati, nei diversi periodi del secolo scorso.