Emotions magazine rivista viaggi e turismo agosto settembre 2018 anno8 n30

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Largo Brancaccio, 82/B - 00184 Roma ITALIA Tel 06 2038241 Fax 06 20382433 agenzia.romabrancaccio.it@generali.com www.agenzie.generali.it/ROMABRANCACCIO/Agenzia/


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SOMMARIO

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VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLA VENEZIA NATIVA

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HIMALAYA: UN MIRAGGIO EMERSO DAI SOGNI

VENEZIA NATIVA: MAZZORBO BURANO E TORCELLO

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COSTA D’AVORIO: LA DANZA DEGLI SPIRITI

VIETNAM: SAIGON RAFFINATA E IMPETUOSA

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TREKKING IN HIMALAYA


SOMMARIO

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MALDIVE VITA DA SUB

Photo by Lorenzo Zelaschi

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Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com

MALDIVE: LE MALDIVE VISTE DA UN SUBACQUEO

54 SVIZZERA: LA SVIZZERA IN BICI AFFASCINANTI VISIONI NUOVE E INUSUALI

60 ITALIA: FORLI’ CUORE DELLA ROMAGNA

68 KALEIDOSCOPE

Creazione logo Ilenia Cairo

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Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com Costa d'Avorio caimano sacro davanti al Palazzo Presidenziale Yamoussoukro

redazione@emotionsmagazine.com Fotografi Anna Alberghina Teresa Carrubba Luca Massari Paolo Ponga Lorenzo Zelaschi

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Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com

SPECIALE VIETNAM: Fusion Resort Phu Cuoc The Reverie Saigon

Cura rivista online Idea Art&More web@emotionsmagazine.com

72 LIBRIEMOTIONS

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DICEMBRE

Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumenti Pamela McCourt Francescone Mariella Morosi Paolo Ponga Lorenzo Zelaschi

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Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 -00185 Roma Tel e Fax 068417855 Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Case Editrice che ne detiene i diritti.



Maldive photo by Paolo Ponga


S C R I V I A M O

A R T I C O L I

P E R

S U S C I T A R E

E M O Z I O N I

TERESA CARRUBBA EDITORE DIRETTORE RESPONSABILE

Come di consueto, Emotions propone mete variegate perché variegato è il mondo dei viaggiatori. Dalle classiche Maldive, ma viste con la maschera da sub grazie ad immersioni in giro per l’arcipelago, da Kuda Giri Wreck, situata nell’atollo di Male Sud, fino a nord di Maafushi, alla caotica Saigon, dove “District N°1 rappresenta il cuore della città più popolosa e vibrante del Vietnam.” La tradizionale attenzione di Emotions ai viaggi antropologici ci porta questa volta in Costa d’Avorio per assistere “alle feste rituali, alle cerimonie iniziatiche e alle danze con le maschere, al suono ossessivo dei tamburi”. Che dire, poi, dei viaggi avventura per gli amanti del brivido? Il trekking per vari giorni sull’Himalaya, realizzato da un nostro collaboratore, testimonia la possibilità di raggiungere l’mozione dei 5.416 metri e da qui ammirare vette fino a 7.455 metri attraversando agglomerati di case e incontrando persone che conoscono solo questa natura virginale. Un’esperienza forte e indelebile in “Unità profonda tra l’uomo e la natura”. Sempre vette, ma di tutt’altre dimensioni, quelle della Svizzera percorribili in questo caso, in bicicletta. Una realtà decisamente più rilassata è quella che può offrire la Laguna veneta, attraversata con un bragozzo e un pescatore che la sa lunga sui segreti di isole e isolette, anche quelle sconosciute. Poi c’è Burano, con i suoi colori e i suoi merletti e la vicina Mazzorbo dove vive la sua discreta realtà la tenuta Venissa che ha dato il nome ad un vino unico e pregiatissimo, nato dall’Uva Dorona, riesumata dopo l’estinzione, e fatta rivivere come alle mense dei Dogi.

tcarrubba@emotionsmagazine.com


T R E K K I N G I N H I M A L AYA . U N C A M M I N O F I N O A T H O R O Photos by Lorenzo Zelaschi

Pisang, 3250 metri, proprietario della Guest House.


N G L A , 5 4 1 6 M E T R I , I L PA S S O P I Ù E L E V AT O A L M O N D O

HIMALAYA

UN MIRAGGIO EMERSO DAI SOGNI LORENZO ZELASCHI


UN MIRAGGIO EMERSO DAI SOGNI


H I M A L A Y A

SE LA TERRA AVESSE LA NECESSITÀ DI RIPOSARSI PER QUALCHE MOMENTO DAL SUO ETERNO ROTEARE E DOVESSE SCEGLIERE UNA SICURA BASE D’APPOGGIO SULLA QUALE SCARICARE TUTTO IL SUO INEVITABILE PESO, QUESTA SAREBBE CERTAMENTE L’HIMALAYA. PERCHÉ, CARI LETTORI, NESSUN’ALTRA CREAZIONE DELLA NATURA - E MEN CHE MENO DELL’UOMO HA LA PROPRIETÀ DI SPORGERE IN MODO COSÌ TREMENDAMENTE ACCENTUATO DAL CORPO FISICO DI GEA RIEMPIENDONE L’ATMOSFERA, PROPRIO COME UN LOTTATORE DI SUMO RIEMPIREBBE LO SPAZIO DELLA SUA CAMERA DA LETTO. Per chi stesse preparando ora le valigie, con in mano il biglietto aereo – fiammante - con destinazione Kathmandu, consiglio di introdurre (repentinamente) tra i propri bagagli una buona dose analgesica, così da contrastare il dolore al collo che potrebbe emergere dopo l’ennesima quantità di tempo trascorso nella contemplazione delle nevi perenni, scintillanti nelle zone più remote della troposfera. Perché, vedete, quando vi trovate su uno della moltitudine dei sentieri che serpeggiano nelle epiche vallate del Distretto del Mustang il vostro sguardo, come attratto da una forza arcana, decide di elevarsi oltre la linea dell’orizzonte, andando su-su-su, e poi ancora più in alto, non molto distante dallo zenit, e allora vi risulterà difficile credere che quegli imponenti rilievi refrigerati siano reali… avranno, piuttosto, l’aspetto di miraggi emersi dai territori reconditi dei vostri sogni più arditi. Per chi non lo sapesse Il Mustang - in tibetano

möntang o regno di Lo - era un reame appartato sui versanti dell'Himalaya, parte del Nepal dal 1789, situato nel nord-est del paese e confinante con il Tibet. La traduzione dal sanscrito di Himalaya è dimora delle nevi, e direi che queste nevi dimorano lì, eccome! anzi, direi che la topografia di questa immensa catena montuosa ha fornito loro una reggia alla pari del Castello di Neuschwanstein, in Germania (quello a cui si è ispirato Walt Disney per il logo dell’omonima società), in quanto a bellezza. Quindi, se vi trovate nei pressi di questa mastodontica cattedrale naturale e desiderate ardentemente darvi alla sua esplorazione, una delle opzioni possibili è, senza dubbio alcuno, l’Annapurna Circuit. La lunghezza totale del sinuoso cammino può variare dai 160 ai 230 chilometri; questo dipende da quanto decidiamo di utilizzare le nostre gambe piuttosto che i mezzi a motore, e in quale dei tanti paesi scegliamo di sancire con la parola fine l’esperienza. Si ascende fino alla rispettabilissima altitudine di 5.416 metri al passo denominato Thorong La – considerato il più elevato al mondo – una volta giunti lì, l’altopiano del Tibet si troverà ad una manciata di chilometri a volo d’uccello. La parola La, in lingua tibetana significa, appunto, passo.

A sinistra: Muktinath, 3710 metri di quota, la proprietaria del casereccio luogo di ristorazione. A destra: Veduta dell’Annapurna III, 7555 metri.

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UN MIRAGGIO EMERSO DAI SOGNI

I BIMBI DELL’HIMALAYA SONO L’ASPETTO PIÙ STRAORDINARIO: CHERUBINI DELLE ALTE QUOTE GENERATI DALLA SACRA RISATA DI DIO 12

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In alto a destra e sinistra: Phedi, 3731 metri, bambini giocano (col fotografo). Al centro: Tatopani, 3210 metri, bambino che sgranocchia degli snack Tatopani è famosa per le sorgenti termali (in nepalese tatopani significa acqua calda). A destra: Marpha, 2650 metri, bambina sulla porta.


UN MIRAGGIO EMERSO DAI SOGNI

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H I M A L A Y A

I MONACI TIBETANI: IL LORO È UN MIX DAVVERO ESPLOSIVO! MA LA LORO PACE È PROFONDA. A TRATTI, SELVAGGI COME BIMBI-SPERDUTI, E QUAND’È IL MOMENTO, DISCIPLINATI, DOLCI, E SAGGI COME UN SOGNO RIVELATORE. Per meglio comprendere la natura dell’esperienza, si potrebbe dire che il tracciato cinge come un abbraccio il massiccio dell'Annapurna, attraversando le due diverse valli fluviali che ne fanno parte. E’ bene inoltre specificare che, generalmente, tutti i trekker percorrono il circuito da est ad ovest, poiché il dislivello durante l’ascesa verso le alte quote è più regolare. Quindi, se deciderete di fare fagotto e partire per questa avventura, avrete l’opportunità di contemplare da una posizione mirabile le cime del massiccio dell’Annapurna, ed altre rinomate montagne, quali, il Manaslu, il Machhapuchhre, il Dhaulagiri, il Gangapurna, con la sua altezza vertiginosa di 7455 metri, ed il TilichoPeak di 7134 metri. Una delle cose sconvolgenti è ritrovarsi in piccoli agglomerati di case dalla meravigliosa e antica fattura, isolate, remote, a quote nelle quali in Europa abbiamo ghiacciai o solamente aria rarefatta, raggiungibili solo grazie alle proprie gambe o alla forza motrice di un cavallo. Le persone che ci vivono trascorrono a volte tutta la vita in questi luoghi ricchi di una natura virginale e, nei quali, per arrivare alla prima carrozzabile percorribile con una jeep, poiché le strade asfaltate sono ancora lontane, è necessario camminare per giorni. Che sensazione entusiasmante, di incanto e meraviglia, per chi è abituato a vivere vicino ad autostrade ed aeroporti! Tuttavia, anche qui oramai, per via del turismo e della legge dell’impermanenza – concetto base del Buddhismo – che immancabilmente trasforma ogni cosa, convivono tradizione e tecnologia: ossia, la realtà sopra descritta e il WiFi, di cui è possibile usufruire nelle guest house dove si decide di alloggiare. Ma il cuore di un uomo, in tali panorami glaciali – malgrado intuisca, giacente dietro al velo dell’eterna illusione, l’Unità profonda tra lui e la natura – deve pur riscaldarsi coi fratelli della propria umanità, e i nativi di queste regioni, A sinistra: Marpha, 2650 metri, monaci tibetani nel loro monastero. A fianco: Thorong La Pass, 5416 metri, punto più alto del trekking, nonchè fondamentale giro di boa per iniziare a scendere a quote più basse.

nonostante siano certamente un po’ più ruvidi dei loro congiunti viventi alle basse quote, elargiscono momenti di intense emozioni grazie al loro candore. Di certo, non è da dimenticare l’equazione, non per forza ovvia, ma che spesso purtroppo trova riscontro, enunciante Uomo + Turismo = diminuzione della purezza; perciò, per quella che è stata la mia esperienza, ho avuto scambi umani più autentici con persone lontane da quel settore. Spesso sulle mulattiere si incontrano i loro manovali, lupi di mare delle terre “emerse” dal carisma inebriante, sui cui volti sono rimasti imbrigliati brandelli di vento glaciale, polvere e raggi ultravioletti. E le donne… che dire ancora riguardo alle Donne del Nepal? La loro presenza non potrà mai stancare l’occhio, poiché le loro movenze si confondono coi cristalli di neve nel vento. E i monaci tibetani: il loro è un mix davvero esplosivo! ma la loro pace è profonda. A tratti, selvaggi come bimbi sperduti, e quand’è il momento, disciplinati, dolci, e saggi come un sogno rivelatore. Ma i bimbi di qui, oh, loro sono l’aspetto più straordinario: cherubini delle alte quote generati dalla sacra risata di Dio; so bene che questa genesi non è facente parte della loro cultura, ma tant’è, credo che tali concetti siano universali e vedo le religioni come radici: l’albero da cui hanno inizio è Uno e uno Solo.


UN MIRAGGIO EMERSO DAI SOGNI

In alto: Ghorepani, 2874 metri, manovali si riparano dalla pioggia monsonica dentro ai tubi destinati alla costruzione di acquedotti. Sopra: Nei pressi di Manang, approssimativamente 3500 metri, manovali lavorano pietre destinate alla costruzione di un sentiero. A destra: Alle porte di Manang, 3519, manovali, finita la giornata lavorativa, si fermano a contemplare il panorama.

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GLI UOMINI SONO I LU SONO RIMASTI IMBR


UPI DI MARE DELLE TERRE “EMERSE’ DAL CARISMA INEBRIANTE, SUI CUI VOLTI RIGLIATI BRANDELLI DI VENTO GLACIALE, POLVERE E RAGGI ULTRAVIOLETTI.

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Photos by Anna Alberghina

Costa d’Avorio

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La Danza degli Spiriti Ex colonia francese, la Costa d'Avorio diventò indipendente nell'agosto del 1960. Paese del miracolo economico basato sull’esportazione del cacao e del caffè, ha recentemente attraversato un momento politico difficile che, tuttavia, nulla ha tolto al suo fascino. Vista dall’alto sembra la tavolozza di un pittore: una grossa macchia verde per le foreste, una striscia bianca per le coste, lambite dall’Oceano Atlantico, delle pennellate color ocra per le savane, brune per i rilievi montuosi e azzurre per i fiumi ed i laghi. Vista dal basso, invece, ci colpisce per i suoi contrasti socioculturali, economici e architettonici. Si passa dall’ipermodernismo futuristico di alcuni quartieri di Abidjian al neoclassicismo di Yamoussoukro, ai villaggi di capanne di fango e paglia abitati da più di 60 diverse etnie. Abidjian (otto milioni di abitanti) è la capitale economica, una città in grande fermento dove regna il caos più assoluto. Yamoussoukro, la capitale ufficiale, è una grossa borgata con fantasie di grandezza. Nel 1983, il Presidente Félix Houphouet-Boigny, padre dell’indipendenza ivoriana,

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Maschera Malinke

trasformò il suo villaggio natale in una città e la nominò capitale, trasferendovi il palazzo presidenziale, i ministeri e tutte le istituzioni. Il risultato di oggi è, senza dubbio, il paesaggio più surreale del paese: grandi edifici pretenziosi in mezzo al nulla, tratti di autostrada che non conducono da nessuna parte ma, in particolare, l’immensa basilica di Notre Dame de la Paix. E’ la più alta basilica del mondo, copia quasi perfetta di San Pietro a Roma. Costruita fra il 1986 e il 1989 nel bel mezzo di un vasto palmeto, impone la sua gigantesca ed incongrua sagoma ai margini della città. Costata 40 miliardi di franchi CFA pari a oltre 60 milioni di euro, merita senza dubbio una visita per le sue dimensioni, il suo carattere assurdo e la sua architettura neoclassica completamente fuori contesto: marmi di Carrara, 7360 metri quadri di vetrate di Bordeaux, 7000 posti a sedere climatizzati, ascensori inseriti nelle colonne monumentali e un immenso cupolone bianco che si erge al di sopra della foschia tropicale. Una curiosità da non perdere insomma, che, tuttavia, oggi, sta diventando un luogo di pellegrinaggio sempre più popolare. Non lontano, circondato da giardini alla francese, un laghetto artificiale ospita i coccodrilli sacri, pigri e ben pasciuti, nutriti ad ore fisse dagli inservienti.


Costa d’Avorio

La danza della fanciulla piu bella, Dan In basso: giovane iniziato Pays Yacouba


Le komian di Aniassué

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A sinistra: Giovani iniziate Pays Yacouba. In alto: Komian, sacerdotesse Agni. Le intermediarie tra gli spiriti e gli esseri umani. In basso: Altare domestico con antenati ad AniassuĂŠ.

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Costa d’Avorio

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A sinistra in alto: Donna Peul con labbra tatuate. In basso: danzatori Baoulé.

La Danza degli Spiriti Ma non si viene in Costa d'Avorio solo per le spiagge e le bellezze naturalistiche, la principale attrattiva di questo Paese è rappresentata dalla sua enorme ricchezza etnografica. Gli Agni, i Baoulé, i Dan, i Senoufo, i Malinke, i Krou sono i gruppi etnici più conosciuti. Tutti possiedono una ricca cultura e delle antiche tradizioni. Per farsene un’idea bisogna assistere alle feste rituali, alle cerimonie iniziatiche, alle danze con le maschere, ritmate dai tamburi, dai flauti, dai balafon e dalle zucche coperte di cauri. L’animismo, velato di Cristianesimo o di Islam è ancora molto vivo. Con la stregoneria nessuno ha voglia di scherzare e il primo assaggio lo avrete con le “komian”, le sacerdotesse Agni. Esse sono le intermediarie tra gli spiriti e gli esseri umani, esercitano la medicina tradizionale e proteggono la comunità dalla sventura. Presiedono ogni cerimonia, dall'intronizzazione di re e capi a tutte le importanti manifestazioni. Sono in grado di indicare i rimedi da prendere, i sacrifici e i riti da compiere per ritrovare salute e prosperità. Ma non tutte le donne possono diventare "komian". Lo diventeranno soltanto le elette, scelte dagli spiriti, alla nascita o durante il corso della loro vita. Talvolta la loro natura si manifesta attraverso gravi malattie come la cecità o la follia, curabili soltanto attraverso la sottomissione alla volontà degli spiriti. Una volta scelta, l'eletta si sottoporrà a un periodo di formazione di tre anni presso una "madre iniziatrice" durante il quale risiederà presso la sua maestra che si farà carico del suo mantenimento e della sua formazione spirituale. La novizia imparerà l'arte della divinazione, l'uso delle piante medicinali e saprà distinguere gli spiriti buoni da quelli maligni. Dopo sette anni di pratica potrà, a sua volta, divenire una maestra. Le "komian" si riconoscono per il loro abbigliamento: una lunga gonna bianca, un cappello rosso ornato con dei cauri, numerose collane di perline intorno alle caviglie, ai polsi e disposte a croce sul petto. In mano brandiscono una lancia e una coda di cavallo. Cospargono il corpo e il volto di caolino: argilla pura, friabile e refrattaria, utilizzata come materia prima per fabbricare la porcellana. Questa pietra bianca

In alto: casa dei feticci di Niofoins. Sotto: Maschere Goly Pays a Baoulé.

simboleggia la gioia, la pace ma anche il lutto. Il caolino è considerato una sostanza purificatrice e, mescolato con piante speciali, viene sparso nelle corte reale per allontanare gli spiriti maligni. Durante le cerimonie pubbliche è polverizzato ovunque e se ne aspergono gli spettatori. Esso delimita un cerchio al centro della piazza ove si manifestano spiriti e geni della natura. Al ritmo dei tamburi, nel cerchio magico iniziano le danze. Le "komian", lo sguardo perso nel vuoto, non vedono più il mondo reale. Come in una seduta di esorcismo, gli spiriti ancestrali hanno, ormai, preso possesso del loro corpo. EMOTIONS

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Costa d’Avorio

In alto: Particolare della facciata della cattedrale Notre Dame de la Paix di Yamoussoukro. In basso: Interno della cattedrale.


Le komian si cospargono il corpo e il volto di caolino: argilla pura, friabile e refrattaria

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Photo by Archivio Venissa

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I Luoghi della

Venezia Nativa Ma z zor b o, Bura no e To rce l lo TERESA CARRUBBA

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VENISSA

Photo by Archivio Venissa

Mazzorbo

Il vino dei Dogi rinasce nell’isola di Mazzorbo DOVEVANO SAPERLA LUNGA ANCHE SUL VINO, I DOGI DI VENEZIA, SE DURANTE I CONVIVII

ACCOMPAGNAVANO IL CIBO CON UN PREZIOSO

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NETTARE SPREMUTO DALL’UVA DORONA!

Tanto più pregiata in quanto nasceva in un terreno non certamente vocato alla viticultura, ma sabbioso e costantemente permeato dall’aria salmastra. Fino a quando la terribile inondazione del 1966 non sommerse le viti distruggendole. Tuttavia, non tutte. Qualche traccia rimase qua e là, sulle isole che rappresentano la Venezia Nativa: Torcello, Burano e Mazzorbo. E fu proprio a Torcello che qualche anno fa Gianluca Biasol, geniale rampollo della famiglia di viticoltori assai rinomata per i vitigni di Valdobbiadene e per la produzione di prosecco, posò il suo occhio esperto su dei tralci di vite in una vecchia vigna privata di fronte alla cattedrale di Santa Maria Assunta. Convinta la proprietaria, ottenne delle casse da cui brillava un’uva gialla: era la Dorona. Dalla fortunata scoperta nacque subito l’idea: acquistare una vigna murata a Mazzorbo, là dove sorgeva un antico monastero abbandonato nel Quattrocento e di cui rimane solo un campanile leggermente inclinato, poi diventata tenuta Scarpa Volo. Nemmeno un ettaro di vigna, ma sufficiente per produrre ogni anno, grazie alla rediviva Uva Dorona, 4.000 bottiglie di Venissa, un vino ormai assurto ad oggetto dei desideri di amatori e persino di collezionisti da tutto il mondo. E un vino così pregiato, che vince l’ostilità della natura, tra sabbia, alte maree e salsedine, non poteva che meritare una bottiglia preziosa creata dal più celebre vetraio di Murano, Carlo Moretti. Non solo. Una sorta di etichetta formata da una foglia d’oro, viene fusa sulla bottiglia e poi numerata a mano, rendendola unica. Opera della famiglia Battiloro, orafi veneziani da secoli, ormai considerata l'unica in Europa che produca a mano la foglia d'oro. Vino a parte, Venissa è anche il nome di tutto il complesso sull’isola di Mazzorbo, collegata a Burano da un ponticello di legno. Gianluca Biasol, infatti, ha creato un Wine Resort con un ristorante stellato da Michelin che vanta ben quattro chef, dove si possono gustare piatti del territorio creativamente rivisitati. I piatti tradizionali tout court, invece, si degustano nell’altro locale di Venissa, l’Osteria Contemporanea, che attinge fedelmente dai ricettari delle famiglie della Venezia Nativa. A Venissa si può anche dormire, nelle cinque camere ristrutturate con grande cura dei particolari.

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OSTERIA CONTEMPORANEA

Photo by Mattia Mionetto_Silvia Vettoretti

Photo by Mattia Mionetto


Photo by Mattia Mionetto

Photo by Francesco Galifi

Venezia Nativa


Burano L’ISOLA DEI MERLETTI

Colori, merletti, e Casa Burano: un albergo diffuso di grande design SOLO CASETTE L’UNA ACCANTO ALL’ALTRA

A COSTEGGIARE I CANALI CHE PENETRANO

L’ISOLA, UNICO PERCORSO PER LE TIPICHE BARCHE DI PESCATORI

alberghi, qui non ce ne sono, ma in camere in affitto, casette di pescatori o locande. Di recente, in quest’isola c’è un’alternativa degna di nota: Casa Burano. Un hotel diffuso tra le coloratissime case, nei punti più affascinanti dell’isola. Cinque casette ristrutturate con la massima cura e scelta dei materiali, come ad esempio i pavimenti in mosaico di vetro smaltato realizzato nelle fornaci di Venezia per l’ingresso, legni pregiati per le camere da letto e grandi spazi dedicati al bagno con docce provviste di musica, cromoterapia e idromassaggi. Una soluzione elegante per vivere l’isola in perfetta tranquillità e discrezione. Ma Casa Burano è anche attiva, organizza gite in barca nella Laguna di Venezia con esperti pescatori, visite alla tenuta Venissa nell’isola di Mazzorbo, con possibilità di degustare vini o di seguire corsi di cucina dopo aver raccolto le erbe della Laguna.

Photos by Archivio Casa Burano

I colori eccitanti di questa architettura accendono la vita di Burano, l’isola dei merletti. E’ un’emozione continua, tra le anguste calli, i ponticelli e le piazze, il rosso, l’azzurro, il giallo, il verde e il violetto catturano lo sguardo in un tripudio di allegria e vivacità. Un filo conduttore, il colore, che abbraccia l’isola come in un salotto. E’ così che ci si sente, a Burano. Niente palazzoni ma solo casette di 2 o 3 piani, l’una accanto all’altra a costeggiare i canali che penetrano l’isola, unico percorso per le tipiche barche di pescatori, ancora attive come tradizionale risorsa isolana. Quei pescatori che di prima mattina, lasciate le reti gonfie di pesci, si ritrovano in un bar della deserta piazza principale a sorseggiare un caffellatte e a raccontarsi com’è andata la notte in alto mare. I molti turisti di Burano non alloggiano in grandi

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Venezia Nativa

Photos by Teresa Carrubba


Il Merletto di Burano

GENERAZIONI DI MERLETTAIE

Una storia in punta d’ago TIPICA DEL MERLETTO DI BURANO È LA

LAVORAZIONE RIGOROSAMENTE AD AGO, I MERLETTI ORIGINALI DI BURANO SI

DISTINGUONO PER LA COMPLESSITÀ DEL DISEGNO E DELLA TECNICA ESECUTIVA

Photo by Teresa Carrubba

Fu la dogaressa Morosina Morosini a dare impulso, alla fine del Cinquecento, alla creazione di un laboratorio a Venezia, nel quale trovarono impiego 130 merlettaie. Poi la Corporazione dei Merciai organizzò il lavoro nelle case, nei conventi, negli ospizi e nelle isole, divenendo così nel secolo XVII una delle corporazioni più ricche di Venezia. All’incoronazione di Riccardo III d’Inghilterra, nel 1483, la regina Anna indossò un ricco mantello ornato di merletti di Burano; acquistarono merletti anche vari membri della famiglia Tudor e Caterina de’ Medici grazie alla quale alcune merlettaie dell’isola si trasferirono in Francia. Presto le merlettaie buranelle divennero oltre 200, e insegnavano la loro arte alle colleghe francesi. Il “punto in aria”, divenne “point de France”. Persino Luigi XIV, nel giorno della sua incoronazione, indossò un collare di merletto opera delle merlettaie di Burano, che avevano impiegato due anni per terminarlo. Nel 1872 fu un'anziana merlettaia buranella di nome Vincenza Memo - detta Cencia Scarpariola ultima depositaria di tutti i segreti dell'arte, a tramandarli a un gruppo di ragazze. Fu così che presso l'antico palazzo del Podestà nacque la Scuola del merletto di Burano che grazie all’intervento della contessa Andriana Marcello e di altre nobildonne come la principessa di Sassonia, la duchessa di Hamilton, la contessa Bismarck, la principessa Metternich, la regina d'Olanda e la regina Margherita fece nuovamente rifiorire la tradizione del merletto. Tipica del merletto di Burano è la lavorazione rigorosamente ad ago, i merletti originali di Burano si distinguono per la complessità del

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disegno e della tecnica esecutiva, l'utilizzo di fili (di cotone, lino, seta, dorati o argentati) molto sottili, e di conseguenza una lavorazione elaborata. La lavorazione a fuselli, molto più veloce e tecnicamente meno impegnativa, divenne invece tipica - nell'ambito della Laguna di Venezia - dei merletti di Pellestrina. Il merletto di Burano è un lavoro collettivo, ogni merlettaia si specializza in un solo punto; dopo averlo eseguito, passa il lavoro a un’altra. Oggi la lavorazione del merletto di Burano è in via di estinzione, se non fosse per alcune anziane merlettaie che si dedicano all’insegnamento privato. A volte nei negozi dedicati come Martina Vidal Venezia che da generazioni si dedica alla produzione del merletto di Burano e, oltre ad una biancheria finissima, vanta anche una preziosa collezione privata con pezzi storici di pregio come una stola a punto Burano di fine Ottocento, forse di committenza reale, una bordura a punto Venezia con fogliame ad alto rilievo e disegni barocchi della seconda metà del Seicento. Inoltre un centro tavola quadrato che conserva ancora il nastrino con piombino della Scuola Merletti di Burano della prima metà del Novecento e tre tovaglie da tavola principesche databili alla prima metà del Novecento, due delle quali a punto Venezia con inserti a punto Burano con foglie d’acanto, rilievi, rosette e anfore fiorite. La terza ha raffinati inserti a punto intaglio e medaglioni di merletto con animali simbolici. Nello showroom di Martina Vidal Venezia a Burano si svolgono corsi di merletto in tre livelli di apprendimento.

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Photos by Archivio Martina Vidal Venezia Prima foto in alto a sinistra: Nonna Mori, la nonna di Martina e Sergio Vidal In alto al centro e a destra: Merlettaie di Burano ieri e oggi Sopra: Tovaglia con misure 530x190 della prima metà del ventesimo secolo. Interamente in merletto ad ago, a fogliami barocchi e grandi varietà di fiori, tra cui fiori di loto, di ibisco e rose (accanto foto del dettaglio). Appartenuta alla Famiglia Dodge fino agli anni '60 circa, la tovaglia è tornata a Venezia tramite un collezionista ed è entrata recentemente nella Collezione Martina Vidal.

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E QUI COMINCIA LA NOSTRA AVVENTURA TRA I M

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MEANDRI MISTERIOSI E RICCHI DI STORIA DELLA LAGUNA

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A BORDO DELL’ULTIMO BRAGOZZO

Navigando lungo la Laguna di Venezia S’INSINUANO TRA ISOLE E ISOLOTTI, I VARI CANALI,

SPESSO A PROFONDITÀ PERICOLOSAMENTE BASSE Un sistema articolato di terra e acqua che, tra la foce del Sile a quella del Brenta, costituisce la Laguna veneta. Al tempo della Serenissima su queste isole, collegate da pontili di legno, c’erano 8 conventi di suore che successivamente, per carenza di acqua, sono stati spostati a Venezia e le isole abbandonate. I resti dei conventi sono sprofondati a causa delle inondazioni. Alcuni di questi isolotti non sono segnati in nessuna mappa e se non si conosce bene la conformazione dei canali è pericoloso navigare perché ci sono le secche e in alcuni punti l’acqua non raggiunge un metro di profondità. Abbiamo percorso la Laguna a bordo dell’ultimo bragozzo, Nettuno, restaurato da due pescatori di Burano, Domenico ed Enrico, i quali di notte si dedicano alla pesca e di giorno accompagnano i visitatori su e giù per isole e canali, raccontando vita, morte e miracoli di queste terre ai più sconosciute. «La mia attività di accompagnatore per turisti è nata per caso» ci racconta Domenico «è stato realizzato un documentario sulla mia vita e ho vinto il primo premio all’Expo di Milano. Enrico ed io abbiamo recuperato questa barca che ha più di cinquant’anni, è l’unico bragozzo rimasto per la pesca dei gamberetti. La Comunità Europea ha bloccato le licenze a questo tipo di imbarcazioni perché non possono andare oltre le 3 miglia dalla costa». E qui comincia la nostra avventura tra i meandri misteriosi e ricchi di storia della Laguna. Il racconto di Domenico è avvincente e documentato, lui conosce ogni canale e ogni isolotto. L’isola di S. Francesco del deserto, a circa 10 minuti da Burano, originariamente apparteneva ad un ricco patrizio veneziano dal quale fu donata ai frati dell’ordine minore dei francescani che ne hanno costruito un convento. Pare che S. Francesco tornato dalla Terra Santa si sia fermato qui. Si chiama deserto perché c’è stato un periodo in cui la falda acquifera di quest’isola si è ritirata ed è stata abbandonata, poi nel tempo la falda si è ricostituita e i frati sono tornati. L’isola è molto grande ma ci sono solo 4 frati che accolgono i pellegrini in ritiro spirituale i quali accettano di condividere la stessa loro vita per qualche giorno. A circa 40 minuti da S. Francesco e vicino all’isola di S. Erasmo c’è quella di Lazzaretto nuovo. Quando le navi della Serenissima entravano in porto, per paura di

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www.pescaburano.it/ eventuali malattie si mettevano i marinai in quarantena nel lazzaretto. Poi è diventato monastero. Ora un’associazione culturale lo ha restaurato e organizza interessanti visite guidate, ci sono ancora i graffiti realizzati dai marinai in quarantena. L’isola di Ammiana, fu un centro importante della Laguna veneta, scavi archeologici hanno portato alla luce preziosi mosaici bizantini. Oggi è una distesa di barene, periodicamente sommerse dalle maree. Nell’isola di Salina, cosiddetta perché fino agli Anni Venti c’era una salina pubblica, ora divenuta privata, sono state trovate le tombe di 3 dogi. Su un lembo di terra molto vicino all’isola di Torcello, Arrigo Cipriani ha messo su una coltivazione di carciofi, ad uso della sua Locanda di Torcello e persino del leggendario Harry’s Bar di Venezia, dichiarato nel 2001 Patrimonio Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali. Fondato nel 1931 dal padre Giuseppe Cipriani, inventore del Bellini e del carpaccio, l’Harry’s Bar di Venezia vide ospiti celebrità come Onassis, Eugenio Montale ed Ernest Hemingway. In passato Torcello aveva 50 mila abitanti, oggi sono solo 8, i giovani sono andati tutti via perché non c’è lavoro. Torcello fu uno dei più importanti insediamenti della Laguna e rimase tale finché non emerse il predominio di Venezia. Nella piazza dell’antica città impera maestosa la Basilica di Santa Maria Assunta, significativo esempio di stile venetobizantino. Sulla stessa piazza insistono anche i due edifici storici Palazzo del Consiglio e Palazzo dell'Archivio, sedi del Museo Provinciale di Torcello. Proseguiamo nella nostra navigazione a bordo del bragozzo e scorgiamo lungo le rive di certi isolotti, dei filari di anfore. Chiediamo spiegazioni a Domenico. «Sono anfore romane» ci risponde «quando le navi romane attraccavano qui, lasciavano a terra le anfore vuote perché erano di scarso valore e non valeva la pena riportarle indietro. Gli abitanti delle isole della laguna le riempivano di sabbia e le conficcavano nel terreno l’una accanto all’altra lungo la riva per creare uno sbarramento alle maree. Oppure le inserivano in più file parallele all’interno e ci costruivano sopra. Capita di aggirarci intorno ad isolette sprofondate e dobbiamo stare molto attenti quando conficchiamo nel fondale i paletti della rete, possiamo arrivare al massimo a 70 cm perché sotto si può trovare una pavimentazione romana. il tipo di pesca che pratichiamo noi è di tradizione antica e non è invasiva. Abbiamo delle strisce di rete lunghissime alte 120 cm che vengono legate a paletti di castagno, quando questi vengono conficcati nel fango della laguna, la parte inferiore della rete si adagia sul fondo. il granchio sbatte contro la rete e non può più uscire. Nella parte terminale della rete ci sono 3 sacchi che fungono da trappola. Noi tutte le notti dobbiamo andare a svuotare questi sacchi. E’ un lavoro duro ma è la nostra tradizione alla quale non vogliamo rinunciare».

Photos by Teresa Carrubba

Torcello


Venezia Nativa

I due pescatori di Burano, Domenico (a sinistra) ed Enrico che ci hanno accompagnato a bordo di Nettuno, l’ultimo bragozzo

In basso: Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello


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Raffinata e impetuosa

Saigon

PAMELA MCCOURT FRANCESCONE

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Ci sono città che ti fanno innamorare. Quando meno te lo aspetti. Così è stato con Saigon, una metropoli dalle mille contraddizioni: alle spalle un conflitto sanguinoso contro gli americani ma dove oggi il dollaro viene accettato come valuta, e che nel War Remnants Museum svela impietosamente gli orrori della guerra mentre corre fiduciosa verso il futuro

Da mesi la città si trova nella morsa dei lavori per la nuova metropolitana. Il completamento della prima linea è previsto per il 2020 ma per ora i pedoni e il traffico caotico e impetuoso su due, tre e quattro ruote devono contendersi strade sbarrate, piazze sventrate e cantieri con macchinari pesanti che ruggiscono a tutte le ore. Dal 1976 è Ho Chi Minh City, ma tutti la chiamano Saigon, il toponimo del District n. 1 il cuore della città più popolosa e vibrante del Paese, limitato da un lato dal fiume Saigon e dall’altro dal canale Ben Nghe. A fine ‘800 Saigon, conosciuta allora come La Parigi d’Oriente, era l’effervescente capitale dell’Indocina francese e ancora oggi conserva un ricco patrimonio

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architettonico coloniale con magnifici edifici come l’Ufficio Postale Centrale e la contigua Basilica di Notre Dame. L’Ufficio Postale, progettato e costruito da Gustav Eiffel ha una facciata elegante e, all’interno, un bel pavimento marmoreo, un’alta volta ad arco e un grande ritratto di Ho Chi Minh, testimonianza della stretta relazione tra città e lo Zio Ho, il rivoluzionario leader della Repubblica Democratica del Vietnam. La basilica, in mattoni rossi importati da Toulouse e con due torri campanile svettanti, fu eletta Cattedrale Basilica nel 1962 da Giovanni XXIII, e ogni domenica mattina la messa delle undici viene celebrata in inglese per i residenti cosmopoliti della città e per i visitatori.

In alto a sinistra: L’Ufficio Postale Centrale, l’elegante edificio progettato da Gustav Eiffel In alto a destra: eletta Cattedrale nel 1962 la Basilica di Notre Dame A destra: il Palazzo del Comitato del Popolo



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E’ un paradiso per lo shopping; dall’elegante Diamond Plaza alle boutique modaiole nei Distretti 1 e 3, e dai tradizionali e colorati mercati Ben Thanh (con più di 3mila venditori) e Saigon Square, alle bancarelle stradali dove mercanteggiare diventa un’allegra partita a ping pong dalla quale sia il venditore che l’acquirente ne escono sorridenti e vincitori.

A Saigon si mangia con un dollaro o con cento dollari. Per un dollaro o poco più il cibo di strada offre un assortimento vertiginoso di piatti tradizionali espressi come il Banh Mi, un panino tipo baquette francese ripieno di carne, verdure e l’immancabile coriandolo. Altre specialità richiedono lunghe ore di preparazione come il Pho (foto a sinistra), la più famosa minestra vietnamita, un brodo di carne con spaghetti, erbe aromatiche e nam quoc, la salsa di pesce che non manca mai sui tavoli. EMOTIONS

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Il Teatro Municipale, conosciuto anche come l’Opera di Saigon, richiama l’architettura del Petit Palais di Parigi, ma l’edificio più spettacolare di Saigon è senza dubbio il Palazzo del Comitato del Popolo. Di sera l’illuminazione notturna trasforma la bella facciata, ornamentata con bassorilievi e colonne, in un palazzo fiabesco. Parte proprio dal Palazzo del Comitato il viale Nguyen Hue, la strada più elegante della città: un’ampia isola pedonale alberata dove vengono allestite mostre d’arte e che, durante le festività del Tet il Capodanno vietnamita, diventa un coloratissimo vivaio debordante di piante e alberi fioriti. Saigon è una città seducente e vibrante che ostenta senza veli, valori e tradizioni spirituali e mondani. Nel quartiere di Chon Lon sorgono due delle pagode più venerate, il Ngoc Hoang, conosciuto anche come il Tempio dell’Imperatore di Giada, e il Tempio Thein Hau dedicato alla dea protettrice dei marinai dove i fedeli accendono grandi spirali di incenso a forma di cono che vengono appese al soffitto. Per spendere cento dollari a tavola c’è

l’imbarazzo della scelta nei ristoranti Michelin, negli alberghi a 5 stelle, nei locali alla moda e negli sky-bar dove baristi acrobatici fanno giochi di destrezza con bottiglie e bicchieri, creando cocktail dai nomi stravaganti ed esotici. Storici i bar degli alberghi Caravelle e Rex da dove durante la guerra i corrispondenti esteri avevano viste verso il fiume e sui combattimenti che quotidianamente massacravano la popolazione e la città. Quando la sospirata metropolitana entrerà in servizio diventerà più facile muoversi in città, ma nell’attesa bisogna armarsi di tanta pazienza nel traffico aggrovigliato e disordinato scegliendo tra un taxi o un xe om, un taxi-motorino che costa poco ma che non è per i deboli di cuore. Sempre sull’argomento pericolo, persino attraversare la strada richiede un cuore forte perché l’orda di motori e motorini non si ferma neanche col verde. Un segreto c’è. Scendere dal marciapiede con un passo deciso, né troppo veloce né troppo lento e mai, ma proprio mai, accelerare o rallentare. Così lo sciame a due ruote sa calcolare al millimetro come girarvi intorno e, a testa alta, vincerete la sfida. www.vietnamtourism.com

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In questa pagina: Il Teatro Municipale, detto anche l’Opera di Saigon A sinistra in alto: Ngoc Hoang, conosciuto anche come il Tempio dell’Imperatore di Giada In basso: Il Tempio Then Hau dedicato alla dea protettrice dei marinai



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PAOLO PONGA

AZZURRO, TURCHESE, CELESTE, INDACO, OLTREMARE, COBALTO… DIFFICILE RIUSCIRE AD ELENCARE TUTTE LE SFUMATURE DI BLU DEL MARE DELLE MALDIVE. SE LO SI OSSERVA DALL’ALTO DI UN AEREO, IL FASCINO AUMENTA CON LA VISIONE DELLE SUE ISOLE INCASTONATE COME GIOIELLI, O COME SASSOLINI BIANCHI E VERDI GETTATI DA DIO SULLA SUA SUPERFICIE

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In alto a destra: Veduta aerea delle isole delle Maldive con tutte le sfumature di blu del mare Da sinistra: in questi fondali nuotano pesci di ogni forma e colore come il variopinto pesce angelo imperatore La barca a motore tradizionale maldiviana il Dhoni

Difficile descrivere le emozioni che suscita l’arcipelago delle Maldive a chi non ha avuto la fortuna di visitarle. Per un subacqueo sono come il mal d’Africa per un esploratore: impossibile sentirsene sazi. Questa emozione entra nel cuore anche se non ci si immerge, ma semplicemente si ama il mare e lo si guarda sotto la superficie con una maschera: una tavolozza animata di mille colori, sempre in movimento. Sulla terraferma, una striscia di sabbia bianca di origine corallina, sempre fresca sotto la pianta dei piedi anche con il sole cocente, circonda le palme e la giungla rigogliosa che nascondono gli edifici all’interno dell’isola. Un vero spettacolo. Relax totale per chi lo desidera, le vacanze alle Maldive possono rivelarsi invece una vera faticaccia per un subacqueo. Impossibile resistere infatti alle emozioni delle Thila, i pinnacoli di corallo sottomarini che arrivano ad una decina di metri dalla superficie, oppure quelle vissute nelle pass che portano dall’atollo al mare aperto, dove le correnti possono essere molto forti ed offrono sempre immersioni adrenaliniche ed indimenticabili. Un’immersione decisamente particolare per l’arcipelago è Kuda Giri Wreck, situata nell’atollo di Male Sud, a nord di Maafushi. Si tratta, eccezionalmente per le Maldive, di un’immersione su relitto (wreck),

che giace in assetto di navigazione sulla sabbia accanto ad un piccolo pinnacolo di corallo (kuda giri). Il nome del posto è divenuto quello del relitto, in mancanza di una certa identificazione dello stesso. Si tratta, probabilmente, di un peschereccio d’alto mare di origine cinese, qui affondato una trentina d’anni fa per un fortunale improvviso, o per la distrazione del capitano che ha portato l’imbarcazione contro la sommità del reef. Lungo una trentina di metri, si trova fra i 25 ed i 35 metri di profondità; considerando la temperatura dell’acqua intorno ai 29/30° C, la magnifica visibilità, la posizione protetta dalle correnti, risulta essere una facile immersione alla portata di quasi ogni livello di esperienza. Dall’imbarcazione del diving si scende sul tetto del pinnacolo, per poi dirigersi in profondità verso i resti della nave affondata. Lungo il percorso, un tripudio di vita: pesci pappagallo, damigelle, pesci angelo, balestra, farfalla, intervallati da qualche cernia e jackfish in caccia. Arrivati sul fondo sabbioso, si procede per qualche decina di metri fino a distinguere il profilo del peschereccio, che da predatore di queste acque, si è trasformato nella casa di innumerevoli pesci, un vero e proprio reef artificiale. Sulla sua coperta nuotano indisturbati pesci di ogni forma e colore, mentre nelle sue stive hanno fatto dimora centinaia di minuscoli glassfish. Percorrendo lentamente la EMOTIONS

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VITA DA parete della barriera corallina per risalire verso la superficie, sono frequenti gli incontri che danno emozione: murene nascoste negli anfratti, tartarughe, anemoni coloratissimi con gli immancabili pesci pagliaccio. Guardando nel blu, con un pizzico di fortuna è possibile veder arrivare uno squalo pinna bianca od un grigio di barriera che sembrano marcare il loro territorio. In seguito, seduti sul dhoni, la barca a motore tradizionale maldiviana, guardando nuovamente le sfumature di blu, è impossibile non pensare ai mille colori trovati invece sott’acqua. Le Maldive sono 1192 isole raccolte in 26 atolli; di queste circa 200 sono abitate da maldiviani di fede musulmana ed un centinaio sono appannaggio dei resort, mentre le rimanenti, a volte semplici lingue di sabbia, sono invece disabitate. Ci sono tre possibilità di soggiorno nell’arcipelago: il primo è costituito dai classici resort, che si trovano su isole a loro dedicate e che offrono eccellenti sistemazioni a prezzi da medi ad

elevatissimi. La seconda opzione sono le barche da crociera, dedicate essenzialmente a chi fa attività subacquea, ma adatte anche ai non sub, che vengono accompagnati a visitare le isole di pescatori o quelle deserte, o che semplicemente possono godere della piscina di bordo e del sole comodamente sdraiati sul deck dell’imbarcazione. Vi è infine una terza possibilità nata negli ultimi anni, da quando l’ex Presidente Nasheed ha consentito alle comunità locali di decidere se aprirsi al turismo o meno. Le isole sulle quali è stata fatta questa scelta, hanno visto il nascere di guesthouses e piccoli alberghi di proprietà di maldiviani a prezzi decisamente alla portata di tutti, purché dotati di un minimo di spirito di adattamento agli usi e costumi locali (vietati carne di maiale, alcool e circolare per l’isola in costume da bagno). In tutti e tre i casi, le vacanze saranno meravigliose ed indimenticabili, complice un mare davvero unico.

Q U E S TA E M OZ U N A TAV O L O Z SEMPRE IN MO

Veduta aerea di una delle 1192 isole delle Maldive raccolte in 26 atolli

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ZIONE ENTRA NEL CUORE, E’ COME Z Z A A N I M ATA D I M I L L E C O LO R I, OVIMENTO

In alto: i colorati pesci tropicali che nuotano nei fondali marini delle Maldive , sicuramente tra i più belli del mondo A destra: Anemone e pesci pagliaccio

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LA SVIZZERA

in bici

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A F F A S C I N A N T I

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Visitare la Svizzera percorrendola in bicicletta e godere così da vicino il fluire dei suoi splendidi panorami montani e lacustri, se poteva apparire come un sogno, è invece oggi una realtà che si può programmare molto facilmente

LUISA CHIUMENTI Pedalando, all’altezza un po’ particolare che dà una bicicletta, si scopre il paesaggio da un’angolazione del tutto nuova, da cui tutto sembra essere più vicino, a portata di mano e ci si accorge di essere avvolti ed “immersi” in quella Natura che si lascia come “sfogliare” a mano a mano che si procede a velocità anche sostenuta, con una dolce brezza. Ed eccoci ad esempio, sulle Prealpi nel cuore della Svizzera, dove, a partire dal 7 luglio 2018, viene proposto un nuovo itinerario in bicicletta per gli appassionati di All-mountain, enduro e cicloturismo che possono abbinare single track e panorami alpini maestosi, con amabili soste per gustare la gastronomia locale. A soli 45 minuti da Zurigo e Lucerna eccoci in partenza per un tour in bicicletta da Einsieldeln sul lago della Sihl e la storica cittadina di Svitto vicino al lago dei Quattro Cantoni attraversando paesaggi incantevoli come il comprensorio di Hoch-Ybrig e la regione del Mythen, passando davanti a un bel laghetto di montagna per superare poi il passo di Ibergeregg e godendo infine della vista delle due cime maestose del Kleiner e del Grosser Mithen, simbolo di Svitto. E se ad Einsielden e Svitto è possibile noleggiare biciclette, chi porta la sua bike può pernottare nei Bike Hotel di Einsielden o Brunner (dall’Hotel Allegro, al Drei Konige, al St-Georg o al Seehotel WaldstaHerof), che offrono tutti i servizi necessari ai ciclisti. E mentre dalla bicicletta la vista spazia verso le vette innevate, una sosta a una malga permette di gustare la cucina svittese, seguendo le indicazioni: SCHWYZ presso i ristoranti Sager, Gipfelstubli Rotenflue o Berggasthaus Hand. E prendiamo ora un itinerario che attraversa il territorio svizzero da sud-ovest a nord-est per

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Da destra: Ciclisti nel centro di Zurigo sullo sfondo la Chiesa Fraumunster Sion, capoluogo del Vallese, con la chiesa fortificata Notre-Dame de Valere In basso: Le montagne Grosser e Kleiner Mythen intorno al Lago di Lucerna


circa 500 chilometri, con un’immersione in quei panorami unici che hanno reso il paese tanto famoso, con i dieci laghi che fanno da specchio alle vette delle montagne che li incorniciano. E per il fascino del viaggiatore in bicicletta si può partire ora da un itinerario che particolarmente ci affascina: quello che inizia da Sion, capoluogo del Vallese, avvolto nel rigoglio naturale dei frutteti e dei vigneti, ma che può essere attraversato anche a ridosso delle sue fortezze, delle chiese e delle belle case signorili. Siamo sulla valle inferiore del Rodano dove appare dominante lo scenario di alta quota dei Dents du Midi. Ed ecco che da Sierre, gettando ancora un’occhiata alla Val d'Anniviers con i suoi piccoli e graziosi paesi sui pendii, come Vercorin, Chandolin, St-Luc e Vissoie, proseguendo lungo il fiume, con la Navisence che s’immette nel Rodano, le rive sabbiose invitano a rinfrescarsi durante la stagione estiva, mentre si apprezza ancora la vista delle acque color turchese del piccolo Lac de la Brèche e si supera la zona paludosa della Pouta Fontana, che accoglie in modo assai suggestivo i numerosi nidi e il riposo di più di 160 specie di uccelli. Ma è molto importante segnalare come ci sia lungo tutti i percorsi previsti, una precisa e assai corretta integrazione fra il ciclista e la sua bici e tutti gli altri mezzi di trasporto (treni, pulman, etc.), oltre alla disponibilità (con Svizzera mobile), di guide, mappe, notizie e sussidi di ogni tipo, e alle numerose strutture ricettive “dedicate” come i Swiss Bike Hotels, attrezzati particolarmente per i biker. Anche le città svizzere, i loro centri storici e i loro dintorni offrono all’ospite la possibilità di godere di visioni speciali dal predellino di una bicicletta. EMOTIONS

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A destra: a 20 Km da Zurigo il Lago della Sihl presso Einsiedeln

Eccoci ad esempio a Berna, Patrimonio dell’Unesco che, lungo il fiume Aar può essere goduta da un semplice percorso in bicicletta, anche nei suoi itinerari medioevali oppure proprio lungo il fiume, sotto lo sguardo forse stupito dei famosi orsi che ne abitano le rive. In sella a e-bike, mountain bike o bici da corsa: i diversi percorsi nella regione di Berna sono adatti a tutti i ciclisti. Ma il percorso in questo caso è particolarmente affascinante perché rappresenta davvero “un viaggio nel cuore della Svizzera”, in quanto accompagna il corso del fiume Aar dalla sua sorgente, dal piccolo ghiacciaio del Passo del Grimsel nelle Alpi, fino al Reno della Coblenza svizzera, attraversando la gola di Aar tra laghi profondi nella regione Mittelland. La pista ciclabile lungo il fiume Aar è il percorso ciclistico nazionale n.8 e, sebbene la Aar Radweg (considerata una classica in Svizzera, per un viaggio tra le alte montagne dove il fiume ha spianato nel tempo la strada ai ciclisti) parta dall’alto delle montagne, nel corso dei secoli il fiume ha addolcito il suo corso così che la strada che lo costeggia procede lungo tutti i suoi 300 km senza salite significative. Si pedala su una ciclabile per lo più asfaltata e alla portata di ogni tipo di allenamento, con lo sguardo inebriato dalla vista continua di laghi, gole, cascate, vigneti, chalet, cattedrali, sempre accompagnati dal verde intenso dei prati, da vette di incomparabile bellezza e persino dal volo delle cicogne. NUMERO VERDE

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MARIELLA MOROSI

E’ una piccola città, Forlì, proprio al centro della Romagna, meditullum, come la definiva Dante. Ha l’orgoglio di un grande passato ma anche la vivacità di un’offerta turistica in continua evoluzione per il visitatore che - anche se solo per pochi giorni - vuole sentirsene parte

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Photos by Luca Massari Associazione ATRIUM

L’ Ex casa del Balilla, poi G.I.L. , è l’ultimo edificio forlivese dell’arte razionalista recuperato dall’abbandono (2015)


Photo by C.Paglionico - Archivio foto provincia FC

In alto da sinistra: In Piazzale della Vittoria il Monumento ai caduti e la statua di Icaro, recentemente restaurata, pensata come metafora della conquista del cielo e cerniera simbolica tra l'accesso sud della città e la Stazione Ferroviaria A sinistra: Bassorilievi del Monumento ai caduti che rappresentano i momenti salienti della vita degli eroi l'attacco, la difesa, il sacrificio e il trionfo A destra: Piazza Saffi vista dall’alto del Palazzo delle Poste

Dalla monumentale piazza Aurelio Saffi, che secondo Vittor

più belle d’Italia perché sintesi del patrimonio cultur

può prendere avvio un itinerario alla scoperta dei monume E' una città che sa proporsi, nell’Italia delle tante bellezze, con la contaminazione delle sue due anime: quella del centro storico e quella moderna del periodo razionalista del discusso Ventennio. Come Forum Livi fu nodo strategico romano sulla Via Emilia, soffrì degli scontri tra Guelfi e Ghibellini, fu protagonista dei fasti rinascimentali con Caterina Sforza. Di stirpe guerriera, alchimista e cacciatrice, la “tigre di Forlì” dominò la città fino a quando Cesare Sforza la umiliò cacciandola dalla sua Rocca di Ravaldino. Consegnata al Papa, fu Photo by Luca Massari Associazione ATRIUM

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rio Sgarbi è una delle

rale della città,

enti più significativi

FORLI’ CUORE DELLA ROMAGNA

Photo by Luca Massari

incarcerata a lungo a Castel S. Angelo e morì ad appena 46 anni. Nei secoli la città si abbellì con le linee sinuose del barocco per poi, nel Novecento, integrare in sé quelle tanto diverse, imponenti, dell’arte razionalista. Finalmente, dopo decenni di silenzio, quella di Forlì ora viene finalmente vista come vanno viste tutte le arti, senza contaminazioni politiche, tanto che oggi, con una cinquantina di edifici, costituisce un vero e proprio museo urbanistico all’aria aperta, oggetto di studio in progetti europei sugli stili del secolo scorso con le sue opere di architetti come Valle, Fuzzi e Bianchi. Dalla monumentale piazza Aurelio Saffi, che secondo Vittorio Sgarbi è una delle più belle d’Italia perché sintesi del patrimonio culturale della città, può prendere avvio un itinerario alla scoperta dei monumenti più significativi. La Basilica

di San Mercuriale, con annesso il Chiostro dei Vallombrosiani, ha origini antichissime. Distrutta da un incendio e riedificata in stile romanico lombardo, racchiude opere d'arte tra cui preziose tavole di Marco Palmezzano e Francesco Menzocchi e il Monumento funebre a Barbara Manfredi, moglie di Pino III Ordelaffi, Signore di Forlì. Il portale gotico in pietra rosa ospita una preziosa lunetta trecentesca con l’adorazione dei Magi. Si può provare anche l’emozione di salire i 273 gradini del campanile di 72 metri, originale del 1180. Al lato sud della piazza sorgono il quattrocentesco Palazzo del Podestà con la facciata in cotto, il Palazzo Albertini e quello Comunale con la Torre dell’Orologio. Di forte impatto è il Palazzo delle Poste, razionalista con suggestioni neo-liberty. EMOTIONS

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FORLI’ CUORE DELLA ROMAGNA Chiesa di San Giacomo nel monumentale complesso conventuale dell’Ordine dei Domenicani

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65 Photo by Luca Massari


FORLI’ CUORE DELLA ROMAGNA

Photos by Luca Massari

Il vicino Duomo ospita la Cappella della Madonna del Fuoco, patrona di Forlì, con l'immagine trecentesca della Madonna con il Bambino, una delle più antiche xilografie conosciute. La cupola è decorata dall'affresco dell'Assunzione di Carlo Cignani. A Palazzo Gaddi, da non trascurare, c’è il Museo del Risorgimento, un periodo storico che vide i forlivesi protagonisti, mentre Palazzo Romagnoli ospita le Collezioni civiche del Novecento con opere di Guttuso, Donghi, Vedova, tutti sul tema del lavoro. Motore culturale della città sono i Musei San Domenico, monumentale complesso conventuale dell’Ordine dei Domenicani che comprende anche la Chiesa di San Giacomo. La Pinacoteca intitolata a Melozzo da Forlì è un imperdibile itinerario tra capolavori, dal Beato

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Angelico all’Ebe di Canova. Ogni anno viene proposto un calendario di mostre: dopo “L’Eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio” sarà la volta della mostra fotografica di Ferdinando Scianna. Importanti iniziative culturali si svolgono anche nel Chiostro sconsacrato di San Sebastiano. Questa è città d’arte e di cultura – c’è anche il Polo Universitario dell’Università di Bologna - ma ha anche un’anima verde, con i Giardini del Parco della Resistenza e il parco urbano di ben 26 ettari a ridosso della vecchia città muraria, delimitato dal fiume Montone. La sua vallata, un parco fluviale incontaminato, ha percorsi ciclabili su entrambi gli argini. Ma la città è anche punto di partenza per le altre rigogliose vallate del Tramazzo, del Rabbi e del Bidente.

L’orgoglio viene cel con la Set e alla cult Luoghi, c sulla sost parte anc Cesena. I v fino al Tre la squisit Numeros o ai forma i locali ele Da gusta passatelli che l’Artu


A sinistra: Oratorio di San Sebastiano e Chiesa di San Giacomo all'imbrunire In alto: Il Chiostro di San Domenico A destra: l' Ebe del Canova presso la Pinacoteca, Musei San Domenico

FORLI’ Piazze d’estate

o di essere una città speciale, vocata all’ospitalità, ebrato ogni anno con Piazze d’estate e a settembre ttimana del Buon Vivere dedicata alle buone pratiche tura. Quest’anno, dal 23 al 30 settembre il tema sarà on eventi sui temi della next economy, sulla cultura, tenibilità e sulla grande risorsa dei giovani. Da Forlì che la Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Forlì e vigneti danno ottimi vini, dal Sangiovese all’Albana ebbiano e al Pagadebit e gli incontri ravvicinati con a cucina romagnola avvengono dovunque. si i chioschi dove gustare piadine calde al prosciutto aggi come Squaquarone, di Fossa o Raviggiolo e anche eganti non prendono le distanze dalla tradizione. are tutta la fantasiosa cucina territoriale come , cappelletti e quelle tagliatelle all’uso di Romagna usi ha reso immortali.

www.turismoforlivese.it

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Speciale Vietnam Fusion Resort Phu Cuoc. Benessere in un paradiso tropicale

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KALEIDOSCOPE

Il benvenuto dei sorridenti giovani maggiordomo, i Fusionistas, preannuncia l’attenzione al cliente e l’altissimo livello di servizio per i quali sono universalmente apprezzati i Fusion Resort

http://fusionresorts.com/fusionresortphuquoc/ Grand Beach Villa

Unico all-spa inclusive a Phu Cuoc, l’isola a forma di lacrima

Secret Garden per una magnifica colazione a buffet,

che si affaccia sul Golfo di Thailandia a un’ora di volo da

specialità vietnamite e pranzi e cene à la carte, e il Beach Bar

Ho Chi Minh City, il Fusion Resort Phu Cuoc tra poco

direttamente sulla spiaggia. Per tutti gli ospiti “Breakfast

festeggerà il suo primo anniversario con l’inaugurazione di

Anytime Anywhere” che offre la possibilità di godersi la

30 nuove ville, nuove aeree benessere e un club per ragazzi.

prima colazione a qualsiasi ora del giorno in qualsiasi angolo

Per chi arriva in questa tenuta tropicale dall’aeroporto

del resort: nella propria villa o giardino, sulla spiaggia,

internazionale - che dista 40 minuti in macchina - il

accanto alla grande piscina rotonda fronte mare o a quella

benvenuto dei sorridenti giovani maggiordomo, i

più appartata per soli adulti accanto alla spa.

Fusionistas, preannuncia l’attenzione al cliente e l’altissimo

Molte le attività del resort - dal beach volley al kayaking

livello di servizio per i quali sono universalmente

allo stand up paddle e per gli appassionati dei fondali marini

apprezzati i Fusion Resort.

c’è la possibilità di praticare snorkeling e immersioni.

Con 20 ettari di giardini curatissimi sulla costa nordovest

Per molti i momenti più graditi sono quelli dedicati alla

dell’isola, la proprietà sorge su una mezzaluna di sabbia bianca.

Maia Spa dotata di 20 suite doppie, sauna e bagno turco

Le 97 ville - con una, due o tre camere da letto e la Grand

dove, per ogni ospite, vengono messi a disposizione un

Beach Villa con cinque camere - hanno giardini celati dietro

minimo di due trattamenti omaggio al giorno. Sull’isola si

terrapieni di prato verdissimo con piscine private, palme e

coltiva il famoso pepe di Phu Cuoc e tra i trattamenti c’è il

alberi ad alto fusto. Tutte con vista mare o fiume, hanno interni

massaggio “Natural Living Pepper” con olio infuso di grani

luminosi e spaziosi e vasche di legno infossate nel pavimento

che vengono raccolti dagli 88 alberi di pepe che crescono

della zona bagno che vanta anche una doccia multigetto.

nel giardino della Spa, mentre per il “Pepper Scrub” all’olio

Per gli ospiti la scelta tra quattro ristoranti: Pezca che

al pepe viene aggiunto la curcuma.

propone pesce freschissimo, Soul Kitchen accanto alla piscina principale con un menu di spuntini e succhi di frutta,

Pamela McCourt Francescone EMOTIONS

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Speciale Vietnam

The Reverie Saigon The Reverie svetta su Ho Chi Minh City agli ultimi piani del Times Square Tower con viste sul fiume Saigon, sui futuristici quartieri nuovi della città e su monumenti che appartengono al patrimonio culturale del Paese come il Palazzo del Comitato del Popolo. Una dedizione al bello, con marmi, oro, mosaici e il più pregiato design italiano che sollecita e appaga i sensi senza soluzione di continuità. Stravagante e singolare la hall al settimo piano dove impera un monumentale divano in pelle viola lungo cinque metri di Colombo Stile, e un orologio alto tre metri in malachite verde firmato Baldi. Nelle 286 camere e suite, candelabri, specchi e mosaici creano giochi cromatici di luce e ombra, come il rosso

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AGOSTO - SETTEMBRE

passionale dei mosaici nelle Romance Suite, e le pareti di mosaico argentato con rami e uccellini blu zaffiro nelle Junior Suite. Imponente la Reverie Suite che riunisce lussuosi comfort moderni al più sontuoso design classico italiano. Una scala conduce dalla zona giorno a quella notte. Nella camera padronale con letto a baldacchino, le pareti di velluto riflettono le tonalità dei fondali marini e i tessuti fastosi richiamano quelli di Versailles. Nella Saigon Suite firmata Giorgetti, la zona living è rivestita di marmo e al piano superiore la camera padronale vanta un moderno letto a quattro colonne e la poltrona Juliet color rosso rubino creata per il 100° anniversario di Poltrona Frau. Nel Royal Pavilion il menu ricchissimo e raffinato propone il meglio della cucina cinese tradizionale.


KALEIDOSCOPE

www.thereveriesaigon.com

Per chi è in arrivo o in partenza la scelta tra le macchine nella flotta: una Rolls Royce Phantom Dragon, una Bentley, un Maybach e altri modelli Mercedes

R&J è un tempio della cucina italiana con un seafood bar e pizze e, di sera, raffinatezze culinarie con forti accenti tradizionali. Dai Paccheri al Ragu Napoletano e l’Acqua Pazza con Guazzetto di Falanghina, a creazioni estrose come il Pollo in Terracotta che viene aperta a tavola con un martelletto. La Spa di 1.200 mq riafferma la vocazione dell’albergo per lo sfarzo con pavimenti e pareti in marmo bianco e nero al livello inferiore, mentre al secondo piano il munifico impiego di legni sinuosi delinea ambienti di rilassante serenità. Articolato e seducente il menu che va dai massaggi agli scrub, e dai trattamenti per il viso a quelli basati su tecniche orientali secolari per ritemprare il benessere del corpo e della mente. Pamela McCourt Francescone EMOTIONS

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L I B R I

E M O T I O N S

Maddalena Baldini

Marco Moneta

a cura di Paola Ciancio Rossetto e Giuseppina Pisani Sartorio

Storie di una degustatrice astemia

Un Veneziano alla corte Moghul

THEATRUM MARCELLI

Trenta Editore

Edizioni UTET

Ed. Istituto Nazionale di Studi Romani

recensione a cura di Mariella Morosi

recensione a cura di Mariella Morosi

recensione a cura di Luisa Chiumenti

Il prezioso volume si articola in una serie di

Il sapore agrodolce dei ricordi

Tra racconti ed esperienze, questo libro di

C’è tutto il fascino e gli intrighi dell’India del

Maddalena Baldini racconta fatti

Seicento in questo libro che si basa su una

argomentazioni che fanno luce sul

realmente accaduti, da quelli più amari

storia vera. Il protagonista è Nicoló Manucci,

monumento in modo esaustivo, con un

della guerra sino a quelli più dolci

che aveva quindici anni quando si imbarcò a

ottimo apparato iconografico. Si inizia con

dell’amore. Ogni episodio ha come filo

Venezia nascosto nella stiva di una tartana e

“La storia del monumento” per poi fermarsi

conduttore il gusto sano e profano del cibo,

diciotto quando sbarcò a Surat, in India

su “Il teatro nella topografia del Campo

come quotidianità imprescindibile che lega

Occidentale, in mezzo ad una folla di mercanti

Marzio meridionale”, “La struttura teatrale”,

le memorie di persone speciali. Le dodici

e avventurieri. Era il 1656 e aveva

“Analisi delle tecniche edilizie e dei servizi”,

storie, ambientate in Lunigiana, in

peregrinato per tre anni attraverso l’impero

“I disegni antichi”, “La scaenae frons”,

provincia di Massa Carrara, a Modena e

Ottomano e la Persia, toccando Ragusa,

“le decorazioni”, “Il Teatro di Marcello:

nella Pianura Padana, diventano gli episodi

Bursa, Esfahan e Hormuz. L’approdo

tradizione e innovazione“, accompagnati da

di una saga intrigante, interpretati come

definitivo è la corte dei sovrani Moghul di

alcune interessanti appendici.

una ricchezza da tramandare affinché, nella

Delhi dove si improvvisa soldato, cortigiano,

La documentazione monumentale

loro sbalorditiva verità, non rischino di

medico e abile diplomatico. Mille gli eventi

e topografica della Capitale è stata,

“volare via come uno sbuffo di farina su una

che lo vedono protagonista in un affresco che

particolarmente nell’ultimo decennio,

spianatoia”. Solo così il sapore delle fragole

l’autore Marco Moneta ha arricchito di

un obiettivo molto importante per l’Istituto

si plasma nell’amore tra due persone,

particolari minuziosamente ricostruiti e di

Nazionale di Studi Romani, di cui è sempre

l’odore polveroso della farina di castagne

suggestione esotica. Così il giovane veneziano

stato uno storico “referente culturale”, così

si mescola a quello tiepido e avvolgente del

in fuga, narratore della propria storia, motiva

come si legge nella presentazione del

pane, oppure un pugno di riso si trasforma

la sua singolare scelta di vita: «Essendo io di

Presidente Paolo Sommella. Il taglio del

in una conquista tra violenza e

poca età e desiderando grandemente di

volume, è stato “di tipo cronologico”,

determinazione. Ogni storia viene vissuta

vedere il mondo, poiché i miei genitori non me

limitando lo studio al periodo romano

e immaginata con le altre mille ascoltate da

lo volevano concedere, mi risolsi di partire in

e accennando soltanto al ninfeo del Palazzo

genitori e nonni. Cambiamo i luoghi ma il

qualunque modo che fosse”. Vivrà per decenni

Savelli, perché incluso all’interno della

cibo rivendica il suo ruolo come primario

fianco a fianco con i potenti Moghul, che

costruzione antica. “Theatrum Marcelli”

gesto di amore. La narrazione è semplice

avevano in mano il destino dell’India, negli

è a cura di P. Ciancio Rossetto e G. Pisani

e diretta e la prefazione firmata da

sfarzi di corte, a ridosso del mitico Trono del

Sartorio, arricchito dai saggi, oltre che dalle

Luca Liguori, giornalista e scrittore,

pavone costellato di diamanti. Lo sguardo di

due curatrici, anche di numerosi altri studiosi

le attribuisce un valore aggiunto e una

Nicolò - come quello di Marco Polo - è attento

come M. Buonfiglio, M. Cima, Maria G.

visione felliniana di un tenero Amarcord.

ai dettagli. Non manca di esaltare le sue

Cimino, M. De Nuccio, R. Motta, S. Orlandi,

imprese, quasi consapevole di consegnarle

P. Pensabene, S. Pergola.

ai posteri. Ne risulta un saggio di piacevole lettura come un racconto.




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