Emotions magazine rivista viaggi e turismo marzo 2016 anno6 n19

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viaggi e cultura Anno 6 n°19 marzo 2016

COLOMBIA FILIPPINE TURCHIA SVIZZERA MONTENEGRO CROAZIA VENEZIA VIAREGGIO



Sommario

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COLOMBIA Dalle Ande ai Caraibi di Anna Alberghina

pag. 20 FILIPPINE MANILA La metropoli che sorride di Pamela McCourt Francescone pag. 26 TURCHIA La magnificenza di Efeso di Anna Maria Arnesano e Giulio Badini pag. 34 SVIZZERA Il Lago di Ginevra di Teresa Carrubba Pag. 44 MONTENEGRO Al mare sulle selvagge coste di Anna Maria Arnesano e Giulio Badini pag. 52 SPALATO Il Palazzo di Diocleziano di Annarosa Toso pag. 58 VENEZIA I 500 anni del Ghetto di Mariella Morosi pag. 66 VIAREGGIO Il Grand Hotel Royal di Luisa Chiumenti pag. 74 FIRENZE Il Ristorante Burde di Giuseppe Garbarino pag. 82 FIRENZE Il Teatro Niccolini di Niccolò Garbarino pag. 86 I riti della PASQUA di Mariella Morosi pag. 90 KALEIDOSCOPE Speciale Filippine A cura di Pamela McCourt Francescone

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pag.14 FILIPPINE PALAWAN L'ultima frontiera di Pamela McCourt Francescone



editoriale

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ieccoci in primavera. E con le gemme sugli alberi nascono anche i desideri di evasione. E cosa più del Viaggio offre l'occasione di prendere le distanze dalla vita frenetica e dai problemi? Emotions come sempre ha viaggiato per voi in anteprima e vi offre idee, immagini e reportage. Emozioni, insomma. La Colombia, per esempio, tra i selvaggi profili della Cordillera delle Ande, le ritualità degli Indios Guambianos e le pittoresche cittadine dal coloratissimo stile coloniale, specie lungo la costa caraibica. Le Filippine, con la caotica Manila e il paradiso azzurro dell'isola di Palawan nelle cui Grotte di Tabon furono rinvenute le più antiche tracce dell'homo sapiens nelle Filippine. La magnificenza di Efeso, nella stupenda Turchia, per gli amanti della storia e dell'archeologia. La tranquilla Svizzera, per un viaggio nella regione del Lemano, sulle coste del Lago di Ginevra, tra, i sontuosi vigneti di Lavaux Patrimonio mondiale dell'UNESCO, le suggestive città rivierasche e le vestigia di Boscéaz dove si trova l'insieme più bello di mosaici romani del nord delle Alpi. Che dire poi delle selvagge coste del Montenegro, tanto belle quanto poco conosciute? E quelle della vicina Croazia che culminano in vere città fortificate come Spalato, che meriterebbe una visita anche solo per lo storico Palazzo di Diocleziano?

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COLOMBIA dalle Ande ai Caraibi

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Colombia dalle Ande ai Caraibi

Testo e foto di

E

Anna Alberghina

cco un viaggio ideale per chi è alla ricerca di un amal-

gama perfetto di cultura, tradizioni, bellezze naturali-

stiche e spiagge da sogno. Un paese da esplorare

senza pregiudizi, contro tutti i luoghi comuni che lo vogliono ancora pericoloso e violento. Fino al 2002 viaggiare in Colombia era quasi impensabile. Narcotraffico e guerriglia erano le parole d'ordine. L'avvento di un nuovo leader, il Presidente Alvaro Uribe, ha cambiato il corso della storia, trasformando il Paese in un luogo sicuro e festoso. Certamente non tutti i problemi sono stati, di botto, risolti, ma oggi in Colombia tutte le attività fioriscono. La svolta è palpabile ed i Colombiani affrontano il futuro con energia ed ottimismo. La capitale, Bogotà, a 2.640 metri di quota, è un polo economico e culturale in pieno fermento. Fu costruita nel bel mezzo di un fertile altopiano, incorniciato dalla Cordillera andina. Dal santuario di Monserrate, punto panoramico eccezionale, si gode una vista a perdita d'occhio sull'immenso agglomerato urbano. Nel centro

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COLOMBIA dalle Ande ai Caraibi

storico, magnificamente recuperato, l'atmosfera è accattivante. Le sagome coloniali degli antichi palazzi incorniciano la Plaza Bolivar. La Candelaria è un andirivieni di studenti. Le chiese custodiscono preziose collezioni di arte sacra. Numerosi i Musei da visitare fra cui spiccano il Museo dell'oro, la più ricca collezione al mondo di oreficeria precolombiana con più di 36.000 pezzi ed il museo Botero che ospita una straordinaria raccolta di opere dell'Artista insieme ad altri capolavori di arte moderna. A poca distanza dalla capitale, un'opera monumentale, unica nel suo genere è la Cattedrale di Zipaquirà interamente scavata nel salgemma. Si trova ad una profondità di 120 metri ed occupa una superficie di 8.000 mq. La sobria linearità dello stile e la suggestione delle luci colorate vi lasceranno letteralmente senza fiato. L'itinerario ci porta quindi a Villa de Leyva, autentico gioiello coloniale. E' una delle mete preferite dagli abitanti della capitale per trascorrere il week-end. Piccola e graziosa, fu fondata nella seconda metà del '500 e, fin da allora, scelta come residenza da personaggi celebri. Con la sua grande piazza centrale di acciottolato, circondata da palazzetti coloniali, dipinti a calce, su cui domina l'incantevole chiesa della parrocchia, ha conservato l'aspetto di un tranquillo villaggio. E' piacevole assaporarne i ritmi lenti, girovagando senza meta tra le viuzze su cui si affacciano le bot-

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teghe degli artigiani ed i ristorantini che offrono gustosi


9 piatti tipici. Da non perdere il Museo “El Fosil” dove è con-

stati distrutti dal devastante terremoto del 1983, oggi la

servato il fossile di un rettile marino preistorico, “El Infier-

città è del tutto ricostruita. Le case bianchissime si affac-

nito”, l'osservatorio astronomico Muisca, il Convento del

ciano sulle stradine dove, durante la Settimana Santa,

Santo Ecce Homo, fondato dai Domenicani ed il Museo

sfilano processioni religiose che attirano fedeli da tutto il

del Carmen, la più importante raccolta di oggetti sacri del

Paese. Ad una cinquantina di km da Popayan, si trova il

Paese. Un breve volo Avianca, compagnia aerea affidabile

pittoresco villaggio di Silvia. E' adagiato nel cuore di que-

e puntualissima, ci trasporta a sud, nel cuore della Cordil-

ste montagne verdissime che, a causa della vicinanza con

lera, a Popayan, una delle città più tradizionali della

l'Equatore, conoscono una stagione sola, più o meno pio-

Colombia, vera perla architettonica. Ebbe un ruolo

vosa. Ogni martedì, gli Indios Guambianos che popolano

importante all'epoca della Colonia per la sua posizione

la regione, si riuniscono per il mercato settimanale. E' un

strategica a metà strada fra Cartagena al nord e Quito e

giorno importante non solo perché vi si scambiano le

Lima al sud. Nonostante gran parte degli edifici siano

merci ma perché si raccolgono le notizie, si fanno quattro

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COLOMBIA dalle Ande ai Caraibi

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11 chiacchiere con i parenti lontani, si comprano ai bambini le leccornie dei giorni di festa ma soprattutto ci si concede una buona bevuta. I Guambianos sono una minoranza etnica che vive di agricoltura e pastorizia e che custodisce gelosamente le proprie tradizioni. La nostra guida ne è molto orgogliosa. Autobus coloratissimi e sgangherati ,stracarichi di merci e passeggeri, affollano la piccola piazza centrale. Tutti indossano gli abiti tradizionali: una gonna azzurra per gli uomini e nera per le donne sormontata dalla “ruana”, una specie di poncho colorato in lana ed il caratteristico “sombrero” che può essere in feltro o paglia. I Guambianos rifuggono i matrimoni interetnici e la famiglia resta al centro dell'organizzazione sociale. Parlano una lingua propria di derivazione antica. Nella religione, le radici animiste si mescolano alle influenze cristiane. La medicina è prerogativa di un “curandero” che conosce bene le piante medicinali e media le relazioni tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti. L'amministrazione della giustizia, il controllo dell'ordine pubblico, la facoltà di comminare pene e sanzioni sono affidati al “cabildo”. Un microcosmo autonomo che è sopravvissuto solo grazie ad un relativo isolamento geografico. Per chi, come me, è affascinato dalle culture lontane e poco conosciute questa esperienza sarà una vera sorpresa! Queste stesse montagne furono abitate per millenni da varie culture successive che hanno lasciato ai posteri preziose vestigia archeologiche. Erano popoli di agricoltori e cacciatori. La conoscenza delle culture Agustiniane non è stata ancora del tutto approfondita. Tuttavia, si sa che essi praticavano complessi riti funerari. Ci hanno lasciato gigantesche statue intagliate nella pietra e sarcofagi monolitici. La maggior concentrazione di reperti si trova nel Parco Archeologico di San Agustin. Figure fantastiche o di animali, rappresentazioni umane dall'aspetto feroce che custodiscono, mute, antichi segreti. La straordinaria bellezza della regione è ideale per abbinare all'aspetto culturale delle lunghe passeggiate a piedi o a cavallo. Sulle colline si alternano coltivazioni di caffè, banane, canna da zucchero in una sinfonia di verdi che mi fa credere di essere caduta in un quadro “naif”. Nel fondovalle ruggisce il Rio Magdalena, stretto fra le pareti rocciose. La zona archeologica di Tierradentro è, invece, una vasta area ricoperta da foresta ed è abitata dagli Indios Pàez. Vi furono ritrovate numerose tombe ipogee, scavate a più di 7 metri di profondità. Le camere funerarie sono decorate con disegni geometrici rossi e neri e con altorilievi di figure antropomorfe. Attraversando la “zona cafetera”, cuore della produzione agricola colombiana, si raggiunge, infine, la costa atlantica. Quaggiù la vera perla è Cartagena, patrimonio dell'Unesco,

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COLOMBIA dalle Ande ai Caraibi costruita ad imperitura memoria dei fasti coloniali. Fondata nel 1533 da Don Pedro de Heredia, Cartagena de Indias fu il principale porto di imbarco dei tesori della corona spagnola. Soffrì costanti assedi che portarono alla realizzazione della straordinaria architettura militare: forti, bastioni, muraglie che racchiudono, come in uno scrigno, la città coloniale. Le sue pittoresche stradine su cui si affacciano gli antichi edifici dai colori pastello, vanno percorse lentamente, più volte, a piedi o in una carrozza trainata dai cavalli, di giorno ma anche di notte , quando i vecchi lampioni illuminano le piazze e riportano l'immaginazione alle epoche passate. Solo così si potrà assaporarne l'atmosfera suggestiva, conservandone un ricordo imperituro. Addentrandosi un po' alla volta nel cuore della città vecchia si scoprono piazzette, chiese, chiostri, case patrizie, alcune delle quali sono state trasformate in deliziosi “boutique hotels”.

Il palazzo

dell'Inquisizione che per due secoli giudicò i casi di stregoneria e di incantesimo, è una bella costruzione con un portale in stile barocco. Al suo interno si conservano ancora gli spaventosi strumenti di tortura. Dalla Porta dell'Orologio si arriva alla piazza delle carrozze, antica sede del mercato degli schiavi. Negli angoli ombrosi siedono le “palenqueras”, mulatte dalla parlata veloce e musicale. Vistosamente abbigliate con ampie gonne colorate, vendono squisita frutta tropicale, perfetto ristoro nelle ore calde. Di fronte alla città, nella grande baia turchese, le isole del Rosario offrono spiagge bianche, ideali per dedicarsi agli sport acquatici. Al tramonto, osservando il mare dagli antichi bastioni, vengo sopraffatta dalla commozione. Ebbene, questo Paese da cui tanti sono fuggiti, oggi sarebbe il luogo dove vorrei vivere!•

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Palawa PALAWAN L'ultima frontiera

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SPECIALE FILIPPINE

L'ultima frontiera

Testo di Pamela McCourt Francescone Foto di Pamela McCourt Francescone e Archivio

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i isole le Filippine ne hanno un numero davvero impressionante, 7.107 per essere precisi, e di queste 1.767 fanno da contorno all'isola di Pala-

wan, la quinta per estensione del Paese, lunga 450 e larga 40 chilometri, che ebbe il suo nome da Magellano il quale nel 1521 la battezzò Puloan, e che l'anno scorso si è vista assegnare lo scettro dell'Isola più Bella al Mondo. L'arcipelago di Palawan è, a ragione, chiamato l'Ultima Frontiera, per il fatto di essere ancora sconosciuto al turismo di massa, per la sua collocazione ad ovest del Paese

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PALAWAN L'ultima frontiera

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SPECIALE FILIPPINE

poco distante dal nord della Malesia, e per essere un paradiso naturalistico con una

straordinaria ricchezza di

risorse naturali. Un mondo di foreste vergini, spiagge immacolate, rocce scultoree, lagune, doline, caverne, scogliere, laghi sotterranei, barriera corallina, uccelli esotici, il mitico dugongo e un paradiso sommerso che brulica di barracuda, squali, tartarughe marine e pesci tropicali coloratissimi. Le più antiche tracce dell'homo sapiens nelle Filippine furono scoperte proprio su Palawan, nelle Grotte di Tabon poco distante dalla città di Quezon. Questa scoperta risale al 1962 quando sono stati portati alla luce i fossili umani dell'Uomo di Tabon che si stima risalga al periodo tra 22.000 e 24.000 anni fa e che verosimilmente era di una delle tribù primitive che abitavano la regione, tra le quali i Tagbanua, Pal'awan, Batak e Molbog. Poco distante dalla capitale Puerto Princesa, nel parco protetto omonimo, scorre uno dei fiumi sotterranei più lunghi al mondo, un tratto di otto chilometri - e con un percorso navigabile di quattro – che attraversa un mondo silenzioso e misterioso di grotte con rocce calcaree, stalattiti e stalagmiti, abitate da rondini e pipistrelli. E pochi chilometri dal cento abitato nella

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PALAWAN L'ultima frontiera

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SPECIALE FILIPPINE

Baia di Honda e in quella di Ulugan sono sparpagliate decine di isolotti con spiagge incontaminate e dove, nelle prime ore serali, è possibile avvistare milioni di luccicanti lucciole. El Nido, che si trova a circa 7 ore di macchina da Puerto Princesa, è una vivace cittadina costiera, incorniciata da alte scogliere marmoree ricoperte di vegetazione rigogliosa, che si tuffano nel mare dalle acque verde smeraldo. Nella baia, che prende il nome dall'arcipelago di Bacuit, una quarantina di isolotti carsici, su alcuni dei quale sorgono resort di ottimo livello con spiaggette a mezzaluna di sabbia bianca. Piccoli eden nascosti e inaspettati, lontani dai rumori e dalle luci del mondo esterno, dove perdersi in sogni davanti al mare dalle mille sfumature di blu e turchese. Nei resort c'è anche la possibilità di praticare sport aquatici, partire per escursioni verso lagune blu e calette deserte dove le acque trasparenti svelano spettacolari fondali corallini, e raggiungere siti dove fare immersioni e scoprire un magico universo marino variopinto e incontaminato.• www.visitpalawan.info - www.visitmyphilippines.com/index.php?title=AllAboutP alawan&func=all&pid =5841

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Mani MANILA La metropoli che sorride

La metropoli che sorride

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SPECIALE FILIPPINE

Testo di Pamela McCourt Francescone Foto di Pamela McCourt Francescone e Archivio

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anila, distesa sulla baia omonima dell'isola di

Luzòn - la più grande nell'arcipelago delle

Filippine - è una metropoli smisurata ma acco-

gliente dove non manca mai un saluto caloroso o un sorriso raggiante. Collocandosi tra gli agglomerati urbani con la più alta densità di popolazione - oltre 45.000 abitanti per kmq - è una città vibrante e in moto perpetuo che attualmente vanta un'economia con il più alto potenziale di sviluppo nella regione nei prossimi 10 anni. E' anche tra le città più congestionate al mondo, invasa a tutte le ore da un groviglio infernale di veicoli pesanti, bus, automobili, motorini, tricicli e jeepney - i taxi collettivi derivati dalle jeep lasciate qui dopo il ritiro delle truppe americane alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Divisa in 17 municipalità, tra le quali il cuore finanziario e commerciale di Makati - quella con il più alto numero di alberghi di lusso, la Borsa Filippina, la Trump Tower e alcuni dei centri commerciali più lussuosi della città - il popolare Pasay, lo storico Intramuros, il nuovo Bay City, e Bidondo, la più grande Chinatown al mondo e anche la più vecchia, essendo stata fondata nel 1594. Nei secoli il

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MANILA La metropoli che sorride

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SPECIALE FILIPPINE

Paese ha subito forti influenze cinesi e spagnole ma

sovranità sulle Filippine e le prime elezioni libere hanno

anche malesi, arabe e occidentali. Infatti, insieme al Filip-

visto la vittoria del primo presidente Manuel Roxas. Oltre

pino o Tagalog, si parla correntemente l'inglese, anche

a Rozas e Rizal, sono molti i filippini entrati negli annali

se nel Paese vengono parlate oltre 180 lingue diverse,

della storia, come il pittore Juan Luna e, in tempi più

essendo i Filippini discendenti dal gruppo etnico-

recenti, Ferdinand e Imelda Marcos, il boxer Manny Pac-

linguistico degli Austronesiani provenienti dal sud-est

quiao e la dinastia Aquino. Del pittore e attivista Juan

asiatico, dal Madagascar e dalle Isole Pacifiche. Prima

Luna, che partecipò alla rivoluzione del 1896 contro le

dell'arrivo degli Spagnoli nel 1521 la municipalità storica

autorità spagnole, l'opera più grande e famosa delle

di Intramuros, oggi parte di Metro Manila, era una pro-

Filippine, lo Spolarium il dipinto monumentale che oggi

sperosa comunità islamica. Cacciata la popolazione, gli

si trova nel Museo Nazionale delle Filippine. Alto quattro

Spagnoli -che hanno dato all'arcipelago il nome del re

metri e largo oltre sette, raffigura un gruppo di gladiatori

Filippo II- hanno costruito una cittadella con bastioni e

morti mentre venivano trascinati via dal Colosseo. Per il

fortificazioni, e lo stesso anno il condottiero Miguel

popolo filippino diventò il simbolo della lotta contra gli

Lopez de Legazpi lo nominò Forte Santiago dichiaran-

spagnoli e, nel 1884, vinse la Medaglia d'Oro alla Exposi-

dola la capitale delle Isole Filippine. Gran parte di questo

ción de Bellas Artes a Madrid. Per molti il nome dei Mar-

insediamento storico fu distrutto durante i bombarda-

cos rimane legato alla svolta radicale che il decimo presi-

menti del 1945 che hanno visto gli americani sconfigge-

dente delle Filippine diede al paese negli anni '70,

re le truppe giapponesi. L'unico edificio a uscire indenne

avviando ambiziosi programmi di opere pubbliche e

dalla distruzione è stata la Chiesa barocca cinquecente-

grandi lavori e portando il Paese verso una nuova pro-

sca di San Augustin, ora patrimonio UNESCO e fiera

sperità economica. Ma fu durante il secondo mandato di

testimone religiosa e storica della città e della rivincita,

Marcos, con il dilagare della corruzione e della criminali-

400 anni dopo, contro l'invasione dei conquistadores. Il

tà, che il Paese piombò nuovamente nel caos, fino agli

luogo della memoria più famoso della città è il Parco

anni '80 e l'inizio dell'era Aquino. Di Imelda Marcos, la

Rizal o Luneta dove svetta il monumento a Jose Rizal -

consorte di Ferdinand, sopravvive il mito delle scarpe, e

rivoluzionario, poeta e pittore - un obelisco con una sta-

oggi è possibile ammirarne 749 paia della stravagante

tua bronzea del grande martire della rivoluzione filippi-

collezione della ex-First Lady nel Shoe Museum di

na. E fu nel Rizal Park l'anno scorso che Papa Francesco

Marinkina, la capitale della produzione calzaturificio del

ricevette l'abbraccio caloroso di oltre 6 milioni di filippini

Paese. Manny Pacquino –che all'inizio di quest'anno ha

durante la sua visita apostolica all'arcipelago. Una convi-

annunciato il suo ritiro definitivo dal mondo del pugila-

venza difficile, quella con gli americani, resa ancora più

to- è un monumento vivente, il più grande sportivo filip-

cruenta dall'arrivo dei giapponesi nel 1941, poche ore

pino di tutti i tempi, campione mondiale in otto classi di

dopo l'attacco a Pearl Harbour. Seguirono quattro anni

peso, e il primo a vincere dieci titoli mondiali in otto

di dura lotta e, con la città di Manila rasa al suolo, nel

differenti categorie. Appartiene alla dinastia Aquino

1946 gli americani rinunciarono definitivamente alla

l'attuale presidente delle Filippine, Benigno Aquino III

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MANILA La metropoli che sorride

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SPECIALE FILIPPINE figlio di Corazón Aquino, l'11° presidente del Paese e del Senatore Benigno “Ninoy” Aquino, l'oppositore di Marcos che fu assassinato nel 1983 al suo ritorno da un periodo di cure mediche negli Stati Uniti.

Oggi

l'aeroporto internazionale Ninoy Aquino di Manila, la porta d'ingresso del Paese, porta il suo nome. Manila è in costante espansione edilizia – furono i Marcos ad avviare i lavori nella baia nel 1977 bonificando oltre 600 ettari - e tra le più recenti realizzazioni nella Bay City c'è il futuristico e scintillante City of Dreams Manila, un complesso integrato vicino al porto su 6.2 ettari con un Casino, 3 alberghi - tra i quali il primo Nobu Hotel in Asia – Dreamplay, il primo centro interattivo d'intrattenimento per famiglie, ristoranti e negozi di lusso. Gli amanti dello shopping non rimarranno delusi da uno dei centri commerciali più grandi del mondo, il Mall of Asia su 400mila metri quadrati. Per comprare le perle di prima scelta e i grandi brand internazionali c'è il lussuoso centro commerciale Greenbelt nel quartiere di Makati, dove si trova anche il Museo Ayala, con artefatti etnografici e archeologici che raccontano la storia, la cultura e l'arte delle Filippine. Quella dell'arte contemporanea è un altro settore molto vivace e in costante rinnovamento, e sono molte le gallerie che espongono opere di pittori e scultori locali come la Galleria Duemila nel municipio di Pasay, la prima della città fondata oltre 40 anni fa dall'italiana Silvana Ancellotti-Diaz. Mentre sono apprezzati in tutto il mondo i mobili di artisti filippini come l'ebanista pluripremiato Kenneth Cobonpue che ama incorporare materiali naturali nelle sue creazioni che sono in mostra nella showroom omonima di Makati. Saporita e con forti influenze spagnole, cinesi e americane la variegata e gustosa cucina filippina. Su tutte le specialità troneggiano i tre piatti nazionali: l'adobo, il lechon e il pancit. Il primo è uno stufato agro-dolce cotto lentamente con aceto e salsa di soia. Il lechon, la specialità di Cebu la seconda città delle Filippine, è un maialino intero arrosto, mentre i pancit sono gli spaghettini che vengono serviti in minestre ma anche saltati in padella con carne, pesce e verdure. E per finire in dolcezza la scelta non può che cadere sull'halo-halo –il nome significa guazzabuglio- una miscela di ghiaccio grattugiato, latte di cocco, frutta e fagioli dolci con sopra una pallina di gelato, mentre ad innaffiare il tutto c'è la storica e saporosa birra San Miguel, vanto del birrificio omonimo che nacque a Manila nel 1890. • www.itsmorefuninthephilippines.com www.experiencephilippines.org

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TURCHIA La magnificenza di Efeso

TURCHI Testo e foto di Anna e

Maria Arnesano

Giulio Badini

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a notevole vicinanza a Kusadasi, importante porto e

stazione balneare della costa turca, fa di Efeso una

delle località archeologiche più note e frequentate di

tutta la Turchia, con punte di 8-10 mila presenze giornaliere, tanti sono i visitatori che si registrano in piena estate. A giustificazione di tale afflusso sta il fatto che si tratta di uno di quei luoghi che non si possono assolutamente perdere. Efeso, l'odierna Selçuk, era infatti già un'importante metropoli quando Atene era ancora politicamente poco influente e Roma neppure fondata; nel periodo di massimo splendore arrivò a contare 200 mila abitanti, una cifra ineguagliata da qualsiasi altra antica capitale. Era anche la città più

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ricca dell'Asia Minore, la prima dove sorse una banca, e


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La magniďŹ cenza di Efeso

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TURCHIA La magnificenza di Efeso sede di un'importante scuola filosofica dove insegnò anche Eraclito, l'inventore della teoria del “tutto scorre”. Le sue grandi fortune furono il porto, cancello aperto per il Mediterraneo sulle ricchezze dell'Anatolia e della Persia, e il radicatissimo culto di Artemide, l'antica dea ctonia anatolica Cibele, la Grande Madre. Non a caso l'Artemisio efesino, il tempio della dea, costituiva una delle sette meraviglie dell'antichità. Il primo nucleo di insediamento risale al II millennio a.C. e sorse in un luogo già consacrato a Cibele; il vero sviluppo si ebbe tuttavia dopo l' XI secolo, con l'arrivo di coloni greci provenienti dal Peloponneso, entrando a far parte della Confederazione Ionica. A quel tempo gli abitanti si sentivano tanto forti e inattaccabili da poter vivere, cosa insolita all'epoca, senza mura e senza esercito. Quando Creso, re della Lidia, nel VI secolo si presentò con il suo esercito deciso ad occupare la città, gli efesini non trovarono di meglio che circondare l'abitato con una fune passante per l'Artemisio e mettersi così sotto la protezione della dea. Creso non era forse troppo religioso e passò, come fecero poi i Persiani, Alessandro Magno, il re di Pergamo e infine i Romani, che ne fecero la capitale della provincia d'Asia. La maggior parte degli edifici che si ammirano oggi negli scavi risalgono a questo periodo. La lezione servì a Lisimaco, generale ed erede di Alessandro che ne fu governatore, il quale innalzò 9 chilometri di mura alte 6 metri. Durante la sua permanenza, protrattasi tre anni, l'apostolo Paolo predicò il cristianesimo e scrisse molte lettere, oggi raccolte negli Atti degli Apostoli. Ma non dovette trattarsi di un soggiorno tranquillo: fu infatti cacciato a furor di popolo dai Cureti, i sacerdoti di Artemide, quando registrarono un improvviso calo di offerte e di fedeli. La presenza degli apostoli Paolo e Giovanni non fu comunque vana: ad Efeso sorse infatti la prima delle sette comunità cristiane dell'Asia Minore citate nell'Apocalisse e qui Giovanni scrisse il proprio Vangelo. Quando, nel 431, vi si svolse il terzo Concilio Ecumenico, la città era ormai in agonia, come il suo porto completamente interrato. La fortuna arrise così agli archeologi che nel 1866, quando iniziarono gli scavi, si trovarono di fronte ad una delle città più fastose e intatte dell'antichità. Mezza giornata è il tempo minimo necessario per una visita. Conviene partire dalla Porta di Magnesia, dove un tempo partiva la via sacra che conduceca all'Artemisio, soffermandosi se il tempo è poco solo sugli edifici più significativi. Siinizia dall'enorme agorà superiore, centro politico della città, dove sorgono il pritaneo, l'antico municipio, il tempio di Domiziano, la grande basilica a tre navate e l'odeon, dove si riuniva il consiglio cittadino, capace di con-

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tenere 1.400 persone. Si scende poi lungo la suggestiva


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TURCHIA La magnificenza di Efeso “via dei Cureti”, fronteggiata da imponenti costruzioni: la fontana di Traiano, quella di Memmio, le terme di Scolastica con un importante affresco di Socrate. I quartieri residenziali di destra sono ancora tutti da scavare, quelli di sinistra solo in parte. Qui si possono visitare alcune residenze patrizie, incredibilmente ben conservate, ricche di marmi, affreschi e mosaici. Dopo il tempio di Adriano ecco un luogo assai utile per una città portuale, il postribolo, dove – forse non a caso - fu rinvenuta la celebre statuetta del dio Priapo dal fallo spropositato. La via dei Cureti termina di fronte alla monumentale biblioteca di Celso, quasi intatta nelle sue strutture; mancano, purtroppo, proprio i rotoli dei 12 mila papiri che vi erano conservati, usati dai Goti per riscaldare le terme. Forse qualcuno si è goduto un buon bagno caldo, ma a caro prezzo per la cultura universale. Inizia allora la “via marmorea”, fronteggiata dal tempio di Serapide e dall'enorme agorà inferiore con i suoi porticati, centro commerciale della città, con al centro un orologio ad acqua. Sul fondo, adagiato sul fianco di una collina, ecco aprirsi l'imponente teatro capace di 25 mila spettatori, uno dei più grandi e meglio conservati dell'antichità, creato da Lisimaco, generale ed erede di Alessandro Magno, nel 271 a.C. e poi ampliato nella struttura attuale dagli imperatori Claudio e Traiano. Da qui inizia l'Arcadiana, una strada lunga 600 metri che conduceva al porto: interamente rivestita di marmo, fiancheggiata da colonne, negozi e porticati, è stata la prima strada al mondo ad essere illuminata di notte; era la via di accesso alla città per tutti gli stranieri che vi arrivavano via mare. Il suo eccezionale stato di conservazione ne fa ancora oggi un luogo incantevole. La visita si conclude con le terme bizantine, lo stadio di Nerone, il ginnasio di Vedio e la chiesa della Vergine Maria con annesso battistero. Per chi abbia tempo, nei pressi c'è ancora parecchio da vedere. Dell'Artemisio, uno dei più importanti luoghi di pellegrinaggio dell'antichità e contenente opere di Fidia, Prassitele, Scopa e Policleto, i massimi scultori del modo greco, resta poco: qualche capitello, un'unica colonna ionica alta 20 metri (con sopra un nido di cicogna) delle 127 originarie, in quanto gran parte del materiale fu usato in epoca bizantina per la costruzione delle chiese di San Giovanni ad Efeso e di Santa Sofia a Costantinopoli. Il museo archeologico, davvero ricco, richiederebbe ore; non si neghi almeno un'occhiata alle due statue marmoree di Artemide, se non altro per ammirare il pettorale della dea delle molteplici mammelle, simbolo della fertilità. La trecentesca moschea selgiuchide di Isa Bey, l'acquedotto bizantino ora popolato da cicogne, e la basilica di San Giovanni, una delle più gran-

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di chiese bizantine sor te sulla presunta tomba


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TURCHIA La magniďŹ cenza di Efeso

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33 dell'apostolo, qui morto nel 100, poi trasformata in moschea e quindi in mercato coperto, costituiscono i principali monumenti nel centro di Selçuk. La basilica di San Giovanni e la Casa della Madonna furono mete di pellegrinaggio da parte di papa Paolo VI nel giugno 1967 e di Giovanni Paolo II nel novembre 1979. Efeso ospita infatti un altro importante monumento: la casa della Vergine Maria. Tutto cominciò all'inizio del 1800 con la pubblicazione in Germania da parte di una monaca agostiniana del libro “Vita della Santa Vergine Maria”, in cui viene accuratamente descritta l'ultima residenza della Madonna su una collina nei pressi di Efeso, frutto di una visione mistica. Nel 1891 due padri lazzariti compirono scavi sul luogo indicato, scoprendovi i resti di una costruzione in pietra a cupola di età bizantina, inglobante un precedente piccolo edificio del I° secolo. La tradizione attesta ampiamente la presenza della Vergine Maria ad Efeso, dove sarebbe riparata, e poi morta,

assieme

all'apostolo Giovanni dopo la morte di Gesù, per volere dello stesso. La presenza dell'evangelista è storicamente provata a partire dall'anno 42

Con

l'affermazione del Cristianesimo Efeso continuò ad essere un luogo importante di pellegrinaggio, in quanto il culto di Maria soppiantò quello di Artemide. A Lei fu dedicata in città una chiesa, prima e unica in quel tempo in tutto il mondo cristiano, in un'epoca in cui la legge canonica non permetteva di costruire chiese o di venerare un santo se non nel luogo ove questi fosse vissuto o morto, dove si svolse nel 431 il famoso concilio ecumenico che condannò appunto l'eresia nestoriana e sancì il dogma della maternità divina della Madonna. Anche con l'avvento dell'Islam la figura della Vergine fu, se non proprio adorata, quanto meno rispettata, e ancora oggi non poche ragazze turche ne portano il nome. Ancora, da sempre i contadini ortodossi del piccolo villaggio di Kirkindjiotes, discendenti dei cristiani efesini, nel giorno dell'Assunta salgono in pellegrinaggio a Meryem Ana, come viene chiamato questo luogo mariano. Insomma, anche se non esistono prove inconfutabili, gli indizi sono tanti e tali da poter tranquillamente scommettere sulla presenza e sulla morte ad Efeso della Vergine Maria. Efeso rientra tra le tappe obbligate degli itinerari archeologici sulla costa turca. Tra i tour operator italiani che vi operano Apatam Viaggi, tel. 0722 32 94 88, www.apatam.it, apatam@apatam.it.•

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SVIZZERA la regione del Lemano

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Svizzera La regione del Lemano

Dalle suggestioni del Lago di Ginevra alle vestigia romane Testo di

C

Teresa Carrubba

conta la storia dell'azienda ed acco-

suggestivo e divertente per scoprire

casa bianca immersa in un

glie pubblico ed esperti del settore.

il lago è la minicrociera sul battello

rigoglioso parco di Corsier-

Qui ancora, a Vevey, il museo storico,

d'epoca che conduce lungo la spon-

harlie Chaplin. La sua bella

sur-Vevey, sul Lago di Ginevra,

il museo Jenisch e quello delle mac-

da orientale del Lemano. E' l'antico

quest'anno diventerà un museo. E'

chine fotografiche. Tanta storia in un

battello a vapore La Suisse, rimesso

l'omaggio di Vevey al grande attore

piccolo paese rivierasco, grazioso ed

in forma dopo un restauro durato più

e regista londinese che qui ha vissuto

elegante, vivace meta di turisti, sosta

di un anno e mezzo. Oppure con la

gli ultimi 25 anni, nella quiete del

interessante per chi, con il battello di

Vaudoise, la nave dei pirati di Ouchy

lago, insieme a vecchi artigiani che

linea, fa il giro costiero del Lago di

rimasta intatta e perfettamente fun-

hanno tramandato la loro abilità ai

Ginevra. I più partono da Losanna,

zionante, che oggi, a vele spiegate

giorni nostri, nei segreti di piccole

anzi, dal porto di Ouchy il quartiere

come una volta, si allontana in dire-

botteghe. Qui, nel 1867, il farmacista

più suggestivo della città. Qui al por-

zione di Ginevra e della sponda fran-

Henri Nestlé inventò il latte in polve-

to una scuola di vela affitta imbarca-

cese. La crociera costeggia il litorale

re per i neonati; è qui, ancora oggi, la

zioni per effettuare gite sul lago,

mostrando un paesaggio quasi medi-

sede madre dell'omonima multina-

mentre chi preferisce il pedalò potrà

terraneo con ville d'epoca, giardini

zionale ed è qui l'Alimentarium – il

noleggiarlo nella baia situata vicino

fioriti e vigneti terrazzati fino a

museo dell'alimentazione che rac-

al Musée Olympique. Ma il modo più

lambire la riva. Piccoli pontili di legno

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SVIZZERA la regione del Lemano

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37 segnano le soste del battello di linea con l'insegna dei vari paesini, e si affollano di curiosi cittadini in attesa dei turisti che avranno scelto di fermarsi. Giungiamo di fronte a Pully, con il porto nuovo delineato dalle barche ormeggiate e le darsene delle scuole nautiche. Sulle pendici della costa, casette basse e colorate come si conviene a un lungolago e su su un paesaggio sempre più campestre. Scorrono davanti a noi Paudex e Lutry, paesini tranquilli come è tranquilla tutta questa sponda del lago. Da qui si intravede il percorso del treno con la ferrovia panoramica, a due passi dall'acqua. Poi i piccoli centri abitati lasciano il posto ai grandi vigneti a terrazza, protetti di gradino in gradino da lunghe bordure di muretti a secco. Ecco che si apre il vigneto di Lavaux, così pregevole da far parte del Patrimonio mondiale dell'UNESCO. Poi di nuovo il paesaggio muta, di nuovo villaggi rivieraschi dalle casette colorate, porticcioli da diporto e banchine affollate da turisti. Sino a doppiare Vevey e, poco dopo, le prime case di Montreux. Di solito, la minicrociera finisce qui e si ritorna a Losanna, sbarcando al porto di Ouchy, al tramonto. Qui, a quest'ora, il suggestivo lungolago si anima, ristoranti e caffè cominciano ad affollarsi per un aperitivo o per la cena. Ouchy vanta alcuni tra i migliori alberghi di Losanna, come il Beau Rivage Palace, un cinque stelle superior, considerato negli ultimi 150 il più bell'albergo svizzero. Nato nel 1861, epoca di cui l'hotel conserva tutto il grandioso fascino, il Beau Rivage ha ospitato nomi illustri come Coco Chanel, Mary Pickford, Gary Cooper, i duchi di Windsor, l'imperatore Hirohito e Nelson Mandela. Ancora oggi l'hotel offre il suo lusso raffinato negli ambienti, nel servizio, nell'eccellenza della cucina e nella Cinq Mondes Spa, nata nel 2005 e qualche anno fa nominata il migliore centro Cinq Mondes al mondo. Proprietà del Beau Rivage è anche il raffinato albergo adiacente Anghelterre & Residence. Losanna, all'interno del Cantone Vaud di cui è capitale, è considerata la quarta città dello stato per estensione e numero di abitanti, dopo Zurigo, Ginevra e Basilea. I tre colli sui quali venne fondata: Cité, Le Bourg e Saint-Laurent, movimentano il territorio facendo della città svizzera quasi una San Francisco, con percorsi in salita e discesa. Un modo curioso per visitare la città. Chi non ama la fatica, però, può spostarsi facilmente con gli efficientissimi mezzi pubblici, primo tra tutti la metropolitana che merita una speciale menzione visto che qui viaggia con sistema automatizzato, cioè senza conducente! In cima a Losanna sorge un quartiere nuovo che vale la pena visitare, nominato Flon dall'omonimo fiume. Già zona industriale dismessa, dopo una fortunata remise in forme architettonica, oggi il Flon è un quartiere trendy, molto in voga soprattutto tra i giovani, con ristoranti, locali, negozi ed aree espo-

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SVIZZERA la regione del Lemano

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sitive. Parlando di giovani, molto

campanaria, dalla quale si gode una

grafia, ed il Museo della Pipa. Ma

importante a Losanna è anche il polo

fantastica vista sull'abitato e sul terri-

merita una menzione speciale il

universitario, secondo per prestigio

torio limitrofo.

Museo romano di Losanna-Vidy, con

alla famosa scuola di danza Rudra

Nella stessa area si trova il Musee

reperti di epoca romana presentati in

Bejart, fondata dal grande coreogra-

cantonal de beau arts all'interno del

un suggestivo allestimento che

fo francese Maurice Bèjart. Dal Grand

Palais de Rumine, un bel palazzo

riproduce l'ambiente degli scavi.

Pont, da cui si gode una magnifica

costruito in stile italiano, dove sono

Lungo la riva del lago, il Musee Olim-

vista dall'alto della città, si scorgerà

esposte decine di dipinti di artisti

pique racconta la storia delle Olim-

anche il monumento più interessante

svizzeri e non, e il fascinoso castello

piadi dai greci ai giorni nostri. In que-

di Losanna: la Cathedrale de Notre-

di Beaulieu, fiancheggiato dal Palais,

sto ambito, a livello internazionale

Dame, un sontuoso compendio di

sede delle maggiori manifestazioni

Losanna riveste un ruolo di primissi-

pure linee gotiche. Anche gli spazi

della città. In un'ala del castello è

mo piano essendo sede dal 1994 del

interni sono di enormi proporzioni,

esposta la più famosa collezione di

CIO (Comitato Olimpico Internazio-

una scelta dovuta al fatto che per più

Art Brut del mondo. Altri bei musei

nale), l' organizzazione non governa-

di un millennio la città è stata sede

della città sono la Fondazione

tiva creata da Pierre de Coubertin nel

episcopale.

dell'Hermitage, il Musée de l'Elysée,

1894 e presieduta dal belga Jacques

Da vedere anche la cima della torre

dedicato agli appassionati di foto-

Rogge.


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SVIZZERA la regione del Lemano

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La Regione del Lemano, o Cantone

ne Palace, il Montreux Palace ed il

tiorum venne fondato attorno alla

di Vaud, è l'emblema della Svizzera.

Grand Hotel du Lac a Vevey, tutti nel-

sua capitale, Avenches (Aventicum),

Le vette delle Alpi con i loro maestosi

la Regione del Lemano. Lusso a par-

depositaria di una straordinaria ere-

ghiacciai, le tranquille rive del lago, la

te, il Lemano è anche meta vacanzie-

dità dell'epoca romana. Avenches ha

catena montuosa del Giura coperta

ra per famiglie in alberghi ristruttura-

un fascino indiscutibilmente roman-

da fitti boschi, i vigneti terrazzati, la

ti con notevoli agevolazioni per i bam- do. Il centro del borgo con le sue arca-

campagna verdeggiante del Vaud

bini che non pagano il soggiorno

te e le sue numerose facciate in raffi-

settentrionale e della Broye. Punto

fino ai 9 anni di età. Senza contare le

nato stile gotico e rinascimentale. Il

strategico di grandi reti stradali e

escursioni attive organizzate, per

fiore all'occhiello di Avenches è il

ferroviarie europee, la Regione utiliz-

esempio quelle verso le fattorie delle

bellissimo anfiteatro romano, oggi

za l'aeroporto internazionale di Gine-

Alpi per osservare la lavorazione del

proprio al centro dell'abitato e

vra, dal quale si può raggiungere il

formaggio L'Etivaz AOC.

accanto ad uno dei più bei castelli rinascimentali del Cantone di Vaud.

Lemano in 40 minuti di treno fino a Losanna. Ma questa regione della

Le vestigia romane nel Lemano

L'anfiteatro promuove ogni anno un

Svizzera non è solo natura, è anche

Lungo le rive dei laghi, il Canton Vaud

festival dell'opera, un festival di rock

altro. Il patrimonio storico, la vasta

venne abitato in tempi preistorici. In

ed altri eventi culturali. L'annesso

proposta di attività sportive e cultu-

seguito, la tribù celtica degli Elvezi

Museo romano vanta una collezione

rali, un'infrastruttura turistica moder-

popolò l'area che venne sconfitta

di oggetti gallo-romani di valore tra

na e di qualità. Nell' elenco 2009 di

dalle truppe di Cesare nel 58 a.C. e i

cui una preziosa copia del famoso

Forbes Traveler 400, che recensisce i

Romani si insediarono nella regione.

busto in oro dell'imperatore Marco

quattrocento migliori hotel del mon-

Le città di Vevey (Viviscus) e Losanna

Aurelio. Da qui parte un circuito che

do sono stati selezionati alberghi di

(Lausonium o Lausonna) sono solo

porta alle principali vestigia archeo-

lusso con centro SPA come il Beau-

due delle molte fondate dai romani.

logiche e alle curiosità dell'epoca

Rivage Palace di Lausanne, il Lausan-

Nel 27 a.C. lo stato di Civitas Helve-

romana.

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SVIZZERA la regione del Lemano

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Orbe-Bosceaz, I Mosaici Romani

di archeologia di Losanna. Questi scavi hanno riportato

Orbe, importante crocevia dell'arco alpino al tempo dei

alla luce un nono mosaico, il mithraeum, tempio dedicato

Romani, è anche una delle tappe della via Francigena per

al culto di Mythra e le terme. Di epoca romana anche le

il pellegrinaggio verso Roma. La città è citata a questo

terme della vicina Yverdon-les-Bains, già in quel perio-

titolo da Sigerico, nel 990 d.C., sotto il nome di LV Urba

do noto centro commerciale. Nell'area storica la sua gran-

(numero di tappa a partire da Roma). E proprio ad Orbe si

de piazza è circondata dal tempio, dalla sede del Comune

trova l'insieme più bello di mosaici romani del nord delle

e dal castello che per un periodo è stato sede di ricerca

Alpi, precisamente nella località di Boscéaz. Vestigia uni-

per Johann Heinrich Pestalozzi, educatore e riformatore

che di una fastosa villa gallo-romana, costruita verso il

del sistema scolastico, ma anche filisofo e politico. Il

170 a.C. con più di 100 stanze e distrutta dalle invasioni,

moderno Centro Termale di Yverdon-les-Bains, oltre alle

sono otto mosaici protetti in padiglioni. Quattro di essi

sue tre piscine termali, di cui una interna, vanta di una

rappresentano motivi geometrici e trompe l'oeil ed altri

zona wellness con jacuzzi esterna, bagno giapponese,

quattro delle scene narrative: il Labirinto del Minotauro,

bagni di vapore, sauna finlandese, tilarium e

doccia

Teseo che abbandona Arianna addormentata, Ulisse che

tropicale. In questa sorgente del benessere non si offre

chiama Achille al combattimento e le divinità romane che

solo consulenza medica di alto livello, ma anche il com-

simboleggiano i sette pianeti e i sette giorni della setti-

fort del Grand Hôtel des Bains con accesso diretto ai

mana. Tra il 1986 e il 2004, la località di Boscéaz ha svolto

bagni termali.•

il ruolo di cantiere-scuola per gli studenti dell'Università

www.myswitzerland.com

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Al mare sulle selvagge coste del Montenegro

Al mare sulle selvagge coste

M

ontenegro. Stretto tra Croazia, Bosnia, Serbia,

si può vivere una gradevole esperienza degna di un

Kosovo, Albania e Adriatico, con una storia

romanzo d'avventura. La tutela della natura e

tormentata e un'economia non certo florida,

dell'ambiente costituiscono, almeno in teoria, un impera-

dove si parlano mille lingue e la cultura affonda le proprie

tivo contemplato nella costituzione. La costa frastagliata,

radici in un coacervo di elementi montenegrini, serbi, alba- lunga 294 km, offre su un quarto ben 117 spiagge lunghe

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nesi e croati. Le montagne, ricoperte per l'80% da foreste,

e sabbiose, con alcuni degli scorci più belli e intatti del

scendono con pareti vertiginose, spesso solcate da impo-

Mediterraneo, abbastanza simile per conformazione a

nenti canyon; presenta vaste aree deserte e selvagge, con

Liguria e Costa Azzurra di due secoli or sono, non a caso

quattro parchi nazionali ancora abitati da una fauna altro-

chiamata Riviera. A nord le Bocche di Cattaro/Kotor for-

ve estinta come orsi e lupi. In questa terra aspra e dirupata

mano la più profonda insenatura della costa dalmata, un


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Montenegro

del

Testo di Foto del

Anna Maria Arnesano e Giulio Badini Piccolo Tiglio

vero intricato fiordo di elevato valore paesaggistico, dove

sabbia rossa, Ulcinj con una spiaggia sabbiosa lunga ben

pareti a strapiombo si elevano dalle acque del mare di un

12 km, antico covo di pirati, mercato di schiavi e dissemi-

azzurro metallico e diventano sempre più alte man mano

nata di moschee, minareti, bazar e chioschi essendo a

che si procede all'interno, fino a raggiungere i recessi

prevalenza etnica albanese, e infine la riserva ornitologica

nascosti della baia finale dove si trova Kotor, misto di

del lago di Scutari, il maggiore dei Balcani e in condivisio-

rustiche case in pietra in un labirinto di vicoli e di eleganti

ne con l'Albania, ricco di uccelli che non si incontrano

palazzi e chiese veneziane. Al centro Budva e Sveti Stefan,

altrove come il cormorano pigmeo o pellicano riccio; in

luoghi d'incanto e da cartolina frequentati dai vip di tutto

mezzo una serie di cale e spiaggette affacciate su un mare

il mondo per uno dei resort più esclusivi in assoluto, a sud

cobalto che fanno sognare, villaggi di pescatori incasto-

Petrovac, antico insediamento romano su una spiaggia di

nati tra sabbia e roccia, antiche città cinte da mura

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Al mare sulle selvagge coste del Montenegro

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aggrappate alla roccia, con alle spalle

che, conifere e fiori mediterranei

se chiese di pietra e cappelle rupestri,

uno sfondo di montagne imponenti.

trovano la forza per staccarsi dalle

la foresta primigenia di Biogradska

Ovunque una cucina generosa e

spiagge, hanno a disposizione

Gora, la più importante del continen-

genuina, ispirata a quella italiana e

all'interno natura e cultura. La capita-

te, con il lago omonimo, il parco

legata al ciclo delle stagioni, con

le Podgorica con la sua bianca catte-

nazionale del Durmitor (sito Unesco)

ovvia prevalenza di carne e verdura

drale serbo-ortodossa simbolo della

con i canyon e i laghi glaciali, la strada

all'interno e pesce sulla costa; ottimi i

città e l'antica capitale Cetinje, il can-

mozzafiato tutta curve e tornanti

vini rossi corposi invecchiati, bianchi

dido monastero di Ostrog, sito sacro

Kotor-Cetinje attraverso il parco

più giovani e leggeri. Quanti in que-

ortodosso dall'intensa spiritualità,

nazionale del Monte Lovcen e infine

sta terra profumata di erbe selvati-

abbarbicato ad una falesia con diver-

le spettacolari Gole del Tara, con pare-


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Al mare sulle selvagge coste del Montenegro

ti alte fino a 1300 m, dove fare un rafting adrenalinico. In estrema sintesi le spiagge spettacolari e il mare limpido della Croazia, le montagne aspre e pittoresche della Svizzera, i canyon profondi del Colorado, i palazzi eleganti di Venezia, le città antiche della Grecia: questo, e tanto altro ancora, è il Montenegro, una terra con caratteristiche miste balcaniche e mediterranee, che sembra nata apposta per il turismo, un turismo di qualità ecosostenibile. Ma il turismo, si sa, può creare anche danni: se ci andate in

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luglio e agosto lo troverete troppo affollato, con i servizi al


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Al mare sulle selvagge coste del Montenegro

limite del collasso e in alcune località può mancare anche

na di guide turistiche del mondo – cioè persone che di

l'acqua, perché le sue spiagge costituiscono il mare per

viaggi e di località se ne intendono per professione – han-

nazioni come Serbia, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Mace-

no collocato Kotor/Cattaro in Montenegro al primo posto

donia e altri paesi dell'Est europeo che il mare non ce

tra le località Best in Travel 2016, che debbono assoluta-

l'hanno. Allora, addio paradiso. Ma negli altri mesi invece

mente essere visitate nell'anno in corso. Qualche buon

– maggio, giugno e settembre – il paradiso vi attende a

motivo per una tale scelta, ci sarà pure.•

braccia aperte, anche con prezzi decisamente competitivi e alla portata di tutte le tasche. Se, nonostante quanto

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Unico specialista da 35 anni per le vacanze balneari in

sopra, mantenete ancora qualche perplessità su

tutte le nazioni dell'ex Iugoslavia, e tra i primi e i più attivi

un'eventuale futura scelta montenegrina, tenete presente

in Montenegro, è l'operatore “il Piccolo Tiglio”

che gli autori della Lonely Planet, la più importante colla-

(tel.0381.72 098, www.ilpiccolotiglio.com), nel cui catalo-


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go Croazia Mare propone in Montenegro una dozzina di strutture in tutte le principali localitĂ balneari a prezzi assai interessanti. In Montenego si arriva via terra da Trieste, dopo aver attraversato Slovenia e Croazia (900 km, due terzi in autostrada) oppure in traghetto da Bari a Bar e Dubrovnik, o Ancona-Spalato, o ancora in volo da Milano e Roma su Podgorica, Tivat o Dubrovnik con prenotazioni a cura dell'operatore; si entra con la sola carta d'identitĂ e vige l'euro. Consultazioni sul sito web, informazioni a info@ilpiccolotiglio.com, prenotazioni nelle migliori agenzie.

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Spalato Spalato e il palazzo di Diocleziano

Testo di

A

Annarosa Toso

rrivando a Spalato dal mare, nel mio caso scenden-

do con una scialuppa, a causa del mare grosso, da

una nave Costa, la prima graditissima sorpresa, è

stata che tutto il lungo mare e parte del centro storico sono wi-fi. Un piacevole benvenuto, un segno di civiltà e modernità della seconda città della Croazia, Spalato, Split in lingua croata. Tempo cattivo, dicevo, che ha significato rientro a bordo anticipato e giro della città ridotto per emergenza climatica e mare burrascoso. Per fortuna il cuore della città è proprio lì davanti al molo, con le sue affascinanti stradine ricche di atmosfera e con lo splendido palaz-

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zo di Diocleziano, patrimonio Unesco, che attende i suoi

e il


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palazzo di Diocleziano

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Spalato e il palazzo di Diocleziano

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visitatori ogni giorno e che risulta essere uno dei siti più visitati e conosciuti della Croazia. Il palazzo, anzi tutta la città fortificata, occupava un'area di 4 ettari e risale al 300 d.C. mentre le case costruite sopra, dopo la caduta dell'impero romano e dopo l'abbandono della struttura, a molti secolo dopo. Gli scarichi biologici su quello che era stato il palazzo nobiliare ormai dismesso e abbandonato, hanno di fatto protetto quella magione, che Diocleziano aveva fortemente voluto. Nativo di Salona, la bellissima località vicino a Spalato che meriterebbe anch'essa una accurata visita, Diocleziano riuscì a regnare per 21 anni, cosa molto rara per quei tempi. Anzi rarissima, perché chi governava in quell'epoca aveva vita molto breve. La media del regno era di due anniil più breve regno fu di 80 giorni - quindi una condanna a morte per chi saliva al trono, ma Diocleziano addirittura abdicò, quando si sentì troppo stanco per continuare a regnare. Certamente non doveva essere stato facile, ma Diocleziano – nato povero e che aveva intrapreso la carriera militare, superò tutti i record, governando

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Spalato e il palazzo di Diocleziano

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57 soprattutto con intelligenza e con equità per più di venti anni, pur con una paura costante di essere ammazzato. Alcuni storici ci dicono che il fatto di saper leggere e scrivere, aiutò Diocleziano nella sua ascesa inarrestabile, altri che l'innato istinto al comando militare lo abbia agevolato. Ma torniamo allo splendido palazzo di Diocleziano. Tutti sapevano che era nascosto lì da secoli, ma mancavano risorse per poterlo riportare alla luce. Prima ancora era mancata la voglia. Nel 1952, si cominciò a scavare. Gli archeologi si trovarono al cospetto della più grande raccolta di escrementi umani di tutti i tempi. Il lavoro – ancora un quarto del palazzo è da scavare – durò anni, ma permise dalle analisi di capire di cosa si nutriva allora la popolazione. Fu trovato anche un “vomitario” il luogo dove durante le libagioni di palazzo, i romani si liberavano del cibo ingerito, per poi riprendere ad ingurgitarne dell'altro. Il palazzo è affascinante, così come la sua storia. E' una delle maggiori attrattive di Spalato. Da non perdere la visita alla Cattedrale di Duje Dominius, una delle cattedrali più antiche del mondo con un superbo campanile. Qui fu sepolto Diocleziano, ma i cristiani, che non dimenticarono le persecuzioni, 300 anni dopo la mor te dell'imperatore, buttarono i suoi resti profanati proprio davanti alla Cattedrale. I cristiani distrussero anche la grande sfinge di granito rosso e danneggiarono altre statue raffiguranti leoni, ma che tuttora abbelliscono, se pur ferite nella loro bellezza, il cuore di Spalato. Immancabile il decumano per una città di origine romane, che divide in quattro il centro storico che vanta numerose pulitissime stradine, ricche di negozi di artigianato e specialità culinarie per la gioia dei turisti. E non poteva mancare la strada più piccola del mondo dove passa una persona alla volta non potendo ospitarne due. Da tradizione ormai consolidata, chi grida più forte all'imbocco della strada passa, gli altri devono aspettare il proprio turno. Ma anche palazzi che ricordano Venezia abbelliscono il cuore della città. A Spalato in molti parlano italiano, un po' per antiche reminiscenze, un po' per adeguarsi ad ospitare le numerose comitive di italiani che visitano la città in ogni stagione dell'anno. Oggi a Spalato arrivano circa 300 navi da crociera all'anno, che hanno consentito ai turisti di conoscere, anche se per una manciata di ore, questo splendida città croata.•

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500 anni del ghetto di Venezia

500 anni del Ghetto di Iniziative culturali per onorare il contributo dato dalla comunitĂ ebraica allo sviluppo della cittĂ

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Testo di

V

Mariella Morosi

enezia, antica città formata dalla stratificazione

intrecciata a quella degli ebrei, rifugiatisi in laguna da

storica, culturale e artistica di tante civiltà, dedica

tutt'Europa nel corso dei secoli per sfuggire a un destino

quest'anno varie iniziative alla celebrazione dei

segnato da discriminazioni e persecuzioni. E' stato lo stes-

500 anni del Ghetto di Venezia, in collaborazione tra la

so rabbino capo della comunità ebraica di Venezia, Rav

locale Comunità ebraica e l'Associazione degli albergato-

Scialom Bahbout, ad illustrare le tante iniziative perché

ri. Con speciali pacchetti saranno offerte ai visitatori

non venga persa la memoria del contributo dato da que-

opportunità uniche per ripercorrere la storia della città

sto popolo migrante alla città lagunare. Le origini del pri-

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500 anni del ghetto di Venezia mo nucleo ebraico sono avvolte da ampie zone d'ombra, ma è certo che si formò nel secolo X se il doge Candiano II invitò i nuovi arrivati a convertirsi o ad andarsene. Tolleranza e intolleranza si alternarono in quei secoli, forse perché alla potente Serenissima interessava più l'espansione dei commerci che portavano ricchezze piuttosto che le questioni religiose. Ma era anche vero che i governanti avevano intuito le qualità e le potenzialità di un popolo sempre in cammino, costretto a ricostruirsi un ruolo e la sopravvivenza nella società dell'epoca. Una data più certa sulla formazione di un nucleo ebraico è il 1385 quando per una prima condotta concessa dal Senato gli ebrei poterono stabilirsi in una colonia stabile. Si trattava di una zona isolata e malsana al Lido, con una piccola area come cimitero, che anche oggi è possibile visitare. Ma essi erano sempre messi al bando, nel migliore dei casi tollerati, con l'imposizione di segno di riconoscimento, come un cerchio giallo sul mantello e poi speciali copricapi (bereta zala o bereta negra). Ma ne arrivavano altri, occupando spazi da San Cassiano e Sant'Agostino, da San Geremia a San Polo. Erano tutti in fuga dai lanzichenecchi di Massimiliano d'Asburgo, dai massacri dei cosacchi o di altre soldataglie. La difficile coesistenza con i veneziani spinse la città ad isolarli. Nacque così il 29 marzo del 1516 il primo Ghetto della Storia, vicino alle carceri e al convento di San Girolamo dove venivano seppelliti i giustiziati. La parola ghetto, purtroppo tristemente esportata in tempi successivi e in altre realtà, deriverebbe dal verbo getàr (fondere) poiché in quel luogo sorgeva una fonderia. Gli ebrei non potevano esercitare mestieri ma soltanto la "strazzaria", il commercio dell'usato, ma l'attività tradizionale era l'usura, perché la concessione di crediti su pegno, essenziale per lo sviluppo delle attività anche allora, era vietata dalla morale cristiana. La popolazione crebbe per il continuo arrivo di ebrei levantini, mercanti fuggiti dall'impero ottomano, di spagnoli cacciati dalla penisola iberica e dei ponentini sefarditi, e si formò così questa enclave, una piccola città nella città, chiusa di notte da robusti cancelli. Al primo ghetto si aggiunse poi il Ghetto Novo, e successivamente il Ghetto Novissimo, nella parrocchia dei santi Ermacora e Fortunato (San Marcuola). Rinchiusi e sorvegliati, costretti in angusti spazi, tra

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roghi dei loro libri sacri e restrizioni alla dignità


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500 anni del ghetto di Venezia

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63 umana, considerate oggi inaccettabili, riuscirono a costruire scuole, banchi di pegno, negozi dell'usato e luoghi di aggregazione e di cultura. Solo per alcuni fortunati, medici o stampatori di libri ebraici, erano concesse uscite straordinarie. La mancanza di spazio e la popolazione in crescita li costrinsero a inventare nuovi spazi in verticale, l'unica via possibile, innalzando le case, fino a 9 piani, grattacieli primordiali, e all'interno frazionando le stanze con tramezzi e soppalchi di legno. Inoltre la comunità era fortemente sottoposta a tasse e balzelli (nel 1625 doveva sborsare centomila ducati annui per il bene pubblico). Ma non fu solo materiale il loro contributo allo sviluppo della città: la fama di letterati, poeti, medici e uomini di scienza filtrava sovente dalle porte del Ghetto, e sporadicamente veniva apprezzata anche all'esterno. Venezia aveva bisogno anche di loro per crescere. Gli ebrei uscirono dal ghetto solo nel 1797, quando Napoleone ne abbatté le porte. Poterono così diventare veri cittadini, possedere beni, frequentare le scuole, esercitare professioni, far parte di istituzioni culturali. In seguito furono in prima fila nei moti risorgimentali, alcuni diventarono rettori e ministri, si imposero come protagonisti nella vita culturale della città. Ma dovevano ancora una volta fare i conti con la storia: nel 1938 si abbatté su di loro il fulmine delle leggi razziali. Centinaia furono deportati e uccisi a cominciare dal rabbino capo Adolfo Ottolenghi. Oggi la comunità conta circa 500 persone e il Ghetto ne è rimasto il cuore. Oltre alle funzioni di culto, vi sono scuole per bambini e adulti, dallo studio dei testi sacri e del Talmud ai corsi di ebraico moderno. C'è anche una foresteria, una casa di riposo, una biblioteca, il forno delle azzime. E' la destinazione privilegiata per i visitatori per queste celebrazioni dei prossimi mesi, con le sue sinagoghe, le scuole e i musei, attraverso itinerari organizzati. Sono previsti convegni internazionali, la mostra "Venezia, gli Ebei e l'Europa" a Palazzo Ducale, concerti e rappresentazioni teatrali. Da consigliare un itinerario attraverso le cinque Sinagoghe, considerate le più belle d'Europa. Due hanno ancora funzioni di culto. Spoglie all'esterno perché le leggi anticamente non permettevano facciate sontuose nei luoghi di preghiera, hanno gli interni ricchi

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500 anni del ghetto di Venezia con molte decorazioni, come la Scho-

ri, che cambiano con i lenti ritmi delle

tappa successiva potrebbe essere gli

la Spagnola, la più grande, dalle pare-

m a re e e d e l l a l u c e . Pa r te n d o

insediamenti di pescatori di Pellestri-

ti lignee e dai grandi lampadari fiam-

dall'isola di Certosa subito si incontra

na e di San Pietro in Volta, per ammi-

minghi. Da visitare anche la Schola

la roccaforte di Sant'Andrea, la porta

rare i casoni da pesca che spuntano

Levantina e la tedesca Schola Canton.

che doveva difendere Venezia dagli

tra le secche. Si può concludere il giro

E' stato anche innalzato un monu-

attacchi che venivano dal mare. Bel-

da dove era cominciato: nell'isola di

mento alle vittime veneziane della

lissimo il bacan, la secca di sabbia

Certosa, prima sede dei canonici ago-

Shoah. Da un anno è stato creato

lunga alcuni chilometri. Imboccato il

stiniani e poi dei padri certosini di

anche un ristorante kosher, che ha

canale di Treporti si ammirano le bare- Firenze. Di fronte c'é l'Arsenale, il cuo-

riunito le tradizioni gastronomiche

ne, lingue di terra che emergono dal-

delle varie comunità succedutesi in

la laguna, e il famoso campanile di

blica di Venezia, simbolo della poten-

laguna. Si chiama Chimel Garden (lo

Burano. Dopo una visita alle isole di

za della Serenissima.•

chef è Bruno Santi) e offre sia la rigo-

Burano e Torcello si ritorna in mare

Per informazioni:

rosa cucina kasherut che quella nata

costeggiando il Lido, per poi tornare

www.veniceghetto500.org

dalla fusione delle cucine europee

in laguna attraverso Malamocco. La

www.avanews.it

combinate con i prodotti locali. Ne sono nati piatti "misti" come ad esempio le famose sarde in saor, tipicamente veneziane che hanno avuto origine dalle tradizioni nordiche degli ashkenaziti e dall'uso arabospagnolo della frutta secca, in questo caso dell'uvetta passita. La cucina kosher è sempre più apprezzata in tutto il mondo non solo per motivi religiosi ma per la purezza e la tracciabilità dei suoi ingredienti, garantite in tutte le fasi della filiera, sia che si tratti di cibi che di vini o di bevande. Per godere appieno delle bellezze storiche della città è consigliabile fare un giro in barca tra gli scenari laguna-

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re dell'industria navale della Repub-


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Un soggiorno a Viareggio

Viareggio Un soggiorno a

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ospitalità raffinata presso il Best Western Grand Hotel Royal Testo di

S

Luisa Chiumenti

iamo a Viareggio: da uno degli ampi balconi d'angolo del Best Western Grand Hotel Royal lo sguardo si perde su un lungomare che sembra infi-

nito, con una spiaggia dalla sabbia chiara e lucente che tanto incantò gli appassionati della tipica “villeggiatura” dei primi del '900. Vero punto di riferimento sul viale Carducci, il Best Western Grand Hotel Royal staglia la sua struttura armoniosa di fine Ottocento, primi '900, proprio di fronte ad una bella spiaggia sabbiosa, che crea armoniose fantasie paesaggistiche a seconda dell'ora del giorno, ma soprattutto alle prime, tenui luci dell'alba o a quelle forti e variegate dei bellissimi tramonti. Identificabile anche da lontano, per le sue particolari torrette angolari trasformate oggi in romantiche suites, dalle quali lo sguardo può spaziare per 360° dal mar Mediterraneo alle cime delle Alpi Apuane. Ampliato nel 1925 dall'architetto Belluomini, divenne la meta più esclusiva della aristocrazia europea, vantando quelle che erano allora decantate come “attrezzature” esclusive che, dal parco, alla piscina, al raffinato ristorante, ancora oggi l'ospite ritrova con ampia soddisfazione. Vi furono ospiti i Savoia, i duchi d'Aosta, la Principessa del Belgio. Non solo la struttura architettonica ha mantenuto i suoi caratteri “liberty”, ma vi sono conservati, oltre alla bella pensilina d'ingresso, numerosi dettagli d'arredo (poltroncine, fioriere, tavoli e divanetti), e soprattutto le formelle decorative e i pannelli del grande artista Galileo Chini. Una cena raffinata, basata su una serie di piatti tipici della cucina toscana viene servita nell'ampia sala del ristorante, mentre le note dolcissime di melodie assai conosciute, si effondono nell'aria per la maestria di un pianista, cui non si può non attribuire meritatissimi applausi. E durante l'estate si può anche gustare la cena nel padiglione all'aperto, immerso nel verde e affiancato dalla grande piscina. Su richiesta, vengono preparati anche menù speciali, per i vegetariani e per i celiaci. Il bar ha una sala interna ed uno spazio esterno, entrambe adatti ai momenti di

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Un soggiorno a Viareggio

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relax. E' da notare come la cura del dettaglio sia molto

Molte le camere con una splendida vista sul mare ed alcu-

sentita anche nelle stanze, ampie e soleggiate, in molte

ne anche un comodo balcone. Un'ottima postazione nel

delle quali hanno mantenuto pavimentazioni originali e,

periodo di Carnevale per poter seguire lo scorrere degli

nel caso di restauri, abbiano cercato di ritrovare il mate-

splendidi carri di Viareggio. E' da segnalare, non lontano

riale originario, nelle storiche ditte ed industrie. Le suites

dal Royal, la presenza della suggestiva “Cittadella del

in particolare offrono servizi esclusivi, quali vasca con

Carnevale”, costruita per accogliere i laboratori di quella

idromassaggio, zona salotto, opere d'arte come comple-

lavorazione della cartapesta che i bravissimi artigiani

menti di arredo e frigobar con consumazione inclusa.

portano avanti da sempre per l'allestimento dei Carri del

Centoquattordici le ampie camere arredate in modo ele-

Carnevale di Viareggio, ormai famosi in tutto il mondo.

gante ed accurato e provviste di tutti i servizi più idonei

Nel 2001 è stata inaugurata la nuova Cittadella del Carne-

per far trascorrere un piacevole soggiorno ai loro ospiti.

vale, straordinario complesso architettonico, interamen-

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Un soggiorno a Viareggio te dedicato alla creazione e alla conservazione del Carnevale di Viareggio. Su una gigantesca piazza ellittica, arena per grandi spettacoli all'aperto in estate, si affacciano sedici hangar-laboratori in cui i costruttori forgiano le loro idee e intuizioni. Qui vengono creati i giganteschi carri. Due i Musei: uno dedicato alla storia dei carri del Carnevale e l'altro al Carnevalotto, preziosa collezione di opere d'arte di grandi firme contemporanee ispirate al Carnevale di Viareggio. Sì, perché gli ospiti di Viareggio, dal 1923 hanno visto animarsi, carri allegorici, che nel 1925, per iniziativa di Antonio D'Arliano e di alcuni costruttori, videro appunto, per la realizzazione dei carri, la nascita della tecnica della carta a calco, da tutti conosciuta come cartapesta, materiale leggerissimo e poco costoso capace di dar vita a costruzioni colossali e sempre più ardite nella scenografia e nella movimentazione. La prima sfilata di carrozze addobbate a festa nella storica Via Regia, nel cuore della città vecchia, è datata appunto 1873 quale prima edizione del grande spettacolo che è oggi il Carnevale di Viareggio. E se l'albergo sottolinea con le sue caratteristiche architettoniche l'atmosfera liberty e decò, è proprio un soggiorno a Viareggio che è tuttora da vedere come una immersione suggestiva fra vitalità attuale ed incantevoli memorie. Era infatti il 1902, quando si inaugurava la famosa “passeggiata”, il viale Regina Margherita, con i padiglioni lignei, i caffè, i ristoranti, gli stabilimenti balneari, che andarono poi

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Un soggiorno a Viareggio

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73 distrutti nel grande incendio del 1917. Ed ecco che, nella ricostruzione del Caffè Margherita del 1929, prendono forma quelle caratteristiche cupole, divenute inconfondibile emblema della città, in cui, una struttura portante molto leggera, è stata rivestita, dagli artisti Belluomini e Chini, con pezzi ceramici dai colori smaglianti e dal disegno particolare derivante da esperienze orientali. E a piano terra, quasi con una fantasiosa continuità fra la “passeggiata “ esterna e l'interno della sala, ecco gli archi polilobati che si ricorrono nel portico. Ed ecco, sul lungomare, sorgere uno dopo l'altro, gli Hotel storici, tra cui, appunto, il Grand Hotel Royal.• Per informazioni: BW Premier Collection Grand Hotel Royal - Viale Giosuè Carducci 44 - 55049 - Viareggio (LU) - Coordinate GPS: lat. 43,876134 - long. 10,238367 Telefono: +39 +39 0584 45151 - Fax: +39 +39 0584 31438 E-mail: info@hotelroyalviareggio.it

Un Hotel eco-sostenibile Il BW Premier Collection Grand Hotel Royal di Viareggio mette anche a disposizione, per le necessità dei viaggiatori business,

sale meeting completamente rinnovate

all'interno delle quali organizzare ogni tipo di evento professionale. Ed è interessante sottolineare la presenza di alcune caratteristiche: attenzione all'ambiente e all'ecosostenibilità. Nell'ambito della sostenibilità ambientale e della partecipazione al programma Lifegate con BW Premier Collection il Grand Hotel Royal di Viareggio pone particolare attenzione verso l'organizzazione di meeting ecocompatibili. Seguendo il Regolamento e le direttive a riguardo dell'Unione Europea all'interno del centro congressi vengono attuate le seguenti norme comportamentali: lampade a risparmio energetico, prodotti per la pulizia, cancelleria di base ecologica: penne in cartone o mais, blocchi in carta riciclata, acqua minerale in vetro, prodotti biologici oltre a succhi, pasticceria secca-merendine biologiche servite nelle pause caffe'. Le sale a disposizione all'interno dell'hotel sono illuminate di luce naturale, complete di attrezzature ed elegantemente arredate per riunioni di lavoro in un'atmosfera "Belle Epoque", con nomi particolarmente suggestivi, quali: Sala Boheme (38mq.), Sala Butterfly (80 mq.), Sala liberty (400mq.), Sala Turandot (60 mq.). Interessanti anche le convenzioni con lo stabilimento balneare situato di fronte e con i vari centri termali e le palestre di Viareggio.

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La nobiltà del crostino toscano – Burde un nome, una storia, una cucina

La nobiltà del

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crostino toscano

Burde un nome, una storia, una cucina

Testo e foto di

C

Giuseppe Garbarino

'è una strada che da Firenze

da mangiare. Questi sono ricordi di

anzi quando un certo Egiziano Bar-

taglia la pianura verso il nord;

una volta, oggi la via è trafficata da

ducci, il quale con un nome da com-

è la Pistoiese, strada un tem-

auto di grossa cilindrata e il tempo si

parsa di Cinecittà sposò prima la Giu-

po percorsa da carri e carretti, gen-

misura in modo diverso da quando

lia Gori, per poi essere ricordato, per

tuccia che cercava la città, un lavoro e

nel borgo di Peretola nacque Burde,

vie traverse, come il capostipite di

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La nobiltà del crostino toscano – Burde un nome, una storia, una cucina

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77 quei Gori che ancora oggi affollano il mondo dell'enogastronomia. Fu un inizio di bicchieri di vino a raso e panini imbottiti che a volte i barrocciai prendevano al volo per non perder tempo. Trattoria fuori porta, luogo dove entri per un litro di latte e una confezione di pregiato cioccolato, da sempre un locale per chi è di passaggio, un operaio alla ricerca di una sosta a mezzogiorno, l'impiegato che quasi frugalmente si intrattiene con un primo piatto di qualità, poi alla sera cambia la musica, degustazioni, ricercatezza nella presentazione di piatti della tradizione, clientela diversa, che spesso arriva da lontano per il gusto di entrare da Burde. Ogni tanto appare un Vip, quasi in punta di piedi, ben sapendo dove si trova. Paolo Gori, rappresenta la nuova generazione dietro i fornelli, una laurea in Scienze Politiche è cresciuto facendo merende gustosissime con il cosiddetto “cavolo a merenda”, brodini con il pane e il ricordo di quando la “bottega” era chiusa e a disposizione della famiglia per i grandi pranzi domenicali. Così il tempo ha fatto il suo corso e Paolo che da sempre girellava in cucina, si è trovato ad aver frequentato la migliore scuola di gastronomia, quella della sua famiglia. Oggi ricorda, con negli occhi un lampo di luce, i grandi vassoi di crostini toscani, forse la più tradizionale delle semplici ricette che Burde tramanda, insieme alle zuppe che in questo luogo fanno la parte del leone. Burde, ci racconta Paolo, è sempre stato luogo di ricette domestiche, la francesina, il baccalà, piatti che spesso passavano di moda, ma che qui erano sempre proposti e sempre cercati dai clienti. La strada di Burde, da Peretola è arrivata fino all'Expo 2015, passando dal mondo di Eataly. Ma torniamo alla storia, quando Egiziano Barducci, dopo un primo esperimento sulla piazza di Peretola decide di trasferirsi sulla via Pistoiese, nota allora come Strada Nova; per qualche strano sentore di familiarità, come al Gambero Rosso di Pinocchio al piano terra si mangiavano piatti tipici e popolari e al piano superiore si dormiva. A completare quei legami con la storia del Burattino, un alberone, quasi una “quercia grossa”, oggi scomparso e amante del vino buono per aver affondato le radici nella cantina della trattoria. Era il 1921. Oggi, dopo oltre settanta anni, la gestione della cantina di Burde è stata raccolta da Andrea Gori, fratello di Paolo, una laurea in Scienze Biologiche e oggi noto sommelier. Il suo profilo è forse uno dei più importanti nella trattoria, infatti il vino era stato in parte dimenticato, anche se era lo zio Giuliano la persona che nel recente passato si dedicava a questo settore. Andrea è dal 2003 che, prima attraverso il web e poi con numerose collaborazioni giornalistiche, è riuscito a ritagliarsi un importan-

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La nobiltà del crostino toscano – Burde un nome, una storia, una cucina

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te ruolo in ambito nazionale, elevando anche il profilo di Burde. Non per nulla si definisce sommelier informatico. Tra i ricordi, anzi folgorazioni, l'assaggio di un Sassicaia del 2001, un nettare forse mai ritrovato. Andrea è pieno di impegni e iniziative, una tra tutte il festival di successo God Save the Wine, in collaborazione con Riccardo Chiarini e Leonardo Tozzi, una nuova filosofia dell'approccio verso il vino, in modo consapevole, ma anche un confronto con il pubblico, soprattutto con chi non beve abitualmente e per affinare la cosiddetta Community di Wine Lovers che affollano locali e ristoranti. In fin dei conti davanti a un buon bicchiere di vino da sempre ci si incontra, si discute, ci si conosce, forse come voleva Turiddo Gori, personaggio che successe ad Egiziano, con un nome preso in prestito dalla Cavalleria Rusticana del Mascagni, ma che tutti chiamarono, per sua fortuna e semplicità, Burde II. Così la locanda, panetteria, alimentari, fiaschetteria, norcineria, ecc… divenne luogo di incontri, scambi di opinioni a volte chiassosi ed impertinenti, una cultura spiccia e popolana di chi alza il gomito, ma che ha nel suo profondo una forte componente sociale piena di consapevolezza.Turiddo si sposò e con la moglie arrivarono nuove ricette, profumi e sapori; un

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La nobiltà del crostino toscano – Burde un nome, una storia, una cucina pizzico di sofisticato che rese la cucina tradizionale di Burde un'eccellenza locale. I barrocciai che andavano verso Firenze non smisero mai di passare, lunghe file di affamati e assetati, sempre sotto gli sguardi dei brozzini e peretolini, in fin dei conti campigiani, uomini e donne di quel contado a metà strada tra la terra e il mare, fatto di quei campi sommersi dalle acque dove Currado Gianfigliazzi cacciava e Chichibio cuoceva le famose gru da una coscia sola di boccaccesca memoria. Immaginatevi dietro i fornelli, pentole di ogni tipo e soprattutto mestoli, ramaioli, taglieri, rigorosamente in legno, magari realizzati improbabilmente con lo stesso magico legno dell'albero delle Cascine, il grande parco pubblico fiorentino dove venne preso quel tronco per fare prima il Pinocchio collodiano e poi Picchia, la sua futura sposa, come la volle Ugo Scotti Berni, autore del seguito del fortunato e poco conosciuto libro di Carlo Lorenzini. Ma perché Pinocchio? Entrate in questa osteria, oltre a fare un viaggio nel tempo avrete modo di capire come da sempre il ricordo del burattino ha affascinato le persone che si sono succedute alla gestione di Burde. Qui siamo ai margini della magia e tutti lo sanno, la magia in cucina e l'uso di un mestolo fatato porta a risultati eccezionali. Eccoci che dai cibreini ricordati dal Gatto e la Volpe ci si incammina verso le note, non già musicali, ma culinarie di nascosti accenni a gustosi dolci e inimmaginabili portate tradizionali. Fu lo zio Fabrizio a coltivare la memoria locale di Pinocchio, con la raccolta di quadri e ricordi che poi sfociarono in un famoso libro grazie allo storico Marco Conti e artisti come Vinicio Berti, Paolo Favi e Emilio Malenotti. Fu un modo per non perdere il rapporto con il mondo popolare tanto legato al burattino figlio della penna di Carlo Lorenzini detto il Collodi. Andare da Burde è un modo per essere catapultati nel mondo seminascosto della gastronomia dove tutto parte da tre pere e dai loro torsoli, senza nemmeno un tocco di pecorino, quando le streghe, donne bruttine erano tutte intente a raccogliere erbe per campare, magari la “prùzzica”, l'ortica e farne minestroni salutari soprattutto per il portafoglio, poi magari, sotto l'uscio di casa a veglia, mentre un fruscio leggero tradiva l'intrecciare, tra una ciana e l'altra, delle famose scope di saggina di Brozzi. Si sa, le streghe, come la Befana, viaggiano in scopa …Di questo luogo si ricordò Malaparte che con abile penna tracciò il profilo di questa gente, scrivendo “Peretola, Brozzi e Campi, la peggio genia che Cristo stampi”; per carità tutti lavoratori fino al momento di trasformarsi in ladri di polli, ma sempre fieri e furbi, con quel curioso abbinamento

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che spesso divide ed esclude l'una o l'atra caratteristica.


81 Il furbo è vile, ci dice Malaparte, la fierezza è dignità, ma bisogna esser furbi per non passar da grulli. Ricordi che si affollano e si confondono con gli anni di altri tempi che si allontanano, ma oggi da Burde si entra, come già detto, quasi in punta di piedi; è necessario essere preparati e sapere dove siamo. Si attende che con un cenno di riguardo qualcuno ci indirizzi verso la sala ricca di quadri, magari aspettando che venga dato il resto alla donnina che ha appena acquistato la schiacciata e un etto di salame, poi, ecco davanti ai nostri occhi quello per cui siamo venuti: i quadri di Vinicio Berti ed Emilio Malenotti, ricordi fitti fitti di un passato che guarda al futuro, quel Pinocchio, sempre amato da queste parti, che fa la parte del leone in ogni angolo, anzi, qui è di casa; lui che ha sofferto un'eterna fame in tutte le ristampe del libro scritto dal Lorenzini, oggi, forse per quella strana legge del contrappasso, si ritrova confinato amorevolmente in una trattoria dove i profumini intensi risveglierebbero anche un pezzo di legno, un burattino, nato per essere prima la gamba di un tavolo da cucina e che poi per poco non finiva anche nel braciere di Mangiafuoco, il burattinaio che amava esibirsi sulla piazza di Peretola.•

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NUOVO ATTO AL NICCOLINI

Nuovo atto al

I 82

N

l più antico e forse più amato teatro fiorentino è stato

dovere morale di chi ha ricevuto tanto, mettere a disposi-

riaperto dopo vent'anni di oblio e otto di restauro gra-

zione degli altri quello di cui ha beneficiato? Forse si,

zie alla volontà dell'imprenditore fiorentino Mauro

magari per proprio diletto e piacere, per la soddisfazione

Pagliai, che acquistò l'intero locale, nel 2006. Ancora una

di riaprire un luogo storico, per non dover più guardare

volta un privato al servizio della collettività, è dunque un

quelle finestre chiuse da troppo tempo. Mauro Pagliai si è


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Niccolini Testo di Niccolò

Garbarino e foto di Filippo Manzini

quindi fatto un regalo per i suoi 50 anni tirando su il sipa-

no nel nome dell'Accademia degli Infuocati e che aveva-

rio dell'antico teatro fiorentino, addirittura più vecchio

no come simbolo una bomba accesa. L'accademia fu sot-

del Teatro della Pergola; una volta chiamato “Teatro del

to la direzione di Giovan Carlo de' Medici e il teatro venne

Cocomero”, dall'antico nome dell'attuale via Ricasoli e

frequentato dai nobili del tempo e dai granduchi di

voluto nel 1650 da un gruppo di aristocratici che si uniro-

Toscana. L'antico teatro del Cocomero, oggi Niccolini, fu il

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NUOVO ATTO AL NICCOLINI

primo esempio di scuola e compagnia stabile di teatro di prosa a Firenze. Tra i numerosi commenti sulla riapertura, quanto detto dal sindaco di Firenze Dario Nardel-

foto di Daniele Romano

la: “il teatro rappresenta la risposta italiana alla comèdie francaise”. La volontà della nuova gestione è quella di trasformarlo in un luogo all'altezza di grandi teatri internazionali come troviamo a Parigi, Berlino, Londra: ecco che Firenze sta tornando dunque una nuova capitale della cultura anche teatrale. Sul suo palcoscenico hanno recitato dei “giganti” come Carlo Cecchi, Carmelo Bene e Vittorio Gassman, dopo un passato di Goldoni, Gherardi del Testa, Alamanno Morelli e tanti altri astri della rappresentazione. Oggi la struttura teatrale restaurata può contare su 406 posti e 4 ordini di palchi; dalla fine di aprile i turisti potranno assistere al suo interno alla proiezione di brevi video preparatori sui Monumenti del Grande Museo del Duomo. Quello che un tempo fu il primo teatro moderno d'Europa ha, per la sua inaugurazione e riapertura, ospitato l'amatissimo attore Paolo Poli, che al Niccolini fu di casa a partire dagli Anni Ottanta. Poli si è esibito in un colloquiointervista con il critico Valentina Grazzini, dopo il suo intervento c'è stata un'esibizione dell'Orchestra della

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foto di Daniele Romano


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Scuola di musica di Fiesole. Tra i ricordi dell'attore queste parole: “il Niccolini è l'unico tra tutti i teatri che ho frequentato con un'atmosfera diversa, come di casa, l'unico che ha un qualcosa che non si possa raccontare”. Le immediate iniziative hanno riguardato l'evento del 14 gennaio, una performance site-specific dello stilista Marco De Vincenzo, Womenswear guest designer in occasione di Pitti Uomo. L'edifico del teatro ospiterà al piano terra un caffè e un bookshop curato della casa editrice Mauro Pagliai. Per tutti visite guidate alla scoperta del rinato luogo di cultura, per la città, con la città. Noi fiorentini non possiamo che dargli il bentornato, nella speranza di una stupenda programmazione di prosa, poesia e teatro classico italiano.•

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I RITI DELLA PASQUA

Pasqua I riti della

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87 Testo di

Mariella Morosi

LA SETTIMANA SANTA, DAL LUTTO ALLA FESTA La Pasqua è la più importante festività della liturgia cristiana, la più intensa di emozioni alterne. Una settimana in cui si celebra prima la passione e la morte di Cristo in un lutto corale: il venerdì, il giorno più buio, la fede si esprime solo nella speranza. Nelle chiese si riproduce l'atmosfera del Santo Sepolcro con piante bianche, nate senza luce a significare la natura che arresta il suo ciclo. Le campane dono legate mentre il colore viola dei paramenti sacri esprime la sofferenza. Poi, tra sabato e domenica, la Resurrezione. Un tripudio esaltato dalle campane finalmente sciolte e da colombe in volo. Religione e tradizioni si fondono allora in momenti di grande valore simbolico.

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I RITI DELLA PASQUA I RITI DELLA PASQUA Dal Sud al Nord, nella Settimana Santa i riti sono i più diversi e si svolgono oltre tremila rappresentazioni e processioni. La più seguita è la Via Crucis a Roma, al Colosseo. Talvolta il Venerdì Santo può assumere dimensioni teatrali. Sulmona lo vive nel segno del rosso, come le insegne e il sacco indossato dai frati della Trinità che fanno recitare, portandole a spalla, le antiche statue. San Giovanni e San Pietro annunciano la Resurrezione alla Madonna che non ci crede. Poi vede il figlio. Mentre gli corre incontro le cade il fazzoletto. Subito a terra appare una rosa rossa come il sangue che dona la vita. A Taranto 80 penitenti aprono le celebrazioni il Giovedì Santo. Con il volto coperto e a piedi scalzi vanno a adorare i sepolcri, avanti e indietro, dalla Chiesa di San Domenico a quella del Carmine. Campane e musica segnano poi il tempo della gioia. Ad Alghero le pratiche devozionali sono di ispirazione catalana con i frati (jermand blanc) che portano un antico crocifisso spagnolo. Firenze celebra invece la gioia con lo scoppio del carro. A Ceriana (Imperia) sfilano cortei di flagellanti mente a Verona si torna alla messa in latino con i canti gregoriani. LA SIMBOLOGIA DEL CIBO Nelle case, finita la Quaresima penitenziale, si benedicono uova e dolci e si consuma l'agnello simbolo del corpo innocente del Gesu Crocifisso. Nei riti della Pasqua, celebrazione della vita, il momento religioso e il momento naturale, la liturgia e il cibo si saldano. Esso diventa l'alimento della vita che non muore, entrando attraverso la benedizione nella dimensione trascendente del concetto di vita. E' il patrimonio religioso della tradizione ebraica Questa simbologia del cibo, legata prima ai riti pagani e poi a quelli religiosi, ha trovato in tutti i popoli un forte elemento di comunicazione. Il pane, simbolo di nutrimento spirituale, ricordo della manna, si arricchisce e diventa focaccia, pizza, colomba. Sempre arricchiti dall'uovo, primo simbolo di vita, diventa agnello dolce di Favara, ciaramicola di Marsciano, fugazza vicentina, pezzettidda pugliese e mille altre preparazioni. Le pizze dolci o salate, accompagnate da salumi, vengono consumate a metà mattina, al ritorno dalla Messa.

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89 I CIBI DELLA TRADIZIONE PASQUALE IN ITALIA La Torta pasqualina, con uova e verdure, aveva all'origine 33 strati di sfoglia uno per ogni anni di vita di Cristo e agnelli e capretti sono cucinati in mille modi. Immancabile la pastiera napoletana a base di ricotta e di grano cotto. Ancora l'uovo entra nella parte dolce del pranzo pasquale insieme alla colomba, simbolo della pace universale. Ma questo dolce ha perso la sua semplicità: ce ne sono alle mandorle, ai pistacchi, al cioccolato, con o senza canditi, senza limiti alla fantasia dei pasticcieri. C'è anche chi la colomba se la fa in casa, magari sulla classica ricetta del Talismano della felicità di Ada Boni. Qualunque sia il risultato, avrà un'accoglienza speciale. Si stappano anche buone bottiglie per brindare a questa festa all'insegna dell'allegria e della convivialità. Ma ogni anno c'è chi si ribella alla strage degli agnelli, e sul web si moltiplicano appelli di animalisti e vegetariani. "Non si può festeggiare la vita, la Resurrezione dicono- con la strage degli innocenti". Appelli inascoltati, se a Pasqua ne consumiamo 3 milioni. I più sensibili sono i bambini, freschi di Walt Disney, il genio che ha fatto parlare gli animali. Appello a parte, la tradizione gastronomica pasquale è l'ideale per i vegetariani, che hanno a disposizione tante verdure con il ritorno della primavera. Scelta condivisa dai vegani, anche se più integralisti nei confronti degli animali e dei loro prodotti.•

Foto di Giuseppe Garbarino

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Kaleidoscope

a cura di Pamela McCourt Francescone

CITY of DREAMS

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SPECIALE FILIPPINE

C

ity of Dreams Manila, un giardino delle delizie per

nell'ambiente custom-made dell'Hotel Nobu. The

gli appassionati del lusso, della gastronomia

Tasting Room nel Crown Towers è un teatro dell'haute

d'eccellenza, dell'intrattenimento e del gioco.

cuisine europea, e a fianco si trova il Crystal Dragon, un

Architetture rigorose, tradite da una profusione di super-

elegante ristorante cinese. The Café nel Hyatt è aperto 24

fici dorate, e sullo sfondo una cupola dalle rotondità

ore su 24 e offre il meglio della cucina internazionale

rinascimentali, che di notte risplende di luce e di promes-

dalla pasta a una varietà infinta di secondi e dalla pastic-

se. Per il dolce dormire c'è la scelta tra tre alberghi:

ceria più sfiziosa a degli ottimi vini e birre. Il Casinò è un

l'Hotel Nobu, il Crown Towers e il Hyatt, per il relax all'aria

nuovissimo tempio dei giochi da tavola, aperto ininter-

aperta tre piscine e giardini curati, e per le cure più perso-

rottamente e con sale pubbliche e privé. Mentre per i più

nalizzate la Spa dove concedersi momenti di rilassamen-

piccini c'è la gioia di divertirsi con i personaggi più amati

to e serenità. I gourmet si delizieranno nel trovare sotto

dei cartoni animati a Dreamplay, il primo centro interatti-

lo stesso tetto ristoranti di altissimo livello e altri più alla

vo d'intrattenimento per famiglie, un fiabesco mondo di

portata di tutti: dalla raffinatissima cucina giapponese-

giochi e avventure.•

peruviana dello Chef Nobu Matsuhisa, che si inserisce

pmf www.cityofdreams.com.ph

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Kaleidoscope

a cura di Pamela McCourt Francescone

EL NIDO RESORTS Quando il paradiso è blu

S

ull'isola di Palawan, a circa 6 ore di macchina dalla capitale Puerto Princesa e a un'ora di volo da Manila, si cela sotto alte falesie la cittadina sorridente e

spensierata di El Nido che si estende sulla splendida Baia di Bacuit. Tanti gli allegri ristorantini, bar e pensioni lungo la spiaggia di sabbia finissima da dove, sulle tipiche outrigger a bilanciere, è facile raggiungere le isole del gruppo El Nido: Pangulasian, Apulit, Miniloc e Lagen. Dotati di bungalow sulla spiaggia, su palafitte e ville con piscine private, in questi resort il lusso soft e sostenibile si inserisce rispettosamente nello straordinario ecosistema che li circonda. Un eden per gli amanti delle immersioni e dello snorkeling. Ma anche per chi vuole rigenerarsi in un paradiso terrestre lontano da tutto e da tutti, cullati dal fruscio delle palme e da mille sfumature di blu.• pmf - www.elnidoresorts.com

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Kaleidoscope

a cura di Pamela McCourt Francescone

GALLERIA DUEMILA UN RIFUGIO D'ARTE CONTEMPORANEA

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ietro un originalissimo cancello di panelli bianchi frammentati, su una tranquilla strada alberata nel cuore del popolare quartiere di Pasay City

a Manila, si trova la Galleria Duemila. Questo centro d'eccellenza dell'arte contemporanea che batte con un cuore italiano ed è la galleria più vecchia della città essendo stata aperta nel 1975 da Silvana Ancellotti-Diaz. Ogni mese Silvana ospita nelle sue luminose sale dai soffitti altissimi e dalle forme irregolari, mostre di quadri, sculture, installazioni e opere di maestri filippini e internazionali. “Ospitiamo grandi mostre retrospettive, e molte delle opere che entrano nella Galleria sono di dimensioni macro. Lavoriamo con collezionisti privati ma anche con aziende, istituzioni e musei in Australia, Europa e negli Stati Uniti, e le opere degli artisti che noi rappresentiamo si trovano in musei, centri culturali e grandi alberghi in molte città in Asia•

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Kaleidoscope

a cura di Pamela McCourt Francescone

Nobu Hotel Manila N

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el Nobu Hotel, inserito nella cornice lussuosa e

moquette ispirate ai tradizionali tatami giapponesi, sono

dorata del City of Dreams Manila, l'uso sapiente

in forte contrasto con i bagni ultra-contemporanei dota-

e discreto di colori, arredi e accessori è ispirato

ti di lavandini a forma di pozza profonda e servizi igienici

all'arte e alle tradizioni giapponesi. Ma questo è un Giap-

riscaldati e con coperchi dall'apertura automatica. Nel

pone che parla il linguaggio del comfort contempora-

centro del complesso - attorniati dagli edifici dalle vetra-

neo, di un estetica minimalista di estrema finezza, e di

te dorate che ospitano alberghi, un centro commerciale,

livelli d'alta gastronomia firmati da uno dei più grandi

ristoranti e due discoteche - i giardini curati e una grande

maestri dell'arte culinaria del 21° secolo: lo chef pluri-

piscina invitano all'ozio che si estende al centro fitness e

premiato Nobu Matsuhisa. Sono 321 le camere ubicate

alla Spa. Ma il vero cuore del Nobu Hotel è il ristorante,

nelle due ali che fiancheggiano il City of Dreams Casino,

dove viene anche servita la prima colazione, e che di sera

aperto 24 ore su 24 e con sale pubbliche e privé. Di forte

diventa una Mecca dell'arte culinaria con luci soffuse e

impatto le Camere Executive con impetuose pennellate

alcove intime che plasmano un allestimento scenico di

calligrafiche sulle pareti e sulla moquette. Nelle 21 Nobu

grande ricercatezza: il teatro dove la creatività e l'estro

Suite, con spaziose zone giorno e notte, i grandi panelli

dell'innovativa cucina giapponese-peruviana di Chef

con fiori di ciliegio in delicate tonalità di rosa, e le

Nobu supera i dettami tradizionali dell'haute cuisine.


97 Come nell’Omekase, “dal cuore dello chef,” otto por-

Spagna al cioccolato, mandorle e noci con mousse di

tate cadenzate nell'arco di quasi tre ore, ognuna illu-

cioccolato bianco e glassato di fondant. Une pièce

strata con passione e competenza dallo staff. E, a

de théâtre dai sapori soavi e seducenti, e il sipario

sorpresa, il piatto d'autore che arriva come apoteosi

scende su un'esperienza gastronomica appassio-

ai magnifici antipasti e secondi: Il Tiramisu di pan di

nante e incancellabile.•

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Kaleidoscope

a cura di Pamela McCourt Francescone

THE MANILA HOTEL Eleganza leggendaria

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la Grande Dame di Manila, e porta meravigliosa-

niale le camere nel palazzo originale e nella torre con

mente i suoi 104 anni, fiera del suo retaggio e dei

viste sul por to, sulla piscina e su Intramuros,

tanti VIP che hanno varcato la soglia del suo magni-

l'insediamento costruito dagli Spagnoli nel 1500. Straor-

fico atrio, da sempre un palcoscenico scintillante di mon-

dinari i ristoranti: dal fine dining nella Champagne Room

danità ed eleganza. Personaggi come il Generale

con tavoli raffinati all'ombra di palme di cristallo, alla

MacArthur che è stato di casa qui durante gli anni in cui le

cucina cantonese del Mabuhay Palace tappezzata con

Filippine erano territorio americano, Helen Keller la pala-

splendidi panelli di giada e pietre preziose, al Cafe Ilang

dina dei non-vedenti, e l'ex first lady Imelda Marcos che

Ilang dove una schiera di chef in cucine aperte deliziano i

ha lasciato nel ristorante The Champagne Room – e non

commensali con specialità asiatiche, italiane, indiane,

solo – l'impronta del suo stile stravagante. In stile colo-

halal e internazionali.•


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Foto copertina: Niger di Anna Alberghina

Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com www.emotionsmagazine.com Progetto Grafico, impaginazione e creazione logo Emotions Ilenia Cairo icairo@emotionsmagazine.com Collaboratori Anna Alberghina, Anna Maria Arnesano, Giulio Badini, Luisa Chiumenti, Giuseppe Garbarino, Niccolò Garbarino Pamela McCourt Francescone, Mariella Morosi, Annarosa Toso Traduzione testi Pamela McCourt Francescone Responsabile Marketing e Comunicazione Mirella Sborgia msborgia@emotionsmagazine.com Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 - 00198 Roma Tel. e fax 068417855

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 - N° 310/2011 Copyright © - Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Casa Editrice che ne detiene i diritti.


arte

n

La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria. Karl Kraus

www.studioarteon.com - info@studioarteon.com



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