EMOTIONS MAGAZINE - AGOSTO-SETTEMBRE 2020 - ANNO 10 N 42

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Cinecitta’ World verso il parco del futuro! Cinecittà World presenta il suo nuovo Piano di sviluppo che prevede il completamento del Parco del Cinema e della TV, l’apertura di 2 nuovi Parchi a Tema nei prossimi 3 anni ed una nuova esperienza digitale che arricchirà il divertimento degli ospiti. «Le grandi crisi, come questa del Covid-19, possono e devono essere occasioni in cui rompere gli schemi, innovare e migliorare l’esperienza dell’ospite» dichiara l’Amministratore Delegato, Stefano Cigarini, «A Cinecittà World abbiamo sviluppato una piattaforma tecnologica con cui il tuo cellulare diventa il telecomando della tua giornata al parco». Regole Post Covid e distanziamento sociale si trasformano in esperienze digitali per gli ospiti: il parco diventa contactless. Da www.cinecittaworld.it puoi comprare i biglietti, ordinare il pranzo e fartelo servire dove e quando vuoi, saltare le code alle attrazioni, organizzare una festa di compleanno…tutto dal telefono senza contatti inutili con lo staff. In questi tre anni Cinecittà World ha ridisegnato totalmente il parco divertimenti, che oggi conta, su oltre 30 ettari: 40 attrazioni, 7 aree a tema e 6 spettacoli live al giorno. «Una crescita (+360% in 3 anni) che ha ci consentito con 400mila presenze, di diventare il 1° parco di Roma, e col bilancio 2019 in attivo, di passare da 30° a 4° Parco in Italia» ha aggiunto l’AD Cigarini «E la vocazione digitale del parco è nelle16 attrazioni interattive (Media Based) e nel 70% di acquisti online su una media italiana intorno al 30%» Grazie e questi risultati, da oggi si apre una nuova fase: In 3 anni Cinecittà World aprirà 2 nuovi parchi, 2 mondi a tema (World) per arricchire l’offerta rivolta ad un pubblico che ricerca esperienze uniche nel tempo libero e nel divertimento. Il primo parco è Roma World (www.romaworld.com), con apertura prevista dal 10 Luglio. Sarà il primo nuovo progetto turistico nell’Italia post Corona Virus e promette di riportare gli ospiti indietro nel tempo…a vivere un giorno da antico romano! Nel parco l’ospite può ritrovare il vero contatto con la natura: vestire, mangiare e dormire come gli antichi Romani, diventare Gladiatore per un giorno, fare shopping tra le bancarelle dell’antico mercato, stabilire un rapporto speciale con gli animali della fattoria, ammirare il volo dell’aquila e di altri spettacolari rapaci, correre sulle Bighe di Ben Hur, immergersi nel bosco e dormire nell’accampamento… lì dove tutto ebbe inizio! Il secondo progetto si chiamerà Aqua World, e sarà il nuovo Parco Acquatico di Cinecittà World (www.aquaworld.it). Accanto all’attuale piscina cinematografica Cinepiscina, aprirà il fiume lento Paradiso: lungo e rilassante corso d’acqua cristallina dove lasciarsi cullare a bordo di comodi gommoncini. Grazie ad un accordo con l’Ente del turismo Thailandese: Natura e scenari da favola prenderanno vita nella spiaggia Phuket Beach. Un oasi di relax acquatico, per godersi la natura, i bagni e il sole. Una vacanza...a due passi da Roma! Tra le novità di quest’anno: il nuovo Regno del Ghiaccio, Playground con 4 attrazioni sulla neve, diventa ad ingresso gratuito. Per scendere su una pista da bob, giocare sulla neve o pattinare, insomma godersi una vacanza in montagna…senza lasciare Roma! Nuovo percorso nel parco e nuova location per 4 attrazioni rimodulate: Tazze e Saltarello nell’Area Roma, mentre Torre di Controllo e Bici Volanti si spostano a Spaceland. Cresce l’Horror House, con 3 nuove sale, dedicate a Saw e all’ambiguo Hannibal Lecter. Menzione speciale per Volarium, 1° e unico Cinema Volante in Italia, premiato migliore Attrazione dell’anno agli Oscar dei Parchi Divertimento, i Parksmania Awards. Confermati i punti forti storici come Altair, la montagna russa con 10 inversioni, il coaster indoor Inferno, Aktium, la montagna russa acquatica, l’Immersive tunnel Jurassic War – La battaglia dei Dinosauri, la torre di caduta Indiana Adventure, la realtà virtuale di Assassin’s Creed, il cinema interattivo in 6D In-Cubo, il mega playground per bambini Giocarena, celebrato nel programma televisivo Eurogames di Canale 5. Attenzione alla natura e rispetto degli animali sono alla base dell’idea di Cinecittà World: un Parco Eco, grazie alla piantumazione di oltre 2.000 alberi, al riciclo interno delle acque, all’utilizzo di piatti e bicchieri organici (in polpa di cellulosa), all'eliminazione di cannucce e coperchi di plastica, ai laboratori sul riciclo per le scuole (in collaborazione con Corepla) e all’Ecoticket che permette di entrare al parco pagando con bottiglie di plastica usate, infine un parco che da anni ha aperto le porte agli animali domestici. IL PARCO È COLLEGATO A ROMA (METRO EUR PALASPORT) DA UN SERVIZIO GIORNALIERO DI BUS NAVETTA. INFO COMPLETE, BIGLIETTI E SERVIZI SU: WWW.CINECITTAWORLD.IT e WWW.ROMAWORLD.COM




SOMMARIO AGOSTO | SETTEMBRE 2020 www.emotionsmagazine.com

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NUOVA CALEDONIA UNA CARTOLINA DAI MARI DEL SUD

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SOMMARIO

SAN PIETROBURGO-PECHINO SPLENDORI IMPERIALI

ITALIA

SICILIA: DA AUGUSTA A SIRACUSA Un itinerario insolito fra Architettura e Natura BHUTAN photo by Anna Alberghina

Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com Ideazione logo Ilenia Cairo

NUOVA CALEDONIA LOYALTY ISLAND

ITALIA

LE CASE DI TERRA DI VILLA FICANA Ecomuseo nell’omonimo Borgo marchigiano

Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com

Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumenti Katherine Marotta Pamela McCourt Francescone Mauro Parmesani

redazione@emotionsmagazine.com

Fotografi Anna Alberghina Teresa Carrubba Katherine Marotta Mauro Parmesani

HIMALAYA

IL BHUTAN: L’ULTIMO REGNO HIMALAYANO

KALEIDOSCOPE

PINO AL MARE, GIOIELLO GOURMAND DI PESCE SUL LITORALE ROMANO

Pubblicazione Rivista Online DMXLAB Srl Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 -00185 Roma Tel e Fax 068417855

ITALIA

IL CILENTO DI TERRA E DI MARE

Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com

LIBRIEMOTIONS

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Case Editrice che ne detiene i diritti.



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Emotions non perde la tradizione di raccontare il “grande viaggio”, quello dell’avventura, dell’antropologia e della Natura Assoluta. Ma c’è da dire che la ripresa del turismo, dopo ciò che abbiamo tristemente vissuto, debba ricominciare anche dall’Italia. E non è un accontentarsi, ovviamente. Il nostro Bel Paese è sempre stato meta di visitatori da tutto il mondo, è giunto il momento che anche gli italiani la esplorino in lungo e in largo. Fermo restando che, com’è nello stile editoriale di Emotions, i nostri giornalisti propongono luoghi inconsueti o inconsueti modi di vivere i luoghi. Villa Ficana, ad esempio, in provincia di Macerata, è un borgo unico, recuperato fino a renderlo Ecomuseo, per via delle case fatte di terra e paglia. Poi la Sicilia, in un inedito percorso per amanti dell’archeologia e della natura, da Augusta, in qualche modo culla della Magna Grecia, lungo insospettabili cespugli di papiri fino a ricongiungersi con quelli della splendida Fonte Aretusa a Siracusa. Che dire

Il Ponticello dei 17 Archi nel Palazzo d’Estate, Pechino

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TERESA CARRUBBA

EDITORE, DIRETTORE RESPONSABILE

poi del fascino tutto italiano del Cilento che esercita attrattive così diverse, dal tempio di Paestum, ai borghi antichi, alle grotte stupefacenti di Palinuro? Senza tralasciare, come si diceva, il viaggio in altre terre come il Bhutan tra le vette innevate dell’Himalaya e “monasteri abbarbicati su picchi avvolti nelle nebbie”. O la Natura esplosiva di isole come Ouvea, nelle Loyalty Island in Nuova Caledonia, dove “l’acqua assume ogni sfumatura del turchese e ci si sente davvero vicino al grande progetto divino della creazione”. Last but not least, un avvincente paragone tra le opulente residenze estive di due grandi Donne, l’imperatrice Caterina I di Russia e Cixi, l’ultima imperatrice della Cina.

tcarrubba@emotionsmagazine.com

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SPLENDO testo di PAMELA McCOURT FRANCESCONE

SFARZOSE RESIDENZE ESTIVE DI DONNE AL POTERE: DALLE IMPERATRICI DELLA RUSSIA ALL’ULTIMA DONNA A R

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ORI IMPERIALI

RU SSIA | CINA

REGNARE SULLA CINA

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SPLENDORI IMPERIALI SFARZO RAFFINATO E INNOVAZIONI

Quando, la mattina del 30 luglio del 1756, si spalancarono i cancelli della tenuta imperiale di Tsarskoe Selo, l’architetto italiano Francesco Bartolomeo Rastrelli aspettava, non senza una certa trepidazione, l’arrivo di Caterina II, Tzarina di tutte le Russie e della sua corte, partiti di buon’ora in treno e in carrozza dalla capitale San Pietroburgo. Architetto di corte dal 1730 sotto le imperatrici Caterina l ed Elisabetta, moglie e figlia di Pietro il Grande, Rastrelli era stato chiamato da Pietro per realizzare la residenza ufficiale degli tzar, il magnifico Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo. Ora, per la ristrutturazione del palazzo di Tsarskoe Selo l’illustre architetto si era trovato nuovamente messo alla prova. Caterina, amante dell’arte neoclassica e che mal sopportava le stravaganze e l’eccesso di ori lasciati dalla zia Elisabetta, aveva rimproverato Rastrelli per il suo stile “panna montata” e per compiacere la sovrana Rastrelli si era ispirato alla reggia di Versailles.

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Non più il palazzo estivo originale assai semplice del 1717 voluto dall’imperatrice Caterina I o quello Rococò grondante ori di Elisabetta. Per Caterina, Rastrelli ideò una magnifica facciata colore azzurro lunga 325 metri, bianche colonne, figure di Atlante e statue classiche. E quella mattina di luglio l’Imperatrice e la corte applaudirono a lungo lo sfarzo raffinato e le innovazioni architettoniche del geniale architetto italiano. Come l’impianto interno con un enfilade di stanze comunicanti – tutte magnificamente decorate – che si susseguono lungo un unico asse per tutta la lunghezza della facciata, iniziando dalla splendida sala usata per ricevimenti e balli in maschera su mille metri quadrati che occupa l’intera profondità del palazzo con, sul soffietto un magnifico affresco, il Trionfo della Russia. L’enfilade termina con la famosa Camera d’Ambra. Rivestita con 100mila pezzi d’ambra regalati dal Re di Prussia a Pietro il Grande, è una testimonianza della maestria degli artigiani, molti chiamati dall’Italia, che vi hanno lavorato. Si dice che quando fu illuminata da centinaia di candele “sembrava di essere immersi nell’oro”.


RUSSIA

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Intorno al palazzo si estende un magnifico parco su 600 ettari con uno dei primi esemplari di giardini all'inglese in Russia

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RUSSIA

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SPLENDORI IMPERIALI

FU APERTO AL PUBBLICO NEL 1959

Intorno al palazzo si estende un magnifico parco su 600 ettari con uno dei primi esemplari di giardini all'inglese in Russia, laghi, monumenti e l'Ermitage, il padiglione barocco del Rastrelli, prediletto dalla famiglia imperiale per le feste di corte più intime. Distrutto durante la Seconda Guerra

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Mondiale, dopo accurati restauri per riportarlo al suo splendore originale il Palazzo di Caterina fu riaperto al pubblico nel 1959, e nel 2003 toccò alla Camera d’Ambra. Una copia fedele dell’originale, rivestita di nuovi pannelli della preziosa resina in sostituzione di quelli rubati dai nazisti durante l’assedio di Leningrado – come si chiamava allora San Pietroburgo - e mai ritrovati, che oggi avrebbero un valore di 300 milioni di euro.


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CINA

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SPLENDORI IMPERIALI

Solo sei anni prima di quel giorno a Tsarskoe Selo che trovò il Rastrelli ad accogliere l’imperatrice russa nella sua residenza estiva, nei pressi di Beijing l’imperatore Ming Qianglong diede inizio ai lavori per il suo palazzo estivo, Il Yiheyuan sul Lago Kunming. Ma l’inquilino più illustre del “Giardino della Coltivazione dell’Armonia”, è stato Cixi, una donna straordinaria e controversa, conosciuta come l’Imperatrice Vedova. Dal 1861, prima come reggente del figlio e poi del nipote, Cixi ha regnato con supremazia assoluta per quarantasette anni sul Celeste

GIARDINO DELLA COLTIVAZIONE DELL’ARMONIA

Impero fino alla sua morte nel 1908. Arrivata giovanissima nella Città Proibita come semplice concubina, Cixi ha detto di sé «ho pensato spesso di essere la donna più intelligente che sia mai esistita, 400 milioni di persone dipendono dal mio giudizio». Ambiziosa, autoritaria e illuminata ha abolito la tradizione della fasciatura dei piedi femminili, e voleva trasformare la Cina in una monarchia costituzionale e modernizzare il Paese con riforme ispirate all’Occidente. Minuta ma appariscente indossava abiti sontuosi e, anche se alle vedove non era concesso di truccarsi, Cixi usava la cipria, il rossetto e l’ombretto sugli occhi e nella borsetta portava sempre con sé uno specchietto tempestato di pietre preziose.

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CINA un capolavoro di progettazione del verde. Il paesaggio naturale con colline e acqua, insieme a strutture artificiali come padiglioni, sale, palazzi, templi e ponti, formano un armonioso insieme di eccezionale valore estetico

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C INA

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SPLENDORI IMPERIALI

Amava molto il teatro, dedicando in tutte le sue residenze spazi per le rappresentazioni teatrali ed è grazie a lei se l’Opera di Pechino, il Jingju, è entrata a fare parte del Patrimonio culturale cinese. Nel 1988, un secolo dopo l’arrivo di Cixi nel Yiheyuan il complesso, abbandonato in seguito alla caduta dell’impero cinese, è stato ricostruito, diventando Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO che lo descrive come «un capolavoro di progettazione del verde. Il paesaggio naturale con colline e acqua, insieme a strutture artificiali come padiglioni, sale, palazzi, templi e ponti, formano un armonioso insieme di eccezionale valore estetico». Rifugio prediletto dell’imperatrice che ivi trasferiva la sua corte al riparo del caldo estivo di Beijing, Cixi usava prolungare il suo soggiorno fino a novembre per festeggiare il suo compleanno nella tranquillità del Palazzo d’Estate. Fra gli scorci più suggestivi la Collina della Longevità, con in cima un Tempio Buddhista, dal quale si gode una stupenda visuale del parco, la Nave di Marmo sulla sponda del lago e il Lungo Corridoio. Sul bordo del lago e lungo 728 metri serviva come protezione contro il sole e la pioggia, e i portici di legno dipinti a mano raffigurano leggende, paesaggi e simboli come il pipistrello che è il simbolo della felicità mentre, riflesso nell’acqua, gli archi dei ponti hanno la forma di cerchio, simbolo della luna e di perfezione.

È DIVENTATO PATRIMONIO DELL’UNESCO

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NUOVA CA

CARTOLINA DAI

testo e foto di MAURO PARMESANI

L’ULTIMA VIRATA SUL TURCHESE INTENSO DELLA LAGUNA, ACCOLTI DALLE INCONFONDIBILI SAGOME DI UN GRUPPO DI MANTE, ED ECCOCI DOLCEMENTE ADAGIATI SULLA PISTA ASFALTATA CHE TAGLIA IN DUE LA VEGETAZIONE DI OUVEA, L’ISOLA CARTOLINA DEI MARI DEL SUD. 25 KM DI SABBIA BIANCHISSIMA BAGNATA DA UNA LAGUNA IMMACOLATA DI 132 KMQ CHE FA PARTE, DAL 2008, ASSIEME A QUELLA DI GRANDE TERRE, DEL PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO. 24

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ALEDON IA

LIFOU - POINT DAUSSY

I MARI DEL SUD

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ISOLA DEI PINI OUVEA


ISOLA DEI PINI

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Ad accoglierci ci sono Eugenie ed Estelle sono loro ad accompagnarci in questo lembo di paradiso. «La marea sta scendendo, è il momento ideale per arrampicarsi sulla scogliera, dai… non sonnecchiare», Estelle non ammette repliche e, lasciate le valige in macchina (rubare è una parola sconosciuta in queste isole), siamo già con l’acqua alle ginocchia, al cospetto delle Falesie di Lékiny, riserva coutumiére del clan omonimo, che in Felix ha il guardiano attento e divertito dei pochi turisti che si spingono sulle antiche rocce madreporiche. Una scaletta in legno traballante e siamo sul camminatoio naturale dalla forma convessa, lunga oltre 300 metri formatasi dall’erosione marina, quando la scogliera era l’antica corona di Recife, prima che l’isola si innalzasse allo stato attuale. La percorriamo completamente sino alla grotta in cui gli abitanti della tribù si rifugiarono per due giorni, per scampare a un violentissimo uragano. Era il 1953 e, per celebrare la mancata disgrazia, il clan vi costruì una chiesetta con tanto di altare, dove lo stesso Felix ha celebrato la sua prima comunione. Nella vicina pass di Mouli, l’acqua assume ogni sfumatura del turchese e ci si sente davvero vicino al grande progetto divino della creazione, specialmente se si cammina lungo il ponte che unisce l’isola principale alla piccola isola di Mouli. Sabbia

CI SI SENTE DAVVERO VICINI ALLA CREAZIONE

bianca e acqua cristallina sono la costante di Ouvea come delle altre Loyalty Island. Lifou con i suoi 1150 kmq è la più grande. Il suo interno è un insieme di caverne e foresta lussureggiante che ha preso il posto dell’antica laguna. La costa è una continua alternanza di falesie rocciose e belle spiagge come Pointe Daussy e Luengoni. L’isola è importante per la produzione di vaniglia, coltivata in modo interamente naturale da piccoli produttori kanak, è possibile visitare le piantagioni, specialmente tra la zona di Jozip e Mu. Il punto più spettacolare sono le alte falesie di roccia porosa di Jokin ricoperte da una esuberante vegetazione, in cui svettano, gli alti pini Araucaria columnaris endemici della Nuova Caledonia. A Maré il contatto con il vivere Kanak è ancora più intenso, specialmente se si decide di soggiornare nelle piccole strutture a conduzione famigliare messe a disposizione dalle tribù. Anche se non fa parte delle Loyalty, non si può tralasciare l’Isola dei Pini, un piccolo gioiello a meno di mezz’ora d’aereo da Noumea. L’isola era una colonia penale francese che ospitava 30mila carcerati fra cui, oltre 7mila insorti della Comune di Parigi e 200 algerini della rivolta in Kabylia. Oggi, è il fiore all’occhiello della Nuova Caledonia, con le sue lunghe spiagge incastonate tra le baie di Kanuméra e Kuto, i simboli totemici dei clan isolani della spiaggia di St.Maurice e la piscina naturale della Baia d’Oro dove il bianco accecante della sabbia si confonde con l’azzurro dell’acqua e il verde degli alti pini araucaria che, come sentinelle, ne contornano perennemente il perimetro. EMOTIONS

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non si può tralasciare l’Isola dei Pini, un piccolo gioiello a meno di mezz’ora d’aereo da Noumea con le sue lunghe spiagge incastonate tra le baie di Kanuméra e Kuto, i simboli totemici dei clan isolani della spiaggia di St.Maurice

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ISOLA DEI PINI - ST. MAURICE


LIFOU - POINT DAUSSY

OUVEA


OUVEA - POINT DE MOULI

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LOYALTY ISLAND

Ouvea, Lifou, Marè e Tiga formano l’Arcipelago della Lealtà, situate a circa 100 km da Grande Terre rappresentano un baluardo della cultura e della civiltà Kanak. Infatti, tradizioni ed usanze sono rimaste intatte, perfettamente inserite nel fascino e nella bellezza di questi atolli lontani dal vivere moderno. In queste isole, melanesiani e polinesiani da oltre 3mila anni si sono fusi creando una società gerarchizzata che vede nell’appartenenza al proprio clan il fondamento del vivere sociale. Ogni il clan ha le proprie leggende, totem e capo clan. I clan formano delle tribù ognuna delle quali con un capo tribù che ha il compito di gestire e vegliare sulle tradizioni “Coutumiére”. Le isole sono un concentrato di spiagge bianchissime, scogliere a picco, foreste, grotte e lagune immacolate. Ogni isola possiede aspetti che la caratterizzano: Ouvea per la laguna e le spiagge, Lifou per le immense baie, Maré per il vivere rilassato.

NUOVA CALEDONIA

La Nuova Caledonia si trova nell’Oceano Pacifico, a circa tre ore di volo dalla costa australiana. E’ costituita dall’isola principale di Grande Terre, dall’isola dei Pini, dall’arcipelago delle Loyalty Island e da altre isolette situate a nord. La Nuova Caledonia con una superficie di 19.458 kmq, è la terza isola più grande del Pacifico, dopo la Nuova Zelanda e la Nuova Guinea. E’ attraversata dalla catena montuosa Chaine Central che divide nettamente in due l’ambiente naturale. La costa occidentale, con estese praterie in cui abbondano gli allevamenti di mucche e cavalli. La costa orientale, più selvaggia e primitiva, con un’esuberante vegetazione tropicale. L’arcipelago appartiene alla Francia ed ha uno statuto speciale. La popolazione è composta dai nativi Kanak di origine melanesiana, che rappresentano circa il 48%, vi sono poi i Caldoches discendenti dagli antichi deportati francesi. Infine, europei, vietnamiti, polinesiani ed indonesiani.

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ISOLA DEI PINI - LE MERIDIEN


OUVEA

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BHUTAN l’ultimo regno himalayano testo e foto di ANNA ALBERGHINA

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HIM ALAYA

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BHUTAN l’ultimo regno himalayano

VERDI VALLATE FITTE FORESTE E VETTE INNEVATE

Come balzare dal Medioevo al 21esimo secolo senza perdere la propria anima? Questo è il miracolo bhutanese. Per più di mille anni questo Paese, non più grande della Svizzera, incastrato fra due giganti: Cina e India, è sopravvissuto in uno splendido isolamento e solo oggi si sta lentamente aprendo alla modernità. Drukyul, la terra del drago tonante è rimasto tagliato fuori dal mondo esterno sia a causa della posizione geografica, nel cuore dell’Himalaya, che di una deliberata politica dei suoi governanti. Il Paese non ha avuto strade, elettricità, automobili, telefoni e servizio postale fino agli anni ‘60. I primi turisti sono arrivati nel 1974 e tuttora, sia che si viaggi in gruppo che individualmente, si è sempre rigorosamente scortati dalla propria guida. Nel 1999 si sono viste le prime televisioni, nel 2000 è stato aperto nella capitale il primo Internet Café ma già oggi il numero dei telefoni cellulari sembra avvicinarsi alle percentuali occidentali. I Bhutanesi, che sostengono di aver accettato le elezioni solo per ordine del re, sono oggi governati dal loro quinto sovrano, il giovane Dasho Jigme Kesar Namgyal Wangchuck, che considera la “felicità nazionale lorda” (Gross National Happiness) più importante del PIL. Questo indicatore si basa su quattro pilastri: uno sviluppo socio economico equo e sostenibile, la conservazione del territorio, il 70%, infatti, è coperto da foreste, la difesa e la promozione della cultura che si traduce nell’obbligo per legge di indossare gli abiti tradizionali: il “gho”, una corta vestaglia che sembra un kimono, per gli uomini e la “kira”, un telo ricamato sormontato da una camicia in seta, per le donne ed infine, più importante di ogni altro, il buon governo! Un viaggio in Bhutan è indicato per chi desideri ammirare panorami di grande fascino che ricordano le raffigurazioni delle stampe antiche ove si alternano verdi vallate, fitte foreste e vette innevate. Questa terra di miti e leggende, punteggiata da monasteri abbarbicati su picchi avvolti nelle nebbie, è riuscita a preservare dalle influenze straniere la sua cultura feudale e le sue singolari tradizioni: grazie alla severa politica di regolamentazione del turismo ed alla carissima tassa di soggiorno, solo poche migliaia di turisti all’anno entrano nel paese. 36

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monastero di Taktsang


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la danza dei cappelli neri al festival di Punakha

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BHUTAN

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monaco al monastero di Punakha

i ricami degli abiti femminili

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BHUTAN

la danza della morte al festival di Punakha

Ma oltre alle bellezze naturalistiche, il maggior richiamo per gli stranieri sono gli Tsechu ovvero i festival religiosi che si tengono ogni anno, secondo il calendario buddista, a Punakha verso febbraio-marzo, a Paro in primavera e a Thimpu in autunno. Sono eventi spirituali attraverso cui guadagnarsi meriti per le vite successive ed esorcizzare gli spiriti del male. La maggior parte delle danze religiose risalgono a prima del Medioevo e possono parteciparvi attivamente solo i monaci e gli anziani. La popolazione, vestita degli abiti migliori, vi assiste in massa, sgranando gli occhi, con stupore e meraviglia sempre nuovi. Il Bhutan è l’unico paese al mondo ad aver mantenuto come religione ufficiale il Buddismo Mahayana nella sua forma Tantrica Vairayana. E’ simile al buddismo tibetano ma conserva un insieme di credenze e pratiche uniche. Fu introdotto nell’8° secolo dal grande Guru Rinpoche che arrivò nel Monastero di Taktshang a bordo di una tigre volante! Pur richiamando visitatori da tutto il mondo, gli Tsechu non sono un’attrazione turistica ma cerimonie religiose durante le quali i monaci, rivestiti di coloratissimi costumi e splendide

VOLTEGGIANO COME TROTTOLE MULTICOLORI

maschere, si esibiscono in danze rituali fino a raggiungere uno stato di rapimento estatico. Volteggiando come trottole multicolori, accompagnati dal ritmo ripetitivo della musica sacra, mettono in scena uno spettacolo straordinario e diventano i protagonisti dei racconti mitologici che nutrono la fantasia del popolo bhutanese. Il cammino verso l’illuminazione è impervio per i monaci che meditano in solitudine negli eremi arroccati sulle montagne e queste sono per loro le uniche occasioni di divertimento ma non lasciano indifferente neanche l’occidentale più cinico! Assisto allo Tsechu di Punakha con occhi nuovi e la meravigliosa sensazione di essere stata proiettata da un incantesimo in un mondo scomparso! Peculiare questo Paese dove tutto sembra venire dal passato, la vendita del tabacco e la macellazione degli animali sono vietate, giganteschi falli campeggiano sulle facciate delle case e non si vedono semafori nemmeno nella capitale! Sarà capace di conciliare il progresso con le antiche tradizioni, i computer con le ruote di preghiera? Il contatto con il consumismo occidentale, seppur filtrato da un sovrano illuminato, farà crollare i valori e le certezze di un popolo pervaso di spiritualità e misticismo? Lo sapremo presto, ma intanto continuiamo a sperare che il sogno bhutanese diventi realtà.

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gli “Tsechu� ovvero i festival religiosi si tengono ogni anno Sono eventi spirituali attraverso cui guadagnarsi meriti per le vite successive ed esorcizzare gli spiriti del male

maschere al festival di Punakha EMOTIONS

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CILENTO DI TERRA E DI MARE testo di TERESA CARRUBBA

Dai solenni templi di Paestum fino al golfo di Policastro, in un susseguirsi di torri costiere e di litorali verdissimi

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MARE, BORGHI, CASTELLI, TORRI E ARTIGIANATO

Il vero Cilento, il Cilento storico, comincia a Paestum, cioè con la piana del Sele, e finisce con le rovine di Velia. Paestum è rinata, dopo la riscoperta archeologica del secolo XVIII, con l’esplosione del turismo dagli anni ‘50 in poi. Fino a quel momento era esistita ormai solo Capaccio, città collinare dove gli abitanti si erano trasferiti nel Medioevo, certamente utilizzata ai tempi di greci e romani come roccaforte. Una città di mare, com’è stata Poseidonia, era aperta, disponibile, fra traffici, commerci e contatti con la madrepatria Sibari. Una città come Capaccio invece, arroccata sullo sperone che la sovrasta, si chiude e si garantisce la difesa. Il mare è considerato ostile. Mi sembra che qui possa venire individuata l’origine del Cilento, terra che si conosce come chiusa, lontana, autosufficiente. Certamente questa regione è sempre stata, e ancora per certi versi rimane, misteriosa. Perciò piena di fascino. Si può così immaginare che, mentre Poseidonia e tutte le colonie greche (e poi romane) che sono venute dal mare e hanno vissuto per il mare, respirano sul mare anche quando fanno agricoltura;

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una città medievale il mare lo vede come nemico. Ecco spiegato il sorgere, oggi suggestivo, di tutte le torri costiere che coronano soprattutto le coste del Cilento. Dal mare arrivavano i saraceni, i corsari, il male. Oggi i cilentani tipici sono spariti, non fisicamente certo ma hanno cambiato mentalità. Forse sono tornati aperti, e in un certo senso anche marinari, come ai tempi di Poseidonia, come i fratelli-cugini della costiera amalfitana, e i più lontani parenti della penisola sorrentina. Anche loro hanno capito che l’avvenire è fatto di turismo e di commercio. Ha contribuito, quantomeno a un recupero gastronomico del Cilento, il dottor Ansel Keys, l’inventore della dieta mediterranea dichiarata dall'UNESCO “Patrimonio orale e immateriale dell'umanità”. Non è senza motivo che questo americano abbia stabilito di risiedere per molti mesi l’anno a Pioppi, una delle perle del Cilento costiero. Gli amici statunitensi, scienziati e non, che lo hanno imitato, sono in parecchi, come parecchi sono i turisti che si avventurano nella terra del Cilento, fibula geografica e storica tra Campania, Lucania, Calabria e Mar Tirreno. Se Keys è stato spinto, com’è probabile, dal clima e dalla presenza nel territorio di una cultura gastronomica tipicamente mediterranea, il turista vi è attratto,


Vista aerea della costa di Palinuro

Chiesa dELL’Annunziata, Acciaroli. oltre che dalle medesime ragioni, anche dal richiamo del passato. Nomi carichi di malìa fin dai tempi dei testi scolastici: Elea (Velia per i romani), Parmenide, Zenone, e via via, attraverso travagli storici e politici, fino a Sapri, alle rime tenere della “Spigolatrice”. Così come è noto che qui si compì la fatale storia di Palinuro, nocchiero di Enea, che ha dato nome al promontorio noto ai viaggiatori di questo secolo. Da queste terre sono passati in tanti, anche Cicerone Bruto, poiché i romani avevano aggregato il Cilento alla provincia lucana. Arrivarono alcuni secoli dopo anche i monaci benedettini, e vi stanziarono comunità agricole. Torri, castelli e borghi, a volerli esaminare uno per uno, ci racconterebbero molte storie interessanti. Chi può percorrere dal mare la costa, può farsi meglio un’idea dell’intensa linea di fortificazioni che le torri in particolare rappresentavano. C’è tuttavia un Cilento interno, un Cilento intimo, difficilmente decifrabile da chi si ferma sul mare. Questo Cilento dei borghi, dell’artigianato faticosamente tenuto in vita, delle costruzioni primitive poverissime, non ancora imbarbarite dal cemento, cornici a stradine contorte, sovrastate magari dall’alterigia di una torre.

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PAESTUM, IL TEMPIO DI NETTUNO

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Gioacchino Murat, re di Napoli e cognato di Napoleone, la visitò nel 1814 per controllarne i fortini di difesa e assicurarsi che

fossero pronti a combattere gli attacchi nemici. Anche chi con intenzioni meno impellenti volesse visitare oggi Palinuro potrebbe inoltrarsi nel medesimo itinerario, rimanendo

incantato dalla vegetazione che ricopre la piccola località,

dall’acqua cristallina della spiaggia del Porto e dalla classica

chiesetta di Sant’Antonio che, adagiata sulla stessa spiaggia, ricorda ai viandanti il voto fatto dai pescatori al Santo. Tra il

1550 e il 1600 furono costruite le quattro torri costiere e i due

fortini difensivi visibili via mare. Sempre dalle acque è possibile visitare le belle grotte che caratterizzano la zona, la Grotta

Azzurra, così chiamata per l’accesa tonalità dovuta ad un sifone di venti metri che consente l’irraggiamento della luce solare all’interno della cavità; la Grotta d’Argento e la grotta dei

Monaci, così detta per via delle numerose stalagmiti marroni, che ricordano appunto dei monaci assorti nella preghiera. L’arco naturale alla foce del fiume Mingardo, nella bella

insenatura a cavallo tra due spiagge, è imperdibile per gli

amanti della natura. Ma anche le passeggiate al Faro su Capo Palinuro offrono un paesaggio mozzafiato, come del resto la celebre passeggiata nella “Gola del Diavolo”, un percorso a strapiombo sulla riva destra del fiume Mingardo. Da non

perdere il borgo medioevale di San Severino, unico villaggio

conservato quasi intatto da quando fu abbandonato a causa di continui smottamenti.

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la TORRE DELL’ISOLA, UNO DEI MOLTI POSTI DI GUARDIA LUNGO LA COSTA NEL PARCO NAZIONALE DEL CILENTO AGOSTOSETTEMBRE


ROVINE DELL’ANTICA CITTÀ GRECA DI VELIA ELEA

Forse è qui che sono nate alcune delle tradizioni più significative, non escluse le cadenze gastronomiche. C’è oggi un Cilento da agriturismo che va preso in considerazione. Vacanze in fattorie, poderi, case di pescatori. Civiltà contadina con almeno due musei che ne garantiscono il background: a Moio della Civitella e a Ortonico Cilento, finalizzati al recupero di radici e alla comprensione del rapporto tra la gente cilentana e la terra, l’ambiente di lavoro, la casa, il territorio. Scendendo verso la costa incontriamo nomi magici: Agropoli, S. Marco e Santa Maria di Castellabate, Punta Licosa, Agnone, Acciaroli, Pioppi, Marina di Casalvelino, Velia, Marina di Ascea, Pisciotta. Appartenga o meno al Cilento, non possiamo ignorare che poco più a sud c’è il traguardo di Capo Palinuro, uno dei posti più suggestivi d’Italia. Una civiltà costiera più recente, quanto a cromosomi cilentani, ma alla quale i richiami classici danno una grossa patente di nobiltà. Pare che il castrato cilentano del quale tutti parlano leccandosi le dita sia di tradizione greca, così come certamente classico è l’uso

IL SECONDO PARCO ITALIANO PER ESTENSIONE

del miele nei dolci. Il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, rappresenta senza dubbio uno dei più importanti complessi biogeografici dell'Italia meridionale. E’ il secondo parco italiano per estensione, si sviluppa in Campania nella parte meridionale della provincia di Salerno, compresa tra la piana del Sele, la Basilicata e il Mar Tirreno. Primo parco nazionale del Mediterraneo ad essere inserito nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali. La peculiare posizione geografica e la diversità paesaggistica dalle coste tirrene fino ai massicci montuosi conferiscono al Parco una notevole varietà di ambienti, nonché di flora e fauna. Alle straordinarie caratteristiche naturalistiche si affiancano, inoltre, il carattere mitico e misterioso di una terra ricca di storia e cultura: dal richiamo della sirena Leucosìa alle spiaggie dove Palinuro lasciò Enea, dai resti delle colonie greche di Elea e Paestum alla splendida Certosa di Padula. La fascia costiera ha un aspetto tipicamente mediterraneo, con un succedersi di insenature, piccole spiagge sabbiose, ripide pareti e promontori dominati da numerose torri di guardia anticamente poste a difesa dei nuclei urbani interni.

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La fascia costiera ha un aspetto tipicamente mediterraneo, con un succedersi di insenature, piccole spiagge sabbiose, ripide pareti e promontori dominati da numerose torri di guardia

Una Marina di sei chilometri di costa, la maggior parte di rena

bianca a grana fine, attrae ogni anno migliaia di visitatori

smaniosi di abbandonarsi in questa terra baciata

costantemente dal sole. Il comune di Ascea è dolcemente

adagiato su un lieve pendio, da cui è possibile ammirare lo

splendido Golfo di Palinuro. Oltre due chilometri di lungomare

e l’affascinante scogliera rendono la zona amata dal turismo

italiano e straniero. Questa terra carica di storia racchiude

l’antica città greca di Velia Elea, patria della scuola filosofica di Parmenide e Zenone, dove molti credono sia nato il pensiero

filosofico occidentale. La storia la vede al fianco di Roma per

sconfiggere Sanniti e Lucani; nella Seconda guerra punica

osteggerà apertamente Annibale e le sue truppe. Divenuta

famosa come sede termale (Orazio ne è ospite fisso per curarsi

dalla gotta, Virgilio per affezioni agli occhi), Velia vide Bruto

incamminarsi verso Filippi e il suo destino, e le scuole di Catone l’Uticense, che tra le sue mura soleva pensare. Virgilio la citò

poi nell’Eneide, come passaggio strategico per le navi. Da non

perdere quindi le costruzioni tipiche greche e romane, le terme,

il castello medievale con la basilica Palatina ma soprattutto la

Porta Rosa, unico arco a tutto sesto di fattura greca ritrovato

nel mondo. Immancabile la processione della statua centenaria

di Sant’Antonio, il primo martedì di agosto.

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SICILIA: DA AUGU itinerario insolito fra

testo di LUISA

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USTA A SIRACUSA architettura e Natura

A CHIUMENTI

BALATA LISCIA, AUGUSTA

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SICILIA: DA AUGUSTA A SIRACUSA PORTA SPAGNOLA, AUGUSTA

TESTIMONIANZE DAL NEOLITICO AL MEDIEVALE

La Sicilia ha da sempre affascinato intellettuali, artisti e scrittori, viaggiatori italiani e stranieri, da Houël a Goethe da Denon a Brydone e tutti hanno lasciato schizzi, dipinti e disegni in cui hanno espresso nei loro Diari, a sorpresa, l’emozione, il fascino subito da ogni angolo di quella terra, fosse paesaggio naturale o costruito, rudere o monumento, mare o montagna. E fu proprio il luogo dell’attuale città di Augusta che in certo modo vide nascere il primo nucleo greco di quella tanto suggestiva “lsola a tre punte” che fondava le radici della Magna Grecia. Si tratta di Megara Iblea dai cui scavi, iniziati nel 1891 dagli archeologi francesi Georges Vallet e Francois Villard portarono alla scoperta della parte settentrionale della cinta muraria nord-occidentale, che in parte serviva da terrapieno contro le alluvioni. Apparentemente era più evidente al tempo di Filippo Cluverio, di una vasta necropoli, di cui sono state esplorate circa 1500 tombe, e di un deposito di oggetti votivi da un tempio. Gli interventi della Soprintendenza di Siracusa permisero il salvataggio di numerosi reperti ed altri ancora si rinvennero per gli interventi decisi della Soprintendenza e dell'École française che consentirono di recuperare la parte entro

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la cinta muraria ellenistica. I numerosi resti archeologici, tuttora visibili sul sito, sono frutto degli scavi effettuati nell'immediato dopoguerra. Grazie al grande contributo dei già citati Vallet e Villard e degli archeologi, si arrivò alla determinazione della sua urbanistica originaria. Augusta, che entra nel comprensorio provinciale siracusano e si affaccia sul mare con i suoi due porti Megarese e Xifonio, sorgeva su un’isola, ricavata dal taglio di un istmo nel XVI secolo, ma poi fu collegata alla terraferma attraverso due ponti, uno di costruzione recente, del XX secolo, intitolato al fondatore della città Federico II di Svevia e uno risalente alla dominazione spagnola, delimitato da un arco detto Porta Spagnola. In effetti la città conserva testimonianze che vanno dal neolitico all’età bizantina e medievale, ma il suo centro storico è tuttora sottolineato dalla presenza di numerosi palazzi nobiliari, con i loro sontuosi ingressi. Ed ecco, imponente, il portone di Palazzo Tumiscitz, settecentesco, realizzato con bugne di pietra locale che ripropone, come di consueto nei palazzi signorili, le iniziali dell’antico proprietario nelle roste in ferro battuto dell’ingresso. Anche tutti gli altri elementi decorativi dei piani superiori sono realizzati in pietra. Particolarità del palazzo è il giardino interno, ben visibile dopo il grande atrio.


IL CASTELLO DI BRUCOLI, AUGUSTA

IL CASTELLO SVEVO, AUGUSTA


SICILIA: DA AUGUSTA A SIRACUSA

... a siracusa andiamo a visitare la stupenda Cattedrale, l'unica chiesa ancora in uso che è stata in passato un tempio pagan

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no

PIAZZA DELLA CATTEDRALE, SIRACUSA EMOTIONS

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SICILIA: DA AUGUSTA A SIRACUSA

‘AVVOLTO’ DA UN PAESAGGIO INCANTEVOLE

Dalla parte opposta, affacciato sul porto ecco il Palazzo Zuppello oggi attrezzato ad Albergo di lusso con annesso un ampio “porto turistico”. Ma ora lasciamo Augusta per andare a vedere Siracusa e ci prepariamo ad un percorso più originale e naturalistico, seguendo le orme di un viaggiatore straniero del ‘700, Dominique Vivant, barone Denon. Egli descrive il suo viaggio in Sicilia e proprio tra Augusta a Carlentini, si dice “avvolto” da un paesaggio incantevole che in un vallone vede scorrere l’acqua del mitico Ciane, il “fiume dei papiri” che offre tuttora un possibile, romantico itinerario in barca o anche a piedi, percorrendo per alcuni chilometri la strada provinciale Siracusa-Canicattini Bagni che porta alla sorgente del fiume Ciane, luogo famoso per i suoi rigogliosi papiri. E un altro viaggiatore, nel 1776, il pittore e architetto francese JeanPierre Houël descrisse così la sua passeggiata in barca sul fiume: «Le sue acque hanno una grande profondità e formano all’inizio un bacino di una larghezza di 30 piedi. Sono di una notevole

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trasparenza (…)». Via terra percorrendo per alcuni chilometri la strada provinciale Siracusa-Canicattini Bagni, attraversiamo un boschetto di eucalipti muovendoci parallelamente al corso del fiume, dove cespugli di papiri affollano le sponde, lasciando libero qualche specchio d'acqua su cui si affollano folaghe e gallinelle. Al bacino di pompaggio, un ponticello permette l'attraversamento da una sponda all'altra. Lasciamo quindi la bella Riserva del Ciane e delle Saline di Siracusa che riveste una notevole importanza anche per la migrazione e lo svernamento di numerosi uccelli acquatici e arriviamo a Siracusa. Tra le sue tante bellezze ritroviamo anche i papiri della Fonte Aretusa. Il mito di Aretusa è stato raccontato da Ovidio e nelle sue acque cristalline crescono piante di papiro che probabilmente sono state portate lì quando Archimede visse in città. Andiamo a visitare il Tempio di Apollo e poi la stupenda Cattedrale, l'unica chiesa ancora in uso che è stata in passato un tempio pagano. E nella Piazza della Cattedrale notiamo i luminosi edifici in pietra calcarea: il Municipio, il Palazzo Beneventano, il Palazzo vescovile e la Chiesa di Santa Lucia.


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LE CASE DI TERRA

ECOMUSEO NELL’OMONIM

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A DI VILLA FICANA

MO BORGO MARCHIGIANO

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LE CASE DI TERRA DI VILLA FICANA testo e foto di KATHERINE MAROTTA Questo progetto fotogiornalistico è nato durante la ricerca di un soggetto da

presentare per il programma “Sustainable Community”, durante i miei studi

di fotogiornalismo presso la University of Gloucestershire, nel Regno Unito.

Sono stata colpita dalla bellezza dell’“Ecomuseo delle Case di Terra Villa

Ficana”, situato all’interno dell’omonimo borgo marchigiano. Ho deciso

pertanto di recarmi sul luogo per concentrarmi sugli aspetti eco-solidali.

Questo viaggio, mi ha permesso così di scoprire i messaggi educativi presenti

dietro questo particolare borgo antico.

Passeggiando per il quartiere Santa Croce, collocato su un pendio collinare nella periferia di Macerata, si apre davanti ai nostri occhi una balconata con ringhiera sulla strada. Tra i sovrastanti edifici di cemento si scorge l’ottocentesco borgo di Villa Ficana, sopravvissuto all’edificazione selvaggia degli anni ’70. Una veduta in cui il tempo pare essersi sospeso. In un’area di poco inferiore a un ettaro si estende questo microambiente popolare composto da oltre cinquanta casette a schiera su due piani costruite con l’antica tecnica della terra cruda e destinate ai lavoratori giornalieri, detti casanolanti. La tecnica costruttiva del crudo è tra le piu antiche e diffuse al mondo. Gli elementi che costituiscono l’impasto sono terra, paglia trita, acqua e materia organica. Nel maceratese queste abitazioni sono identificate con il nome di atterrati. A Ficana è stata messa in atto la tecnica del massone che consiste nella realizzazione di muri attraverso la sovrapposizione di pani di terra mescolata a paglia. Tale procedimento millenario consente di avere, oltre ad un costo molto contenuto, un grande pregio funzionale, data la buona capacità di isolamento termico e il controllo dell’umidità interna. In passato, ogni componente della famiglia svolgeva un ruolo preciso e contribuiva al sostentamento della stessa. Le abitazioni di Villa Ficana hanno dimensioni di appena 5x5m, eppure ospitavano famiglie numerose. Il piano terra era adibito a cucina, mentre il primo piano era riservato alla camera da letto. Per accedere a quest’ultima era necessario passare per una scaletta esterna sormontata da loggetta. La cucina rappresentava il fulcro vitale della casa. Per garantire luce e calore era sempre acceso un camino, utilizzato anche per la brace. Per far fronte all’assenza di acqua corrente veniva utilizzato un lavabo riempito con acqua prelevata dall’antica fontanella all’interno del borgo. Anche la camera da letto era una stanza piuttosto essenziale. Gran parte dello spazio era occupato dal cosiddetto pagliericcio, che fungeva da materasso, caratterizzato da un sacco di canapa o di cotone riempito con foglie di mais; vi era poi una cassapanca di legno, il lavamani con la brocca per l’acqua e il vaso da notte che insieme costituivano l’antico bagno, in quanto una stanza interamente dedicata al bagno era assente. La tecnica costruttiva del crudo fu abbandonata dal secondo dopoguerra e Ficana giaceva in uno stato di totale abbandono nonché visto come luogo malfamato. Il quartiere doveva essere distrutto negli anni ‘70 e tal proposito erano già stati presentati in

Comune progetti che ne prevedevano l’abbattimento. A metà degli anni ’90, grazie all’adesione al progetto didattico “La scuola adotta un monumento”, la scuola elementare Fratelli Cervi di Macerata, “decise di adottare” Villa Ficana. Si iniziò così a dare importanza a questo bene storico e architettonico. Nel 2002, l’Amministrazione Comunale di Macerata istituì un Comitato Scientifico allo scopo di fornire le linee guida per la redazione di un vero e proprio Piano di Recupero. Dopo anni di incuria e svalutazione, il quartiere si vide protagonista di una lenta ma graduale rinascita. Nel 2003 venne apposto, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche, il vincolo d’ambito che impone il rispetto delle normative a tutela degli edifici artistici. Il Bando Regionale emanato dalle Marche nel 2005 riscosse un enorme successo e così, l'Amministrazione Comunale di Macerata, con l’ausilio della Regione, intervenne sul 50% delle abitazioni con un restauro di tipo conservativo. Attualmente le case a Villa Ficana sono tutte abitate. Qualcuno ha fuso più unità abitative per rendere più ampia la propria abitazione senza però stravolgerne le caratteristiche ed accettando in modo consapevole, andando a vivere in questo luogo, pregi e difficoltà di un quartiere con strade interamente pedonali. Il 21 maggio 2016, dopo continui anni di lavoro, sforzi mentali ed economici, si è arrivati alla concretizzazione del progetto Ecomuseo delle Case di Terra Villa Ficana, luogo di interesse monumentale con valenza turistica e museale. Oggi Ficana rientra all’interno della rete museale cittadina, Macerata Musei. Per ricostruire al meglio la storia del luogo, gli usi e la vita comune nel passato, vi è stata la partecipazione diretta degli abitanti che hanno fornito la maggiore documentazione attraverso interviste e raccolte di documenti. I partner dell’Ecomuseo sono la Soprintendenza e il Comune di Macerata che ha destinato gli atterrati di sua proprietà a finalità culturali, con l’ausilio di numerose associazioni. Delle oltre cinquanta case, otto - nove sono destinate all’Ecomuseo. In un atterrato, la cucina e la camera da letto sono state restaurate e riallestite così come dovevano apparire nei primi anni del Novecento. Annualmente sono coinvolti nel progetto, otto volontari del Servizio Civile Italiano e del Servizio Volontario Europeo che vengono ospitati nelle case di terra per un anno e garantiscono una presenza giovanile. Grazie alle lingue straniere parlate dai volontari, a Ficana è possibile essere accompagnati a delle visite guidate gratuite attraverso i vialetti del borgo e vivere un’esperienza a 360 gradi.

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LE CASE DI TERRA DI VILLA FICANA

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KALEIDOSCOPE

Gioiello g

Una raffinata osteria di pesce che racchiud ristorante Pino al Mare dei Fratelli Quart Severa, 60 km da Roma, spalanca le sue po mare. A pochi metri dalla spiaggia il lussureggian domina l’elegante spazio, il tutto imprezio che è un tutt’uno con il ristorante. Il menu esalta i sapori classici dei piatti de come gli spaghetti ai ricci di mare, alle von antipasti con tartare al salmone, il crudo m secondi sono tradizionali: dal fritto di cala rombo al forno, ma la cucina è anche pront tonno scottato con frutta di stagione. In cucina gli chef Angelo, nella struttura da

Dove si trova: via Cneo Domizio, 3 (Roma) Autostrada uscita Santa Marin

Per prenotazioni: info@pinoalmare.i tel 0766 571998 www.pinoalmare.it

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Pino al Mare. gourmand di pesce sul litorale romano Pamela McCourt Francescone

de diverse anime, con la bella stagione il ieri, sul litorale nord del Lazio a Santa orte aprendo la panoramica terrazza sul

nte giardino in fiore con ciuffi di lavanda sito dalla possibilità di dormire nell’hotel,

l pescato locale rigorosamente di stagione, ngole veraci o alla pescatora. Si parte dagli misto di pesce e l’insalata di mare. Anche i mari e gamberi, alla spigola al sale o il ta a stupire con la caponata con alici o il

a oltre tre decadi, e Gessi arrivato dalle

Filippine che cucina il pesce italiano in un modo che fa concorrenza ai migliori chef nostrani. Agli antipasti Maddalena Quartieri, una delle sorelle della storica società, maestra degli abbinamenti più insoliti, e Jenny, una giovane del territorio che punta in alto nel settore. Un’azienda con una storia di oltre 60 anni: Pino al Mare nasce grazie a Pino (Giuseppe) e Itala, che nel dopoguerra da Lodi si sono trasferiti sulla costa laziale, tirando su l’attività di famiglia e sei figli: Vittorio, Roberto, Antonio, Maddalena, Rossella e Fabio. Oggi la gestione è la stessa, con l’ingresso anche della terza generazione: Ivan e Simone, i nipoti di Itala e Pino. L’unione, la dedizione e la capacità hanno reso Pino al Mare il punto di riferimento di tanti clienti affezionati, anche del mondo della politica e dello spettacolo, dall’attore Willem Dafoe al musicista Giuliano Sangiorgi, dall’attrice Anna Falchi alla politica italiana Federica Mogherini, dalla cantante Silvia Salemi al volto de Le Iene Enrico Lucci, e il manager dell’A.S. Roma Vito Scala.

32 00050 Santa Severa a A12, nella-Santa Severa t

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Gianni Amerio

La Via del Sale

Su e giù per l'Appennino da Varzi a Recco MORELLINI EDITORE

La Via del Sale. Su e giù per l’Appennino da Varzi a Recco di Gianni Amerio, una guida turistico-escursionistica lungo la Via del Sale, il percorso mulattiero che dalla Pianura Padana arriva fino al mare, una delle antiche strade di comunicazione che collegavano le saline delle località in riviera con l’entroterra. La guida appare una proposta interessante per riscoprire il fascino di territori a noi vicini ma sconosciuti in pochi giorni, praticando un turismo intelligente e consapevole. Uno strumento utile e indispensabile per percorrere, a piedi o in mountain bike, un itinerario intenso e ricco di emozioni, cogliendone tutti gli aspetti naturalistici, storici, culturali e gastronomici. Lungo 73 km e percorribile in 3 giorni, il percorso si snoda attraverso quattro province – Pavia, Alessandria, Piacenza e Genova – per un dislivello di 3.000 metri, e permette a chiunque, dotato di un sufficiente allenamento, di attraversare territori non ancora investiti da un turismo di massa. Il cammino parte dal borgo medievale di Varzi, raggiunge Capanne di Cosola e poi l’affascinante Torriglia, ricca di storia e di leggende antiche e moderne. Da qui, si attraversa il Parco Naturale Regionale del Monte Antola e infine si approda sulla spiaggia di Recco. Partiti dalla riva di un torrente, lo Staffora, i passi si fermano sulla riva del mare, il mar Ligure, proprio come i pellegrini del più noto cammino spagnolo.

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Federico Longo

A RUOTA LIBERA diario di un ciclista urbano EDIZIONI ULTRA

a cura di Mariella Morosi

La bicicletta è un mezzo rispettoso ma che esige rispetto, e nelle città assediate dalle auto e dal caos del traffico talvolta è una sfida che presenta qualche rischio. Bisogna fare i conti con gli automobilisti aggressivi o poco sensibili ai principi della buona creanza che intralciano il placido scorrere delle due ruote. E' questo il tema del libro dello scrittore Federico Longo "A ruota libera" appena pubblicato dalla casa editrice Ultra, che tratta proprio - come recita il sottotitolo "Diario di un ciclista urbano"- dei pericoli sempre in agguato nelle strade cittadine. Eppure il gusto delle due ruote si sta diffondendo rapidamente anche in Italia. C'è una crescita esponenziale di chi le sceglie per andare al lavoro o in gita, per trascorrere le vacanze en plein air. Nonostante molto spesso la ciclabilità nelle nostre città sia stata a lungo ignorata o persino ostacolata, è indubbio il nuovo coinvolgimento di soggetti imprenditoriali, associativi e istituzionali impegnati in direzione della nuova forma di mobilità e di green economy. La narrazione di Federico Longo, ciclista urbano da sempre, è leggera, piacevole e velata di ironia, ma coglie appieno la difficoltà di vivere una passione e talvolta una necessità in un mondo che va troppo in fretta.

Dolores Carnemolla

Ragusa e il Val di Noto Ibleo MORELLINI EDITORE

Barocca, antica, rupestre, marittima: sono tanti i volti della città di Ragusa e del suo territorio. Ragusa, città risorta dopo un disastroso terremoto nel 1693, è stata ricostruita seguendo progetti architettonici dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è da scoprire in tutte le stagioni: per l’esuberanza delle spiagge e la limpidezza del mare in estate come quelle delle località di Sampieri e di Marina di Ragusa, per le atmosfere quiete dei miti autunni che si possono assaporare al meglio tra i borghi montani di Monterosso Almo e Chiaramonte Gulfi, per il silenzio maestoso dell’inverno che connota la sollenità barocca delle perle di Scicli, Modica e Ibla, per la vivacità della natura in primavera che regala scorci a perdita d’occhio dalla campagna fino al mare, tra ulivi, carrubi secolari e suggestivi muretti a secco. E sempre per la squisitezza di una cucina generosa e ricca di proposte sia semplici che stellate. In questa guida troverete itinerari tematici, indirizzi, indicazioni su come muovervi e cosa fare alla scoperta di un territorio antico, denso di storia e folclore, che vi conquisterà. Dolores Carnemolla è giornalista italo – maltese e si occupa principalmente di cultura e viaggi. Ha tradotto dalla lingua maltese il libro dell’autore Pierre J. Mejlak, vincitore del Premio Europeo per la Letteratura 2014. Attualmente vive in Romagna e appena può vola a Malta per riscoprire l’isola felice della sua infanzia.


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