EMOTIONS MAGAZINE - GIUGNO - LUGLIO 2022 - ANNO 12 N 52

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SOMMARIO GIUGNO | LUGLIO 2022

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www.emotionsmagazine.com

MAURITANIA IN BILICO TRA MONDO ARABO E AFRICA NERA

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SOMMARIO

BENEVENTO

STORIA, TRADIZIONI E LEGGENDE

MAURITANIA IL DESERTO PERFETTO

ESTREMA PROPAGGINE OCCIDENTALE DEL SAHARA

MAURITANIA, foto di Anna Alberghina

Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com Ideazione testata Ilenia Cairo

KALEIDOSCOPE •

PALACIO DuhAu PARk hyATT: tra Avenida Posades e Avenida Alvear, due dei viali più eleganti di Recoleta

BUENOS AIRES RUBACUORI

ELEGANTE, COSMOPOLITA, DI GRANDE SUGGESTIONE E IN MOTO PERPETUO...

Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com

Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumenti Pamela McCourt Francescone redazione@emotionsmagazine.com Fotografi Anna Alberghina Pamela McCourt Francescone Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com

KALEIDOSCOPE •

gALA TANgO: serata suggestiva, per avvicinarsi al seducente mondo del tango, a La Ventana di Buenos Aires

Pubblicazione Rivista Online Paolo Milanese grafico@idra.it Editore Teresa Carrubba

5 FIABESCHI CASTELLI DELLA LOIRA

NEL CUORE DELLA DOUCE FRANCE

LIBRIEMOTIONS

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Casa Editrice che ne detiene i diritti.



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An adventure and retreat with a difference. St. Martins, central Europe’s first lodge, has an air-conditioned photo hide where you can discover the wildlife of the Seewinkel and capture it on camera without being seen.

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The Lodge of


S C R I V I A M O

A R T I C O L I

P E R

S U S C I T A R E

E M O Z I O N I

Nuovo numero, nuove avventure tutte da scoprire. Il team di Emotions è una fonte creativa di idee per incuriosire, per progettare, per viaggiare. Partiamo per l’Africa occidentale e raggiungiamo la Mauritania con la magnifica porzione desertica del Sahara, tra dune, oasi e villaggi di nomadi dove è possibile Incontrare mandrie di dromedari. E il paesaggio si fa magnifico quando il deserto lambisce le acque dell’Oceano Atlantico lungo una costa inserita nel Patrimonio uNESCO per via del Parco Nazionale del Banc d’Arguin,

dove stormi di uccelli migratori vanno a svernare. Tutt’altra atmosfera a Buenos Aires. Qui le note del tango argentino aleggiano nell’aria ogni giorno rendendo sensuali le movenze di coppie comuni che rendono le piazzette della città vere sale da ballo a cielo aperto. Tutti da visitare i 48 barrios di Buenos Aires, tra cui Palermo, animato da locali alla moda e Recoleta, interessante dal punto di vista storico e architettonico e per il celebre cimitero monumentale. Punto di attrazione è anche Puerto Madero, zona di lusso caratterizzata

TERESA CARRUBBA

EDITORE, DIRETTORE RESPONSABILE

tcarrubba@emotionsmagazine.com

dal ponte avveniristico, opera dell’archistar spagnolo Calatrava. Architetture fiabesche, invece, nella Valle della Loira. Possenti castelli turriti, veri gioielli del Rinascimento francese, simbolo del potere e dell’opulenza. Immersi in perfette geometrie verdi, i castelli della Loira disegnano, nel cuore della Douce France, un percorso che nell’immaginario collettivo si snoda in un’atmosfera onirica. Ammantata di storia e leggende anche una delle città di casa nostra, forse poco conosciuta ma ricca di un patrimonio storicoartistico e archeologico: Benevento. la Rocca, il Palazzo del governo nei cui sotterranei è stato realizzato il Museo Arcos ad opera di Danilo Eccher. La bellissima chiesa di Santa Sofia, edificata nel 760 dal duca longobardo Arechi II, Patrimonio uNESCO, verso i vicoli medioevali più interni della città attraversando il suggestivo “hortus Conclusus” realizzato fra arte e Natura, un'installazione dell'artista Domenico Paladino, esponente della Transavanguardia Italiana.

Castello di Chambord, Valle della Loira

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MAURITANIA

IL DESERTO PERFETTO testo e foto DI ANNA ALBERghINA

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VILLAggIO IMRAguEN


MAURITANIA

IL DESERTO PERFETTO

La Mauritania, ufficialmente Repubblica Islamica della Mauritania, è uno Stato dell’Africa occidentale in bilico tra mondo arabo e Africa nera.

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n paese grande tre volte l’Italia che non è certo al centro dell’interesse mediatico internazionale. Estrema propaggine occidentale del Sahara, nell’immaginario collettivo non è che un gigantesco scatolone di sabbia, dove metà della popolazione sopravvive con l’equivalente di due dollari al giorno e dove è ancora tollerata la schiavitù. Eppure, le incisioni rupestri che incontriamo nelle grotte ci dicono che la Mauritania non è sempre stata una regione desertica, ma un tempo era fertile e piena di corsi d'acqua. Il nome Mauritania deriva dalle tribù berbere dei Mauri e dal loro regno che divenne

provincia romana all’inizio del primo secolo dopo Cristo. In seguito, questo vasto territorio desertico fu testimone della migrazione di tribù berbere, arabe e di altri popoli centro-sahariani che furono, poi, conquistati dal potente impero Soninke, noto come impero del Ghana. Dopo l’anno 1000, monaci guerrieri di religione musulmana attaccarono e conquistarono l'antico impero del Ghana e, durante i successivi 500 anni, gli Arabi, affrontando la fiera resistenza delle popolazioni locali berbere e non berbere, riuscirono, infine, a dominare la Mauritania. Gli inizi della colonizzazione si possono far risalire al XV secolo. EMOTIONS

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VENDITRICI DI BOTTARgA 12

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IL DESERTO PERFETTO

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IL NOSTRO CAMPO NEL DESERTO

TAVOLETTA CORANICA, ChINguETT 14

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Finalmente è possibile tornare, oggi, a viaggiare in questo paradiso dal fascino estremo che custodisce segreti sorprendenti Portoghesi, Olandesi, Inglesi e Francesi rivaleggiarono ferocemente per ottenere il monopolio del traffico degli schiavi e della gomma arabica ma furono i Francesi a prendere il sopravvento all’inizio del XX secolo. Dominarono il Paese fino alla conquista dell’indipendenza nel 1960 che vide Moktar Ould Daddah primo Presidente. Ancora oggi, la tensione è parte integrante della tormentata vita sociale e politica del Paese e molti governi si sono avvicendati in seguito a una lunga serie di colpi si stato. Finalmente, dopo anni di instabilità, legata soprattutto alla presenza di gruppi terroristici, è possibile tornare, oggi, a viaggiare in questo paradiso dal fascino estremo che custodisce segreti sorprendenti. Sin dai tempi antichi, importanti rotte commerciali hanno solcato il Sahara che continua ad attirare migliaia di viaggiatori che, lasciandosi ispirare dalle imprese di Saint-Exupéry e di Theodore Monod, incuranti della mancanza di comodità, sfidano caldo e pericoli per sfuggire alle folle rumorose del nostro quotidiano esistere e immergersi in un luogo carico di mistero dove si viene confrontati con la propria anima. Le dune dorate, modellate dal vento, tra cui sbucano oasi e rari accampamenti di nomadi dediti all’erranza pastorale, sono le vere protagoniste del viaggio. Incontrare le mandrie di dromedari all’abbeverata e trascorrere la notte sotto il cielo stellato, immersi in un silenzio assoluto, rimangono, anche se già vissute tante volte, esperienze memorabili.

IL MERCATO DI ATAR


MOSChEA, ChINguETTI 16

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IL DESERTO PERFETTO

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IL DESERTO PERFETTO

SAhARA ExPRESS

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Il treno è un serpentone lungo due km che viaggia a 35 km all’ora, trainato da tre o quattro locomotori Ma queste sabbie che tanto ci affascinano, avanzano implacabili e la gente scappa per cercare nelle città una vita migliore. La stagione della Guetna, quella della raccolta dei datteri, è sempre stata occasione di grande festa. Le oasi tornavano a nuova vita, risuonando dei canti e dei balli tradizionali. Oggi è tutto diverso. La desertificazione, alimentata dai cambiamenti climatici, sta trasformando l’habitat in maniera irreversibile. Le palme sono secche, la temperatura raggiunge anche i 50 gradi, non piove da anni e la gente è preoccupata per il raccolto che non sarà quello di un tempo. Molti villaggi sono stati abbandonati e le precarie capanne di paglia e stracci, semisepolte dalla sabbia, cadono a pezzi. La sorpresa più grande ci viene offerta dall’incontro tra le dune e le onde dell’Oceano Atlantico. Sono i 200 chilometri di costa classificata Patrimonio Unesco grazie al Parco Nazionale del Banc d’Arguin, dove miriadi di uccelli migratori ogni anno vengono a svernare e riprodursi. Un piccolo angolo di paradiso tra i più incredibili che si sviluppa lungo coste disabitate e selvagge. Ci si dimentica, infatti, che questo paese si affaccia sull’Oceano e che l’area che si estende al largo delle sue coste è fra le più pescose al mondo. Durante gli anni Ottanta il settore della pesca ha conosciuto un forte sviluppo ma, da qualche tempo, l’attività dei piccoli pescatori è minacciata dalle flotte industriali che razziano il mare a discapito delle comunità locali. Una nuova forma di colonialismo che rischia di avere ripercussioni non solo sul pescato, ma anche sulle tradizionali attività legate alla produzione della bottarga.

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BIBLIOTECA NEL DESERTO, ChINguETTI 20 GIUGNOLUGLIO


IL DESERTO PERFETTO

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MERCATO DEL PESCE DI NOuAkChOTT


IL DESERTO PERFETTO

La sorpresa più grande ci viene offerta dall’incontro tra le dune e le onde dell’Oceano Atlantico, 200 chilometri di costa classificata Patrimonio Unesco Questo cibo pregiato era un tempo lavorato diffusamente dagli Imraguen, “i nomadi del mare”. Le loro donne sono brave a conservare le uova di muggine, che diventano la nota “bottarga” dopo essere state sottoposte a salatura, pressatura ed essiccazione. Oggi, la pesca industriale rischia di impoverire gravemente l’ecosistema e mette in pericolo queste conoscenze tramandate di generazione in generazione. Per quanto tempo ancora il variopinto mercato del pesce di Nouakchott si riempirà, al tramonto, di centinaia di piroghe multicolori? Che dire poi del Sahara Express, il treno più lungo e più lento del mondo? Parte dalla miniera a cielo aperto di Zouerat e trasporta il minerale di ferro fino al porto di Nouadhibou: 650 kilometri di ferrovia in pieno deserto che necessitano di manutenzione continua. Il treno è un serpentone lungo due km che viaggia a 35 km all’ora, trainato da tre o quattro locomotori. Le stazioni sono postazioni militari nel nulla dove i pochi abitanti hanno costruito le loro case utilizzando le traversine. Lo vedo arrivare al rallentatore, avvolto in una nuvola di sabbia. Mi sembra di essere sul set di un film western. L’idea che in mezzo a queste terre inospitali ci siano biblioteche dove si custodiscono volumi preziosi e antichissimi potrà sembrare quanto meno bizzarra. Tuttavia queste biblioteche esistono e sono oggetto di un faticoso lavoro di cura per evitare che proprio il

PESCATORI IMRAguEN deserto, dove sono nate e dove per secoli sono fiorite, non finisca per inghiottirle per sempre. Già dal 1996 l’Unesco ha inserito nel Patrimonio dell’Umanità le quattro città in cui esse si trovano: Chinguetti, Ouadane, Tichitt e Oualata. La storia delle biblioteche del deserto è molto complessa, e per comprenderne il valore è necessario risalire a un tempo lontano, quando queste città e, soprattutto, Chinguetti, la settima città santa dell’Islam, erano tappe obbligate per le carovane che attraversavano il deserto collegando il Mediterraneo con l’Africa sub sahariana e che qui non trovavano solo il ristoro necessario, ma anche un ambiente intellettualmente vivace. La Chinguetti che oggi viene chiamata “città vecchia” nacque a metà del XIII secolo. Nelle viuzze strette che circondano la moschea, all’interno delle case di pietra e di argilla, si conservano migliaia di volumi spesso molto più antichi delle costruzioni che li accolgono, manoscritti redatti su pelle di gazzella e avvolti in pelli di capra, che trattano non solo di argomenti religiosi, ma anche di astronomia, di medicina, di filosofia, di diritto e di botanica. Questi libri, giunti a Chinguetti a dorso di dromedario insieme a ogni sorta di mercanzie sono la testimonianza tangibile di un prolungato scambio culturale tra luoghi molto distanti fra loro. Il progetto dell’Unesco di costruire a Chinguetti o nella capitale Nouakchott un’unica biblioteca realizzata secondo moderni criteri di efficienza ha dovuto arrendersi davanti al rifiuto delle famiglie di cedere allo Stato la loro eredità. Un patrimonio inestimabile e fragilissimo che rischia di essere cancellato per sempre dall’avanzata delle dune. EMOTIONS

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DuNE SuLLA COSTA ATLANTICA

uCCELLI SuL BANC D'ARguIN

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IL DESERTO PERFETTO

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ARGENTINA

BUENOS AIRES

rubacuori testo DI PAMELA McCOuRT FRANCESCONE foto DI PAMELA McCOuRT FRANCESCONE e ARChIVIO

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ELEgANTE, COSMOPOLITA, DI gRANDE SuggESTIONE E IN MOTO PERPETuO, LA CAPITALE ARgENTINA SORgE SuLLE SPONDE DEL RIO DE LA PLATA, LA SECONDA METROPOLI ASSOLuTA DEL SuDAMERICA

Buenos Aires rubacuori

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uenos Aires è un cocktail ammaliante di rimembranza europea e passione latino-americana. Quartieri eleganti, edifici in stile italiano e francese, lussureggianti parchi fioriti, eleganti boulevards alberati, un affascinante vita culturale e gastronomica e un’esuberante vita notturna ne fanno un gioiello raro tra le città del Nuovo Mondo. Sulla piazza principale, la Plaza de Mayo, un obelisco di marmo bianco ricorda il 25 maggio del 1810, il giorno in cui l’Argentina divenne indipendente dalla Spagna. Ogni giovedì pomeriggio un gruppo di donne - prima centinaia di madri, oggi poche nonne - fou-

lard bianchi in testa camminano in silenzio intorno al monumento per protestare contro la scomparsa tuttora irrisolta dei loro figli sotto la dittatura militare degli anni 1970. Degli oltre 400 bambini desaparecidos strappati e venduti o dati in adozione, ogni qualvolta che uno o una di loro, oggi cinquantenne, viene riconosciuto attraverso la banca genetica della fondazione Madres de la Plaza de Mayo, tutta l’Argentina ne gioisce. Da un lato la Casa Rosada (di color salmone) il palazzo presidenziale e fulcro del potere esecutivo e politico in Argentina, un edificio con elementi architettonici, loggiati e finestre in diversi stili e un grande arco trionfale centrale. EMOTIONS

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Culturtango.

Passione tango argentino all’ombra di Castel Sant’Angelo

Ballo elegante e sensuale, il tango nasce da un mix eclettico di culture e costumi. Corazon, amor y sangre - cuore, amore e sangue - era il motto degli immigrati che dal Vecchio Mondo portarono oltre oceano i loro sogni e le loro musiche, facendo del tango l’espressione più profonda dell'identità argentina. Dichiarato patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell’UNESCO nel 2009, oggi il tango è un’espressione artistica urbana globale, un fenomeno che supera ogni confine. A Culturtango, associazione romana e centro d’eccellenza dedicata alla diffusione della cultura argentina, al suono di violini, di bandoneon e delle voci di grandi interpreti, il tango diventa protagonista, ammaliando il cuore della Città Eterna. Le lezioni e le attività del centro sono condotte da due ballerini di fama internazionale, i fondatori di Culturtango Leonardo Felix Elias, nato a Mar del Plata e con oltre venti anni di esperienza intorno al mondo come ballerino, coreografo di teatro, cinema e televisione, e la sua partner di vita e professionale Maria Cristina Assumma, professore di letteratura spagnola all’Università IULM. Dai corsi nello stile più classico, quello milonghero, al tango salon e al tango nuevo, il Centro e aperto a tutte le età e tutti i livelli come le attività organizzate da Leonardo e Cristina: stage di tecnica femminile e maschile, workshop e lezioni private, serate danzanti e spettacoli di musica e canto con la partecipazione di grandi interpreti e star internazionali del tango e della sua musica. www.culturtango.com

www.facebook.com/CulturTango EMOTIONS

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Dei 48 quartieri cittadini il barrio più esteso è Palermo con parchi che profumano di jacaranda, bar, boutique e teatri

Buenos Aires

Dall’altro lato la sede del potere spirituale, la cattedrale metropolitana. Con una maestosa facciata neoclassica e la tomba dell’eroe nazionale José de San Martin, negli anni 1990 fu la casa del papa “venuto dalla fine del mondo” quando Jorge Bergoglio era vescovo della città. Su Avenida de Mayo Palacio Barolo è un omaggio alla Divina Commedia voluto dall'imprenditore tessile Luigi Barolo. Diviso in tre parti, che corrispondono a Inferno, Purgatorio e Paradiso, culmina in un faro che negli anni 1920 era il punto più alto della città e del Sudamerica. Di fronte, il Cafe Tortoni, una caffetteria storica frequentata da artisti e scrittori dal 1858, e sempre con una fila fuori in attesa di sedersi con una fumante tazza di chocolate caliente y churros. Dei 48 quartieri cittadini il barrio più esteso è Palermo con parchi che profumano di jacaranda, bar, boutique e teatri. Recoleta, austero e ricco, vanta grandi hotel, il maestoso cimitero monumentale e la Floralis Genérica, un enorme fiore in alluminio e acciaio, uno dei simboli della città. L’area portuale di Puerto Madero è un quartiere nuovo. Elegantemente e costosamente urbano con ristoranti di lusso e un ponte futuristico firmato Calatrava, ha una grande riserva ecologica, già discarica e oggi un’oasi palustre per uccelli e animali acquatici. Il distretto di La Boca sulla “bocca” del Rio Riachuelo, era il punto d’arrivo per i milioni di immigrati arrivati dal Vecchio Mondo, ed

Ma è San Telmo il cuore palpitante della vecchia Buenos Aires con antiquari, locali e boutique modaioli

è l’essenza del tifo argentino con la Bombonera, lo stadio giallo blu del Club Atlético Boca Juniors, quello del mitico Diego Armando Maradona. Lungo il Caminito, la via-museo, accanto alle casette di zinco dalle facciate colorate, quelle dei primi immigrati, ci si siede in ristoranti e caffè tipici dove risuona la melodia del celebre tango omonimo. Ma è San Telmo il cuore palpitante della vecchia Buenos Aires. Bohemien con stradine acciottolate, un mercato coperto in ferro battuto e lamiera, antiquari, locali e boutique modaioli. Sul Pasaje San Lorenzo, al numero civico 380 c’è un edificio così piccolo che è facile non vederlo. Conosciuta come La Casa Mínima, è la casa più stretta della capitale, misurando solo 2.5 metri di larghezza, e si dice che nel 1800 era di proprietà di uno schiavo liberato. Sulle piazzette ombreggiate tavolini sotto le stelle e, con passi sensuali, si balla il tango sulle note soavi di un altro mostro sacro, il cantante, attore e compositore Carlos Gardel, il Re del Tango. A Buenos Aires la notte del tango non conosce fine. Ma in realtà tutta Buenos Aires è insonne, occupata com’è a reinventarsi, come lo sono i suoi abitanti: tredici milioni di persone nella Grande BA, i sobborghi che si estendono verso la vasta pampa circostante. EMOTIONS

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Il peronismo, con i suoi successi e i suoi fallimenti, ha profondamente segnato la società e la politica del Paese dagli anni 1950 fino ai giorni nostri Cento anni fa abitanti della capitale di una delle dieci nazioni più ricche del mondo, oggi i porteños - allegri e ospitali - si trovano a duellare contro un’inflazione che l’anno scorso è schizzato oltre il cinquanta per cento. Colpa la corruzione endemica, il colossale debito pubblico, scandali politici di alto profilo e lo sconvolgimento causato dal Covid, la fiducia pubblica è sempre più demoralizzata e delusa. Battito di cuore della scena artistica della capitale il Teatro Colon. Inaugurato il 25 maggio 1908 con una rappresentazione dell’Aida di Giuseppe Verdi, negli anni ne hanno calcato il palcoscenico i più importanti cantanti, ballerini e direttori d’orchestra da Enrico Caruso a Placido Domingo e Luciano Pavarotti, e da Maria Callas a Margot Fonteyn, Arturo Toscanini, Pietro Mascagni e Ottorino Respighi. Paradigmatico lo stile artistico fileteado, nel 2015 dichiarato patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell'UNESCO. Nato alla fine del 1800 per abbellire i carri che trasportavano alimenti, oggi è l'emblema iconografico della città. Caratterizzato da colori forti, disegni a spirali ed effetti tridimensionali - oggi sulle insegne di negozi e ristoranti e su autobus, camion e automobili - vengono aggiunte frasi e proverbi scritti con lettere ornate in spagnolo o in lunfardo, lo slang porteño molto usato anche nelle canzoni di tango. Il tango. Danza, musica, canzone, passione. Derivato dalle danze portate dagli immigrati e dagli schiavi ed espressione della segregazione sociale, della povertà e del razzismo, a fine 1800 nelle sale da ballo milonga di Buenos Aires si ballava in stretto abbraccio, per le classi alte era volgare e impudico. Dal 1910, prima a Parigi e New York e poi intorno al mondo, il tango ottenne l’accettazione universale e fu Carlos

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Gardel la sua voce più illustre e amata, cantando nei bar di Buenos Aires prima di esplodere in un fenomeno mondiale che finì tragicamente quando morì in un incidente d’aereo. Miti Gardel e Maradona. Miti Jose Luis Borges, poeta, scrittore e creatore del realismo magico; Oscar Piazzolla, il padre del nuevo tango; Quino, il disegnatore di Mafalda; Fangio, cinque volte campione di Formula 1; Carlos Monzón quattordici volte campione del mondo e Lionel Messi. Mito, leggenda e icona Eva Maria Duarte. Ragazza di umili origini Eva diviene attrice, poi conosce e sposa il presidente Juan Domingo Perón, dedicando la sua vita a sostenere le ambizioni politiche del marito e a difendere gli oppressi, i poveri descamisados e le donne. Il peronismo, con i suoi successi e i suoi fallimenti, ha profondamente segnato la società e la politica del Paese dagli anni 1950 fino ai giorni nostri. Ma la figura di Evita era ed è tuttora venerata e prima di spegnersi a soli 33 anni, stroncata da un tumore - si dice che mezzo milione di persone abbiano baciato la sua bara - il suo discorso alla radio fece piangere l’intera nazione. Questo momento di memoria nazionale è immortalato in due ritratti giganteschi sulla facciata di un grattacielo bianco sulla centralissima Avenida 9 de luglio, con i suoi 140 metri da marciapiede a marciapiede, una delle strade più larghe al mondo. «Ho solo un'ambizione personale: che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Perón, di me si dica questo: c'era, al fianco di Perón, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore: Evita.» www.latitudpatagonia.it


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ne de de Le Ic fi a 42

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NEL CUORE DELLA DOUCE FRANCE, AI MARGINI DEL FIUME

fiabeschi castelli della

testo DI TERESA CARRuBBA

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n tempo erano fortezze armate. Macchine da difesa. Fu alla fine del Quattrocento che i mastodontici castelli francesi costruiti lungo il fiume Loira, rudi ed essenziali, possenti e trincerati, cominciarono a snellire le gravi strutture a favore di ornamenti, fregi, mollezze d’architettura. L’influenza italiana aveva operato la trasformazione. Carlo III, Luigi XII e Francesco I dovettero capitolare di fronte ai più convincenti costumi del Bel Paese che privilegiava l’arte di vivere persino el concetto di potere. Ecco arrivare dall’Italia artisti del calibro di Laurana e Spinelli, chiamati da Luigi XII che abbandonava la reggia el Louvre per Plessis-lès-Tours. E, rubato alla corte di Napoli, Pacello da Marcogliano, architetto d’esterni, il quale sublimò le geometrie ei verdi mediterranei in quelli che poi sarebbero diventati i “giardini alla francese”, come nei suoi progetti per Blois ed Amboise. Persino eonardo da Vinci degnò dei suoi tratti geniali spunti notevoli per i castelli francesi, come la superba scala a doppia vite di Chambord. castelli della Loira disegnano, nel cuore della Douce France, un percorso che nell’immaginario collettivo nasce e si snoda in un’atmosfera abesca. Veri e propri palazzi reali di cui è lecito immaginare lo sfarzo e l’eleganza già dalle belle strutture turrite con cupole coniche o pagoda, abbaini e lucernari, dai decori delle facciate, dagli immensi giardini esaltati da sculture, fontane e giochi d’acqua per stupire. EMOTIONS

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Castelli della Loira

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Castello di

Chambord


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voce di popolo, uno tra i castelli più rappresentativi del Rinascimento francese. Fu Francesco I a volerlo. Residenza di campagna, riserva di caccia. Molti, nel progetto strutturale, i segni del pensiero di Leonardo da Vinci, che il re volle in Francia. Specie nei grandi terrazzi articolati e nella magnifica scala a vite posta al centro delle sale a croce e divisa in due scalee concentriche. La silhouette sontuosa del castello si sfrangia verso l’alto in elaboratissimi tetti, con torrette, abbaini, sovrastrutture classicheggianti all’italiana, padiglioni, comignoli colonnati, intarsi d’ardesia. L’interno, spoglio d’arredamento ma non di architetture, mostra gli appartamenti di Francesco I e di Luigi XIV e le sale settecentesche, rimaneggiate secondo il gusto e i criteri dell’epoca.

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Castelli della Loira: 1 Chambord

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La silhouette sontuosa del castello si sfrangia verso l’alto in elaboratissimi tetti, con torrette, abbaini, sovrastrutture classicheggianti all’italiana, padiglioni, comignoli colonnati, intarsi d’ardesia.

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Castello di

Cheverny

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l castello di Cheverny. Ancora meno usuale rispetto ai nostri canoni dei manieri merlati del Medioevo. Uno splendido palazzo reale, dalla ricchezza nitida nel mastio simmetrico, nelle cupole a pagoda, nei busti scultorei delle nicchie di facciata che temperano il gusto classico in un’impronta decisamente rinascimentale. l raro privilegio di essere sempre stato proprietà della stessa famiglia, ha permesso al castello di mantenere una grande unitarietà di stile negli rredi, che trionfano in una magnifica e intatta decorazione di epoca Luigi XIII. Splendida la Sala dei Trofei, ricca di oltre duemila corna di cervo. Segno di una forte vocazione alla caccia, mantenuta viva anche dagli attuali proprietari di Cheverny, che organizzano spesso battute venatorie.

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Castelli della Loira: 2 Cheverny

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Il raro privilegio di essere sempre stato proprietà della stessa famiglia, ha permesso al castello di mantenere una grande unitarietà di stile negli arredi, che trionfano in una magnifica e intatta decorazione di epoca Luigi XIII.

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Castello di

Beaulieu

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n altro castello, Beaulieu, a Joué-lès-Tours, acquistato nel 1648 da Jacques de Bussy, consigliere del re, appartenuto al conte di Rochefort e al barone Margaron. Tracce di nobiltà ovunque in questo maniero registrato nell’inventario dei monumenti storici: nei voli architettonici delle suites, nella ricercatezza di drappeggi e punti luce, nell’inappuntabile table habillé. Merito di Loraine e Jean-Pierre Lozay, compiti quanto amabili padroni di casa che hanno trasformato il castello in un prestigioso albergo. Dall’elegante creatività di Jean-Pierre, maître cuisinier, nascono gourmandises di altissimo livello, servite con superbi vini francesi nell’elegante ristorante.

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Castello di

Chenonceau

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embra davvero uscito da una favola questo castello interamente poggiato sull’acqua, Chenonceau. Di un nitore straordinario, il profilo del castello disegna il nucleo di un complesso che snocciola perle di bellezza naturale. Il palazzo, ma anche la geometria dei magnifici giardini di Caterina dé Medici, il placidissimo fiume Cher, il fitto bosco tutt’intorno. Proprietà, nel Cinquecento, di Bohier, intendente delle finanze per la Normandia, il castello fu poi espropriato da Francesco I che, assecondando le tendenze dell’epoca, vi promosse battute di caccia a cavallo, feste, incontri ntellettuali. Tradizione ripresa dal ricco finanziere Claude Dupin, che nel Settecento acquistò il palazzo. Chenonceau divenne un famoso salotto borghese frequentato anche da Montesquieu e da Jean-Jacques Rousseau che del castello scrisse: «Ci si divertiva molto in quel bel luogo e vi i mangiava bene; diventai grasso come un frate».

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Castelli della Loira: 4 Chenonceau

Di un nitore straordinario, il profilo del castello disegna il nucleo di un complesso che snocciola perle di bellezza naturale. Il palazzo, ma anche la geometria dei magnifici giardini di Caterina dé Medici.

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Castello di

Villandry


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ltimo invito alla bellezza: i giardini del Castello di Villandry. L’arte del verde d’autore, nata con il Rinascimento italiano per armonizzarsi con l’architettura, giunge anche in Francia traducendosi nei celebri giardini alla francese, più ampi e senza muri perimetrali. Splendidi, i giardini di Villandry, sono emblematici di questo stile e ne ricalcano tutta la suggestione, nella struttura a grandi terrazze che ne consentono incredibili, cangianti visioni.

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Castelli della Loira: 5 Villandry

Gli splendidi giardini sono emblematici di questo stile e ne ricalcano tutta la suggestione, nella struttura a grandi terrazze che consentono incredibili, cangianti visioni.

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uN PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO E ARChEOLOgICO ASSAI COSPICuO, FRu

BENEV

UNA CITTÀ ANCORATA ALLA PR LE SUE TRADIZIONI,

testo DI LuIS

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uTTO DI DOMINAzIONI ED AFFILIAzIONI SuSSEguITESI NEL CORSO DELLA SuA STORIA

VENTO

ROFONDITÀ DELLA SUA STORIA, E LE SUE LEGGENDE A ChIuMENTI

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Benevento è PROIETTATA VERSO IL FuTuRO MA SI SENTE, PERCORRENDO LE SuE STRADE E OSSERVANDO MONuMENTI

L

E PALAzzI, ChE LA CITTà è FORTEMENTE CONSAPEVOLE DELL’IMPORTANzA DELLE SuE RADICI

a città, che mostra oggi al visitatore tutto il fascino di un patrimonio storico-artistico e archeologico assai cospicuo, frutto delle varie dominazioni ed affiliazioni susseguitesi nel corso della sua storia, è adagiata nell’entroterra appenninico della Campania, nella parte meridionale della regione storica del Sannio. Benevento si raggiunge facilmente in treno con le “frecce” dirette a Bari o in macchina con l’autostrada che, lasciata poi a Caianello, si collega con la tangenziale, nota con il nome di Telesina, per le famose Terme di Te-

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lese appunto, che si incontrano sul suo percorso a circa mezz’ora di macchina da Benevento. Ed è lungo questa tangenziale che il viaggiatore inizia ad apprezzare una continua distesa di lievi colline con qualche castello e di tanti vigneti e campi accuratamente coltivati. Siamo in una conca circondata da alture: a ovest in particolare, oltre la Valle Vitulanense, si trova il massiccio del Taburno Camposauro e le sue cime, viste dalla città, disegnano la sagoma di una donna distesa, detta la "Dormiente del Sannio", dichiarando così l’origine sannitica della città. Ma eccoci giunti in


IL LUNGOMARE

questa poliedrica città, il cui centro storico si eleva su una modesta collina nel mezzo della vallata, mentre alcune contrade sorgono su altri poggi circostanti. Proiettata verso il futuro, Benevento vive oggi i suoi eventi legati al mondo che si evolve, ma si sente, percorrendo le sue strade e osservando monumenti e palazzi, che la città è fortemente consapevole dell’importanza delle sue radici. Una leggenda narra che Benevento debba le sue origini all’eroe greco Diomede sbarcato in Italia dopo la distruzione e l’incendio di Troia e che avrebbe riservato per la città una zanna del mitico cinghiale Calidonio, che è il simbolo di Benevento, ucciso da Meleagro e secondo Procopio di Cesarea avrebbe anche ospitato l’incontro tra Diomede ed Enea. Entrata a far parte del sito seriale “Longobardi in Italia: i luoghi del potere”, ha visto, dal giugno del 2011, entrare nell’UNESCO anche

la bellissima chiesa di Santa Sofia, edificata nel 760 dal duca longobardo Arechi II, che la volle come cappella personale e santuario nazionale per la salvezza del popolo longobardo che è ricordato con una scultura all’interno della lunetta che sovrasta il portale d’ingresso. A pianta centrale, mostra all’interno una struttura poligonale di grande fascino, che ancora conserva affreschi del secolo VIII. È interessante ricordare come, pochi giorni or sono, sia stato presentato il nuovo “Piano di Gestione 2022-2027” del sito seriale UNESCO “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)”, che raggruppa appunto le testimonianze architettoniche e artistiche più significative della civiltà longobarda all’apice del suo sviluppo storico, distribuite in sette località di cinque diverse Regioni italiane tra cui l’importante sito religioso di Benevento. EMOTIONS

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Benevento

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CHIESA DI SANTA SOFIA

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BASILICA DI SAN BARTOLOMEO APOSTOLO

ARCANGELO GABRIELE, AFFRESCO NELLA CHIESA DI SANTA SOFIA

Nei vari periodi storici la città, grazie al suo carattere creativo, anche se schivo, ha cercato sempre di rinnovarsi, sviluppando il suo complesso urbano Ed ecco profilarsi la Rocca e, di fronte ad essa, sul Corso centrale, il Palazzo del Governo nei cui sotterranei (già utilizzati come rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale), aperti con splendide volte a mattoni accuratamente restaurati, fin dal 2005, è stato realizzato il Museo Arcos ad opera di Danilo Eccher. Ed è qui che, attraverso un ricco programma di mostre tematiche si è avviata la presentazione di una panoramica sia sull’arte contemporanea degli ultimi quarant’anni sia sulla produzione più attuale, grazie al coinvolgimento di artisti di fama internazionale e di giovani emergenti, stimolati a interagire con la storia e la cultura della città e della Provincia. Così, sotto la direzione di Ferdinando Creta, alla fine dell’estate del 2021, è stata presentata l’esposizione di Enrico Pinto, 70

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dal titolo “Genesi. I primi giorni della creazione”. Allontanandosi dalla chiesa di Santa Sofia e superato il volume neoclassico del Teatro Comunale si può entrare verso i vicoli medioevali più interni della città attraversando il suggestivo “Hortus Conclusus” realizzato fra arte e Natura, da Paladino come luogo di conforto per la continua lotta che l'uomo vive nel mondo concreto come nella propria interiorità, in cerca della pace. È un invito ad intraprendere un personale "percorso della memoria", volto a riscoprire il proprio passato e quindi se stessi. Di forma quadrangolare, simboleggia i quattro angoli dell'Universo, con al centro un albero emblema della vita e un pozzo o una fonte, simbolo della sorgente della conoscenza. Ma se il periodo romano è ancora presente con il Teatro Romano (da anni sede dell’evento legato a “Benevento Città Spettacolo) e il ponte Leproso, l’icona forte della città è soprattutto l’arco di Traiano che risulta essere uno degli archi trionfali romani con rilievi meglio conservati ed è storicamente la porta d’accesso alla consolare Appia verso Brindisi, la ben nota “Appia Traiana”. Fu infatti fin dall’epoca romana che i percorsi della via Appia e della via Traiana, resero Benevento un crocevia di estrema importanza verso il sud. Ma, scendendo fra i palazzi sontuosi del Corso Garibaldi, non si può non fermarsi davanti al Duomo, per ammirare non solo il campanile e la facciata, ultimi elementi rimasti dopo i disastrosi eventi bellici, ma anche la stupenda Porta bronzea accuratamente restaurata in anni recenti. Nei vari periodi storici che l’hanno coinvolta, la città, grazie al carattere molto creativo, anche se piuttosto schivo degli abitanti, ha cercato sempre di rinnovarsi, sviluppando notevolmente il suo complesso urbano ed arricchendosi di nuovi edifici, progredendo nell'agricoltura, specie nella coltivazione dei tabacchi e dei cereali, delle ottime mele annurche, delle famose industrie dolciarie specie quella del torrone, meccaniche, dei liquori, in particolare il notissimo Liquore Strega (titolare anche di un famoso Premio letterario), del legno, dei laterizi, come pure dei commerci e di numerose istituzioni assistenziali e culturali. https://www.enit.it/

https://www.italia.it/


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PALAZZO DEL GOVERNO

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MUSEO ARCHEOLOGICO


UNIVERSITÀ DI SANNIO

ANTICO TEATRO ROMANO

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ARCO DI TRAIANO

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KALEIDOSCOPE

Palacio Duhau Park Hyatt Buenos Aires Pamela McCourt Francescone

Tra Avenida Posades e Avenida Alvear, due dei viali più eleganti di Recoleta, il barrio più nobile di Buenos Aires, accanto al palazzo della Nunziatura Pontificia, sorge Palacio Duhau Park Hyatt. A congiungere i due edifici del complesso, il lussuoso palazzo aristocratico e l’edificio di design contemporaneo a 18 piani, un giardino terrazzato e rigoglioso: una perla rara in una metropoli come Buenos Aires. Due gli ingressi, quello del palazzo neoclassico, intimo e adatto all’arrivo di ospiti VIP che possono salire direttamente alle loro suite con un ascensore dedicato, mentre a collegare i due edifici c’è un sottopassaggio pedonale che ospita

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mostre d'arte di artisti locali. A co coperta, un centro fitness aperto e la Duhau Patisserie. Nel palazzo in marmo rosso e sono 11 le came camere e 27 suite nella nuova dep con lucidi pavimenti in parquet delicate con mobili classici e ba Posades alle pareti ci sono fotogra e le suite al top: la Duhau presid Alvear, e la più intima Suite Boud


omplementare i servizi una piscina 24 ore, la spa più grande della città antico brillano i pavimenti originali ere e 12 le suite, con le restanti 115 pendence. Spaziose e minimaliste, t e grandi finestre, sono in tinte agni in marmo. Nell’ala moderna afie mentre in quella Palacio dipinti denziale con un balcone, la Suite oir. Tre i ristoranti. Los Salones del

Piano Nobile con una grande terrazza dove vengono serviti i ricchi buffet della prima colazione, il pranzo, il Tè delle Cinque e cene eleganti. Il Duhau Restaurant & Vinoteca, specializzato in carni alla griglia, ha una selezione di vini argentini e internazionali e una Cheese Cellar con formaggi prodotti nella pampa. Unica nel suo genere a Buenos Aires la Gioia Botanical Cuisine con una cucina basata su piante, frutti, legumi, alghe e funghi che sostiene la filiera di coltivatori che si dedica alla sostenibilità del pianeta. Nell’Oak Bar, la boiserie in quercia antica è stata riportata dalla famiglia Duhau da un castello in Normandia, e l’atmosfera è quella di un club privato.

https://www.hyatt.com/en-US/hotel/argentina/palacio-duhau-park-hyatt-buenos-aires/bueph EMOTIONS

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KALEIDOSCOPE

Gala Tango.

Serata di passione a La Ventana di Buenos Aires Pamela McCourt Francescone

Una serata suggestiva per avvicinarsi al mondo seducente del tango, con un’orchestra dal vivo, ballerini, cantanti, virtuosi e una cena elegante con specialità locali e ottimi vini. Sensualità, nostalgia, malinconia. Non c'è nulla di più quintessenziale di Buenos Aires che il tango, e lo show Gala Tango di La Ventana è tra i più spettacolari. In un convento storico restaurato nel quartiere di San Telmo, a pochi isolati dalla centralissima Plaza de Mayo, lo spettacolo della durata di due ore, è un mix accattivante di danza, canto, musica, folklore, virtuosismo e sapori argentini.

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Stellari i ballerini, i cantanti e gli orchestrali: due violinisti, du bandoneonisti, un maestro di contrabasso e un pianista. Intim la sala rosso sfarzoso, e tavoli raffinati disposti lungo l’asse de palcoscenico così vicini agli artisti che più di spettatori ci si sent una parte integrante dello show. Elegante la cena a tre portate che riflette il meglio della cucin argentina: da antipasti tipici come empanadas e picadas, all carne e alla pasta, ai dolci tipici come il flan con dulce de leche, sulla carta dei vini il meglio della produzione locale internazionale. Classici, nostalgici e di alta sartoria i costumi delle tre coppie d


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di

ballerini che eseguono con passi sensuali e lesti alcuni fra i tanghi più conosciuti ed emozionanti, ma anche sorprendenti coreografie originali. Soavi le voci dei cantanti che riportano alla memoria la nostalgia degli anni d’oro del tango, e grandi interpreti dei tempi andati come il mitico Carlos Gardel. Virtuosi di gran classe il leader bandoneonista Fabio Hager e l’ospite Rodolfo Cuya Riuz sul charango, uno strumento a cinque corde doppie caratteristico dell'altopiano andino argentino. Tra gli applausi conclude la serata un commovente tributo a Eva Perón con Don’t cry for me Argentina, un sentito omaggio alla storia dell’Argentina e alla memoria dell’Evita nazionale.

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LIBRI EMOTIONS

Mario Botta

FIORE DI PIETRA MONTE GENEROSO

Elisabetta Castiglioni

RENATO RASCEL

SKIRA EDIZIONI

Un protagonista dello spettacolo del Novecento

“Le architetture”, dice Botta, “appartengono al luogo dove nascono e vivono la propria esistenza”. In una conversazione con Mario Botta, riportata nel volume, Gabriele Neri interroga l’architetto sul “rapporto che egli aveva avuto con il monte Generoso, prima della costruzione del nuovo edificio”. Ed è così che sappiamo che quel monte, per tutti coloro che, come Botta, sono cresciuti nel “Mendrisiotto,” si tratta “di una montagna mitica, sulla quale si saliva anche di notte nelle calde estati per vedere dalla cima lo spettacolo dell’alba. E sappiamo ancora come la “conquista del monte Generoso sia iniziata, a metà del XIX secolo, con il medico Carlo Pasta che volle costruire a Bellavista, posto in località intermedia, il primo grande albergo a cui cominciarono ad accedere numerosi gli ospiti che salivano “a dorso di mulo o con la portantina”. E oggi, ormai conquistata la vetta del Generoso, spicca dinanzi allo sguardo di chi si sia incamminato dal lago di Lugano, il “Fiore di pietra”, l’insolita architettura ideata dall’archistar. Si tratta del Ristorante-rifugio situato a 1700 metri di altezza, da cui lo sguardo spazia da nord a sud, dalla catena delle Alpi nord occidentali fino a scorgere il Mediterraneo. Il nome così particolare “Fiore di pietra” di cui ci narra lo stesso autore del libro e progettista dell’opera, è stato attribuito all’edificio, una volta ultimato (caso davvero eccezionale), non dall’architetto, ma dal committente, che lo vide appunto, una volta realizzato, come un fiore incastonato tra le montagne svizzere, elevato sul Monte Generoso, che svetta sopra Lugano. E il libro descrive molto bene come, salendo da Capolago, ci si renda davvero partecipi di questa graduale, possibile integrazione armoniosa fra natura e architettura ed è molto coinvolgente leggere nel testo i particolari di una passeggiata che Botta stesso ripercorre sui ricordi di quando compiva quel percorso da ragazzo. Al termine della passeggiata “il fiore di pietra” appare infatti all’improvviso, dopo l’ultima curva e l’architetto, che è anche l’autore del libro, così descrive l’impatto che si realizza alla sua vista: “ Ecco, il Fiore di pietra che si presenta improvvisamente …là in fondo al rettilineo d’arrivo, piccolo fuori (rispetto al mondo che ha intorno, dal Cervino fino alla Madonnina del Duomo di Milano) ma grande dentro (circa 1800 mq.) è il segno dell’uomo che desidera mettere la propria impronta”. E se l’architettura, secondo Botta, si basa sulla gravità, il Fiore di pietra ne è un esempio esaltante, fermo sulle rocce, ma al tempo stesso aperto, con i suoi “petali” verso l’orizzonte.

Spesso imprevedibili e sempre originali le performance di questo artista, Renato Rascel, così poliedrico nelle sue espressioni uniche, poetiche, comunicate con una naturalezza davvero speciale, appaiono, molto bene presentate, da Elisabetta Castiglioni nel testo “Renato Rascel. Un protagonista dello spettacolo del Novecento”. La figura di Rascel, spesso definito come un personaggio imprevedibile, tra lo “stralunato e il fanciullesco”, si è mostrata al pubblico e alla critica percorrendo le strade diverse dell’avanspettacolo, la rivista, la commedia musicale, la prosa, il cinema, la televisione e la musica leggera. Ed è così che l’autrice percorre, con metodo e passione, tutti i settori della creatività di Renato Rascel, che hanno occupato i suoi studi, tanto da farne il tema di un suo dottorato di ricerca. Per anni quindi, ella ha analizzato tutti i diversi archivi, emeroteche e biblioteche, che le hanno offerto i più svariati e interessanti materiali. Questa ricerca le ha permesso di scoprire carteggi e copioni (spesso inediti), fotografie d’epoca e testimonianze raccolte anche attraverso colloqui con amici e colleghi, che ancora vent’anni or sono, allorché la Castiglioni iniziava il suo lavoro, erano sempre disponibili a fornire racconti e particolari curiosi e affascinanti. E’ un percorso “cronologico, ma anche sincronico”, quello percorso dall’autrice, organizzandone la comunicazione ai lettori, attraverso i diversi “linguaggi scenici” da lui affrontati, con un garbato e raffinato senso umoristico. Personalissimo lo stile eclettico di Rascel, giocoso e pur riflessivo, in un dialogo immediato con il pubblico, dal ricordo della curiosa figura del “Corazziere”, fino alle commedie musicali di Garinei e Giovannini e alle bellissime note di “ Arrivederci Roma.” E’ così che il libro coinvolge il lettore, anche attraverso scritti autografi di Rascel, oltre ai ricordi che l’autrice ha saputo mettere in rilievo esaminando, fin dagli esordi, la carriera del “piccoletto”, a mano a mano, con ordine, in tutte le attività da lui svolte nel tempo, spesso contemporaneamente: dal varietà e avanspettacolo, alla rivista, alla prosa, al cinema, alla televisione. Tra essi cogliamo il ricordo, riportato dalla Castiglioni, dell’apertura dei “bauli di scena”, così particolari e assai diversi da quelli di oggi, molto più semplicemente strutturati. Agli occhi di Rascel erano invece l’apertura di un meraviglioso mondo fantastico. di Luisa Chiumenti

di Luisa Chiumenti

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IACOBELLI EDITORE


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