Tesi Silvia Camuglia

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S

i l v i a

C

a m u g l i a

L’Employer Branding COLLANA EMPLOYER BRANDING


INDICE

Introduzione

IV

Capitolo 1 – L’Employer branding

1

Capitolo 2 – Definizione del target interno/esterno di riferimento

6

Capitolo 3 – L’Employer brand positioning

10

Capitolo 4 – Elaborazione dell’Employer brand

16

4.1 – Employer branding per attrarre i talenti

19

4.2 – Employer branding per trattenere le risorse umane di valore

22

Capitolo 5 – Comunicazione dell’Employer brand

26

5.1 – La comunicazione rivolta al target esterno da conquistare

27

5.2 – La comunicazione interna

36

Capitolo 6 – Controllo e analisi della percezione dell’identità e dell’immagine aziendale

40

6.1 – I benefici legati alla politica dell’Employer branding

42

I


Capitolo 7 – Evoluzione della Direzione del personale

46

Capitolo 8 – Coca-Cola HBC Italia: caso aziendale di Employer branding

53

8.1 – L’adozione della strategia di Employer branding

54

8.2 – I profili del target interno/esterno ai quali Coca-Cola HBC Italia rivolge la sua politica di Employer Branding

55

8.3 – Il posizionamento dell’Employer brand Coca-Cola

57

8.4 – Come Coca-Cola HBC Italia elabora la sua strategia di Employer branding

58

8.5 – Comunicare l’Employer brand Coca-Cola HBC Italia

64

8.6 – Controllo e analisi dei risultati legati alla politica di Employer branding

65

Conclusioni

67

Bibliografia

70

II


Introduzione

Gli anni ‘90 hanno rappresentato lo scenario globale di una complessa serie di fenomeni che ha rivoluzionato le modalità di organizzazione e funzionamento delle imprese: maggiore competizione, accelerazione nell’innovazione tecnologica, aumento dei processi di fusione e di acquisizione, cambiamenti nelle esigenze della clientela, progressivo dissolvimento dei confini geografici e di settore. Tutti fenomeni che hanno messo in crisi la tradizionale gestione aziendale, fondata sui principi della gerarchia, della suddivisione funzionale del lavoro, della standardizzazione dei processi, e che hanno indotto le imprese ad orientarsi verso nuovi

fattori

critici

di

successo,

quali

il

decentramento

decisionale,

l’interdipendenza, l’adattamento al mercato e alle esigenze dei clienti. Le aziende si sono ritrovate a misurare il loro vantaggio competitivo con la propria capacità di rispondere rapidamente e adeguarsi ai cambiamenti interni ed esterni, attraverso lo sviluppo di conoscenze, capacità, abilità della forza lavoro1. La vera sfida del nuovo millennio riguarda le persone. C’è la certezza diffusa che il capitale umano sia la risorsa più preziosa nelle mani dell’impresa, il vantaggio competitivo nell’economia di oggi. Gli individui diventano l’elemento distintivo delle organizzazioni, ne determinano la qualità e ne garantiscono la sopravvivenza in un contesto altamente concorrenziale2. Negli ultimi dieci anni è venuto modificandosi il rapporto tra individuo e azienda3. La crescente flessibilità, turbolenza, discontinuità sia dell’ambiente, sia dei contesti organizzativi ha messo in crisi tale relazione; l’aumentata incertezza delle imprese ha generato un elevato livello di ansia nelle persone, complicando i meccanismi alla base della motivazione individuale. La lealtà e la dedizione continua nel tempo, 1

Galluzzi R., Tarantino L. (2004), “Individuo e Organizzazione. Sviluppo professionale e qualità

del lavoro”, Direzione del Personale, 1, 128, pp. 6-9. 2

Weizmann H. C., Weizmann J. K. (2001), Gestione delle risorse umane e valore dell’impresa. Un

nuovo modello per migliorare performance e fedeltà dei collaboratori, Milano: Franco Angeli. 3

Galluzzi R., Tarantino L. (2004), “Individuo e Organizzazione. Sviluppo professionale e qualità

del lavoro”, Direzione del Personale, 1, 128, pp. 6-9.

III


l’impegno nei confronti del lavoro si dissolvono lasciando spazio al pensiero diffuso di un’appartenenza temporanea all’azienda. Cambia anche ciò che l’individuo chiede all’impresa: la possibilità di sviluppo e di crescita professionale, un ambiente di elevata qualità che favorisca l’apprendimento e una maggiore esperienza, un clima organizzativo caratterizzato da fiducia e trasparenza, l’opportunità di conciliare vita privata e vita lavorativa4. Oggi sono tutti d’accordo sul fatto che il successo o l’insuccesso di un’azienda dipenda dalla sua capacità di attrarre e trattenere collaboratori di valore e di motivarli a operare nell’interesse dell’organizzazione. Dato che la concorrenza obbliga le imprese a concentrarsi di più sul cliente, il fattore di differenziazione centrale non è il prodotto che si offre, ma il modo in cui lo si vende: soltanto dipendenti motivati e brillanti riescono a lavorare ad un livello qualitativo superiore, che induce i consumatori a scegliere i beni di quell’azienda. Questo vuol dire che ogni collaboratore contribuisce al raggiungimento della soddisfazione e della fedeltà del cliente, che decreta a sua volta il successo dell’impresa5. Per avere dunque dipendenti con le caratteristiche giuste è necessario studiare e mettere a punto efficaci strategie di marketing, al fine di attrarre i migliori candidati presenti sul mercato del lavoro e fidelizzare le risorse interne di alta qualità, proprio come avviene per la clientela6. Per anni le organizzazioni hanno considerato secondario il fattore “risorse umane” per il raggiungimento di un buon livello di competitività aziendale, non ponendo quindi attenzione a valori, attitudini, capacità, conoscenze che ogni individuo possiede come patrimonio personale7.

4

Galluzzi R., Tarantino L. (2004), “Individuo e Organizzazione. Sviluppo professionale e qualità

del lavoro”, Direzione del Personale, 1, 128, pp. 6-9. 5

Weizmann H. C., Weizmann J. K. (2001), Gestione delle risorse umane e valore dell’impresa. Un

nuovo modello per migliorare performance e fedeltà dei collaboratori, Milano: Franco Angeli. 6

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 7

Amendola E. (2001), “Alla conquista dei giovani talenti”, Il Giornale del Dirigente, novembre, pp.

6-11.

IV


La Funzione delle risorse umane sta assistendo alla nascita di una nuova era: se il dipendente diviene caratteristica distintiva delle imprese di successo, i professionals del personale devono trasformarsi da manager delle risorse umane in architetti della forza lavoro. Non basta più ricoprire un ruolo amministrativo, definire le mansioni e i benefit. Occorre conoscere bene la visione della propria azienda, ideare quindi soluzioni per strutturare una forza lavoro in grado di raggiungere gli obiettivi stabiliti, capire in che modo gestire la retribuzione e i riconoscimenti non monetari per ottenere dai collaboratori soddisfatti i risultati desiderati, decidere chi assumere, chi licenziare, chi coinvolgere nei processi. I professionisti delle risorse umane dovranno utilizzare con abilità gli strumenti passati e innovativi per trasformare le organizzazioni “demoralizzate” in aziende competitive. Quelle che sapranno attrarre e trattenere i migliori dipendenti dureranno nel tempo8. Oggi la soluzione a tale problema si identifica nelle azioni di recruitment/retention marketing, denominate Employer branding9.

8

Weizmann H. C., Weizmann J. K. (2001), Gestione delle risorse umane e valore dell’impresa. Un

nuovo modello per migliorare performance e fedeltà dei collaboratori, Milano: Franco Angeli. 9

Amendola E. (2001), “Alla conquista dei giovani talenti”, Il Giornale del Dirigente, novembre, pp.

6-11.

V


1. L’Employer branding

Il concetto di Employer branding è stato coniato per la prima volta da Simon Barrow all’inizio degli anni ’90, come strumento che permettesse all’azienda di diventare un attraente posto di lavoro per quelle risorse umane che potenzialmente potessero essere i talenti da conquistare ed inserire nell’organizzazione e per quei collaboratori che, dando un importante contributo al successo aziendale, dovessero essere convinti a restare, perché capitale umano di valore per l’impresa10. Barrow ha iniziato la sua carriera come brand manager in Best Foods (ora parte di Unilever) e in Colgate – Palmolive, assumendo successivamente la carica di CEO in un’agenzia di comunicazione appartenente a Charles Barker Group, dove il suo crescente impegno nelle risorse umane è stata la scintilla che lo ha portato a concepire l’Employer brand. Da qui ha proseguito fondando nel 1992 People in Business, società di consulenza specializzata nell’Employer branding che aiuta le organizzazioni clienti a sviluppare e incrementare il loro successo grazie al capitale umano all’interno delle loro realtà11. Le profonde trasformazioni che hanno investito l’economia globale negli ultimi anni hanno avuto un impatto profondo sul mercato del lavoro, sia dal punto di vista della domanda che dell’offerta. E’ cambiata innanzitutto la consapevolezza del candidato riguardo la propria posizione in azienda: la crescita del tasso di istruzione e di formazione postuniversitaria ha reso gli individui coscienti di rappresentare una risorsa importante nell’organizzazione. Le aziende sono sempre più convinte che gli “intangible assets” stiano divenendo un parametro di valutazione del loro valore. Si può capire allora perché le organizzazioni siano portate a fare un’attenta riflessione sull’importanza di

10

People in Business (2003), Welcome to employerbrand.com, http://www.employerbrand.com.

11

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd.

VI


reclutare la persona giusta, ossia quel capitale umano in grado di fare la differenza e di portare vantaggio competitivo12. Oggi ricercare e trattenere i talenti è diventato un bisogno sentito maggiormente dalle aziende di tutto il mondo: questo capovolgimento dei rapporti di forza tra imprese e candidati ha le sue cause nei cambiamenti avvenuti nel mercato del lavoro negli ultimi anni13. Le innumerevoli innovazioni tecnologiche che hanno modificato la realtà d’impiego, la domanda pressante rivolta a individui qualificati e di talento, l’atteggiamento diffuso tra i lavoratori di passare da un‘azienda all’altra (negli ultimi anni si è registrato negli Stati Uniti un preoccupante tasso di turnover pari al 50% dei dipendenti ogni quattro anni) sono gli elementi scatenanti il fenomeno che è stato definito “la guerra dei talenti” e che ha preso le mosse dalla famosa pubblicazione della McKinsey14, “The War for Talent”, del 199815. Tale studio, portato avanti dai consulenti della McKinsey & Company, Beth Axelrod, Helen Handfield-Jones e Ed Michaels, si focalizza sulle caratteristiche di quelle compagnie che riescono ad attrarre i migliori candidati e ad offrire loro motivi convincenti per diventare collaboratori e rimanere a lungo all’interno dell’azienda. I tre studiosi affermano che per vincere questa “competizione” occorre mettere in atto la regola che consiste nell’attrarre, sviluppare e trattenere le persone di qualità, in modo da avere a disposizione un pool eccellente di talenti che crei vantaggio competitivo per l’organizzazione16. Per reclutare le risorse umane di valore, le imprese non devono necessariamente far parte di un settore attrattivo, o avere retribuzioni elevate rispetto alla concorrenza. 12

ASSORES (2002) (a cura di), “Nuove strategie per l’acquisizione delle risorse umane”, Direzione

del Personale, 1, 120, pp. 38-39. 13

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 14

McKinsey & Company è la principale società di consulenza strategica per l’Alta Direzione a

livello internazionale. Serve il top management di aziende leader su temi chiave quali la strategia, l’organizzazione e il miglioramento operativo. 15

Amendola E. (2001), “Alla conquista dei giovani talenti”, Il Giornale del Dirigente, novembre,

pp. 6-11. 16

Axelrod B., Handfield-Jones H., Michaels E. (2002), La guerra dei talenti. Come sedurre e

trattenere i manager di qualità, Milano: Etas.

VII


Piuttosto occorre essere una compagnia eccellente e offrire un lavoro entusiasmante. Le imprese note per le performance e la crescita raggiunte e la posizione di leader occupata nel settore hanno maggiori vantaggi. Le offerte di lavoro sono ugualmente essenziali per attrarre i talenti: se ben strutturati, tali impieghi possono contribuire al raggiungimento dello sviluppo aziendale17. La gestione del capitale umano di valore può articolarsi in quattro filoni distintivi di attività: •

l’attrazione dei talenti, o talent attraction;

l’individuazione e la selezione dei talenti, o talent selection;

lo sviluppo dei talenti, o talent development;

il loro mantenimento nell’organizzazione, o talent retention.

Se per talento si intende quella persona di elevato potenziale e con alta capacità di performance, in grado di apprendere velocemente e operare in realtà complesse e in rapido cambiamento, che contribuisce in maniera rilevante al successo dell’impresa, allora il primo quesito che si deve porre una compagnia è come diventare un’azienda capace di attirare questa risorsa. Il processo che può rendere più appetibile un’impresa sul mercato del lavoro ha diverse analogie con il marketing, mediante il quale l’azienda vende in modo competitivo i propri prodotti / servizi, cercando di soddisfare al meglio la clientela che intende “conquistare”18. Come viene fatto quindi per attrarre e fidelizzare i clienti, così ci si sta impegnando nello sviluppo di politiche di branding che, partendo dalle esigenze di potenziali candidati e migliori collaboratori, costruiscano e trasmettano, tramite adeguate strategie comunicative, l’immagine di un ambiente lavorativo ideale che attiri i talenti necessari per essere imprese di successo. L’insieme delle azioni svolte per costruire e comunicare la propria identità ad un target costituito da reclutati e dipendenti, in modo che sia il brand ad attirare e fidelizzare i soggetti coerenti con la propria cultura aziendale, va sotto il nome di 17

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd. 18

Crosta C. (a cura di), Fertonani M., Mazzoni M. L., Vanni L. S. (2004), Selezionare, acquisire e

mantenere le Risorse Umane. La tradizione, le novità, le tendenze, Milano: Franco Angeli.

VIII


Employer branding. Esso non è altro che uno strumento di marketing finalizzato alla creazione di un’immagine aziendale, in linea con l’identità dell’impresa come luogo di lavoro, distinta dai competitors e in sintonia con il segmento di riferimento, che riesca a reclutare e mantenere le risorse di talento19. Il primo elemento catalizzatore dell’attenzione dei candidati è il brand aziendale, che raccoglie in sé tutti i pensieri, le idee, le percezioni che gli individui associano al nome dell’organizzazione come potenziale datore di lavoro. Tali sensazioni possono derivare da quello che le persone hanno sperimentato o che hanno sentito da chi lavora nell’impresa in questione o dalle immagini ricevute attraverso campagne di comunicazione. Il brand aziendale esiste nelle menti dei candidati come in quelle dei dipendenti e necessita di essere coltivato20. Si associa ai processi di recruitment e di gestione delle risorse umane con la stessa coerenza di comunicazione e marketing utilizzata per i clienti. L’Employer branding si traduce quindi in un’azione di creazione di valore e di comunicazione di un messaggio rivolto al giusto target, costituito da possibili “acquirenti” chiamati a scegliere il posto di lavoro che desiderano. Richiamando ancora una volta l’analogia esistente tra marketing ed Employer branding, si può facilmente evidenziare come le fasi caratterizzanti la strategia del primo, che sono: •

la ricerca di mercato

la segmentazione, il targeting, il posizionamento

l’elaborazione del marketing mix

lo sviluppo e la realizzazione del marketing mix

il controllo e l’analisi dei risultati

si possano riproporre anche per il processo di Employer branding, che si articola nei seguenti stadi: 1. definizione del target interno/esterno di riferimento 2. Employer brand positioning 19

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 20

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd.

IX


3. elaborazione dell’Employer brand 4. comunicazione dell’Employer brand 5. controllo e analisi della percezione dell’identità e dell’immagine aziendale21.

21

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29.

X


2. Definizione del target interno/esterno di riferimento

La prima fase del processo di Employer branding è la definizione del target verso il quale indirizzare le politiche di attraction e retention. Per delineare le caratteristiche ideali da ricercare nel potenziale candidato, è necessario svolgere inizialmente un’accurata analisi interna, che rilevi quali siano le persone di talento già impiegate in azienda, cioè quelle risorse che danno un reale contributo al successo dell’organizzazione e che saranno il modello al quale ispirarsi per svolgere l’attività di recruitment. Concorrono alla valutazione del capitale umano di valore elementi quali il trend di performance, il livello di competenze, le caratteristiche di leadership, il potenziale di crescita, le aspirazioni professionali, la reputazione e la credibilità. E’ quindi importante costruire un efficace sistema interno di review dei talenti, in base al quale determinare le attitudini e i valori che caratterizzano gli “high performers”. Come suggerisce Eugenio Amendola: “Una lista delle variabili da misurare potrebbe essere la seguente: -

competenze tecniche

-

capacità di problem solving

-

leadership

-

capacità comunicative

-

capacità di lavorare in team

-

capacità di apprendimento

-

capacità di iniziativa e di pianificazione

-

capacità di analisi e di sintesi

-

capacità di motivare

-

capacità nel realizzare i risultati

-

capacità di delegare

-

capacità di resistenza in situazione di incertezza” 22.

22

Amendola E. (2003) “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation Report, pp. 20-29.

XI


Il processo di review dovrebbe consentire la valutazione dei collaboratori rispetto a standard di eccellenza, rappresentare la base per l’allocazione delle opportunità, degli interventi retributivi, dei percorsi di sviluppo e dovrebbe facilitare l’analisi dei punti di forza e di debolezza dei talenti interni per definire infine i comportamenti che caratterizzano la performance elevata. Occorre servirsi di un adeguato sistema di segmentazione, che differenzi i dipendenti in categorie di dimensioni significative, e applicare un semplice strumento di analisi da adattare alle specifiche esigenze aziendali23. E’ possibile utilizzare un’interessante matrice che, ponendo in relazione due tipi di competenze, da un lato quelle tecnico-professionali, dall’altro quelle gestionalirelazionali, classifica i “valutati” in quattro gruppi24:

alte

Specialisti puri

Talenti

basse

Competenze tecnico-professionali

La matrice dell’incrocio delle competenze

Rallentatori

Contributori efficaci

basse

alte

Competenze gestionali-relazionali

23

Axelrod B., Handfield-Jones H., Michaels E. (2002), La guerra dei talenti Come sedurre e

trattenere i manager di qualità, Milano: Etas. 24

Crosta C. (a cura di), Fertonani M., Mazzoni M. L., Vanni L. S. (2004), Selezionare, acquisire e

mantenere le Risorse Umane. La tradizione, le novità, le tendenze, Milano: Franco Angeli.

XII


Queste variabili, associate alla capacità degli individui assunti di raggiungere gli obiettivi prefissati, permettono di determinare quali tra esse risultano rilevanti nel definire le performance. Ciò che si ottiene dall’analisi interna sui talenti è la definizione del profilo ideale che si ricerca nel candidato, oltre alle indicazioni utili per delineare il target del mercato esterno del lavoro25. Una delle tipologie di segmentazione più utilizzate è il raggruppamento basato sul livello di impegno che le persone sono disposte a dedicare all’azienda. Un esempio è fornito dalla ricerca condotta nel 2002 da TNS, società di consulenza statunitense specializzata nelle indagini di mercato, su un campione di 20,000 lavoratori di 33 nazioni diverse. Lo studio si focalizza sul grado di impegno delle persone sia nei confronti dell’azienda in cui sono occupate, sia del lavoro che sono tenute a svolgere, venendo classificate in quattro gruppi distinti:

TNS survey

disinteressati 31% ambasciatori 41%

ambasciatori career oriented

company oriented 8%

company oriented career oriented 20%

25

disinteressati

Amendola E. (2003) “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation Report, pp. 20-29.

XIII


-

gli

Ambasciatori

sono

quegli

individui

pienamente

impegnati

nell’organizzazione e nel loro lavoro o percorso di carriera, che sono in posizione intermedia tra un’alta figura manageriale e gli high performers; -

i Career oriented sono quelle persone orientate più alla carriera che all’azienda, si configurano come performers di alto livello e per migliorare e potenziare le loro capacità si affidano ai percorsi formativi e di sviluppo;

-

i Company oriented sono coloro che dedicano maggiore attenzione all’organizzazione piuttosto che al loro lavoro o carriera, sono portatori di skill consolidate, ma hanno limitato talento;

-

i Disinteressati non si impegnano né nei confronti dell’azienda, né nel lavoro da svolgere, hanno basso talento, limitate capacità26.

Atre interessanti variabili di segmentazione possono essere quelle demografiche (età, status economico, titolo di studio), geografiche (nazionalità, regione), comportamentali rispetto alla ricerca del lavoro, alla mobilità, alle condizioni lavorative27.

26

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd. 27

Amendola E. (2003) “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation Report, pp. 20-29.

XIV


3. L’Employer brand positioning

Le informazioni che si ottengono dalla fase di segmentazione aiutano a individuare quei comportamenti omogenei rispetto ai quali valutare il posizionamento attuale dell’organizzazione (employer brand), il suo grado di competitività e i suoi diretti concorrenti28. Si può definire “posizionamento” dell’Employer brand quell’insieme di attività volte a evidenziare le caratteristiche dell’azienda come ambiente di lavoro e a sviluppare un’adeguata strategia di marketing che permetta all’impresa di conquistarsi una posizione nella mente degli employees, differenziata dai competitors29. Sarebbe utile avere un’idea in merito a questioni relative al target di riferimento e alle percezioni che sono andate formandosi riguardo l’ immagine organizzativa, in particolare: -

riconoscimento del nome, ovvero quante persone di questo segmento riconoscono il nome dell’impresa;

-

consapevolezza, cioè quanti tra gli individui che ne riconoscono il nome sanno che cosa fa l’azienda, quali sono i suoi prodotti / servizi, quale è la dimensione e il settore di appartenenza del suo business;

-

importanza, quindi chi tra i componenti del target potrebbe considerare l’organizzazione come luogo di lavoro futuro, quali sono le sue intuizioni come candidato potenziale e quali altre imprese sono incluse tra le sue scelte;

-

analisi, ovvero chiedersi quali sono i principali motivi per i quali offrire un impiego, quali impressioni trasmettono le attività e i materiali di recruitment, cosa possono recepire gli individui dalle informazioni raccolte sull’azienda;

28

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 29

Amendola

E.

(2005),

“Employer

Brand

http://www.cesop.it/HR/pdf/cesopcomm.pdf.

XV

Positioning”,

HR

Innovation

Report,


-

brand experience, cioè l’idea che una persona si fa dell’organizzazione al primo impatto; su cosa si fondano i gap che possono venire a crearsi tra le aspettative della gente nei confronti dell’impresa e l’esperienza vissuta successivamente al suo interno;

-

retention, quindi come cambia la percezione dell’immagine aziendale nel momento in cui un individuo intraprende al suo interno un percorso di carriera e cosa potrebbero raccontare gli impiegati dell’impresa ai potenziali candidati30.

Uno schema generale dei campi che l’organizzazione deve prendere in esame può essere il seguente: Le aree di analisi preliminari

L’obiettivo principale di questa fase è fare in modo non solo che futuri employees si ricordino dell’impresa e della sua notorietà, ma far sì che nella loro mente 30

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd.

XVI


l’azienda sia associata a connotazioni che la rendono unica e distinguibile dalle concorrenti31. In questo modo è possibile venire a conoscenza dei pareri e dei giudizi espressi dalle persone riguardo i differenti luoghi di lavoro. Molte società di ricerca sviluppano classifiche delle migliori imprese del settore o della nazione, stilate attraverso indagini effettuate su un campione di dipendenti di ciascuna organizzazione partecipe. Ad ogni panel viene distribuito un questionario contenente una serie di parametri di valutazione: le risposte ottenute consentono di analizzare i pareri dei lavoratori, successivamente confrontati con i giudizi forniti dalle aziende stesse e da ultimo permettono di ottenere la classifica, basata sulla somma dei risultati rispetto ai vari parametri, delle organizzazioni che presentano il miglior ambiente in cui lavorare32. Uno dei più noti esempi è offerto dal Great Place to Work Institute, società di ricerca e consulenza manageriale che ha base negli Stati Uniti e uffici internazionali affiliati in tutto il mondo. Dal 1980 ascolta i dipendenti e valuta i datori di lavoro per capire che cosa rende eccellente un ambiente organizzativo. Le continue indagini, gli strumenti di misurazione utilizzati e i servizi di formazione forniti hanno reso quest’azienda leader nel supporto alla creazione di luoghi di lavoro competitivi, creando relazioni di collaborazione e di successo tra le persone a tutti i livelli organizzativi. Ogni anno, in molti Paesi in tutto il mondo, l’Istituto realizza la classifica dei migliori ambienti aziendali a livello nazionale e continentale, seguendo un metodo basato sul livello di fiducia e la qualità dei rapporti esistenti tra dipendenti e management. Alla base del concetto di “great place to work ” definito dallo stesso Istituto, ossia “quel luogo dove gli individui si fidano delle persone per cui lavorano, sono orgogliosi di ciò che fanno e si trovano bene con i loro colleghi”, c’è l’idea che tutto questo dipenda dalla qualità di tre relazioni: 1. il rapporto tra dipendenti e manager; 31

Amendola

E.

(2005),

“Employer

Brand

Positioning”,

HR

Innovation

Report,

http://www.cesop.it/HR/pdf/cesopcomm.pdf. 32

Crosta C. (a cura di), Fertonani M., Mazzoni M. L., Vanni L. S. (2004), Selezionare, acquisire e

mantenere le Risorse Umane. La tradizione, le novità, le tendenze, Milano: Franco Angeli.

XVII


2. il rapporto tra dipendenti e la loro azienda; 3. il rapporto dei dipendenti tra loro. La fiducia è l’elemento essenziale nella relazione lavoratore-datore di lavoro e, secondo il modello utilizzato da Great Place to Work, questa è costituita da tre dimensioni: •

credibilità, cioè la capacità dei manager di comunicare con regolarità i programmi e i piani aziendali ai dipendenti, chiedendo loro di esprimere pareri, così che i collaboratori possano comprendere il rapporto tra il loro lavoro e gli obiettivi organizzativi da realizzare. “Per essere credibili, alle parole devono seguire i fatti”;

rispetto, che significa apprezzare il buon lavoro e gli extra, avvicinarsi ai dipendenti e renderli partecipi alle attività aziendali, incoraggiare la collaborazione e creare un ambiente salutare e sicuro. “Rispetto significa che il bilanciamento della vita privata con il lavoro sia una pratica, non uno slogan”;

equità, ovvero che il successo economico sia condiviso mediante retribuzione e benefit, che ognuno riceva una equa opportunità di riconoscimento, che le decisioni in merito a promozioni e assunzioni vengano prese in modo imparziale, che l’ambiente di lavoro sia libero da discriminazioni. “Per essere equi bisogna essere giusti”;

Le successive dimensioni appartenenti al modello dell’Istituto sono: •

orgoglio, in riferimento alla relazione tra dipendenti e azienda;

cameratismo, riguardo il rapporto dei dipendenti tra loro.

In un’impresa eccellente si riduce la distanza tra manager e employees, l’ambiente diventa una “comunità”, gli individui si sentono orgogliosi del lavoro, dei colleghi, dell’organizzazione, collaborano tra loro e vogliono continuare a sviluppare la loro carriera in azienda. Ecco che, in base ai suddetti parametri, Great Place to Work Institute Italia ha stilato la lista nazionale dei migliori ambienti organizzativi, aggiornata al 200633.

33

Great Place to Work Institute Italia (2006), Liste dei Migliori Ambienti di Lavoro,

http://www.greatplacetowork.it/gptw/index.php.

XVIII


1. Microsoft

18. Istituto Europeo di Oncologia

2. Johnson & Johnson

19. Revlon

3. Fater

20. Medtronic Italia

4. Roche Diagnostics SpA

21. Philips

5. Coca-Cola HBC Italia

22. Novartis Farma

6. Guidant Italia

23. Gruppo Loccioni

7. Johnson Wax

24. Gruppo IML

8. HP Italia

25. Diageo Italia

9. Cisco Systems Italia

26. Avon Cosmetics

10. American Express Services Europe Limited

27.Kraft Foods Italia S.p.A

11. FedEx Express

28. Pfizer Italia

12. Cefriel

29. Difa Cooper

13. Shire Italia

30. Bristol–Myers Squibb

14. Eli Lilly Italia

31. LeasePlan Italia

15. MediaMarket

32. AstraZeneca

16. W. L. Gore & Associati

33. Starwood Hotels & Resorts Italia

17. Stabilimento di Scoppito (AQ) Sanofi-Aventis S.p.A.

34. Start People 35. Barabino & Partners

XIX


Ai primi posti i settori chimico-farmaceutico e i servizi, i più veloci a comprendere l’importanza del fattore qualità nella vita lavorativa. Si tratta per lo più di multinazionali, con una cultura manageriale e organizzativa molto più avanzata. Le imprese italiane sono poche, segno che stanno muovendo ora i primi passi verso una concezione dell’eccellenza e dell’attrattività dell’ambiente di lavoro34. L’organizzazione che partecipa all’indagine può in questo modo vedere il proprio posizionamento, rispetto alle concorrenti, nelle menti dei “clienti-dipendenti” da conquistare. E’ fondamentale capire la cultura che regna nell’impresa e individuare gli elementi distintivi della propria storia, della propria personalità che differenziano l’azienda dalle altre35.

34

Dell’Amico M. (2005), “La pagella dei dipendenti premia Microsoft”, Il Sole 24 Ore, 340, p. 23.

35

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd.

XX


4. Elaborazione dell’Employer brand

La fase di definizione dell’Employer brand è molto delicata36. In primo luogo l’organizzazione deve stabilire quale tipologia di Employer brand sviluppare per migliorare la sua immagine agli occhi dei potenziali candidati e degli attuali collaboratori e per ottenerne alti livelli di impegno, fedeltà e sostegno. Un’impresa deve chiedersi quale sia il motivo che porta le persone a vedere l’azienda come il miglior posto di lavoro. E’ nella sua visione o missione che può ricercare tale ragione, in modo da far emergere un’efficace Employer brand proposition37. Quindi il primo passo da compiere è definire un’identità, specifica per il mondo del lavoro, che susciti interesse nel target di riferimento, portatrice di benefici materiali e immateriali e contemporaneamente coerente all’immagine aziendale. L’impresa, dopo le attente analisi effettuate in fase di posizionamento, ha a sua disposizione numerose informazioni su come sia percepita da employees e candidati, su quali siano i suoi punti di forza/debolezza e cosa la rende diversa dalle altre. Ha quindi tutto il materiale necessario per costruire, o ridefinire, la propria brand. Nelle attività di sviluppo dell’Employer branding si fa riferimento a cinque “Best Practices”, in grado di aiutare l’azienda a gestire nel miglior modo possibile le proprie strategie di recruiting e retention. Tali processi sono stati sviluppati dopo anni di studio focalizzato sul comportamento delle “500 Fortune”, le prime organizzazioni classificatesi per fatturato in tutto il mondo: •

Best Practice 1: adottare le tradizionali politiche di marketing e sviluppare continui programmi di formazione; rivedere le procedure di selezione ponendo maggiore attenzione sulle attitudini personali e sulle effettive capacità; creare un ambiente di lavoro basato su interessi comuni; costruire relazioni fondate sul

36

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 37

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd.

XXI


mutuo rispetto; tenere conto delle singolarità di tutti. In questo modo sarà possibile ottenere un clima organizzativo interno capace di favorire il lavoro in team, la produttività e la soddisfazione di tutti i collaboratori; •

Best Practice 2: l’azienda deve promuovere la propria immagine ai dipendenti attuali e potenziali e il brand comunicato dovrà essere coerente e capace di esprimere i valori e gli ideali radicati nella sua cultura; per attirare ed assumerei i talenti di cui ha bisogno, dovrà fare ricorso alle tecniche di marketing con la stessa dedizione con cui utilizza le politiche di customer brand proposition; proprio per vendere al meglio la sua immagine, sarà necessario sfruttare le tradizionali leve del marketing mix: il prodotto (offerta di lavoro vincente), il prezzo (retribuzione e benefits), la comunicazione (il messaggio mediatico), la distribuzione (canale o mezzo di comunicazione);

Best Practice 3: diventare una learning organization, dove le nuove generazioni di lavoratori possano imparare e sviluppare nuove skills; quelle imprese che saranno in grado di trattenere le migliori risorse umane dovranno fornire opportunità di crescita continua attraverso lo sviluppo di corsi di formazione ad hoc, “education week”, programmi di intenrship e percorsi formativi interni;

Best Practice 4: ottenere continui feedback da parte di tutti i dipendenti, da un lato per migliorare la propria organizzazione, dall’altro per creare un senso di coesione e di appartenenza;

Best Practice 5: sviluppare politiche di retention adeguate per non incorrere nel rischio di perdere il capitale umano di valore e la sua conoscenza; questo significa stare molto attenti a capire le aspettative dei propri collaboratori, i loro bisogni, le loro ambizioni38.

E’ importante comprendere a fondo il mercato del lavoro nel quale si è inserti e le esigenze del segmento a cui si è rivolti. Fondamentali sono i valori insiti nell’azienda, che chiariscono in cosa l’impresa crede e mostrano la base sulla quale si fonda la cultura organizzativa. Valori quali il rispetto, l’integrità, la libertà, l’onestà, lo spirito di iniziativa devono saper

38

Il Sole 24 Ore.com (2003), Il processo di sviluppo dell’Employer branding,

http://www.carriera24.ilsole24ore.com/sezioni/hrmanagers.jhtml.

XXII


incontrare gli ideali in cui si ispirano le persone già impiegate e quelle che si vogliono reclutare. La personalità dell’Employer brand emerge dal modo in cui i valori sono espressi in termini di carattere e stile comunicativo. Stabiliti tutti gli elementi necessari a delineare il posizionamento dell’Employer brand sul mercato del lavoro, la domanda che un’organizzazione si pone è come mantenere coerente questa politica nell’attrarre e trattenere talenti diversi tra loro. Ecco che si parla di Employee Value Proposition, ovvero quell’insieme di promesse avanzate ad ogni target di riferimento. L’Employee Value Proposition è il complesso i fattori che influenza atteggiamenti e comportamenti degli individui sul posto di lavoro: l’ambiente aziendale, il tipo di leadership esercitata, la soddisfazione per il tipo di mansione che verrà svolta, la retribuzione e i benefits che si percepiranno, i possibili percorsi di carriera, ovvero tutti quegli elementi “motivanti” che favoriscono il benessere nel lavoro39. Si definisce come una sorta di scambio tra quello che i lavoratori ricevono dal proprio datore e le loro performance raggiunte40. Elaborare un Employee Value Proposition vincente significa definire un’identità organizzativa che sappia conquistare il target di riferimento, soddisfarne i bisogni e le aspettative41. Sono due le facce della stessa “medaglia”, come simbolicamente è stato definito l’Employer branding: il recruting e il retaining. In ognuno dei due processi saranno adottate quelle politiche in grado di trasmettere, rispettivamente a candidati e dipendenti, l’identità aziendale vincente42.

39

Crosta C. (a cura di), Fertonani M., Mazzoni M. L., Vanni L. S. (2004), Selezionare, acquisire e

mantenere le Risorse Umane. La tradizione, le novità, le tendenze, Milano: Franco Angeli. 40

Petersen B. (2003), The Employee Value Propositions: 6 Things You Need to Know,

http://www.net-temps.com/employers/hrcorner/index.htm. 41

Crosta C. (a cura di), Fertonani M., Mazzoni M. L., Vanni L. S. (2004), Selezionare, acquisire e

mantenere le Risorse Umane. La tradizione, le novità, le tendenze, Milano: Franco Angeli. 42

Salvadeo M. (2005), Strategie di Employer Branding,

http://risorseumane.monster.it/5912_it_p1.asp.

XXIII


4.1 Employer branding per attrarre i talenti L’attrattività di un’impresa è data principalmente dalla sua immagine complessiva e dalla sua reputazione nel mercato. La forza dell’Employer brand nasce da elementi quali: la leadership dell’azienda, la sua competitività, i suoi risultati, lo stile di management, le opportunità di crescita e di sviluppo professionale che offre, la sua dimensione e il suo grado di internazionalità. L’impresa è chiamata sempre più a esporsi all’esterno con l’obiettivo di farsi conoscere e apprezzare dai candidati migliori: per risultare più attraente agli occhi dei talenti dovrà essere in grado di valorizzare e accrescere il capitale di capacità e competenze che i suoi dipendenti possiedono43. Una persona compie la sua scelta in base a ciò che percepisce dalle immagini aziendali, fatte di storia, marchio, prodotto, uomini che vi lavorano, e al valore che ne può ricavare. La definizione dell’identità organizzativa non deve risolversi nella creazione di uno slogan, ma seguire un processo di pianificazione adeguato. Amendola propone l’utilizzo, con gli opportuni adattamenti al mercato del lavoro, del modello di Aaker sulla definizione dell’identità di marca. Tale modello si compone di quattro prospettive in base alle quali concepire l’azienda: 1. il prodotto 2. l’organizzazione 3. la persona 4. il simbolo. Nel definire l’Employer brand si può utilizzare, in base alle scelte del target di riferimento e delle azioni comunicative, un punto qualsiasi al quale verranno associate peculiarità che meglio delineano l’immagine aziendale. Il prodotto rappresenta l’offerta di lavoro in termini di capacità e competenze richieste, mansioni, compiti da svolgere, retribuzione, benefit, tipologia contrattuale, formazione che l’impresa è disposta ad erogare.

43

Astrologo D. (2003), “La guerra dei talenti: il caso FIAT”, Direzione del Personale, 1, 124, pp.

11-13.

XXIV


L’organizzazione è considerata dal punto di vista degli attributi istituzionali che, per chi valuta l’azienda come posto di lavoro, forniscono preziose informazioni riguardo: il livello di leadership nel settore, la solidità, l’innovazione, la dinamicità, l’attenzione alle esigenze dei collaboratori e della clientela, il rispetto dell’ambiente e della società in cui si opera. Se l’impresa viene vista come persona, allora ci si riferisce al rapporto che essa stessa instaura con il candidato: da tale relazione emergono il clima organizzativo interno, capace di favorire condivisione, rispetto, equità, partecipazione; lo stile direzionale, basato sulla fiducia, sull’autonomia e sulla responsabilizzazione di ogni dipendente nei compiti da svolgere; l’ambiente aziendale sicuro, salutare; le opportunità di carriera e di sviluppo professionale; la sicurezza di un equo bilanciamento tra vita privata e lavoro. Per quanto riguarda il simbolo può essere efficace sfruttare il marchio, già in uso nel corporate branding e quindi noto agli occhi del mercato, per veicolare l’immagine organizzativa44. Di seguito è riportato l’esempio di Vodafone45:

In fase di attraction, l’azienda potrebbe fare uso di aneddoti che coinvolgono i soggetti di successo già impiegati al suo interno e che forniscono validi modelli con cui identificarsi, aumentando in questo modo l’appeal dell’impresa46.

44

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 45

Cesop Communication (2005), Recruiting Advertising,

http://www.cesop.it/aziende/recruiting_adv#. 46

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29.

XXV


Le aziende, interessate a mantenere un certo grado di competitività nel mercato del lavoro e ad attrarre e sedurre gli high performers, devono tenere conto di quegli elementi che portano le risorse umane a scegliere l’organizzazione della quale far parte in futuro. Dall’indagine “Best100”, promossa nel 2003 da Skillpass su un vasto campione di studenti e giovani lavoratori di tutta Italia, emergono gli aspetti che motivano maggiormente i potenziali candidati nella scelta di un’impresa47:

Cosa si chiede a un nuovo lavoro Aspetti maggiormante valutati nella scelta di un'azienda Possibilità di crescita professionale

59,49% 17,86%

Clima aziendale

15,18%

Stipendio e benefit

Brand e reputazione aziendale

Altro

47

6,09% 1,57%

Galluzzi R., Tarantino L. (2004), “Individuo e Organizzazione. Sviluppo professionale e qualità

del lavoro”, Direzione del Personale, 1, 128, pp. 6-9.

XXVI


4.2 Employer branding per trattenere le risorse umane di valore Molte organizzazioni si stanno rendendo conto che la carenza di talenti adeguati è un vincolo significativo per la propria crescita futura e fanno il possibile per trattenere le loro risorse umane di valore. Oltre ad essere una questione di benessere soggettivo, la retention del personale ha anche valenza economica per tre motivi: 1. la crescente importanza del capitale intellettuale, delle competenze, del know how; 2. l’esistenza di un legame causale tra la fedeltà dei dipendenti e la soddisfazione dei clienti; 3. il costo elevato del turnover del personale48. La capacità di trattenere le risorse umane è frutto di una cultura manageriale e di una strategia complessiva intenta a valorizzare i talenti professionali. Occorre servirsi di processi adeguati e strumenti efficaci per la valutazione del grado di qualità delle persone, offrire opportunità idonee di carriera e di sviluppo personale e professionale, sistemi di coinvolgimento, comunicazione e responsabilizzazione dei collaboratori a tutti i livelli della struttura.49 Le persone sono spinte a restare in azienda per diverse ragioni: -

un senso di identificazione nell’impresa. I collaboratori vogliono lavorare per quelle aziende ben gestite, guidate da leader capaci e competitivi, che sappiano motivare i dipendenti alla realizzazione della visione da condividere;

-

un capo rispettato. Importante è una buona relazione tra datore di lavoro e collaboratore; le persone tendono a rimanere in azienda se hanno un capo che rispettano e che le rispetti e le aiuti;

-

una retribuzione adeguata, che non significa solo una paga competitiva, ma anche una remunerazione intangibile, fatta di apprendimento, di crescita e di autorealizzazione;

-

una buona integrazione interpersonale. Essenziale è avere la possibilità di lavorare in team e collaborare per il raggiungimento di obiettivi comuni;

48

Harvard Business Essentials (2003), Assumere e trattenere le persone migliori, Boston: Etas.

49

Astrologo D. (2003), “La guerra dei talenti: il caso FIAT”, Direzione del Personale, 1, 124, pp.

11-13.

XXVII


-

un lavoro ricco di significati. Le persone vogliono svolgere quelle mansioni che incontrano i loro interessi. Solo un lavoro stimolante e soddisfacente rende più produttivi50.

Secondo una ricerca portata avanti da Career Innovation Group nel 1999, su un panel di un migliaio di giovani professionisti di 73 nazioni diverse, questi sono i fattori che portano gli high performers a rimanere a lungo nell’organizzazione51:

Fattori di retention Sviluppo della carriera, responsabilità

30% 24%

Retribuzione/benefit appropriati Opportunità di lavorare all'estero

16%

Apprendimento, crescita personale

14%

Nuove attività e sfide

12%

La soddisfazione sul lavoro

12%

Lo stile di vita, la famiglia, lo stress

9%

Opportunità e offerte altrove

8%

Ambiente e clima piacevole e amichevole

8%

Sviluppo professionale e aggiornamento

6%

Riconoscimenti

6%

Per trattenere il maggior numero di collaboratori validi, l’azienda si deve muovere verso queste direttrici: 1. mantenere un ambiente di lavoro di primo ordine, il che significa lavorare su tre temi cardine: •

work environment, dato dallo stile di leadership dei capi, dall’attenzione allo sviluppo, dalla varietà e innovatività dei compiti, dalla qualità delle relazioni interpersonali;

company environment, inerente alle politiche di Corporate Social Responsibility, all’impegno verso la comunità e il territorio di appartenenza;

50

Harvard Business Essentials (2003), Assumere e trattenere le persone migliori, Boston: Etas.

51

Galluzzi R., Quaratino L. (2003), “Gestione degli Alti Potenziali tra bisogni individuali e strategie

organizzative”, Direzione del Personale, 1, 124, pp. 7-10.

XXVIII


work and life balance, riguardante i servizi innovativi da erogare ai collaboratori, il riconoscimento del tempo libero, il lavoro flessibile;

2. condividere le informazioni sul business, sulla performance finanziaria, sulle strategie e sui piani, in modo che i dipendenti si sentano coinvolti, partecipi alle dinamiche aziendali e in grado di contribuire al buon funzionamento dell’organizzazione; 3. lasciare alle persone la massima autonomia possibile, la massima libertà d’azione compatibilmente alle loro capacità, in modo da farle sentire gratificate; 4. esortare i collaboratori a dare di più, ad impegnarsi, perché le risorse umane di talento amano le sfide e apprezzano vedersi affidare compiti e responsabilità più gravosi di quelli definiti contrattualmente; 5. progettare le mansioni in modo adeguato, in quanto non c’è nulla di più demotivante di una posizione ripetitiva, isolata, che non prevede sfide; 6. stabilire adeguate politiche retributive, tenendo conto del fatto che la remunerazione conta, nel senso che non si possono trattenere collaboratori validi se non si offre loro un’adeguata retribuzione, ma questa non è un fattore motivante vero e proprio, come sostiene Frederick Herzberg, il padre della motivazione, secondo cui gli incentivi remunerativi producono solo un miglioramento temporaneo della performance. Occorre quindi mantenere i giusti livelli, in linea con il settore, e offrire extra a quei dipendenti in possesso di competenze rare e preziose, in modo da farli sentire apprezzati per il loro impegno e le loro capacità; 7. stabilire politiche di sviluppo e percorsi di carriera personalizzati, in modo che il collaboratore si senta messo nelle condizioni di imparare, affrontare nuove sfide intellettuali e professionali, ricevendo stimoli verso nuove esperienze di apprendimento52. Bisogna ricordare che le persone di valore sono fedeli principalmente a se stesse e, subito dopo, al proprio mestiere e al proprio bagaglio di competenze. Di fronte all’attuale impossibilità dell’organizzazione di assicurare la stabilità lavorativa, queste risorse, consapevoli del proprio valore e talento, chiedono all’impresa il supporto necessario per essere aiutate nella crescita personale e professionale. 52

Harvard Business Essentials (2003), Assumere e trattenere le persone migliori, Boston: Etas.

XXIX


Pertanto la decisione di rimanere o andarsene è legata alle prospettive di sviluppo e carriera nell’azienda, ma è connessa anche a quanto l’impresa offre per mettere le persone in condizioni di impiegarsi con profitto altrove. Paradossalmente i talenti sono motivati a restare nelle aziende che più di altre valorizzano le competenze, le potenzialità per orientarsi in altre posizioni sul mercato53.

53

Astrologo D. (2003), “La guerra dei talenti: il caso FIAT”, Direzione del Personale, 1, 124, pp.

11-13.

XXX


5. Comunicazione dell’Employer brand

La comunicazione dell’Employer brand gioca un ruolo vitale nella percezione e nella comprensione di ciò che l’organizzazione intende offrire. L’obiettivo principale è quello di raggiungere un equilibrio tra identità e immagine aziendale. L’identità si traduce in ciò che l’impresa vuole essere, un concetto ideale che rappresenta l’immagine da raggiungere mediante lo strumento della comunicazione. Gli obiettivi in questa fase sono: - creare o incrementare la notorietà; - rafforzare i tratti caratteristici esistenti; - creare nuove connotazioni, in linea con i cambiamenti dell’identità; - differenziare l’azienda; - sviluppare una relazione con il target basata su elementi razionali ed emotivi. Se conseguiti, questi scopi permetteranno di ottenere la risposta desiderata dal pubblico di riferimento, che sarà: •

Cognitiva (conoscenza e comprensione razionale del messaggio che l’impresa vuole trasmettere, con il fine di suscitare interesse);

Affettiva (coinvolgimento emotivo);

Comportamentale (azione che si genera successivamente ad una forte convinzione di ciò che si è visto e sentito).

Il programma di comunicazione dovrebbe avere un’idea-guida che soddisfi i bisogni del target, che derivi dalle sue caratteristiche e differenzi l’organizzazione dalle concorrenti54. E’ utile distinguere, per meglio comprenderne significato, obiettivi e strategie, la comunicazione esterna rivolta ai potenziali candidati, dalla comunicazione interna diretta ai collaboratori di valore, tenendo però ben presenti la sinergia e la complementarietà tra i due momenti, in quanto la “promessa” che si trasmette al

54

Amendola E. (2003) “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation Report, pp. 20-29.

XXXI


target esterno, cioè l’importanza di appartenere all’azienda, deve essere mantenuta una volta che i candidati sono diventati dipendenti55.

5.1 La comunicazione rivolta al target esterno da conquistare Questa fase assume un’importanza particolare nell’aiutare i potenziali candidati a comprendere ciò che l’organizzazione vuole trasmettere loro attraverso la propria vision e identità56. La considerazione della persona da assumere come cliente da conquistare rende possibile il fatto che l’azienda si esponga e si “venda” sul mercato del lavoro, in modo da convincere il target a comprare il “prodotto” di suo interesse in cambio non solo dei benefici materiali ma anche e soprattutto di quelli immateriali (crescita professionale, carriera, clima organizzativo basato sulla fiducia e la stima). Secondo quanto sostiene Amendola, i mezzi di comunicazione utilizzati dall’azienda possono essere classificati in tre gruppi, a seconda del livello di interazione con il segmento obiettivo57. Primo gruppo. Sono quei mezzi che permettono un alto grado di relazione con il pubblico di riferimento e quindi: -

il sito web, sia dell’organizzazione stessa che delle società di consulenza per la ricerca e la selezione del personale. I website aziendali sono veri e propri strumenti di comunicazione verso il mondo del lavoro, in cui vengono promossi i propri valori, la propria immagine, le politiche di sviluppo dei dipendenti, i percorsi di carriera, e sono visualizzabili vetrine dedicate alle posizioni aperte. Quasi tutte le società di ricerca e selezione hanno una propria pagina web in cui pubblicare campagne di Employer branding personalizzate e offerte di lavoro

55

People Value (2005), Employer experience – Come comunicare l’employer experience,

http://www.peoplevalue.it/employer-experience.html 56

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd. 57

Amendola E. (2003) “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation Report, pp. 20-29.

XXXII


delle aziende clienti, con meccanismi di raccolta di curriculum on line all’interno di database, dai quali le stesse imprese estraggono i profili idonei alle loro esigenze; -

il colloquio con i candidati all’interno del processo di reclutamento e di selezione, accompagnato da una serie di test e sistemi di assessment. Questo strumento ha la finalità di dare sia al candidato che all’employer la possibilità di raccogliere più informazioni possibili per prendere la decisione migliore. Ai partecipanti il colloquio viene presentata l’azienda con il supporto di una ricca documentazione che metta in luce la sua identità, la cultura, l’ambiente, le attività, i percorsi professionali, i profili ricercati. Ne emerge una relazione di grande stile, che non può che suscitare impressioni positive sia nei candidati, sia negli esclusi;

-

il passaparola effettuato dai dipendenti, nel segnalare le posizioni di impiego aperte, ai conoscenti che si ritengono adeguati professionalmente a ricoprire quel dato ruolo. Molto più di quanto si pensi e di quanto le organizzazioni se ne preoccupino, la loro immagine e reputazione dipende da cosa i collaboratori dicono dell’azienda stessa a colleghi, amici, capi, presenti e futuri.

Secondo gruppo. Ne fanno parte i mezzi che consentono di effettuare un primo contatto e che consolidano l’identità dell’impresa presso il target di riferimento: -

presentazioni presso le università, intese a promuovere la cultura, la struttura e i profili aziendali, ad entrare in contatto con studenti e laureati per individuare le risorse in linea con i propri bisogni di recruiting;

-

pubblicazioni specifiche rivolte a studenti e laureati, distribuite in occasione di manifestazioni quali job meeting, convegni, career day, fiere, con l’intento di trasmettere l’immagine dell’organizzazione, illustrarne i dati essenziali e il tipo di sviluppo professionale che il giovane potrebbe incontrare entrando a far parte di quell’impresa58.

58

Crosta C. (a cura di), Fertonani M., Mazzoni M. L., Vanni L. S. (2004), Selezionare, acquisire e

mantenere le Risorse Umane. La tradizione, le novità, le tendenze, Milano: Franco Angeli.

XXXIII


Riporto di seguito l’esempio relativo alla seconda edizione di “IncontrILavoro – dall’Università all’Azienda”, giornata di orientamento svoltasi il 12 ottobre 2005 all’Università degli Studi di Parma.

La manifestazione ha ospitato importanti imprese ed enti di formazione che, all’interno dei loro stands, hanno presentato le proprie realtà illustrandone la cultura, le attività, gli obiettivi e i profili professionali ricercati, e hanno svolto incontri e colloqui con studenti, laureati e giovani professionisti che desideravano ricevere informazioni sulle opportunità di lavoro offerte e sui percorsi di formazione e di carriera previsti all’interno delle singole organizzazioni. Per chi avesse voluto, ogni azienda offriva la possibilità di presentare il proprio curriculum vitae o di compilare application forms predisposti per il ricevimento delle candidature. Nell’arco della giornata si è potuto assistere a diversi incontri, in aule appositamente attrezzate, dove l’impresa presentava in modo dettagliato l’organizzazione, i suoi prodotti / servizi, i profili ricercati, gli aspetti maggiormente qualificanti la propria offerta di lavoro e rispondeva alle

XXXIV


domande di chiarimento e alle curiosità dei partecipanti in merito alle dinamiche di assunzione, di sviluppo, di carriera e di retribuzione59. Terzo gruppo. E’ formato dai mezzi di comunicazione di massa che si rivolgono ad un ampio pubblico non selezionabile a priori, con l’obiettivo di aumentare la notorietà dell’impresa e della sua offerta di impiego60: -

inserzioni sui media, utilizzate per attirare l’attenzione del target di riferimento e far conoscere l’esigenza dell’azienda per una specifica posizione di lavoro. La carta stampata rappresenta lo strumento classifico per la pubblicazione di offerte di impiego. I principali quotidiani italiani riservano una o più pagine alle inserzioni, solitamente pubblicando ricerche di personale qualificato. Questo tipo di annuncio contiene: il nome dell’azienda che offre il lavoro, accompagnato o meno da un logo (in ragione della sua notorietà), la sua presentazione, il settore in cui opera, i prodotti / servizi commercializzati. Di seguito è riportato l’esempio di questo genere di inserzione61.

59

Visita all’Università degli Studi di Parma, dove si è tenuto il career day “IncontrILavoro” il giorno

12 ottobre 2005. 60

Amendola E. (2003) “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation Report, pp. 20-29. 61

Corriere della Sera (2005), TrovoLavoro – Annunci di Ricerca di Personale, Milano, RCS

MediaGroup.

XXXV


L’organizzazione può decidere di mantenere l’anonimato, affidando la ricerca ad una società di selezione del personale (i cacciatori di teste), che indica il suo nome e il settore in cui opera l’impresa cliente, come è rappresentato nell’annuncio seguente62:

Successivamente alla presentazione aziendale, sono indicati i requisiti del candidato ideale, essenziali o preferenziali, vengono riportate le condizioni offerte, come il trattamento economico, la sede di lavoro, l’inquadramento legale del contratto, e per ultimo è esplicitato l’indirizzo al quale inviare le domande di lavoro e i curricula. E’ possibile trovare piccoli annunci, più sintetici, contenenti nome dell’impresa, area geografica d’impiego, requisiti professionali, modalità per candidarsi. Sono inserzioni di ricerca del personale delle PMI e per lavori meno qualificati, che vengono pubblicate per lo più sui giornali “free ads” e sulla free press63. Si deve però notare la leggera flessione che negli ultimi anni sta subendo il mercato degli annunci sulla carta stampata, a causa della concorrenza di Internet; la Rete offre vantaggi sia in termini economici, sia riguardo le

62

Ibidem

63

Bolognini C. (2005), “Come si legge un’offerta di lavoro”, Ateneoeazienda,

http://www.ateneoeazienda.it/strumenti/leggeannuncio.

XXXVI


molteplici possibilità di ricerca, sia per la maggiore tempestività dei tempi di individuazione e di risposta64. Eccone un esempio65:

Générale Industrielle S.p.a, agenzia per il lavoro (Aut. Min. 26/11/04 Prot. N° 1101-SG) cerca per multinazionale leader nella distribuzione globale e nella logistica UN

Gruppo Generale Industrielle Gruppo di aziende di servizi per le risorse umane 180 filiali su tutto il territorio italiano

-

IMPIEGATO UFFICIO LOGISTICO

Il candidato si occuperà di verificare il corretto invio delle merci, DDT, garantire l’evasione dell’ordine monitorando l’efficacia e l’efficienza della distribuzione. Requisiti: diploma, età 25/30 anni, conoscenza base del Pc. Disponibilità a lavorare su turni. Durata contratto: 2 mesi + possibilità di proroghe. Zona di lavoro: San Giuliano M.se (MI). I candidati ambosessi (L.125/91), sono invitati a leggere sul sito www.generaleindustrielle.it l'informativa privacy (D.Lgs.196/2003). Inviare il CV al seguente indirizzo di posta elettronica: milodi@genind.it o al seguente numero di fax: 0258432146

pubblicità, pubbliche relazioni, sponsorizzazioni, spesso mutuati da altri programmi di comunicazione aziendale, quali la comunicazione di prodotto, realizzando un’integrazione che consente di contenere i costi e di rendere immediatamente riconoscibile l’organizzazione attraverso il tradizionale corporate branding66. I prodotti / servizi sono facilmente associati all’impresa stessa e ai suoi collaboratori. Se il target conosce il prodotto e lo associa a determinati benefici emotivi, allora quest’ultimo diventa un potente mezzo di comunicazione che incrementa l’attrattività dell’azienda. Quando l’impresa ha una buona reputazione, lavorare al suo interno trasmette connotazioni positive nelle percezioni e nelle valutazioni di un candidato.

64

Dell’Olio L. (2004), Flessione per gli annunci sui giornali,

http://hr.mercurius.it/site/paginacanali.asp?canale=18. 65

Corriere della Sera.it (2006), TrovoLavoro, http://www.corriere.it/dynrpq/dyn/lavoro/index.jhtml.

66

Crosta C. (a cura di), Fertonani M., Mazzoni M. L., Vanni L. S. (2004), Selezionare, acquisire e

mantenere le Risorse Umane. La tradizione, le novità, le tendenze, Milano: Franco Angeli.

XXXVII


Il prodotto / servizio è spesso il primo contatto che si istaura tra individuo e azienda e diventa di conseguenza un’importante fonte informativa sull’impresa. Si realizza così uno sfruttamento dell’immagine del bene commercializzato, utilizzato per comunicare sul mercato del lavoro interno / esterno. Si tratta in sostanza di creare un’iniziativa di co-branding, che coinvolge il prodotto e il datore di lavoro sfruttando tutte le forme di comunicazione utilizzate per il primo in modo da creare vantaggi per entrambi; i mezzi da adottare possono essere: i.

inserimento di offerte di impiego nelle iniziative di direct marketing;

ii.

integrazione del packaging del prodotto con le inserzioni;

iii.

inserimento, nella pagina web dedicata al prodotto, di un link con sezione “career”;

iv.

allestimento di centri informativi nei punti vendita e negli eventi sponsorizzati dall’organizzazione67. Qui di seguito è riportato il caso Barilla, che utilizza in un contesto di career day l’immagine del suo prodotto all’interno di uno “slogan” di reclutamento68.

In diverse occasioni si assiste invece alla creazione ex novo della campagna employer, svincolata dalla tradizionale comunicazione marketing per diversi motivi: •

non tutto può essere mutuato dal corporate branding e assumerne stesso valore e significato;

67

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 68

Materiale distribuito allo stand Barilla in occasione del career day “IncontrILavoro” all’Università

degli Studi di Parma, 12 ottobre 2005.

XXXVIII


può essere utile mantenere distinte l’identità impresa-employer dall’identità impresa-corporate, in modo da far comprendere fino in fondo le azioni e gli obiettivi

dell’una

e

dell’altra

e

chiarire

maggiormente

la

loro

interdipendenza;

viene facilitata l’operazione di monitoraggio dell’efficacia delle azioni di employer branding69;

Esempi di creazione di una nuova immagine - employer, realizzata appositamente da Cesop Communication in occasione dei job fairs, sono rispettivamente la brochure informativa e lo stand personalizzato di Johnson & Johnson Medical70.

69

Amendola E. (2005), “Employer Brand Positioning”, HR Innovation Report,

http://www.cesop.it/HR/pdf/cesopcomm.pdf. 70

Cesop Communication (2005), Recruiting Advertising,

http://www.cesop.it/aziende/recruiting_adv#.

XXXIX


Secondo l’indagine “Recent Graduates Survey 2004”, condotta da Cesop Communication sul tema “L’employer branding come leva strategica per attrarre i neolaureati” provenienti dalle principali Università italiane, il mezzo di comunicazione considerato più utile per avere informazioni sul mercato del lavoro risulta essere Internet, con una percentuale del 36,5%71.

71

Cesop Communication (2005), “Recent Graduates Survey 2004”, HR Innovation Report –

Edizione 2005, http://www.cesop.it/HR/arch_2005.

XL


5.2 La comunicazione interna Per quanto riguarda propriamente la comunicazione interna, strumento di retention che trasmette gli elementi immateriali della job offer, quali la cultura e il clima aziendali, l’obiettivo è quello di fidelizzare il collaboratore di valore: sarà necessario enfatizzare quegli aspetti organizzativi positivi e risolvere problemi ed elementi negativi, venendo incontro alle esigenze dei dipendenti nei limiti dei vincoli finanziari e aziendali ma compatibilmente agli obiettivi di business72. Per spiegare il ruolo centrale che ha assunto questo strumento di retention nelle imprese è necessario introdurre il concetto di internal marketing, un insieme di azioni rivolte al mercato interno atte a migliorare il clima interrelazionale e organizzativo sviluppando la partecipazione di ogni singolo lavoratore. L’azienda deve trasmettere il profilo della sua identità e scambiare i suoi prodotti (informazioni, incentivi, servizi) per ottenere coinvolgimento, consenso, affezione, spinta down-top, imprenditorialità interna, maggiore produttività, flessibilità e

72

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29.

XLI


innovazione. Ha quindi la necessità di pianificare la comunicazione per ciò che attiene soprattutto: •

la missione

la storia aziendale

il posizionamento dell’impresa sul mercato

gli obiettivi attuali e futuri

la redditività

le minacce e le opportunità di mercato

l’etica aziendale.73

Il punto focale di questo processo è la necessità di realizzare una bidirezionalità, in modo da far percepire al lavoratore la volontà dell’impresa di ascoltarlo e aiutarlo nei momenti critici e consentire all’organizzazione stessa di ottenere il coinvolgimento emotivo dei dipendenti e dei collaboratori, la diffusione dei suoi valori, della sua missione, della sua strategia e la ricezione degli stimoli innovativi provenienti dai soggetti che partecipano alla vita dell’azienda. Questo è il risvolto dell’inserimento della soddisfazione del dipendente tra i valori della vision74. I collaboratori hanno esigenze di comunicazione molto semplici; vogliono sapere: •

qual è il loro ruolo come dipendenti;

quali sono i punti di forza e di debolezza dell’organizzazione;

in che modo l’azienda intende affrontare eventuali difficoltà;

come possono essere autorizzati ad assumersi maggiori responsabilità.

L’impresa si sta rendendo conto che i collaboratori di valore devono essere informati sugli avvenimenti della propria realtà lavorativa, in modo da dare un contributo positivo e concreto all’azienda di appartenenza75. Gli strumenti utilizzati per la comunicazione interna sono:

73

Castellano F., Coletti M., Iacci P., Pecoriello G., Pollini L., Quaglino G. P., Roggero G., Santoro

G. M., Valdatta P. (1990), “Internal Marketing. Strumenti di marketing per la gestione del personale”, Milano: Guerini e Associati. 74

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 75

Corrado F. M. (2005), “Come migliorare la comunicazione interna nelle organizzazioni”, Milano:

Franco Angeli.

XLII


-

intranet, rete di computer interna ad un’organizzazione, che permette ai dipendenti e ai pubblici autorizzati di comunicare tra loro tramite e-mail e newsgroup, condividere e trasmettere informazioni, documenti, navigare in Internet; facilita la comunicazione dei fini aziendali e degli incentivi ad essi connessi, rende note le posizioni aperte e le opportunità professionali nell’impresa, permette una comunicazione diretta e bidirezionale;

-

manuali operativi interni, che esplicitano in modo chiaro l’identità aziendale e riportano le attività da svolgere per realizzarla;

-

coaching program, ovvero incontri con un esperto di employee satisfaction che esamina, per poi risolverli, problemi e lamentele avanzati dai dipendenti76;

-

manuale d’immagine o Corporate Identity Manual, testo di riferimento e di coordinamento per l’uso del logotipo e del simbolo dell’impresa, che definisce i criteri di applicazione degli elementi base della comunicazione aziendale per rendere più efficiente l’uso dell’immagine istituzionale attraverso la standardizzazione delle sue norma di riferimento;

-

eventi interni, quali convention, forum, feste aziendali che aumentano l’orgoglio di appartenere all’organizzazione e posso essere occasione per presentare nuovi programmi da implementare77;

-

riunioni, classico strumento di comunicazione interna utilizzato per informare i partecipanti su questioni all’ordine del giorno, per condividere le decisioni prese, per discutere su argomenti al fine di giungere ad una scelta comune78;

-

stampa aziendale, importante veicolo che racconta l’impresa e le persone che ne fanno parte, informa i dipendenti sulle più importanti novità legate alle attività e agli obiettivi organizzativi, fornisce spunti per l’apertura di dialoghi e dibattiti dedicando spazi dove le persone possono esprimere pareri e avanzare suggerimenti79.

76

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29. 77

De Vincentiis M. (2000), “La Perfetta Comunicazione interna”, Milano: Lupetti.

78

URP (2004), Comunicazione interna, http://www.urp.it/Index.jsp.

79

Castellano F., Coletti M., Iacci P., Pecoriello G., Pollini L., Quaglino G. P., Roggero G., Santoro

G. M., Valdatta P. (1990), “Internal Marketing. Strumenti di marketing per la gestione del personale”, Milano: Guerini e Associati.

XLIII


Il programma di comunicazione deve utilizzare quegli strumenti che permettano all’impresa di pianificare tutti i possibili punti di contatto con employees e candidati, in modo da trasmettere un’esperienza completa e coerente dell’identità organizzativa. La scelta dei mezzi da utilizzare dipenderà dal target di riferimento, dal budget e dalla stessa tradizione comunicativa messa in atto dall’azienda80.

80

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29.

XLIV


6. Controllo e analisi della percezione dell’identità e dell’immagine aziendale

Il controllo è la fase finale del processo e, nel caso fosse necessario, la spinta a modificare in tutto o in parte il percorso svolto nella costruzione dell’Employer brand. L’analisi dei risultati interesserà: 1. la verifica di una corretta definizione del target interno/esterno, entro cui l’impresa avrà individuato gli high performers; 2. il riscontro che l’identità aziendale sia in sintonia con il segmento al quale si rivolge e sia differenziata dai competitors; 3. il controllo di un efficace programma di comunicazione esterna che abbia raggiunto lo scopo di maggiore notorietà e visibilità, che abbia trasmesso in modo corretto l’identità organizzativa, che abbia saputo raggiungere l’immagine obiettivo; 4. la verifica che il programma di comunicazione interna abbia reso comprensibile l’identità dell’impresa, che non abbia causato scostamenti tra immagine obiettivo e realtà aziendale e sia riuscito a catturare il consenso e il coinvolgimento dei dipendenti-interlocutori. Per analizzare i risultati ottenuti occorre predisporre di sistemi di valutazione sia quantitativi che qualitativi. Gli indicatori quantitativi sono: •

il costo unitario per assunzione;

il numero di curricula ricevuti;

la percentuale dei curricula utili sul totale di quelli pervenuti;

il livello di turnover;

riferiti allo specifico target e al mezzo di comunicazione utilizzato. Dovrà essere sostenuto un confronto nel tempo e, se possibile, con i dati relativi alla concorrenza. Le misure qualitative sono rappresentate dagli strumenti che permettono di definire la forza del brand. Ideale sarebbe costruire un modello che evidenzi gli effetti dell’Employer branding, che, passando dal fondamentale contributo degli

XLV


employees, hanno sul comportamento dei clienti dell’azienda e indirettamente sugli obiettivi di business81. Sears Roebuck, importante catena di distribuzione statunitense, ha dimostrato l’esistenza di uno stretto legame tra customer satisfaction e performance dei dipendenti, mettendo a punto, grazie all’indagine svolta in 800 punti vendita di sua proprietà, il modello gestionale “Employee - customer - profit chain”. Questa teoria sostiene la presenza di un rapporto causa – effetto tra le attitudini dei collaboratori, il comportamento dei clienti e i profitti dell’azienda. Una serie di misure, costituenti i Total Performance Indicators, mostra come il comportamento dei dipendenti influisca sulla loro retention, come tale retention abbia effetti sui fattori determinanti la customer satisfaction e come quest’ultima produca positivi risultati finanziari per la compagnia.

81

Amendola E. (2003), “Employer branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per

attrarre i talenti”, HR Innovation report, pp. 20-29.

XLVI


Mediante un continuo processo di raccolta dati, analisi, sperimentazioni, si è potuto calcolare che 5 punti di incremento nell’indice che misura le capacità dei lavoratori porta alla crescita di 1,3 punti della soddisfazione dei clienti e dello 0,5% dei ricavi82.

6.1 I benefici legati alla politica dell’Employer branding Le imprese che hanno fatto dell’Employer branding un vantaggio competitivo hanno beneficiato di: -

riduzione dei costi, come è stato dimostrato da diversi studi che sostengono una correlazione tra l’impegno dei lavoratori e la diminuzione delle spese. Costi ingenti vengono affrontati soprattutto nella fase di reclutamento; sostituire i dipendenti rappresenta un peso non indifferente per il budget aziendale, quindi l’impresa deve cercare di sviluppare efficaci politiche di retention per non perdere il capitale umano di valore. Le spese possono diminuire anche grazie a minori sprechi ed uso efficiente delle risorse materiali che solo gli high performers possono realizzare;

-

customer satisfaction, come evidenziato dallo studio condotto da Sears, avvantaggiandosi di elevati livelli di soddisfazione e fedeltà del cliente, che si rivolge ad un’organizzazione costituita da personale qualificato, professionale, impegnato con entusiasmo e dedizione al proprio lavoro, a sua volta soddisfatto del proprio impiego;

- risultati finanziari, derivanti da una più elevata produttività e migliori performance aziendali; è evidente come una forte politica di Employer branding, accompagnata da alti livelli di impegno e dedizione da parte dei collaboratori, possa favorire l’impresa nella riduzione dei costi, in una clientela più soddisfatta e, come conseguenza ultima, nel raggiungimento di un

82

Kirn S. P., Quinn R. T., Rucci A. J. (1999), “The Employee-Customer-Profit Chain at Sears”,

Harvard Business School - Working Knowledge, http://hbswk.hbs.edu/item.jhtml.

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incremento dei risultati finanziari83. Analisi realizzate negli Stati Uniti, tra il 1998 e il 2004, confrontando il ritorno degli investimenti in borsa delle “100 Best companies to work for” in Usa con gli investimenti di quelle aziende con maggiore capitalizzazione di mercato, rivelano un ritorno da 3 a 5 volte superiore per gli investitori delle organizzazioni in classifica rispetto ai competitors84. Nel 2003 il settimanale britannico “The Economist” ha condotto insieme alla TMP un’indagine sulle opinioni e i pareri che le organizzazioni sviluppano in riferimento al fenomeno dell’Employer branding. Lo studio ha coinvolto un campione di lettori composto da senior managers e responsabili divisionali. Dalla ricerca è emerso come le aziende classifichino quantitativamente i benefici derivanti da questa politica. Employer Brand Survey – Expected Benefits

83

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd. 84

Dell’Amico M. (2005), “La pagella dei dipendenti premia Microsoft”, Il Sole 24 Ore, 340, p. 23.

XLVIII


Ne risulta che il principale aspetto positivo è il mantenimento dei talenti all’interno dell’impresa, seguito dal miglioramento della reputazione dell’azienda come posto di lavoro, il maggiore impegno da parte dei dipendenti affinché vengano realizzati gli obiettivi organizzativi, la riduzione dei costi sostenuti per la fase di recruitment, il miglioramento nelle attività di comunicazione e il raggiungimento di buone performance finanziarie85. L’impatto dell’Employer branding si sta facendo sentire all’interno di tutte le aree aziendali, ma fin da subito e in particolare nelle funzioni Risorse umane, Internal Communication e Marketing. Si approfondirà in seguito il discorso della Direzione del personale. In riferimento alla funzione Internal Communication, se precedentemente si potevano vedere dipendenti poco soddisfatti della qualità del processo comunicativo interno, soprattutto in ragione del sovraccarico di informazioni inutili e incoerenti provenienti dai vertici, il principale beneficio, favorito dalla strategia di Employer branding, è stato quello di rendere maggiormente consapevoli i dirigenti dell’importanza assunta dalla comunicazione interna nel plasmare le percezioni e le considerazioni dei collaboratori nei confronti dell’organizzazione, considerando, strutturando e gestendo il processo alla stregua della customer communication. I dipendenti, di conseguenza, possono beneficiare di informazioni più utili, chiare e coerenti. La funzione Marketing è stata la prima ad essere interessata da questo nuovo fenomeno, al quale ha dovuto “prestare” gli strumenti e “insegnare” le tecniche: partendo dalla considerazione del talento da assumere/trattenere come cliente da conquistare, si sta creando un interscambio di capacità, abilità e informazioni tra Employer branding e Marketing. Una volta riconosciuta l’essenza del marchio nella loro esperienza di lavoro, successiva a quella di consumatori, i dipendenti riusciranno ad incarnare i valori del brand e ottimizzare l’interazione con i clienti,

85

The Economist (2003), Employer Branding Survey – The Economist,

http://www.employerbrand.com/Points_econ.html.

XLIX


aumentando quel tipo di customer loyalty che chiunque lavori nel Marketing desidera ottenere86.

86

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd.

L


7. Evoluzione della Direzione del personale

Mai come in questi ultimi anni il ruolo delle risorse umane è stato così valorizzato nelle organizzazioni di tutto il mondo: lo scoppio della “guerra dei talenti” per accaparrarsi e trattenere il miglior capitale umano disponibile sul mercato e la forte attenzione ai meccanismi di valutazione e incentivazione delle performance individuali e di gruppo sono alcuni degli elementi che spiegano questo fenomeno in continua ascesa. Le risorse umane sono considerate il perno fondamentale per ogni azienda che voglia emergere sul mercato. È un dato di fatto che risultati di business eccellenti possano essere ottenuti grazie all’importante contributo delle persone. Le imprese, che hanno capito questo concetto, hanno sviluppato una formula organizzativa che ha permesso di utilizzare in modo ottimale il potenziale dei talenti, basandosi su un insieme di valori quali l’innovazione, la leadership, la competitività verso il mercato, lo spirito di squadra, il senso di appartenenza, l’integrità. Con la nuova centralità assunta dal capitale umano, numerosi cambiamenti si sono verificati all’interno della Direzione del personale87. I professionisti delle risorse umane stanno assistendo alla nascita di una nuova epoca, che riflette un interminabile processo di innovazione aziendale, dove le parole chiave sono flessibilità, qualità e profitto, una continua revisione delle strutture organizzative, gli straordinari cambiamenti all’interno dei luoghi di lavoro, dovuti in gran parte alla tecnologia e ai mutamenti negli atteggiamenti, nelle prospettive e nelle priorità della gente88. Oggi in Italia gli “addetti ai lavori” delle risorse umane si domandano spesso quali mosse intraprendere per offrire il loro contributo alla crescita competitiva

87

EspertiDI, (2006), Le persone fanno la differenza: questa la chiave per volare sul mercato,

http://www.espertidi.it/it/aziende.info.php/start/10/view/8. 88

Weizmann H. C., Weizmann J. K.(2001), Gestione delle risorse umane e valore dell’impresa. Un

nuovo modello per migliorare performance e fedeltà dei collaboratori, Milano: Franco Angeli.

LI


dell’impresa e quali strumenti adottare per sviluppare e motivare le persone coerentemente con i cambiamenti organizzativi ed economici dell’azienda89. I professionisti della Funzione potranno cogliere le numerose opportunità che derivano da un’efficace gestione del capitale umano, se ripenseranno il modo di concepire il loro ruolo, le strategie organizzative, i servizi da erogare, i programmi da implementare per dare concreto valore aggiunto alle aziende. La Direzione delle risorse umane va ad acquisire e sviluppare responsabilità e competenze sempre maggiori. Se in passato i suoi compiti principali erano di stampo contabile, volti a far funzionare l’organizzazione attraverso la precisa e puntuale amministrazione del rapporto di lavoro, e gestionale, rispondendo alle esigenze di un maggior governo e controllo del personale90, oggi diventa partner strategico delle altre direzioni aziendali, perché contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento dei risultati di business fornendo consulenza sul modo di riorganizzare l’impresa in funzione dei cambiamenti richiesti dal mercato; progettando politiche di valorizzazione e sviluppo delle persone, tali da rendere disponibile nel breve e medio termine il capitale umano necessario nelle diverse posizioni; implementando sistemi di coinvolgimento e motivazione per attrarre e mantenere i talenti e divenendo agente di cambiamento, atto a migliorare la cultura organizzativa.91 Ne consegue che il vantaggio competitivo delle aziende passerà sempre di più attraverso i manager delle risorse umane. In questi ultimi anni molte imprese d’avanguardia e non solo hanno dato maggior spazio agli aspetti critici e strategici della gestione del personale, dagli elementi cognitivi del lavoro, quali professionalità, competenze, conoscenze, agli aspetti qualitativi e relazionali, quali i rapporti interpersonali tra colleghi, gli stili direzionali, le modalità di comunicazione interna, la progettazione delle carriere e la gestione del knowledge. 89

D’Ambrosio M. (2004), “Investors in People: il valore delle persone per il successo delle

imprese”, Direzione del Personale, 4, 131, p. 45. 90

Augugliaro P. (2001), “ Il Passato, il Presente ed il Futuro”, Direzione del Personale, 1, 116, pp.

12-14. 91

EspertiDI (2006), Le persone fanno la differenza: questa la chiave per volare sul mercato,

http://www.espertidi.it/it/aziende.info.php/start/10/view/8.

LII


La maggior attenzione alla valorizzazione dei collaboratori in azienda non indica solo una banale riscoperta dell’importanza di questa Funzione, quanto piuttosto del complesso insieme di competenze organizzative e metodologiche, mediante il quale dispiegare la capacità dell’impresa di rapportarsi, che non si acquisisce sul mercato, non è imitabile, né facilmente riproducibile o sostituibile e, per questo, fonte di vantaggio competitivo92. Diventare un’efficace partner strategico delle altre aree aziendali richiede alla Funzione conoscenze e abilità nella gestione del cambiamento, nella pianificazione strategica, nella progettazione organizzativa: queste expertises consentiranno alla Direzione del personale di influenzare i manager di linea e di partecipare efficacemente ai team interfunzionali in cui ciascuno porta la sua profonda conoscenza delle attività economiche e del mercato. In particolare, la Funzione dovrà concepire se stessa come un business, anche perché molte persone nelle aziende iniziano a vederla in questo modo. Una parte dei suoi compiti sarà dedicata alle funzioni di base, quali la retribuzione e i servizi amministrativi; altre attività saranno concentrate sulla sua figura di business partner, che le consentirà di essere parte integrante dei team manageriali che si occupano di programmi e consulenza sullo sviluppo delle persone e dell’azienda e di progettazione organizzativa; ulteriori funzioni saranno centrate sul suo ruolo di partner strategico, che ha per oggetto la crescita e la valutazione del capitale umano e delle capacità organizzative necessarie alla realizzazione di un’azienda di successo nel lungo termine, la gestione del cambiamento, il knowledge management. Sarà protagonista di un importante salto di qualità: dare supporto all’impresa nella formulazione delle sue strategie organizzative attraverso la gestione e la valorizzazione delle risorse umane93. La sfida maggiore che oggi deve affrontare la Funzione, esercitata in un contesto aziendale definito dal complesso rapporto tra aperture del mercato, dinamiche

92

Li Volti G. (2002), “Il vantaggio competitivo delle aziende passa attraverso i manager delle

Risorse Umane”, Direzione del Personale, 2, 121, pp. 43-44. 93

Garbellano S. (2003), “Il futuro incerto della funzione del Personale – una ricerca di Lawler”,

Direzione del Personale, 4, 127, pp. 42-43.

LIII


organizzative, innovazione tecnologica e cambiamento dei sistemi professionali, è quella di correggere il disallineamento sostanziale tra i nuovi modelli di business e la gestione del personale, cercando di: •

gestire le competenze del capitale umano;

utilizzare la comunicazione interna per il coinvolgimento dei collaboratori e la diffusione del sapere organizzativo;

progettare la formazione;

pianificare retribuzioni e ricompense che permettano di aumentare la soddisfazione lavorativa o rafforzare la trasversalità;

formulare un Welfare mix in grado di fidelizzare le risorse chiave interne e ridurre le carriere nomadi;

impegnarsi nelle relazioni sindacali, che regolano le conflittualità e aiutano a confrontarsi sull’evoluzione dei ruoli aziendali.

Un importante contributo della Funzione per l’organizzazione flessibile dell’impresa dinamica è la costruzione di uno “scenario” di confronto e scambio, di ricerca di intesa tra operatori, che hanno interessi, motivazioni, valori lavorativi diversi, ma che vanno guidati e gratificati affinché siano il valore aggiunto che necessita all’azienda. Il potenziamento dell’evoluzione della Direzione del personale passa attraverso: 1. il riconoscimento dell’autonomia dei capi nella gestione delle risorse umane e nella costruzione di regolamenti adatti a implementare i processi e le attività quotidiane che si svolgono nell’impresa; 2. lo sviluppo di sistemi di governo del personale che rendano l’organizzazione capace di costruire modelli dinamici di business; 3. la diffusione, attraverso le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, di strumenti e soluzioni flessibili; 4. la mobilitazione verso gli obiettivi dell’azienda con la soddisfazione delle aspettative e delle esigenze individuali. Grazie alla diffusione di nuove tecnologie, nelle organizzazioni si sono sviluppate soluzioni on line di gestione delle risorse umane, che supportano i capi nella valutazione e nello sviluppo degli employees e consentono il “self service dei

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dipendenti” nella fruizione di alcuni benefit e nell’autocandidatura alla formazione e al job posting. I possibili vantaggi di cui può giovarsi la Direzione delle risorse umane sono: -

la possibilità di operare in team fisicamente distanti, costituiti sulla base della volontà di cooperare per il raggiungimento di obiettivi comuni;

-

l’integrazione del processo di gestione del capitale umano sostenuta dalle infrastrutture telematiche;

-

la composizione dei team in funzione delle competenze dei partecipanti;

-

il mantenimento delle attività che creano maggior valore e l’esternalizzazione delle altre.

A favore dell’e-recruiting ci sono la riduzione dei costi e il miglioramento del coordinamento e del controllo anche oltre i confini aziendali94. Sul mercato della consulenza si diffondono le società di ricerca e selezione del personale chiamate a fornire, anche attraverso Internet, servizi di recruitment, formazione, gestione amministrativa e sistemi di sviluppo alle aziende clienti che hanno optato per la scelta di outsourcing delle pratiche di gestione delle risorse umane, in ragione di una maggiore flessibilità, della possibilità di accedere a competenze specialistiche, di un recupero della qualità e dell’efficacia di questi processi, di un risparmio di costi. Le società di ricerca e selezione del personale non sono semplici fornitrici di candidati ma consulenti di fiducia, che ricercano e valutano gli individui sulla base del profilo richiesto dall’impresa e coerentemente ai suoi obiettivi, alle sue strategie e alla sua cultura, e che definiscono piani di carriera e d’incentivazione per trattenere e motivare i talenti, favorendone la crescita professionale. Il loro principale obiettivo è realizzare l’incontro tra le esigenze dell’individuo e quelle dell’organizzazione cliente, aprendo la strada per lo sviluppo del singolo e per la creazione del capitale ad altissimo potenziale per l’azienda95.

94

Santoro G. M. (2001), “Potenziamento e Virtualizzazione della Direzione del personale”,

Direzione del Personale, 1, 116, pp. 6-9. 95

ASSORES (2002) (a cura di), “Nuove strategie per l’acquisizione delle risorse umane”, Direzione

del Personale, 1, 120, pp. 38-39.

LV


E’ interessante notare l’effetto che la già citata pubblicazione della McKinsey, “The War for Talent”, ha prodotto all’interno del campo d’azione della Direzione del personale: la Funzione è ormai consapevole dell’enorme vantaggio competitivo che scaturisce dai processi di recruiting, retaining, motivazione e sostegno nei confronti dei talenti. Considerando che il capitale umano di valore ripone un’attenzione e un’importanza particolari su determinati aspetti chiave, quali la mobilità, la retribuzione, le ambizioni personali, la fiducia, la sicurezza, la crescita professionale, gli specialisti del personale necessitano di un avvicinamento al top management per influenzarne le linee strategiche e contribuire così al raggiungimento dei risultati aziendali. In questa nuova posizione il people management dovrà guidare quei principi strategici e culturali che sappiano attrarre, trattenere e motivare le persone di valore per l’impresa. Nel ricoprire il nuovo ruolo la Funzione ha bisogno di approfondimenti ed esperienza nel campo del business, una buona dose di coraggio, fiducia in se stessi e nei collaboratori, abilità comunicative, umanità e diplomazia. La politica aziendale dell’Employer branding attirerà di certo professionisti del personale abili, preparati e consapevoli del salto di qualità che dovranno affrontare d’ora in avanti. All’interno degli uffici delle risorse umane stanno nascendo figure esperte nella gestione dei talenti, pronte a divenire un punto d’incontro tra l’azienda, con la quale condividono gli obiettivi, e i dipendenti, di cui ascoltano il punto di vista, ed essere centro informativo in grado di governare l’insieme delle competenze ed esperienze delle proprie risorse per individuare efficacemente quelle di valore. L’Employer branding sta favorendo la nascita di un legame tra Funzione del personale, marketing e internal communication. Data l’importanza assunta dal People Management nel riuscire ad attrarre e trattenere i talenti migliori, grazie ai quali l’azienda può acquistare vantaggio competitivo e valore sul mercato, la Funzione delle risorse umane, nella sua rinnovata “veste”, dovrà prendere spunto e assimilare i processi e le discipline proprie della comunicazione interna e del

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marketing, in realtà molto vicini tra loro per aspetti e finalità simili, utili all’implementazione dell’Employer branding96. Di seguito è riportato un grafico raffigurante l’evoluzione della Funzione del personale, dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri97.

EVOLUZIONE HR AGGIUNGERE VALORE Pianificazione StrategicaHR

Cultura &

Impatto sul Business

Immagine Disegno Organizzativo

HR come

Pianificazione

Business Partner

Indagini Selezione

Relazioni

Relazioni dipendenti

Sindacali Benefits

Sviluppo

Performance Management

Compensation

HR Information Systems

Sicurezza e

LIMITARE I DANNI

Formazione e

Rispetto delle norme

Retribuzione

RELAZIONI

RELAZIONI

INDUSTRIALI

DIPENDENTI

GESTIONE DEL PERSONALE

HUMAN RESOURCES

EFFICACIA ORGANIZZATIVA

Evoluzione della Funzione HR

96

Barrow S., Mosley R. (2005), The Employer Brand. Bringing the Best of Brand Management to

People at Work, Chichester: John Wiley & Sons Ltd. 97

Si veda la presentazione Nike al sito

http://www.univr.it/Ateneo/Amministrazione/direzione2/StTir/Nike.ppt.

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8. Coca-Cola HBC Italia: caso aziendale di Employer branding

Coca-Cola HBC Italia è la principale società che si occupa della gestione dei processi produttivi, distributivi e commerciali dei prodotti di “The Coca-Cola Company”e di tutte le attività di Trade Marketing e Category Management nell’Italia centro-settentrionale, con oltre 2500 dipendenti, quattro impianti di produzione, sei centri logistici di distribuzione localizzati tra le 14 regioni nel Nord e Centro Italia. Dal 2000 fa parte del gruppo Coca-Cola Hellenic Bottling Company, che serve oltre 500 milioni di consumatori in 26 paesi dell’Europa centro-orientale, rappresentando una delle più grandi società di imbottigliamento e commercializzazione dei brand della “The Coca-Cola Company” nel mondo. Questa realtà si dedica completamente allo sviluppo del suo business con elevate capacità di investimento, un management di grande esperienza internazionale e strutture motivate ad operare in una prospettiva di crescita di lungo periodo98. Coca-Cola HBC Italia ha una precisa vision: essere la migliore azienda nella commercializzazione dei beni largo consumo. La sua missione, nel raggiungere questo obiettivo, è quindi quella di: -

soddisfare le esigente dei consumatori;

-

diventare partner dei propri clienti;

-

premiare azionisti e collaboratori;

-

arricchire la vita delle comunità locali;

-

valorizzare le persone che lavorano al suo interno.

La filosofia di Coca-Cola HBC Italia si sfonda su elementi quali l’entusiasmo nel lavoro e nelle sfide da affrontare, l’orientamento alla qualità totale dei prodotti e dei servizi, l’attenzione all’ambiente e alla sicurezza, la valorizzazione dei propri dipendenti, il miglioramento continuo dei processi e delle attività operative99.

98

Coca-Cola HBC Italia (2005), Coca- Cola CAREER BOOK, p. 240.

99

Coca-Cola HBC Italia (2004 b), “Profilo di Coca-Cola HBC Italia”, Rapporto socio-ambientale,

pp. 1-14.

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8.1 L’adozione della strategia di Employer branding Particolare importanza è rivolta alle risorse umane, elemento essenziale per il successo delle organizzazioni. Coca-Cola HBC Italia si differenzia per la sua strategia di valorizzazione dei collaboratori, tesa ad avere le persone giuste con le competenze richieste e con un buon livello di motivazione, capaci di tradurre in risultati gli obiettivi dell’azienda100. Consapevole della rilevanza assunta dal capitale umano e della “guerra per i talenti” in atto tra le imprese per conquistare i dipendenti migliori, Coca-Cola a partire dal 2003 inserisce tra le sue politiche di recruiting/retention la strategia di Employer branding. Da sempre l’azienda ha attratto talenti grazie al suo famoso Brand, tuttavia cosciente del fatto di essere conosciuta sul mercato del lavoro principalmente per il marchio e non per le sue doti di employer101: per questo motivo Coca-Cola HBC Italia ha deciso di adottare la politica di attraction/retention delle migliori risorse umane, facendo leva sugli aspetti emozionali legati al brand mediante il concetto che alla base del successo dei suoi prodotti c’è un lavoro affrontato con passione e capacità102. Come precedentemente affermato, l’attrattività di un’impresa è data dalla sua immagine complessiva e dalla sua reputazione sul mercato103. Dietro i famosi brand Coca-Cola, Fanta, Sprite, Minute Maid, Powerade, Nestea, Kinley, Beverly, Burn, c’è il sesto gruppo alimentare del paese, con un fatturato nel 2004 di 900 milioni di euro, 2500 dipendenti, quattro stabilimenti produttivi, sei centri logistici di distribuzione, operante in contesto internazionale.

100

Coca-Cola HBC Italia (2004 c), “Workplace”, Rapporto socio-ambientale, pp. 15-46.

101

Zucchetti G. (2006), Intervista che sarà pubblicata su Il Sole 24 Ore.

102

Fava F. (2005), “Il marchio non basta per catturare i talenti. Da Coca-Cola, Vodafone e Intesa le

strategie per i più bravi”, Corriere della Sera, Milano RCS MediaGroup. 103

Astrologo D. (2003), “La guerra dei talenti: il caso FIAT”, Direzione del Personale, 1, 124, pp.

11-13.

LIX


L’impresa è chiamata a farsi conoscere come employer con l’obiettivo di suscitare interesse ed essere apprezzata dal giusto target, composto dai migliori candidati e dai dipendenti di valore.

8.2 I profili del target interno/esterno ai quali Coca-Cola HBC Italia rivolge la sua politica di Employer branding Partendo dalle esigenze del segmento interno/esterno di riferimento, Coca-Cola HBC Italia costruisce e trasmette l’immagine dell’ambiente lavorativo ideale che sappia attrarre e trattenere i talenti necessari per acquisire maggiore valore e successo. L’azienda si rivolge ad un target esterno, in particolare alla categoria dei neolaureati, che abbia nel proprio profilo doti quali: •

la passione per il proprio lavoro;

l’orientamento alla qualità totale;

lo spirito di iniziativa;

la capacità di lavorare in team;

la determinazione nel raggiungimento degli obiettivi organizzativi;

il desiderio di imparare;

l’abilità di apprendere;

l’inclinazione alla leadership;

il saper comunicare;

l’attitudine a vivere il cambiamento come fonte di opportunità;

la volontà di assumersi responsabilità sempre più ampie;

il dinamismo e la disponibilità a vivere esperienze in sedi estere.

Tali caratteristiche sono ricercate anche nel reclutamento del personale manageriale dall’esterno104. Per quanto riguarda le variabili di segmentazione interna, mediante il “Modello delle Competenze” al centro del sistema di sviluppo e valorizzazione delle risorse 104

Coca-Cola HBC Italia (2005), Coca-Cola CAREER BOOK, p. 240.

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umane, Coca-Cola HBC Italia identifica quell’insieme di conoscenze e capacità che devono avere i talenti interni per contribuire al successo dell’impresa. Le competenze core, che definiscono il capitale umano di valore, sono: •

la passione, di colui che agisce costantemente per accelerare il raggiungimento verso gli obiettivi organizzativi e ha energia e proattività per affrontare le sfide;

la leadership, di chi costituisce e guida un team con il proprio esempio e con aperto dialogo, mettendo ogni membro nelle condizioni di operare al meglio e motivando il gruppo a dare il massimo;

la capacità di giudizio, traendo conclusioni e prendendo decisioni nell’interesse dell’azienda e dei suoi stakeholders, dopo attente analisi tra rischi e benefici delle azioni;

il focus, riuscendo ad identificare le leve più significative, identificando le priorità e definendo la sequenza di operazioni che crea vantaggio competitivo per l’organizzazione;

la capacità di ottenere risultati, grazie ad una performance continua e crescente, ad una chiara pianificazione, all’assegnazione delle responsabilità, ad un monitoraggio rigoroso delle azioni e alla cultura orientata al risultato;

l’attitudine a lavorare in gruppo, di colui che oltrepassa i confini funzionali per costruire una rete efficace di collaborazione, aiutando i colleghi a migliorare le performance del team;

l’abilità nel comunicare in modo chiaro, convincente e tempestivo, aggiornando e coinvolgendo le persone, sapendo ascoltare gli interlocutori e verificando la comprensione di tutti;

lo sviluppo delle capacità, di chi migliora continuamente le proprie competenze e quelle dell’azienda, con l’obiettivo di ottenere nuove opportunità di business;

l’indole nella gestione del cambiamento organizzativo necessario per l’incremento della performance, assicurando il raggiungimento di risultati concreti105.

105

Coca-Cola HBC Italia (2004 c), “Workplace”, Rapporto socio-ambientale, pp. 15-46.

LXI


8.3 Il posizionamento dell’Employer brand Coca-Cola Delineati i profili del target verso cui rivolgersi, Coca-Cola HBC Italia evidenzia quelle caratteristiche distintive della sua identità in modo da conquistarsi una posizione nelle menti dei talenti come miglior ambiente di lavoro. Fondamentali sono i valori insiti nell’azienda, che chiariscono in cosa l’impresa crede e mostrano la base sulla quale si fonda la cultura organizzativa, che sappiano incontrare gli ideali in cui si ispirano le persone già impiegate e quelle che si vogliono reclutare106. L’impresa porta avanti importanti valori, diffusi e condivisi a tutti i livelli organizzativi: 1. impegno. Coca-Cola mette l’entusiasmo nel lavoro, si assume rischi ed è pronta ad affrontare sfide sempre nuove per garantire prestazioni eccellenti; 2. teamwork. L’azienda condivide e impara da tutte le esperienze di successo, favorisce la collaborazione e il supporto reciproco, sia all’interno della stessa organizzazione, sia nel gruppo Coca-Cola HBC, per raggiungere gli obiettivi stabiliti; 3. responsabilità. L’impresa risponde delle sue azioni sia come individuo, sia come team, consapevole delle responsabilità nel raggiungere i propri scopi; 4. attenzione alle persone. L’ambiente di lavoro è piacevole e sereno e al suo interno le risorse umane possono sentirsi rispettate e motivate, avere opportunità di formazione e sviluppo e vedersi riconosciuti i propri meriti; 5. qualità. Coca-Cola è orientata alla qualità totale dei suoi prodotti/servizi, al rispetto dell’ambiente, alla sicurezza, alla valorizzazione dei suoi collaboratori, al miglioramento continuo dei suoi processi e delle attività operative; 6. integrità. Si perseguono e mantengono elevati standard etici, esprimendo apertamente e onestamente le idee aziendali.

106

Crosta C. (a cura di), Fertonani M., Mazzoni M. L., Vanni L. S. (2004), Selezionare, acquisire e

mantenere le Risorse Umane. La tradizione, le novità, le tendenze, Milano: Franco Angeli.

LXII


Coca-Cola HBC Italia adotta determinati comportamenti per supportare e facilitare la realizzazione pratica dei propri valori e della sua visione: -

mettere la qualità al primo posto;

-

avere la massima cura dei clienti;

-

focalizzarsi sui consumatori;

-

creare un ambiente basato sulla fiducia;

-

stimolare l’innovazione in ogni campo possibile;

-

agire con integrità;

-

facilitare il flusso informativo;

-

valorizzare le persone107.

Numerosi sono gli eventi e le manifestazioni che vedono impegnata l’azienda: Coca-Cola HBC Italia supporta iniziative e partnership rilevanti per le comunità locali, le ascolta e recepisce le loro esigenze nell’esercizio del proprio business, promuove lo sviluppo e l’educazione dei giovani allo sport e alla salute, organizzando eventi sportivi legati allo stile di vita dinamico. Lavorare per Coca-Cola significa quindi entrare a far parte di un mondo esclusivo fatto di esperienze uniche108.

8.4 Come Coca-Cola HBC Italia elabora la sua strategia di Employer branding

Un’impresa deve chiedersi il motivo per il quale può essere vista dalle persone come il migliore posto in cui lavorare: occorre quindi trasmettere un’identità specifica per il mondo del lavoro che susciti interesse nel target di riferimento, perché portatrice di benefici materiali e immateriali109.

107

Coca-Cola HBC Italia (2004 b), “Profilo di Coca-Cola HBC Italia”, Rapporto socio-ambientale,

pp. 1-14. 108

Coca-Cola HBC Italia (2004 a), “Community”, Rapporto socio-ambientale, pp. 85-93.

109

Il Sole 24 Ore.com (2003), Il processo di sviluppo dell’Employer branding,

http://www.carriera24.ilsole24ore.com/sezioni/hrmanagers.jhtml.

LXIII


Per attirare talenti, in particolare ci si riferisce ai giovani laureati o con istruzione superiore, Coca-Cola HBC Italia propone opportunità interessanti e sfidanti come gli stage, attraverso i quali si inseriscono i reclutati nelle diverse funzioni secondo un progetto formativo che li porta a contatto con le varie aree aziendali, o come il Programma New Graduate, che indirizza i brillanti neo laureati nelle differenti funzioni organizzative con l’obiettivo di inserire i giovani talenti, valorizzare le loro potenzialità mediante programmi di sviluppo e formazione e prepararli a cogliere sfide professionali con ruoli di maggiore responsabilità. Questi percorsi mirano a creare le competenze necessarie per accedere a nuove posizioni secondo una logica di job rotation, sia all’interno della stessa funzione, sia in un’altra area, così come prospettato dai piani di carriera110. Grazie ad intensi programmi formativi e alla crescita interna, Coca-Cola HBC Italia offre l’opportunità ai più potenziali di diventare quadri e dirigenti nell’arco di 7-10 anni. Ad accompagnare il neoassunto ci sono un piano di orientamento formativo e frequenti momenti di verifica della performance. Per quanto riguarda la remunerazione, i livelli retributivi si collocano nella parte medio - alta del mercato111. Il successo di Coca-Cola HBC Italia sono le persone che lavorano ogni giorno per garantire la qualità dei prodotti e soddisfare le esigenze dei consumatori e dei clienti: con collaboratori eccellenti a tutti i livelli, l’organizzazione è in grado di mantenere vivo il mito del proprio brand112. L’azienda fornisce a qualunque dipendente la possibilità di contribuire al successo dell’impresa attraverso la partecipazione individuale e gli incarichi impegnativi. Crede fermamente che imparare lavorando e addestrarsi a sviluppare qualità specifiche siano aspetti importanti per il valore aggiunto che ogni persona può dare all’organizzazione. Coca-Cola HBC Italia adotta i seguenti principi chiave conseguentemente agli impegni per la gestione e la valorizzazione delle sue risorse umane:

110

Coca-Cola HBC Italia (2005), Coca-Cola CAREER BOOK, p. 240.

111

Zucchetti G. (2006), Intervista che sarà pubblicata su Il Sole 24 Ore.

112

Coca-Cola HBC Italia (2005), Lavora con noi, http://www.coca-colahbc.it

LXIV


stabilire relazioni forti e dirette con i dipendenti attraverso una comunicazione aperta e veritiera;

trattare i collaboratori in modo equo, dignitoso e rispettoso;

applicare le normative vigenti comprese quelle che regolano l’orario di lavoro, il trattamento economico, la promozione delle pari opportunità e i diritti sindacali;

valorizzare la diversità;

considerare ognuno responsabile dei propri risultati a livello individuale e di squadra;

ricompensare i dipendenti in relazione ai risultati raggiunti;

fornire

l’opportunità

ai

collaboratori

di

crescere

personalmente

e

professionalmente; •

assicurare la sicurezza sul lavoro113.

La realtà di Coca-Cola HBC Italia investe nella formazione e nello sviluppo dei propri dipendenti, offrendo occasioni professionali sia in Italia, sia all’estero (l’azienda accompagna quest’ultima opportunità con determinati sistemi di sostegno al trasferimento)114. Viene utilizzato al suo interno un particolare strumento per valorizzare, motivare, coinvolgere e trattenere le risorse di talento, il “processo di gestione delle prestazioni o PMS (Performance Management System), che fornisce tutti i supporti necessari per:

allineare gli obiettivi individuali con quelli aziendali;

definire e formalizzare il contributo di ogni persona;

chiarire le priorità e precisare le responsabilità;

pianificare e guidare il raggiungimento degli obiettivi;

identificare e sviluppare le competenze core;

stabilire un piano di sviluppo e di formazione.

Il processo PMS valuta in modo puntuale le differenti prestazioni individuali e di squadra e diventa riferimento per la determinazione della retribuzione premiante115. 113

Coca-Cola HBC Italia (2004 c), “Workplace”, Rapporto socio-ambientale, pp. 15-46.

114

Zucchetti G. (2006), Intervista che sarà pubblicata su Il Sole 24 Ore.

115

Coca-Cola HBC Italia (2004 c), “Workplace”, Rapporto socio-ambientale, pp. 15-46.

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L’organizzazione privilegia la promozione dall’interno, facendo crescere le risorse umane attraverso un programma di mobilità e di formazione professionale e manageriale. Un 20% dei casi prevede tuttavia l’assunzione di quadri e dirigenti dal mercato del lavoro esterno116. Con la finalità principale di pianificare lo sviluppo dell’organizzazione e delle persone, Coca-Cola HBC Italia si è dotata a partire dal 2004 del processo People Development Forum (PDF) all’interno di tutte le funzioni, coinvolgendo la maggior parte della popolazione. Il sistema è stato integrato con processi di “assessment centre”, di feedback a 360° e di valutazioni del potenziale gestite da consulenti esterni. Riguardo la formazione, l’azienda articola il progetto PDF nei seguenti filoni:

formazione volta all’orientamento ed inserimento del personale neo assunto;

formazione manageriale;

formazione tecnico-specialistica;

formazione linguistica e informatica;

sicurezza e prevenzione antinfortunistica.

Le attività formative si svolgono sia in aula, con docenti interni o formatori esterni, con possibile partecipazione a programmi internazionali e svolte in collaborazione con Business Schools, sia “on the job”. Un’altra metodologia utilizzata per favorire lo sviluppo professionale del senior management è il “Coaching Individuale”. Coca-Cola HBC Italia adotta un sistema di politica retributiva teso ad attrarre, trattenere e motivare le risorse umane fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. La strategia remunerativa agisce su elementi fissi, variabili e su un sistema di benefici. E’ funzionale a premiare sia i risultati raggiunti, sia il livello di competenze assunto dai dipendenti secondo questo schema:

116

Zucchetti G. (2006), Intervista che sarà pubblicata su Il Sole 24 Ore.

LXVI


I risultati positivi sulle competenze si riflettono nella remunerazione di base dei collaboratori, mentre il raggiungimento degli obiettivi aziendali e individuali corrisponde al riconoscimento retributivo di natura variabile. Il sistema incentivante si basa su due strumenti che si differenziano per la periodicità del pagamento. Gli incentivi di breve periodo hanno come destinatari l’intera popolazione manageriale e la forza di vendita. Il fine è motivare le persone al raggiungimento degli obiettivi contenuti nel Business Plan annuale dell’impresa. Gli incentivi di lungo periodo si rivolgono esclusivamente al senior management e allineano allo scopo suddetto lo stimolo all’elaborazione ed esecuzione di strategie sostenibili nel medio - lungo termine. Per quanto riguarda la retribuzione base, sono applicati i Contratti Collettivi Nazionali dell’Industria Alimentare e dei Dirigenti Industria.

LXVII


* L.T.I. incentivi a lungo termine.

Diversamente dagli incentivi, i benefit giocano un piccolo ruolo nella motivazione e nella premiazione del personale, ma per Coca-Cola HBC Italia sono importanti per attrarre e fidelizzare il capitale umano di valore117.

117

Coca-Cola HBC Italia (2004 c), “Workplace�, Rapporto socio-ambientale, pp. 15-46.

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8.5 Comunicare l’Employer brand Coca-Cola HBC Italia La comunicazione dell’Employer branding ha un ruolo fondamentale per CocaCola HBC Italia nel favorire la comprensione, da parte del suo target, della complessa realtà organizzativa che sta dietro al suo brand. L’azienda adotta, quali strumenti di comunicazione rivolta ai potenziali talenti esterni, le presentazioni presso le università, la stampa, Internet, le numerose sponsorizzazioni di eventi sportivi (nel 2004 Olimpiadi di Atene e nel 2006 Olimpiadi Invernali di Torino), di iniziative a favore dei disabili e di progetti atti alla sensibilizzazione ed educazione dei giovani secondo i valori della salute e dello sport (“Scuole in Movimento” e “Fuoriclasse Cup”)118. Di seguito è riportato lo slogan di reclutamento all’interno del quale l’organizzazione “sfrutta” la notorietà del suo marchio per attrarre il target di neolaureati119.

Riguardo la comunicazione interna, Coca-Cola fa uso di newsletter, Intranet e Internet e sta procedendo all’attivazione di una serie di canali informativi nuovi, quale la televisione aziendale. Per migliorare l’allineamento interfunzionale e la 118

Coca Cola HBC Italia (2004 c), “Workplace”, Rapporto socio-ambientale, pp. 15-46.

119

Dépliant ricevuto in occasione della visita in Coca-Cola HBC Italia.

LXIX


comunicazione orizzontale dei reparti, garantisce il sistema “Cobra” (Cross Organisation Boundaries Reinforcing Alignment). Aumentano anche i momenti di aggregazione, quali i “Family Day”. Nel corso del 2004 l’azienda si è focalizzata sulla realizzazione di un piano di comunicazione interna che potesse ruotare attorno a due punti fondamentali: -

il supporto allo sviluppo della cultura organizzativa e del progetto “Cobra”, attraverso la distribuzione di newsletter ai dipendenti, la pianificazione di riunioni aperte a tutti i lavoratori, chiamate “Parliamo di Noi”, i momenti di aggregazione nel contesto lavorativo con party e giornate a tema dedicate anche ai familiari;

-

l’incremento del brand appeal grazie all’utilizzo di campagne relative a: •

Giochi Olimpici di Atene 2004 e Olimpiadi Invernali di Torino 2006 (più di 200 collaboratori sono stati coinvolti a vario titolo nell’organizzazione di questo evento), partecipazione a concorsi per diventare tedoforo e per vincere viaggi omaggio verso le città olimpiche;

concerti di MTV sponsorizzati da Coca-Cola, con biglietti omaggio per i dipendenti;

promozioni al consumo120.

8.6 Controllo e analisi dei risultati legati alla politica di Employer branding Utilizzando la strategia di Employer branding, Coca-Cola HBC Italia ha potuto riscontrare particolari benefici all’interno della sua realtà organizzativa. Un risultato importante, che diversi studi hanno confermato nella relazione tra una forte politica di Employer branding e alti livelli di retention, è rappresento da una riduzione del tasso di turnover per dimissioni volontarie dal 4,1% del 2003 al 2,1% del 2005 e da una diminuzione del tasso di turnover totale per cessazioni dal 10% del 2003 al 5% del 2005. 120

Coca Cola HBC Italia (2004 c), “Workplace”, Rapporto socio-ambientale, pp. 15-46.

LXX


Un ulteriore elemento, influenzato dalla strategia Employer, è la quinta posizione guadagnata dall’azienda nella classifica del “Great Place to Work Institute Italia 2006”, la lista dei migliori ambienti di lavoro a livello nazionale121. Se per concetto di “great place to work ” s’intense “quel luogo dove gli individui si fidano delle persone per cui lavorano, sono orgogliosi di ciò che fanno e si trovano bene con i loro colleghi”122, allora Coca-Cola HBC Italia, dopo il secondo anno di partecipazione all’indagine, ha saputo conquistarsi il meritato quinto posto della classifica per la dedizione, la cura e l’interesse che ripone nel suo ambiente di lavoro e nei suoi collaboratori. Difficile, almeno per ora, azzardare una stima del peso che ha la politica di attraction/retention sui suoi risultati finanziari. Tuttavia i benefici sopra evidenziati non possono che confermare il successo della sua strategia di Employer branding123.

121 122

Zucchetti G. (2006), Intervista che sarà pubblicata su Il Sole 24 Ore. Great Place to Work Institute Italia (2006), Liste dei Migliori Ambienti di Lavoro,

http://www.greatplacetowork.it/gptw/index.php. 123

Zucchetti G. (2006), Intervista che sarà pubblicata su Il Sole 24 Ore.

LXXI


Conclusioni

Nell’ultimo decennio i profondi cambiamenti nel contesto economico globale hanno portato le organizzazioni di oggi ad evolversi, adeguarsi e rispondere rapidamente alle numerose trasformazioni e sfide di uno scenario instabile, per il quale l’azienda ha messo in pratica strategie e piani d’azione che le permettessero di sopravvivere in condizioni di elevata competitività. In un’economia basata sulla conoscenza, sulla velocità di cambiamento e sulla condivisione di informazioni, l’impresa “riscopre” l’individuo con le sue competenze, capacità, attitudini, valori, quale risorsa intangibile, preziosa e rara che deve essere conquistata e trattenuta, quale “asset” aziendale che assume un ruolo fondamentale e strategico, oltre a rappresentare un elemento critico di successo. L’eccellenza organizzativa parte dalla valorizzazione del fattore umano, dal rispetto e dalla considerazione di quel “sapere interno” come chiave del proprio vantaggio competitivo. Oggi più che mai è importante creare una proposta di valore per i collaboratori più preziosi: per tale ragione le imprese hanno ripensato le politiche di gestione del personale in un’ottica strategica a partire dalle attività di recruiting e retention dei migliori dipendenti. L’impresa, intenzionata a vincere la “guerra dei talenti”, è chiamata ad esporsi sul mercato del lavoro, a presentare, promuovere la sua immagine e identità, con l’obiettivo dichiarato di farsi scegliere dal capitale umano di valore, come fosse il cliente da raggiungere, attrarre e conquistare. Si è trovato nel recente strumento dell’Employer branding quel processo di creazione e comunicazione dell’immagine organizzativa da trasmettere al giusto target di potenziali candidati ed employees al fine di accrescere l’appeal dell’impresa

come

il

miglior

ambiente

nel

quale

lavorare,

crescere

professionalmente e identificarsi. Elemento catalizzatore dell’attenzione delle persone diviene il brand aziendale gestito in un’ottica di marketing, che parta dalle esigenze di chi sta cercando lavoro per costruire nelle organizzazioni un ambiente il più possibile attrattivo.

LXXII


La comunicazione sia verso l’esterno, sia verso l’interno dell’impresa deve essere sinergica e complementare, poiché quel patto che si stabilisce con i candidati potenziali (il significato che si attribuisce all’appartenere ad una certa azienda) deve successivamente essere mantenuto una volta che questi diventano dipendenti. Per tale motivo la politica di Employer branding non deve esaurirsi con il recruitment e con l’ingresso delle risorse umane nell’organizzazione. Si deve protrarre anche in seguito e applicare in maniera rigorosa nei confronti del personale interno, perché solo implementando coerentemente questa strategia è possibile ottenere un’efficace politica orientata al talento. L’Employer branding richiede un approccio integrato dove diverse componenti aziendali, quali appunto la funzione del personale, marketing e comunicazione, collaborano per raggiungere l’obiettivo di migliorare all’esterno e all’interno la percezione dell’azienda come eccellente ambiente nel quale lavorare. Le organizzazioni italiane, per lo più multinazionali, si sono attrezzate recentemente e hanno già messo in campo la strategia di Employer branding, come si è voluto dimostrare presentando il caso aziendale di Coca-Cola HBC Italia, che ha ottenuto buoni risultati in termini di riduzione del turnover e della conquista del quinto posto nella classifica “Great Place to Work Institute Italia 2006”. Le piccole–medie imprese stanno invece compiendo i primi passi. Nella maggior parte dei casi si utilizzano servizi in outsourcing, ma all’interno della Direzione del personale stanno nascendo le nuove figure professionali esperte di gestione dei talenti124. Puntare sulla politica di attraction/retention del migliore capitale umano sembra dare buoni frutti: alza i profitti e abbassa il costoso turnover. Ormai anche le aziende italiane cominciano a capire. Se molti pensano alla strategia di Employer branding come ad una moda passeggera, dettata dal momento economico attuale, allora è necessario tener presenti tre concetti che Barrow e Mosley tengono a puntualizzare: 1. le organizzazioni sempre più riconoscono che l’impegno e la fedeltà dei loro collaboratori non possono essere dati per scontati, ma devono essere conquistati 124

Fava F. (2005), “Il marchio non basta per catturare i talenti. Da Coca Cola, Vodafone e Intesa le

strategie per i più bravi”, Corriere della Sera, Milano: RCS MediaGroup.

LXXIII


attraverso l’incoraggiamento, i percorsi di carriera e sviluppo, le relazioni basate sul rispetto e sulla fiducia reciproca; l’azienda deve mettere in risalto il suo modo di essere employer e trasmetterlo a quei dipendenti che più di tutti vale la pena mantenere; 2. sta cambiando la concezione che ha visto per lungo tempo la Direzione delle risorse umane come semplice funzione amministrativa e di gestione della forza lavoro. Molte imprese si stanno rendendo conto del suo vitale contributo nella creazione e nel mantenimento dei valori di business aziendali mediante le sue politiche di recruiting, retaining e sviluppo delle persone migliori, delle quali l’organizzazione non può più fare a meno se vuole sopravvivere in un contesto altamente competitivo; 3. l’Employer branding, nell’attrarre i candidati potenziali e nel guidare e sostenere l’impegno e la fedeltà dei dipendenti, ricorre al marketing, disciplina che ha dimostrato capacità nel creare forti valori sul mercato. Entrambi le strategie aziendali beneficeranno di reciproci insegnamenti ed influenze per il raggiungimento dell’obiettivo comune di dare valore e notorietà all’immagine organizzativa. Per questi motivi e per il significato e l’importanza che veicola, la politica dell’Employer branding resterà a lungo nelle aziende e nei loro scenari competitivi.

LXXIV


Ringraziamenti.

Al termine di questo percorso universitario vorrei ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine. In particolare la mia famiglia, che mi ha dato la possibilità di studiare, ha creduto in me e con me ha condiviso sia i momenti belli che quelli più difficili, sostenendomi ed incoraggiandomi a fare sempre meglio. Ringrazio i miei parenti e tutti i miei amici per il loro affetto e per essermi stati accanto quando chiedevo loro supporto e comprensione. Un grazie è rivolto a coloro che mi hanno dato consigli e aiutato nel reperimento di documenti e informazioni utili alla stesura dell’elaborato, riferendomi al Dottor Fertonani, al Dottor Amendola, alla Dottoressa Zucchetti e alla Dottoressa Cumia. Desidero ringraziare Emanuele, che si è dimostrato sempre disponibile ad accompagnarmi all’Università Bocconi per ricercare il materiale indispensabile per questa tesina. E tutti coloro che sono stati presenti e mi hanno accompagnata nel percorso fin qui intrapreso.

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Dépliant ricevuto in occasione della visita in Coca-Cola HBC Italia.

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