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02 Osservatori.net: una fonte unica sui temi chiave dell’Innovazione Digitale Gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano nascono nel 1999 con l’obiettivo di fare cultura in tutti i principali ambiti di Innovazione Digitale.
08 Futuro incerto, come affrontare la paura del cambiamento In un futuro sempre più incerto i mercati sono sempre più imprevedibili e le aziende, per mantenere la propria presenza nel mercato, devono continuamente trovare adattamenti.
12 Il lavoro è un gioco serio Sempre più aziende utilizzano giochi, sia analogici che digitali, per formare il proprio personale, valutare le prestazioni, coinvolgere e motivare le proprie risorse. Ogni giorno combattono una vera e propria battaglia per conquistare i migliori talenti, sviluppare un forte employer branding e risultare interessanti agli occhi del candidato.
18 Il fattore umano del Next Gen Business Il successo negli affari può essere misurato in valori numerici: per esempio, un maggior tasso di vendita e un maggior numero di clienti. Tuttavia, i fattori umani sono fondamentali per raggiungere un traguardo simile.
32 Allenare la Performance Lavorare sulla cultura organizzativa supportando le persone nel feedback continuo e nella misurazione delle competenze per sviluppare la performance. Digital Transformation è una locuzione che indica una serie di cambiamenti in prevalenza tecnologici che hanno un forte impatto sulla cultura aziendale...
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INIZIA ORA LA TUA CRESCITA PROFESSIONALE SU WWW.OSSERVATORI.NET
Osservatori.net: una fonte unica sui temi chiave dell’Innovazione Digitale Gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano nascono nel 1999 con l’obiettivo di fare cultura in tutti i principali ambiti di Innovazione Digitale.
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ggi sono il punto di riferimento più qualificato in Italia, integrando attività di Ricerca (con oltre 100 tra Professori, Ricercatori e Analisti), Comunicazione (ogni anno oltre 5000 uscite stampa e 200 eventi pubblici), Aggiornamento Continuo (mediante un portale che permette l’accesso a tutti i risultati di ricerca) e Networking (attraverso community di decisori della domanda, dell’offerta e delle Istituzioni) e rappresentando una fonte unica di informazioni, dati e conoscenza sui temi chiave della Digital Transformation. In un mondo dove la competizione è globale, l’Innovazione Digitale può fare la differenza, ma servono nuove competenze. Il portale www.osservatori.net dà accesso a tutto il materiale di ricerca dei 40 gruppi ad oggi attivi, identificabili nelle seguenti macroaree di intervento:
• Digital Trasformation: include gli Osservatori che analizzano in modo trasversale i processi di Innovazione Digitale che stanno profondamente trasformando il nostro Paese (Design Thinking for Business, Startup Intelligence, Agenda Digitale, ecc.); • Digital Solutions: raggruppa gli Osservatori che studiano in modo approfondito specifici ambiti applicativi e infrastrutturali relativi alle nuove tecnologie digitali (Intelligenza Artificiale, Internet of Things, Big Data, ecc.…); • Verticals: comprende gli Osservatori che analizzano l’Innovazione Digitale in specifici settori o processi (Retail, Finance, HR Innovation Practice, ecc.…). Questa molteplicità fa sì che la Piattaforma Osservatori On Demand rappresenti per sempre più aziende italiane uno strumento unico, in grado di fornire alle varie sezioni aziendali un portale universale di aggiornamento continuo, accessibile e fruibile da qualsiasi dispositivo. Il portale permette un accesso completo a:
Demand dei Convegni: in cui vengono presentati in anteprima i risultati delle ricerche dei singoli Osservatori; • Partecipazione in aula, diretta Web e Video on Demand dei Workshop: in cui analisti ed esperti degli Osservatori approfondiscono i temi chiave dell’Innovazione Digitale in incontri in aula della durata di circa 4 ore; • Diretta Web e Video on Demand dei Webinar: momenti di approfondimento della durata di 1 ora, durante i quali i partecipanti possono confrontarsi e porre domande ad analisti degli Osservatori ed esperti sulle specifiche tematiche trattate. I Percorsi Digital Innovation (Wor-
kshop e Webinar) sono un’occasione unica per essere costantemente aggiornati sulle tematiche chiave dell’Innovazione Digitale, e acquisire la conoscenza necessaria per formulare nuove strategie e gestire il cambiamento legato alla trasformazione digitale. L’obiettivo è quello di produrre e diffondere conoscenza sulle opportunità e gli impatti delle tecnologie digitali sulle aziende B2C e B2B, sulle PA, sui professionisti e sulle Startup tramite l’utilizzo di modelli interpretativi basati su solide evidenze empiriche e spazi di confronto indipendenti, precompetitivi e duraturi nel tempo, che aggregano la domanda e l’offerta di Innovazione Digitale in Italia.
•P ubblicazioni: una raccolta completa di analisi, dati e framework sull’Innovazione Digitale con i risultati integrali delle ricerche, caratterizzati da formati innovativi che presentano le informazioni rilevanti per prendere decisioni cruciali per il successo delle imprese: • Atti, Diretta Web e Video on
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Le nuove frontiere del benessere organizzativo Da oltre 40 anni Edenred innova il mondo del lavoro migliorando il benessere delle persone e la produttività delle aziende, generando valore per il sistema economico locale e nazionale.
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asce come inventore del Ticket Restaurant® e diventa leader mondiale nelle soluzioni che innovano e semplificano il mondo del lavoro contribuendo al benessere della popolazione aziendale. L’evoluzione dei bisogni delle persone e delle aziende unitamente ad una fiscalità agevolata, hanno permesso di estendere le nostre soluzioni, aggiungendo al buono pasto, considerato la prima forma di welfare, altri strumenti quali le piattaforme welfare, i buoni acquisto e le soluzioni di mobilità. Il welfare è considerato una leva sempre più importante per creare una cultura di impresa, in primis incrementando la soddisfazione personale dei dipendenti, poi stimolando il senso di appartenenza, per creare un buon clima aziendale con ricadute positive anche sulla produttività. Al giorno d’oggi, infatti, le aziende e il modo di lavorare stanno cambiando rispetto a un tempo, e curare il benessere aziendale e la qualità del lavoro è diventato fondamentale. Per soddisfare al meglio le esigenze delle aziende e dei dipendenti, da maggio 2019, Edenred ed Easy Welfare – il principale operatore di welfare in Italia , hanno iniziato un percorso insieme. Dall’unione dei due player leader
ratori stanno cambiando mentalità e modo di approcciarsi al lavoro e l’attenzione al benessere organizzativo sta diventando un driver fondamentale per la svolta dei business di successo. Crediamo che il passo fondamentale sia proprio quello di conoscere, capire e avvicinarsi ai nuovi strumenti che il mercato propone.
nel campo degli employee benefits, nasce Easy Welfare Edenred, la soluzione per il welfare aziendale che offre molteplici beni e servizi per soddisfare tutti gli stili di vita, in qualsiasi contesto aziendale. Easy Welfare Edenred supporta le aziende nell’ideazione e nella creazione di soluzioni personalizzate che aumentano il benessere dei dipendenti e favoriscono la conciliazione vita privata e professionale. La normativa, le aziende e i lavo-
Per maggiori informazioni: www. edenred.it
Per tutte le aziende, tutti i dipendenti, ovunque in Italia.
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Less is more: la semplicità per comunicare in modo efficace “La semplicità è un viaggio, non una destinazione” scrive Alan Siegel, esperto mondiale sull’argomento.
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l cervello, come qualsiasi altro organo, vuole risparmiare energie. Non solo ha bisogno di semplicità, la invoca. Semplicità non è nemica di Complessità. Solo che spesso alla complessità rispondiamo con le complicazioni, aumentando ansia, stress e inefficienza. La parola semplicità spaventa: la si associa a banale, semplicistico, riduttivo. La semplicità esige l’essenziale. Coglierlo e saperlo esprimere non è solo una vocazione, è un’arte. Le gioie semplici sono le più difficili da descrivere. Si narra di una guida alpina, Claus Helberg, che, prima di partire per un’escursione con i turisti, in una giornata incantevole, consegnò loro un biglietto con scritto “Sì, è davvero fantastico!”. Perché? Per evitare di rispondere alle innumerevoli e scontate frasi di apprezzamento che avrebbero pronunciato, distraendosi dal godimento dell’esperienza stessa. “Le parole non sono sempre sufficienti” scrive Erling Kagge autore de Il Silenzio. Uno spazio dell’anima, libro che narra questa storia. Aggiungo, non sono sempre neppure necessarie. Dire meno e dire meglio. Temo sia in controtendenza in quest’epoca in cui l’urgenza di dire è pari a quella di apparire. Less is more: un principio applicabile ovunque, quindi anche e soprattutto alla comunicazione quotidiana.
Se usassimo Semplicità potremmo liberarci dalla ridondanza e dal barocchismo che appesantiscono la comunicazione quotidiana. Tra legalese, burocratese, aziendalese è un trionfo di scudi contro la chiarezza, che della semplicità è uno degli indici. Un esempio. Questo è un estratto di una sentenza pronunciata in nome del popolo italiano. “Ritenuto che anche nell’ipotesi in cui il ricorso principale fosse dichiarato inammissibile tale dichiarazione non priverebbe di efficacia il ricorso incidentale proposto tempestivamente ai sensi dell’art. 371 cod. proc. civ. e nei termini per impugnare previsti dagli artt. 325, 326 e 327 cod. proc. civ., dovendosi ritenere anzi che in tal caso il ricorso incidentale tenga luogo di quello principale (Cass. 8 febbraio 2011, n. 3056)...”. Sentenza pronunciata in nome del popolo italiano? Non parliamo così neanche nei nostri peggiori incubi! Al Gore ha detto che “A plain language is a civil right”. Tra Pubblico e Privato una scrittura comprensibile è un diritto, pena la lesione stessa della democrazia. Tra privati una comunicazione chiara è un dovere, altrimenti è un furto della cosa più preziosa che abbiamo: il tempo. La maggior parte di noi crede che più informazioni voglia dire più chiarezza. Non è così.
È vero l’opposto: troppe informazioni sovraccaricano e, se ne sono inondate, le persone perdono di vista cos’è importante e smettono di fare attenzione. È questione di quantità ma anche di qualità delle parole: devono arrivare con immediatezza senza creare distanze e fraintendimenti. Vale nella vita professionale come in quella privata. Nel presentare la mia azienda o scrivere un annuncio di lavoro, come posso attrarre se uso un registro distaccato, anonimo e freddo? Che possibilità ho di suscitare attenzione, distinguermi tra la moltitudine di competitor e lasciare un segno? Per generare empatia bisogna avere ben chiaro cosa trasmettere e a chi. Mettersi nei suoi panni, capirne la prospettiva, gli aspetti razionali e emotivi. Di recente ho letto questa bruttura:
“Azienda leader nella XXX ricerca una figura da inserire con contratto di apprendistato all’interno della struttura dei PM perché dia un importante contributo in chiave di problem solving e gestione organizzativa”. Onestamente, come può attrarre un annuncio simile? Ma, prima ancora, che cosa vuole letteralmente dire? Tutti, aziende in primis, dovrebbero sapere che la semplicità paga. È provato che le persone sono disposte a spendere di più per i servizi offerti da chi rende la loro esperienza d’acquisto prima, e di consumo poi, più semplice, trasformandosi in ambasciatori del brand. La semplicità non è un vezzo intellettuale ma una vera e propria business practice che tradurre nella vita quotidiana di aziende e persone è la nostra missione in Bridge Partners®.
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Se di strategico, nel recruiting, è rimasta la parola
di Nicola Rossi*
Per un professionista del recruiting niente è diventato più familiare, negli ultimi tempi, quanto il termine “strategico”.
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’avrete certamente notato anche voi. E questo perché, mentre l’intero settore pativa gli effetti di una stagnazione di cui non si capiva bene l’origine né il punto d’arrivo, tutt’intorno gli strumenti e le nuove prassi offerte dall’innovazione venivano guardati con diffidenza. In un circolo vizioso che finiva, com’è ovvio, per alimentare l’impasse; condannando la ricerca e selezione del personale a un ritardo cronico rispetto a qualsiasi altro ambito aziendale. Chiaro che, ad avanzare con un incedere del genere, cumulando ritardo a ritardo, si è finiti per perdere di vista anche le differenze più elementari. Così ciò che prima era solo necessario è diventato di punto in bianco indispensabile; ciò che era giusto, insostituibile; e ciò che era importante si è trasformato, di colpo, appunto, in strategico. Ma cosa è davvero “strategico”, oggi, nel recruiting? Uno dei compiti che ci siamo affidati in Monster alla fine dello scorso anno, il nostro venticinquesimo di presenza sul mercato, è stato proprio quello di provare a distinguere cosa serva e cosa no, oggi, a una divisione HR per assicurarsi una gestione efficiente
dell’attraction e della retention dei talenti. Di sicuro, ci siamo detti, per prima cosa serve una visione d’insieme della funzione. Basta pensare al recruiting come a una funzione secondaria, considerandola di volta in volta utile o trascurabile a seconda dell’esigenza e del momento. Avere una più grande ambizione sul piano culturale è il primo, vero obiettivo degli specialisti della ricerca e selezione per i prossimi anni. Una più grande ambizione, aggiungiamo, indipendentemente dal contesto aziendale a cui si appartiene. Ché le rivoluzioni cominciano negli scantinati e nei garage, mica nei palazzetti dello sport. Cosa vuol dire? Che chi si occupa di portare a bordo talenti, e lo vuole fare con un minimo di lungimiranza, non può non iniziare a interrogarsi più a fondo sulla maniera attraverso cui favorire e sviluppare comportamenti individuali e collettivi improntati sui tratti principali della cultura dell’impresa a cui si appartiene. In altri termini, occorre rompere la linea di demarcazione tra “dentro” e “fuori”, tra chi fa già parte dell’azienda e chi potrebbe potenzialmente entrarvi. Vale a dire che anche se le competen-
ze da cercare all’esterno o da sviluppare al proprio interno variano col variare dei bisogni, e si ha una percezione chiara di quali siano i comportamenti virtuosi da favorire in questa o quest’altra fase aziendale, deve esserci una traiettoria realista da tracciare e perseguire nell’azione quotidiana della funzione. Comincia a prendere corpo, insomma, l’idea di un cambio di paradigma netto, un vero e proprio “Recruiting Reinventato” (lo abbiamo chiamato così in Monster), che viaggia su due binari paralleli: uno teorico, di principio; e l’altro pratico. La teoria, lo abbiamo detto, passa per una presa di coscienza del peso specifico che assumerà il recruiting - inteso come strategia a lungo termine per attrarre e trattenere i talenti migliori - all’interno della funzione HR nei prossimi anni. Un concetto che si sublima nel ripensare il ruolo di questa funzione aziendale liberandola,
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una volta per tutte, dalla concezione di “framework” tra organizzazione e mondo del lavoro. Un errore di valutazione che è all’origine di molte storture. Per la pratica, invece, sono tre i gesti virtuosi che abbiamo individuato: assumere personalità e non più semplici profili; considerare l’assunzione e l’onboarding un unico - e più lungo - processo di inserimento della risorsa in azienda; aprire la valutazione del candidato all’intelligenza artificiale e al gaming per creare subito un legame valoriale tra azienda e risorsa sul quale, in un secondo momento, trasferire nuovo sapere. Perché come in ogni processo di evoluzione, anche quello che porterà a un nuovo modello di recruiting poggia su elementi diversi. Alcuni molto importanti, altri, invece, semplicemente strategici.
*(Country Manager Monster Italia)
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EMPLOYEE ENGAGEMENT
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Futuro incerto, come affrontare la paura del cambiamento In un futuro sempre più incerto i mercati sono sempre più imprevedibili e le aziende, per mantenere la propria presenza nel mercato, devono continuamente trovare adattamenti.
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’evoluzione della tecnologia, la globalizzazione e la trasformazione digitale stanno rapidamente cambiando le nostre vite, i nostri comportamenti e di conseguenza le nostre scelte. Si stima che nei prossimi cinque anni assisteremo a una serie di innovazioni tecnologiche doppie rispetto agli ultimi cinque, che porteranno a un drastico cambiamento delle nostre abitudini, stili di vita e comportamenti d’acquisto.
“blockbusterizzazione”, ovvero “vieni spazzato fuori dal mercato da un’azienda che arriva con un nuovo modello di business in linea con le nuove esigenze del mercato che rende obsoleto il tuo”. Ma per cambiare modello di business bisogna continuamente sperimentare e rivedere le certezze che hanno funzionato così bene fino ad oggi. Serve una nuova mentalità e nuovi modelli organizzativi, ma l’inerzia rallenta il cambiamento.
Ma le aziende sapranno adeguarsi al cambiamento? La risposta non è confortante. Una recente ricerca riporta che ben l’83% delle aziende intervistate ha dichiarato di non aver ancora ottenuto risultati soddisfacenti nella loro trasformazione digitale. Il motivo comune sembra risiedere in una sorta di inerzia interna che tende a mantenere le cose immutate, nonostante gli investimenti tecnologici e organizzativi. Come afferma Reed Hastings, CEO di Netflix: “Raramente le aziende muoiono per essersi mosse troppo velocemente, mentre invece spesso muoiono perché si sono mosse troppo lentamente.” Questa inerzia non risparmia nemmeno i colossi. Il rischio è la
Come si supera l’inerzia? Per rispondere occorre comprendere da cosa dipende l’inerzia. Spesso nasce da resistenze, paure o ansietà rispetto ai cambiamenti imposti da un management, che magari ha la visione corretta, ma che non considera e non investe nel cambiamento dei comportamenti e nello sviluppo di una nuova mentalità. Occorre in altre parole agire sul coinvolgimento delle persone, perché è solo motivando le persone che si riesce a renderle parte attiva e persino propositiva del cambiamento. In fondo la paura del cambiamento è una caratteristica prettamente umana. Il cambiamento crea ansietà. Tendiamo a ripetere le stesse azioni perché “si è sempre fatto
così” e perché il cambiamento costa fatica e la rinuncia ad alcune comodità che non vogliamo perdere. Il management deve considerare questo aspetto del tutto naturale e mettere in priorità le azioni necessarie per mitigare le paure e favorire il cambiamento. Le persone cambiano “da dentro” Le persone cambiano quando decidono di cambiare. Non è possibile forzare il cambiamento dall’esterno. Devono prima comprendere le ragioni e la necessità del cambiamento, passare attraverso le loro reazioni emotive, capire che possono riuscirci e quindi impegnarsi ad agire positivamente nel senso del cambiamento. Ma come è possibile innescare questo processo che nasce direttamente dall’interiorità delle persone? Il modo esiste e si chiama Employee Engagement. Consiste di una serie di strumenti e dinamiche per favorire la crescita e la condivisione di una visione comune, lo scambio tra pari e la motivazione al cambiamento.
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Le leve dell’Employee Engagement Un’iniziativa di Employee Engagement non può essere imposta dall’alto, ma deve creare le condizioni perché le persone sviluppino volontariamente e collaborativamente una cultura di miglioramento continuo e di sperimentazione continua, che permette all’azienda di crescere e di adeguarsi senza entrare in modalità di crisi. Capita spesso che una campagna di Employee Engagement generi idee innovative e spinte al cambiamento che vengono “dal basso” e che vengono poi recepite dal management. In questo modo la spinta al cambiamento nasce dall’interno dell’azienda annullando di fatto ogni inerzia. Le aziende con un elevato livello di Employee Engagement sono in grado di affrontare prima delle altre i cambiamenti richiesti dal mercato. Come dice Claudio Perrone, esperto internazionale di metodologia Lean & Agile: “Se cambiare è difficile, fallo continuamente!”.
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Le tecnologie come agenti abilitanti per lo sviluppo delle persone
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il 15 dicembre e state pensando ai regali di Natale per la famiglia. Arriva una telefonata, è l’ufficio risorse umane: “Ciao, ti sei ricordato di compilare le schede di valutazione dei tuoi collaboratori, vero”? Una goccia di sudore freddo scende dalla tempia. Rispondete: “Certo, te le porto in settimana.” Dall’altra parte della cornetta: “Mi raccomando, non facciamo come l’anno scorso che me le hai consegnate a fine febbraio”. La telefonata si chiude con un messaggio rassicurante: “Ma certo, ci mancherebbe!” La verità è che non vi ricordate nemmeno dove siano finite le schede di valutazione cartacee che vi hanno consegnato settimane fa ma soprattutto vi viene male a pensare di dover spendere 4-5 giorni per cercare di ricordarvi i comportamenti dei vostri collaboratori e per valutarne le competenze. Già, perché si può andare a scavare nella memoria ma è molto difficile risalire a cosa sia successo a gennaio, la memoria è salda ma 12 mesi sono tanti. Inoltre esistono una lunga serie di meccanismi, chiamati “bias cognitivi”, per i quali le informazioni possano risultare distorte nella percezione dopo parecchio tempo. Ecco perché servirebbe un sistema attraverso cui poter fare delle valutazioni durante tutto l’anno (“continuos feedback”), in maniera facile e veloce, in modo che, a fine anno sia possibile avere le schede di valutazione semplicemente con un click. Sarebbe utile anche
avere un sistema che permetta di tenere sotto controllo l’andamento della propria “squadra” di collaboratori durante il tempo. Ma soprattutto questi dati sarebbero utili all’ufficio risorse umane. Prima perché sarebbero già allineati al modello di competenze aziendali e non sarebbe quindi necessaria una faticosa elaborazione delle schede, in secondo luogo perché sarebbero disponibili in tempo reale e non dopo mesi, in modo da rendere possibili interventi di formazione su qualche lacuna non appena questa venga evidenziata. Senza contare che dalle valutazioni continue sarebbe possibile far emergere chi sta lavorando “troppo bene”, ovvero oltre le aspettative del proprio ruolo, e avrebbe bisogno di un piano di sviluppo, altrimenti si rischia che vada a lavorare magari per un concorrente. Altrettanto si potrebbe fare per chi sta lavorando sotto le aspettative e quindi avrebbe bisogno di un piano di riallineamento. Se la trasformazione digitale sta permettendo alle organizzazioni di lavorare meglio questo può e deve avvenire anche nella trasformazione del processo di valutazione delle performance. La letteratura dice che più valutazioni o feedback si danno all’interno di un’organizzazione e più questa funzionerà meglio anche se i feedback non fossero dati in maniera adeguata oppure in modo preciso: questo perché il funzionamento delle varie parti dell’organizzazione si “tara” gra-
zie alle informazioni ricevute per collaborare meglio con le altre. I feedback sono quindi degli strumenti che permettono di diffondere i valori dell’organizzazione: stiamo parlando di cultura, cultura aziendale. L’elemento portante dell’organizzazione è infatti rappresentato dalle relazioni che si instaurano tra le diverse persone: è questo che permette alle imprese di produrre beni e servizi.
È importante allora trovare metodi per diffondere la cultura del feedback all’interno delle aziende, delle organizzazioni.
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Insomma, se è vero che le risorse umane sono da sempre il pilastro fondamentale per il successo delle aziende, questo è tanto più vero nell’attuale importante fase di cambiamento tecnologico. E allora arriveranno dei passi in avanti se saranno adottate tecnologie che siano di supporto alle persone. Perché oramai abbiamo capito che non funziona il paradigma dell’MBO: non funziona stressare le persone per raggiungere obiettivi in modo che si sentano felici DOPO aver avuto un premio. Le persone stanno meglio, sono più produttive e rimarranno più a lungo nell’organizzazione, se sono felici MENTRE lavorano. Ecco perché il benessere delle persone dovrebbe essere al centro degli sforzi delle organizzazioni per migliorare ed ecco perché le tecnologie dovrebbero essere un agente abilitante per permettere questo sviluppo.
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Open Innovation: tool e mindset per fare innovazione dal basso Nel 2020, in Italia, i posti vacanti nel solo comparto IT sono 20.000, un dato che colpisce, soprattutto se lo si colloca dentro un Paese, il nostro, dove il tasso di disoccupazione è pari al 9,8 per cento*.
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n parallelo, aziende e big tech lamentano la scarsa specializzazione delle proprie risorse, insieme a un rallentamento dei processi di innovazione e trasformazione digitale, dipendenti, spesso, da una mancanza di know how interno. Una delle chiavi di svolta di questo duplice contesto è Codemotion, scale-up che dal 2013 è impegnata nella costruzione della più grande tech community mondiale. Con il suo network di oltre 570.000 sviluppatori in tutta Europa, e grazie a strumenti non convenzionali come le coding challenge, che permettono una valutazione delle competenze degli sviluppatori veloce ed efficace, Codemotion è in grado di supportare in maniera personalizzata e altamente customizzabile le aziende che hanno necessità di entrare in contatto con gli sviluppatori, e viceversa, dando un’opportunità ai developer di rendere ancora più evidenti le loro capacità e le loro competenze come chiave punti chiave per rendere le aziende più performanti e competitive. Da anni, infatti, Codemotion si pone come un partner tecnologico di eccezione in grado di fornire strumenti che facilitano il cammi-
no verso il cambiamento e le sfide tecnologiche che ogni azienda oggi si trova ad affrontare. Non tutti sanno che, a volte, uno dei fattori che rallenta i processi di innovazione all’interno delle aziende è proprio il timore, da parte dei dipendenti, di cambiare e di affrontare nuovi scenari, approcciandosi a materie tecnologiche in continua evoluzione. Allo stesso tempo, le aziende non sono in grado di rivolgersi in maniera accattivante e adeguatamente preparata alle numerose community tech distribuite nel nostro paese. Tuttavia, è ormai chiaro che le aziende impegnate nella digital transformation e che sono all’avanguardia, non possono esimersi dal costruire una componente interna di innovazione, soprattutto quelle big tech che richiedono sempre di più competenze tecniche e verticali, sia nella comprensione delle necessità dell’azienda stessa, sia nella proposizione di figure professionali adeguate, tali da necessitare l’intermediazione di un player autorevole e certificato. Molte tra le principali aziende in Italia hanno riconosciuto quel player in Codemotion, la scale-up che conosce come e con quali
strumenti e linguaggi rivolgersi in modo efficace alla community tech, creando opportunità di incontro, sviluppo e crescita, sia tra i singoli developer, sia in relazione ai responsabili HR delle aziende. Grazie alla sua piattaforma omnicanale, infatti, la scale-up propone un processo bottom up che offre un percorso di sviluppo e di crescita personale e professionale. In che modo? Mettendo in contatto i developer e le aziende in modo capillare, a livello nazionale, e oltre; dando un’opportunità di valore agli sviluppatori e ai professionisti dell’IT; offrendo un’autentica opportunità di innovazione alle aziende che necessitano di un supporto al di fuori di loro stesse. In particolare, Codemotion sta sviluppando, sempre all’interno della propria piattaforma omnichannel dedicata agli sviluppatori, specifiche aree “hiring” dove far coincidere la domanda e l’offerta, ma sempre nell’ottica di valorizzare i developer.
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Una best practise che Codemotion ha portato all’esterno di sé dopo aver sperimentato con successo l’approccio bottom up anche all’interno della propria realtà: “Per poter entrare nel team Codemotion, oltre alle competenze specifiche, sono fondamentali quelle soft skills che identifichiamo in: flessibilità, efficienza, buono spirito imprenditoriale e attitudine all’innovazione” spiega Chiara Russo, Ceo e Co-Founder Codemotion. “Per noi è importante possedere anche una buona visione strategica: vogliamo essere portavoce dei valori e della mission di Codemotion, condividendo le tendenze tecnologiche più innovative e il know-how a livello mondiale, supportando le aziende a trovare i giusti professionisti, coinvolgendo e sostenendo le community tech. In una parola, programmare il futuro. Insieme.” *Dati ISTAT ottobre 2019
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PLAYYOURJOB: come lavorare sull’engagement Il tema della talent attraction e della talent retention sono un punto fermo per la definizione strategica dei processi HR, dal recruiting alla selezione, dall’on-boarding alla costruzione dei piani di carriera. La generazione oggi protagonista non batte i pugni per trovare il proprio riconoscimento, preferisce “itinerare” fino al momento in cui non si sentirà al proprio posto, riconosciuta e motivata, utile e appartenente. Il lavoratore ha bisogno di vivere in contesti in cui conta il suo turno, contano le sue azioni, ha risorse di cui poter disporre e obiettivi che generino riconoscimenti. E sono le stesse dinamiche di un gioco: un gioco serio. Sempre più aziende utilizzano giochi, sia analogici che digitali, per formare il proprio personale, valutare le prestazioni, coinvolgere e motivare le proprie risorse. Ogni giorno combattono una vera e propria battaglia per conquistare i migliori talenti, sviluppare un forte employer branding e risultare interessanti agli occhi del candidato. Per valutare il reale potenziale delle persone sempre più andiamo oltre i titoli scritti sui cv, cercando di adottare nuovi approcci a dir poco innovativi. Molte aziende affrontano quotidianamente le sfide dettate dall’innovazione e dalla trasformazione digitale: è il momento di andare oltre la gamification e pensare ad un vero e proprio gaming recruiting. Il gioco nel processo di selezione rappresenta un elemento capace di aiutare il recruiter nella pun-
tuale valutazione dei candidati. Il motivo è semplice: il gioco crea di per sé una situazione più rilassata, che nulla ha a che vedere con l’ansia e lo stress di una selezione tradizionale, i candidati sono quindi più liberi di esprimersi al meglio facendo emergere il loro reale potenziale. Il gioco diverte, restituisce feedback immediati e diventa un efficace strumento per entrare in contatto con le nuove generazioni, native digitali abituate sia all’uso della tecnologia che all’esperienza del gaming. Utilizzare una dimensione ludica aiuta ad aggiudicarsi e fidelizzare le migliori risorse poiché, da un lato, permette di osservare e valutare egregiamente alcuni aspetti chiave del comportamento professionale e, dall’altro, consente di far vivere alla risorsa un’esperienza unica, in grado di associare valori positivi al brand. Il gioco, osteggiato per molto tempo, diventa quindi un grande alleato delle aziende: facilita il “mettersi in gioco” del personale e descrive un efficiente e tempestivo strumento di misura delle performance, spronando le persone a dare il massimo per perseguire i propri obiettivi. Inoltre, se associato ad un funzionale sistema di ricompense, appaga i dipendenti e ne accresce l’autostima, impattando positivamente sulle performance di business.
In Italia ci sono diverse realtà che offrono servizi analoghi per le aziende ma solo Laborplay -spinoff dell’Università di Firenze- riesce ad ancorare gli elementi ludici ad una solida base scientifica. Dal 2015, anno della propria fondazione, abbiamo creato una suite di dispositivi in grado di coprire 24 competenze e ciascuno starter kit include gli strumenti necessari allo svolgimento dell’attività su un classico gruppo di assessment center, il manuale e le griglie di osservazione per l’assessor con la specifica delle competenze osservabili dallo specifico gioco. Tutti i nostri dispositivi sono “giochi” costruiti per essere utilizzati come strumenti di rilevazione e sviluppo delle competenze trasversali. Si prestano ad un utilizzo
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focalizzato, consentono di coniugare formazione e divertimento, adottando il metodo dell’entertraining, attivando non solo la dimensione intellettuale ma anche quella sensoriale, risultando motivanti, appassionanti e immersivi. La dimostrazione e l’evidenza, principi cardine della dinamica di gioco, rendono immediato sperimentare l’efficacia dei propri comportamenti e interiorizzare valori e ruoli, incrementando la propria consapevolezza e capacità di controllo. Laborplay, con i suoi prodotti e servizi, oggi trascendono la mera gamification posizionandosi come la realtà italiana di riferimento per mettersi in gioco nella cosiddetta talent war.
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Il lavoro è un gioco serio
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er valutare il reale potenziale delle persone sempre più andiamo oltre i titoli scritti sui cv, cercando di adottare nuovi approcci a dir poco innovativi. Molte aziende affrontano quotidianamente le sfide dettate dall’innovazione e dalla trasformazione digitale: è il momento di andare oltre la gamification e pensare ad un vero e proprio gaming recruiting. Il gioco nel processo di selezione rappresenta un elemento capace di aiutare il recruiter nella puntuale valutazione dei candidati. Il motivo è semplice: il gioco crea di per sé una situazione più rilassata, che nulla ha a che vedere con l’ansia e lo stress di una selezione tradizionale, i candidati sono quindi più liberi di esprimersi al meglio facendo emergere il loro reale potenziale. Il gioco diverte, restituisce feedback immediati e diventa un efficace strumento per entrare in contatto con le nuove generazioni, native digitali abituate sia all’uso della tecnologia che all’esperienza del gaming. Utilizzare una dimensione ludica aiuta ad aggiudicarsi e fidelizzare le migliori risorse poiché, da un lato, permette di osservare e valutare egregiamente alcuni aspetti chiave del comportamento professionale e, dall’altro, consente di far vivere alla risorsa un’esperienza unica, in grado di associare valori positivi al brand. Il gioco, osteggiato per molto tempo, diventa quindi un grande alleato delle aziende: facilita il “mettersi in gioco” del personale e descrive un efficiente e tempestivo stru-
mento di misura delle performance, spronando le persone a dare il massimo per perseguire i propri obiettivi. Inoltre, se associato ad un funzionale sistema di ricompense, appaga i dipendenti e ne accresce l’autostima, impattando positivamente sulle performance di business. In Italia ci sono diverse realtà che offrono servizi analoghi per le aziende ma solo Laborplay -spinoff dell’Università di Firenze- muove dalla volontà di valorizzare le esperienze reali di gioco degli utenti per fornire un accurato profilo comportamentale. A fine novembre è uscito sul mercato PlayYourJob, il primo sistema in grado di analizzare le competenze trasversali a partire da preferenze, abitudini ed esperienze di videogioco. L’app mobile PlayYourJob (disponibile sugli store Apple e Android) è pensata per il B2C: totalmente gratuita per l’utente, presenta un veloce test in cui, invece che alle solite obsolete domande, rispondiamo se preferiamo giochi in cui si devono usare armi o esplorare mondi, giochi di sport o di avventura. Feedback istantaneo e ricco grafico colorato in home page, l’utente legge il proprio profilo e lo arricchisce con le esperienze formative e professionali (anche scaricabile in pdf!). Infine può giocare e condividere lo screenshot dei suoi giochi preferiti (da Candy Crush a Clash of Clans, da Tekken a Temple Run) per raccontare e dimostrare il proprio bagaglio di competenze. PlayYourJob non “obbliga” a gioca-
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Sempre più aziende utilizzano giochi, sia analogici che digitali, per formare il proprio personale, valutare le prestazioni, coinvolgere e motivare le proprie risorse. Ogni giorno combattono una vera e propria battaglia per conquistare i migliori talenti, sviluppare un forte employer branding e risultare interessanti agli occhi del candidato. re a giochi sviluppati internamente, dal gameplay spesso discutibile e dalla grafica triste, ma si apre alle esperienze vere dell’utente promettendo un “dimmi a cosa giochi davvero e ti dirò chi sei”. Il videogioco diventa realmente competenza maturata e da potenziare, diventa occupabilità da ottimizzare nella misura in cui ci connette -tramite una specifica sezione dell’app chiamata Job Zone- agli annunci di lavoro. Inoltre ci sfida e ci confronta con i punteggi degli altri utenti, anche all’interno della stessa azienda con dei contest mirati, diventando un solido strumento di sviluppo organizzativo. Un’app così interattiva si rende as-
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sai utili nelle fasi preliminari della selezione: grazie alle informazioni ottenute si può già strutturare un profilo dei potenziali candidati e individuare quelli da invitare alle fasi successive. Si risparmiano tempo e risorse impegnate nel processo di selezione e non stupisce che già da qualche anno la gamification sia stata uno degli strumenti maggiormente utilizzati dalle aziende non solo per il reclutamento, ma anche per la formazione interna, la motivazione del personale e l›engagement del dipendenti. PlayYourJob e Laborplay oggi però trascendono la mera gamification posizionandosi come la realtà italiana di riferimento per il gaming recruiting.
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Sommersi dai CV?
Trovare il candidato giusto in un minuto è possibile. Con 60REC il video recruitment si fa smart Una soluzione HR Tech innovativa per il settore del recruiting che snellisce la fase di screening; consente a chi cerca lavoro di presentarsi con una video cover letter e ai selezionatori del personale di conoscere un candidato prima del colloquio.
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l digitale ha pervaso la nostra quotidianità, ma siamo proprio sicuri di metterne davvero a frutto le potenzialità quando si tratta di cercare lavoro? Possiamo dire che l’iter di selezione del personale si è rivoluzionato negli ultimi 20 anni? No di certo. Da queste considerazioni è nata 60REC, una soluzione tecnologica che punta ad agevolare il processo di selezione e a garantire ai candidati in cerca di lavoro possibilità aggiuntive per mettersi in luce e farsi notare. 60REC è un tool verticale che si inserisce nei processi aziendali senza alterarli. È costituita da una App mobile, scaricabile gratuitamente dagli store, che consente ai soggetti in cerca di lavoro di registrare facilmente con smartphone o tablet delle video cover letter - lettere
di presentazione video con le quali completare la propria candidatura e accompagnare il proprio curriculum. Sempre da App, o attraverso la piattaforma Web www.60rec.com, i selezionatori del personale possono consultare le video cover letter dei propri candidati, per facilitare la selezione, approfondire gli elementi di valutazione nella fase di prescreening e affinare la ricerca per le convocazioni ai colloqui. Da una parte quindi ci sono gli aspiranti lavoratori, che con 60REC, producendo presentazione di sé, in pochi minuti possono contare su un mezzo aggiuntivo di valorizzazione delle proprie qualità e della propria esperienza. Dall’altra parte ci sono i recruiter, che dispongono di uno strumento aggiuntivo di valutazione e sono così in grado di cogliere alcuni aspetti fondamentali del valutato tipici del colloquio individuale (aspetto fisico, dinamiche relazionali, proprietà di linguaggio, sicurezza in se stessi). 60REC consente quindi di identificare in maniera più mirata il target di riferimento riducendo sensibilmente il tempo e le risorse da dedicare alla selezione. 60REC deve il proprio nome a quella che è stata identificata come la durata ideale di una video cover letter, 60 secondi, un tempo sufficiente per raccontare di sé e delle proprie attitudini, ma tutto sommato contenuto. Il Candidato può, tuttavia, impostare autonomamente i parametri della propria video cover letter - tra i quali la durata - e ha a disposizione numerosi strumenti per l’ottimizzazione del video (come teleprompter e countdown). Una volta registrato il
proprio video e caricatolo nella propria pagina personale, il Candidato può decidere di renderlo consultabile da parte di un recruiter, semplicemente copiandone e incollandone il link nella mail di candidatura o in un form sul web. Tre semplici passaggi e il gioco è fatto. Solo chi si sarà registrato a 60REC con il profilo di Selezionatore, avendo a disposizione il link, potrà visionare la video cover letter, la cui consultazione sarà quindi privata e protetta dalla viralizzazione. Parallelamente il selezionatore del personale ha a disposizione la funzionalità dello Speech on demand, ideale per la fase intermedia dello screening, che consente di richiedere ai candidati di produrre uno specifico video seguendo uno trac-
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cia preimpostata. “Oggigiorno abbiamo tutti a disposizione mezzi tecnologici e strumenti nuovi per proporci e presentarci – sottolinea Gabriele Catellani, CEO della startup 60REC S.r.l.s. -. Quegli stessi mezzi con cui, nella quotidianità, ci rendiamo protagonisti sulla rete e nella piazza virtuale. L’iter di selezione del personale può aver assunto modalità diverse negli ultimi anni ma gli elementi di prima valutazione alla resa dei conti sono gli stessi da sempre: curriculum vitae e lettera di presentazione. 60REC ne introduce uno differente e innovativo: la video cover letter. Si tratta di un elemento aggiuntivo di valutazione per il selezionatore e di un’opportunità concreta in più per il candidato”.
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Dalla letteratura all’HR di domani: quando la rapidità è un valore da salvare Cuando despertó, el dinosaurio todavía estaba allí» (Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì).
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uesto racconto dello scrittore guatemalteco Augusto Monterroso è considerato da molti - a ragione - il più straordinario racconto breve della letteratura universale. Se ne serve Umberto Eco nel suo “Dire quasi la stessa cosa - Esperienze di traduzione”, per mostrare la difficoltà di “tradurre” un’opera da un mezzo espressivo all’altro; ma più interessante ancora è forse l’uso che ne fa Italo Calvino, che inserisce questo racconto incredibile (basti pensare agli scenari che una sola riga spalanca davanti all’immaginazione del lettore) in una delle sue “Lezioni americane”, il ciclo di sei conferenze che nel giugno dell’84 fu invitato a tenere all’Harvard University. Calvino si serve di questo racconto nella sua lezione sulla “rapidità”, considerata una virtù della letteratura da preservare nel nuovo millennio. Quel millennio che nell’84 cominciava lentamente a schiudersi davanti agli occhi del mondo. Se me ne servo anch’io, in questa occasione, è perché la funzione HR mi pare si trovi oggi nella stessa posizione in cui si trovava allora la letteratura; ma in questo caso il nuovo millennio è rappresentato da un’epoca che segna definitivamente il passaggio dall’analogico al digitale, e che an-
cora prima di compiersi del tutto già mette in discussione i valori universali di questa funzione. Ecco allora perché, nella breve lista di valori da conservare e tradurre nella nuova epoca dei processi di ricerca e selezione del personale, io credo non possa proprio mancare una certa forma di rapidità. Una rapidità di pensiero, prima che di azione. Perché la rapidità di cui parlo è quella che sposta le energie e le risorse destinate a questa funzione su un nuovo modello organizzativo, orientato a offrire un approccio al recruiting completamente reinventato. Fondato, cioè, sull’esperienza come valore in sé; che riguarda tanto il candidato che la vive quanto il recruiter che la offre. Una sintesi chiara dello scenario verso cui ci stiamo avviando è offerta dalla filosofia tech and touch, alla quale il recruiting reinventato si rifà, assorbendone il meglio (la sveltezza dei processi; la semplicità d’esecuzione; l’integrazione perfetta tra tecnologia e abilità umane), e rigettando tutto ciò che non è funzionale a questo nuovo disegno organizzativo. Cambia l’approccio perché cambiano i processi, che cambiano, a loro volta, perché è il target, all’origine, a cambiare. E in questo
ripensare rapido la propria funzione, il recruiter scopre l’efficacia di strumenti nuovi e sperimenta innovative modalità di esecuzione del proprio ruolo. Entrano così in campo strategie di talent acquisition con modalità multicanale integrate tra loro. Si spazia dal mobile (che riduce la distanza tra candidati e aziende allo spazio di uno swipe sullo schermo dello smartphone) al desktop (Video Job Ad, video colloqui in differita); e tutto nel tempo striminzito di un click. Perché la rapidità investe prima di tutto gli interpreti di questa professione, ma non risparmia certo i processi. Si registra una forte apertura al gaming e una certa inclinazione a misurare le abilità del candidato
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mediante prove di abilità complesse. Ancora prima di averne effettivamente bisogno. In ultimo, si chiude l’epoca della selezione dei profili e si apre quella della ricerca di personalità. Anche multiple, se necessario. Nel senso di molteplici. Perché quella dell’assunzione diretta di interi team (già rodati e quindi più rapidi - ci risiamo - nell’esecuzione del lavoro) è un’altra delle caratteristiche che si scorgono già all’alba di questa nuova era dell’HR. Una rivoluzione che cambia le regole alla radice e impone rapidità ai suoi interpreti, insomma, al solo scopo di offrire un’esperienza di recruiting evoluta e sempre più a misura delle aspettative (e dei bisogni) di candidati e aziende.
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Il fattore umano del Next Gen Business Il successo negli affari può essere misurato in valori numerici: per esempio, un maggior tasso di vendita e un maggior numero di clienti. Tuttavia, i fattori umani sono fondamentali per raggiungere un traguardo simile.
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e nuove tecnologie, i nuovi modelli di business e le novità in fatto di prodotti e servizi avranno un impatto sui valori numerici solo se avranno prima un impatto sulle persone. E con la fisiologica conseguenza di rendere i clienti felici e i dipendenti più produttivi.
Tecnologia + Innovazione / Fattore Umano = Successo negli affari. I professionisti della formazione dovrebbero concentrarsi sul fattore umano all’interno di questa equazione, ma è facile rimanere accecati dal bagliore delle nuove tecnologie. Nella sua relazione “Global Human Capital Trends” 2018, Deloitte riporta che “l’AI, la robotica e l’automazione si sono “imposte” rapidamente nelle aziende, molto più velocemente di quanto previsto. Sebbene le organizzazioni impieghino sempre più le nuove tecnologie per automatizzare i processi, i veri pionieri stanno ripensando radicalmente l’architettura del lavoro, per massimizzare il valore sia delle risorse umane, sia delle tecnologie, creando nuove opportunità per organizzare l’attività in modo più efficace e ridefinire competenze e carriere della hu-
man workforce”. La forza lavoro sta cambiando, ma la maggior parte delle organizzazioni non è pronta. Solo un quarto degli intervistati in un recente sondaggio si è rivelato “decisamente sicuro di avere le persone giuste e le competenze necessarie per il futuro”. Anche se l’86% ha affermato di aver preso tutte le misure possibili per garantire una migliore formazione alle proprie persone, solo il 17% di loro ha ammesso di avere come priorità il talento e le risorse umane. Se sospetti che la tua organizzazione abbia perso di vista le sue “priorità umane”, ecco alcune domande pratiche da porsi: Nella tua azienda, che importanza viene attribuita allo sviluppo delle soft skills? Lo sviluppo di competenze trasversali come la leadership, la capacità di negoziazione e la comunicazione, tra cui anche le competenze linguistiche, è essenziale, senza trascurare lo sviluppo di skill come la creatività e l’intelligenza emotiva. La soddisfazione del dipendente è una delle priorità aziendali? Un dipendente felice sarà più produttivo, fornirà un servizio più efficiente e rimarrà in azienda più
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a lungo, e tutto questo avrà un effetto positivo anche sui profitti. Si potrebbe anche considerare l’utilizzo dei Net Promoter Scores (NPS), normalmente utilizzati per misurare la soddisfazione del cliente, per misurare il livello di benessere del capitale umano. L’utilizzo dei NPS dà l’opportunità di chiedere ai dipendenti perché abbiano dato un determinato punteggio e agire sulle risposte. Dai dati ricavati dal sondaggio forniscono grandi spunti di riflessione, ma è necessario saperli leggere e usare al meglio. I dipendenti hanno voce in capitolo nella loro carriera? Deloitte sottolinea che nel nuovo mondo del lavoro, “l’individuo e le sue esperienze devono essere al centro dell’attenzione. Invece di una progressione costante lungo un percorso basato sul lavoro, le aziende leader si stanno spostando verso un modello che consente agli individui di acquisire esperienze preziose, esplorare nuovi ruoli e reinventarsi
continuamente. Tuttavia, il 59% dei partecipanti al sondaggio valuta le proprie aziende come totalmente o solo parzialmente in grado di mettere le persone nella posizione di gestire la propria carriera”. In sostanza, le sofisticate piattaforme di apprendimento digitale permettono alle persone di toccare con mano la forza dell’apprendimento stesso, ma una cosa è fornire ai dipendenti contenuti di apprendimento a cui possono accedere ovunque si trovino, un’altra cosa è supportare i dipendenti ad assumersi la responsabilità del proprio sviluppo e ad utilizzare queste risorse di apprendimento per ottenere il massimo sia per se stessi sia per l’azienda. La motivazione ad apprendere autonomamente nascerà solo in un’azienda che davvero si interessa a questi aspetti, dove le risorse sono valorizzate e dove esiste la cultura dell’apprendimento collaborativo, dell’engagement e dello sviluppo.
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Road to Digital HR: La trasformazione digitale è un viaggio. Parlare di Digital HR con le aziende è oggi un’esperienza molto diversa rispetto al passato: l’interesse per i singoli strumenti sembra infatti superato, in favore di una visione olistica ed orientata a progetti di più ampio respiro.
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a necessità di produrre risultati in tempi rapidi rimane un requisito fondamentale, ma al suo fianco è sempre più viva l’esigenza di dare vita a progetti senza limiti strutturali, in grado di evolversi ed esplorare territori non pianificati in origine. La trasformazione digitale della funzione HR è diventata oggi come un viaggio, in cui le esperienze fatte lungo il percorso valgono più della destinazione stessa. Esistono quindi dei requisiti tecnologici determinanti per accompagnare un progetto Digital HR lungo il suo percorso evolutivo? L’esperienza maturata da Alloy, nel corso di 15 anni al servizio del software per la gestione di Risorse Umane e Conoscenze, ci permette di rispondere individuando tre requisiti chiave.
spesso, tuttavia, la modularità si rivela essere un vincolo nel momento in cui emergono nuove necessità? Alloy ha scelto di progettare le proprie soluzioni come rampa di lancio per le evoluzioni future: ogni modulo include un set di funzionalità pronto all’uso ma non pone alcun limite ad integrazioni e personalizzazioni. Diversamente dalle logiche adottate dai maggiori player nel mercato, la scelta dei moduli avviene con il massimo grado di libertà e senza il ricorso di soluzioni “a pacchetto”. Scegliere un software di Alloy, significa essere rapidamente operativi senza rinunciare a future possibilità di sviluppo, caratteristica finora esclusiva dei progetti interamente personalizzati.
Modularità e Adattabilità
Accesso ai dati e funzionalità analitiche
L’utilizzo di software modulare è da sempre un punto fondamentale per ridurre i tempi di messa in opera di nuovi sistemi. Quanto
Uno dei principali benefit nei progetti di trasformazione digitale è l’ampliamento delle possibilità di analisi dei processi coinvolti. La
digitalizzazione della funzione HR non fa eccezione, in quanto include per sua natura alcune tra le metriche più complesse da analizzare, ovvero quelle appartenenti a persone, conoscenze ed apprendimento. Rendere possibile ed efficace l’analisi dei dati nei processi Digital HR è un requisito essenziale per un progetto votato alla longevità: non esistono altre vie per intraprendere un percorso di evoluzione e miglioramento continuo. L’accesso a dati già esistenti ed il loro utilizzo, rappresenta oggi uno dei principali limiti delle soluzioni HR offerte oggi dal mercato, che spesso faticano ad adattarsi al complesso scenario tecnologico presente in ogni organizzazione. Alloy supera questo limite grazie ad una tecnologia proprietaria in grado di integrare rapidamente infinite fonti di dati nei propri progetti.
User Experience In un progetto Digital HR votato alla crescita la qualità dell’espe-
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rienza utente deve essere considerata un elemento prioritario. Un’esperienza fluida e priva di frizioni è infatti il principale facilitatore per gli utenti che si approcciano a nuovi strumenti e nuove modalità di apprendimento. La piena compatibilità con dispositivi mobili è diventata oggi un requisito minimo: ma quali altri elementi sono in grado di fare la differenza nella sfida per vincere le resistenze dell’utente? Il design user-centrico adottato in tutti i software di Alloy è la soluzione più avanzata a questa sfida. Questo approccio al design e alla user experience rovescia i tradizionali equilibri, plasmando gli strumenti attorno alle preferenze dell’utente. Il risultato è l’abbattimento delle resistenze ed una maggior facilità dell’utente nel compiere le azioni previste. Visita il sito www.alloy.it per conoscere le soluzioni software di Alloy per lo sviluppo di Risorse Umane e Conoscenze: troverai strumenti e consulenza per dare vita al viaggio della tua azienda verso il Digital HR.
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Screening automatico
Riduce Migliora l’Employer il time to hire Branding
Lyza, l’intelligenza artificiale si fa recruiter
I chatbot, software che simulano conversazioni tra esseri umani, sono utilizzati quando ci si trova di fronte ad attività ripetitive e a grandi volumi di richieste: in ambito HR l’attività più impegnativa in questo senso è quella della selezione.
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L
yza è un recruiter virtuale che interagisce con i candidati tramite chat conducendo in maniera autonoma la prima intervista, automatizzando la fase di screening e individuando i candidati idonei e più aderenti alla posizione ricercata. In ogni colloquio Lyza raccoglie informazioni su: dati anagrafici e di contatto, competenze ed esperienze pregresse rilevanti per la specifica posizione, motivazione e disponibilità del candidato. In questo modo Lyza è in grado di coprire le prime fasi del processo di selezione: raccolta delle candidature, prima call conoscitiva, screening dei candidati. Sulla base delle risposte ricevute, e grazie ad algoritmi costruiti ad hoc, Lyza identifica le candidature pertinenti e le classifica sulla base di un matching percentuale tra le risposte fornite dal candidato e i requisiti previsti per la posizione, consentendo una riduzione del time to hire e dell’effort solitamente impiegato. Integrandosi con soluzioni tecnologiche già sul mercato può essere usato in diverse fasi dell’iter di ricerca e selezione: come strumento di candidatura, oppure dopo la candidatura tradizionale per lo screening dei candidati.
COLLOQUIO ON-DEMAND Sulla base delle risposte dei candidati il bot ramifica il flusso di conversazione in modo da porre dinamicamente domande pertinenti alle risposte ricevute. Il candidato ha così l’impressione di svolgere un colloquio in tempo reale interagendo con un vero recruiter. Inoltre Lyza risponde a quesiti su contratto, ruolo o su qualunque informazione aziendale possa interessare al candidato. L’esperienza di candidatura si modifica completamente: al posto di compilare application form, il candidato può avere con Lyza un vero e proprio colloquio in modalità on demand, secondo le proprie preferenze ed esigenze di orario. Ogni persona viene valorizzata con l’opportunità di accedere a una job interview. L’esito della valutazione, e le domande stesse, dipenderanno dalle risposte del candidato al chatbot. L’esperienza delle persone inoltre migliora perché diventa: multicanale - è possibile candidarsi tramite chatbot attraverso la career page aziendale, Messenger, Telegram, Skype o altri sistemi di messaggistica.; multilingua - Lyza è in grado di sostenere la stessa intervista in lingue differenti; multimodale - il candidato può scrivere le risposte o rispondere a voce.
Uno dei timori nell’adottare questa tecnologia è l’automazione totale del processo di selezione, l’idea della famigerata macchina super performante che sostituisce e rende “obsolete” le persone. Sembra paradossale, ma la tecnologia svolge un ruolo opposto: rende il lavoro umano più “umano”. Gran parte del tempo lavorativo dei recruiter è dedicato allo screening, ovvero cercare tra la moltitudine di candidature quelle più idonee e aderenti al profilo ideale, scorrendo innumerevoli cv, usando come filtro le informazioni dei form di candidatura, e dedicando tempo prezioso alle telefonate conoscitive. Prendendosi l’onere di queste attività ripetitive, l’Intelligenza Artificiale garantisce a quella Umana
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di dare il meglio di sé dedicandosi esclusivamente ad attività a valore aggiunto come: entrare in contatto, empatizzare, relazionarsi con i talenti in cerca di opportunità lavorative. In HR si deve poter parlare di “Relazioni umane” e non di “Risorse umane”. Dal 1995 Interlogica realizza per grandi aziende progetti software complessi utilizzando tecnologie di frontiera. In campo HR sviluppiamo soluzioni per il Recruiting e il People Development. Se hai bisogno di un assistente virtuale che si occupi di sgravarti da task ripetitivi e di poco valore, ti possiamo aiutare: performance, produttività e integrazione con i software che già usi, sono una garanzia. Visita https://lyza.io o scrivi a pg@interlogica.it: troveremo la soluzione più adatta alle tue esigenze.
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Costruire politiche retributive per attrarre, motivare e trattanere i talenti: tutto parte dalla comprensione del mercato. Come retribuire le persone di “talento”? Quelle che fanno la differenza in termini di performance, che possiedono competenze eccellenti o che hanno un potenziale di sviluppo importante?
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imili domande stanno quotidianamente di fronte a imprenditori, CEO, direttori HR, e più in generale a tutti coloro che sono coinvolti nella ricerca, costruzione e sviluppo del “capitale umano” di un’azienda. Sul tema bisogna fare una premessa generale: pagare di più – ammesso che lo sia mai stata – non è oggi la risposta corretta al problema della retribuzione dei “talenti”. A provarlo anche un recente studio condotto dall’OSSERVATORIO JOBPRICING su oltre 2000 lavoratori del settore privato, dal quale emerge in modo molto chiaro che ¾ degli intervistati rinuncerebbero a un mese di stipendio fisso per accedere ad altre “voci” di remunerazione, anche c.d. intangibile (prima su
tutte, con oltre il 30%, la prospettiva di investimenti in formazione e sviluppo delle competenze). Del resto dal medesimo studio emerge che lo stipendio fisso, se è ancora la prima ragione nella scelta un nuovo posto di lavoro (69%), non è altrettanto importante in termini di fidelizzazione: appena nel 28% dei casi lo si reputa il fattore decisivo, ma relazioni interpersonali sul lavoro (49%), ambiente fisico (42%), work life balance (42%), contenuto del lavoro ed autonomia (37%) vengono prima. Tutti questi fattori sono in crescita nell’ultimo triennio, al contrario della retribuzione fissa. Non solo. A quanto risulta dalla ricerca, esiste in generale una bassa soddisfazione rispetto alla retribuzione (4,1 su 10), che è fortemente correlata a 4 dimensioni: l’equità interna percepita, la meritocrazia, il rapporto fra retribuzione e prestazione e la competitività di mercato. Che cosa implica tutto ciò per chi gestisce le retribuzioni in azienda? Sebbene il tema non si possa esaurire in poche righe, si possono fissare alcuni principi di base: i) Il tema della compensation non è una dimensione esclusivamente interna. Se la retribuzione è in buona sostanza il “prezzo” di una risorsa in base al valore del suo lavoro nell’organizzazione e nel mercato e al suo livello di performance, non si può prescindere da un monitoraggio sistematico di tali fattori, che invece sono troppo spesso trascurati, soprattutto nelle PMI; ii) L’approccio al
reward dovrebbe essere “olistico”, incentrato sul “pacchetto” piuttosto che sul denaro (questo a maggior ragione se si parla di “talento millenial”); iii) la differenziazione, piuttosto che l’omologazione, costituisce il nuovo parametro di riferimento per la costruzione di sistemi retributivi: sempre di più si chiedono, anche da parte degli stessi lavoratori, stipendi non uguali per tutti, ma differenziati in funzione di prestazioni e merito. Non si tratta di indicazioni nuove, ma di un’accelerazione. Infatti, non è cambiato l’obbiettivo, ma è senz’altro in evoluzione il contesto, perché ai bisogni di reclutare, ingaggiare e trattenere i “talenti” delle aziende, in contesti competitivi spesso esasperati, fanno fronte
nuove richieste da parte di questi ultimi, che, grazie soprattutto a internet, sono anche sempre più informati (sebbene non necessariamente “bene” informati). Ma una simile complessità non può essere affrontata “alla cieca”: come ebbe a dire uno dei padri del management - William Deming – senza dati sei solo un’altra persona con un’opinione: è proprio su questi presupposti che abbiamo sviluppato e presentiamo all’HR INNOVATION FORUM 2019 la versione aggiornata del ns. JPANALYTICS, il software leader per le indagini retributive, con il quale bastano pochi click per accedere a un database di oltre 400.000 osservazioni qualificate e 1.900 posizioni su 35 settori.
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Trasformare i tradizionali annunci di lavoro in sfide da condividere con l’azienda Just Knock IN-HOUSE è la piattaforma di Job Rotation interna pensata per permettere alle aziende di offrire ai propri dipendenti l’opportunità di dimostrare a pieno le proprie capacità.
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l sistema prevede che i classici annunci di lavoro vengano trasformati in sfide da poter e condividere con la popolazione aziendale. Per candidarsi i dipendenti risponderanno alle sfide proponendo le proprie idee in modo anonimo così da incentivare la condivisione e sottolineare un approccio allo sviluppo di carriera meritocratico, coinvolgente ed innovativo. Prestazioni eccellenti e intraprendenza dei propri dipendenti meritano di essere premiate, è questo il presupposto alla base del progetto Just Knock IN-HOUSE. Le risorse umane sono il patrimonio inestimabile di tutte le aziende di qualsiasi dimensione, da quelle a gestione familiare alle multinazionali. Alcuni studi realizzati negli USA dimostrano che l’impiego di personale demotivato e sottostimato puó costare ad un’azienda il 30% dei guadagni, invece se correttamente stimolato puó essere fino al 230% piú produttivo rispetto ad una forza lavoro che è poco coinvolta e partecipativa. La valorizzazione delle risorse umane consente di sviluppare una cultura organizzativa che apporta innovazione e flessibilitá, Just Knock IN-HOUSE nasce a se-
guito di un primo importante successo ottenuto dalla piattaforma di talent aqusition justknock.it, che a poco più du tre anni di attività è riuscita a validare il suo innovativo modello proposto, permettendo a più di 60 aziende clienti di attrarre e trovare i talenti più motivati e competenti sul mercato., chiedendo loro di candidarsi inviando idee al posto di asettici CV.
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Una lunga storia
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l payoff di R-Everse, “Recruiting out of the box”, racconta il desiderio dei due founder e del team che li segue fin dal principio di portare un nuovo modo di pensare all’interno di un settore tradizionalista come quello della ricerca e selezione. Una soluzione apparentemente semplice E’ stato nel proprio lavoro quotidiano che Bacchi e Raguseo si sono scontrati con uno dei grandi temi del settore: la difficoltà dei recruiter di specializzarsi nelle diverse aree di cui si devono occupare, così da poter svolgere dei colloqui tecnicamente soddisfacenti. Infatti non è banale condurre un colloquio tecnico ad una figura di media o alta anzianità, verificando le hard skills e non soltanto le soft. La necessità di una soluzione concreta si è fatta sempre più impellente man mano che la richiesta di figure del settore ICT cresceva a dismisura: oggi infatti non sono più solo le aziende informatiche a cercare talenti dell’IT, ma la quasi totalità delle imprese necessita di sviluppatori, developer, ingegneri del software eccetera. Come fare quindi per scegliere le figure giuste per ogni settore - dall’healthcare, all’industria, al legal, ecc.- con le competenze tecniche adeguate alle esigenze specifiche? I primi test furono svolti sottoponendo i candidati all’HR soltanto dopo che erano stati intervistati da
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Nasce nel 2006 la collaborazione tra Daniele Bacchi e Alessandro Raguseo, che da semplice rapporto di lavoro diventa presto un’amicizia e un’intesa professionale profonda, testimoniata oggi dai quasi 40 dipendenti di R-Everse. un manager di linea interno. Dato il totale successo dell’iniziativa, si arrivò al modello collaborativo che ancora oggi sta alla base di R-Everse: ogni candidato viene intervistato sia dai recrtuiter per le sokft skills, sia da un manager interno al network di R-Everse che si incarica del colloquio tecnico prima che il candidato venga proposto all’azienda cliente. Questa rete di manager, chiamati Scout, viene selezionata da R-Everse secondo rigidi parametri in modo da garantire l’efficacia del colloquio e del relativo report tecnico che lo Scout redige. La trasformazione digitale a sup-
porto dell’innovazione Ogni attività per cui l’intervento dell’uomo non dia un reale valore aggiunto, può essere delegata ad una macchina, così che l’uomo possa dedicarsi completamente alle attività per cui è insostituibile. Questo avviene ogni giorno per i 40 dipendenti di R-Everse: il software su cui lavorano è sviluppato internamente, e agevola ogni step dei loro processi, lasciando quindi il tempo necessario per dedicarsi ai candidati e alla comprensione profonda delle esigenze del cliente. “Negli anni abbiamo dimostrato che le persone lavorano con
maggiore passione se possono dedicarsi alle attività in cui fanno veramente la differenza - spiega Alessandro Raguseo - delegando al software tutti i processi ripetitivi. L’intelligenza artificiale sarà il prossimo passo.” Le piattaforme tecnologiche di REverse vanno anche a beneficio delle aziende clienti, alle quali viene dato un accesso in cui possono visionare i candidati, condividerli con i colleghi, scambiare informazioni con il manager di selezione interno a R-Everse e molto altro, aumentando decisamente la trasparenza del processo e la velocità del flusso.
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Benessere e Lavoro sono correlati II malessere psicofisico condiziona in maniera negativa il nostro lavoro.
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l Global Wellness Institute, ha analizzato l’impatto del malessere fisico o mentale sulla qualità della vita lavorativa delle persone, scoprendo che il 62% dei lavoratori che si trovano in uno stato di scarso benessere, sentono ridotta notevolmente la propria capacità di completare le attività assegnate, si sentono meno coinvolti nella vita aziendale e risultano dunque meno motivati a svolgere al meglio il proprio lavoro. Il malessere psicofisico genera quindi un circolo vizioso che determina scarsa motivazione, disimpegno, stress e insicurezza. Questo non può che ripercuotersi negativamente sulla quantità e sulla qualità del lavoro. Occorre aggiungere che i trend che caratterizzano i nuovi contesti lavorativi non aiutano: i lavori sono sempre più sedentari e trascorriamo seduti la maggior parte della nostra giornata lavorativa, inoltre la trascorriamo seduti davanti a schermi che sforzano e consumano la nostra vista. Inoltre se è vero che la tecnologia da un lato ci consente di lavorare quando vogliamo, da dove vogliamo, dandoci libertà, autonomia e
flessibilità, dall’altro lato la tecnologia stessa diventa onnipresente e pervasiva fino ad eliminare qualsiasi barriera tra vita lavorativa e vita privata. L’essere sempre connessi comporta quindi stress e rende difficile staccare, recuperare le proprie energie e quindi esprimere al meglio le proprie capacità e il proprio potenziale. Ma non è tutto, la rivoluzione tecnologica in corso, gioca un altro ruolo importante nella questione: i lavori ripetitivi sono e saranno sempre più di competenza di macchine e software. McKinsey ha stimato che il 70% dei posti di lavoro creati negli Stati Uniti tra il 1997 e il 2015, necessitano di un’elevata capacità decisionale e si basano su conoscenze specifiche e avanzate. Il mondo del lavoro richiede quindi sempre maggiore creatività, capacità di apprendimento e lucidità per affrontare un contesto in costante e sempre più rapido cambiamento, dove i lavori a basso valore aggiunto verranno sempre più delegati alla macchine. Il benessere psicofisico delle persone gioca quindi un ruolo fondamentale per il successo delle aziende. Quando ci sentiamo bene, riposati, e carichi di energia, infatti, diventa più facile completare il nostro lavoro con determinazione, lucidità e creatività. Se il malessere genera un circolo vizioso, è quindi altrettanto vero che il benessere genera un circolo virtuoso.
Investire sul benessere psicofisico dei propri collaboratori e sulla creazione di ambiente che promuova attivamente uno stile di vita attivo è quindi indispensabile per migliorare la qualità della vita e quindi del lavoro delle persone e delle aziende. Per questi motivi abbiamo progettato e realizzato i nostri servizi di Corporate Wellness “ShapeMe@ Work”, già scelti da aziende come Chiesi Farmaceutici, Ebay, Paypal e Mercedes Benz Italia, per citarne alcuni. Il nostro obiettivo è aiutare le aziende a migliorare i propri risultati, migliorando la qualità della vita della loro risorsa più preziosa: le persone! Lo facciamo realizzando program-
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mi personalizzati che forniscono alle persone nozioni e strumenti per migliorare il proprio stile di vita, grazie alle attività di Educational e di Checkup, fornendo massaggi decontratturanti su sedia che donano relax ed energia a chi li riceve, attivando classi di group training per stimolare uno stile di vita attivo e in movimento. Oltre a definire un palinsesto di attività e ad occuparci dell’erogazione dei servizi supportiamo le aziende nelle attività di comunicazione interna con grafiche e contenuti realizzati ad hoc, volti a stimolare la partecipazione alle iniziative, e supportiamo i nostri clienti nella gestione dei calendari e delle prenotazioni, fornendo un apposito calendario web.
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Allenare la Performance Lavorare sulla cultura organizzativa supportando le persone nel feedback continuo e nella misurazione delle competenze per sviluppare la performance
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igital Transformation è una locuzione che indica una serie di cambiamenti in prevalenza tecnologici che hanno un forte impatto sulla cultura aziendale, non solo, fra le molte implicazioni vediamo una trasformazione nella sfera sociale, nella creatività e un approccio manageriale nuovo e diverso sia sul business che sulle persone. La trasformazione digitale agisce in modo organico e combinato su tutti questi elementi e va oltre la semplice adozione di tecnologie nuove, permette fra le altre cose di erogare servizi, fornire beni, far vivere nuove esperienze, accedere e analizzare dati e contenuti in una modalità che fino a qualche anno fa risultava impensabile. Nelle aziende la Digital Transformation coinvolge e integra processi, crea in modo pervasivo connessioni tra persone, luoghi e cose in modo trasparente e inclusivo. Uno dei cambiamenti della Digital Transformation è rappresentato dal miglioramento della Customer Experience divenuta un must per tutte le aziende che vogliono fidelizzare i clienti e aumentare il business.
Ora è venuto il momento di concentrarsi anche sulla People Experience: far crescere le persone in azienda, identificarne i talenti, coinvolgerli, considerarli e aiutarli a migliorare costantemente. La tecnologia sta cambiando la natura del lavoro e delle persone portando maggiore velocità e reattività, il lavoro di gruppo ne è fortemente avvantaggiato, facendo inoltre crescere le performance aziendali che necessitano inevitabilmente di uno strumento di Performance Management che si evolva da sistema analogico, poco flessibile, a una piattaforma digitale, pervasiva e trasparente. Se è vero che fornire una experience unica ai propri clienti è un obiettivo comune delle aziende, è vero anche che i collaboratori possono essere in grado di vivere un’esperienza personalizzata del loro percorso di crescita professionale, partecipando attivamente al Performance Management, ottenendo nuove opportunità di sviluppo. Con questa evoluzione si passa da una valutazione degli obiettivi a una valutazione delle competenze e delle performance. Il punto di partenza del processo è
dunque garantire che la valutazione manager - collaboratore venga costantemente supportata da piattaforme nuove che valorizzino la relazione, spostando l’attenzione dal concetto di sistema che registra le valutazioni a consuntivo, a sistema che supporta il responsabile e il collaboratore nel quotidiano esercizio della performance. Valorizzare la relazione, aiutare le persone a sentire, vivere ed utilizzare il sistema di Performance Management come un vero strumento di sviluppo, questo è l’obiettivo di DEA. DEA allena la performance traducendola in comportamenti facili da osservare e conseguentemente da valutare, senza più preoccuparsi della difficoltà di effettuare una valutazione oggettiva, concentrandosi sul feedback, vero strumento di sviluppo nella relazione “capo – collaboratore”. DEA sceglie come parole chiave la semplicità d’utilizzo, la velocità e la chiarezza per rendere il processo sempre di più uno strumento trasparente lasciando spazio a ciò che conta davvero nella People Experience: la qualità delle relazioni.
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DEA è come un allenatore, un coach, che lavora sulla cultura organizzativa supportando le persone nel feedback continuo e nella misurazione delle competenze volte allo sviluppo della performance. È una piattaforma di Performance Management che supporta i responsabili delle aziende nella gestione e nella crescita dei propri collaboratori, attraverso parametri di misurazione a loro dedicati. La valutazione è il cronometro personalizzabile della piattaforma in funzione delle caratteristiche dell’azienda; il feedback guidato attraverso un processo trasparente e continuo, si pone come punto di partenza per condurre i manager e le loro persone nella creazione di piani di sviluppo concreti. DEA è uno strumento flessibile che permette di sviluppare in modo personalizzato il processo di Performance Management, valutando le persone con cadenze programmabili accelerando così il processo di crescita e aumentando l’efficacia e la puntualità di ogni singola analisi.
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New era for recruiting Il Recruitment è uno dei settori per cui la rivoluzione digitale si unisce ad un vero e proprio cambio di paradigma. Il report sui Global Recruiting Trends 2018 pubblicato da LinkedIn parla di “new era of recruiting”.
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uove tecnologie e una nuova visione del processo di selezione della risorsa definiscono oggi una struttura organizzativa sempre più evoluta e raffinata. Il ruolo del recruiter è tra i più delicati e determinanti per il futuro di un’azienda; capacità decisionali, predittive, intuitive, strategiche: queste le doti professionali che gli si richiedono. Il buon recruiter sa vedere oltre il dato, dietro ad una voce sul curriculum sa intravedere un futuro aziendale, l’inizio di una percorso. I dati sono la sua materia prima. Se questi si presentano come un’enorme massa indefinita, eterogenea per forma, canale e contenuto, il recruiter vedrà gran parte del proprio tempo inghiottito da un’attività archivistica estranea alla sua professionalità. Con dati già ordinati e pre-categorizzati, presentati in una veste facilmente fruibile, le sue ore e le sue energie saranno invece ottimizzate al massimo. Affidare questa fase preparatoria all’automazione è l’obiettivo primario della rivoluzione digitale. Lasciando all’umano ciò gli è veramente proprio. Il recruiter che può contare su di uno strumento che pre-selezioni i candidati migliori
sulla base dei criteri che lui stesso ha individuato potrà investire più tempo e risorse nella conoscenza diretta di questi ultimi, potrà dedicare loro quella cura e quell’attenzione tutta umana che costituisce il primo, indispensabile tassello della costruzione del rapporto risorsaazienda. Sempre secondo il report sui Global Recruiting Trends 2018 i mezzi che rendono possibile questa rivoluzione sono: Nuove tecniche di intervista, pensate per ricreare contesti più informali e per fare emergere le soft skills del candidato Analisi dei dati Intelligenza Artificiale, nell’ottica di ottimizzare i tempi delle fasi di recruiting più onerose e di garantire l’oggettività Che ruolo giocano i chatbot in questa rivoluzione? I chatbot hanno tutte le carte in regola per essere uno strumento cardine di questa rivoluzione. La nostra idea di chatbot al servizio del recruitment opera infatti su più livelli del processo, in perfetta sinergia con i recruiter umani. Il chatbot infatti può: Gestire l’intera interview col can-
didato, gestendo un percorso dinamico, che si rimodula ad ogni risposta del candidato Far convergere i dati acquisiti su una piattaforma gestionale strutturata secondo le esigenze del recruiter Eseguire un primo screening in base ai requisiti richiesti da ciascuna posizione Rispondere alle domande del candidato sull’azienda e sulla posizione per cui si sta candidando Eseguire un test sulle skills del candidato Ma il recruiter umano deve avere il completo controllo di tutte le fasi del processo di selezione ed è per questo che parliamo di sinergia chatbot-recruiter. Il recruiter infatti: Ha il pieno controllo sulla fase di interview del c Progetta percorsi dinamici, calibrati sulle risposte del candidato. Predispone per ciascuna Job i filtri specifici che gli consentiranno di automatizzare le prime fasi di
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screening. Può consultare e valutare in tempo reale le candidature direttamente dalla piattaforma gestionale del chatbot. Il futuro è oggi La nuova era del Recruitment è già cominciata. L’Intelligenza Artificiale è tra i primi vettori di questo cambiamento. Per il report sui Global Recruiting Trends 2018 il 76% degli esperti di HR pensa che l’apporto dell’AI sul settore sarà significativo. I chatbot stanno rivoluzionando la Candidate Experience proponendo una sintesi unica tra umano e digitale. Secondo Juniper Research entro il 2022 i chatbot saranno in grado di ridurre i costi del Recruitment di 8 miliardi. Oggi l’apporto dell’AI trova il suo più naturale campo di applicazione nelle prime fasi del processo di selezione, per poi passare il testimone al recruiter umano, portatore di un valore aggiunto di intuito, empatia e capacità valutative per ora insostituibile.
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You better work gig “You want a hot body? You want a Bugatti? You want a Maserati? You better work b***h”.
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nizia così la famosa canzone di Britney Spears “Work”, ma se potessimo incontrare oggi la Reginetta del Pop, le spiegheremmo che per realizzare i propri sogni c’è una nuova possibilità: diventare un gig-worker. “Gig what?” - risponderebbe probabilmente lei. . I gig workers sono le migliaia di persone che ogni giorno si muovono entro il modello della gig economy, cioè il libero mercato caratterizzato dalla prevalenza di contratti freelance o ingaggi a breve termine. Ma gig workers, in realtà, lo siamo stati tutti: a volte molti anni fa, a volte anche recentemente in momenti di necessità o anche per scelta, probabilmente senza saperlo. Quando facevamo da babysitter alla figlia della vicina, ad esempio, o quando ci destreggiavamo come camerieri nel weekend per arrotondare la paghetta o quando ci siamo dilettati nel fai da te nella nuova casa. I gig jobs sono tutti quelli che abbiamo svolto prima di trovare il nostro “vero” lavoro, quelli che magari abbiamo accettato durante la nostra vita lavorativa e, chissà, quelli che svolgeremo in futuro perché diciamocelo: quanto siamo sicuri che quello di ora sarà il nostro “posto fisso” per i prossimi 5, 10 o 20 anni? Il mondo sta cambiando e venera una nuova dea, la flessibilità, che
è diventata il motore delle nostre relazioni (più convivenze, meno matrimoni), della nostra mobilità (più car sharing, meno car ownnership) e della nostra quotidianità (più affitti, meno mutui). È in questa cornice che proprio quei “piccoli” lavori che ci hanno messi alla prova, ci hanno fatto crescere, ci hanno fatto scoprire i nostri pregi (quelli che oggi chiamiamo “soft e hard skills”) e i nostri punti deboli, possono diventare un mezzo concreto per costruire il futuro che sogniamo. Utopico? No, se si riesce a cambiare il modo in cui le persone lavorano e pensano al lavoro (e soprattutto al gig-lavoro). È questa la mission di jobby, startup di job matching tutta italiana, fondata nel 2016 da Andrea Goggi. L’idea alla base è semplice: il lavoro quando ti serve. Vale per gli offerenti (privati e aziende) che possono richiedere un job tramite la piattaforma digitale e trovare la persona giusta per svolgerlo, scegliendola sulla base di rating, recensioni ed esperienza. Vale per i workers (privati o professionisti) per i quali non è mai stato così semplice candidarsi a un lavoro perchè con jobby basta un semplice “swipe” a destra, esattamente come accade sulle più famose app di dating. Ma attenzione a non confonderla con una delle tante realtà che
offrono il confronto gratuito dei preventivi e nemmeno con una classica agenzia interinale: jobby segue e tutela tutto l’iter lavorativo, dalla richiesta dell’offerente fino al termine del job e al pagamento del worker, rimanendo sempre in contatto con entrambe le parti coinvolte. E facendo tutto nel nome di trasparenza, etica e legalità. jobby è un’azienda di intermediazione di lavoro di nuova generazione che mette a disposizione un voucher digitale multicontratto, in cui le prestazioni sono regolarizzate in automatico tramite prestazione occasionale o se richiesto tramite qualsiasi forma contrattuale. I workers che scelgono di mettersi in gioco attraverso jobby godono anche di diverse tutele, rese possibili dalla partnership con Axieme, innovativa startup insurtech torinese. La collaborazione garantisce ai workers una copertura assicurativa per infortuni e danni verso terzi a cui verranno presto aggiunti altri strumenti di valore volti ad accrescerne la tutela e la serenità. Ma per riuscire a combattere i
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pregiudizi contro l’economia della flessibilità, vista ancora troppo spesso come terra fertile di contratti poco chiari, paghe incerte e discriminazione, jobby fa un passo ulteriore. La startup made in Italy, infatti, s’impegna costantemente in azioni di education rivolte a workers e offerenti: da un lato, puntando ad aggiungere alla piattaforma un accesso alla formazione per chi vuole acquisire nuove competenze; dall’altro promuovendo la diffusione della cultura del giusto compenso per un lavoro di qualità. “È solo restituendo al gig-lavoro il suo vero valore, ” - spiega il Founder e CEO Andrea Goggi “uscendo dai pregiudizi tipici del nostro passato e pensando alla flessibilità come elemento positivo che sarà possibile combattere realmente il lavoro sommerso, tutelare i soggetti più deboli e dare un boost concreto al nuovo mercato del lavoro italiano. Non è certo un lavoro semplice, ma come recita lo slogan di jobby: #SiPuòFare!
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L’evoluzione dell’apprendimento nell’era digitale Il capitale umano è il più grande asset e la più grande chiave per raggiungere i risultati di business
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a formazione in azienda risulta essenziale da una parte per lo sviluppo e per il mantenimento dei lavoratori attuali, dall’altra per attrarre talenti e personale altamente qualificato presso la propria organizzazione. L’era digitale non ha solo trasformato molti dei modelli di business aziendali ma ha costretto le organizzazioni a ripensare anche a come sviluppare i propri leader, formare i propri dipendenti e trattenere i propri talenti. Il mondo delle aziende di oggi è estremamente diverso da quello del passato: è più veloce, distribuito e collaborativo. Come rilevato dal sondaggio annuale sulla digital business practice creato dalla MIT Sloan Management Review e Deloitte, le aziende di ogni tipologia e dimensione devono sempre più adattarsi alla diffusione del digital learning. Per avere successo ed essere competitive, le organizzazioni devono trovare il modo di anticipare le nuove esigenze, operando in modo proattivo: il cambiamento è così rapido che per rimanere al passo coi tempi è necessario agire tempestivamente e aggiornare i modelli formativi e di business. Ecco perchè si parla di innovare l’approccio alla formazione, di
renderla più fruibile e capace di trasferire stili manageriali, competenze tecniche e soft skill, cogliendo tutte le opportunità generate dal digitale. I responsabili HR ricoprono un ruolo chiave nell’aiutare le loro aziende a superare questi ostacoli individuando nuovi metodi di apprendimento e guide da adottare nell’era digitale. Questo cambiamento potrebbe essere particolarmente difficile per i leader di mercato e per le aziende strutturate, che incontrano molti ostacoli quando si tratta di cambiare strategie e abitudini aziendali che funzionavano in passato. La ricerca mostra infatti che pochi dipendenti si ritengono soddisfatti dall’offerta formativa proposta dalle loro aziende: solo il 34% si definisce soddisfatto, e la percentuale scende al 25% per i dipendenti di aziende attive da più di 50 anni. Perché il cambiamento avvenga, rivalutare l’approccio attuale alla formazione e sviluppo è di fondamentale importanza. Cambiare la prospettiva su come formare i propri dipendenti e dare più spazio alla formazione online rispetto a quella tradizionale in classe è un consiglio che può aiutare le aziende a stare al passo con un mondo
in rapida evoluzione digitale. Grazie alla propria posizione al centro dell’azienda, i manager HR possono infatti aiutare tutti a prepararsi significativamente ai prossimi passi verso la completa trasformazione digitale, individuando nuove metodologie ed essere protagonisti del cambiamento. Secondo le ultime rilevazioni dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, nel 2018 il 60% ha dichiarato una crescita degli investimenti digitali a supporto dei processi HR rispetto all’anno precedente, trainata dagli interventi a supporto della formazione (58% delle organizzazioni ha investimenti maggiori rispetto allo scorso anno) e da quelli nei processi di employer branding e selezione (in crescita per il 45% del campione).
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Inoltre è emerso che per le attività formative le Direzioni HR mostrano una certa maturità anche nell’uso delle tecnologie Mobile. Inoltre, il 52% del campione dell’indagine dell’Osservatorio ha già introdotto o introdurrà nel 2019 app e strumenti di micro-learning, interessanti perché consentono di gestire la formazione in modo capillare e in tempi rapidi, oltre a supportare l’utente in un processo di apprendimento continuo che si adatti ai diversi contesti di fruizione. Dal punto di vista delle modalità di formazione, sebbene quella in aula sia ancora prevalente, il 75% delle aziende italiane ritiene che il Digital Learning sia più rilevante: ad averlo adottato, in modo pervasivo e trasversale alle diverse tipologie di formazione, è più di un quinto delle organizzazioni.
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Il successo delle aziende passa dal benessere organizzativo Concepire politiche di welfare è la chiave vincente per il successo delle organizzazioni nello scenario contemporaneo.
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l giorno d’oggi infatti le aziende e il modo di lavorare stanno cambiando rispetto a un tempo, e curare il benessere aziendale e la qualità del lavoro è diventato fondamentale. Il Welfare Aziendale infatti è uno strumento, un aiuto, un supporto per il lavoratore e Easy Welfare si ripropone sempre di avere a cuore i bisogni e le necessità dei dipendenti delle proprie aziende clienti. Il welfare infatti è una rivoluzione, ed è a tutti gli effetti un modo per aiutare a migliorare il clima aziendale; fa bene e porta benefici sia ai dipendenti che all’azienda, il suo scopo è proprio quello di sostenere e valorizzare ogni singolo lavoratore aumentando il benessere aziendale e la serenità lavorativa. Nella maggior parte dei casi, parliamo di piccole attenzioni, dagli orari flessibili, ai premi per gli obiettivi raggiunti, che possono però migliorare la qualità della vita e più in generale, i risultati aziendali. Attivando politiche di benessere in azienda si mettono così le basi per un percorso di crescita condivisa dove tutti vincono, la cosiddetta logica del “We Win”. La normativa, le aziende e i lavoratori stanno cambiando mentalità e modo di approcciarsi al lavoro e l’attenzione al benessere organizzativo sta diventando un driver fondamentale per la svolta
dei business di successo. Crediamo che il passo fondamentale sia quello di conoscere, capire e avvicinarsi ai nuovi strumenti che il mercato propone. Il welfare è uno di questi e sta diventando sempre più importante facendosi strada all’interno del panorama italiano, rivolgendosi sia alle Big Corporate che alle PMI. Le PMI infatti, hanno compreso l’importanza del welfare e del benessere aziendale grazie ai dipendenti, che paiono più soddisfatti e stimolati con l’introduzione dei nuovi piani welfare e delle politiche aziendali. Negli ultimi anni infatti il welfare ha allargato i suoi orizzonti favorendo la conciliazione della vita lavorativa con quella privata di ogni collaboratore ed è senza dubbio uno dei pilastri della gestione delle risorse umane, o meglio la chiave del mondo HR. Per maggiori informazioni www. easywelfare.com
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Ignite the right decision through human potential
Workforce analytics: dati, geolocalizzazione ed algoritmi avanzati a supporto dell’internal relocation Da 20 anni Iconsulting accompagna aziende e organizzazioni a prendere decisioni più consapevoli grazie a una metodologia che combina valore dei dati e potenziale umano.
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all’inizio del suo percorso ad oggi, Iconsulting ha sempre affiancato le aziende nell’ottimizzazione dei propri processi, trasformando dati grezzi in informazioni utili attraverso metodologie innovative e pilastri dell’evoluzione tecnologica: dalla Business Intelligence agli Analytics fino a Big Data e Machine Learning. Dati, analytics e algoritmi non sono più a servizio esclusivo di alcune aree aziendali come Controllo di Gestione, Produzione o Area Commerciale, ma costituiscono una risorsa dal grande potenziale per numerose funzioni. Nell’ambito delle Risorse Umane, dati e sistemi di calcolo avanzati possono infatti aiutare a superare barriere informative e prendere decisioni più consapevoli e condivise. Se l’integrazione di dati relativi alle HR costituisce in sé un valore aggiunto, indagarne la componente geografica può aprire ulteriori orizzonti. Nel caso di una forza lavoro distribuita sul territorio, la geolocalizzazione dei dati consente, ad esempio, di calcolare la distanza casa/lavoro per ogni possibile
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combinazione risorsa/posizione lavorativa. Per supportare le funzioni HR nel delicato processo di Internal Relocation, Iconsulting ha realizzato un’inedita solution data driven interamente personalizzabile in base a specifiche esigenze. La solution
è in grado di individuare e proporre i migliori scenari di “match” tra risorse e posizioni lavorative, tenendo conto non solo delle dinamiche anagrafiche, contrattuali, di ruolo o relative alle competenze, ma anche della possibilità di minimizzare e ottimizzare - insieme ai costi - la distanza casa-lavoro, favorendo così le richieste di trasferimento o avvicinamento. La soluzione si fonda su un modello matematico di ottimizzazione per il calcolo delle catene di trasferimenti, e consente di elaborare scenari la cui complessità di calcolo, dovuta alla mole di risorse
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