HR Innovation eMagazine 01

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anno 01 / aprile 2015

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Social Recruiting. Il punto di vista degli head hunter

“Apro un social e risparmio sulle selezioni del personale” pag 01 Una delle frasi che mi è capitato di ascoltare all’ultimo social recruiting forum è stata proprio questa: “da quando selezioniamo con Linkedin risparmiamo sulle selezioni”. +

Recruiting: oggi e domani pag 03 Come cambierà il recruiting nei prossimi tempi? Un mondo sempre più connesso, sempre più “social”, e le ampie possibilità del “fai da te” assicurate alle aziende dai numerosi strumenti di recruiting odierni, lascerà ancora spazio, ad esempio, agli specialisti di settore, alle piccole boutique di Consulenza HR? +

Come è cambiata la ricerca e selezione con l’arrivo dei social media pag 04 Solitamente le persone quando mi incontrano e mi chiedono: cosa fai? A seguito della mia risposta (selezione del personale), arriva sempre: le do il mio cv, se ha qualche buona opportunità per me, sono disponibile. Io spiego in maniera cortese sempre la stessa cosa: non siamo un ufficio di collocamento. +

Recruitment, talent branding & innovazione pag 05 La rivoluzione digitale del recruitment, ormai in atto da qualche anno, ha imposto necessariamente un cambio di rotta agli specialisti del settore. +

Recruiting & Technology

La app Altran: una esperienza di augmented reality pag 06 La recente espansione dei dispositivi mobile come tablet e smartphone, in grado di operare e ricevere informazioni tramite applicazioni (comunemente denominate “app”), rappresenta oggi una vera e propria sfida per le aziende e una nuova opportunità da esplorare in ottica employer branding. +

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“Apro un social e risparmio sulle selezioni del personale”

Chi non sa presentare la propria azienda sui social (lasciamo perdere i patetici siti web tutti “vision & mission” ) e crede semplicemente di trasferire a costo zero i comunicati stampa degli Amministratori Delegati dalla pargamena a Facebook, non ha studiato. Alla stregua di un telefonino o di un frigorifero, il candidato passivo (cioè colui che non sta cercando perché fortemente competente, fidelizzato e motivato e per questo il più richiesto) cercherà su internet informazioni sull’azienda. Dopo il sito internet, il secondo passaggio che farà sarà sui social e sui blog per vedere come vi presentate e cosa si dice di voi. Se non ci siete, se siete mal rappresentati o se comunicate per luoghi comuni, siete fuori. Alla fine di tutto questo, solo alla fine, si possono definire le strategie di social recruiting, ovvero l’apertura di una Corporate Page su Linkedin e su Facebook scegliendo i servizi accessori che Linkedin e Facebook propongono e che siccome sono estremamente di qualità, si pagano. Al costo di dieci selezioni per profili di middle management. E qui bisogna iniziare a studiare, cara signorina delle Risorse Umane che vorresti risparmiare sulle selezioni. Perché la comunicazione sui social non è lo stesso burocratese

di Osvaldo Danzi it.linkedin.com/in/osvaldodanzi

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na delle frasi che mi è capitato di ascoltare all’ultimo social recruiting forum è stata proprio questa:

“da quando selezioniamo con Linkedin risparmiamo sulle selezioni”. l magico mondo delle Risorse Umane non smette mai di sorprendermi. Fino a due anni fa allo stesso forum si davano tutti di gomito e si strizzavano l’occhiolino perversamente complici nella loro inadeguatezza digitale. “Non ci sono le risorse per gestire la comunicazione sui social” e “E’ una questione di sicurezza” erano le due scappatoie che facevano scopa con “Poi i dipendenti stanno sui social tutto il giorno”. E giù grasse risate. Quando qualcuno ha fatto loro notare che i dipendenti stanno sui social senza necessariamente chiedere il permesso in azienda in quanto possessori di telefoni propri a tariffa flat, forse si sono sentiti un po’ stupidi, esattamente come quando si rifiutano di fare le analisi di clima “perché io i miei dipendenti li conosco uno per uno” salvo poi scoprire che quei dipendenti hanno sogni, aspirazio-

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ni e competenze che nemmeno si immaginavano. Dopo due anni sono diventati tutti esperti digitali. Infatti fanno le selezioni attraverso un account personale (preferibilmente aperto da uno stagista o da un addetto alla selezione che quando andrà via dall’azienda si porterà dietro tutto il patrimonio di selezione), di loro non c’è traccia in alcuna discussione di alcun gruppo, ma riempiono di “like” e di commenti autoreferenziali qualsiasi cosa venga scritta in uno dei peggiori gruppi della storia di Linkedin: quello di AIDP, la loro associazione di categoria che modera i post (ma anche le risposte ai post) con una frequenza quindicinale, alla faccia della velocità del web e cancella le discussioni non gradite.

Il social recruiting è tutt’altra cosa. Social recruiting è coinvolgere tutta l’azienda nei contenuti che verranno pubblicati, creare committment con ogni risorsa e definire una Community. I contenuti sono il re, ha detto qualcuno. Pertanto non saranno due aforismi o il buon weekend del venerdi che renderanno digitale la comunicazione dell’azienda. Il social recruiting passa prima di tutto da questo: coinvolgimento ed employer branding.

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pieno di intoppi a garanzia della privacy (scusa buona per tutte le stagioni), e poi perché sui social bisogna rispondere e rispondere bene. Poi bisogna conoscere gli strumenti. Anziché postare le ricerche di personale sui gruppi a casaccio, si deve saper usare i Job Post dedicati che Linkedin mette a disposizione (a pagamento) collegati con il profilo della persona che pubblica l’inserzione, costringendo la stessa a ricevere decine di domande sulla posizione, contatti diretti e chissà quant’altro. Capirai! Con tutte le riunioni di organizzazione e sviluppo a cui bisogna partecipare durante la settimana, se c’è anche il tempo di rispondere ai candidati! Tutto questo, è evidente, ha un costo. In termini di tempo, di impegno, di studio e di relazioni. Per non parlare poi del tempo che comunque bisognerà dedicare alla selezione in maniera tradizionale: rispondere ai candidati, incontrarli, selezionarli e appassionarli. Il web non è lo strumento per bypassare le seccature del proprio lavoro, né tantomeno quello per “risparmiare”. Se una pagina Facebook non ha un costo di esercizio, lo ha di gestione. Forse, distinta signorina delle Risorse Umane, un ripasso in contabilità non le farebbe male.


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Recruiting: oggi e domani

Come cambierà il recruiting nei prossimi tempi? Un mondo sempre più connesso, sempre più “social”, e le ampie possibilità del “fai da te” assicurate alle aziende dai numerosi strumenti di recruiting odierni, lascerà ancora spazio, ad esempio, agli specialisti di settore, alle piccole boutique di Consulenza HR?

gruppo” – il bisogno profondo, ancestrale, del “membro della tribù” – bisogno primario poiché riguarda la propria stessa sopravvivenza. Il futuro del recruiting di successo – come il suo passato e il presente – è qui, nell’arte di combinare il miglior incontro non “tra domanda e offerta di lavoro” inteso come puro scambio manodopera-denaro, ma tra esigenze profonde per una reciproca soluzione (a valore aggiunto) e un reciproco arricchimento: l’azienda, che ha bisogno del sapere, del saper fare e del saper essere di persone che, a loro volta, hanno necessità di poter esprimere se stesse al di là della pura ‘sopravvivenza’. Come verrà attuata, questa fine e bellissima arte, è mera questione di metodo. Ieri c’erano i giornali, oggi internet e i social network; ieri si usavano i test psico-attitudinali cartacei e oggi abbiamo a disposizione centinaia di strumenti di assessment online. Ma è sempre la persona che governa gli strumenti; è allo specialista HR che spetta il delicato compito di valutare se l’incontro azienda-candidato ha buone probabilità di trasformarsi in una storia di successo. Anche il processo, le operazioni necessarie a finalizzare un recruiting di successo NON cambieranno. Potranno cambiare le modalità, ma la catena rimane la stessa: l’azienda, per arrivare a incontrare i potenziali collaboratori più idonei, ha bisogno, nell’ordine: di darsi un’identità, chiara e riconoscibile, come employer; di comunicarla in maniera comprensibile; di diventare attrattiva e ancor meglio “top of mind” per il target di candidati a cui è interessata; di creare contatto – più o

di Francesco Longo it.linkedin.com/in/franzlongo

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ome parte in causa, la questione mi interessa molto. Per trovare una risposta, ho voluto rovesciare il ragionamento, con un approccio alla Jeff Bezos – il fondatore e CEO di Amazon: piuttosto che pensare a tutto quello che potrà cambiare, nei prossimi anni, proviamo a concentrarci su ciò che NON cambierà, in riferimento al mercato del lavoro e, nella fattispecie, al recruiting. Le aziende, di qualunque dimensione, continueranno ad avere bisogno della collaborazione – in qualunque forma – di persone competenti e in linea con stile, filosofia e valori aziendali; e, possibilmente, di trattenerle almeno per qualche anno per rendere l’investimento ‘fruttuoso’. Le persone, i lavoratori di qualunque livello e mansione, continueranno ad avere necessità, oltre che di lavorare, di “appartenere a un

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meno duraturo – con questi; infine, di scegliere i più adatti. Dall’altro lato, il processo di self-marketing dei candidati è, specularmente, più o meno lo stesso. Nel mezzo, il selezionatore deve avere gli strumenti per poter valutare se l’incontro tra l’azienda che rappresenta e i candidati sia ragionevolmente destinato al successo. E qui, esaurita l’analisi delle competenze, entra in gioco il fattore più importante: la rispondenza del “saper essere” dei candidati alla “essenza” dell’organismo azienda. Come si dice, patti chiari amicizia lunga; diventa quindi fondamentale la condivisione, non soggetta a interpretabilità, del sinallagma, il nesso di reciprocità tra le parti: questione di valori, di filosofia, di stile, di aspettative – cosa ti do, cosa mi aspetto. Il lavoro di noi specialisti di Risorse Umane – da consulenti o in azienda – è quindi assicurato e ruota intorno a questi due aspetti che rimarranno fulcri cruciali nel recruiting: il processo di human resources marketing in tutte le sue fasi – e il suo continuo riallineamento ai cambiamenti esogeni o endogeni; e la necessità di saper riconoscere la rispondenza di vedute, aspettative, filosofia, valori di ambo le parti – azienda e candidati – ogni volta che questo si renda necessario: in fase di scelta iniziale e in tutti momenti di cambiamento, dell’organizzazione aziendale o delle priorità personali. Quali che siano le modalità con cui lo svolgeremo, rimarrà un lavoro bello, appassionante e importante per la vita delle persone e delle organizzazioni.


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Come è cambiata la ricerca e selezione con l’arrivo dei social media Solitamente le persone quando mi incontrano e mi chiedono: cosa fai? A seguito della mia risposta (selezione del personale), arriva sempre: le do il mio cv, se ha qualche buona opportunità per me, sono disponibile. Io spiego in maniera cortese sempre la stessa cosa: non siamo un ufficio di collocamento. di Gaetano Bonfissuto it.linkedin.com/in/bonfissuto/en

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rendo spunto da questi episodi, divertenti, per dire cosa è la ricerca e selezione del personale (o caccia di teste, se parliamo di profili dirigenziali): si tratta di attività svolte da società che sono iscritte all’albo del ministero del lavoro (l’attuale Ministero del Welfare) e che supportano le aziende, nella ricerca di personale specifico. Per questo lavoro, tali società chiedono il pagamento di una fee o royalty: sembra banale, ma molti non capiscono chi paga la selezione. Questo meccanismo funzionava bene sino all’avvento di LinkedIn nell’anno 2003; ma la vera svolta si è avuta nel 2010, Linkedin ha cominciato a fare sul serio e ha potenziato i suoi uffici commerciali. In realtà, anche se quando parla di social recruiting si fa riferimento alla ricerca di profili professionali utilizzando i vari canali social come blog, forum, Google, Twitter, Facebook, ed altri, di fatto si tende a utilizzare principalmente LinkedIn; Su tale piattaforma oggi sono presenti circa 330 milioni di utenti, di cui 7 milioni in Italia. Tutti usano LinkedIn; sia le socie-

tà di selezione e sia le aziende in cerca di candidati da assumere. Il punto è: come si usa Linkedin e quali profili posiamo trovare all’interno di tale piattaforma? E’ necessario però premettere che non sono presenti, ovviamente, tutti i profili: in Italia la popolazione lavorativa è composta da 22 milioni di persone, 7 sono su LinkedIn, mancano altri 15 milioni. Inoltre bisogna sapere che tipo di informazioni inserire sul proprio profilo e chi le può vedere? Molti non mettono nulla (nessuna foto, email datate, nessun riferimento telefonico o nome Skype), quindi anche se sono un, cosiddetto, contatto di 1 livello non vedo nulla. Come faccio allora a rintracciarlo se mi interessa il suo profilo? Sono costretto ad utilizzare altri canali e devo essere particolarmente bravo a trovare il cellulare di quella persona, perché poi alla fine devo avere la possibilità di parlargli. Quindi LinkedIn può essere considerato solo un mezzo, una canale investigativo se volete, che mi permette di raggiungere la persona che cerco; ed è qui che sta la bravura del selezionatore (ed anche la rapidità; se impiego 6 mesi, nessuno mi paga, le aziende vo-

gliono il profilo in 3 giorni a volte). Ma come lo usano le aziende? (oltre ad alcune agenzie di selezione): mettono un annuncio (a pagamento), raccogliendo tonnellate di cv: questa modalità ha solo spostato dal Corriere della Sera (o da Monster) a LinkedIn gli annunci, ma chi quale selezionatore ha il tempo di valutare 300 curricula se non di più? Quindi, di fatto, per fare social recruiting e pochi veramente lo fanno, non basta avere un profilo social e mettere un’inserzione, ma è necessario sapere creare valore aggiunto sia per l’azienda cliente

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che per il candidato, sapere creare empatia con il medesimo e usare tutte le leve necessarie per attirare l’attenzione dei candidati più idonei, ascoltando e, soprattutto, sapendo individuare in quali social media essi sono presenti. Solo in questo modo è possibile evitare le solite distorsioni di un processo di selezione male avviato: tanti cv in arrivo, posizioni che difficilmente si chiudono, inserzioni roboanti (in certi casi anche false) e poca soddisfazione per il lavoro svolto e d il risultato conseguito.


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Recruitment, talent branding & innovazione

hunter (nomi, contatti, etc.), sono disponibili on-line grazie a strumenti come LinkedIn, Facebook, blog, etc. Se guardiamo alle implicazioni di questa libertà d’accesso per entrambi gli attori del mondo del lavoro, il Talento e le Aziende, possiamo osservare come: – Il Candidato, abbia acquisito un maggiore potere decisionale. Oggi un talento può, creando una strategia efficace di ricerca, osservare attentamente il mondo del lavoro per individuare e segmentare il suo “pubblico”, cercando – in un mercato che ha assunto una dimensione globale – le offerte più attraenti, in linea con il suo profilo e le sue aspirazioni. Una volta selezionate le più interessanti, non sarà complicato trovare le informazioni giuste per presentare la propria candidatura. Inoltre, il web offre una moltitudine di vetrine ai candidati per esporre i propri talenti, distinguersi, e quindi essere considerati dalle più importanti multinazionali. – Le Aziende, debbano incrementare i propri sforzi sia per aumentare il valore del loro Talent brand, creando e mettendo in pratica strategie di attrazione e di retenzione, sempre più efficaci, perché adattate alle necessità del talento, che per formare i propri “Cacciatori di Talento” perché siano in grado di sfruttare al meglio le opportunità offerte da un mercato aperto, andandado a scovare i migliori passive talent (75% dei candidati non cerca attivamente ma considera le offertei). Analizzando le conclusioni delle principali reviewii, possiamo trovare conferma al nuovo orientamento del Candidate-driven marketplace, ma anche all’impreparazione da parte delle aziende.

La rivoluzione digitale del recruitment, ormai in atto da qualche anno, ha imposto necessariamente un cambio di rotta agli specialisti del settore.

di Sacha Milazzo iit.linkedin.com/pub/sacha-milazzo/24/ aab/9b3

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ome possiamo osservare, l’innovazione dei social media e la rivoluzione sociale che ne é conseguita, hanno abbattuto limiti e confini, rendendo

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semplice la comunicazione, e facilitando l’accesso ad informazioni, contatti e persone. Da un punto di vista strettamente della ricerca del “talento”, oggi possiamo vedere come quelle informazioni che fino a qualche anno fa erano esclusiva di alcune Elite come gli head-

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Un esempio lampante e questo dato: il 65% dei HR leader Italiani, sostiene che il talent brand ha un impatto significativo nella capacità di assumere i migliori talenti, ma solo il 30% degli stessi afferma di misurare oggettivamente il valore del proprio employer brandingiii. Le principali tendenze ci indicano come per competere nella guerra per il talento, i professionisti HR debbano reagire alle richieste del mercato odierno. Seguire l’onda dell’innovazione, sfruttando al massimo il supporto delle nuove tecnologie per adattarsi alle evoluzioni della Società, questo é il valore aggiunto delle Risorse Umane. Come affermato dagli esperti di Deloitteiv, oggi le risorse umane devono necessariamente reinventarsi per divenire una funzione “agile, business integrated, datadriven, and deeply skilled in attracting, retaining, and developing talent.” Comprendere le esigenze del business, osservare costantemente il mercato, tradurre le informazioni (Big Data ed Analytics) in una efficiente strategia di attrazione dei talenti, ed infine creare percorsi di carriera e possibilità di espressione per i propri talenti. Queste azioni, ad alto valore aggiunto, non sono solo le priorità delle Risorse Umane, ma soprattutto l’opportunità per finalmente affermare il proprio ruolo di Business Partner, partecipando in modo concreto e misurabile al successo dell’azienda. i

4 th Annual Report 2015 Global Recruiting Trends, by LinkedIn Talent Solution Team, Jan. 2015

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LinkedIn 2015 Global Recruiting Trends; Bersin Review “Global Human Capital Trends 2015”;

iii LinkedIn “Trend di Recruiting in Italia, Gen. 2015 (205 HR Leader in Italia)” iv Bersin Review “Global Human Capital Trends 2015”,


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La app altran: una esperienza di augmented reality Attualmente solo i referenti HR di Altran possono installare la app sui propri tablet, ma presto anche i candidati potranno scaricarla dai principali store e in formato compatibile con i più diffusi sistemi operativi. Questo consentirà ad Altran di entrare nella vita quotidiana dei candidati, con il suo logo ben visibile e costantemente presente sotto forma di icona sul display del loro tablet o smartphone.

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a recente espansione dei dispositivi mobile come tablet e smartphone, in grado di operare e ricevere informazioni tramite applicazioni (comunemente denominate “app”), rappresenta oggi una vera e propria sfida per le aziende e una nuova opportunità da esplorare in ottica employer branding. Dal 2013 Altran utilizza una app per comunicare, durante eventi accademici e incontri con i potenziali candidati, dati, settori di intervento, progetti dell’azienda, etc. Sono molti i motivi che hanno spinto Altran ad creare una app per affiancare – e, nel lungo periodo, a sostituire - la tradizionale brochure cartacea. Innanzitutto è stata una scelta coerente con la corporate brand identity: poiché i dipendenti di Altran si definiscono e sono definiti “innovation makers”, occorre comunicare in modo consono alla propria identità e quindi utilizzare

i device tecnologici più usati dai candidati.

varie location in cui si svolgono eventi universitari.

Una app è anche economicamente più sostenibile nel lungo periodo: in caso di cambiamento di alcune informazioni, è sufficiente rilasciare un aggiornamento della app anziché procedere a costose ristampe e dover gestire in magazzino giacenze di materiale ormai anacronistico.

Dal punto di vista relazionale, l’utilizzo dell’app permette di stabilire un rapporto più ricco con i potenziali candidati: “sfogliare” insieme al referente HR le varie sezioni dell’app consente al candidato di visualizzare immediatamente le informazioni più rilevanti e di porre contestualmente domande mirate ad approfondire i campi che destano maggiore interesse.

Inoltre, grazie alla sua natura multimediale, una app è molto più coinvolgente rispetto a una brochure: i “classici” facts & figures sono affiancati da video e suggestive photogallery dedicate a progetti di punta come la partnership con LotusF1 e Solar Impulse.

Infine l’app permette al referente HR di salvare immediatamente i contatti dei candidati tramite la compilazione contestuale di un form on line.

Evitare l’uso e la diffusione di materiale cartaceo risponde inoltre alla strategia aziendale di social responsibility, che ha l’obiettivo di paper saving e di abbattimento delle emissioni di Co2, dato che non è più necessario spedire pacchi contenenti le brochure nelle

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Attraverso la app è anche possibile vivere una esperienza di augmented reality ossia un arricchimento della percezione sensoriale tramite informazioni che non sarebbero percepibili con i cinque sensi. La realtà aumentata anima il “prisma” (simbolo di Altran), che subisce una serie di trasformazioni rivelando innovazioni relative ai diversi settori di attività di Altran: automotive, medicale, energia eolica, telecomunicazioni e satelliti, aeronautica, etc. L’esperienza desta stupore e ammirazione e instilla nel candidato la voglia di approfondire la conoscenza dell’azienda molto più di quanto possa fare una più tradizionale brochure. Del resto, come diceva il famoso sociologo della comunicazione Marshall McLuhan, “il medium è il messaggio”.


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