SECONDA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E MANAGEMENT TESI DI LAUREA
IN GESTIONE DELLE RISORSE UMANE
L’EMPLOYER BRANDING STRATEGY: acquisizione e valorizzazione delle risorse umane
RELATORE CH. MO Prof. Mario Pezzillo Iacono
CANDIDATO Marina Cangiano Matr.A10/367
CORRELATORE CH. MO Prof. Marcello Martinez
ANNO ACCADEMICO 2012 / 2013
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Introduzione ................................................................................................................. pg.5
I CAPITOLO La rete cambia la comunicazione aziendale: i confini della comunicazione nell’ Employer Branding
1. La comunicazione interna: sviluppo ed obiettivi ............................................... pg.9 1.1 Il processo di comunicazione ....................................................................... pg.11 1.2 Le quattro aree della comunicazione ............................................................ pg.14 2. Strumenti di comunicazione diretta ................................................................... pg.16 2.1 House organ .................................................................................................. pg.17 2.3 Newsletter ..................................................................................................... pg.18 3. Strumenti di comunicazione indiretta ................................................................ pg.20 3.1 La pubblicità ................................................................................................. pg.20 3.2 Le sponsorizzazioni ...................................................................................... pg.22 4. Comunicazione interna vs comunicazione esterna ............................................ pg.23 5. Dalla comunicazione interna alla comunicazione organizzativa ....................... pg.25 5.1 I livelli della comunicazione organizzativa .................................................. pg.27 6. I nuovi specialisti della comunicazione ............................................................. pg.30 6.1 Il web 2.0 ...................................................................................................... pg.32 6.2 Le reti intranet .............................................................................................. pg.34 7. I confini della comunicazione nell’Employer Branding .................................... pg.36
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II CAPITOLO L’ Employer Branding Process
1. La nascita ed evoluzione del concetto di Employer Branding ......................... pg.38 1.1 La definizione e gli obiettivi........................................................................ pg.41 1.2 I fondamenti................................................................................................. pg.43 2. Lo Human Resources Management: una breve introduzione ........................... pg.44 3. I driver intangibili e tangibili ............................................................................ pg.45 3.1 I fattori intangibili......................................................................................... pg.46 3.2 I fattori tangibili ............................................................................................ pg.48 4. L’employer branding dal punto di vista di un Managing Director: Eugenio Amendola ............................................................................................................... pg.51 4.1 Il dr. Amendola analizza i fattori che favoriscono l’employer branding...... pg.53 4.2 Employer Branding Strategy: prospettive per il futuro ................................ pg.55 5. L’ employer branding process ........................................................................... pg.56 5.1 I fase: definizione del target e posizionamento attuale ................................ pg.59 5.2 II fase: elaborazione e sviluppo .................................................................... pg.61 5.3 III fase: la comunicazione ............................................................................ pg.63 5.4 IV fase: monitoraggio e analisi ...................................................................... pg64 6. I benefici dell’ Employer Branding................................................................... pg.65 7. L’Employer Value Proposition: l’ obiettivo principale .................................... pg.66 8. Nuove prospettive: l’Employer Branding e il Web 2.0..................................... pg.68 9. La prospettiva dei Job Seekers: l’indagine Employer Brand Positioning Survey ................................................................................................................................ pg.71 9.1 La metodologia ............................................................................................. pg.72 9.2 Le classifiche ................................................................................................ pg.73 10. L’indicatore di performance BCI Index © ..................................................... pg.76 11. Le sinergie tra Employer Branding interno ed esterno .................................... pg.79 3
11.1 L’Employer Branding interno: la Retention .............................................. pg.80 11.2 L’Employer Branding esterno: il Recruitment .......................................... pg.83
III CAPITOLO Esperienze di Employer branding
1. Introduzione ....................................................................................................... pg.86 1.1 Valentino e BNL-BNP Paribas a confronto ................................................. pg.86 1.2 L’employer branding dal punto di vista dell’ employer: interviste a confronto ........................................................................................................................... .pg.91
Appendice A......................................................................................................... pg.102 Appendice B ......................................................................................................... pg.103 Appendice C ......................................................................................................... pg.108 Appendice D......................................................................................................... pg.112 Conclusioni .......................................................................................................... pg.117 Bibliografia .......................................................................................................... pg.119 Sitografia .............................................................................................................. pg.127 Ringraziamenti ..................................................................................................... pg.128
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INTRODUZIONE
In uno scenario articolato come quello attuale, la piena valorizzazione delle risorse umane, in grado di diffondere la cultura aziendale e di concentrarsi sulle potenzialità di attrazione e fidelizzazione del branding, può risultare decisiva nel garantire all’organizzazione condizioni di vitale sopravvivenza nel contesto. Il problema del reperire le risorse migliori, riguarda tutte le imprese, al di là dal settore di appartenenza. L’impresa deve riuscire ad attrarre e fidelizzare individui in grado di portare a termine la mission aziendale. Ma quale strategia può essere d’aiuto all’azienda? L’employer branding, interviene sui lavoratori all’interno dell’azienda, e allo stesso tempo è in grado di attrarre i futuri lavoratori all’esterno dell’azienda, coinvolgendo molti professionisti e manager, sia nel campo delle risorse umane, ma anche nel marketing e nella comunicazione. Le strategie, ben sviluppate e implementate, possono costituire un fondamentale elemento di vantaggio competitivo per le organizzazioni che le adottano. L’employer branding è definito come l’insieme degli sforzi compiuti da un’ azienda per costruire e comunicare la propria immagine sul mercato esterno ed interno del lavoro, in modo che sia il brand ad attrarre e fidelizzare i soggetti coerenti con la cultura aziendale. Il concetto sarà chiarito nella parte centrale della tesi, ove il dott.re Eugenio Amendola Managing Director di Anthea Consulting s.r.l. e direttore editoriale della rivista “Employer Branding Review”, permette di acquisire una visione completa e sicura del processo dell’employer branding. Amendola stabilisce che: “L’employer branding è una strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer(luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitors, attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento” (Eugenio Amendola 2007) La tesi è articolata in tre parti: una prima relativa alla comunicazione organizzativa e ai nuovi strumenti, tra cui il web 2.0 (primo capitolo), una seconda principalmente concentrata sullo studio teorico dell’employer branding approfondito dall’intervista al dott.re E. Amendola (secondo capitolo) e una terza parte focalizzata su due casi empirici: Valentino S.p.a. rappresentato dalla dott.ssa Erminia Girardi, Hr recruiter
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specialist e, BNL- BNP Paribas, rappresentato dalla dott.ssa Carole Sottel, Employer Branding Manager. (terzo capitolo). Il lavoro sviluppato, dunque, nel primo capitolo, si occupa di comunicazione interna, o meglio di comunicazione organizzativa. La comunicazione interna, infatti, riveste un ruolo sempre più importante all’interno delle organizzazioni per far fronte alla crescente complessità ambientale nella quale le realtà aziendali sono immerse. L’ambiente organizzativo è sempre più turbolento, caratterizzato da incertezza e da rapidi cambiamenti. È con la comunicazione interna che si possono attuare le politiche di gestione e sviluppo delle risorse umane per il funzionamento delle moderne organizzazioni. Senza un’attività di comunicazione interna organica, diffusa a tutti i livelli e fortemente introiettata e comunicata da tutti i soggetti d’ impresa non è possibile realizzare una struttura organizzativa di successo. Per rendere possibile tutto questo, nel panorama delle innovazioni si sta delineando tutta una serie di nuovi strumenti e di linguaggi ai quali le aziende possono attingere, scegliendo quelli più adatti alle proprie esigenze comunicative. I pilastri che per quasi un secolo hanno sorretto la comunicazione interna si stanno sgretolando sotto i colpi delle innovazioni tecnologiche e organizzative. Un grande contributo e fonte d' ispirazione per la realizzazione di questo lavoro è dato dall’ approfondire un tema attuale, ovvero il web 2.0, la nuova frontiera della comunicazione interattiva. Si fa riferimento al web 2.0 una nuova visione d'internet che si sposa perfettamente con la nuova visione di comunicazione interna che si sta sviluppando all’ interno di aziende che si avvalgono sempre più di tecnologie innovative legate al mondo interattivo. Nell’ultima parte del capitolo, ci concentreremo sulla volontà di creare un messaggio coerente e univoco ed impostare un piano di sviluppo, una delle attività più complesse nell'esercizio employer branding. I confini della comunicazione nell’employer branding sono molto vasti, infatti l’ azienda dovrà far in modo che il clima aziendale sia stimolante e coerente con il messaggio che si vuol trasmettere, che vi sia una possibilità certa di crescita, un’ adeguata politica dei prezzi, una soddisfacente retribuzione, per poter fidelizzare i dipendenti, attrarre potenziali dipendenti ed aumentare l’ appeal sui consumatori. Il secondo capitolo, svela, inizialmente, le radici etimologiche del termine employer branding, i contributi letterari che contribuiscono alla definizione del modello di
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strategia e illustra gli obiettivi, lo sviluppo di tale strategia e i principali fattori tangibili ed intangibili che definiscono l’ Employer Identity. L’employer branding non è limitato alla parola attrazione, selezione e fidelizzazione ma è un metodo di lavoro complesso che coinvolge gran parte del management, al fine di: -
realizzare strategie marketing oriented;
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rivalutare le funzioni e i ruoli nell’area HR;
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creare e promuovere politiche di integrated Brand Management.
Particolare importanza assume l’intervista al dott.re Amendola, che chiarisce la politica di employer branding dal suo punto di vista, analizzando i fattori che la favoriscono. Nel corso del lavoro, saranno esaminati i benefici e le best practices in tema di employer branding con riferimento ad ognuna delle fasi in cui si articola il processo. Il processo può essere suddiviso in quattro fasi : 1) definizione del target interno ed esterno e posizionamento attuale: capire chi sono gli high performers, cioè coloro che più di altri possiedono la capacità di creare valore; analizzare l’ immagine dell’azienda con ricerche rivolte agli high performers; capire il posizionamento, in relazione agli altri competitors sul mercato del lavoro; 2) elaborazione della Employer Value Proposition: definire cioè un'identità, specifica per il mercato del lavoro, che abbia appeal presso il target di riferimento in termini di benefici materiali ed immateriali, rimanendo coerenti con l’ identità dell’ azienda; 3) comunicazione dell’Employer Brand: definire il messaggio, in termini di linguaggio, metafore visive, simboli; elaborare un piano media che specifichi i canali da utilizzare. Tutti gli sforzi comunicativi vanno integrati con le altre forme di comunicazione aziendale secondo un’ottica di comunicazione totale; 4) monitoraggio e analisi dell’immagine, modifiche al processo: monitorare i risultati raggiunti e le variazioni ambientali, quindi modificare il brand mantenendo l’ equilibrio identità – immagine. In queste circostanze la capacità di creare e comunicare un employee value proposition (EVP) stimolante e distinguibile è divenuto un elemento di grandissimo rilievo e importanza per tutto il management. L’elaborato, oltre a ripercorrere le fasi fondamentali della teoria dell’employer branding e del suo significato nel contesto economico attuale, ha voluto concentrarsi anche sulle prospettive dei job seekers. In particolare nel 2013, alla quinta edizione di EBPS, è stata condotta un’indagine che ha esaminato opinioni, aspettative e tendenze dei job seekers su alcuni aspetti cruciali
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del mercato del lavoro e sul brand di circa 230 realtà aziendali, nel periodo Febbraio – Maggio per poter elaborare la classifica dei Top 10 Employer Of Choice . L’obiettivo è di analizzare i cambiamenti del mercato del lavoro e, in particolare, gli atteggiamenti e le opinioni dei potenziali candidati. Sono stati coinvolti 10.760 job seekers, ai quali sono stati somministrati dei questionari online, che comprendono statements in grado di analizzare tutti quei fattori discriminanti esposti nel paragrafo precedente. Al termine di ciò, essi sono stati suddivisi secondo tre segmenti utilizzando come criteri l’età e l’esperienza lavorativa maturata: Recent Graduates (1.410), Young Professionals (1.744) e Senior Managers (10.606). L’ultima parte è dedicata ad alcuni sistemi di misurazione di performance: il BCI Index © (Brand Communication Interactive Index) che consente di capire in che modo le due forme di comunicazione, ovvero il corporate brand che consiste nel grado di apprezzamento di cui gode l’azienda e l’ employer branding, interagiscono tra loro; e il BCI Index© tra la notorietà di un’ azienda( brand awarness) e l’ employer branding. Gli ultimi paragrafi trattano infine, le sinergie tra employer branding interno (Retention) ed esterno (Recruitment). Il terzo e ultimo capitolo, apre il sipario alla parte di tesi legata all’analisi empirica, arricchita dai contenuti emersi dalle interviste ad opinion leader nel campo dell’employer branding, in particolare la dott.ssa Erminia Girardi, Hr recruitment specialist in Valentino e, la dott.ssa Carole Sottel, Employer Branding Manager di BNL nel Gruppo BNP Paribas. Da un lato consideriamo Valentino, marchio internazionale, protagonista nel mondo del Fashion nei settori della moda e del lusso, che esprime massima qualità in ogni segmento di mercato servito e che mostra costante attenzione alle esigenze dei clienti, attraverso un dialogo continuo tra passione ed esperienza. D’altro canto consideriamo BNL che fa parte del Gruppo BNP Paribas, leader nei servizi bancari e finanziari in Europa e nel mondo, presente in Italia da oltre 40 anni. Dalle interviste tenute, emerge lo scopo del progetto tesi, che nasce dal desiderio di approfondire il tema dell’employer branding, e si denota come in entrambe le realtà, il branding sia divenuto lo strumento principale per la gestione delle risorse umane perché, attraverso esso, si ha la possibilità di costruire con i propri attuali o futuri collaboratori relazioni durature, basate sulla fiducia e sull’associazione dell’identità employee – employer.
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I CAPITOLO La rete cambia la comunicazione aziendale: i confini della comunicazione nell’ employer branding
1. La comunicazione interna: sviluppo e obiettivi 1.1 Il processo di comunicazione 1.2 Le quattro aree della comunicazione 2. Strumenti di comunicazione diretta 2.1 House organ 2.3 Newsletter 3. Strumenti di comunicazione indiretta 3.1 La pubblicità 3.2 Le sponsorizzazioni 4. Comunicazione interna vs comunicazione esterna 5. Dalla comunicazione interna alla comunicazione organizzativa 5.1 I livelli della comunicazione organizzativa 6. I nuovi specialisti della comunicazione 6.1 Il web 2.0 6.2 Le reti intranet 7. I confini della comunicazione nell’ employer branding
1. La comunicazione interna: sviluppo ed obiettivi La comunicazione, è uno dei temi più dibattuti e non è altro che un processo di scambio reciproco di informazioni e messaggi vari tra due o più soggetti, attraverso mezzi verbali o non verbali. Scavando nella radice etimologica, il concetto di comunicazione, di derivazione latina dal lemma “communis” cioè comune, prevede un secondo significato, ovvero mettere in comune idee e pensieri, che nel tempo ha acquisito sempre più importanza fino a diventare l’accezione primaria.1 Prima di iniziare a parlare di comunicazione interna. 2 (Solito, 2004), è utile scindere questo termine dal significato comunemente riferito all’informazione. Il concetto d'informazione viene inglobato nella stessa etimologia di comunicare, ma letteralmente significa dare forma, plasmare, modellare secondo una determinata forma e/o struttura. Si considera la comunicazione come ciò che avvenga in modo bidirezionale, tracciando un’ulteriore distinzione tra lo scambio comunicativo vero e proprio e la mera
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http://www.comunicazionediimpresa.it/ Solito L., “Cittadini e istituzioni”, Carocci, “La comunicazione interna, è quella comunicazione che avviene all’interno dei confini giuridici e organizzativi dell’organizzazione/ente/impresa e che è rivolta principalmente ai dipendenti e collaboratori. “Insieme delle attività, iniziative e strumenti tesi a costruire una rete interna di flussi informativi per diffondere informazioni, conoscenze, e rendere chiari e condivisi gli obiettivi” Roma, 2004. 2
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trasmissione di informazioni, processo unidirezionale consistente nella trasmissione di notizie e dati che ha come effetto ultimo la modifica della conoscenza in chi la riceve.3(Procacci, 2010) Per comunicare internamente, le organizzazioni utilizzano meccanismi diversi, e la sfida è garantire l’allineamento agli obiettivi aziendali e che il personale impegnato sia motivato e preparato per i cambiamenti, le sfide e le opportunità che si attendono. Mentre in passato esisteva una forte correlazione tra elevata innovazione organizzativa e presenza di attività di comunicazione.4 (Invernizzi, 2006), oggi questa correlazione non esiste più, nel senso che tutte le organizzazioni per un motivo o per l'altro la impiegano. Si assiste all’avanzamento della comunicazione verso modalità di impiego più evolute, spesso legate al web 2.0 (es: rete intranet, corporate blog, corporate wiki, business tv, ecc.). Per comunicare internamente si hanno due diversi tipi di pubblico: un gruppo, ovvero, soggetti che stanno lavorando direttamente all'interno del progetto, come i partner e, naturalmente, il capofila; il secondo gruppo target è costituito dalle persone che lavorano all'interno delle organizzazioni partner, se si tratta di un ente locale o regionale, agenzia o fondazione. La comunicazione è un processo per comunicare o scambiare informazioni con gli altri, ed è considerata efficace quando il ricevitore comprende chiaramente il messaggio desiderato che è stato inviato. Si tende a separare il concetto di presenza dell'attività di comunicazione interna, da quello di sviluppo della stessa, quantitativo ma soprattutto qualitativo. Vi è, infatti, una presenza della comunicazione interna in quasi tutte le grandi organizzazioni a prescindere dalle loro scelte strategiche e organizzative. Lo sviluppo qualitativo invece è maggiore nelle imprese più evolute, probabilmente perché più consapevoli dell'importanza della comunicazione interna per sostenere proprio una strategia competitiva di tipo più attivo e per supportare un'organizzazione di tipo più evoluto, più flessibile. L'obiettivo è quello di creare un flusso bidirezionale, filtrando il messaggio proveniente da una gestione superiore giù a tutti i dipendenti per fornire loro una migliore comprensione dello scopo, gli obiettivi e le indicazioni del business. Procacci E., “Evoluzione organizzativa e sviluppo delle risorse umane”, Armando Editore, Roma, 2010 4 Invernizzi E., Mazzei A., La comunicazione interna, in Invernizzi E (a cura di) Manuale di Relazioni Pubbliche Vol.2, McGraw-Hill, Milano, 2006 3
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I vantaggi derivanti dall'adozione di una strategia di comunicazione interna sono:
Creare un luogo di lavoro dove tutti i dipendenti siano informati e di lavoro verso gli stessi obiettivi attraverso una chiara direzione per l'attività di tutti i giorni.
Creare una visione comune e ridurre la capacità di conflitto sul posto di lavoro riducendo l'ambiguità dei messaggi o idee.
Favorire la formazione di un lavoro di condivisione solidale e della conoscenza cultura come tutti lavorano con le stesse regole.
Migliorare la comprensione dei dipendenti e la risposta alla vicenda di chi ha bisogno .
Incoraggiare il senso di appartenenza al tutto sentendosi a conoscenza di ciò che è in corso.
Capacità di tutti i dipendenti di essere in grado di articolare la mission aziendale, valori e obiettivi e sostenere tali obiettivi aziendali .
Garantire l'uso efficiente delle risorse dando priorità esigenze contrastanti.
Abilitare la revisione delle attività e fornire i canali misurare il successo futuro.
1.1. Il processo di comunicazione
La comunicazione è il filo conduttore che tiene insieme il progetto e gli impedisce di cadere a pezzi, strutturata come una catena, nell’ esecuzione del processo punta alla raccolta ed elaborazione di informazioni dal contesto di riferimento per assumere decisioni più razionali, ed invia messaggi per suggerire soluzioni ed orientare i comportamenti. Il processo di comunicazione si articola in due fasi, codifica e decodifica, ed è costituito da vari elementi: la fonte (o emittente), il destinatario (o ricevente), il messaggio, il canale ed infine ma non meno importanti i feed-back.
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Studiare la comunicazione interna, stabilire metodi e tecniche di organizzazione del flusso di comunicazione in un processo di gestione del progetto ha come fine, quello di ottenere risultati ottimali dalle sue attività e compiti. La comunicazione intesa come trasferimento d'informazioni da un emittente ad un ricevente, ha successo quando entrambi i soggetti utilizzano lo stesso codice, altrimenti potrebbe capitare che il destinatario affidi al messaggio un significato diverso da quello che voleva esser trasmesso. Il codice è un sistema di regole convenzionali, un insieme di simboli o segni, riconosciuti nel sociale, che permettono di produrre e interpretare il messaggio in modo coerente. Essi, devono essere noti sia all’emittente sia al destinatario prima dell’ inizio del processo, anche se durante lo stesso può accadere che ci sia una transcodificazione, ovvero il passaggio da un tipo di codice ad un altro. Con il processo di codifica, l’emittente trasforma le sue idee e intenzioni in un messaggio in modo da renderli comprensibile agli altri, tenendo conto di vincoli di riservatezza o sicurezza oltre alle caratteristiche dei destinatari. Il messaggio (da missum, ciò che è stato inviato) è l’informazione principale che, dopo essere stata tradotta in segni per mezzo di un opportuno codice, è trasmessa dalla fonte al destinatario. 12
Una volta ricevuto il messaggio il destinatario attua il processo di decodifica ed entra in possesso dell’informazione trasmessa dalla controparte. La fonte o emittente, dotato di un proprio campo d’esperienza, è colui che dà inizio alla comunicazione attraverso la codifica di un messaggio, utilizzando determinati segni (linguaggio, simboli, immagini, suoni) e lo trasmette attraverso un canale ad un destinatario, il quale potrà esser dotato anche di un campo d’esperienza differente rispetto alla fonte. Il canale, utilizzato come mezzo per veicolare il messaggio da parte della fonte e come mezzo attraverso cui il destinatario ottiene il messaggio, viene scelto se coerente con la strategia di comunicazione, se ha caratteristiche tecniche idonee per il raggiungimento degli obiettivi prefissati e capace di raggiungere il target prescelto. Il destinatario o ricevente, è colui che riceve il messaggio, dunque, è il soggetto o i soggetti cui il flusso di comunicazione è diretto; tuttavia, può accadere che tale flusso raggiunga anche soggetti ai quali non era specificatamente destinato, generando il cosiddetto “effetto alone” che sarà positivo o negativo. Il destinatario, una volta ricevuto il messaggio, attiva il processo di feedback (o retrocomunicazione), fornendo all’emittente delle risposte sull’esito della precedente attività di comunicazione svolta. Il feedback è la reazione del ricevente nei confronti del messaggio che consente alla fonte di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito e approvato. Il feedback non necessariamente utilizza lo stesso canale, e consente di svolgere un’azione di controllo:
sull’efficacia della comunicazione,
sui modi con le quali gli interlocutori interpretano il messaggio.
Se tutto va bene, il messaggio inviato è ricevuto ed interpretato correttamente, ma poiché tutto questo avviene all'interno di una nuvola di rumore, spesso le cose possono complicarsi: o perché il mittente e il destinatario parlano lingue diverse, o forse perché il mezzo è scollegato, o ancora, nel caso in cui il ricevitore non riceve e il mittente retrocede prima che si ottengano risposte. Il rumore è un segnale completamente privo di informazione che disturba e rende difficoltosa la comprensione dei messaggi, esempi avvertibili di rumore possono essere il frastuono di un martello pneumatico, il ronzio negli alimentatori o il fruscio degli altoparlanti, o più banalmente il brusio delle voci delle persone
quando si parla
attraverso il canale “aria". 13
Si distingue essenzialmente in:
rumore interno, generato da strumenti elettronici impiegati nella trasmissione dei dati;
rumore esterno, quali per esempio il rumore atmosferico , prodotto da onde elettromagnetiche e da scariche naturali come i fulmini, e il rumore cosmico, causato dai raggi cosmici o da emissioni di onde elettromagnetiche ad alta frequenza.
Per ovviare alla perdita d'informazione dovuta al rumore, nei sistemi comunicativi si fa un uso più o meno ampio di “ridondanze”.
1.2 Le quattro aree della comunicazione
Le quattro macro- aree della comunicazione d’ impresa, provvedono a migliorare le relazioni d’impresa, diffondere il valore intrinseco e, come afferma 5 (Fiocca, 2002), creano il valore percepito (credibilità, fiducia, immagine), il quale a sua volta alimenta la creazione di valore oggettivo. Bisogna tener presente che devono essere gestite con coerenza e integrazione e si differenziano per destinatari, obiettivi e contenuti. Esse sono:
La comunicazione commerciale
La comunicazione istituzionale
La comunicazione gestionale
La comunicazione economica- finanziaria
La comunicazione commerciale è rivolta ai consumatori, finali e intermedi e ha l’obiettivo di creare il maggior valore possibile in modo da massimizzare i profitti, migliorare l’ immagine e incrementare la vendita. Essa redige un piano di marketing per raggiungere questo difficile obiettivo e fa il possibile per soddisfare i clienti in termini di qualità, prezzo e benefici. La comunicazione istituzionale, si basa sul concetto di responsabilità sociale, e riguarda l’impresa nella sua interezza. Essa, ha come obiettivo, quello di ottenere un consenso,
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Fiocca R., La comunicazione integrata nelle aziende, Egea, Milano, 2002 14
un atteggiamento favorevole dai vari pubblici dell’impresa, e grazie ad una buona reputazione si rafforzano i legami con i vari pubblici. La reputazione è ottenuta se l’immagine dell’azienda (corporate image) e le aspettative degli stakeholders coincidono per molto tempo. È un tipo di comunicazione che riguarda l’impresa nella sua interezza e pone al centro del messaggio la sua identità, i suoi valori, i suoi progetti, anziché specifici elementi relativi alla sua attività (prodotti, strutture, risultati). La comunicazione gestionale si riferisce a tutti coloro che sono coinvolti, direttamente o indirettamente, nell’attività esecutive e produttive dell’ impresa, e consiste nell'insieme dei sistemi di creazione e di scambio di messaggi ed informazioni. Gli obiettivi principali prevedono la diffusione di valori e della cultura aziendale, stimolare il personale, comunicare loro delle informazioni su come bisognerebbe operare nell’impresa e quali sono le politiche e le strategie da adottare. Essa e prevede due differenti processi di scambio d'informazioni, il primo di tipo tecnico-strumentale, che assicura il funzionamento operativo dell’impresa e il secondo di tipo espressivo, il cui scopo è quello di far divulgare la stessa cultura. La comunicazione economico- finanziaria, avviene attraverso un canale che punta a rafforzare la relazione tra impresa e sistema finanziario, e che parte dalla direzione o vertice aziendale e arriva alle varie categorie di stakeholders e gruppi di portatori di interesse. Si concentra dunque, su aspetti reddituali, finanziari e patrimoniali dell’impresa e le finalità principali sono quelle di migliorare le relazioni con i portatori di risorse finanziarie, come banche e analisti, stabilire un rapporto duraturo con gli investitori e creare credibilità basata su strategie. Tuttavia, la natura dei destinatari è anche non finanziaria, riguarda quei soggetti che operano nei mercati reali, come per esempio i lavoratori, i fornitori e i clienti.
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2. Strumenti di comunicazione diretta
Uno strumento di comunicazione è un prodotto attraverso il quale è possibile inviare un messaggio a un destinatario, mentre il canale è il supporto fisico che ne consente la trasmissione. Può verificarsi anche una sovrapposizione di tali, definiti entrambi “mezzi di comunicazione”: uno stesso elemento può essere allo stesso tempo strumento e canale.6 (Bisio, 2004) La comunicazione consta di differenti forme, e tra di esse si distingue la comunicazione diretta (attuata con strumenti che mettono in rapporto diretto il comunicatore con in ricevente) da quella indiretta (attuata attraverso l’ intervento di mezzi di comunicazione di massa e quindi, solitamente, unidirezionale). Un obiettivo molto importante di questi mezzi è quello di accrescere, o creare, una cultura aziendale facilitando così una mentalità piuttosto omogenea. Tra gli strumenti di comunicazione diretta ricordiamo il direct mailing, fiere e mostre, formazione, convegni, brochure e cataloghi, merchandising, house organ (vedi par. 2.1) e newsletter (vedi par. 2.2). Negli ultimi anni sono stati introdotti anche dei nuovi media che possono essere utilizzati per entrambe le comunicazioni, essi sono: posta elettronica, discussioni sincrone in rete, comunicazioni asincrone in rete, siti internet, intranet e web 2.0. Si prenderanno in considerazione solo i mezzi più significativi.
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Bisio C., "Comunicare in azienda". Franco Angeli, Milano,2004 16
2.1 House organ
L’house organ è una pubblicazione aziendale utilizzata per aggiornare il personale interno circa le attività e gli obiettivi a medio termine da raggiungere e rende partecipe il personale, lo stimola alla condivisione di contributi, suggerimenti e opinioni7. Migliora la comunicazione interna e la circolazione delle informazioni tra i reparti, stimola il senso di appartenenza e il gioco di squadra, ma soprattutto, sprona e coinvolge le persone che lavorano in azienda nelle piccole iniziative quotidiane come nei grandi di medio e lungo periodo. E’ una pubblicazione di alto profilo, con veste grafica curata, molto simile a un magazine e con contenuti che riguardano la realtà, raccontandola in modo interessante e mai noioso, con un linguaggio comprensibile e semplice. L’house organ può essere uno strumento sia di comunicazione interna, sia di comunicazione esterna 8 (Imber e Toffler, 2000; Stringa, 2007) ed è la rivista seriale e periodica, pubblicata da un’organizzazione, il cui contenuto riguarda informazioni concernenti:
l’organizzazione e le sue attività
le principali novità che riguardano tali attività
le novità per l’immediato futuro
la gestione del personale
le notizie utili e i suggerimenti provenienti dai dipendenti
le novità contrattuali, i concorsi interni, etc.
La rivista, è distribuita, generalmente, in formato cartaceo, ai dipendenti, anche se negli ultimi anni sono sempre più numerose le aziende che chiedono di inserirla su piattaforme internet, in formato digitale. Nel primo caso, sono distribuite direttamente
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http: // www.marketinglowcost.it/ magazine-low-cost / J. IMBER J.e B.A. TOFFLER, “Dictionary of Marketing Terms”, Hauppauge (NY), Barron’s Educational Series, 2000 STRINGA P. , “Che cos’è un ufficio stampa”, Roma, Carocci, pp. 34-37, 2007 Nel primo caso esso si indirizza al personale interno dell’organizzazione, con gli scopi di: a) aggiornarlo sulle attività e sugli obiettivi aziendali; b) rafforzare le relazioni tra direzione e personale; c) tenere alto il morale dell’organizzazione. Nel secondo caso, invece, si rivolge a portatori d’interesse esterni opportunamente identificati allo scopo di: a) presentare il ritratto dell’organizzazione; b) diffondere informazioni istituzionali e utili ai cittadini; c) fare opinione, partendo dalle notizie; d) promuovere le proprie attività/prodotti/servizi; e) creare consenso; f) stimolare la partecipazione; g) sviluppare il dibattito. 8
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all’interno dell’azienda; nel secondo invece, sono pubblicate sul sito web permettendo ai collaboratori a distanza di poterle consultare, aggiornarle in tempi celeri da più postazioni il tutto secondo un approccio più flessibile.9 L’house organ ha quindi due funzioni principali, ovvero, stimolare la partecipazione e il coinvolgimento dei dipendenti rispetto all’organizzazione presso cui lavorano, tenendoli aggiornati circa le attività che si stanno realizzando e favorire la circolazione delle informazioni tra i vari uffici. Il primo house organ di cui si abbia notizia in Italia è “Riviera Ligure”, stampato dalla società produttrice dell’“Olio Sasso” tra il 1895 e il 1920. 10(Falabrino, 2005)
2.2 Newsletter
La newsletter è un notiziario relativo a specifici argomenti, non particolarmente approfonditi, date le ridotte dimensioni dello stesso e l’ estrema semplicità del linguaggio utilizzato. È un prodotto editoriale semplice, veloce e poco costoso, con cadenza periodica ma variabile (mensile, quindicinale o anche giornaliera, non prevede una grossa attenzione per l’impaginazione, semplice ma curata, meno impegnativa rispetto all’house organ. Letteralmente newsletter significa “lettera informativa”, finalizzata alla diffusione di informazioni con contenuti sempre più svariati: notizie, flash, brevi resoconti, annunci, anticipazioni. Trovano spazio le notizie intrinseche dell’organizzazione, quasi “familiari”, quali avvicendamenti, promozioni, pensionamenti,
organigrammi,
fino ad annunci di
matrimoni e nascite, necrologi, risultati sportivi, cronache di gite sociali, spazi dedicati all’intrattenimento. Una volta stabilita una tempistica di spedizione, la distribuzione tramite e-mail avviene in formato testo o html, ove la ricezione è gratuita e deve sottostare alla normativa della privacy. Essa, è uno strumento tanto di comunicazione interna, quanto di comunicazione esterna, e viene curata da un comitato editoriale, un organo periodico di comunicazione 9 10
www.businesswriter.it Falabrino G.L., “La comunicazione d’impresa”, Roma, Carocci, 2005. 18
destinato ad un pubblico interno con l’obiettivo di fornire informazioni rapide e di immediato utilizzo. La newsletter rappresenta uno strumento più agile rispetto all’house organ, e si utilizza per inviare comunicazioni a determinati pubblici come i dipendenti, il management, le reti vendita, o i collaboratori esterni per tenerli periodicamente aggiornati. Gli obiettivi per la maggior parte delle Newsletter ineriscono a vari modi di fare promozione:
In maniera diretta per esempio: vendo calzature online e presento le ultime creazioni
In maniera indiretta in questo caso non offro un prodotto palpabile, ma punto a costruire una relazione con l’utente/ cliente offrendogli informazioni sull’ azienda o sullo studio/ agenzia, e quindi rafforzandone il brand
Promozione del sito/ portale ovvero, informo sulle novità e gli aggiornamenti del sito creando traffico e aumentando le visite. Questo porta anche ad altri obiettivi che puntano a fidelizzare gli utenti del sito, aumentare la base degli utenti, generare profitti.
Un importante aspetto riguardante la realizzazione della newsletter, è che le notizie devono avere un taglio giornalistico da poter distribuire fuori o nelle scuole , per informare i genitori sulle cose che accadono in quella scuola , molte sono pubblicate dai club , chiese , società, associazioni e imprese, in particolare le aziende , per fornire informazioni di interesse per i propri soci, clienti o dipendenti.
19
3. Strumenti di comunicazione indiretta La comunicazione indiretta, definita “above the line”, con un feedback o un messaggio di ritorno indiretto, può avvenire su media cartacei oppure in modalità broadcast ed è di tipo unidirezionale. Il principale vantaggio è rappresentato dal grande pubblico cui si rivolgono, con lo scopo di incrementare la notorietà, mentre gli svantaggi sono rappresentati
dalla
mancanza di interattività e dialogo. La comunicazione indiretta, ha costi elevati, e dovrebbe garantire maggiore efficacia, proprio in virtù della personalizzazione del messaggio che tale strumento consente. Questo tipo di comunicazione, definita di massa, è caratterizzata dal fatto di avvenire con la mediazione di un intermediario, dall’essere rivolta a destinatari selezionati senza il diretto collegamento tra mittente e destinatario. Spesso, è descritta con comportamenti non verbali come gesti, espressioni facciali, pause , il silenzio , il tono di voce. Dunque, i comunicatori indiretti, esprimendo i loro sentimenti, hanno come obiettivo prioritario quello di evitare conflitti , di salvare la faccia, mantenere l’armonia e di scampare a tensioni e situazioni di disagio. Tra gli strumenti di comunicazione ricordiamo: il passaparola, le pubbliche relazioni, relazioni con la stampa, la pubblicità ( vedi par. 3.1) e le sponsorizzazioni ( vedi 3.2).
3.1 La pubblicità La pubblicità costituisce una forma di comunicazione impersonale, standardizzata e di massa, diretta a trasferire informazioni, idee, a diffondere messaggi atti a promuovere uno specifico prodotto a una marca o alla stessa azienda e si rivolge al grande pubblico. La pubblicità è quasi sempre veicolata attraverso i mass media ( tv, radio, internet) anche se, alcune volte, può essere inserita su magazine aziendali, i cataloghi, le guide telefoniche o turistiche ed altre diverse pubblicazioni che solitamente non vengono incluse tra i veicoli tradizionali del media stampa. La pubblicità, fondamentalmente di tipo commerciale, si presenta quindi come un fenomeno complesso, ma da tempo si sono notevolmente sviluppate anche varie forme di pubblicità non commerciale: sociale, pubblica, politica, religiosa, ecc… . 20
La pubblicità adotta delle precise regole tecniche e un linguaggio fatto di messaggi brevi, semplici, sintetici, attraenti, suggestivi, enfatici, eufemici ed euforici, destinati a una ripetizione sistematica. 11 (Kotler, 2003) La pubblicità, tipica forma di comunicazione persuasiva, si prefigge di attrarre, stimolare il ricordo, di essere gradita al pubblico così da incentivare l’acquisto, di influenzare conoscenze, atteggiamenti e comportamenti in determinate aree dell’attività umana:si tratta di obiettivi di medio e lungo termine e l’elemento che la caratterizza è quello della creatività, il cui processo di realizzazione si articola nella fase di copy strategy e copy execution. In altre parole, il mezzo pubblicitario classico, ha un ruolo di supporto di altre forme di comunicazione quali le sponsorizzazioni, le presentazioni, le iniziative di direct marketing, il sito Internet, essendo essa molto costosa ed indirizzata ad un target molto selezionato, come tale non è uno strumento di per sé utile nell’ Employer Branding12. (Berthon et al, 2005 et Arachchige e Robertson, 2011)
Kotler P., guru indiscusso del marketing, “ le migliori pubblicità non sono solo creative, vendono...Lo scopo della pubblicità non è esporre i fatti riguardanti un prodotto, ma vendere una soluzione o un sogno.” il Marketing secondo Kotler, 2003, pgg 158-165. 12 Il concetto di Employer Branding attrattiva fornisce un altro approccio per l'organizzazione in relazione al reclutamento ed attraverso l'individuazione di attributi che influenzano positivamente la percezione agli occhi dei candidati di lavoro . Arachchige B and Robertson A. “Business Student Perceptions of a Preferred Employer: A Study Identifying Determinants of Employer Branding”, The IUP Journal of Brand Management, Vol. 8, No. 3, pp. 25-46. 2011 Berthon P, Ewing M and Hah L L., “Captivating Company: Dimensions of Attractiveness in Employer Branding”, International Journal of Advertising, Vol. 24, No. 2, 2005, pp. 151-172. 11
21
3.2 Le sponsorizzazioni La sponsorizzazione di un evento, organizzazione o individuo può variare nel significato ogni volta che viene adoperata, ed è un tipo di comunicazione indiretta impiegata per promuovere una società e i suoi prodotti che in genere comporta un sostegno finanziario. Essa, non si traduce solo in un tentativo di associare la sua immagine a quella di un evento, il quale si pone al di fuori della normale operatività aziendale, ma anche in opportunità di contatto tra marchio, prodotti dello sponsor e pubblico obiettivo. Gli scopi principali sono quelli di promuovere il nome, l’immagine, attività o prodotti dello sponsor contribuendo al finanziamento dei programmi, la creazione e l’incremento della notorietà del promotore e l’associazione all’azienda di attributi e valori d’immagine connessi all’oggetto della sponsorizzazione. La sponsorizzazione è a titolo oneroso e negli ultimi tempi, trova spazio all’interno di programmi radiofonici e televisivi, ed
accanto alle sponsorizzazioni delle squadre
sportive, si sono propalate sponsorizzazioni di spettacoli musicali e di manifestazioni culturali. È un tipo di comunicazione a carattere impersonale che può dare i migliori risultati in sinergia con altri strumenti, ma è bene distinguere tra sponsorizzazioni e pubblicità poiché quest’ultima mira direttamente all’incremento delle vendite e non ai ritorni in termini di notorietà, che daranno frutti più a lungo termine; ancora la pubblicità, rispetto all’ evento sportivo è occasionale e il trattamento tributario dei proventi conseguiti è diverso, soprattutto ai fini IVA. La sponsorizzazione, ovvero un tipo di propaganda con caratteristiche proprie sia sul piano aziendale sia sul piano sociale, non è una forma alternativa di pubblicità, ma riesce ad ottenere un maggior consenso del pubblico, dopo aver deflazionato i costi, in modo da renderli comparabili con quelli della pubblicità. Nell’ambito dell’ Employer Branding13 (Edwards, 2010) la sponsorizzazione può essere utilizzata in modo diretto, ossia utilizzando eventi scelti appositamente, oppure in modo indiretto, sfruttando cioè le sponsorizzazioni già decise per altri obiettivi con il fine ultimo di coinvolgere i dipendenti fornendogli benefici vari. Edwards M R., “An Integrative Review of Employer Branding and OB Theory”, Personnel Review, Vol. 39, No. 1, 2010, pp. 5-23. 13
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Nello scegliere se utilizzare forme dirette o indirette, è di fondamentale importanza la capacità dell’impresa di valutare l’esistenza e l’idoneità degli eventi, la presenza di un budget che deve consentire di realizzare un’ efficace sponsorizzazione e la presenza di processo di selezione essenziale nel determinare il successo delle sponsorizzazioni.
4. Comunicazione interna vs comunicazione esterna
Considerando la comunicazione come un processo attraverso il quale si crea un sistema di reti di collegamento per lo scambio di messaggi, è importante chiarire la differenza tra comunicazione interna e comunicazione esterna. La comunicazione interna, complementare e funzionale alla comunicazione esterna, è il processo di scambio e condivisione di informazioni tra le persone di diverso livello o partecipanti, all'interno dell'organizzazione. La comunicazione interna comprende un’esame dei flussi di comunicazione all'interno di un determinato ambiente di lavoro, un 'analisi del clima aziendale e un’indagine sull'impressione che il personale ha dell'immagine dell'azienda con cui collabora o per cui lavora. Tali comunicazioni possono essere effettuate mediante l'utilizzo della posta elettronica, poster , briefing del personale, documenti o riunioni ed intranet, circoscritti all'interno dell'organizzazione e noti anche come inter-comunicazione. Quando l'inter-comunicazione avviene tra i dipendenti dello stesso reparto, si chiama comunicazione inter-dipartimentale e quando avviene tra i dipendenti di diversi dipartimenti della stessa organizzazione, si chiama comunicazione infra-dipartimentale. Essa dunque, è rivolta principalmente ai dipendenti e ai collaboratori, cioè a quegli interlocutori con i quali esiste un contratto di lavoro dipendente o assimilato, ma se uno dei due interlocutori è posizionato nell’ambiente esterno, ecco che definiamo per contrapposizione la comunicazione esterna. Esistono due problematiche da affrontare relative alla comunicazione interna ed esterna: la prima è relativa al fatto che la comunicazione in genere avviene dall’ alto verso il basso, dunque può capitare che la gestione non abbia una chiara comprensione di ciò che sta accadendo poiché i messaggi vengono filtrati attraverso vari strati e alla fine non traspare ciò che è la realtà. 23
Un altro problema che si rischia di affrontare quando si comunica, internamente o esternamente è la necessità di farlo in modo efficiente: si esige una grande quantità di denaro per comunicare, e per questo motivo si vuol ridurre la quantità di comunicazioni pur garantendo lo scambio di informazioni necessarie. La comunicazione esterna è rivolta ai sistemi ambientali all'interno dei quali opera l'impresa, col fine di integrarla con i suoi diversi ambienti di riferimento composti da clienti, fornitori e creditori, e il tutto avviene attraverso visite personali, telefoni e servizi postali. A differenza della comunicazione interna, quella esterna si concentra sulla diffusione di notizie e informazioni sulla società al pubblico, clienti e stakeholder aziendali, gli esempi includono: direct mailing, documenti finanziari, comunicati stampa e newsletter. In quest’ottica, la comunicazione esterna intende garantire la percezione dell'immagine aziendale che si ha all'esterno e divulgare in maniera efficace e distintiva i propri prodotti-servizi e la propria immagine puntando ad una collocazione ed un ruolo chiari ed esclusivi con un' identità precisa, inequivocabile, lineare e per questo riconoscibile. La comunicazione esterna è necessaria per il progresso del business, esplicitandosi in uno sforzo comunicativo specificamente per le persone e le organizzazioni che operano al di fuori di esso. Il tutto può essere un compito davvero arduo, ma è importante comunicare in modo efficace per poter evitare che nel risultato ci siano incomprensioni con persone estranee alla società. La distinzione tra comunicazione interna ed esterna è limitativa, data la presenza di un pubblico collocato in posizioni intermedie, e che non consente di cogliere tutti gli elementi di differenziazione della comunicazione.
24
5. Dalla comunicazione interna alla comunicazione organizzativa Il concetto di comunicazione organizzativa ha origine come ampliamento della comunicazione interna, di notevole importanza nelle moderne organizzazioni, superando così l’accezione ristretta che le veniva data. Obiettivi fondamentali della comunicazione organizzativa sono: stabilire e condividere la missione, la cultura, i valori d’impresa, sviluppare qualità dei prodotti e dei servizi insiti nei processi di lavoro, favorire la trasparenza e la visibilità della realtà aziendale all’interno e all’esterno di tutta l’organizzazione, delle sua attività, delle sue politiche e dei cambiamenti in corso. Essa coinvolge i dipendenti interni e tutti i soggetti esterni interessati in qualche modo alla vita dell’organizzazione, costituendo parte integrante dei processi produttivi e decisionali e dei rapporti con i contesti esterni. Si fa riferimento, dunque, a un concetto di comunicazione unitario e non scindibile fra interno ed esterno ai confini dell’organizzazione. Per comunicazione organizzativa si hanno diverse definizioni. 14 (Goldhaber, 1993; Andrews e Herschel, 1996), quella più significativa la considera come “l’insieme dei processi strategici e operativi, di creazione, di scambio e di condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno delle diverse reti di relazioni che costituiscono l’essenza dell’organizzazione e della sua collocazione nell’ambiente”. 15 (Invernizzi, 2000) Per il successo e l’efficacia della comunicazione organizzativa, sono indispensabili: • Una buona organizzazione delle informazioni, codici linguistici analoghi tra tutte le forme comunicative e una base comune di conoscenze, • Un clima positivo nell’organizzazione,
14
Goldhaber essa consta nel creare e scambiare messaggi all'interno di una rete di relazioni interdipendenti, in modo da fronteggiare l'incertezza dell'ambiente . G.M. Goldhaber, "Organizational Communication". Brown & Cenchmark, Dubuque, 1993 p. 14 Secondo Andrews e Herschel: "la comunicazione costituisce il processo attraverso il quale esseri umani reciprocamente interdipendenti si fanno portatori, creatori e si scambiano messaggi e ne interpretano e contrattano il significato cercando nello stesso tempo di formulare ed attuare visioni, scopi e mete condivisi”. P.H. Andrews, R. T. Herschel, "Organizational communication". Houghton Mifflin, Boston, 1996 p. 14 15 Invernizzi E., La comunicazione organizzativa per il governo dell’impresa: teorie, modelli e metodi, Giuffré, Milano, 2000, pg 195 25
• Una comunicazione armonizzata tra interno ed esterno, grazie ad un unico e forte sistema di valori. La comunicazione organizzativa, soprattutto nei contesti flessibili, è un processo in cui i destinatari del messaggio sono elementi fondamentali e ha diverse funzioni chiave: guadagnare rispetto, leader, motivare e influenzare, dare un senso di questioni, risolvere problemi e prendere decisioni,
gestire i conflitti,
la negoziazione e
contrattazione . La comunicazione organizzativa implica un processo attraverso il quale le attività di una società sono raccolte e coordinate per raggiungere obiettivi d'individui e della collettività. Si tratta di un processo d'interazione, o negoziale,
in cui si confrontano i codici
interpretativi di chi formula il messaggio, l’ emittente, e di chi li riceve e, a sua volta, li interpreta, il destinatario16. (Eco, 1979) La comunicazione può essere divisa in diversi strati: interpersonale, di gruppo, comunicazione inter-organizzativa e la massa organizzativa. Alcuni esperti preferiscono distinguere tra micro (interpersonale), meso (gruppo, organizzativo e interorganizzativo) e macro (tutte le comunicazioni di ordine superiore) i differenti livelli. Le attività
devono essere gestite e integrate tra di loro con un' adeguato intuito
manageriale e possono essere suddivise in quattro categorie ciascuna con uno specifico obiettivo. La
comunicazione
strategica,
per
indirizzare
e
coinvolgere
le
persone
dell'organizzazione, la comunicazione creativa, per creare e diffondere le conoscenze e le competenze distintive dell’organizzazione, la comunicazione formativa, per portare all’ apprendimento di specifiche conoscenze le persone, attraverso metodi di lavoro e processi, e la comunicazione funzionale, per supportare i processi gestionali e produttivi". 17( Invernizzi, 2006)
Come riferimento teorico prendiamo il modello della “cooperazione interpretativa”. di Umberto Eco 1979, per il quale:“ogni testo postula la cooperazione del lettore come propria condizione di attualizzazione” ossia: il processo di comunicazione è la risultante della negoziazione tra il processo di codifica (attuato da chi emette il messaggio) e decodifica (effettuato da chi riceve il messaggio). 17 Invernizzi E., Manuale di Relazioni Pubbliche 2. “Le competenze e i servizi specializzati”, McGraw Hill, Milano, 2008 16
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5.1 I livelli della comunicazione organizzativa
La comunicazione organizzativa consente di individuare le categorie, presenti, seppur a diverso livello, in tutte le imprese, che ne definiscono i contenuti e gli obiettivi prevalenti. 18 (Invernizzi e Mazzei, 2006). 1. La comunicazione funzionale (o gestionale) è quella che tratta di informazioni atte a supportare processi produttivi aziendali e gestionali . 2. La comunicazione strategica (o valoriale) riguarda le informazioni necessarie a far conoscere l’impresa, le strategie, la mission e le attività che vanno rese note ai diversi pubblici interni ed esterni (dipendenti, investitori, fornitori, distributori). 3. La comunicazione formativa riguarda l’attività formativa effettuata sia sui luoghi di lavoro, sia in contesti formativi specifici. 4. La comunicazione creativa si attua nelle occasioni di scambio sia orizzontale sia verticale ove si creano e diffondono le competenze e il sapere nell’ organizzazione. Si differenziano per il contenuto comunicazionale, per gli obiettivi e per gli strumenti impiegati. 1. La comunicazione funzionale è il primo tipo di comunicazione che traspare nelle imprese, perché si accompagna a processi gestionali, produttivi e relazionali. È un tipo di comunicazione svolta da manager di linea o da manager e professional appartenenti a organismi funzionali e divisionali col supporto di un ente specializzato in comunicazione. La natura delle informazioni è variegata: esse derivano da processi produttivi, di cooperazione e decisionali, dalle attività degli operatori di front- line; più in generale da tutte le comunicazioni che hanno luogo nelle diverse occasioni di lavoro e di scambio con l’esterno. È di tipo impersonale e non solo mediato, e gli strumenti impiegati sono i colloqui, le riunioni di lavoro, le lettere, le circolari informative, le bacheche, gli opuscoli e le riviste, gli handbook, i manuali operativi che vengono erogate sia dall’ente comunicazione sia dalle linee e funzioni aziendali. 2. La comunicazione strategica si riferisce a quelle informazioni atte a far conoscere l’impresa nel suo complesso, le sue strategie e le sue politiche rivolte Invernizzi E., Mazzei A., “La comunicazione interna”, in Invernizzi E., (a cura di), Manuale di relazioni pubbliche. Volume 2, McGraw-Hill, Milano, 2006 18
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a pubblici interni e/o esterni e viene svolta dall’ente specialistico addetto alla comunicazione, che incita l’intervento dei manager aziendali. Gli scopi di tale comunicazione puntano all’ abbandono del concetto di immagine, rischioso poiché pone troppo l’ accento sul modo in cui l’impresa vuol apparire, per adottare così il concetto di trasparenza e visibilità per una reale conoscenza dell’impresa, e si riferiscono a pubblici esterni come anche a pubblici interni. Gli strumenti della comunicazione strategica sono di tipo fisico, come le riviste aziendali, le interviste rilasciate dal top management, le bacheche, le lettere personalizzate, le brochure aziendali, le inserzioni a pagamento e le pubblicità su giornali nazionali e locali e di tipo digitale come sito istituzionale, comunicazioni interne tramite posta elettronica e portale interno. Nei casi in cui è previsto l‘intervento dei manager aziendali, si definisce la comunicazione come interpersonale, cioè realizzata tra essi e i collaboratori:tipico esempio è la comunicazione a cascata. 3. La comunicazione formativa gestita da manager di linea e professionisti, è rivolta alla formazione di un pubblico interno o esterno, attraverso l’apprendimento di metodi di lavoro idonei a saper stimolare la cooperazione con gli altri. Gli strumenti sono quelli tipici della formazione d’aula e di tipo interpersonale (training on the job), per cui vengono programmati corsi formativi (gestiti internamente o da consulenti esterni) che riguardano tutte le svariate attività aziendali: comunicazione, relazioni fisiche o telefoniche col cliente, lingue estere, analisi e progettazione informatica, sviluppo database e software, prodotti hardware, amministrazione, team building e molti altri, anche se lo strumento principe, sono i case studies, il racconto delle esperienze aziendali attraverso lo storytelling19 (Fog, Budtz, Munch, 2011). 4. La comunicazione creativa, utilizzata per diffondere competenze distintive e il knowledge aziendale, si instaura in particolari ambienti come circoli di qualità, nei gruppi di progettazione interfunzionali, nelle task force costituite per la soluzione di problemi di importanza strategica per l’impresa, tutte situazioni poste in essere al fine di realizzare occasioni di scambio e di dialogo sia verticale sia orizzontale, dove il sapere si trasferisce e si crea, spesso in modo informale. Gli obiettivi prefissati si esplicano in: Fog Klaus, Christian Budtz, Philip Munch, “Storytelling: Branding in Practive”, Springer, 2 nd Edition, 2011 19
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generazione e trasmissione di un sapere innovativo,
creazione di ambiti di cooperazione e di scambio,
ricerca di soluzioni ai problemi.
Gli strumenti della comunicazione creativa, di tipo interpersonale sono: il brainstorming, focus group, tecnologie informatiche, da quelle più semplici come la posta elettronica ai più complessi strumenti del groupware, o strumenti già visti nella comunicazione funzionale come gli handbook e i manuali operativi. Questo tipo di comunicazione è destinato a espandersi sempre più, attraverso la diffusione di forme organizzative a rete e con l’aumentare dei knowledge workers all’interno delle imprese. Le prassi operative nelle quali si traduce l’impianto concettuale della comunicazione organizzativa sono: il riferimento di tutta la comunicazione a valori guida eticamente fondati; la ricerca di coerenza e sinergie fra tutte le attività di comunicazione e tra queste e gli atti di gestione; la diffusione di comunicazione interpersonale, dalla consulenza interna e della formazione sulle competenze di comunicazione interpersonale; l’impiego di metodi manageriali per gestire la comunicazione, quali l’ascolto, la pianificazione e il monitoraggio; il presidio strategico della comunicazione attraverso il coinvolgimento del top management nella definizione delle strategie di comunicazione, la costituzione di una direzione comunicazione e il coinvolgimento del responsabile della comunicazione
nella
definizione
della
strategia
d’impresa:
con
la
riorganizzazione aziendale, la comunicazione è diventata un cardine fondamentale e strutturante di tutta l’attività aziendale, il top management è stato coinvolto nella definizione di valori, missione, visione e obiettivi aziendali.
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6. I nuovi specialisti della comunicazione
Lo straordinario cambiamento provocato dalla diffusione di Internet ha dato vita ad una vera e propria “rivoluzione digitale”
20
(Ridolfi, 2004) che ha portato non pochi
cambiamenti nella vita quotidiana dell’ individuo, offrendo un’opportunità unica di acquisizione di informazioni, di crescita culturale e di condivisione della conoscenza . È ormai evidente a tutti che, la digitalizzazione, ha trasformato il concetto base di comunicazione di massa: siamo entrati in una nuova era, dove tutto gira intorno alla rete web e tutti si adattano a questi nuovi mezzi di comunicazione. Internet, non è altro che una massiccia rete di computer collegati gli uni con gli altri capaci di scambiarsi informazioni e accelerare nuove forme di interazioni umane attraverso forum internet, social networking ed istant messaging. La possibilità di trasformare in forma digitale ogni tipologia di contenuti, la diffusione delle reti di comunicazione elettronica e le innovazioni connesse, rappresentano alcuni degli effetti che si possono trarre dalla rete. Internet, consente la diffusione di notizie con una velocità immediata, sostituendo gradualmente i mezzi di comunicazione tradizionali, come la posta, il telefono, il fax; ed utilizzata non solo in questa veste, ma anche per la ricerca di fonti da cui attingere informazioni, per l’ascolto della radio in streaming, la visione di film, partecipare a dibattiti su forum, fare ricerche scolastiche, e addirittura fare nuove amicizie. Dunque, la comunicazione, è diventata sempre più vasta, includendo non solo le interazioni faccia a faccia, via telefono o per lettera, ma anche tutto quello che facciamo sulla rete, come per esempio: contattare amici, familiari, o anche sconosciuti attraverso e- mail, messaggi sui social network, o tramite l’ uso di chat e forum.
Cfr. Pier Luigi Ridolfi, Presidente della Commissione interministeriale Permanente “Legge Stanca sull’accessibilità: un esempio italiano“, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Quaderno 2 – 2004. “Le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione costituiscono sempre più il mezzo per scambiare, conservare e creare l’informazione: esse hanno un indiscusso valore economico e sono una determinante della produttività, quindi del processo di creazione e di distribuzione della ricchezza. Il loro contributo non si limita, tuttavia, a questi importanti aspetti, ma si estende anche alla dimensione sociale connessa alle prospettive di una Società dell’Informazione basata sulla conoscenza, sulla qualità della vita, su una maggiore coesione e partecipazione. Chi viene escluso dall’utilizzo di queste tecnologie nella loro capacità di promuovere, ad esempio, le attività di apprendimento, di lavoro o di impiego del tempo libero, subisce un’emarginazione così forte da configurare un segnale di democrazia imperfetta” 20
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Diversi studi, concordano nel definire che le più importanti funzioni associate alla rete sono: 21 (Bentivegna, 2002)
la funzione di networking, che fa riferimento a una delle caratteristiche più evidenti di Internet, infatti, sfruttando pienamente questo aspetto e altri fattori tra i quali gli elementi dell’economicità, della velocità e dell’assenza dei confini, ad essa strettamente collegate, gli attori ripristinano la propria rete di relazione dalla quale deriva la determinazione di un’organizzazione più o meno stabile e centralizzata;
la funzione informativa e pedagogica, cioè la possibilità di attivare flussi di informazione diretta, bypassando i tradizionali media, consistenti anche in materiale educativo;
la funzione di mobilitazione e reclutamento, attraverso la quale si possono creare occasioni di pressione e si amplia il numero degli aderenti alla community;
la funzione di partecipazione, ossia la possibilità di sviluppare attività di comunicazione diretta agli utenti, con dibattiti, gruppi di discussione, blog ecc.
Chi utilizza Internet in modo efficace, rende la rete uno dei luoghi più frequentati dagli utenti sia di reperimento d'informazioni in tempo reale, sia anche e soprattutto per il desiderio di divertirsi godendo di svariati:
l’ottimo rapporto costi- benefici;
maggior flessibilità rispetto agli altri mezzi di comunicazione (es: Tv, radio etc…);
il messaggio può essere multimediale, ovvero composto da testo, grafica, suono e video;
la comunicazione è interattiva, ciò significa che chi naviga può interagire e dare il proprio feedback.
Cfr. Bentivegna S., “Politica e nuove tecnologie della comunicazione”, Laterza, RomaBari,pgg. 15-23, 2002 21
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6.1 Il web 2.0
Il Web 2.0, suggerisce una nuova versione del World Wide Web, ed è il termine usato per descrivere una varietà di siti e applicazioni che permettono a chiunque di condividere informazioni on-line o il materiale creato e di interagire con altri soggetti in comunità virtuali con contenuti generati dagli utenti. Esso, differisce da altri tipi di siti web in quanto non richiede alcuna capacità di partecipare, rendendo più facile per le persone il compito di creare e pubblicare il loro lavoro al mondo, non a caso anche le università fanno uso di tali strumenti per comunicare con studenti, personale e colleghi di ricerca. Malgrado l’uso sempre più assiduo di questa espressione del web 2.0 non s’è ancora data una chiara definizione. Una prima definizione di che cosa significhi Web 2.0 può essere quindi la seguente: “Web 2.0 è un termine usato per indicare un generico stato di evoluzione di Internet e in particolare del World Wide Web 22 ”. Si può considerare il web 2.0 23 (O’Reilly, 2008) come un insieme di tecnologie, un incrocio non meglio definito di funzionalità che utilizzate in maniera innovativa, facilitano la partecipazione e la condivisione delle informazioni. Inoltre, c’è stato chi come Tim Berners-Lee, inventore del WWW insieme a Robert Calliau e fondatore del World Wide Web Consortium (W3C), hanno dato un ulteriore
“Web 2.0”- Da Wikipedia, l’Enciclopedia Libera (versione italiana). http://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0 - 13 marzo 2008 23 Cfr.Tim O’Reilly, fondatore della casa editrice O’Reilly Media, teorico del web e noto sostenitore della cultura open source, nonché inventore stesso del fortunato slogan “web 2.0” In comproprietà con Dale Dougherty, vicepresidente di O’Reilly Media. Il termine è nato durante una sessione di brainstorming volta a definire il nome di una conferenza sul Web, chiamata appunto “Web2.0 Conference” tenutasi a San Francisco nell’ottobre del 2004. Fra le definizioni di O’Reilly una abbastanza ampia e utile ad introdurre il concetto di web 2.0 è la seguente: “Il web 2.0 è un insieme di tendenze economiche, sociali e tecnologiche che formano insieme la base per la prossima generazione di Internet – un più maturo e distinto mezzo caratterizzato dalla partecipazione degli utenti, dall’apertura e dagli effetti della rete”. T. O’REILLY, What is web 2.0, design patterns and business models for the next generation of Internet http://www.oreilly.com/pub/a/oreilly/tim/news 30september2009/what-is-web-20.html /2008 Tuttavia questa risale al novembre del 2006, e non è la più vecchia in ordine cronologico. O’Reilly infatti da’ una prima definizione di web 2.0 in un articolo dell’ottobre 2005, dal quale prende immediatamente vita una polemica che divide i maggiori esperti del web volti a sostenere o a rifiutare l’uso di tale termine. 22
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definizione di tal concetto, definendo il web 2.0 come una forma di gergo, di cui nessuno conosce il significato.24 (Berners e Lee, 2008) Esistono diversi tipi di applicazioni web 2.0, tra cui i social networking, blog, wiki, folksonomies, siti di condivisione di video, servizi di hosting, applicazioni web, e mashup. Il web 2.0, ha inoltre, la stessa funzione del passaparola, in questo caso si fa specificamente riferimento ad una buzzword 25, che in inglese sta ad indicare una parola altisonante e alla moda, usata per dimostrare sicurezza e aggiornamento verso gli ultimi trend, e fa in modo che le persone posso scambiarsi idee su prodotti, servizi e anche sull’ employer branding, accrescendo la notorietà e la buona reputazione di una marca. Analizzato ormai in ogni suo aspetto, il web 2.0, è pronto per essere adottato definitivamente sia dalle persone che dalle aziende, diffondendosi a livello sempre più popolare, trattato dai media tradizionali come riviste e tv, e non più solo in contesti tecnici ma anche generalisti, e sempre più persone si avvicinano e si abituano a una presenza attiva e partecipativa sul web, indipendentemente dal fatto forse trascurabile che abbiano mai sentito il termine “web 2.0” o no. I rischi che si possono correre sono quelli che invadono la privacy o il rischio che si deleghi troppo alla piattaforma web come database dei file personali, di cui invece ognuno dovrebbe rimanere proprietario, usando sì i servizi web per accedervi facilmente da dovunque, ma non trascurando l’importanza dei backup. Inoltre, vi sono inevitabili problemi connessi alla dispersività e/o alla ridondanza dei dati, alla qualità e/o attendibilità degli stessi, o ancora, sono sempre sottoposto al rischio di uno sfruttamento improprio da parte di soggetti “forti” a fini pubblicitari o politici, e l’incontrollabilità può risultare in certi casi pericolosa. 26( Fioiaia, 2007) Al di là dei rischi comunque il web 2.0 ha aperto il campo ad una serie di opportunità di interconnessione e comunicazione, stimola l’intraprendenza, permette una soddisfazione degli interessi, favorisce la collaborazione, e offre delle possibilità di esprimersi, che non si erano mai presentate come ora così alla portata di tutti. T.Berners-Lee: Web 2.0? Non esageriamo, trad. dell’intervista a T.Berners-Lee per IBM podcast, http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1628632&r=PI /2008 http://www-128.ibm.com/developerworks/podcast/dwi/cm-int082206.txt /2008 25 La parola buzz è infatti onomatopeica e richiama il ronzio delle api: in estrema sintesi il buzz marketing rappresenta la possibilità di raggiungere nel minor tempo possibile quello che viene definito "sciame", cioè un gruppo di utenti omogeneo per interessi rispetto a un tema o a una categoria di prodotti/servizi. http://it.wikipedia.org/wiki/Buzz_marketing 26 Grivet Fioiaia L. , Web 2.0 cit., “The second internet revolution”, Lulu, p. 194, 2007 24
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Purtroppo, non bisogna dimenticare che il Web 2.0, oltre ad esser un potente strumento di comunicazione può divenire un sistema di danneggiamento per l’immagine aziendale: ad esempio un commento negativo sull’azienda, su un prodotto/servizio o su un'esperienza di lavoro, può avere l'effetto di una valanga inarrestabile.
6.2 La rete intranet
Un'intranet è un insieme di servizi basati su tecnologia Internet (ad esempio un server web, ipertesto e protocolli TCP/IP),
caratterizzata da una rete interna o privata,
progettata in funzione delle esigenze dell'impresa o dell'organizzazione (a livello dei servizi da attuare) e nell'ambito di un progetto che tenga conto delle esigenze di tutte le parti che interagiscono con l'azienda. Tali reti sono pensate per l'uso esclusivo dell’organizzazione e dei suoi collaboratori (clienti, dipendenti, soci, fornitori, ecc) ed sono protette da accessi non autorizzati con i sistemi di sicurezza come i firewall, e dalla necessità di accedere con una password sicura27. Intranet fornisce servizi come la posta elettronica, l'archiviazione dei dati, e di ricerca, ed è impiegata nella diffusione di manuali di politica e di direzione interne per l'informazione ai dipendenti, il prezzo e di prodotto per i clienti, e le esigenze specifiche per i fornitori. Essa, di solito inizia con la pubblicazione di pagine web su eventi aziendali, politiche per la salute e la sicurezza, newsletter personali e le informazioni possono riguardare gli eventi, le nuove risorse umane, l’ organizzazione aziendale e progetti vari. Come si aggiungono più funzioni, un'intranet può diventare essenziale per il funzionamento di un'organizzazione, ovvero un portale che fornisce l'accesso a tutte le cose di cui i lavoratori hanno bisogno e che permette di velocizzare i flussi di lavoro. Alcuni intranet sono confinate in un edificio mentre altre si estendono su più continenti. I criteri di definizione di tal sistema sono l’estensione geografica, la tecnologia con cui sono realizzate e il modo in cui sono gestite.28 (Mascheroni- Pasquali,2006) In quest’ottica, intranet risulta basata su una struttura a tre livelli, comprendente: 27 28
http://www.businessdictionary.com/definition/intranet.html Mascheroni G., Pasquali F., “Breve dizionario dei nuovi media”, Carocci, Roma, 2006 34
disposizione di un server di database;
attivazione di processi di coinvolgimento di client (generalmente browser web);
verifica della disponibilità di risorse organizzative, umane e tecnologiche.
Dopo avere chiarito i presupposti, analizziamo come intranet fornisce un accesso centralizzato e coerente alla conoscenza dell’impresa, e ancora, può fornire una funzione groupware molto interessante , cioè consentire groupwork. Gli obiettivi per i quali si realizza un progetto intranet sono raggruppati per aree tematiche:
Comunicazione, dove inserire forum di discussione, bacheche di annunci, campagne ad hoc, per veicolare in “presa diretta” informazioni su tutta la vita dell’organizzazione ;
Formazione con materiali, scambi di dati tra colleghi, documentazione e porta di accesso a piattaforme di e-learning;
Accesso ad informazioni riguardanti l’ impresa, e a documenti tecnici, e divulgazione con notizie, materiali e segnalazioni, certi di raggiungere tutti i dipendenti;
Condivisione
della
conoscenza,
con
forum
tecnici,
videoconferenze,
messaggeria elettronica, gruppi di lavoro virtuali e spazi autogestiti, garantendo la riservatezza e la sicurezza dei dati. Una Intranet permette di creare un sistema di informazione a basso costo (in particolare, il costo di una Intranet può benissimo essere limitata al costo del materiale, la sua manutenzione ed aggiornamento , con stazioni di lavoro client operando con navigatori liberi, favorisce quindi la comunicazione all'interno dell'impresa e limita gli errori ed evitano conflitti di versione grazie al continuo aggiornamento delle informazioni disponibili. D'altra parte, considerando la natura " universale " dei mezzi in gioco, qualsiasi tipo di macchina può essere collegato alla rete locale, cioè l' Intranet .
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7. I confini della comunicazione nell’employer branding Le aziende leader per far sì che i datori di lavoro, possano attrarre e coinvolgere più talenti, implementano di volta in volta, iniziative migliori di comunicazione di branding. L’obiettivo di questa fase è quello di creare un messaggio coerente e univoco ed impostare un piano di sviluppo, cioè una delle attività più complesse nell'esercizio employer branding . I confini della comunicazione nell’employer branding sono molto vasti, infatti l’azienda dovrà far in modo che il clima aziendale sia stimolante e coerente con il messaggio che si vuol trasmettere, che vi sia una possibilità certa di crescita, un’adeguata politica dei prezzi, una soddisfacente
retribuzione, per poter fidelizzare i dipendenti, attrarre
potenziali dipendenti ed aumentare l’ appeal sui consumatori. Anche se fino al 20% delle imprese in alcuni paesi praticano attivamente strategie di employer branding 29(Minchington, 2011), sembra che ci siano pochi dati di ricerca che documentano i risultati che ne conseguono in relazione ai fattori che aumentano la produttività. È opportuno sviluppare un’ efficace comunicazione focalizzandosi su determinati aspetti organizzativi che favoriscono la condivisione delle conoscenze, o ancora, focalizzandosi su aspetti che puntano al “senso di appartenenza” e mirano alla soddisfazione nel sentirsi partecipi di un progetto comune, per incrementate la percezione dei dipendenti nel sentire l’organizzazione come una realtà propria. Tra i principali strumenti utilizzabili nella comunicazione interna abbiamo: welcome book utile nella fase d'inserimento dei candidati vision meeting, eventi aziendali che incrementano il sentimento di appartenenza all’impresa, house organ, newsletter, intranet e brochure. Oltre a gestire la comunicazione interna verso la propria forza lavoro, compito dell’azienda è occuparsi della gestione di quegli aspetti legati alla comunicazione verso l’esterno, nella quale, sarà necessario mettere a punto una Employer Brand Concact Aproach, una strategia elaborata per ottenere facilmente il raggiungimento del proprio target.
Minchington B., “Employer Branding Without Borders: A Pathway for Corporate Success”, available at www.ere.net/2011/07/05. Accessed on December 28, 2011. 29
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È necessario, dunque, individuare gli strumenti, i canali e i messaggi da utilizzare affinché si possa trasmettere nel modo più consono e agevole possibile il proprio Employer Brand. Importante è, poi, aggiornare i canali di comunicazione, ai media tradizionali ed unidirezionali, tra cui , newsletter, la stampa di pubblicità e offerte di lavoro on-line si sostituiscono sempre più video, blog, chat room, forum, social network. La sommatoria di tre distinte comunicazioni aziendali determina la comunicazione relativa all’ employer branding. Consideriamo la comunicazione di prodotto, quella del brand aziendale e la comunicazione verso i proprio dipendenti, insieme, aumentano la complessità della comunicazione, dato che risulta pressoché impossibile gestire l’ invio di un messaggio composto da tre obiettivi, verso tre differenti pubblici utilizzando nel medesimo momento lo stesso codice. La comunicazione di prodotto, grazie a strumenti di comunicazione di massa, si rivolge ad un vasto pubblico con lo scopo di aumentare la notorietà e al fine di esser considerato come leader del settore. Essa è propria della comunicazione commerciale. La comunicazione del brand aziendale, tipica della comunicazione istituzionale, è data da mezzi che consento un contatto meno diretto, ma non meno efficace col pubblico, al fine di aumentare la percezione di valori immateriali ed incrementare il senso di appartenenza ad una “comunità”. Infine vi è la comunicazione verso i propri dipendenti, propria della comunicazione interna, costituita da tutti quei mezzi che offrono un elevato livello d'interazione con il pubblico, permettendo di promuovere e consolidare l’ immagine presso di esso. È un tipo di comunicazione finalizzata a incrementare la motivazione, a controllare la retention e ad incentivare col passaparola prodotti e servizi realizzati con soddisfazione.
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II Capitolo L’ Employer Branding Process 1. La nascita ed evoluzione del concetto di employer branding 1.1 La definizione e gli obiettivi 1.2 I fondamenti 2. Lo Human Resources Management: una breve introduzione 3. I driver intangibili e tangibili 3.1 i fattori intangibili 3.2 i fattori tangibili 4.L’employer branding dal punto di vista di un Managing Director: Eugenio Amendola 4.1 Il dr. Amendola analizza i fattori che favoriscono l’ employer branding 4.2 Employer Branding Strategy: prospettive per il futuro 5. L’ employer branding process 5.1 I fase: definizione del target e posizionamento attuale 5.2 II fase: elaborazione e sviluppo 5.3 III fase: la comunicazione dell’ employer branding 5.4 IV fase: monitoraggio e analisi 6. I benefici dell’ employer branding 7. L’ Employer Value Proposition: l’ obiettivo principale 8. Nuove prospettive: l’ Employer Branding e il Web 2.0 9. La prospettiva dei Job Seekers: l’ indagine Employer Brand Positioning Survey 9.1 la metodologia 9.2 le classifiche 10. L’indicatore di performance BCI Index © 11. Le sinergie tra employer branding interno ed esterno 11.1 l’ employer branding interno: la retention 11.2 l’ employer branding esterno: il recruitment
1. La nascita e l’evoluzione dell’ employer branding
Da sempre, si è cercato di dare una definizione che specifichi ed includa i concetti chiave dell’employer branding e considerino tale disciplina come l’ unione tra branding e gestione delle risorse umane. Employer branding comporta quindi un esplicito tentativo di chiarire le caratteristiche distintive del employment experience e l’ interesse sempre più crescente nei confronti di questa disciplina, implica un processo di creazione di un’ employer identity, un’ analisi approfondita per migliorare la conoscenza interna ed esterna dell’ organizzazione e una chiara definizione di ciò che si intende per employer brand. L’employer brand, favorisce l’ employer retention, è un vantaggio competitivo che permette all’ impresa di differenziarsi dai concorrenti ed è un mezzo di supporto per l’ acquisizione dei valori e dei principi d’ impresa da parte dei dipendenti.
38
Il termine “Employer brand” sembra essere stato coniato per la prima volta nel libro dal titolo “The employer brand”,
30
(Amber e Barrow, 1996) con lo scopo intrinseco di
aiutare le aziende ad attirare nuove reclute e coinvolgere gli attuali dipendenti. Occorre che vi sia la distinzione del processo in tre step 31 (Backhaus e Tikoo, 2004):
l’azienda sviluppa una value proposition incorporata nel brand;
l’azienda opera un external marketing la cui primaria funzione è quella di attrarre la popolazione target;
l’azienda utilizza l’internal branding per sostenere la brand promise fatta ai soggetti facenti parte dell’organizzazione e per incorporarla nella cultura organizzativa.
L’Employer branding viene definito come “the sum of a company’s efforts to communicate to existing and prospective staff that it is a desirable place to work”32 (Lloyd, 2002) o ancora come “a targeted, long-term strategy to manage the awareness and perceptions of employees, potential employees, and related stakeholders with regards to a particular firm”33 (Sullivan, 2004). La strategia può essere finalizzata per guidare il reclutamento, il mantenimento, e gli sforzi di gestione della produttività. Questa definizione coglie la complessità dei sacrifici di un'organizzazione di creare il proprio profilo e posizionarsi come datore di lavoro nei mercati target di rilievo con i dipendenti futuri, attuali e passati. Un'altra definizione, sottolinea il valore per il cliente dato dal costruire l’employer branding ed è quindi legata alla teoria della catena di profitto servizio; si descrive come
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Amber e Barrow, lo definirono da un punto di vista dei vantaggi, ovvero come il pacchetto di benefici funzionali, economici e psicologici offerti dall’impiego, ed identificati dall’azienda datrice di lavoro”, The employer brand, Journal of Brand Management, Vol. 4 pg.197, 1996 31 Backhaus e K. Tikoo, S., ”Conceptualizing and Researching Employer Branding”, Career Development International, Vol. 9, No. 5, pp. 501-517, 2004 32 Lloyd S., “Branding from the Inside Out”, BRW, Vol. 24, No. 10, pg. 65, 2002 La somma degli sforzi di un’azienda di comunicare al personale esistente e potenziale, che si tratta di un posto desiderabile per lavorare. 33 Sullivan J., “Deploying a world class employment brand Published by Deploy solutions “, 2004: Le aziende stanno utilizzando l’employer branding per attrarre risorse umane ed assicurare che gli attuali collaboratori siano inseriti nella strategia e nella cultura organizzativa, e questo può avvenire solo utilizzando “a targeted, long-term strategy to manage the awareness and perceptions of employees, potential employees, and related stakeholders with regards to a particular firm”, ovvero una strategia finalizzata al lungo termine per gestire la consapevolezza e la percezione dei dipendenti, dei potenziali lavoratori e dei soggetti interessati relativamente ad una particolare azienda. 39
un business costruisce la sua identità, partendo dalle sue origini e i valori.34 (Sartain e Schumann, 2006) Nel mercato del lavoro altamente competitivo di oggi, un numero crescente di imprese riconosce employer branding come utile strumento per il mantenimento del giusto talento ed il reclutamento di giocatori chiave e candidati desiderabili. Ti aiuta a reclutare candidati altamente qualificati e dei promettenti dipendenti ne migliora la fedeltà, aumentando la loro identificazione con l'azienda e si pone anche la visibilità di un'azienda nel mercato del lavoro per poterla distinguere dalla concorrenza. L’employer branding è anche intesa come “una strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer (luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitors, attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento”.
35
(Amendola, 2008) L’employer branding consiste in una serie di pratiche che traggono allo stesso tempo fondamento dai principi di marketing, di gestione delle risorse umane e di comunicazione. Fondamentale è, quindi, l’analogia tra il concetto di brand verso i consumatori e quello verso i job seekers. C’è chi ha definito l’Employer Brand come “l’immagine dell’ organizzazione, ovvero un grande posto per lavorare nella mente degli attuali lavoratori e dei più importanti soggetti interessati nel mercato esterno (candidate attivi e passivi, clienti e altri soggetti importanti interessati)”.36 (Minchington, 2010) Nella maggior parte delle definizioni, il punto cruciale è quello di creare una proposta di valore per presentare ai futuri dipendenti, cui è legata l’organizzazione complessiva, l’identità, la cultura e l'immagine, e la sua strategia e la visione a lungo termine.
34
Sartain L. and Schumann M., Brand from the Inside, John Wiley & Sons, San Francisco, 2006 Amendola E.,“ Corporate recruiting. Employer branding e nuove tendenze”. Ed. Anthea Consulting s.r.l. Bologna, pg. 23, 2008 36 Minchington Brett, “Employer Brand Leadership – A Global Perspective, Collective Learning” Australia, 2010 35
40
1.1. La definizione e gli obiettivi dell’ employer branding Abbiamo introdotto l’argomento dell’employer branding illustrandone diverse definizioni, ma il continuo sviluppo di tale disciplina suggerisce che l’impegno delle aziende in questo senso risulta proficuo. È, infatti, stato mostrato che le organizzazioni che non investono nello sviluppo di un efficace employer branding negli ideali dei dipendenti, correnti e potenziali, avranno, in una prospettiva a lungo termine, meno stabilità finanziaria rispetto alle organizzazioni che invece si muove in questo senso. 37 (Mandhanya e Shah, 2010) Considerando quelli che sono i punti cardine della definizione possiamo confermare che l’employer branding al fine di costruire relazioni più profonde con i dipendenti attuali e potenziali si fonda su un’attività che deve rivolgersi tanto all’esterno, per attrarre i futuri soggetti, quanto all’interno, per trattenere quelli già esistenti. È importante che i dipendenti siano orgogliosi di lavorare per l'organizzazione, abbiano un senso di appartenenza e l'intenzione di rimanere. Si considerano cinque passi per lo sviluppo di un’ employer branding:
comprendere l'organizzazione,
creare un marchio convincente per i dipendenti che rispecchia la promessa del marchio per i clienti,
sviluppare standard per misurare il compimento della promessa del marchio,
allineare tutte le persone pratiche per sostenere e rafforzare la promessa di brand,
eseguire e misurare38 .
Come strategia, l’employer branding tenta di utilizzare le risorse dell'organizzazione in relazione al suo ambiente al fine di sviluppare un vantaggio competitivo sostenibile. Come esseri umani, i dipendenti desiderano ardentemente di sentire attaccamento a un gruppo e soddisfare i loro bisogni di autorealizzazione, sociali e di stima. Le organizzazioni hanno bisogno di capire e soddisfare tali aspettative, al fine di coinvolgere i suoi dipendenti attuali, motivarli ed ottenere i vantaggi. Lo scopo principale è legato alla strategia aziendale globale, poiché mira ad aggiungere valore all’organizzazione e aumentare il numero di vantaggi rispetto ai suoi concorrenti, Mandhanya Y., Shah M., “Employer branding –A tool for talent management” Global Management Review Vol. 4 Issue 2 February 2010 38 http://www.hewittasia.com/hewitt/ap/australia/index.htm 37
41
per cui punta alla gestione delle reputazioni non solo con i correnti potenziali, ma con tutte le parti interessate. Tuttavia, nel comunicare i valori aziendali, una società ha bisogno di essere consapevole dei valori reali che attualmente esistono all'interno dell'organizzazione: valori aziendali che non possono essere costituiti, ma devono provenire dall'essenza dell'organizzazione. Tuttavia, le aziende devono essere consapevoli del fatto che dipendenti e clienti hanno esigenze e aspirazioni diverse e pertanto, devono offrire diversi prestazioni convincenti in linea con il proprio target. La ricerca è alquanto limitata, su come applicare l’employer branding con successo nei social media e, soprattutto, quale ruolo gioca tale fenomeno in attività di social media. Anche se molti hanno iniziato a utilizzare piattaforme di social media, sembra che invece di utilizzare i vantaggi di una comunicazione bidirezionale, la maggior parte utilizzano ancora tecniche di mass media che ignorano la reciprocità sociale. Tuttavia, le migliori aziende come Google, Procter & Gamble, HP e il gruppo Adidas, ecc,39 hanno partecipato con successo allo sfruttamento di strumenti che possono essere utilizzati nell’ employer branding oggi. Al fine di mantenere le persone giuste, le organizzazioni devono offrire ai propri dipendenti molto di più di semplici compensazioni tangibili, come un buon stipendio e biglietti per il parcheggio gratuito, ma anche benefici emotivi ai loro dipendenti al fine di impegnarli come per esempio un ambiente di lavoro favorevole. 40 (Barrow & Mosley, 2007) Più avanti saranno, dunque, illustrate le principali componenti tangibili e intangibili che concorrono a rendere unica un’organizzazione come employer.
39
Universumglobal, 2012: le aziende sono quotate ufficialmente come best-practice di employer branding Universum globale 40 Barrow, S., The future of Employer Branding and HR? Employer branding: the latest fad or the future for HR?, Chartered Institute of Personnel and Development (CIPD) Guide, CIPD, London, pp. 12-14, 2007 42
1.2 I fondamenti dell’employer branding
Di seguito è illustrato il grafico che mostra la cornice concettuale necessaria per la piena comprensione dell’employer branding. In particolar modo lo sviluppo dell’employer branding fornisce due assets principali: l’Employer Brand Association (EBA) e l’Employer Brand Loyalty (EBL) . 41 (Kristin Backhaus, Surinder Tikoo, 2004) Parlando in maniera generale, per Brand Associations si intendono quelle associazioni, configurabili come pensieri e idee, che il nome di un particolare brand richiama nelle menti dei consumatori.42 (Aaker, 1991) Come tali, sono le determinanti dell’immagine che il brand suscita, o Brand Image. Questi concetti sono perfettamente applicabili al brand che l’organizzazione elabora e sviluppa in qualità di employer. L’EBA influenza l’Employer Image che, a sua volta, influisce sulla capacità dell’organizzazione di risultare attrattiva sul mercato del lavoro nei confronti dei potenziali dipendenti. Parallelamente, l’EBL risente dell’influenza dell’employer branding tramite la mediazione dell’identità e della cultura organizzativa. La fedeltà alla marca si riferisce alla propensione di un cliente ad acquistare lo stesso prodotto nel tempo. Grazie ad un forte employer branding Loyalty i dipendenti correnti tenderanno a rimanere in azienda per un intervallo temporale maggiore, andando ad incrementare la produttività degli stessi. In particolare la lealtà al brand può essere indicata come l’attaccamento che un consumatore, in questo caso il dipendente, ha verso il brand l’employer43. (Aaker, 1991) Quando questo attaccamento è forte, il dipendente risulterà meno incline a cambiare organizzazione, facendo si che le sue competenze e capacità diventino firm specific. La lealtà al brand ha due dimensioni: 1. La dimensione comportamentale, che rappresenta la volontà di restare in un’organizzazione; 41
Kristin Backhaus, Surinder Tikoo, "Conceptualizing and researching employer branding", Career Development International, Vol. 9 Iss: 5, pp.501 – 517, 2004 42 Aaker, Brand Associations are the thoughts and ideas that a brand name evokes in the minds of consumers, 1991 43 Aaker, “Brand loyalty is the attachment that a consumer has to a brand”, 1991 43
2. La dimensione attitudinale, che individua il livello di commitment del dipendente nei confronti dell’azienda. Vari fattori possono influenzare il dipendente a lasciare un’organizzazione, o di rimanere nonostante sia insoddisfatto. I dipendenti che hanno una maggiore possibilità di esprimere insoddisfazione hanno meno probabilità di smettere. L'intenzione di smettere è legato allo stress del lavoro, alla mancanza d'impegno per il datore di lavoro, e all'insoddisfazione del lavoro. Sia l’attrattività dell’employer che la produttività degli employee hanno risvolti positivi sull’andamento economico-finanziario dell’organizzazione. Essi, infatti, se ben sfruttati, possono costituire fonte di vantaggio competitivo per l’impresa, incrementando il valore per gli stessi azionisti.
2. Human Resource Management : una breve introduzione La strategia di employer branding, adoperata come strumento nel processo di reclutamento, al fine di renderlo più efficace, è coerente con chi discute. 44 (Backhaus e Tikoo, 2004) sull'importanza di comunicare l' Employer Brand non solo internamente, ma anche esternamente per attirare i candidati che possiedono le capacità e le competenze che l'azienda desidera. La gestione del personale è stata a lungo, considerato da molte organizzazioni come un costo amministrativo, piuttosto che come una componente essenziale nella creazione e fornitura di valore di business. Ciò che è diventato evidente dalle interviste con gli operatori è che lo scopo di utilizzare l’ employer branding nell'ambito di Human Resource Management è quello di facilitare l'assunzione. Employer branding, usato esternamente punta a posizionare l'azienda nel settore, a comunicare un’ immagine sincera 45 (Greening e Turban, 2000) e le caratteristiche dell'organizzazione nello specifico. Si vedono i primi seri tentativi del cosiddetto benessere industriale che possono essere classificati come parte di quello che noi oggi conosciamo come Human Resource Backhaus, K. Tikoo, S., ”Conceptualizing and Researching Employer Branding”, Career Development International, Vol. 9, No. 5, p. 501-517, 2004 45 Greening, D. W. & Turban, D. B., “Corporate social performance as a competitive advantage in attracting a quality workforce.” Business & Society, 39(3), 254-280, 2000 44
44
Management. Il benessere industriale si è sviluppato in gestione del personale e poi in quello che noi definiamo gestione delle risorse umane (HRM). La gestione del personale è stata la cosa più importante in un business, e dovrebbe avere un focus maggiore rispetto ad altri aspetti della gestione. In breve, HRM differiscono dalla gestione del personale per essere di gran lunga più incentrato sulla strategia organizzativa e l'ambiente esterno46 (Rogaczewska, Larsen, e Znaider, 2003). Si assiste a un cambiamento nel modo di pensare relativo allo HRM: come manager delle risorse umane oggi, non basta scrivere semplicemente un opuscolo di benvenuto e prendersi cura delle controversie tra dipendenti , le risorse umane sono la chiave per il successo organizzativo o il fallimento. Oggi, HRM è presa molto sul serio e questa tendenza è particolarmente evidente in organizzazioni americane, dove i manager delle risorse umane in genere si escludevano quando si trattava di discussioni su strategia aziendale, ma ora hanno sempre più influenza. HRM è considerato come l'approccio diverso alla gestione dei dipendenti che mira al raggiungimento di un vantaggio competitivo attraverso la distribuzione strategica di forza lavoro attraverso una serie integrata di tecniche culturali e strutturali.
3. I driver intangibili e tangibili
Le aziende nell’elaborare la propria strategia di employer branding, partono dalla valorizzazione della propria cultura aziendale e dalla definizione del proprio sistema valoriale. Scopo dell’employer branding, infatti, è quello di attrarre e trattenere i talenti in azienda, che quindi dovrà mostrarsi attrattiva sul mercato del lavoro. Poiché numerosi studi identificano l’attrattività di un’azienda come il risultato della congruenza tra l’individuo e l’organizzazione, i responsabili delle risorse umane dovranno fare in modo che i valori di cui l’organizzazione è portatrice siano congruenti con i valori tipici dei target employee individuati.
46
Rogaczewska, Larsen, e Znaider, HRM ved en milepal. Cranet- undersogelsen. Copenhagen: Center for Ledelse og CBS, 2003 45
Ovviamente tali valori dovranno essere comunicati attraverso idonei canali e strumenti, identificati nell’elaborazione dell’Employer Branding Process, che sarà esposto più avanti nel corso dell’elaborato. Attraverso la comunicazione dei valori fondanti la propria cultura, l’azienda trasferisce sul mercato l’Employer Identity, ovvero l’identità di un’organizzazione in qualità di datore di lavoro, che ha deciso di rivestire, attirando l’attenzione dei lavoratori target. L’insieme di fattori intangibili e tangibili definiscono l’ Employer Identity e permettono lo sviluppo di un’ efficace strategia di employer branding.
3.1 I fattori intangibili
Distinguiamo due macro-categorie di driver tangibili e intangibili, connessi alla corporate identity e la cui articolazione, permette all’ azienda di costruire una propria employer identity. L’azienda dispone di una serie di strumenti (questionari, interviste, focus group) attraverso i quali stabilisce i fattori tangibili ed intangibili cha trattengono i clienti (target interno) e li attraggono rispetto a un concorrente (target esterno). Riassumendo i fattori intangibili in poche righe, consideriamo, i contenuti del lavoro, la cultura, il clima aziendale, le opportunità di carriera, la reputazione. I fattori intangibili influenzano in modo determinante la percezione e il comportamento d’acquisto dei consumatori. Quest’ultimi costituiscono solo alcuni dei fattori a cui i lavoratori riconoscono una crescente importanza, influendo in maniera decisamente positiva sulle loro scelte. Essi riguardano un contesto in cui i valori siano perfettamente rispettati e al tempo stesso valorizzati dalla cultura aziendale, ed inoltre considerano tutte quelle connotazioni e prestazioni lavorative in ambiente sereno e stimolante al tempo stesso, al fine di creare una percezione positiva e godere di un’ ottima reputazione all’esterno. Un altro fattore intangibile fondamentale nell’indirizzare le preferenze dei lavoratori è costituito dal livello di engagement degli stessi, fattore strettamente legato all’ambiente di lavoro.
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L’engagement è definito come la “motivazione dei dipendenti a dare di più o a profondere un maggior impegno rispetto a quello richiesto dallo svolgimento del proprio compito con il risultato di generare risultati miglior in termini di performance e di produttività”. 47 (Amendola, 2007) Risulta da numerose ricerche che ad un maggior livello di engagement corrisponde una maggiore profittabilità dell’azienda. Importante è saper misurare l’engagement del proprio organico e saper individuarne i driver, cioè capire quali sono quelle variabili che portano gli individui a mostrarsi proattivi nel lavoro e ad essere fortemente motivati ad accrescere il successo dell’organizzazione. La comprensione di tali fattori risulta cruciale, una condizione essenziale per la definizione e l’elaborazione della Employer Value Proposition (EVP), ossia la proposizione dei valori che caratterizzano un’organizzazione in qualità di employer, altrimenti definita come “tutto ciò che le persone vivono e ricevono nell’ambito del rapporto di lavoro con un’azienda e cioè la soddisfazione per il lavoro, l’ambiente, la leadership, i colleghi, la retribuzione, etc…”.48 ( McKinsey, 2005 ) In sostanza, identificare i principali driver di engagement sostiene l’azienda nell’individuare ciò che in realtà qualifica l’ambiente interno e i fattori che la contraddistinguono come luogo di lavoro. Infine, l’ultimo, ma non per importanza, intangible driver che tratteremo riguarda la relazione che sussiste tra l’immagine aziendale, la sua reputazione e la sua attrattività come employer. È stato mostrato da diverse ricerche, 49 (Cable e Graham, 2000)che la reputazione aziendale influisce positivamente sulla volontà dei lavoratori di candidarsi per una determinata organizzazione. Le imprese che hanno una reputazione positiva hanno indici di attraction e retention maggiori di quelle che non hanno tale fenomeno. Tuttavia, è necessario che le organizzazioni mostrino consistenza tra l’immagine comunicata e quella reale. L’immagine che l’impresa trasmette, infatti, deve essere
Amendola E., “Employee Referral Program: rendere meno costoso e più efficace il processo di recruiting”, Direzione del Personale - n° 1/2007 48 McKinsey, The economic impact of an aging Europe. , 2005 49 Cable, D. M., & Graham, M., “The Determinants of Organizational Reputation: A Job Search Perspective”. Journal of Organizational Behavior, 21, 929-947, 2000 47
47
rappresentativa dei valori e della cultura realmente presenti in azienda affinché i talenti attirati possano essere mantenuti all’interno della stessa. In caso contrario questi ultimi abbandoneranno l’impresa e comunicheranno all’esterno aspetti che avranno ricadute negative sull’immagine dell’organizzazione. Infatti, verità e coerenza debbono essere rispettate affinché l’ employer branding abbia successo. Tali fattori intangibili costituiscono una componente notevole del valore che i vari employees riconoscono in merito al rapporto di lavoro con una particolare organizzazione.
3.2 I fattori tangibili
Sebbene i fattori intangibili stiano assumendo una crescente rilevanza, da soli non bastano come leve di Attraction e Retention dei talenti, tant’è vero che sono state considerate altre variabili fondamentali, i cosiddetti fattori tangibili: retribuzione, benefit, tipologia contrattuale, opportunità di crescita, training, etc… . Sicuramente il più importante è il pacchetto retributivo offerto , ovvero la retribuzione base e le forme di remunerazione complementari ad essa riconosciute dall’ azienda al dipendente e, come è chiaro, maggiore sarà la retribuzione, più attrattiva risulterà l’organizzazione in questione. Vi sono dei fattori che però differenziano il modo con cui i lavoratori ne riguardano l’importanza: primo fra tutti l’età, e di conseguenza l’esperienza maturata50. Considerando un campione di job seekers, distinti in recent graduates, young professionals e senior professionals si può vedere come il 70% circa dei giovani neolaureati, consapevole della difficile congiuntura economica attuale, è realistico e si
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Lo studio, promosso da Monster Italia in collaborazione con Anthea Consulting, EBPS Report 2013, è stato condotto mediante la somministrazione di un questionario online che ha coinvolto 13.760 job seekers proveniente da varie regioni italiane, di cui 1.410 soggetti neolaureati senza esperienza lavorativa e con età media di 24 anni (Recent Graduates), 1.744 soggetti con esperienza lavorativa di almeno tre anni ed età media di28 anni (Young Professionals) e 10.606 soggetti con esperienza lavorativa oltre i tre anni ed età media di39 anni (Senior Managers). 48
aspetta uno stipendio che si posiziona all’interno della fascia di 15.000 a 25.000€ lordi su base annua. (Vedi Figura n° 1 Aspettativa di guadagno).
Figura n° 1 Aspettativa di guadagno
Fonte: Anthea Consulting srl EBPS ( Employer Branding Positioning Survey ) Report 2013
Poco meno della metà degli stessi circa il 27 %, aspira a guadagnare di più, ponendosi in una fascia tra i 25.000 e i 35.000€ lordi su base annua. C’è inoltre chi, a tre anni dalla laurea ( young professionals), indica il fattore retributivo come fattore chiave nel valutare nuove posizioni. I manager più maturi, invece, preferiscono la stabilità alla crescita di remunerazione, avendo già raggiunto un livello nella scala gerarchica adeguato alle proprie competenze e conoscenze. Infatti i senior managers, ovvero coloro che hanno più di 3 anni di esperienza ed un’ età media di 39 anni, con il 45% si pongono nella fascia più alta delle retribuzioni (tra i 35.000 e i 45.000€). Inoltre anche il settore di appartenenza influisce sul peso riconosciuto alla retribuzione. In particolar modo coloro che lavorano in finanza danno un elevato riconoscimento all’importanza del fattore danaro, mentre nel settore dell’industria si preferisce cambiare percorso professionale principalmente per fare carriera. Un’ulteriore variabile tenuta in forte considerazione dai lavoratori, giovani in particolare, è la mobilità, soprattutto internazionale. Analizzando l’arco temporale dal 2010 fino al 2013, si denota la notevole disponibilità a cambiare domicilio, anche all’ estero, da parte dei lavoratori. 49
Ciò attribuisce un vantaggio alle società multinazionali che, avendo numerose filiali, garantiscono una maggiore possibilità di percorsi internazionali. (Vedi Figura n° 2 Propensione dei laureati alla mobilità)
Figura n° 2: Propensione dei laureati alla mobilità
Fonte: Anthea Consulting srl EBPS ( Employer Branding Positioning Survey ) Report 2013
Andando a delineare tutti quei fattori che vengono ritenuti fonte di attraction, sempre da parte dei neolaureati, risulta che buone possibilità di carriera, una buona retribuzione, la solidità dell’azienda e valide opportunità di formazione costituiscono le principali cause di interesse nei confronti degli employers.
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La possibilità di cambiare mansioni all’interno dell’organizzazione e la responsabilità sociale dell’impresa, invece, sono considerate solamente da circa un lavoratore su venti.
4. L’employer branding dal punto di vista di un Managing Director: Eugenio Amendola L’intervista tenuta con il dott.re Amendola51, ha permesso di avere una visione a 360° di quello che si intende per employer branding. Il dott.re Amendola ha ribadito più volte l’ importanza di considerare una visione strategica del concetto, poiché oggigiorno, nonostante la diffusione a livello mondiale, si fa molta confusione su cosa sia realmente l’ employer branding. Spesso, infatti, il concetto è confuso con azioni tattiche ed operative, come la partecipazione ad una job offer o lo sviluppo di un career site. Da questo punto di vista s’è cercato, attraverso convegni, di diffondere efficacemente quello che è il valore strategico dell’employer branding, anche a livello internazionale, cercando di far trasparire il concetto più come strategia che come azione operativa e tattica. Quindi, prima di iniziare ad argomentare tale concetto, è opportuno stabilire che: “l’employer branding è una strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer(luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitors, attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento”. 52(Amendola, 2010) Il contributo che dà l’employer branding incide significativamente sulla crescita anche del valore aziendale e il Top management dell’azienda, deve prendere atto del valore strategico di quest' attività con la consapevolezza che fare employer branding ha un’incidenza significativa sulla reputazione dell’ azienda come employer sul mercato del lavoro e sulla maggiore competitività dell’azienda di attrarre nuovi talenti rispetto ad altre realtà. 51
Managing Director di Anthea Consulthing e Director di EBI Italy, laureato in Economia con specializzazione in Comunicazione, Marketing e Sviluppo Risorse Umane. È fondatore e chairman dell’ International Employer Branding Summit. Vedi in appendice la carriera 52 Amendola E., “Mercato del lavoro e posizionamento dell’Employer Brand, Employer Branding Review” N 1/, 10-13, 2010 51
Secondo il dott.re Amendola: “occorre saper trasferire all’esterno l’idea che l’azienda sia un buon luogo di lavoro facendo leva su ciò che viene espresso da parte dei dipendenti più fidelizzati che rappresentano i migliori testimoni della qualità dell’ambiente di lavoro (brand ambassadors)”. È importante conoscere bene il proprio ambiente di lavoro e quali sono i principali fattori che lo qualificano e occorre assimilare la percezione che si ha dell’azienda sul mercato del lavoro, quindi innanzitutto comprendere cosa pensano i potenziali candidati della stessa. Dalle informazioni si ottengo notizie che aiutano a capire qual è il posizionamento attuale che l’azienda ha sul mercato di lavoro, ovvero, l’attuale percezione che gli altri hanno di una determinata azienda. L’employer branding rappresenta una risposta a queste nuove esigenze aziendali e consente all’azienda di costruire la propria employer identity, valutare la propria attrattività rispetto ai concorrenti e comunicarla sia all’interno verso i propri dipendenti che all’esterno verso i potenziali candidati. Tra i vari strumenti che facilitano la comunicazione interna, vi è l’Intranet: un sistema d'informazione continuativo che va ad irrobustire il rapporto tra azienda e dipendente, che facilita la condivisione di informazioni, il trasferimento dei valori e della cultura aziendale. Tra gli strumenti più tradizionali per la comunicazione esterna vi è il sito web che ancora oggi resta un importante canale con cui stabilire un dialogo con il proprio candidato target a patto però che lo stesso non sia più statico ma diventi sempre più dinamico e interattivo con un’efficace integrazione con i social media e con le nuove tendenze della comunicazione mobile. Solo in questo modo l’azienda riuscirà a stabilire con i propri candidati un rapporto di comunicazione di lungo periodo (engagement) attraverso il quale trasferire non solo informazioni ma soprattutto un’esperienza interattiva che faccia leva su un linguaggio più morbido e diretto, su un approccio narrativo-emozionale (storytelling) e che permetta di raggiungere quel posizionamento atteso. L’employer branding ha introdotto una serie di metriche, molto semplici, che fanno capire il grado di competitività dell’azienda tant’è che il dott.re Amendola afferma che:”l’azienda deve essere attrattiva per essere più competitiva e questo lo si può misurare”.
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Le metriche, rispondono all’esigenza dell’azienda di come si valuta la strategia di employer branding, ovvero se risulta efficace e consente il raggiungimento degli obiettivi che si erano prefissati, se essa sta funzionando bene o meno anche in termini di appealing e se il livello di attrattività sia consono. Tendendo conto d'indicatori qualitativi e quantitativi, il primo feedback che è possibile considerare, è il tasso di qualità delle candidature, dato da un semplice rapporto tra la quantità delle candidature in linea col profilo che si sta cercando e la quantità totale delle candidature ricevute; e di grande importanza è anche il tasso di perdita dei propri candidati durante l’iter di selezione: cioè quanti candidati eccellenti sto perdendo perché semplicemente hanno deciso di andare a lavora in un’altra azienda. Un’efficace strategia di employer branding può, quindi, migliorare la propria reputazione e avere effetti diretti sulla crescita del valore aziendale nella misura in cui si riuscirà ad attrarre maggiori risorse qualificate, aumentare il grado di soddisfazione dei propri dipendenti di talento e migliorare la propria produttività e la performance anche come realtà in grado di produrre beni o servizi.
4.1 Il dott.re Amendola analizza i fattori che favoriscono l’ employer branding Introducendo la nozione di employer branding, le aziende hanno a un certo punto ritenuto utile lavorare sia sulla propria attrattività in termini di recruiting esterno, sia in termini di mantenimento e fidelizzazione dei propri dipendenti al suo interno, questo perché qualcosa è cambiato nel mercato del lavoro, soprattutto nell’ employer branding rivolto al recruiting. Negli ultimi 20 anni ci sono state grosse rivoluzioni e, tra i differenti fattori che hanno favorito lo sviluppo del processo, quello che più ha interessato il nostro Paese, l’ Italia, è il fattore demografico. Il calo demografico, generato anche a livello internazionale dal fenomeno di invecchiamento della popolazione, è stato uno dei presupposti di allarme: dato il basso tasso di natalità, si assiste al prevalere della popolazione di età avanzata su quella giovanile.
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Le aziende trovandosi di fronte ad un pool di candidati sempre più ridimensionato, hanno difficoltà ad allineare l’esigenza di figure professionali centrali nella propria organizzazione con il recruiting di talenti. Al fattore demografico, si è aggiunto il fenomeno delle skills shortage, e cioè la carenza di quelle nuove professionalità nate a seguito della rivoluzione informatica e dell’innovazione tecnologica che ha caratterizzato gli ultimi 15 anni. Il risultato è stato un enorme gap tra la formazione universitaria e le competenze e conoscenze richieste dalle aziende. L’evoluzione che si è avuta non ha permesso alla formazione tradizionale ed universitaria di tenere il passo, per cui si è creata un’enorme divergenza tra il bisogno emergente di figure professionali qualificate e la possibilità di trovarle facilmente sul mercato del lavoro. Si aggiungono poi i cambiamenti avvenuti nella nostra economia, alla riorganizzazione interna a seguito di processi di acquisizione e integrazione che in molte realtà si è tradotto in una maggiore propensione dei dipendenti a passare da un’azienda all’altra rompendo, in questo modo, quel patto di fedeltà che aveva caratterizzato gli anni novanta. Mentre 20 anni fa un dipendente assunto rimaneva in azienda per molto tempo, adesso la sua permanenza massima è di 2-3 anni, quindi facilmente un soggetto qualificato può rompere il rapporto con l’azienda e può rimettersi in gioco entrando in altre realtà, determinando problematiche collegate al trasferimento di conoscenza, perdita di know how per l’azienda ecc… .
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4.2 Employer Branding Strategy: prospettive per il futuro La grande sfida per il futuro sarà la capacità dell’azienda di gestire ed integrare al meglio i suoi diversi ruoli: come realizzatore di profitto mediante la produzione di beni e servizi, come realtà socialmente responsabile grazie ad un comportamento sempre più etico e come “luogo di lavoro” dove i dipendenti attuali e potenziali possano trovare il piacere di lavorare. Il benessere sul luogo di lavoro migliora la produttività, e per questo la gestione del clima aziendale sta diventando, anche in Italia, un settore su cui puntare, tanto che nascono figure professionali adibite a questo: ad occuparsi della “felicità” dei dipendenti è infatti l’ employer branding. Come spiega Amendola, per molte aziende, trovare i cosiddetti “talenti”, e riuscire a mantenerli nel proprio organico, è diventato un problema e l’employer branding serve proprio ad aumentare la capacità di attrazione da parte delle imprese. Con l’invecchiamento della popolazione, infatti, le figure specializzate, sono diventate difficili da trovare e per accaparrarsi questi professionisti, fra le aziende si scatena una vera e propria competizione, per molti versi simile a quella per la conquista dei consumatori. Sempre più incisiva sarà l’ evoluzione dei social media, rispetto ai mezzi di recruiting on line classici, per cui si rende necessario conoscerli e farli propri: è importante imparare a sfruttare questi strumenti sia per autopromuoversi sia per prendere degli spunti per selezionare le risorse migliori. Sulle nuove tendenze emergenti nel corporate recruiting, il dott.re Amendola, ha recentemente scritto una serie di articoli pubblicati su www.monster.it e su alcune riviste specializzate. Ha, anche, recentemente aperto un blog con l’obiettivo di stimolare un confronto critico e costruttivo in grado di diffondere la conoscenza di questi argomenti tra quanti sono impegnati nelle attività di recruiting e gestione dei talenti. L’ idea del blog si propone di diffondere opinioni e critiche sul tema in esame, ed è considerata: “ una delle prime tappe di un viaggio appena intrapreso”.
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5. L’Employer Branding Process Il processo attraverso il quale una determinata organizzazione elabora e sviluppa il proprio employer branding consta di cinque fasi che verranno dettagliatamente esposte nel corso dei successivi paragrafi. Vale la pena sottolineare il fatto che “le attività di employer branding non si esauriscono con l’ingresso in azienda ma si applicano in maniera continuativa durante tutta la vita lavorativa”. 53(Martone e Galanto, 2008) Sviluppare il proprio employer branding, infatti, è un processo indirizzato sia verso le risorse già presenti in azienda, sia verso i potenziali candidati, al fine di trattenere i talenti in azienda. Come è stato più volte evidenziato, dunque, l’employer branding è una strategia non solo di Attraction, ma anche di Retention dei talenti e l’organizzazione deve assicurarsi che il messaggio che trasmette sia coerente e in sintonia con la propria strategia di marketing a livello globale. In caso contrario gli sforzi in tale senso potrebbero rivelarsi controproducenti. 54
(Hieronimus, Schaefer e Schroder, 2005)
Occorre poi menzionare che numerose sono le analogie tra l’EBP e il processo di product marketing, assegnando ad ognuno di esse una legittimità ed una specificità riconducibile a precisi momenti delle fasi del processo di employer branding. Difatti, il processo di employer branding si inserisce sempre all’interno di un’ottica di marketing, seppure applicata al contesto di HR. Esiste una logica sequenziale delle singole fasi del processo di employer branding (Vedi Figura n°3: L’Employer Branding Process).
Martone A., Galanto A., “Employing Branding – una strategia di gestione delle risorse umane”, IPSOA., pp. 24-2, 2008 54 Hieronimus F., Schaefer K. And Schroder J., Using brand to attract talent, McKinsey Quarterly, August (3), 12-14, 2005 “Employer branding efforts will be counterproductive if the messages aimed at recruits undermine the company’s broader marketing strategy … the initiative must fit closely with the company’s overall brand strategy” 53
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Employer Brand Analysis Employer Brand Audit
Employer Brand Building
Employer Brand Communication Figura n° 3: L’ Employer Branding Process
5.1 I fase: definizione del target e posizionamento attuale dell’ Employer Branding
Prima di sviluppare la strategia di employer branding è fondamentale comprendere verso chi si deve rivolgere, ossia individuare il target di riferimento. È necessaria, quindi, un’accurata analisi dei talenti già presenti in azienda, che fungono sia da parametro di riferimento per l’individuazione delle caratteristiche da ricercare nell’attrarne di nuovi (EB come strumento di attraction), sia da fonte di identificazione degli individui da trattenere (EB come strumento di retention). L’interesse è rivolto verso tutte le risorse che lavorano nell’organizzazione, che ne fanno parte o ne potrebbero essere attratte. È questo il target primario sul quale si poggiano le strategie di employer branding, viste come le modalità che l’ azienda può adottare per attrarre, sviluppare, motivare e trattenere i talenti, di cui non vi è un’univoca definizione, ma essi possono essere identificati come quelle persone che più di altre contribuiscono al successo dell’organizzazione. Per identificare il target è, per prima cosa, necessario stabilire le variabili in base alle quali segmentare la popolazione, che possono essere principalmente di tipo demografico, logistico o psicologico. La scelta di tali variabili si rivelerà critica in 57
quanto “un valido approccio alla segmentazione permette di conoscere meglio il mercato e capire quali attività di comunicazione è necessario sviluppare per garantirsi una maggiore attenzione da parte del proprio target” .55(Amendola, 2008) Lo studio EBPS (Employer Brand Positioning Survey) utilizza come criterio di segmentazione l’età anagrafica e l’esperienza lavorativa maturata, individuando cosi i tre segmenti dei Recent graduates, dei Young professionals e dei Senior managers. Per quanto riguarda l’ età anagrafica, è possibile distinguere i job seekers in tre categorie: recent graduates con età media di 24 anni, ovvero laureati senza esperienza lavorativa, young professionals con età media di 28 anni con almeno tre anni d’ esperienza, e i senior managers con oltre tre anni d’ esperienza ed età media di 39 anni. (Vedi figura n°4 Campione totale di Job Seekers) In relazione all’ età consideriamo anche il grado di soddisfazione delle esperienze lavorative già fatte, ed è interessante constatare come all’aumentare dell’ età, aumenta la soddisfazione per le esperienze avute. Si deduce che, coloro che hanno avuto esperienze di lavoro più lunghe risultano più soddisfatti, ma questo non impedisce loro di valutare nuove alternative di lavoro.
Job Seekers 10.760
Recent Graduates • laureati senza esperienza • 1.410
Young Professionals • almeno 3 anni di esperienza • 1.744
Senior Managers • oltre 3 anni di esperienza • 10.606
Figura n° 4: Campione totale di Job Seekers Amendola E.,“ Corporate recruiting. Employer branding e nuove tendenze”. Ed. Anthea Consulting s.r.l. Bologna, pg. 23, 2008 55
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Considerando l’ esperienza lavorativa già maturata si valuta la preferenza di un settore rispetto ad un altro, è evidente che il settore consulenza risulta quello più gradito dalle tre categorie (recent graduates, young professionals e senior managers). Dall’ indagine si deduce inoltre che il settore industriale sia preferito dai Seniors Managers mentre i Recent Graduates tenderebbero principalmente a preferire la libera professione rispetto agli altri segmenti. (Vedi Figura n° 5: Settore di attività in cui i Job Seekers hanno già lavorato)
Figura n° 5: Settore di attività in cui i Job Seekers hanno già lavorato.
Fonte: Anthea Consulting srl EBPS ( Employer Branding Positioning Survey ) Report 2013
Un altro sistema di segmentazione, infatti, molto usato negli USA, si basa sull’analisi del livello di passività dei candidati nei confronti della ricerca di un lavoro, sulla loro propensione a cercare nuove occupazioni. Le motivazioni che inducono i senior a cercare nuovi sbocchi occupazionali sono svariate: ad esempio la perdita del proprio lavoro alla luce anche della difficile congiuntura economica che stiamo vivendo; oppure l’intenzione di valutare alternative magari per mancanza di fiducia sulle prospettive di stabilità dell’attuale lavoro oppure semplicemente perché si potrebbe trovare un’opportunità migliore e magari anche più redditizia. Tale modalità di segmentazione risulta molto efficace in quanto permette di individuare quei lavoratori solitamente non considerati dalle comuni strategie di recruiting 59
aziendale, i cosiddetti candidati semi-passivi e/o passivi e tre cui molto spesso si nascondono i talenti. ( Vedi Figura n°6: Segmentazione candidati passivi e attivi)
Figura n°6: Segmentazione candidati passivi e attivi
È difficile delineare il confine tra candidato attivo, ovvero chi è alla ricerca del lavoro e candidato passivo, cioè colui che già lavora con soddisfazione e che tendenzialmente non è in cerca di un lavoro. Il livello di passività è strettamente legato alla soddisfazione del lavoro che i candidati in questione ricoprono, e come tale alla loro volontà di cambiarlo: maggiore è la passività, minore è la loro ricerca di una diversa occupazione, maggiore dunque è la difficoltà per le organizzazioni di attrarre tali individui. Di conseguenza gli strumenti comunicativi della strategia di employer branding, per essere efficaci, debbono adattarsi alle caratteristiche del target verso cui si è stabilito di rivolgersi. Ad esempio, sarà necessario che l’organizzazione provveda a contattare direttamente i candidati semi-passivi e/o passivi per attirarne l’attenzione. Preliminare per la definizione dell’Employer Value Proposition è l’analisi del posizionamento in cui si trova al momento il product brand e l’employer branding aziendale, nonché l’individuazione dei principali competitors sul lato dell’offerta di lavoro. Comprendere il posizionamento dell’azienda significa saper identificare gli 60
elementi distintivi dell’identità aziendale, la sua vision e mission, i valori che la caratterizzano etc… . “L’insieme di queste informazioni, raccolte attraverso le analisi interne ed esterne, forniranno, infine, un quadro sintetico ed esaustivo sull’attuale Employer Brand Positioning ed aiuteranno a comprendere meglio se l’azienda possegga o meno una buona Brand Personality, presupposto essenziale per una efficace strategia di employment branding”56 (Martone e Galasto, 2008). Gli strumenti attraverso i quali è possibile procedere in tale senso possono essere di natura sia quantitativa, come i sondaggi, sia qualitativa come i focus group e le interviste. Questi strumenti verranno indirizzati in due sensi: verso i dipendenti attuali, per capire come essi percepiscono l’azienda e quali sono i fattori che contribuiscono maggiormente alla loro soddisfazione, e verso i giovani talenti per conoscere la loro considerazione dell’organizzazione in questione.
5.2 II fase: elaborazione e sviluppo dell’employer branding La seconda fase costituisce lo step creativo del processo di sviluppo dell’employer branding. A questo punto l’organizzazione, sulla base delle informazioni ricavate nella fase precedente, procederà ad elaborare la propria identità sul mercato del lavoro in qualità di employer, avendo a mente il target di riferimento e la considerazione che i lavoratori, attuali e potenziali, hanno al momento della stessa. Una volta identificati quei fattori che più di altri contribuiscono a favorire una buona immagine dell’organizzazione come datore di lavoro, infatti, bisogna fare in modo che questi vengano enfatizzati. La funzione risorse umane, supportata dalla funzione marketing e dal reparto comunicazione, si accingerà ad elaborare l’Employer Value Proposition che comprende il complesso di tutti i fattori che influenzano gli atteggiamenti ed i comportamenti delle
Cfr. Martone A., Galanto A., “Employing branding – una strategia di gestione delle risorse umane”, IPSOA, pg. 24-25, 2008 56
61
persone nel posto di lavoro e nell’ambiente in cui operano sui quali l’azienda può agire 57
(Crosta, Fertonani, Mazzoni e Vanni, 2004).
È proprio in base a tale proposizione di valore che i diversi Job Seekers selezionano le aziende presso cui candidarsi. Come accennato precedentemente, il processo di sviluppo dell’employer branding presenta numerose affinità con il marketing, essendone una specificazione: di conseguenza definire l’EVP significa strutturare le quattro leve del marketing mix, contestualizzandole al campo delle risorse umane. L’employment mix, infatti, risulta composto da:
Contenuto del lavoro, che corrisponde al prodotto venduto o servizio offerto nella classica configurazione delle quattro P di Kotler;
Remunerazione, che corrisponde al prezzo e comprende tutte le modalità di ricompensa associabili al sistema premiante offerto dall’organizzazione;
Immagine aziendale che, in un certo senso, può essere paragonata alla leva di promotion;
Luogo di lavoro, ossia il luogo fisico in cui appunto si realizza il lavoro, che viene associato alla leva di placement.
L’EVP permette all’employer di differenziare la propria offerta rispetto ai competitors sul mercato di lavoro, indirizzandosi specificatamente verso il target individuato. Si individua, quindi, il mix di fattori tangibili e intangibili che costituiscono l’Employer Brand Promise. Nel fare ciò bisogna considerare che sebbene i driver tangibili sono fonti di attraction nel breve periodo, nel lungo periodo sono quelli intangibili che contribuiscono maggiormente a favorire la motivazione e quindi il commitment degli employees. Stabilito ciò, viene quindi definita la strategia comunicazionale da implementare, che dovrà essere il più coerente possibile con la propria Employer Identity. Occorre specificare che in questa fase, però, la comunicazione vera e propria non prende ancora avvio, ma viene semplicemente pianificata. È con lo step successivo che si darà operatività alla strategia.
57
Crosta C., Fertonani M., Vanni L. S., Selezionare, acquisire e mantenere le Risorse Umane, la tradizione, le novità, le tendenze, Franco Angeli, Milano, pg. 88, 2004 62
5.3 III fase: la comunicazione dell’employer branding Dopo aver elaborato la strategia di comunicazione bisognerà provvedere alla sua implementazione operativa. I vari canali di divulgazione che vengono utilizzati in linea di massima per la comunicazione dell’employer branding possono essere classificati in58:
campagne di comunicazione on-line, acquisto banner, invio newsletter sui siti dedicati al recruiting sito ufficiale dell’ azienda, siti web delle università, forum, blog dedicati;
campagna di comunicazione sugli organi di stampa, articoli, interviste, acquisto di spazi pubblicitari sui giornali e riviste dedicate al recruiting e/o specializzate di settore;
partecipazione a Job Meeting o altre Carrer Fairs;
sponsorizzazione di eventi come ad esempio i business game;
realizzazione e distribuzione di gadget.
La scelta del mix degli strumenti sarà funzionale al target che si vuole raggiungere, all’identità che si desidera comunicare e all’immagine che l’azienda attualmente dimostra. È di primaria importanza, infatti, far si che vi sia coerenza tra l’identità, ossia ciò che l’impresa vuole essere, l’immagine, cioè come realmente appare, e gli strumenti comunicativi che ne permettono la convergenza. Importante considerazione ha il web 2.0 e l’ utilizzo dei social media come veicolo per promuovere l’ immagine dell’ employer presso il proprio target di riferimento. La crescita esponenziale dei social network come YouTube, Facebook o MySpace è indice dello sviluppo di una nuova cultura e concezione della rete sempre più legata al concetto di partecipazione che è tipica delle nuove generazioni. Ovviamente la scelta dei canali dipende anche dai volumi di recruiting o formazione che l’ azienda dovrà sostenere e dal budget che sarà in grado di allocare.
58
http://www.surveyrgs.it/html/eb_strategy.html 63
5.4 IV fase: monitoraggio e analisi dell’employer branding L’ultima fase del processo è costituita dal controllo e dall’analisi della bontà della strategia implementata. È necessario prevedere, quindi, un sistema di valutazione che permetta ai responsabili di comprendere se la strategia risulta efficace e consente il raggiungimento degli obiettivi che si erano prefissati. Come per ogni processo, infatti, dopo la fase di pianificazione ed implementazione, è necessario misurare i risultati ottenuti e, nel caso di scostamenti, prevedere delle azioni correttive o modificare gli obiettivi. Bisogna precisare che tanto minore è l’intervallo di tempo intercorrente tra un monitoraggio e il successivo tanto maggiore sarà la precisione e l’utilità dello stesso. Infatti, è importante procedere a tale valutazione non solo al termine del processo, ma anche in corso d’opera restituendo un feedback capace di intervenire immediatamente laddove si registrino dei gaps. Un limite, poi superato in relazione alla valutazione dell’ efficacia della comunicazione, è che le aziende tendono a basarsi prevalentemente su dati di tipo quantitativo. Detto sistema di valutazione dovrà, comunque, comprendere indicatori sia quantitativi che qualitativi. Se da una parte questo può fornire un’ informazione del successo o meno dell’attività da un punto di vista numerico, allo stesso tempo è necessario avere dei riscontri qualitativi per poter eventualmente intervenire. Tra quelli quantitativi i più utilizzati misurano il numero di CV pervenuti e, tra questi, la percentuale di quelli effettivamente utili e il tasso di turnover dei dipendenti. Le misurazioni di tipo qualitativo, sono tutte quelle fonti di informazioni che consentono di rilevare quei fattori intangibili (qualità delle relazioni interpersonali, cultura aziendale, valori e immagine). Sono più complesse e prevedono, tra gli altri, indagini e sondaggi periodici rivolti ai dipendenti, in particolar modo ai neo-inseriti, coloro che hanno un breve periodo di anzianità in azienda, e ai job seekers. Nel paragrafo successivo ci soffermeremo, appunto, sull’esposizione dei principali strumenti di indagine di tipo qualitativo del posizionamento dell’employer branding aziendale. In base a dette analisi, infatti, è possibile prevedere se il proprio posizionamento risulta coerente con le strategie adottate ed allo stesso tempo se l’immagine che l’organizzazione vuole mostrare sul mercato del lavoro è quella effettivamente percepita dl target di riferimento.
64
6. I benefici dell’ employer branding L’ employer branding aiuta le aziende ad attrarre e trattenere lavoratori altamente qualificati, nella giusta misura, per avere successo in un mercato sempre più competitivo. Tale pratica, trattiene i soggetti anche quando non si dispone delle risorse idonee ad offrire prestazioni tradizionali o stipendi ed attraverso le migliori tecniche, si tenta di ottimizzare la visibilità dell’ azienda, quindi la qualità dell’ immagine e catalizzare l’ attenzione non solo dei collaboratori disponibili sul mercato, ma anche degli aspiranti dipendenti. Dunque, miglioreranno sensibilmente le informazioni e le considerazioni di tutti i portatori di interesse nel business aziendale dato che coinvolge l'interno di un'azienda ma
inevitabilmente
consegue
risultati
positivi
per
l'immagine
pubblica
di
un'organizzazione, quindi ottiene un miglioramento della reputazione esterna. I tre principali vantaggi che contribuiscono alla strategia di business globale in differenti modi, sono: miglioramenti nel reclutamento, la conservazione e l'impegno dei dipendenti.59( Barrow e Mosley, 2007) La creazione e comunicazione di un forte , coerente ed efficace employer brand crea molti vantaggi per un business , ma i quattro risultati positivi sono discussi di seguito: 60 1. Riduzione dei costi di reclutamento: employer branding aiuta ad ottimizzare i tempi e i costi associati alla reclutamento, nonché i costi di turnover del personale e la malattia-assenza. I costi di assunzione e formazione di reclute sono anche superiori ai costi derivanti dal trattenere i dipendenti attuali. È possibile utilizzare il web 2.0 e i Social Network con l’ employer branding, per ridurre costi e tempi della ricerca del personale61. 2. Impegno dei dipendenti: come si è accennato in precedenza, i dipendenti assunti lavorano al loro massimo potenziale e aumentano i livelli di soddisfazione del cliente.
Barrow e Mosley “The Employer Brand, Bringing the Best of Brand Management to People at Work”, John Wiley & Sons, Chichester, 2007 60 Secondo un sondaggio condotto da The Economist nel 2003 61 Uno studio del 2011 condotto da un'organizzazione pubblicità di reclutamento TMP Worldwide ha rilevato che più di un terzo delle imprese godono di riduzioni di fatturato, come risultato diretto di iniziative di employer branding. 59
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Ciò è particolarmente importante per alcuni tipi di attività, per esempio in società di servizi come banche, clienti fedeli che apprezzano il loro rapporto con dipendenti a lungo termine. L’ employer branding attira un ampio “pool” di talenti i cui valori e le preferenze devono allinearsi con il business. Come tale, i candidati si avvicinano con entusiasmo all'organizzazione e si tenta di stimolare continuamente anche la produttività e la passione di essi. 3. Marketing e Comunicazione semplice: come un ponte tra il Marketing e la comunicazione, l’employer branding contribuisce alla coerenza dei messaggi che aiuta un business a trovare le persone giuste a trattenerle e a farle crescere, sia internamente che esternamente. 4. Aumento della redditività: l’employer branding, aumenta redditività e produttività. Le aziende che sviluppano pratiche di employer branding, come orari flessibili o programmi di formazione e sviluppo, presentano significativamente migliori risultati finanziari e restituiscono anche il capitale investito in essa.
7. L’ Employer Value Proposition: l’ obiettivo principale L’ Employee Value Proposition ( EVP ), è uno strumento fondamentale nella ricerca dei talenti, ed è usato per descrivere in gergo le caratteristiche e l’esperienza offerta dall’ azienda alle persone in cambio di prestazioni e produttività. L'EVP può essere meglio descritta come un’ esatta foto di ciò che una società sta per includere, le aspettative e le offerte verso il futuro dei dipendenti. 62 (Robertson e Khatibi, 2012) Esso considera il mix di ricompense, benefici e modi di lavorare, in risposta alle performance sul posto di lavoro. L'accordo raggiunto tra l'organizzazione e il dipendente in cambio di loro contributi e prestazioni, per la sua peculiarità, differenzia un datore di lavoro dalla concorrenza.
62
Robertson, A., & Khatibi, A., By Design or By Default: Creating the Employer Identity. The IUP Journal of Brand Management, 9, (4), 31-48, 2012 66
Si introduce l’EVP se si comprendono le preferenze dei dipendenti, si monitorano i progressi durante il processo, se si definisce esplicitamente il “do ut des” dell’ azienda. La maggior parte delle organizzazioni incontrano due principali problemi quando si tratta di EVP : 1
la lotta per differenziarsi dalla concorrenza e riscontrare meno problemi in termini di Attraction e Retention,
2
allineare le politiche con quelle di talent management.
Un EVP efficace consente a un'organizzazione di spiccare in modo diverso dalle altre, ma assicura che il "packaging" rifletta gli effettivi contenuti ed assicuri benefici significativi. L' EVP consta di attributi e tematiche da utilizzare come base a lungo termine per migliorare l’ impegno e il lavoro creativo ed assicura che la comunicazione e il branding fatto da una società sia coerente, unico, vero e rilevante per importanti gruppi target, dunque, aiuta a definire un'offerta concreta ai dipendenti attuali e potenziali mantenendo la sua proposta di valore in linea con le identità aziendali e organizzative. Una corretta EVP, deve essere elaborata in maniera formale, comunicata ai dipendenti efficacemente, deve essere in linea con la percezione dell’ azienda sul mercato e personalizzata per ciascun gruppo, per cui in generale, è opportuno che risponda alle esigenze di tutti i suoi dipendenti e dell’operatività nel suo complesso. Se da un lato, è progettato per aiutare le aziende ad attrarre, trattenere, motivare e coinvolgere il proprio personale per guidare il successo del business, dall’ altro, essa consente ai dipendenti di definire la visione generale, la connessione emotiva e il livello di impegno discrezionale che apportano all’azienda. Per entrambi si configura quindi, come un elemento fondamentale per un ambiente di lavoro efficace e per una carriera soddisfacente. L' EVP fornisce ai dipendenti attuali e futuri un motivo per lavorare per un determinato datore di lavoro e riflette il vantaggio competitivo dell'azienda. I datori di lavoro che la sviluppano, beneficiano del successo da un aumento di un pool di talenti e di coinvolgimento dei dipendenti . Per garantire che un EVP generi il massimo dei ritorni deve essere coerente con obiettivi strategici e deve essere chiaramente dimostrata la propria unicità . Inoltre, occorre che si mostri reale, ovvero una grande proporzione di esso deve essere vero e deve anche essere articolata in uno stile che fa riferimento al pubblico.
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Figura n° 7: Modello di Backhaus e Tikoo, 2005
Fonte: http://employerbrandingmarketing.wordpress.com/thesis/
8. Nuove prospettive: l’ employer branding e il Web 2.0 Negli ultimi anni, le innovazioni della tecnologia e in particolare comunicative si sono sviluppate enormemente rafforzando le politiche di employer branding aziendali. Sono innumerevoli le attività on-line che possono essere utilizzate per promuovere le strategie di employer branding. Intorno al 2004, il concetto di Web 2.0 ha iniziato a sostituire l'allora conosciuto Web 1.0 concetto del 1990. 63(Harrison e Barthel, 2009; Song, 2010) Web 2.0 è inoltre definita come la architettura della partecipazione creato da aziende, le cui applicazioni web invitano, facilitano, incoraggiano o consentono agli utenti di interagire, condividere il contenuto della conoscenza e di informazione con l'altro soggetto. Tutto sommato, il Web 2.0 ha cambiato il nostro modo di comunicare i servizi e le applicazioni all'interno di tale ambiente si rendono le interazioni tra le
Harrison, T.M. & Barthel, B., “Wielding new media in Web 2.0: exploring the history of engagement with the collaborative construction of media products. New Media & Society”. Vol. 11, no. 1-2, pp. 155-178, 2009 Song, F.W., Theorizing Web 2.0- A cultural perspective. Information, Communication & Society. Vol. 13, no. 2, pp. 249-275, 2010 63
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persone e i server più dinamici, siti web e applicazioni più accattivanti e si concedono interazioni più dirette, interattive e partecipative. 64(Christodoulides, 2009) Un numero sempre maggiore di organizzazioni si affida quotidianamente agli strumenti presenti sul web: siti web aziendali, career sites, social network, blog, siti di recruiting on line, ecc. I social media si caratterizza come il Web 2.0 per la connettività e interattività, ove il contenuto è la chiave per offrire esperienze ad individui.65 (Hanna, 2011) Più in particolare i social media impiegano le tecnologie mobile e web-based del Web 2.0 per creare altamente piattaforme interattive attraverso le quali gli individui e le comunità condividono, creano, discutono e modificano i contenuti generati dagli utenti.66 (Kietzmann, Hermkens, McCarthy e Silvestre, 2011) Generalmente Web 2.0 e social media sono diventati una parte essenziale di qualsiasi attività di branding dovuto al fatto che sempre più persone sono raggiungibili attraverso questo mezzo. Le aziende hanno riconosciuto che una presenza nei social media può rafforzare il brand, ma pone anche un rischio poiché informazione, critica e parodia possono diffondersi molto velocemente attraverso i social media. 67(Fournier e Avery, 2011) Per quanto riguarda specificamente la ricerca di personale via Internet gli strumenti a disposizione sono molto più numerosi di quanto non si possa immaginare. La scelta dei canali più adatti per le varie realtà dovrà essere calibrata con riferimento al target che si vuole raggiungere, all’immagine che si vuole comunicare e alla capacità di innovazione dell’azienda stessa, non esistendo, appunto, una migliore soluzione, una best practice da seguire. Occorre elaborare una strategia di comunicazione che prevede la combinazione di più strumenti, attraverso l’utilizzo di un linguaggio capace di attirare l’attenzione dei vari internauti al tempo stesso. L’ utilizzo della rete in maniera non continuativa, infatti, e senza cura, può costituire un danno piuttosto che migliorare l’immagine aziendale in qualità di employer. Christodoulides, G., “Branding in the post-internet era. Journal of Marketing Theory”. Vol. 9, no. 1, pp. 141-144, 2009 65 Hanna, R.; Rohm, A. & Crittenden, V.L., “We’re all connected: The power of the social media ecosystem”, Business Horizons. Vol. 54, pp. 265-273, 2011 66 Kietzmannn, J.H., Hermkens, K.; McCarthy, I.P.; & Silvestreet, B.S., Social media? Get serious! Understanding the functional building blocks of social media. Business Horizons. Vol. 54, pp. 241-251, 2011 67 Fournier, S. & Avery, J., “The uninvited brand”. Business Horizons. Vol. 54, pp. 193-207, 2011 64
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Tra le più importanti piattaforme social utilizzate dagli addetti delle risorse umane troviamo: Facebook, LinkedIn, Youtube e Twitter. (Vedi figura n° 8: I social media usati maggiormente nelle attività di Recruiting). Attraverso la presenza dell’azienda in rete, i Job Seeker possono scoprire ed arrivare, in maniera estremamente rapida, alle pagine dedicate alle opportunità di lavoro e di carriera. Tabella n° 8: I social media usati maggiormente nelle attività di Recruiting
Fonte: Anthea Consulting srl EBPS ( Employer Branding Positioning Survey ) Report 2013
Dall’indagine Anthea Consulting 2013, condotta su circa 13.000 job seekers distinti in recent graduates, young professionals e senior professionals, appare che Facebook sia lo strumento più utilizzato, seguito da Linkedin, Youtube e Twitter. Facebook supera Linkedin quasi del doppio e la partecipazione è salita, grazie anche all’ utilizzo diffuso della piattaforma Instagram. Linkedin è il solo social media per diffusione. A differenza di Facebook presenta un target ben identificato: professionisti, laureati e persone dal reddito alto, tra i 30 e i 49 anni ed il suo utilizzo è saltuario. Diviene fondamentale spostare il focus dalle tecnologie alle risorse al fine di superare, infatti, i vincoli connessi ad un approccio esclusivamente technology base per ampliare
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la prospettiva dal risultato al processo e, ancora più in generale, alle relazioni 68(Barile e Saviano,2012) in grado di contribuire alla generazione di vantaggio competitivo dell’impresa in termini di innovazione e differenziazione. Si conclude che le imprese devono tener conto di molti fattori quando si utilizzano social media così come devono saper riconoscere le esigenze varie e non possono far a meno di mettere in campo una strategia di Social Media Marketing professionale con il supporto di agenzie web specializzate.
9. La prospettiva dei Job Seekers: l’indagine Employer Brand Positioning Survey Il più volte citato studio EBPS si compone di un’indagine annuale promossa da Monster Italia in collaborazione con Anthea Consulting il cui scopo consiste nell’individuare il posizionamemto dell’Employer Brand di aziende leader in base ai diversi segmenti. In particolare nel 2013 ha coinvolto 10.760 job seekers di cui 1.410 Recent Graduates, ossia neolaureati senza significative esperienze lavorative con età media di 24 anni, 1.744 Young Professionals, lavoratori con almeno di tre anni di esperienza ed età media di 29 anni, e 10.606 Senior Managers, persone con più di tre anni di lavoro ed età media di 39 anni. Tramite questo tool è possibile: individuare quali sono le organizzazioni che risultano maggiormente attrattive in riferimento ai diversi target e quali sono i fattori che contribuiscono a ciò. le aziende hanno la possibilità di comprendere in che modo il proprio employer branding appare sul mercato del lavoro, e se tale posizionamento percepito corrisponde a ciò che l’impresa stessa aveva stabilito. capire se il target di riferimento identificato in fase preliminare con lo sviluppo delle politiche di employer branding è quello che effettivamente risulta maggiormente attratto dall’organizzazione.
Barile S. e Saviano M. “ Oltre la partnership: un cambiamento di prospettiva”, in Esposito De Falco S., Gatti C. (a cura di), La consonanza nel governo dell’ impresa. Profili teoeici e applicazioni, Franco angeli, Milano pp. 56-71, 2012 68
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Diversi sono i fattori che vengono analizzati per procedere con lo studio EBPS ed elaborare la classifica dei Top 10 Employer Of Choice: Dati anagrafici: sesso, area disciplinare, area geografica; Mobilità dei job seekers, attualmente la disponibilità da parte dei lavoratori a trasferirsi in altre regioni italiane o all’estero rappresenta un fattore molto importante per le aziende; Flessibilità contrattuale dei job seekers, nella condizione che riversa oggigiorno il mercato del lavoro, la flessibilità contrattuale può essere considerata la forma più comune di ingresso delle persone all’interno delle organizzazioni, anche se può formare attrito rispetto all’attrattività delle stesse; Flessibilità rispetto al lavoro: con ciò si intende la disponibilità dei lavoratori a svolgere mansioni non in linea con le proprie potenzialità, pur di entrare in contatto con l’azienda stessa; Retribuzione, che rappresenta da sempre un elemento fondamentale nelle scelte dei job seekers. L’organizzazione deve essere in grado di comprendere le reali aspettative di guadagno dei vari segmenti per poter elaborare un’offerta di successo; Permanenza in azienda: l’azienda dovrà capire per quanto tempo i vari job seekers avrebbero intenzione di rimanere a lavorare, restando fedeli alla stessa. Nel caso in cui i risultati mostrino un intervallo breve, l’organizzazione dovrà impegnarsi nel curare i fattori di retention delle proprie risorse umane; Altri fattori: vi sono poi numerosi altri elementi di cui si serve lo studio per comprendere il contesto di attrattività delle organizzazioni, quali la competitività intersettoriale, i canali più utilizzati ed i fattori di attraction.
9.1 La metodologia Alla quinta edizione di EBPS, l’ indagine ha esaminato opinioni, aspettative e tendenze dei job seekers su alcuni aspetti cruciali del mercato del lavoro e sul brand di circa 230 realtà aziendali, nel periodo Febbraio 2013 – Maggio 2013. L’ obiettivo è di analizzare i cambiamenti del mercato del lavoro e, in particolare, gli atteggiamenti e le opinioni dei potenziali candidati. Sono stati coinvolti 10.760 job seekers, ai quali sono stati somministrati dei questionari online, che comprendono 72
statements in grado di analizzare tutti quei fattori discriminanti esposti nel paragrafo precedente. Degli oltre 13mila partecipanti, il 60% è composto da rispondenti di sesso femminile e il 40% è rappresentato dal target maschile. Il 42% è diplomato, il 58% possiede una laurea. Il 40% del campione proviene dall’area Nord-Ovest, il 17% da Nord-Est, il 20% dal Centro Italia e il21% da Sud e Isole. Al termine di ciò, essi sono stati suddivisi in base a tre segmenti utilizzando come criteri l’età e l’esperienza lavorativa maturata: Recent Graduates (1.410), Young Professionals (1.744) e Senior Managers (10.606).
9.2 Le classifiche Di seguito sono riportate le classifiche dell’analisi EBPS nell’anno 2013 dalle quali abbiamo estrapolato e riportato (Vedi Tabella n°1: Ranking Top 10 Employer of Choice 2013) le Top 10 Employer Of Choice a livello globale, ossia indipendentemente dal segmento di appartenenza.
Tabella n° 1 Ranking Top 10 Employer of Choice 2013
Fonte: Anthea Consulting srl EBPS ( Employer Branding Positioning Survey ) Report 2013
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Nelle prime 10 posizioni si conferma la presenza di cinque aziende italiane. Ferrero si conferma per il terzo anno consecutivo l’azienda preferita dai candidati italiani tra quelle particolarmente attive sulle strategie di employer branding, ovvero la realtà professionale più appetibile in cui andare a lavorare. Seconda Google, stabile su questo gradino del podio e terza Coca-Cola HBC Italia che dal 5° posto nel 2011 passa al 3°. Barilla cede il terzo posto a CocaCola HBC e scende al quinto, mentre Ferrari dal settimo posto sale e conquista il quarto. Apple e L’Oreal scendono alla sesta e settima posizione. Le ultime tre postazioni rimangono invariate dal 2011 al 2013 occupate in ordine decrescente da Gruppo ENI, P & G ed Unilever che quindi rimangono nella classifica delle Top 10. Quelle che seguono, invece, rappresentano le organizzazioni che risultano maggiormente attrattive in relazione al segmento dei job seekers. (Vedi Tabella n°2: RECENT GRADUATES: 1.410 JOB SEEKERS )
Tabella n°2: RECENT GRADUATES: 1.410 JOB SEEKERS
Fonte: Anthea Consulting srl EBPS (Employer Branding Positioning Survey) Report 2013
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Sul segmento dei Recent Grdauates, è Ferrero ad avere la maggiore performance confermandosi al 1° posto dal 2011 al 2013. Il 2° posto abbandonato da Apple e conquistato da Google, mentre L’Oreal si conferma al 3° posto. Ferrari registra un notevole rialzo salendo dal 10° posto occupato nel 2011 al 5° posto, mentre Barilla dal 4° scende al 7° in pari merito con Mondadori. Entrano per la prima volta tra le Top 10 Heineken, Ferrovie dello Stato Italiane, Gucci, Sky, Unicredit, Enel e Nestlè. La decima posizione è occupata da cinque aziende con un’ uguale percentuale: Gucci, Sky, Unicredit, Enel e Nestlè. Sugli Young Professionals è Google a scalare dal 2° al 1° posto, scambiandosi di posizione con Ferrero. Ferrari scala di cinque posti, dall’ ottavo al 3° e occupando tale posizione insieme a CocaCola HBC. Barilla sale di una sola posizione dal 5° posto al 4° mentre L’Oreal ed Apple lasciano la terza e la quarta posizione per la sesta e la settima. Con la stessa percentuale l’ 8° posto è occupato da Ikea e Gruppo Eni ed entra per la prima volta tra le Top 10 Poste Italiane (passando dalla 13a posizione alla 9a), mentre si conferma decimo Gucci. (Vedi Tabella n°3: YOUNG PROFESSIONALS: 1.744 JOB SEEKERS)
Tabella n°3: YOUNG PROFESSIONALS: 1.744 JOB SEEKERS
Fonte: Anthea Consulting srl EBPS (Employer Branding Positioning Survey) Report 2013
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Sui Senior Managers è ancora Ferrero ad avere il primato, così come Google si conferma in seconda posizione. Sono in rialzo CocaCola HBC e Ferrari, mentre Barilla ed Apple scendono dal 3° e 5° posto al 5° e 6°. In salita sono P & G ed IBM, mentre la 10° postazione è occupata da Giorgio Armani, Ikea e Unilever. (Vedi Tabella n°4: SENIOR MANAGERS 10.606 JOB SEEKERS)
Tabella n°4: SENIOR MANAGERS 10.606 JOB SEEKERS
Fonte: Anthea Consulting srl EBPS ( Employer Branding Positioning Survey ) Report 2013
10. L’indicatore di performance BCI index © L’indicatore di performance denominato BCI Index © (Brand Communication Interactive Index) consente di capire in che modo le due forme di comunicazione, ovvero il corporate brand che consiste nel grado di apprezzamento di cui gode l’azienda e l’ employer branding, interagiscono tra loro e soprattutto quali effetti esercitano in termini di posizionamento del brand sul mercato target e rispetto alle aziende concorrenti. Il BCI Index© che esprime anche l’ interazione tra la notorietà di un’ azienda( brand awarness) e l’ employer branding, è il risultato di tre principali analisi dal cui incrocio si 76
ottengono risultati espressi attraverso gli indicatori prima descritti: corporate brand analysis, employer brand analysis e la brand awareness analysis. Si ottengono dunque, con la prima analisi, informazioni sul grado di notorietà del brand e cioè su quanto è realmente conosciuto, mentre nella seconda anlisi,
si hanno
informazioni sul grado di apprezzamento dell’immagine istituzionale dell’azienda. Nel primo grafico (Vedi Grafico n°1: BCI Index© 1) è riportata la relazione tra brand awarness e employer branding espressa mediante un’indagine effettuata da Anthea Consulting nel 2008 su 1.200 candidati.
Grafico n° 1: BCI Index© 1 Andamento Brand awareness e Employer brand 2008
I valori riportati sull’asse delle ordinate sono riferiti al grado di notorietà da parte dei laureati del brand, mentre sull’asse delle ascisse sono riportati i dati che fanno riferimento a quei laureati che hanno interesse ad andare a lavorare nelle aziende. Analizzando i due casi estremi, si considerano il quadrante A e il quadrante C. Le aziende presenti nel quadrante “A” della figura come RAS e Blockbuster sono molto conosciute tra i neolaureati ma scarsamente apprezzabili come datori di lavoro. In questo caso il risultato è negativo e preoccupante, per cui per queste aziende un progetto di Employer Branding è assolutamente necessario.
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Danone e Unicredit occupano il quadrante B e registrano una discreta notorietà e anche un’ appetibilità come datore di lavoro di qualità. L’Azienda X sul quadrante C, potrebbe rappresentare un datore di lavoro accattivante se soltanto aumentasse la notorietà del proprio marchio e questo dato dimostrerebbe che esiste comunque una buona posizione (latente) dell’employer brand. Qui di seguito, (Vedi Grafico n°2: BCI Index© 2) sono riportati sull’asse delle ordinate la corporate brand, cioè il numero dei laureati che hanno espresso il proprio apprezzamento nei confronti dell’immagine istituzionale, mentre sull’asse delle ascisse l’employer brand, ovvero il numero dei laureati che hanno manifestato interesse ad andare a lavorare nelle aziende di riferimento.
Grafico n°2 : BCI Index© 2 Andamento Corporate brand e Employer brand 2008
Il grafico BCI Index© 2 mostra un corposo numero di aziende collocate su questo quadrante, la cui posizione assume sempre un diverso significato come: Kpmg, Metis, Vedior, Decathlon, Banca Sella, Deloitte, etc. Nel riquadro “A” (caso Blockbuster) trovano posizione le cosiddette “best corporate”, cioè le aziende che hanno con un punteggio più elevato sulle ordinate, una comunicazione istituzionale forte, ma un basso livello di appeal come employer.
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Nel riquadro “B” le aziende come Danone e Unicredito sono posizionate nella miglior posizione, definite “strong company” rappresentano aziende le cui strategie sono più efficaci, perché un ottimo compromesso tra immagine istituzionale e attrattività come datore di lavoro. Nel quadrante C ove ritroviamo Adecco, rientrano aziende con un’efficace strategia di employer e una corporate branding mediamente bassa, sono definite “best employer”. Il quadrante D, infine, considera le cosiddette “weak company” e cioè aziende nelle quali i neolaureati preferiscono non andare a lavorare e con basso livello di gradimento della propria immagine istituzionale. L’ esistenza della posizione più svantaggiata può costituire un chiaro segnale di allarme e stimolo ad un maggior impegno nello sviluppo di azioni di comunicazione capace di provocare spostamenti del brand, verso posizioni più appetibili rispetto alla concorrenza.
11. Le sinergie tra Employer Branding interno ed esterno Un employer branding può essere utilizzato per aiutare le organizzazioni a competere efficacemente nel mercato del lavoro e guidare la fedeltà dei dipendenti attraverso il reclutamento, le attività di impegno e di conservazione delle pratiche efficaci. Attrazione e conservazione dei dipendenti sono obiettivi comuni discussi da studiosi e percepiti dalle imprese in sede di attuazione dell’ employer branding. 69 (Dyhre & Parment, 2009) Per decenni, tuttavia, le imprese si son concentrate quasi esclusivamente sul Branding esterno, anche se tale situazione sta cambiando . L'importanza del Branding esterno per garantire la fedeltà del cliente è ben documentata e col tempo si arriva ad apprezzare l’ importanza del Branding interno. Si mostra chiaramente come il Branding interno sia un fattore di successo del marchio esterno ed esiste un legame diretto tra come i dipendenti percepiscono l'azienda e come aiutano a distribuire verso l’ esterno il brand.
Dyhre A., e Parment A., “Employer Branding – Allt du behöver veta för att bli en attraktiv arbetsgivare. Malmö”, Liber, 2013 69
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Ogni organizzazione pratica attività di Retention e di Recruitment, quindi sia attività di Employer Branding interno che esterno. Il brand equity incoraggia i dipendenti esistenti a sostenere la società, in altre parole, essi reagiranno diversamente al reclutamento, alla selezione, e agli sforzi di conservazione di diverse imprese a causa del sottostante brand equity associati a queste imprese.
11.1 l’ Employer Branding interno: la Retention
È opportuno mettere in evidenza come l’ employer branding sia uno strumento importante per le linee organizzative volto ad attirare potenziali dipendenti , ma anche a conservare il successo e motivare i propri dipendenti 70( Moroko e Uncles, 2009). Altri autori che mette in evidenza l'importanza di concentrarsi sia internamente che esternamente nel processo di branding sono svariati e la ragione di questo è che credono che i brand sia qualcosa creato e sviluppato sia internamente che esternamente.
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(Karreman e Rylander, 2008; Robertson e Khatibi, 2012) L’employer branding interno descrive come i dipendenti attuali all'interno dell'organizzazione percepiscono l'organizzazione come datore di lavoro, mentre l’employer branding esterno si riferiscono alla percezione dei dipendenti potenziali dell'organizzazione. L’employer branding ha un’ importante obiettivo comune concordato tra gli operatori e gli studiosi : la ritenzione dei dipendenti . È importante monitorare l’ employer branding interno, che non è altro che l’ Employer Identity, per due ragioni fondamentali. In primo luogo, è necessario assicurarsi che ciò che si comunica all'esterno è in linea con la percezione dei dipendenti interni, i quali sono ambasciatori del marchio più forte.
Moroko, L., & Uncles, M. D. “Employer branding and market segmentation”. Brand Management, 17, (3), 181-196, 2009 71 Kärreman, D., & Rylander, A., “Managing Meaning through Branding – the Case of a Consulting Firm”, Organization Studies,29, 103-125, 2008 Robertson, A., & Khatibi, A., “By Design or By Default: Creating the Employer Identity”, The IUP Journal of Brand Management, 9, (4), 31-48, 2012 70
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Ad esempio, i dipendenti sono visti come una fonte più affidabile di informazioni da un candidato potenziale delle risorse umane. Quindi, al fine di costruire un marchio forte esterno, è necessario seguire l’Employer Identity e allinearla con la comunicazione esterna. Il secondo motivo per cui è importante seguire l’ Internal Branding, è che c'è una forte connessione tra appartenenza e soddisfazione del marchio. L’internal branding, si riferisce alle azioni di un’azienda effettuate allo scopo di creare e preservare un’ internal brand e per assicurare un coinvolgimento razionale ed emozionale dei candidati nella cultura organizzativa.72 (Mahnert e Torres, 2007) Il principale obiettivo strategico della Retention è ottenere profitti ed intrattenere una relazione tra l’azienda e i clienti che contribuiscono alla creazione di valore. 73( Buttle, 2009) Occorre chiarire che non ci si dovrà concentrare sul trattenere tutti i clienti, pratica poco benefica, ma su parte del portafoglio, poiché alcuni potrebbero essere troppo costosi da servire, altri potrebbero utilizzare la strategia di cambiare continuamente in cerca dell’ offerta migliore e dunque dimostrarsi distruttori e non creatori di valore. Alcune aziende preferiscono concentrare il loro sforzo nei clienti acquisiti di recente. Essi hanno spesso un lifetime value potenziale più alto dei vecchi clienti. Il mantenimento del personale esistente ha un impatto maggiore sui fattori di costo e di qualità in termini di risparmio. I benefici che ne derivano, sono relativi a: 1. Fattori di riduzione dei costi dei programmi di conservazione del successo
Nessuna perdita di produttività / fatturato causata da posizioni vacanti,
Minimizzazione delle nuove spese di assunzione del personale (pubblicità, costi di trasferimento ),
Minimizzazione della riduzione della produttività / entrate di nuovo personale durante l'orientamento.
2. Fattori di qualità dei programmi di fidelizzazione di successo
Maggiore esperienza ed efficienza nella fornitura di servizi,
72
Mahnert K. F., Torres A. M, 2007, pp. 56: Una definizione particolarmente significativa dell’internal branding: “L’internal branding è lo sforzo di comunicazione interna, effettuato allo scopo di creare e preservare un internal brand. L’internal branding mira alla congruenza con l’external brand e all’incremento del brand commitment. A questo fine, l’internal branding è il riflesso dei valori e della realizzazione della promessa esplicitata dal brand, internamente ed esternamente.” 73 Buttle F.” Customer Relationship Management, Burlington”, MA: Elsevier, 2009 81
Maggiore coerenza e conformità con le politiche e le procedure,
Aumento della leadership e team building.
L' employer branding interno è strettamente connessa con la cultura aziendale, da cui è sostenuto e a sua volta tenta di migliorarla. La cultura organizzativa, così come la dimensione comportamentale di Employer Loyalty, rappresentano i valori e le norme praticate dai membri di un'organizzazione e tramandate ai nuovi arrivati. Gli obiettivi della Retention sono diretti verso: 1. Aumentare la ritenzione del personale e ridurre il turnover, 2. Consentire alti livelli di produttività come risultato di maggiore impegno dei dipendenti, 3. Rafforzare la immagine di marca consumatore dell'organizzazione, 4. Migliorare i livelli di soddisfazione del lavoro svolto dal dipendente. L'azienda investe in diversi progetti, realizzati per rendere un posto migliore il luogo in cui vivere. I dipendenti che percepiscono gli obiettivi dell'impresa aziendale, la sua cultura, i valori e l’ identità di un brand sono suscettibili di essere più impegnati a consegnare
la
promessa
di
brand
ed
essere
riconoscenti
del
loro
ruolo
nell'organizzazione.74(Foster , Punjaisri e Cheng, 2010) Il branding interno dovrebbe essere progettato in stretta relazione con i dipendenti, che dovrebbero scegliere le iniziative che permetteranno di migliorare il clima all'interno dell'organizzazione e dovrebbero essere coinvolti nei progetti, non solo gestirli, e successivamente presentare i risultati ai colleghi . I dipendenti decidono di restare nell’impresa per una serie di motivazioni, tra le quali: la sicurezza del posto, la qualità dei progetti svolti, la carriera intrapresa, una cultura che riconosce l’importanza di un equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, il sistema incentivante ma anche la presenza di leve retributive non monetarie come ad esempio un elogio per un lavoro ben fatto, o il senso di appartenenza. L'employer branding interno diffonde le vibrazioni positive attraverso l'intera organizzazione e i dipendenti si sentono orgogliosi di lavorare e migliorare l'ambiente in azienda, tant’è vero che amano realizzare progetti che mirano a partecipare attivamente alla vita della comunità.
Foster C, Punjaisri K and Cheng R., “Exploring the Relationship Between Corporate, Internal and Employer Branding”, Journal of Product and Brand Management, Vol. 19, No. 6, pp. 401-409, 2010. 74
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Il datore di lavoro ha bisogno della mente creativa dei dipendenti, i quali possono svolgere il loro compito, ma avendo l'organizzazione innovativa più pretese e più bisogni, utilizza i piccoli extra forniti dai dipendenti . L’ attività di Retention, aiuta a promuovere il nome dell'organizzazione sul mercato del lavoro, infatti i candidati notano la presenza della società in comunità e incominciano a costruire il rapporto positivo con l'organizzazione.
11.2 L’ Employer Branding esterno: l’ Attraction e il Recruitment
Se correttamente pianificato ed eseguito, un'iniziativa employer branding può generare dialogo attivo tra datore di lavoro e i suoi dipendenti, costruire un razionale progetto per un lavoro comune, e stabilire validi motivi per ottenere risultati soddisfacenti. L’ employer branding, punta ad attrarre, coinvolgere e trattenere le persone di alta qualità per costruire l'innovazione, con la quale intendiamo conseguire cambiamenti radicali e incrementali in una o tutte le imprese. Il Recruitment punta alla realizzazione dell'immagine che un'organizzazione proietta ai clienti, fornitori, investitori e il pubblico, mentre la Retention all'immagine che i datori di lavoro danno dell’ impresa ai dipendenti. Esiste una forte relazione tra la fidelizzazione dei candidati e l’attrazione di potenziali soggetti. 75 (Jiang e Iles, 2011 ) Due risultati sono direttamente relativi alla focalizzazione esterna dell’ employer branding, favorendo l'assunzione di un numero sufficiente di dipendenti, e la qualità degli stessi. Un obiettivo chiave della strategia di reclutamento è quello di sostenere i datori di lavoro nel reclutamento del personale per le loro organizzazioni, in particolar modo all'interno di questa strategia si è proiettati ad attirare le persone idonee e fornire i datori di lavoro degli strumenti e delle informazioni utili nelle assunzioni. La strategia di reclutamento riconosce il valore che l’ azienda ha da offrire ai potenziali lavoratori in termini di posizione in prossimità di una natura incontaminata , uno stile di vita con ampi orizzonti e salari superiori.
Jiang, T.T & Iles, P., “Employer-brand Equity, Organisational Attractiveness and Talent Management in the Zhejiang Private Sector, China”, Journal of Technology Management, 6(1): 97-110, 2011 75
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È quindi importante considerare come i valori e i comportamenti dei dipendenti possono essere allineati con i valori desiderati di un marchio.76( Harris e de Chernatony, 2001) Essendo riconosciuto il valore del capitale umano, c’è forte attenzione per le operazioni talent Attraction, Selection e Retention. Le azioni concretamente messe in asso per attrarre persone di alto potenziale ( l’azienda punta soprattutto a neo- laureati e young professional, ma inserisce anche figure senior per esigenze specifiche) sono diverse: si va dalla presenza delle principali guide al lavoro e nei portali di e-recruitment alla presentazione nelle più importanti business school e università, fino alla partecipazione a job fair e distribuzione di brochure istituzionali e gadget brandizzati. Innanzitutto si mette in pratica la fase di ricerca con il fine di scoprire le motivazioni per cui i soggetti sono stati attratti e per cui rimangono e quali sono gli aspetti migliori del lavorare nell’ azienda. Una volta dedicata un’ adeguata attenzione al primo step, la ricerca si trasforma in strategia. Il punto di partenza è l’“Employer Value Proposition” (EVP), indicatore di valore percepito a fronte di un determinato costo, il cui obiettivo è quello di differenziare l’azienda dai rivali e cercare di attrarre e trattenere dei collaboratori di talento. Le imprese rafforzano la proposta di valore che offrono ai dipendenti per ottenere risultati migliori nell’attrazione e nella ritenzione dei talenti, fornendo ai manager gli elementi essenziali che ricercano, ovvero: un lavoro eccitante, un ambiente eccellente, una retribuzione interessante e delle opportunità di sviluppo. Per ottenere tal risultato, è opportuno costruire un ambiente di lavoro adeguato alle esigenze dei dipendenti, con una costante attenzione al clima organizzativo, gestire le prestazioni dei collaboratori, investire nello sviluppo delle competenze professionali, comunicare in modo chiaro e distintivo la proposta di valore legata al brand aziendale. 77
(Gravili, 2011)
Si adotta una politica di employer branding, di modo che le aziende riducano al minimo i costi del reclutamento a causa della recente crisi economica che ha colpito gran parte dei paesi e ha trovato una sua legittimità nell’abitudine ormai diffusa di utilizzare i social network e volta a sviluppare un “brand” in grado di attrarre buoni candidati.
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Harris F. , Leslie de Chernatony, "Corporate branding and corporate brand performance", European Journal of Marketing, Vol. 35 Iss: 3/4, pp.441 – 456, 2001 77 Gravili, G., Il social recruiting, Cacucci Editore, Bari, 2011 84
L’employer branding esterno si riferisce al branding che viene realizzato utilizzando fonti esterne e che possono, o non, richiedere alcuni investimenti in forme monetarie o altro. Al fine di affrontare le sfide del futuro, avremo bisogno di attrarre una forza lavoro diversificata, e i modi selezionati per migliorare il reclutamento sono la partecipazione ad associazioni statali, con attività di volontariato, con lo sviluppo di progetti di ricerca, partecipazione a fiere.
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III CAPITOLO Esperienze di employer branding
1. Introduzione 1.1 Valentino e BNL-BNP Paribas a confronto 1.2 L’ employer branding dal punto di vista dell’ employer: interviste a confronto
1. Introduzione
In questo ultimo capitolo si espongono diverse esperienze organizzative di politiche di employer branding al fine di poter comprendere nel dettaglio gli elementi teorici, le caratteristiche e i vantaggi che si possono conseguire da questo innovativo processo. Per tale motivo, si analizza il percorso di employer branding dal punto di vista dell’employer, basandoci sull’intervista tenuta con la dott.ssa Erminia Girardi, hr recruiter specialist presso Valentino S.p.a., casa di moda protagonista del mondo del lusso, e con la dott.ssa Carole Sottel, Employer Branding Manager di BNL nel Gruppo BNP Paribas, leader nei servizi bancari e finanziari in Europa e nel mondo, presente in Italia da oltre 40 anni. L’incontro con le due esperte, ha permesso di poter unire l’aspetto teorico dell’argomento con quello pratico dell’intervista e di poter capire che cosa significa nel concreto realizzare una politica di employer branding. Pertanto, si inizia con l’introdurre il profilo di Valentino e della hr recruiter specialist Girardi congiuntamente al profilo di BNL nel Gruppo BNP Paribas in cui opera l’ employer branding manager, la dott.ssa Sottel.
1.1 Valentino e BNL- BNP Paribas a confronto
Valentino S.p.a., società appartenente al Gruppo Valentino, opera nel settore della moda e del lusso e la sua principale attività sociale è l’ideazione, la fabbricazione, lavorazione e commercializzazione di prodotti di abbigliamento accessori maschili e femminili. Fin dall’inizio si è occupato della gestione delle risorse umane, elemento 86
indispensabile per l’esistenza dell’ impresa. La dedizione e la professionalità dei dipendenti sono valori e condizioni determinanti per il successo di Valentino. Nato nel 1957, il marchio si affermò quando, Valentino, aprì insieme ad alcuni soci il primo atelier a Roma in via Condotti. Il marchio Valentino è il core brand dell'intera azienda Valentino S.p.A., e comprende le collezioni dell’alta moda e del pret-a-porter78 sia femminile sia maschile. Attraverso Valentino, vengono distribuite borse, calzature, pelletteria, cinture ed altri accessori per le donne e per gli uomini. Si tratta di prodotti destinati a una clientela selezionata, che include personalità di spicco come Farah Diba, Elizabeth Taylor, Jacqueline Kennedy Onassis, Marella Agnelli e la principessa Margaret Windsor. Valentino, vanta sedi come New York, Ginevra, Losanna e Tokyo, e si interessa anche di collezioni di abiti da sposa, occhiali da sole, orologeria, profumi, realizzati e commercializzati su licenza. Il gruppo, grazie ai recruiters presenti in azienda, affronta numerose problematiche legate alle politiche di employer branding, ai processi organizzativi ed informativi. Inoltre, si impegna a sviluppare capacità e competenze di ciascun dipendente affinché l’energia e la creatività dei singoli trovino piena espressione nel conseguimento degli obiettivi del gruppo. La progettazione organizzativa e i sistemi per la gestione delle risorse umane restano ancora oggi il fulcro della selezione, insieme con attività di valutazione, formazione, consulenza, e di ricerca di campo. Nell’ area delle risorse umane, le sue competenze sono ampiamente specializzate: si affrontano complessi progetti, problemi di natura organizzativa e sociale, curando apprendimento, sviluppo e monitoraggio di nuovi comportamenti organizzativi, che sono di fondamentale importanza per l’operare dell’impresa. L’ obiettivo di Valentino è volto ad offrire a tutti i dipendenti le medesime opportunità di crescita professionale, facendo in modo che tutti possano godere di un trattamento equo basato su criteri di merito, senza discriminazione alcuna. Le funzioni competenti devono: Pret-a-porter, è un’espressione mutuata dalla lingua francese che tradotto letteralmente significa “pronto da indossare”, indica nel campo della moda il settore dell’abbigliamento costituito da abiti da indossare, non su misura del cliente ma venduti finiti in taglie standard pronti per essere indossati. Esso si contrappone quindi agli abiti di sartoria come ad esempio quelli dell’alta moda. 78
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Adottare criteri di merito, di competenza e di valutazione delle capacità e potenzialità individuali, e comunque strettamente professionali per qualunque decisione relativa ad un dipendente:
Provvedere a selezionare, assumere, formare, retribuire e gestire i dipendenti senza discriminazione alcuna;
Presidiare l’ ambiente di lavoro affinché le caratteristiche personali non possano dare luogo a discriminazioni.
Ciascun destinatario deve collaborare attivamente per mantenere un clima di reciproco rispetto della dignità e della reputazione di ciascuno. L’azienda, contrasta pertanto ogni comportamento o atteggiamento discriminatorio o lesivo della persona, delle sue convinzioni e delle sue preferenze. Qualsiasi violazione delle disposizioni del presente articolo deve essere immediatamente comunicata alla Direzione Risorse Umane. Il marchio Valentino S.p.A. è distribuito in oltre 70 paesi in tutto il mondo, attraverso una capillare rete di negozi che conta all'incirca 1200 punti vendita, di cui 66 a gestione diretta. La dott.ssa Erminia Girardi, ricopre la carica di hr recruiter specialist dal maggio 2012 in Valentino S.p.a. Milano, ove è tutt’ora presente, e precedentemente ha svolto la mansione di Internship, presso Diesel HQ Breganze79. In quanto hr recruiter specialist, la dott.ssa Girardi, si occupa della selezione di tutte le figure corporate aziendali, offre consulenza di carriera e, nelle due esperienze lavorative vissute, ha appurato quanto l’ employer branding sia fondamentale nel processo di selezione per attrarre i migliori talenti e nel processo di redemption. Principalmente si occupa di attrarre risorse di valore, garantire l’efficacia delle attività di formazione sviluppare competenze, pianificare percorsi di carriera che valorizzino il capitale umano; tutto ciò senza distogliere mai l’attenzione dai costi . Senza dimenticare che, chi si occupa di risorse umane svolge un ruolo assolutamente trasversale: dunque non possono mancare capacità comunicative, buone doti relazionali,
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La Diesel, è una multinazionale dell’abbigliamento con sede generale in Italia, nell’area ex Moto Laverda e Breganze (VI), con punti vendita in tutto il mondo. Fondata nel 1978 da Renzo Rosso, tuttora presidente dell’agenzia. Produce varie collezioni di abbigliamento (sia maschile che femminile), spaziando da jeans e maglioni all’abbigliamento intimo. Nel 2008 è uscita la prima automobile marchiata diesel, la Fiat 500 Design By Diesel.
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intuito ed elasticità mentale. Verso i clienti si impegna a dare elementi che evidenziano il benessere del personale e gli aspetti migliori interni all’azienda. La dott.ssa Carole Sottel, si occupa in prima persona dell’ employer branding per BNL nel Gruppo BNP Paribas, ricoprendo la carica di Employer Branding Manager. Il Gruppo BNP Paribas, leader europeo nei servizi finanziari di portata mondiale, è operativo sul mercato italiano da oltre 40 anni e grazie all’acquisto di BNL nel 2006, e alla presenza di altre società del Gruppo, mette a disposizione dei clienti italiani prodotti e servizi, dai tradizionali ai più innovativi, in grado di soddisfare le esigenze di privati, professionisti, aziende e istituzioni. Detiene posizioni chiave in tre settori di attività, proponendo un’offerta completa e integrata: Retail banking, Corporate & Investment Banking, Investment Solutions. Il Gruppo è presente in Europa in quattro mercati domestici attraverso la banca retail: Belgio, Francia, Italia e Lussemburgo. La sua sede principale è Parigi, ed è considerata una delle 6 banche più solide al mondo secondo la valutazione della società di rating Standard & Poor’s. BNP Paribas detiene una delle più grandi reti internazionali con una presenza in 84 paesi e un organico di 201.800 collaboratori, di cui 159.800 in Europa, 15.000 in Nord America e 10.100 in Asia. L’Italia rappresenta oggi il secondo mercato domestico di BNP Paribas e un territorio in cui il Gruppo desidera giocare un ruolo da protagonista. Le sedi in Italia, organizzate in 890 agenzie sono: Milano, Firenze e Roma. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un percorso intenso con risultati positivi grazie alle capacità di tutte le 19.000 persone e alla fiducia di BNP Paribas. Le risorse umane godono di una grande considerazione e la dott. ssa Sottel si occupa di tutto ciò che è inerente la politica di employer branding, al fine di attirare candidati e fidelizzare quelli già in azienda. Il gruppo bancario vuole rendere sempre più soddisfacente la politica di employer branding, operando sia all’ interno verso i dipendenti che all’esterno verso i potenziali candidati. Si organizzano numerose iniziative di employer branding, sia per i dipendenti che per i potenziali candidati:
giornate di orientamento per studenti o figli di dipendenti;
programma di sviluppo per i talenti;
partecipazione a diversi incontri con la direzione generale.
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L’esperienza di un grande Gruppo internazionale, che guarda al futuro, in grado di adattare la propria struttura alle necessità locali dei paesi in cui opera, è la chiave di successo di BNP Paribas. Nell’ indagine condotta annualmente sulle imprese più ambite dai neolaureati, BNL Gruppo BNP Paribas è la prima banca del “Best Employer of Choice 2014”. Nella classifica generale, BNL occupa la quarta posizione in un gruppo di circa 150 aziende. Il raggiungimento di questo traguardo per BNL è stato possibile anche grazie al constante impegno nel supportare i giovani nella ricerca del primo impiego, promuovendo iniziative di orientamento al lavoro e job meeting nelle università, come “OrientaMente by BNL”. Tra gli eventi dedicati ai laureati, BNL ha organizzato finora 9 “Recruiting Day”, una giornata in azienda per dare ai giovani la possibilità di dimostrare il loro valore ed entrare da subito in banca. Il 75% delle assunzioni che BNL ha realizzato nel corso del 2013 è costituito da giovani al primo impiego, che assicurano alla Banca risorse preparate e motivate da inserire nei vari ambiti di attività. Da sempre, BNL punta sull' eccellenza delle persone che operano a tutti i livelli nell’organizzazione: le persone di BNL sono il motore dello sviluppo verso traguardi sempre più complessi e ambiziosi. L’ obiettivo è lavorare con persone di eccellente qualità professionali ed umane, pronte ad affrontare ogni giorno, con energia e passione, le sfide poste dal mercato, aperte al confronto e a lavorare con gli altri, caratterizzate da forte integrità e senso di responsabilità. Le risorse umane in BNL sono il primo "Asset", per cui si investe molto su di esse, mostrando molta attenzione alla mobilità, alla formazione delle nuove leve, riconoscendone e valorizzando i punti di forza e intervenendo sui punti di debolezza, e ne deriva che il benessere fisico e psicologico di queste sia un bene da tutelare. L'idea è di avere persone con skills ed opportunità di crescita in BNL, ove ognuno ha un gestore individuale che lo aiuta a fare le giuste scelte nel suo percorso di carriera. Il focus principale è offrire opportunità che diano ai giovani percorsi di crescita all’interno non solo di BNL, ma di tutto il Gruppo BNP Paribas, uno dei più solidi in Europa. L’ obiettivo comune a tutti gli impiegati, e sposato anche dalla dott.ssa Sottel, è far conoscere sempre più la strategia HR di BNL e far predominare i propri dipendenti perché loro possono spiegare meglio cosa sia la HR e cosa significa lavorare in BNL.
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La dott. ssa Carole Sottel, si occupa in prima persona dell’ employer branding per BNL nel Gruppo BNP Paribas di Roma, ricoprendo da Aprile del 2013, la carica di Employer Branding Manager. Si occupa nello specifico di:
Employer Branding Strategy, including external & internal recruitment communication;
Camous Management & partnership whit University and Business Schools;
Web & Social Media management.
BNL-BNP Paribas, dunque, sviluppa la propria strategia di employer branding avvalendosi sia di un team interno, sia di aziende esterne visionarie che possono collaborare sulla parte creativa e/ o tecnica dei progetti. Il team interno è stato da poco rafforzato puntando per il lato junior sulla crescita dall’ interno. Per il lato senior si è avvalso della dott.ssa Sottel, proveniente dall’ Headquarter del Gruppo BNP Paribas con sede Parigi. Le competenze che ella, o un qualsiasi esperto deve possedere, per svolgere tale mansione, sono relative alla conoscenza della comunicazione, del marketing e possedere un grande senso pratico. La dott.ssa Sottel, nella sua esperienza concreta, in BNL gruppo BNP Paribas, svolge il suo lavoro per essere sempre più vicino alle Università e proporre "coaching session" per trasmettere ai giovani nozioni e direttive su come scrivere un CV, come affrontare un colloquio e come inserirsi meglio nel mondo del lavoro. Per la dott.ssa, così come per i suoi colleghi, niente è più gratificante di quando i ragazzi o chiunque sia la ringraziano per il supporto e l’ utilità mostrata nel suo operato.
1.2 L’ employer branding dal punto di vista dell’ employer: interviste a confronto L’intervista effettuata alla dott.ssa Erminia Girardi e alla dott.ssa Carole Sottel ha permesso di mettere in evidenza molti aspetti importanti di questo processo, che hanno un’incidenza sulla crescita del valore aziendale, sulla reputazione dell’ azienda come employer sul mercato del lavoro e sulla maggiore competitività dell’azienda di attrarre nuovi talenti rispetto ad altre realtà. 91
Essere “employer” e professionisti in questo periodo storico è molto più difficile, preoccupante, affaticante di un tempo. L’employer branding non si configura più come un semplice sistema di marketing per attrarre talenti o mezzo per “ben intrattenere” i dipendenti, ma un dispositivo di governance culturale e ingaggio operativo dell’impresa che sfruttando le classiche leve strumentali (cartacee, relazionali, digitali) possa espandere la sensibilità interna dell’impresa. La strategia dell’employer branding si traduce in un processo di creazione dei valori aziendali e della loro giusta comunicazione al target di riferimento. La base su cui poggia questo processo di valorizzazione aziendale è l’employer experience, costituita non soltanto da aspetti tangibili, ma soprattutto da aspetti intangibili, quali i valori, la cultura, lo stile manageriale e la carriera. L’employer branding è un dispositivo che promuova:
costruzione di senso e identità (individuale e organizzativa)
socialità diffusa e collaborativa
people caring (dalla gestione dello stress all’offerta di servizi interni)
In primo luogo, dall’intervista effettuata alla dott.ssa Girardi, è emerso che l’ employer branding, è considerata una strategia volta ad attrarre (recruitment) e trattenere (retention e engagment) i talenti con una “campagna pubblicitaria” rivolta ai clienti che in questo caso sono i possibili candidati futuri e gli attuali employers. La “campagna pubblicitaria” riguarda l’azienda a 360 gradi, con attenzione al business (è un’azienda che fa bene quello che fa, è un’azienda in crescita) ma anche all’impegno dell’azienda nei confronti dell’ ambiente (è un’azienda impegnata nel sociale, nel rispetto dell’ambiente, nello sviluppo del territorio in cui l’azienda sorge) e dei lavoratori (è attenta ai bisogni dei lavoratori fornendo asili nidi, palestre, orari di lavoro flessibili dimostrando un’attenzione ai bisogni dei lavoratori e al work-life bilance). Sostanzialmente, la dott.ssa Girardi, ribadisce la necessità di prendere atto del valore strategico di questa attività con la consapevolezza che fare employer branding ha un’incidenza significativa sulla reputazione dell’azienda come employer sul mercato del lavoro porre l’attenzione su questo punto. Si tratta di un’attività di marketing a tutti gli effetti la cui mission, condivisa da Valentino e dal Gruppo BNP Paribas, fa riferimento alla capacità dell’azienda di evidenziare internamente ed esternamente la qualità del proprio brand, senza alcuna distinzione, poiché non è possibile avere un "gap" tra le due comunicazioni, ma è
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importante considerare la coerenza del messaggio, dando ai dipendenti e ai candidati esterni un’ immagine aziendale coerente con quello che è l’impresa.
ANALOGIE Valentino e BNL-BNP Paribas
Mission: capacità dell'azienda di evidenziare internamente ed esternamente la qualità del brand
Fattori tangibili ed intangibili che invogliano un potenziale candidato a collaborare in azienda
Ambiente stimolante che aumenti l'effecienza delle risorse umane
Target: dipendenti e potenziali candidati
Una prima differenza, messa in luce, dalle due professioniste riguarda la presenza di una figura in azienda che si occupa esclusivamente di employer branding, e la dott.ssa Sottel, conferma l’esistenza di una persona specializzata, in quanto in BNP Paribas, è proprio lei impegnata in prima persona in tale mansione. Invece, la dott.ssa Girardi, spiega che nella sua esperienza lavorativa non ha mai trovato una figura specializzata esclusivamente nell’employer branding, forse perché questo concetto, più di una professione, viene inteso come una filosofia da attuare più o meno a tutti i livelli e da tutte le figure che costituiscono l’ufficio human resources. Dalle persone che si occupano di recruitment, a quelle che si occupano di sviluppo, formazione, comunicazione interna e gestione delle risorse umane, fino ad arrivare alle persone che si occupano di amministrazione e costo del lavoro; tutti devono dimostrare un’attenzione ai bisogni dei dipendenti attraverso la propria sensibilità e le proprie
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competenze e, come funzione hr, attuare dei progetti che valorizzino la propria azienda come best place to work. Ritornando invece in BNL, si denota l’importanza di una Employer Branding Manager, appunto la dr.ssa Sottel, figura specializzata, le cui conoscenze spaziano dal marketing alla comunicazione. Alla domanda quali siano le competenze fondamentali e necessarie che un eccellente employer deve avere, la dott.ssa Sottel ha risposto che “le capacità indispensabili che un employer deve possedere sono: senso di responsabilità, trasparenza, senso pratico al fine di comunicare efficacemente eventi, iniziative o anche le proprie esigenze di recruiting. Ed ancora, occorre essere proattivi, creativi e con la voglia di interfacciarsi con temi nuovi ed innovativi”. Questa sorta di comunicazione dell’immagine dell’azienda deve essere assolutamente coerente con ciò che l’azienda è, con i valori e con la cultura aziendale. Durante l’intervista, è stato presentato come esempio di esperienza aziendale, che la ha particolarmente entusiasmata e coinvolta, un Project Work il cui focus riguardava l’ Employer Branding nell'epoca di Facebook, specificamente nel Gruppo Loccioni.80 Il progetto, dal titolo “Social Recruiting: l'employer branding nell'epoca di Facebook”, era volto a :
Analizzare le principali criticità del portale;
Svolgere attività di employer branding per migliorare la visibilità e l’appeal del portale Loccioni People;
Sviluppare nuove modalità di Recruiting attraverso l’utilizzo dei Social Network più emergenti.
La dott.ssa Girardi, nel suo percorso professionale, fa fede ad un proprio motto: “ Solo chi crede fermamente nei propri sogni, può arrivare al successo!”. Anche la dott.ssa Sottel, ha ricordato una serie di progetti e attività poste in essere durante la sua carriera.
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Impresa familiare, fondata nel 1968 dalla volontà di Enrico Loccioni di creare sul territorio, e diffondere nel mondo, un modello imprenditoriale che sviluppasse lavoro e conoscenza, integrando idee, persone e tecnologie, nella misura e miglioramento della qualità di prodotti e processi dell’industria manifatturiera e dei servizi. Il Gruppo Loccioni, integra idee, persone e tecnologie nello sviluppo di sistemi automatici di misura e controllo, per migliorare la qualità, l’efficienza e la sostenibilità di prodotti, processi ed edifici. L’impegno è misurare per migliorare, aiutando chi fa prodotti o offre servizi a farlo nel migliore dei modi, risparmiando tempo, denaro e nel rispetto dell’ambiente. I nostri clienti e partner sono i leader mondiali nei loro mercati, dall’Automotive, all’Elettrodomestico, dall’Ambiente, al Medicale. 94
Dal 2009 al 2013, in qualità di Deputy Head of Recruitment - International Employer Branding, presso la sede di Parigi, si è occupata di:
Creazione e coordinamento di un International Recruitment Community
Gestione di External Recruitment Communication e Employer Branding
Follow-up e sviluppo di un Group Campus Management
Ideazione e implementazione della strategia web di reclutamento
Creazione e implementazione di originali strategie di attrazione dei candidati
Supervisione di un team incaricato della metodologia di reclutamento, del processo e degli strumenti.
Implementazione di un nuovo processo e di gestione delle modifiche in materia di contratto temporaneo (interinale)
Gestione di un team di comunicazione e di reclutamento
Ha realizzato un progetto, denominato “BNP Paribas HR Digital Day/ organization committee and facilitation” al fine di aiutare il responsabile a lanciare il primo evento interno dedicato a tutti i membri HR. Il progetto, si prefissava un solo obiettivo: fare leva sui Social Media e sugli strumenti digitali per continuare a sviluppare pratiche HR (recruitment, talent management, employer branding, learning & development, internal mobility), tutto sponsorizzato da BNP Paribas Group HR Director. Numerose sono le iniziative di employer branding che la dott.ssa Sottel, insieme ad un gruppo di esperti, idealizza sia per i dipendenti che per i potenziali candidati:
giornate di orientamento per studenti o figli di dipendenti;
programma di sviluppo per i talenti;
partecipazione a diversi incontri con la direzione generale.
Per rispondere alle esigenze dei propri clienti BNP Paribas ha studiato un’offerta finanziaria e di consulenza altamente specializzata, ed è presente in Italia con tutte le sue linee di business che spaziano dall’asset management al Real Estate, passando per il factoring, il leasing, il settore assicurativo e la gestione delle flotte aziendali. L'idea che si prospetta per il futuro è di far cambiare la visione del settore bancario e soprattutto del Gruppo che è rappresentato in Italia da un insieme di aziende variegato e solido. Si può contare su una sinergia capace di accrescere il valore di ognuna delle sue componenti, potendo così guardare al futuro con consapevolezza e coesione. Riconosciuta l’importanza strategica dell’ employer branding, la banca ha iniziato a lavorare sulla sua presenza sui diversi canali. 95
Dal punto di vista della comunicazione BNL col Gruppo BNP Paribas, lavora costantemente nel rafforzare la relazione sia reale, attraverso la partecipazione a job meeting, la presenza presso le università e gli incontri di puro orientamento al lavoro non finalizzati all’ assunzione, sia virtuale, attraverso la presenza all’interno dei canali social come Facebook, Linkedin e Twitter. La banca ha strutturato una campagna di comunicazione, nell’ Aprile 2013, “People not Numbers”, che rispecchia la realtà aziendale e considera i candidati come Persone e non numeri. L’ implementazione del nuovo modello di servizio, prevede la creazione di spazi social dedicati alle aree commerciali, che costituiscono il vero core business della banca. I miglioramenti evidenziati anche nella classifica “Best Employer of Choice 2014”, sono dettati dalla costanza di portare avanti progetti ben avviati e la continua ricerca di nuove iniziative. Relativamente alla Talent attraction, il progetto per una prospettiva futura consiste nello sviluppare e consolidare contatti e rapporti con le persone più interessanti secondo le priorità strategiche della banca, attraverso il contatto diretto presso le principali Università e Business School italiane e internazionali. Relativamente alla Talent retention, in campo è stato proposto il progetto “EnergyLab” e il “Talent Development Programm”, che prevedono una formazione delicata e l’accelerazione dei percorsi di crescita per junior e senior di alto valore. In cantiere vi sono diverse ipotesi e gli obiettivi principali sono, come sempre, efficienza, qualità, crescita e relazione. Sia nell’azienda che opera nel mondo del lusso sia nel settore bancario, si evidenziano svariati fattori tangibili ed intangibili che invogliano un potenziale candidato a collaborare in azienda, tra cui: il work life balance (giusto equilibrio tra l’ energia dedicata alla vita professionale e quella disponibile per la vita privata) , il senso di appartenenza, una corposa retribuzione, gli investimenti in formazione, il welfare, le opportunità di carriera, agevolazioni e convenzioni che facilitano la vita delle persone. Ultimo, ma non per questo meno importante, è bene creare un’ ambiente di lavoro stimolante che aumenti l’efficienza delle risorse umane ed abbia un impatto favorevole sulla produzione aziendale. Non a caso, la dott.ssa Sottel, nell’intervista, ha ironicamente affermato: “…non siamo tutti Google, per cui consideriamo l’ambiente di lavoro “figo”!...ma è importante
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essere trasparenti e veritieri, poiché in banca, si sa che l’ ambiente è sì caloroso, ma comunque sobrio e serio”. È importante la coerenza del messaggio, quello che viene comunicato all’esterno deve poi essere anche l’impegno nel concreto dell’azienda verso i propri dipendenti. Alla domanda se esista una distinzione tra comunicazione interna ed esterna, entrambe sono d’accordo nel confermare che il modo di descriversi da parte dell’azienda, è lo stesso sia all’interno che all’esterno, ed in particolar modo, non potendo attuare politiche differenti, la dott.ssa Sottel afferma che: “non è possibile di avere "GAP" tra le due comunicazioni, in caso in cui si manifesti il “GAP” si hanno risvolti visibili, ma soprattutto critici sui social media”. Considerando gli strumenti utilizzati per la comunicazione interna ed esterna notiamo piccole divergenze nei due contesti di riferimento. Nel Gruppo BNP Paribas, si passa dagli strumenti di comunicazione interna più tradizionali a quelli più digitalizzati: riunioni, colloqui, affissioni in bacheca, posta elettronica ed un’ intranet aziendale che consente in tempi rapidi di entrare in possesso delle informazioni necessarie; mentre tra gli strumenti della comunicazione esterna consideriamo: web, blog, ma anche, e soprattutto, azioni "real" con gli studenti nelle Università o nella sede aziendale stessa. Secondo uno studio condotto dalla dott.ssa Sottel sui social media, la popolazione dei neolaureati non usa Facebook, Twitter, Pinterest, percentualmente parlando, per la ricerca del lavoro, a differenza del canale Linkedin, che funziona bene per innescare contatti professionali, ma solo per una popolazione di middle-high managers. In Valentino, accanto agli strumenti già menzionati precedentemente per BNP Paribas, utilizzati per creare coesione e diffusione dell’informazione, c’è una Academy interna che si occupa dell’induction di tutti i nuovi assunti, una giornata di formazione sulla storia della maison a partire dalla nascita fino ai giorni nostri, sull’organizzazione aziendale, sui valori e sui progetti futuri, utili oltre che ad informare e a diffondere la cultura organizzativa, anche a favorire i processi di socializzazione e integrazione tra i nuovi dipendenti, instaurando dinamiche relazionali positive . L’intranet aziendale, in Valentino, non è ancora attiva, lo sarà verso maggio/giugno 2014, per cui non è possibile ancora dare informazioni precise sui contenuti, ma sicuramente saranno presenti tutte le policy aziendali, le convezioni, gli eventi e le pubblicazioni stampa, i video delle sfilate in streaming, progetti speciali, ecc…).
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Per Valentino, si tratta di un nuovo progetto su cui sta lavorando un team di persone esperte di digital e comunicazione interna, che testimonia la crescita che sta vivendo in questi ultimi anni l’azienda. Per la comunicazione esterna si considerano tutti i canali istituzionali: il sito internet, la pagina Facebook e Valentino, è presente anche su Twitter, Instagram, Youtube e a questi, si aggiungono le giornate di career day presso università e scuole. In BNP Paribas, invece tutti possiedono un Intranet aziendale, sicuramente uno strumento di fidelizzazione, ma non tutti hanno il tempo di consultare sempre gli articoli. Credono molto in queste nuove forme di comunicazione come opportunità da sviluppare, ritenendo inoltre che andranno incrementandosi nel tempo e si pone molta attenzione sul Web 2.0, che consente un tipo di comunicazione ancora più pervasiva di un tradizionale sito web. L’intento, è quello di relazionarsi in maniera diretta con chi cerca lavoro e chi lo offre, proponendosi come piattaforma in cui confrontarsi sulle tematiche inerenti le risorse umane. I target di Valentino, dipendenti e potenziali candidati, hanno una comunicazione istituzionale ben differenziata: i principi cardini e i valori dell’azienda sono uguali e veicolati a tutti gli interlocutori, anche se cambiano le modalità. Così come i target a cui fa riferimento il sistema banca, di BNP Paribas, ovvero gli entry level e i professionisti: ciascuno ha una strategia di comunicazione ben precisa, nonostante occorra che vi sia una coerenza nei messaggi che si vogliono comunicare. Nel settore banca, si sta utilizzando un approccio meno istituzionale rispetto al passato, con l’utilizzo di un linguaggio giovanile cercando di diffondere la cultura dell’innovazione, pur rimanendo un’azienda che vuol trasmettere professionalità e attenzione al tema “lavoro”. L’ultima differenza messa in evidenza tra i due settori, quello bancario e quello della moda e del lusso, è relativa ai sistemi di misurazione delle performance dei modelli di strategia di employer branding.
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Esiste
una
figura
specializzata,
con Non esiste una figura specializzata poiché
competenze distintive che spaziano dal l’e.b. più che come professione viene marketing alla comunicazione, con senso inteso come filosofia da attuare a tutte le di appartenenza, trasparenza e creatività.
figure nell’ufficio hr.
Tra gli strumenti di comunicazione interna Si punta a strumenti di comunicazione si annoverano riunioni e colloqui.
interna come un’ Academy, giornata di
Per quanto riguarda la comunicazione formazione. esterna il canale Linkedin è il preferito per Tra
gli
strumenti
di
comunicazione
innescare contatti professionali.
esterna abbiamo: web e blog.
Esiste un’intranet aziendale
Non ancora è attiva un’intranet aziendale, lo sarà per maggio/giugno 2014
Indicatori quantitativi: incremento dei Non sono stati ancora adottati sistemi di nuovi CV, efficacia degli annunci, visite misurazione dell’e.b., anche se alcune giornaliere sulle pagine.
informazioni sull’ efficacia della strategia,
Indicatori qualitativi: BNL and Me (focus si traggono ad esempio dal tasso di group), followers Twitter e Linkedin, turnover. RGS Cesop, Universum, Trendence.
Le metriche, indicatori qualitativi e quantitativi, rispondono all’esigenza dell’azienda di come si valuta la strategia di employer branding, se essa sta funzionando bene o meno anche in termini di appealing e se il livello di attrattività sia consono. Purtroppo, Valentino, non ancora è arrivato ad adottare sistemi di misurazione dell’employer branding, anche se, in modo non formalizzato e analitico, si possono trarre informazioni sull’efficacia della strategie di employer branding considerando alcuni numeri, ad esempio il tasso di turnover, oppure alcuni parametri qualitativi estrapolati dalle interviste ai candidati, in particolare come viene percepita l’azienda all’esterno. 99
La dott.ssa Sottel, invece, con un’esperienza significativa alle spalle, nel suo Gruppo, considera vari indicatori quantitativi di cui possiamo tener conto come i vari analitics del sito aziendale che utilizzano (es: incremento dei nuovi CV, efficacia degli annunci, visite giornaliere sulle pagine,…). Inoltre si tiene conto di dati qualitativi come ad esempio BNL and Me ( un focus group organizzato presso le sedi che coinvolge i fan della pagina Facebook), i followers Twitter e Linkedin o le survey sul posizionamento come le RGS Cesop, Universum, Trendence. Sentimenti come la fiducia, la soddisfazione giornaliera nel sapere che la propria attività arricchisce sé stessi e contribuisce a distribuire un miglior servizio o prodotto ai propri clienti, l’orgoglio di fare parte di un’azienda conosciuta ed apprezzata e percezioni come l’aspettativa che i propri feedback servano ad arricchire l’organizzazione sono di gran valore e per questo sempre più aziende percorrono la strada dell’ employer branding. Alla luce di tutto, le interviste, si pongono un’ obiettivo, ovvero, quello di ricavare una panoramica sul tema dell’employer branding focalizzandosi principalmente sul modello EBGF di strategia dell’employer branding, sugli strumenti di comunicazione interna ed esterna e sui sistemi di misurazione di performance. Da sempre, Valentino e BNP Paribas, dispongono delle risorse umane con lungimiranza, favorendone e sviluppandone il naturale percorso di carriera, offrendo a tutti i dipendenti le medesime opportunità di crescita professionale, facendo in modo che tutti possano godere di un trattamento equo basato su criteri di merito, senza discriminazione alcuna. In conclusione le interviste esposte valorizzano e confermano l’importanza che l’employer branding ha nel supportare e potenziare l’employer image dell’ azienda, sia in riferimento a Valentino che a BNP Paribas, permettendo loro così di porsi nel mercato esterno del lavoro con una ben definita rappresentazione di sé stesse, atta ad attrarre, ispirare e migliorare il rapporto individuo-organizzazione alla base del processo di reclutamento. L’employer
branding, inoltre, in entrambi i casi fornisce un utile sostegno al
programma di career management, strumento di fondamentale importanza per uno strategico allineamento degli obiettivi individuali ed organizzativi e contribuisce in maniera significativa a mantenere e sviluppare una fra le risorse più economicamente e strategicamente rilevante: il capitale umano. 100
La dott.ssa Girardi, in conclusione afferma che: “al giorno d’oggi è essenziale attuare una politica di employer branding se si vuole partecipare a quella che molti hanno definito come una battaglia per attrarre a sé i migliori talenti, in un’ottica di successo aziendale, in un mercato fortemente concorrenziale”.
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Appendice A : Eugenio Amendola la carriera
Laureato in Economia con specializzazione in Comunicazione, Marketing e Sviluppo Risorse Umane, è co-fondatore e chairman dell’ International Employer Branding Summit, un’organizzazione di ampio respiro tramite la quale coordina convegni e ricerche a livello internazionale sul tema dell’ employer branding. Dal 2009, coordina le attività dell’Osservatorio Employer Branding e dirige la rivista “ Employer Branding Review”, consultabile sul web, ove si riportano le esperienze più significative di aziende nazionali ed internazionali sul tema. Ha seguito diversi progetti di employer branding per importanti aziende multinazionali ed è autore di diversi articoli sull’ argomento, speaker a numerose conferenze, e docente in alcuni corsi e master universitari. Ha redatto il libro “ Corporate Recruiting Employer Branding e nuove tendenze”, pubblicato nel 2008, ha curato la prefazione del libro “Employer Branding, tra ricerca e applicazione” edito da Franco Angeli ed ha collaborato alla redazione del libro “Nuove tecniche del Coaching” edito da De Vecchi. Ha ricevuto una speciale menzione nel libro “Employer Brand Leadership” scritto da Brett Minchington e nel marzo 2012 ha ricevuto l’ Innovation Award da Etline. Attualmente, il dr. Eugenio Amendola ricopre il ruolo di Managing Director di Anthea Consulting e Director di EBI (Employer Brand Institute) Italy, si occupa da quasi quindici anni di employer branding, già quando il concetto e la conoscenza empirica del tema non erano ancora conosciute dalle aziende che quindi facevano molta fatica a trasferire
nella
pratica
il
significato
di
questo
argomento.
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Appendice B: intervista Eugenio Amendola
1. Secondo il suo punto di vista, che cosa si intende per Employer Branding? L’employer branding è una strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer (luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitors, attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento. È importante considerare una visione strategica del concetto, che spesso viene confuso con azioni tattiche ed operative, come la partecipazione ad una job offer o lo sviluppo di un career site. S’è cercato, attraverso convegni, di diffondere efficacemente quello che è il valore strategico dell’employer branding, anche a livello internazionale, cercando di far trasparire il concetto più come strategia che come azione operativa e tattica.
2. Perché attuare una strategia di E.B.? Il contributo che dà l’employer branding incide significativamente sulla crescita anche del valore aziendale e il top management dell’azienda, deve prendere atto del valore strategico di questa attività con la consapevolezza che fare employer branding ha un’incidenza significativa sulla reputazione dell’ azienda come employer sul mercato del lavoro e sulla maggiore competitività dell’azienda di attrarre nuovi talenti rispetto ad altre realtà, ecco perché si attua questa strategia.
3. Qual è la mission? in che modo si cercano di ottenere migliori risultati? Un’efficace strategia di employer branding punta a migliorare la propria reputazione e ad avere effetti diretti sulla crescita del valore aziendale nella misura in cui si riuscirà ad attrarre maggiori risorse qualificate, aumentare il grado di soddisfazione dei propri dipendenti di talento e migliorare la propria produttività e la performance anche come realtà in grado di produrre beni o servizi. Si punta inoltre, a mettere in evidenza la qualità del marchio all’ interno e all’ esterno dell’azienda. 4. L’ azienda, in quanto Employer, come si descrive ai collaboratori interni? E come a quelli esterni? Le modalità sono differenti? Comunicare verso l’esterno, è un passaggio basilare che permette di identificare gli elementi qualificanti dell’organizzazione, compresi da un sentimento interno. 103
Quindi se dall’analisi verso l’esterno traspare un’informazione magari errata rispetto alla concezione che hanno i dipendenti interni, allora si deve colmare questo gap riprogettando l’attività di comunicazione verso l’esterno in maniera tale che la percezione cambi e si allinei con i principi interni. Le modalità poste in essere per comunicare internamente ed esternamente sono differenti, ma il messaggio da trasmettere è unico. 5. Esiste una figura interna professionale, specializzata nell’ E.B., quali funzioni svolge e quali competenze deve possedere? Si, esiste una figura che si occupa di employer branding, e così come per la comunicazione nel social web, sono richieste competenze che sono presenti in più aree funzionali di un’azienda: comunicazione, relazioni esterne, marketing, etc… . Dunque, chi si occupa di risorse umane deve affrontare il tema della tecnologia e comprendere come inserirla in maniera efficace all’interno dei propri processi circondandosi di professionisti con skills adeguate.
6. Quali sono i fattori che invogliano un potenziale candidato a collaborare in azienda? Considerando le classifiche contenenti gli elementi che motivano di più le persone, scopriamo che uno degli elementi più importanti, anche più della compensation, è il senso di appartenenza, che si alimenta in differenti modi cercando di far vivere il più possibile ai dipendenti la vita dell’azienda, il prodotto dell’ azienda e dando loro un’idea che sia molto coerente con quello che l’azienda è davvero. A volte si organizzano anche eventi ludici, come feste a tema che hanno a che fare con il core business dell’azienda, molto curate perché attraverso le feste passa l’ idea dell’ azienda.
7. Ricreare un’ ambiente favorevole, aiuta? Creare un’ ambiente di lavoro favorevole per il dipendente, è importante e genera una maggiore fidelizzazione, una maggiore efficienza delle persone, permette di ottenere risultati aziendali sicuramente migliori ed è economicissimo. Lavorare in un ambiente sereno e favorevole, piuttosto che in un’ ambiente “deprimente”, comporta lo stesso costo, quindi tanto vale cercare di migliorare l’ambiente lavorativo. È importante conoscere bene il proprio ambiente di lavoro e quali sono i principali fattori che lo qualificano. Gli unici soggetti in grado di fornire questo tipo d’informazione sono i propri dipendenti, quelli migliori che hanno dimostrato fedeltà all’azienda e che sono soddisfatti di lavorare per quell’azienda. 104
8. Quali sono gli strumenti per la comunicazione interna? Diversi sono gli strumenti di comunicazione interna aziendale, più tradizionali a quelli più digitalizzati: riunioni, colloqui, affissioni in bacheca, posta elettronica. Per veicolare le informazioni le aziende usano newsletter, circolari e house organ, ma anche forum e community nei quali poter scambiare opinioni e confrontarsi sulle inevitabili insoddisfazioni. Diffusissima la rete intranet che consente in tempi rapidi di entrare in possesso delle informazioni necessarie.
9. E quelli per la comunicazione esterna? Tra gli strumenti più tradizionali per la comunicazione esterna come la pubblicità, le promozioni, le sponsorizzazioni e le relazioni pubbliche, vi è il sito web che risulta un’importante canale con cui stabilire un dialogo con il proprio candidato target a patto però che lo stesso non sia più statico ma diventi sempre più dinamico ed interattivo con un’efficace integrazione con i social media e con le nuove tendenze della comunicazione mobile.
10. L’ introduzione di nuovi strumenti di comunicazione in rete, supporta l’attività di E.B. e/o recruiting? Quali sono i pro e i contro? Credo molto in queste nuove forme di comunicazione come opportunità da sviluppare, ritenendo inoltre che andranno incrementandosi nel tempo. E’ un dato di fatto, che già i professionisti di oggi privilegino i social network come sistemi di condivisione e li ritengano funzionali allo sviluppo della propria carriera. Il Web 2.0 rappresenta una grande occasione, perché consente un tipo di comunicazione ancor più pervasiva di un tradizionale sito web. I Social Media sono strumenti molto importanti in quanto ci consentono di rafforzare la relazione e la comunicazione con i nostri potenziali candidati, utilizzando il loro linguaggio e i loro canali di comunicazione preferiti. I social network non sono altro che la versione digitalizzata e più efficiente delle reti sociali della vita reale, Facebook, Linkedin, Twitter, che chiaramente non scompaiono con l’avvento del 2.0 ma si modificano. L’intento è quello di relazionarsi in maniera diretta con chi cerca lavoro e chi lo offre, proponendoci come piattaforma in cui confrontarsi sulle tematiche inerenti le risorse umane.
11. Come considera l’ Intranet aziendale? È uno strumento di fidelizzazione? 105
Tra i vari strumenti che facilitano la comunicazione interna, vi è l’Intranet: uno strumento di fidelizzazione che comporta uno scambio di informazione continuativo che va ad irrobustire il rapporto tra azienda e dipendente, che facilita il trasferimento dei valori e della cultura aziendale.
12. Quali sono i vostri target di riferimento? Differenziate la comunicazione in funzione del target? È necessario individuare il target di riferimento, quindi, un’accurata analisi dei talenti già presenti in azienda, che fungono sia da parametro per l’individuazione delle caratteristiche da ricercare nell’attrarne di nuovi, sia da fonte di identificazione degli individui da trattenere. La comunicazione è ben differenziata in base al target cui ci riferiamo, in particolar modo, nei confronti dell’esterno si sta portando avanti una strategia di employer branding che mira alla condivisione e alla comunicazione orizzontale dei messaggi e dei valori dell’azienda a partire da quei luoghi di aggregazione virtuale che oggi sono costituiti dai social network.
13. Esistono dei sistemi di misurazione delle performance dei modelli di strategia di Employer Branding? L’employer branding ha introdotto una serie di metriche, molto semplici, che fanno capire il grado di competitività dell’azienda poiché: ”l’azienda deve essere attrattiva per essere più competitiva e questo lo si può misurare”. Le metriche, rispondono all’esigenza dell’azienda di come si valuta la strategia di employer branding, se essa sta funzionando bene o meno anche in termini di appealing e se il livello di attrattività sia consono. Tendendo conto di indicatori qualitativi e quantitativi, il primo feedback che è possibile considerare, è il tasso di qualità delle candidature, dato da un semplice rapporto tra la quantità delle candidature in linea col profilo che si sta cercando e la quantità totale delle candidature ricevute e poi un’altra metrica, spesso sottovalutata dal recruiter ma di grande importanza, è il tasso di perdita dei propri candidati durante l’iter di selezione: cioè quanti candidati eccellenti sto perdendo perché semplicemente hanno deciso di andare a lavora in un’altra azienda.
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14. Quali sono le prospettive per il futuro? La grande sfida per il futuro sarà la capacità dell’azienda di gestire ed integrare al meglio i suoi diversi ruoli: come realizzatore di profitto mediante la produzione di beni e servizi e, come “luogo di lavoro” dove i dipendenti attuali e potenziali possano trovare il piacere di lavorare. Il benessere sul luogo di lavoro migliora la produttività, e per questo la gestione del clima aziendale sta diventando, anche in Italia, un settore su cui puntare, tanto che nascono figure professionali adibite a questo: ad occuparsi della “felicità” dei dipendenti è infatti l’ employer branding. Per molte aziende, trovare i cosiddetti “talenti”, e riuscire a mantenerli nel proprio organico, è diventato un problema, fra le aziende si scatena una vera e propria competizione. Sempre più incisiva sarà l’ evoluzione dei social media, per cui si rende necessario conoscerli e farli propri, utilizzarli sia per autopromuoversi sia per prendere degli spunti per selezionare le risorse migliori. Sulle nuove tendenze emergenti nel corporate recruiting, ho recentemente scritto una serie di articoli pubblicati su www.monster.it e su alcune riviste specializzate. Ho ,anche, recentemente aperto un blog con l’obiettivo di stimolare un confronto critico e costruttivo in grado di diffondere la conoscenza di questi argomenti tra quanti, come me, sono impegnati nelle attività di recruiting e gestione dei talenti. L’ idea del blog si propone di diffondere opinioni e critiche sul tema in esame, e la considero: “ una delle prime tappe di un viaggio appena intrapreso”.
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Appendice C : intervista Erminia Girardi
1. Secondo il suo punto di vista, che cosa si intende per Employer Branding? L’employer branding è una tematica che da un po’ di anni sta attirando l’attenzione dei recruiters e delle persone che si occupano di risorse umane nelle aziende. L’employer branding è infatti una strategia volta ad attrarre (recruitment) e trattenere (retention e engagment) i talenti con una “campagna pubblicitaria” rivolta ai clienti che in questo caso sono i possibili futuri e gli attuali employers. Si tratta di un’attività di marketing a tutti gli effetti. 2. Perché attuare una strategia di E.B.? Penso che al giorno d’oggi sia essenziale attuare una politica di employer branding se si vuole partecipare a quelli che molti hanno definito come una battaglia per attrarre a sé i migliori talenti, in un’ottica di successo aziendale, in un mercato fortemente concorrenziale. 3. Qual è la mission? in che modo si cercano di ottenere migliori risultati? La finalità è quella di evidenziare internamente ed esternamente la qualità del proprio brand come luogo di lavoro. La “campagna pubblicitaria” riguarda l’azienda a 360 gradi, con attenzione al business (è un’azienda che fa bene quello che fa, è un’azienda in crescita) ma anche all’impegno dell’azienda nei confronti del ambiente (è un’azienda impegnata nel sociale, nel rispetto dell’ambiente, nello sviluppo del territorio in cui l’azienda sorge) e dei lavoratori (è attenta ai bisogni dei lavoratori fornendo asili nidi, palestre, orari di lavoro flessibili dimostrando un’attenzione ai bisogni dei lavoratori e al worklife bilance?).
4. L’ azienda, in quanto Employer, come si descrive ai collaboratori interni? E come a quelli esterni? Le modalità sono differenti? Interno e esterno è una distinzione che non esiste quando si parla di employer branding, secondo il mio punto di vista. Non si possono attuare politiche differenti di employer branding all’esterno e all’interno dell’azienda. È importante la coerenza del messaggio, quello che viene comunicato all’esterno deve poi essere anche l’impegno nel concreto dell’azienda verso i propri dipendenti.
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5. Esiste una figura interna professionale, specializzata nell’ E.B., quali funzioni svolge e quali competenze deve possedere? Nella mia esperienza in azienda, non ho mai trovato una figura specializzata esclusivamente nell’employer branding forse perché più di una professione viene intesa come una filosofia da attuare più o meno a tutti i livelli e da tutte le figure che costituiscono l’ufficio hr. Dalle persone che si occupano di recruitment, a quelle che si occupano di sviluppo, formazione, comunicazione interna e gestione delle risorse umane, fino ad arrivare alle persone che si occupano di amministrazione e costo del lavoro; tutti devono dimostrare un’attenzione ai bisogni dei dipendenti attraverso la propria sensibilità e le proprie competenze, e come funzione hr attuare dei progetti che valorizzino la propria azienda come best place to work.
6. Quali sono i fattori che invogliano un potenziale candidato a collaborare in azienda? In un’azienda in cui vi sono fattori come percorsi di crescita interni, investimenti sulla formazione, convenzioni e agevolazioni che facilitino la vita delle persone, quest’ ultime, sono orgogliose ed invogliate a far parte di essa, così come una buona retribuzione e le possibilità di carriera. 7. Ricreare un’ ambiente favorevole, aiuta? Un’azienda bella in cui lavorare, in cui sia ricreato un’ ambiente favorevole, facilita sicuramente la convivenza dei dipendenti in essa. 8. In che modo si tenta di dare ai dipendenti un’ idea coerente con quello che è l’azienda? Ovviamente questa sorta di comunicazione dell’immagine dell’azienda deve essere assolutamente coerente con ciò che l’azienda è, con i valori e con la cultura aziendale.
9. Quali sono gli strumenti per la comunicazione interna? Nella nostra azienda accanto a svariati strumenti, utilizzati per creare coesione interna e diffusione dell’informazione, soprattutto per aziende come nel nostro caso con sedi dislocate in zone diverse, c’è una Academy interna che si occupa dell’induction di tutti i nuovi assunti, una giornata di formazione sulla storia della nostra maison a partire dalla nascita fino ai gironi nostri, 109
sull’organizzazione aziendale, sui valori e sui progetti futuri, utili oltre che ad informare e diffondere la cultura organizzativa ad instaurare delle dinamiche di socializzazione e integrazione tra i nuovi dipendenti.
10. E quelli per la comunicazione esterna? Per la comunicazione esterna ci sono tutti i canali istituzionali: il sito internet, la pagina Facebook e poi siamo presenti anche su Twitter, Instagram, Youtube.
11. L’ introduzione di nuovi strumenti di comunicazione in rete, può supportare l’attività di E.B. e/o recruiting? Quali sono i pro e i contro? Ai canali istituzionali si aggiungono le giornate di career day presso università e scuole. Tendenzialmente partecipiamo ad eventi ad hoc per aziende di moda e collaboriamo con università che hanno percorsi di laurea e master attinenti al nostro settore. 12. Possiede un’ Intranet aziendale? Se si, è uno strumento di fidelizzazione? Uno strumento di comunicazione interna è l’intranet aziendale, ma qui nella nostra azienda, non è ancora attiva, lo sarà verso maggio/giugno. Non so dare ancora informazioni precise sui contenuti, ma sicuramente saranno presenti tutte le policy aziendali, le convezioni, gli eventi e le pubblicazioni stampa, i video delle sfilate in streaming, progetti speciali, ecc…). Si tratta di un nuovo progetto su cui sta lavorando un team di persone esperti di digital e comunicazione interna, che testimonia la crescita che sta vivendo in questi ultimi anni la nostra azienda.
13. Che ruolo giocano la fiducia e il coinvolgimento nel determinare il processo di E.B.? Un ruolo importantissimo, se i dipendenti non mostrano fiducia nei confronti dell’ azienda e viceversa non è possibile porre in essere un processo di employer branding. 14. Quali sono i vostri target di riferimento? Differenziate la comunicazione in funzione del target? Non abbiamo una comunicazione istituzionale differenziata per target; i principi cardini sono uguali e veicolati a tutti i nostri interlocutori, anche se cambiano le 110
modalità a differenza che ci si focalizzi su dipendenti, potenziali dipendenti, aspiranti dipendenti e pubblico più generale
15. Esistono dei sistemi di misurazione delle performance dei modelli di strategia di Employer Branding? Purtroppo non siamo ancora arrivati ad adottare sistemi di misurazione dell’employer branding anche se in modo non formalizzato e analitico si possono trarre informazioni sull’efficacia della strategie di employer branding considerando alcuni numeri (come ad esempio il tasso di turnover) oppure alcuni parametri qualitativi ( come ad esempio le interviste con i candidati, in particolare come viene percepita l’azienda all’esterno).
16. Mi racconti qualche aneddoto, un’ esperienza concreta. Durante le mie due esperienze lavorative ho notato quanto il brand e l’employer branding siano fondamentali nel processo di selezione per attrarre i migliori talenti e nel processo di redemption. Un’esempio di esperienza aziendale, che mi ha particolarmente entusiasmata e coinvolta, è quando ho collaborato ad un Project Work il cui focus riguardava l’ Employer Branding nell'epoca di Facebook, specificamente nel Gruppo Loccioni. Il progetto, dal titolo “Social Recruiting: l'employer branding nell'epoca di Facebook”, era volto a : analizzare le principali criticità del portale; svolgere attività di employer branding per migliorare la visibilità e l’appeal del portale Loccioni People; sviluppare nuove modalità di Recruiting attraverso l’utilizzo dei Social Network più emergenti. Il mio motto? … “ Solo chi crede fermamente nei propri sogni, può arrivare al successo!”.
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Appendice D: intervista Carole Sottel
1. Secondo il suo punto di vista, che cosa si intende per Employer Branding? Con il termine Employer Branding si intendono quell’ insieme di attività finalizzate a creare e comunicare sul mercato interno ed esterno un’immagine aziendale coerente con quello che è l’impresa, al fine di attirare candidati e fidelizzare le persone di talento già all’ interno dell’azienda.
2. Perché attuare una strategia di E.B.? Sostanzialmente la strategia di employer branding è attuata per attrarre il maggior numero di talenti all’interno dell’organizzazione e presentare l’azienda come un brand appetibile e allettante agli occhi dei potenzili candidati. Questa strategia è importante perché da più visibilità alla strategia HR delle Aziende e punta a massimizzare il senso di appartenenza.
3. Qual è la mission? in che modo si cercano di ottenere migliori risultati? La mission , quindi la finalità dell' employer branding, è quella di evidenziare internamente ed esternamente la qualità del proprio brand e di attirare le persone “giuste" e conservare i dipendenti “migliori”.
4. L’ azienda, in quanto Employer, come si descrive ai collaboratori interni? E come a quelli esterni? Le modalità sono differenti? Il modo di descriversi dell’azienda, è lo stesso sia all'interno che all'esterno: non è possibile avere un "GAP" tra le due comunicazioni e se ci fosse, sarebbe visibile poi sui social media e quindi sarebbe molto pericoloso per il Brand (o per l'immagine dell'azienda). 5. Esiste una figura interna professionale, specializzata nell’ E.B., quali funzioni svolge e quali competenze deve possedere? BNL sviluppa la propria strategia di employer branding avvalendosi sia di un team interno, sia di aziende esterne visionarie che possono collaborare sulla parte creativa e/ o tecnica dei progetti. Il team interno è stato da poco rafforzato puntando per il lato junior sulla crescita dall’ interno. Per il lato senior si è avvalso di me, in quanto Manager di employer branding proveniente dall’ Headquarter del Gruppo BNP Paribas con sede Parigi. Quindi esiste una figura specializzata, e chi come me, si occupa di employer branding, deve essere preparato in termini di comunicazione, marketing e risorse umane, 112
deve avere un gran senso pratico al fine di comunicare efficacemente eventi, iniziative o anche le proprie esigenze di recruiting. Occorre essere proattivi, creativi e con la voglia di interfacciarsi con temi nuovi ed innovativi.
6. Quali sono i fattori che invogliano un potenziale candidato a collaborare in azienda? I fattori che invogliano un potenziale candidato a rimanere in azienda possono essere il work life balance, lo stipendio, il welfare e le opportunità di crescita.
7. Ricreare un’ ambiente favorevole, aiuta? Certo che si, ricreare un'ambiante favorevole è importante anche se: :” non siamo tutti Google, per cui consideriamo l’ambiente di lavoro “figo”!...ma è importante essere trasparenti e veritieri, poiché in banca, si sa che l’ ambiente è sì caloroso, ma comunque sobrio e serio”. Un buon ambiente di lavoro stimolante e con attrezzature adeguate ed ambienti di buona qualità aumentano l’efficienza delle risorse umane, ed ha un impatto favorevole sulla produzione aziendale, mentre un locale caratterizzato da cattive condizioni di illuminazione, microclima e acustica riduce la concentrazione ed il rendimento giornaliero.
8. In che modo si tenta di dare ai dipendenti un’ idea coerente con quello che è l’azienda? È molto importante provare a dare ai dipendenti un’ idea coerente dell'azienda essendo i "porta voce" o ambasciatori all’ esterno, per cui, se essi stessi non hanno la giusta visione dell'azienda, si rischia di riportare notizie incoerenti e discordanti con la realtà.
9. Quali sono gli strumenti per la comunicazione interna? Gli strumenti utilizzati nella comunicazione interna sono intranet, le riviste, le affissioni in bacheca etc…,
10. E quelli per la comunicazione esterna? Gli strumenti della comunicazione esterna sono: social media, web, blog, ma anche, e soprattutto, azioni "real" con gli studenti nelle Università o nella sede aziendale stessa. 113
Da uno studio condotto nel tempo, ho appreso che la popolazione dei neolaureati non usa i social media come Facebook, Pinterest e Twitter, percentualmente parlando, per la ricerca del lavoro, a differenza del canale Linkedin, che funziona bene per innescare contatti professionali, ma per una popolazione di middle-high managers. La prima considerazione pertanto, è che è necessario avvicinarsi agli strumenti di comunicazione senza prospettive ottimistiche o con l’aspettativa di trovare soluzioni facili alle proprie esigenze organizzative. Facebook, Twitter, Linkedin, Pinterest, Youtube, sono i canali su cui si punta, ma non in senso assoluto, poiché dipende dal target d’interesse, infatti dal lato “job” siamo molto attivi su Facebook, Twitter e Linkedin.
11. L’ introduzione di nuovi strumenti di comunicazione in rete, supporta l’attività di E.B. e/o recruiting? Quali sono i pro e i contro? I nuovi strumenti di comunicazione in rete sono di supporto all'attività, però è importante avere una persona che gestisce questi canali. I social network sono un canale che offrono visibilità, e su quelli deputati alla ricerca di opportunità professionali si possono effettuare ricerche anche molto raffinate.
12. Possiede un’ Intranet aziendale? Se si, è uno strumento di fidelizzazione? Si, abbiamo un Intranet Aziendale, ed è sicuramente uno strumento di fidelizzazione, ma tutte le persone non hanno il tempo di leggere gli articoli.
13. Che ruolo giocano la fiducia e il coinvolgimento nel determinare il processo di E.B.? La fiducia e il coinvolgimento hanno un ruolo importante perché i dipendenti sono i nostri ambasciatori e se essi non hanno fiducia dell’azienda, allora non faranno buona pubblicità a quest’ultima, mostrando all’esterno punti di forza o di debolezza discordanti con la realtà.
14. Quali sono i vostri target di riferimento? Differenziate la comunicazione in funzione del target? I target a cui fa riferimento il sistema banca, sono gli entry level ma anche i professionisti, e ciascuno ha una strategia di comunicazione ben precisa, nonostante occorra che vi sia una coerenza nei messaggi che si vogliono comunicare. Sicuramente stiamo utilizzando un approccio meno istituzionale rispetto al passato: utilizziamo linguaggi dei giovani per rafforzare la nostra relazione e la vicinanza a loro. 114
Cerchiamo di diffondere la cultura dell’innovazione, pur rimanendo un’azienda che vuol trasmettere professionalità e attenzione al tema “lavoro”.
15. Esistono dei sistemi di misurazione delle performance dei modelli di strategia di Employer Branding? Ci sono vari indicatori quantitativi di cui possiamo tener conto come i vari analitics del sito aziendale che utilizziamo (es: incremento dei nuovi CV, efficacia degli annunci, visite giornaliere sulle pagine,…). Inoltre teniamo conto di dati qualitativi come ad esempio BNL and Me ( un focus group organizzato presso le nostre sedi, che coinvolge i fan della nostra pagina Facebook), i followers Twitter e Linkedin o le survey sul nostro posizionamento ( come le RGS Cesop, Universum, Trendence).
16. Quali sono le prospettive per il futuro? Per rispondere alle esigenze dei clienti, noi di BNP Paribas, abbiamo studiato un’offerta finanziaria e di consulenza altamente specializzata, per esser presenti in Italia con tutte le linee di business che spaziano dall’asset management al Real Estate, passando per il factoring, il leasing, il settore assicurativo e la gestione delle flotte aziendali. L'idea che si prospetta per il futuro è di far cambiare la visione del settore bancario e soprattutto del Gruppo che è rappresentato in Italia da un insieme di aziende variegato e solido. In cantiere vi sono diverse ipotesi e gli obiettivi principali sono, come sempre, efficienza, qualità, crescita e diffusione delle strategie di Hr. 17. Mi racconti qualche aneddoto, un’ esperienza concreta. Nella mia esperienza in BNL, svolgo il mio lavoro per essere sempre più vicina alle Università e proporre "coaching session" per insegnare ai giovani come scrivere un CV, come affrontare un colloquio e come inserirsi meglio nel mondo del lavoro. Per me, ma anche per i miei colleghi, niente è più bello che essere gratificati e ringraziati per il supporto e l’aiuto concesso da parte degli aspiranti dipendenti. Ho realizzato un progetto, denominato “BNP Paribas HR Digital Day/ organization committee and facilitation” al fine di aiutare il responsabile a lanciare il primo evento interno dedicato a tutti i membri HR. Il progetto, si prefissava un solo obiettivo: fare leva sui Social Media e sugli strumenti digitali per continuare a sviluppare pratiche HR (recruitment, talent management, employer branding, learning & development, internal mobility), tutto sponsorizzato da BNP Paribas Group HR Director. Numerose sono le iniziative di employer branding che insieme ad un gruppo di esperti, ho idealizzato sia per i dipendenti che per i potenziali candidati: giornate di orientamento per studenti o figli di dipendenti; programma di sviluppo per i talenti; partecipazione a diversi incontri con la direzione generale. 115
Fino a poco tempo fa, in qualitĂ di Deputy Head of Recruitment - International Employer Branding, presso la sede di Parigi, mi sono occupata di: Creazione e coordinamento di un International Recruitment Community; Gestione di External Recruitment Communication e Employer Branding; Follow-up e sviluppo di un Group Campus Management; Creazione e implementazione di originali strategie di attrazione dei candidati; Implementazione di un nuovo processo e di gestione delle modifiche in materia di contratto temporaneo (interinale).
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Conclusioni
L’obiettivo dell’ elaborato è quello di sottolineare l’importanza ed il complesso ruolo dell’ employer branding in tutte le sue sfaccettature. Basilare è risultata la definizione del dott.re Eugenio Amendola, che nell’ intervista rilasciata, considera l’employer branding come una strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer (luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitors, attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento. In queste righe si è ribadito come tali politiche siano divenute lo strumento principale per la gestione delle risorse umane e fondamentale per il successo dell’ impresa, cercando di esporre brevemente punti salienti che suffragano la teoria che sta alla base delle ricerche condotte sull’employer branding. I due casi empirici, Valentino e BNL-BNP Paribas, presenti nel terzo capitolo, confermano che tale politica, caratterizzata da una profonda conoscenza delle esigenze dell’impresa, del suo target di candidati e dipendenti, supporta e potenzia l’employer image dell’azienda, permettendole così di porsi nel mercato esterno del lavoro con una ben definita rappresentazione di sé. Non bisogna dimenticare il doppio ruolo dell’ employer branding: strumento per la costruzione del brand aziendale verso le tradizionali audience ed allo stesso tempo parte integrante del corporate branding, in una visione allargata dello stesso, che tenga conto anche dei candidati e dia maggiore importanza agli high performers. Alla luce di quanto emerso nello sviluppo di questo lavoro, possiamo affermare che l’employer branding rappresenta oggi per le organizzazioni un’area di interesse di grande complessità, ma che nasconde un notevole potenziale. Individuare, selezionare, attirare, talenti dall’esterno e, sviluppare, promuovere e trattenere persone di talento nell’organizzazione diventa una priorità per il management, soprattutto in settori caratterizzati da forte instabilità e soggetti al cambiamento. Diventa inoltre fondamentale che tutti questi processi vengano condotti in un “ottica circolare”, rendendo l’ employer branding un processo in cui non c’è una vera e propria fine, e in cui non bisogna trascurare nessuna fase o si rischia di pregiudicare la riuscita dell’intero processo.
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Attraverso l’employer branding è possibile poi supportare eventuali modifiche alla cultura organizzativa che possono essere indispensabili per rinforzare l’employer loyalty, la produttività impiegatizia, l’identificazione organizzativa ed il commitment, i quali influenzano significativamente gli obiettivi aziendali ed il profitto dell’impresa. Può inoltre fornire un utile sostegno al programma di career management, come confermato dalla dott.ssa Girardi, e strumento di fondamentale importanza per uno strategico allineamento degli obiettivi individuali ed organizzativi. Lo scopo comune è lavorare con persone di eccellenti qualità professionali ed umane, pronte ad affrontare ogni giorno, con energia e passione, le sfide poste dal mercato, aperte al confronto e a lavorare con gli altri, caratterizzate da forte integrità e senso di responsabilità. Concludendo si può affermare che in Italia attualmente non è corretto parlare di vere e proprie strategie di employer branding, bensì è preferibile parlare di approcci all’employer branding, gestiti da una funzione di risorse umane che presenta competenze interdisciplinari sicuramente sempre più ampie, ma ancora poco preparate a gestire in modo strutturato il processo analizzato. È evidente come, tale politica sia realizzata da quelle che consideriamo “grandi imprese”, più attente alla gestione delle risorse umane, e nonostante si trovano forti resistenze per motivi legati alle scarse risorse finanziarie disponibili, esistono buone prospettive per il suo futuro sviluppo. La conclusione, dunque, è che l’employer branding è uno strumento quanto mai adatto per muoversi in contesti molto competitivi, ma non solo, poiché contribuisce in maniera significativa a mantenere e sviluppare una fra le risorse più economicamente e strategicamente rilevante: il capitale umano.
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Ringraziamenti
A conclusione di questo elaborato, è doveroso porre i miei più sentiti ringraziamenti alle persone che, a vario titolo, hanno contribuito a rendere migliore questo periodo e che mi hanno permesso di crescere sia dal punto di vista intellettuale, sia dal punto di vista umano, aiutandomi a credere in me stessa, suscitando in me nuovi interessi e soprattutto suggerendomi, direttamente o indirettamente, le modalità per poterli raggiungere. Inizio manifestando i miei più sentiti ringraziamenti a chi mi ha permesso di realizzare questo lavoro, il mio relatore il Prof. Mario Pezzillo Iacono, per i diversi suggerimenti offerti dal primo momento che è entrato in aula per il corso di GRU e che ha continuato ad elargire durante la stesura della mia tesi. Lo ringrazio per il tempo che mi ha dedicato e per l’aiuto che mi ha offerto durante il percorso. Vorrei esprimere la mia gratitudine al Prof. Marcello Martinez, in veste di correlatore, che ha apprezzato il mio lavoro con pronto entusiasmo. I miei più sentiti ringraziamenti vanno a chi ha contribuito alla stesura, in particolare, per la parte di ricerca empirica sull’argomento di tesi. Il Dott. Eugenio Amendola, per avermi fatto conoscere più da vicino, grazie alla sua decennale esperienza, l’attuale stato e sviluppo della strategia dell’employer branding sul territorio italiano. Grazie per l’interesse dimostrato, per l’apporto di valore aggiunto donato all’elaborato in questione, per avermi rassicurata ed incoraggiata complimentandosi per il complesso argomento di tesi. La Dott.ssa Erminia Girardi, la ringrazio per avere accettato di contribuire, alla ricerca, con il racconto della propria esperienza di hr recruiter specialist e in particolare in veste di Responsabile Risorse Umane in Valentino e per la gentilezza e correttezza dimostrata rendendosi disponibile anche in orari extra lavorativi. Allo stesso tempo ringrazio infinitamente la Dott.ssa Carole Sottel, Employer Branding Manager di BNL nel Gruppo BNP Paribas, per l’attenzione e la prontezza a rispondere ad ogni mia richiesta e per l’immensa disponibilità ad intrattenere una conversazione cercando di far combaciare esigenze e possibilità. Un grazie infinito va alla mia famiglia che mi è stata vicina in ogni momento di vita e che oltre ad avermi sempre “supportata”, mi ha più di tutto “sopportata”: senza l’aiuto dei miei genitori non avrei mai raggiunto questa meta.
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Ad essi vanno tutta la mia stima, il mio rispetto e la mia riconoscenza, nonostante gli screzi e le incomprensioni che inevitabilmente si sono presentati nel tempo. Sono davvero grata per tutti i loro sacrifici, ma più di ogni altra cosa li ringrazio, perché mi hanno continuamente spronata, resa responsabile e portata a vedere la realtà con sguardo attento ed oggettivo, così come un grazie infinito, va a mio fratello, Aniello, che anche a distanza non ha mai smesso di supportarmi ed incitarmi, ed ha sempre dimostrato orgoglio nei miei confronti. Insieme a loro ringrazio il mio fidanzato, Pasquale, sempre presente e primo sostenitore nelle mie scelte professionali oltre che personali e che in tutto il mio percorso scolastico, non solo universitario, ha condiviso, accanto a me, ogni singolo istante. Ringrazio i miei zii, i miei cuginetti, la mia madrina di cresima, Rosaria ed anche Monica, sempre presenti nella mia vita, le mie cognate, i miei cognati e i miei nipotini che hanno sempre tifato per me prima di ogni esame ed esultato dopo il superamento dello stesso, in particolare la mia piccola Antonia, “ il mio raggio di sole”. Ed ora ecco il momento riguardante gli amici: ci sono diversi tipi di amicizie, più o meno profonde, momentanee, di circostanza, di vecchia data, relative ad interessi, al lavoro, allo studio, ecc, ma tutte rivestono un’importanza fondamentale e a tal proposito dedico a loro questa frase: “…Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un’esistenza felice, la più grande è l'amicizia…” Epicuro Inizio ringraziando la mia migliore amica, Mercedes, costante presenza negli ultimi 15 anni di vita, che mi ha sostenuto durante il processo di scrittura di questa tesi, sempre presente nei momenti di gioia e di sconforto. Amica di infanzia, di caffè, amica di risate e di pianti, amica di avventure e disavventure, con cui ho condiviso sogni, che mi ha strappato sorrisi anche quando arrivavo con il volto velato da pessimismo, che mi ha allietato la vita e le giornate.. la mia amica del cuore! Ringrazio il mio ricco gruppo universitario, in particolar modo, Alessandra, Marco e Rossella (la mia segretaria personale) con cui ho condiviso il mio percorso, che hanno contributo operativamente a far sì che questo elaborato venisse portato a termine, auspicando al migliore risultato, ma anche a tutti gli amici che per fortuna o per sfortuna loro (tutto dipende) meritano di essere ringraziati: Vania, Francesca, Angelo, Luigi, Roberta, Alessia incontrati nel corso di laurea specialistica.
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Ringrazio anche le ragazze e i ragazzi di Maddaloni, amiche/i da anni e compagne/i di avventure diverse, che nonostante impegni di studio, lavoro e ai differenti percorsi e stili di vita, che ci tengono, a volte, per lungo tempo distanti, sento sempre vicine/i e a cui sono particolarmente legata. Con loro ringrazio la piĂš pazza di tutte le amiche che ho: Paola, conosciuta ai tempi del liceo. Ringrazio gli amici di sempre, in particolar modo Cristina, per i numerosi incitamenti, per le piacevoli conversazioni e, per i preziosi consigli. In ultimo un ringraziamento speciale va alla mia nonna, a cui dedico la mia tesi in particolar modo, per esser una figura di riferimento, una guida presente nella mia vita e che con la sua estrema forza di volontĂ mi incita costantemente, prega sempre per il mio bene e il mio futuro. In ultimo, desidero ringraziare tutte quelle persone con cui ho trascorso momenti di studio e non, con cui ho scambiato qualche pensiero, qualche idea, qualche risata, in qualsiasi contesto ambientale e virtuale.
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