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Il cielo in una stanza

Contesa giocosa. Bassotti a pelo duro. Foto Silvia Bagni.

Uno studio dell’Università di Hong Kong rileva importanti dati riguardanti l’isolamento giovanile Il cielo in una stanza

Ancora una volta il protagonista è lui: il cane. Affetto, attenzione, pazienza e silenziosa presenza per restituire fiducia ai “ragazzi nascosti”

Identificato per la prima volta in Giappone negli anni ‘90, dove veniva definito “hikikomori” (termine oramai utilizzato in tutto il mondo per indicare persone “autorecluse”), questo fenomeno che vede migliaia di persone isolarsi dal mondo, rinchiusi nelle loro stanze a dialogare soltanto attraverso la tecnologia digitale, è arrivato anche nel nostro Paese dove si contano migliaia di casi. Il fenomeno è talmente diffuso a livello mondiale che sono sorte molte associazioni (anche in Italia dove il fenomeno è in aumento con numeri esponenziali) che offrono supporto specialistico sia ai diretti interessati che alle famiglie coinvolte. Anche la scienza e la ricerca stanno affrontando il problema (o meglio, la patologia) da molti punti d’osservazione per cercare di trovare elementi che possano offrire conforto e supporto. A detta degli esperti, la questione non è di facile soluzione dato che le persone che scelgono di isolarsi dal mondo, in realtà – a loro modo di vedere - avrebbero trovato un modo alternativo di “sopravvivere” senza la necessità di condividere nulla di reale con la società esterna.

Una novità in questo campo, tuttavia, è la ricerca su come gli animali possano aiutare coloro che lottano contro la società moderna, in particolare quello che comunemente viene definito “il ritiro sociale acuto”, in cui le persone si chiudono nelle loro stanze, abbandonando non solo la scuola o il lavoro, ma anche tutta l’intera società esterna. In Gran Bretagna, sono definiti NEET (Not in Education, Employment or Training) termine che indica persone

non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione, che però vanno distinti da quelli di cui stiamo parlando e che in altre parti del mondo sono definiti “giovani nascosti”.

LA RICERCA DI HONG KONG

Il valore terapeutico degli animali per alleviare lo stress nei giovani, anziani e malati è stato documentato da accademici e medici specializzati in tutto il mondo. Ma ciò che non si sapeva fino a tempi relativamente recenti è come gli animali da terapia – soprattutto i cani - possano anche aiutare le persone che hanno difficoltà a relazionarsi con la società moderna, rinchiudendosi di fatto nelle loro stanze e troncando ogni contatto con l’esterno. Il dottor Paul Wong è professore associato presso il Dipartimento di lavoro sociale e amministrazione sociale, dell’Università di Hong Kong sta lavorando con una Onlus (Chiesa evangelica di Zion) che si occupa di servizi sociali per studiare come i cani da terapia stiano aiutando i “giovani nascosti” di Hong Kong a ritrovare la fiducia in sé stessi.

Compagni di viaggio che amano condividere la vita con noi. Piccolo Levriero Italiano. Foto Marco Capelli.

La tenerezza che eprime un cucciolo è una buona cura per l’anima. Jack Russell. Foto Tony Di Virgilio. Casi simili sono stati documentati in tutto il mondo con una prevalenza notevole, proprio come avvenne in Giappone negli anni ‘90.

Sulla base di una revisione sistematica, il dottor Wong stima che ci siano tra i 20.000 e i 40.000 giovani nascosti a Hong Kong che mostrano comportamenti di “ritiro sociale acuto”. La Onlus con cui Wong sta lavorando da alcuni anni, ha istituito un programma di tutoraggio utilizzando cani da terapia addestrati per cercare di attirare questi giovani fuori dalle loro stanze nel tentativo di inserirli di nuovo nella società, con l’appoggio dei loro assistenti sociali. Assieme alla dottoressa Rose Yu, - responsabile del progetto - Wong sta lavorando per studiare come questi cani stiano aiutando i giovani nascosti di Hong Kong a riconquistare la fiducia in sé stessi.

Osservare il gioco dei cuccioli è divertente e rilassante. Basset Hound. Foto Massimo Pisconti. “Il programma di tutoraggio “Regain Momentum” ha diversi campi d’azione e l’obiettivo principale è dedicato ai giovani che si sono ritirati dalla comunità - ha detto la dottoressa Yu – e, a quanto ci risulta, questo è uno dei primi studi di ricerca sull’utilizzo di cani addestrati in un intervento terapeutico a Hong Kong, quindi tutto è molto nuovo”.

Sebbene l’utilizzo di animali da terapia sia accettato in altre parti del mondo, il dottor Wong ha affermato che si tratta di un nuovo approccio al servizio sociale a Hong Kong e spera che i cani possano ulteriormente aumentare i benefici di questi programmi.

“Sempre più persone si stanno avvicinando a noi e dicono di voler apprendere questa nuova metodologia - ha detto il dottor Wong - e questo è davvero un buon segno, significa che sempre più persone accettano l’idea che l’impiego dei cani da terapia è in grado di aiutare più persone. Come segno dell’interesse per la loro ricerca (ancora incorso) il dottor Wong e il suo team sono stati invitati in Giappone (prima della pandemia) per tenere una presentazione del loro progetto al governo di Akita su come i cani da terapia potrebbero essere usati per aiutare gli” hikikomori” di questa prefettura. Sebbene il numero di partecipanti allo studio non fosse molto alto - 56 persone - è stato riscontrato un ridotto livello di ansia sociale e un aumento dei livelli percepiti di una possibile occupaizione e autostima tra i partecipanti. Wong crede - come la maggior parte dei ricercatori nel mondo - che l’Intervento Assistito con gli Animali (IAA) sia ancora più importante in un periodo di Covid-19, poiché sempre più persone si rivolgono agli animali domestici in cerca di aiuto, conforto e compagnia per far fronte alla solitudine e ai problemi di salute mentale associati alla pandemia.

Renata Fossati

Presenze silenziose sono in grado di riempire la stana di affetto inesauribile. Labrador Retriever. Foto Mike Lingua.

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