5 minute read
LE DIMENSIONI NON CONTANO..!
di Dott. SIMONE TISO
Sicuramente a tutti noi, per caso o volontariamente, sarà capitato almeno una volta nella vita di imbatterci in un documentario. Programmi televisivi e show di vario genere che presentano tematiche naturali sono sempre esistiti, dalle prime trasmissioni Rai, fino al moderno catalogo Netflix. Chi grazie a Super Quark, chi a Planet Heart, chi con i racconti di Piero Angela, chi ascoltando David Attenborough, abbiamo avuto occasione di vedere animali estinti e luoghi esotici altrimenti irraggiungibili. Diverse sono le opportunità, grazie a queste ed altre fonti di informazione, di imbattersi in forme di vita peculiari per forma e dimensione. Osservando le mastodontiche balenottere azzurre e gli elefanti pigmei del Borneo, ammirando libellule preistoriche di 50cm o il Lupo di Honshu alto appena 35cm, sorge spontanea una domanda: perché queste dimensioni? Innanzitutto, per comprendere in parte il motivo per cui ogni animale ha una dimensione ben specifica, possiamo presentare la Regola di Bergmann, formulata dal biologo tedesco Christian Bergmann nel 1847. Questa è una legge ecogeografica che mostra l’esistenza di una relazione tra la latitudine alla quale vive un animale e la massa che questo può raggiungere. Ossia, gli animali di maggiori dimensioni hanno un rapporto superficie/ volume minore rispetto agli animali di piccole dimensioni, quindi disperdono il calore molto più lentamente e si trovano avvantaggiati nei climi più temperati. Gli animali di piccole dimensioni, invece, sopravvivono meglio in climi caldi e secchi, dove la loro capacità di disperdere velocemente il calore è d’indubbio vantaggio. Questo dualismo non è vero in assoluto, poiché vi sono casi anche abbastanza importanti di grandi animali che vivono in ambienti desertici, come ad esempio l’elefante africano: in questi casi, vengono utilizzate particolari strutture o comportamenti per ottimizzare gli scompensi, come ad esempio le grandi orecchie per disperdere il calore. Fra gli studiosi esistono però controversie sulla validità o meno della legge e non c’è accordo sull’interpretazione corretta, oltre che sulla sua presunta inutilità, poiché essa descrive un determinato fenomeno senza però studiarne le cause. Altra causa che può andare ad influire sulle dimensioni di un animale è la condizione di isolamento. In questi casi particolari possono verificarsi i fenomeni biologici chiamati nanismo insulare e gigantismo insulare. Il primo è il processo di riduzione delle dimensioni di grossi animali (quasi sempre mammiferi), causato dalla scarsità di incrocio nella genetica della popolazione: ad esempio sulle isole, ma anche in altri habitat isolati per motivi diversi (come un’oasi nel deserto), gli animali tenderanno a riprodursi tra di loro impoverendo sempre più la ricombinazione genetica della popolazione stessa. Sono state avanzate diverse ipotesi per spiegare questo processo: la più plausibile è quella secondo la quale le minori dimensioni consentono di sopravvivere in ambienti con risorse limitate. Il gigantismo insulare invece vede il continuo aumentare della taglia con il passare delle generazioni in un habitat isolato. Questo fenomeno, più che alle scarse risorse offerte dall’ambiente (come il nanismo insulare) è dovuto all’assenza di fattori che inibiscano il raggiungimento di grandi dimensioni (es. assenza di predatori) ed al vantaggio offerto da una massa maggiore nella competizione per la sopravvivenza.
Advertisement
Tutto ciò di cui si è discusso nei precedenti paragrafi, assieme a vari fattori genetici ed evolutivi, contribuiscono a determinare le dimensioni di un essere vivente. Alla fine di questo specifico preambolo scientifico, sorge quindi un’ulteriore domanda: queste regole si applicano anche ai nostri compagni cavalli? Certamente! Come ben sappiamo, esistono varie specie di equidi, ognuna con dimensioni ben diverse (basti pensare ad uno Shire Horse paragonato ad un ciuchino). Ma all’interno della norma esistono alcune eccezioni degne del Guinness dei primati: Primo tra tutti, bisogna citare l’Equus giganteus (the Giant Horse), una specie estinta di equino che visse in Nord America fino a 12000 anni fa, verso la fine del Pleistocene ed intorno allo stesso periodo interessato dall’estinzione di molti altri esemplari della così chiamata megafauna americana. I ritrovamenti e gli studi dimostrano come questi esemplari potessero avere un’altezza al garrese di circa 2,25m ed un peso variabile tra i 1200 e 1500 kg.
Viaggiando nel tempo fino ai giorni nostri, a detenere il record per le dimensioni troviamo Big Jake, il cavallo eletto più alto del mondo nel 2010 date le sue misure: ben 2 metri e 10 centimetri al garrese. L’equino, di 11 anni e di razza belga, appena nato pesava circa 108 kg ed ora supera la tonnellata (1179kg).
Sul lato opposto della bilancia, troviamo invece Bombel, il cavallo più piccolo al mondo: è alto solo 56,7 cm. Vive in Polonia e detiene il World Guinness Record di “shortest male horse”, il cavallo maschio più basso. Bombel (il nome significa “bollicina”) è di razza appaloosa, originaria del Nord America e ed è nato da genitori di dimensioni normali ed è lui stesso standard nel carattere e nel comportamento.
Rimanendo nella famiglia dei cavalli, ma passando ai loro cugini striati, è degna di nota la zebra di Grevy (Equus grevyi): la più grande delle zebre viventi. La si riconosce dalle orecchie arrotondate e dalle striature nere più sottili e fitte. Vive nelle zone semiaride di Etiopia, Somalia e Kenya settentrionale. Alta 1,25- 1,5 metri al garrese, è lunga 2,5-3 metri dalla testa alla coda. I maschi pesano tra i 380 e i 450 kilogrammi, le femmine tra i 350 e i 400.
Ultimi ma non meno importanti, anche tra gli asini esistono vari detentori di primati simili. Il Mammoth Jackstock è una razza di asino originaria degli Stati Uniti. È una delle razze più grandi del mondo. Viene utilizzato soprattutto per la produzione di muli. I maschi, più grandi delle femmine, possono raggiungere gli 1,45 m di altezza al garrese ed essere lunghi fino a 1,95-2,00 m. Il peso medio si assesta sui 290 kg per i maschi e 240 kg per le femmine, con alcuni stalloni che hanno toccato i 350 kg.
L’asino dell’Asinara, invece, è il più piccolo e forse il più emblematico esempio del patrimonio endemico italiano. È una razza di asino che vive nell’isola dell’Asinara ed in alcune altre piccole zone circoscritte della Sardegna. Molto simile agli asinelli sardi, l’asinello completamente bianco presenta un’altezza di circa 90 cm al garrese (un bellissimo esempio di nanismo insulare). Leggendo i casi particolari appena citati, si evince il fatto che le dimensioni di questi “cavalli d’eccezione” non siano legate solamente a fattori ambientali.
La Regola di Bergmann, il nanismo e il gigantismo, sono concause che agiscono sugli esseri viventi assieme ad altri svariati fattori genetici ed evolutivi, portando le varie specie animali e vegetali a svilupparsi, raggiungendo dimensioni specifiche per ogni individuo. Talvolta pesando varie tonnellate, talvolta pochi grammi, la massa raggiunta in età adulta è il frutto di milioni di anni di evoluzione e mutamenti ambientali; è l’ideale per permettere la sopravvivenza in un determinato ambiente di ogni singolo essere vivente.