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QUANDO UN CANE PARLA
DI MADDALENA SALVADEO
Se vogliamo cominciare nel modo giusto il nostro viaggio attraverso l’universo “cane” dobbiamo prima di tutto imparare la sua lingua.
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Vi siete mai chiesti cosa passa per la testa del vostro amico? E’ una domanda la cui risposta resta ad oggi piuttosto vaga: esistono dei segnali, ma per interpretarli dobbiamo partire ancora una volta dal suo passato.
Abbiamo imparato che il cane condivide il 98% del DNA con il suo antenato selvaggio e questo sta a significare che anche gran parte della sua comunicazione ha origine nel lupo, detentore del titolo di linguaggio più articolato del regno animale.
Il lupo, come animale sociale, basa la propria sopravvivenza sul gruppo e sopravvivere insieme vuol dire saper comunicare e risolvere i conflitti con i membri del branco in maniera pacifica. Se di fronte ad un conflitto spendo troppe energie per risolvere la situazione, il rischio è quello di compromettere non solo la mia sopravvivenza, ma anche quella di tutta la mia famiglia perché successivamente potrei non avere più l’energia sufficiente per cacciare o difendermi. Il linguaggio del lupo è quindi una strategia di sopravvivenza che non si limita a stabilire il dominante nel branco o il capro espiatorio del gruppo (i famosi individui alfa e omega), ma anche a far sì che una battuta di caccia aumenti le probabilità di successo.
Lo sapevate che ogni branco ha la sua tecnica e che gli adulti tramandano le strategie più efficaci ai loro cuccioli? Questo linguaggio raffinato è tipico della specie dei Canidi. In quanto membro di questa categoria il cane ha ereditato parte di questo linguaggio, mischiandolo ad una buona dose di empatia nei nostri confronti. Il risultato è un linguaggio tutto suo, comprensibile ad occhio canino ma che mira in particolare a farsi comprendere dal convivente principale, ovvero l’uomo. A parte casi eccezionali, il cane si trova a dover comunicare per la maggior parte del tempo con qualcuno di una specie totalmente differente dalla sua, ma possiamo dire che si è adattato benissimo: immaginate il comportamento di un cane che vi sta chiedendo un biscotto o del cibo, oltre che molto chiaro risulta anche estremamente efficace! La parte più interessante della comunicazione canina è ovviamente quella che viene messa in atto in maniera intraspecifica (ovvero tra cane e cane); è lì che si possono ritrovare alcuni comportamenti lupini. I cani comunicano tra loro per conoscersi, per salutarsi, per studiarsi, ma non per sopravvivere... infatti i cani litigano: è ormai noto che le zuffe tra cani sono immensamente più comuni rispetto a quelle tra lupi.
Ma come parlano eff ettivamente i cani? Esistono diversi tipi di comunicazione: visiva, vocale e chimica.
La comunicazione vocale è legata principalmente a tutti i suoni e quindi all’udito: i classici abbai di ogni genere e specie, da quello di eccitazione per una bella passeggiata in campagna a quello monotono di frustrazione, da quello di difesa a quello acuto di paura.
La comunicazione chimica è legata, invece, ai famosi feromoni, ovvero quelle sostanze emesse esternamente da alcune ghiandole. E’ una comunicazione che a noi umani resta completamente interdetta perché viene recepita solo dal naso del cane, che contiene dai 100 ai 200 milioni di cellule olfattive (per rendere l’idea, il naso umano ne ha solo 5.000). Se per il lupo la comunicazione olfattiva è pressoché imprescindibile, la vista la è per il cane.
Arriviamo così alla regina indiscussa di tutta la comunicazione, quella visiva. I principali e i più studiati segnali emessi dal cane sono corporei, impercettibili a volte (il movimento di un orecchio) e palesi in altre (la famosa richiesta del biscotto). La prima cosa che salta all’occhio è sicuramente la postura generale: tutti capiamo se un cane è rilassato oppure si muove in maniera rigida e meccanica. La postura viene comunicata dalla posizione della coda, delle orecchie, delle labbra e delle spalle. Un cane che ringhia per paura avrà una postura bassa, arretrata, incentrata sulla possibilità di fuga; un cane che ringhia per aggredire avrà tutte le parti del corpo alte e puntate in avanti. Esistono poi quelli che vengono definiti “segnali di pacificazione” o segnali calmanti. Questi hanno esattamente lo scopo di comunicare qualcosa di pacifico, di evitare un conflitto o calmare il cane in una situazione di forte stress.
Avete mai visto il vostro cane mentre sbadiglia? Ecco, non sempre ha sonno! Oltre allo sbadiglio, alcuni dei segnali più diffusi sono girare la testa lateralmente rispetto alla fonte dello stimolo visivo, leccarsi il naso, annusare, guardare altrove, scodinzolare... Il cane è in continua comunicazione, ma questi segnali si possono notare più frequentemente di fronte ad un’interazione con altri cani, con le persone e addirittura con ambienti nuovi o sgradevoli. Un esempio su tutti: entrate dal veterinario e contate quante volte il vostro cane sbadiglia o si lecca il naso.
I segnali corporei hanno un’altra peculiarità: sono legati alla colorazione del manto. Un cane con il pelo colorato e medio/corto avrà più facilità di essere capito dal suo interlocutore, perché le sue macchie danno enfasi ai suoi movimenti: il classico sopracciglio fulvo di alcune razze, chiamato anche pastiglia, oppure la punta della coda di un altro colore, sottolineano il movimento dell’occhio e della coda stessa.
Da qui possiamo capire che i cani con pelo lungo e voluminoso oppure di colore uniforme (in particolare tutti neri o tutti bianchi) hanno decisamente più difficoltà a farsi capire in modo chiaro dai proprio interlocutori, che li percepiscono in generale come macchie in movimento.
Sono quindi cattivi comunicatori? No, al contrario. Molti cani con il pelo uniforme hanno imparato nel corso del tempo ad emettere segnali di pacificazione specifici. Immaginate un cane tutto nero che si lecca il naso: la lingua rosa spiccherà benissimo sul suo manto scuro! Ancora una volta l’adattabilità canina spicca in tutta la sua potenza.
Sulla comunicazione si potrebbero aprire dialoghi e disquisizioni infinite, ma ad oggi siamo ancora neofiti. Nonostante il cane sia l’animale da sempre a noi più vicino, solo recentemente abbiamo cominciato a studiarlo dal punto di vista etologico. Il classico detto popolare “Can che abbia non morde” ha ovviamente un significato riferito all’uomo, ma non trova riscontro con la realtà canina. Così come l’osservazione più comune “Sta abbaiando ma scodinzola, quindi non mi morde”: esistono così tanti tipi di scodinzolio che personalmente non sfiderei un cane a provare la veridicità o meno di questa affermazione!
Insomma, già da questa breve infarinatura possiamo capire che il nostro cane è un chiacchierone, ma sta a noi interpretarlo, metterci in gioco, fare un passo verso di lui. Per secoli questo fantastico animale ha adattato il suo essere e il suo modo di fare per renderci le cose più facili, compiendo sforzi genetici degni dei migliori atleti. Il suo modo di interagire, la sua intelligenza e le sue capacità empatiche sono tuttora in evoluzione, magari un giorno arriveremo a traguardi inimmaginabili, ma preferisco sempre pensare che ci sia un po’ di magia tra cane e uomo, che ci sia un legame per cui non servono le parole.
Insomma, non può parlare la nostra lingua, ma stranamente riusciamo a capirlo... anche senza l’uso di Whatsapp!